N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 2013

Ordinanza del 21 gennaio 2013 emessa  dal  Tribunale  di  Urbino  nel
procedimento penale promosso da Pagano Luca. 
 
Ordinamento giudiziario - Delega legislativa per la  riorganizzazione
  della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al  fine
  di realizzare risparmi  di  spesa  e  incremento  di  efficienza  -
  Conferimento al Governo mediante disposizione inserita nella  legge
  di conversione del decreto-legge  n.  138  del  2011  -  Denunciata
  insussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza -  Violazione
  del riparto di competenze tra Parlamento e governo. 
- Legge  14  settembre  2011,  n.  148  (che   ha   convertito,   con
  modificazioni, il decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138),  art.  1,
  comma 2. 
- Costituzione, art. 77, comma secondo. 
Ordinamento giudiziario - Riorganizzazione dei tribunali  ordinari  e
  degli uffici del pubblico ministero recata dal decreto  legislativo
  n. 155 del 2012 - Inclusione del Tribunale  di  Urbino  nell'elenco
  delle sedi giudiziarie soppresse, di cui alla tabella A allegata al
  decreto - Illegittimita' derivata per vizio formale della norma  di
  delegazione - Contrasto con  i  principi  e  criteri  direttivi  da
  questa  stabiliti  (e  in   particolare   con   il   principio   di
  intangibilita' del tribunale di primo grado per ogni  capoluogo  di
  provincia) - Eccesso di delega - Contrasto con  i  pareri  espressi
  dalle Commissioni parlamentari. 
- Decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, art. 1, limitatamente
  alla soppressione del Tribunale di Urbino. 
- Costituzione, art. 76; legge 14 settembre 2011,  n.  148,  art.  1,
  comma 2, lett. a). 
(GU n.15 del 10-4-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Rilevato: 
        che con decreto di citazione a giudizio del  p.m.  presso  il
Tribunale di Urbino in data 15 maggio 2012, l'odierno imputato veniva
tratto a giudizio in ordine al  reato  di  cui  in  epigrafe  (truffa
mediante inserzione di annuncio su sito Internet); 
        che all'udienza  del  20  novembre  2012  -  cui  l'imputato,
nonostante la regolarita' della relativa  citazione,  non  compariva,
ne'  adduceva  alcun  legittimo  impedimento,   e   veniva   pertanto
dichiarato contumace - si procedeva alla  dichiarazione  di  apertura
del dibattimento,  rinviando  all'udienza  odierna  per  l'esame  dei
testi; 
        che all'udienza odierna non era possibile procedere all'esame
dei testi, non risultando prova della relativa citazione (v.  verbale
di udienza); 
        che,  vista  l'impossibilita'  di  concludere   il   presente
processo all'udienza odierna, ed in  considerazione  del,  calendario
delle  udienze  gia'  fissate,  nonche'  della  variazione  tabellare
urgente in data 7 gennaio 2013 (con cui si e' dato conto della  grave
carenza di organico  del  presente  ufficio),  dovrebbe  disporsi  il
rinvio dello stesso ad udienza successiva alla data del 13  settembre
2013, termine di efficacia del d.lgs. n. 155/12  -  pubblicato  nella
G.U. 12 settembre 2012 - con cui e' stata  disposta  la  soppressione
del Tribunale di Urbino; 
        che ai sensi dell'art. 9, comma 1,  d.lgs.  cit.  (disciplina
transitoria)  «Le  udienze  fissate  dinanzi  ad  uno  degli   uffici
destinati alla soppressione per una data compresa  fra  l'entrata  in
vigore del presente decreto e la data di efficacia  di  cui  all'art.
11, comma 2, sono tenute presso i medesimi uffici. Le udienze fissate
per una data successiva sono tenute dinanzi all'ufficio competente  a
norma dell'art. 2» (ovvero il Tribunale di Pesaro); 
        che si ha motivo di ritenere che le disposizioni  del  d.lgs.
cit, che hanno disposto la soppressione (tra gli altri) del Tribunale
di Urbino, si pongano  in  contrasto  con  le  norme  ed  i  principi
costituzionali, per le seguenti principali ragioni: 
1) Illegittimita' (derivata) del d.lgs. n. 155/12 in  relazione  alla
illegittimita' della legge-delega (ovvero dell'art. 1, comma 2, legge
14 settembre 2011, n. 148, di  conversione,  con  modificazioni,  del
d.l. 13 agosto 2011, n. 138), per contrasto con  l'art.  77,  secondo
comma, Cost. 
    La questione e' gia' stata affrontata con ord. Trib. Pinerolo  in
data 16 novembre 2012, di rimessione degli atti alla Corte  cost.  in
relazione alle medesime disposizioni di legge, le cui  argomentazioni
- a cui si presta piena adesione - possono essere qui sostanzialmente
riproposte. 
    E' nota infatti la genesi della  legge-delega  sopra  menzionata,
contenuta in una disposizione (appunto l'art. 1, comma 2) inserita in
sede di conversione del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (cd. «manovra  di
ferragosto»), e riportante una serie articolata di principi e criteri
direttivi finalizzati alla realizzazione  di  una  ampia  riforma  in
materia  di  organizzazione  degli  uffici  giudiziari,   comunemente
sintetizzata come  «revisione  delle  circoscrizioni  giudiziarie»  o
(ancora piu' sinteticamente) «revisione della geografia giudiziaria». 
    E' tuttavia  evidente  come  tale  ampia  riforma,  destinata  ad
incidere   direttamente   e    profondamente    sull'assetto    della
giurisdizione ordinaria e  su  altri  principi  di  sicura  rilevanza
costituzionale, quali il diritto di difesa, il principio del  giudice
naturale, ed altri, non risponda in alcun modo al  presupposto  della
straordinaria necessita' ed urgenza che soltanto, come noto,  avrebbe
legittimato l'esercizio  della  potesta'  legislativa  da  parte  del
Governo, ai sensi dell'art. 77, secondo comma, Cost.; cio'  e'  tanto
vero che i tempi complessivamente  stabiliti  per  l'efficacia  della
riforma risultano di almeno due anni  dall'entrata  in  vigore  della
legge-delega, a partire come detto dal 13 settembre 2013 (oltre ad un
ulteriore anno per l'adozione  di  eventuali  decreti  correttivi,  e
addirittura ad altri cinque anni per l'eventuale utilizzo dei  locali
degli uffici giudiziari soppressi); ed anzi  la  riforma  in  oggetto
avrebbe richiesto  la  predisposizione  di  un  intervento  ben  piu'
articolato, in relazione ai plurimi e  complessi  parametri  previsti
dalla  legge-delega  (si  pensi   ad   es.   allo   strumento   della
ridefinizione territoriale delle circoscrizioni, in base a  parametri
quali l'estensione del territorio, le specificita'  territoriali,  la
situazione infrastrutturale, ecc.,  strumento  di  fatto  pretermesso
nell'intervento governativo, al pari della ridefinizione dell'assetto
territoriale  delle  procure   non   distrettuali,   anche   mediante
l'accorpamento di piu'  procure  indipendentemente  dall'accorpamento
dei  rispettivi  tribunali;  nonche'  alla  «prioritaria   linea   di
intervento» rappresentata dal «riequilibrio delle attuali  competenze
territoriali, demografiche e funzionali tra  uffici  limitrofi  della
stessa area provinciale caratterizzati  da  rilevante  differenza  di
dimensioni», che avrebbe consentito ben altri tipi di intervento, per
cosi' dire «conservativi» delle diverse realta' giudiziarie, anziche'
meramente  «distruttivi»  di  alcune  di  esse);  e  nella   sostanza
semplicisticamente   ridotti,   nell'intervento   governativo,   alla
soppressione di tutti i tribunali cd.  «non  provinciali»  (salve  le
eccezioni espressamente stabilite). 
    La  possibilita'  di  uno   scrutinio   sulla   sussistenza   del
presupposto  della  straordinaria   necessita'   ed   urgenza   delle
modificazioni introdotte in sede di conversione di un decreto-legge -
con riferimento sia a quelle cd. omogenee che a quelle cd. eterogenee
- e' stata infine affermata dalla Corte cost. con le sentt. n. 355/10
e  n.   22/12   (quest'ultima   dichiarativa   della   illegittimita'
costituzionale  di  talune  disposizioni  aggiunte   al   testo   del
decreto-legge   appunto   durante   la   fase   parlamentare    della
conversione). E' pertanto tempo  di  ribadirla  con  forza  anche  in
relazione alla specifica  ipotesi  della  introduzione,  in  sede  di
conversione, addirittura di una legge-delega in favore  del  Governo,
in considerazione del grave «vulnus» di  democraticita'  che  in  tal
modo si viene ad introdurre, sia in relazione  all'ordinario  riparto
di competenze tra Parlamento e Governo, sia in relazione allo  stesso
procedimento ordinario di formazione delle leggi:  se  l'introduzione
di una legge-delega non  puo'  essere  esclusa  in  assoluto  -  alla
stregua delle stesse disposizioni costituzionali - che la stessa  sia
almeno   rigidamente   ancorata   al   medesimo   presupposto   della
straordinaria necessita' ed  urgenza  richiesto  per  l'adozione  del
decreto-legge originario (presupposto che con evidenza  sara'  ancora
piu' difficilmente configurabile in relazione ad una ulteriore delega
della  funzione  legislativa  al  Governo,  sulla  base  di  semplici
«principi e criteri direttivi», e secondo tempi necessariamente  piu'
lunghi). 
2)  Illegittimita'  del   d.lgs.   n.   155/12   limitatamente   alla
soppressione del Tribunale di Urbino (art. 1, tabella A all.,  cit.),
per contrasto con l'art. 76 Cost. (cd. «eccesso di delega»). 
    Il d.lgs. n. 155/12 ha inserito il Tribunale di  Urbino  tra  gli
uffici giudiziari soppressi. 
    Cio' si pone in netto ed insuperabile contrasto con i «principi e
criteri direttivi» stabiliti nella legge-delega 14 settembre 2011, n.
48, che all'art. 1, comma 2, lett. a),  prevede  la  riduzione  degli
uffici giudiziari di primo grado «ferma la necessita' di garantire la
permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo
di provincia alla data del 30 giugno  2011»  (principio  piu'  avanti
ribadito in  relazione  agli  uffici  di  procura  non  distrettuali,
prevedendo appunto il mantenimento di «quelli aventi sede  presso  il
tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo  di  provincia
alla data del 30 giugno 2011»). 
    Il tenore letterale ed il grado di specificita' del principio  (o
criterio) in oggetto non lasciano  dubbi  in  ordine  al  significato
dello stesso, ne' consentono alcun processo  ermeneutico  alternativo
(sia della legge-delega che della legge-delegata), ponendo un  limite
invalicabile  al  legislatore  delegato:  la  riforma  deve  comunque
assicurare la «permanenza» del tribunale ordinario (ove preesistente)
in ogni circondario di comune capoluogo di provincia (alla  data  del
30 giugno 2011). 
    E cio' evidentemente a  prescindere  da  ogni  considerazione  in
ordine alla ragionevolezza o alla opportunita' di tale criterio,  non
essendo  previsti  criteri  subordinati  od   altri   parametri   cui
rapportare la  relativa  decisione  (si  pensi  del  resto,  piu'  in
generale, alla opinabilita' dello stesso riferimento  temporale  alla
data del 30 giugno 2011, che come noto «fotografa» un  assetto  delle
province che non risulta piu' attuale,  alla  luce  delle  importanti
modifiche  ordinamentali  successivamente   intervenute);   dovendosi
presumere che il  legislatore  delegante  abbia  gia'  valutato  come
sufficientemente  giustificato  il  mantenimento  di   un   tribunale
ordinario di primo grado in realta' locali la cui rilevanza  sociale,
economica, storica e politica aveva gia'  trovato  un  riconoscimento
istituzionale  nell'attribuzione  della  qualifica  di  capoluogo  di
provincia. 
    Venendo cosi' al caso concreto del Comune di Urbino  -  sede  del
presente Tribunale - questo risulta gia' capoluogo della Provincia di
Pesaro e Urbino istituita con regio decreto 22 dicembre 1860, n. 4495
(attestante   la   doppia   denominazione    della    provincia    di
Pesaro-Urbino); nonche' in forza dello Statuto Provinciale  approvato
mediante delibera del Consiglio Provinciale in data 31  luglio  1991,
n. 172, il quale, all'art. 1, comma 2, stabilisce: «La  Provincia  ha
per sedi di capoluogo le  citta'  di  Pesaro  e  di  Urbino,  con  le
funzioni loro assegnate dal regio decreto  medesimo»  (tra  le  quali
anche quella di essere la  sede  di  un  tribunale  nella  originaria
delimitazione  amministrativa  dell'omonimo  circondario);  ai  sensi
dell'art. 3 del  regolamento  del  Consiglio  Provinciale  (sede  del
Consiglio Provinciale), quest'ultimo ha inoltre sede sia a Pesaro che
nella sede  dell'amministrazione  provinciale  di  Urbino;  anche  lo
stemma della Provincia e' infine costituito da uno  scudo  diviso  in
due parti, ognuna delle quali riportante lo stemma  di  uno  dei  due
capoluoghi. 
    Tale consapevole scelta amministrativa  -  rimessa,  come  detto,
all'autonomia statutaria  di  ciascuna  provincia  -  trova  pieno  e
corrispondente fondamento nell'art. 114, secondo comma,  Cost.,  come
modificato con 1. cost. n. 3/01 (quale espressione piu'  recente  del
cd.  decentramento  amministrativo),  ed  e'  altresi'  conforme   al
disposto dell'art. 4 legge n. 131/03: «Lo Statuto, in armonia con  la
Costituzione e con i principi generali in materia  di  organizzazione
pubblica, nel rispetto di quanto stabilito  dalla  legge  statale  in
attuazione dell'art. 117, comma  2,  lett.  p)  Cost.,  stabilisce  i
principi di organizzazione e funzionamento dell'ente»;  nonche'  alla
giurisprudenza anche di legittimita' in materia:  «Lo  Statuto  degli
enti  territoriali  locali  e'  un  atto   normativo   atipico,   con
caratteristiche specifiche  di  rango  paraprimario  o  sub-primario,
posto in  posizione  primaria  rispetto  alle  fonti  secondarie  dei
regolamenti, ed al di sotto delle leggi di principio»  (cass.  SS.UU.
16 giugno 2005, n. 12868). 
    Alla disposizione statutaria  in  oggetto  consegue  altresi'  la
dislocazione nella citta' di Urbino di una sede  dell'amministrazione
provinciale, di alcuni uffici e delle relative  funzioni,  oltre  che
della tenuta di talune sedute della  Giunta  Provinciale,  presiedute
dal Presidente della Provincia. 
    L'esclusione del Tribunale di  Urbino  dal  novero  degli  uffici
giudiziari da sopprimere, per la specifica ragione cosi' evidenziata,
non  era  del  resto  mai  stata  posta  in   discussione   -   prima
dell'inopinata decisione finale del Governo -  nei  diversi  passaggi
che avevano scandito l'esercizio della delega legislativa. 
    Gia'  il  parere  della  Commissione  ministeriale  appositamente
incaricata, risalente ad aprile 2012, aveva  espressamente  rimarcato
(pag.  12,  nota  1)  come  «deve  ancora  essere   evidenziato   che
nell'ambito degli uffici giudiziari sopra indicati  restano  esclusi,
per  espressa   previsione   normativa,   da   qualsiasi   intervento
soppressivo quelli di cui ai  nn.  (...)  25  (Tribunale  di  Urbino,
n.d.r.) (...) in quanto uffici del p.m.  istituiti  presso  tribunali
provinciali». 
    Piu'  in  generale,  a   proposito   dei   minima   standard   di
distribuzione territoriale degli  uffici  implicati  dalla  legge  di
delegazione  (pag.  22  ss.),  la  Comm.  Min.  aveva  opportunamente
ricordato come: 
        «la distribuzione territoriale  degli  uffici  giudiziari  e'
materia di rilevanza  costituzionale,  da  cio'  conseguendo  vincoli
diretti gia' per il delegante e - con diretta progressione -  per  il
legislatore  delegato,  tenuto  anzitutto  ad   una   interpretazione
rigorosa, oltre che  costituzionalmente  orientata,  dei  principi  e
criteri direttivi. La rilevanza deriva non soltanto dalla circostanza
per cui ogni nuova distribuzione di uffici  modifica  inevitabilmente
la competenza dei giudici interessati (il che pone immediatamente  il
problema  degli  affari  in  corso,  rispetto  ai   quali   gia'   la
precostituzione  puo'  farsi  dubbia,  anche  se  la   giurisprudenza
costituzionale non reputa necessariamente in contrasto con l'art. 25,
primo comma, Cost.  gli  interventi  legislativi  modificativi  della
competenza aventi incidenza anche sui processi in  corso),  ma  anche
dalla circostanza che  la  Costituzione  impone,  di  la'  di  quanto
implicitamente  viene  dalla  superiore  garanzia  di  incondizionata
accessibilita' alla giustizia,  che  le  unita'  giudiziarie  abbiano
sempre un carattere "naturale". Vero e', come ancora attesta la sent.
Corte cost. n. 237/07, che la nozione di giudice naturale corrisponde
a quella di giudice precostituito per legge, ma  e'  anche  vero  che
autorevolissime voci della dottrina hanno  sapientemente  sciolto  la
nota  endiadi,  e  attribuito  autonomia,  rispetto  al  dato   della
precostituzione, al distinto valore costituzionale della  naturalezza
del giudice, e proprio sotto il profilo della necessaria e  razionale
frammentazione e  collocazione  sul  territorio  degli  uffici  (...)
giungendo a ipotizzare fattispecie di giudice precostituito  e  pero'
innaturale   come   limite   logico   a    qualsivoglia    operazione
interpretativa intesa  alla  identificazione  e  riduzione  a  unita'
semantica dei due concetti. 
    In questa  prospettiva  di  assicurazione  anche  del  valore  di
razionale diffusione geografica dell'accesso alle sedi  di  giustizia
deve allora essere interpretata la legge di delegazione: legge  dalla
quale emerge un ultimo e originario principio di  intangibilita'  del
tribunale di primo grado (e del corrispondente  ufficio  di  procura)
per ogni capoluogo di provincia.» 
    Dall'«invariabile principio di intangibilita'  del  tribunale  di
primo grado per ogni capoluogo di provincia» venivano quindi  desunti
i «principali corollari operativi» sulla base dei  quali  operare  la
riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, i quali -  partendo
da un novero di  n.  57  tribunali  «non  provinciali»  astrattamente
suscettibili di soppressione  -  portavano  ad  una  rappresentazione
conclusiva di n. 37 uffici giudiziari  di  primo  grado  aventi  sede
fuori dei capoluoghi di  provincia,  sui  quali  risultava  possibile
eseguire gli interventi di cui alla legge-delega; senza  che  tra  di
essi venisse mai ricompreso, per le ragioni dette,  il  Tribunale  di
Urbino. 
    Tale esclusione - sempre per le medesime ragioni - veniva  quindi
confermata in altri due fondamentali  passaggi  dell'esercizio  della
delega legislativa,  quali  i  prescritti  pareri  delle  Commissioni
Giustizia della Camera e del Senato (espressamente qualificati, nella
legge-delega, come non vincolanti, ma il cui disattendimento da parte
del Governo ha portato al paradosso di un legislatore  delegato  che,
in sede di esercizio della delega ricevuta, disattende il parere  sul
punto dello stesso legislatore delegante). 
    Nei pareri della Commissione Giustizia Senato del 31 luglio  2012
e della Commissione Giustizia Camera del 1° agosto 2012 (al punto  3,
lett. f) veniva infatti espressamente richiesto il  mantenimento  del
Tribunale di Urbino  «in  quanto  pur  trattandosi  di  capoluogo  di
provincia (Pesaro-Urbino), e  quindi  dovendo  essere  escluso  dalla
soppressione in base al tenore letterale dell'art. 2 lett.  a)  della
legge-delega, e' stato accorpato al Tribunale di  Pesaro.  Confortano
tale previsione il fatto che l'andamento orografico della provincia e
la  disposizione  delle  principali  vie  di  comunicazione  che   si
collocano ad ovest e ad est rendono complessa se non problematica  la
circolazione  sia  a  nord  che  a  sud  nelle   zone   appenniniche»
(formulandosi poi una ulteriore ipotesi di accorpamento  al  medesimo
tribunale della sopprimenda sezione distaccata di Fano); cio' che qui
interessa  e'  pero'  non  il  (pur  importante)   riferimento   alle
condizioni   morfologiche   e   infrastrutturali    del    territorio
provinciale,  bensi'  la  rimarcata  natura  di   (co-)capoluogo   di
provincia, data per nota ed indiscussa. 
    Per tutte  le  ragioni  cosi'  evidenziate,  si  ritiene  che  la
soppressione del Tribunale di Urbino infine disposta dal Governo, non
trovi alcun fondamento nella legge-delega in materia, e si ponga anzi
in insanabile contrasto con i  «principi  e  criteri  direttivi»  ivi
stabiliti, risultando pertanto viziata da eccesso di delega,  che  ne
comporta la illegittimita' per contrasto con l'art. 76 Cost. 
3) La rilevanza rispetto alla decisione del presente giudizio. 
    Le norme in oggetto  hanno  una  diretta  ed  evidente  incidenza
rispetto  alla  decisione  del  presente  giudizio,   concorrendo   a
determinare il «giudice naturale» dello stesso. 
    L'interesse delle parti e' dunque quello a  non  essere  distolte
dal giudice precostituito per legge (che allo stato e'  il  Tribunale
di Urbino), sulla base di norme  pure  aventi  valore  di  legge,  ma
costituzionalmente illegittime per le ragioni sopra evidenziate  (che
lo individuano nel Tribunale di Pesaro);  interesse  peraltro  a  sua
volta di rilevanza costituzionale, alla stregua dell'art.  25,  primo
comma, Cost. 
    La decisione delle questioni di legittimita' costituzionale  come
sopra  prospettate   si   pone   pertanto   come   pregiudiziale   ed
indispensabile rispetto alla  decisione  del  presente  giudizio.  La
Corte cost., con le sentenze n. 18/89 (sulla  responsabilita'  civile
dei magistrati) e n. 196/87 (sulla obiezione di coscienza del giudice
tutelare  in  ordine  alla  autorizzazione  delle   donne   minorenni
all'interruzione della gravidanza), ha del  resto  gia'  riconosciuto
che - ai fini della ammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'
sollevate - devono ritenersi rilevanti ai fini del giudizio anche  le
norme che, pur non direttamente pertinenti rispetto  all'oggetto  del
giudizio, attengono  comunque  allo  status  del  giudice,  alla  sua
composizione, nonche' in generale alle  garanzie  ed  ai  doveri  che
riguardano  il  suo  operare.  La  protezione  dell'esercizio   della
funzione giurisdizionale  influisce  pertanto,  in  questi  casi,  su
ciascun procedimento pendente, nell'ambito (ed in ogni  momento)  del
quale puo' pertanto essere sollevata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, legge 14  settembre
2011, n. 148, per contrasto con l'art. 77, secondo comma, Cost.; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1 d.lgs. 7 settembre  2012,  n.
155, limitatamente alla soppressione del  Tribunale  di  Urbino,  per
contrasto con l'art. 76 Cost.; 
    Sospende il presente processo e  dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio ministri, nonche'
per la comunicazione ai presidenti della Camera dei  deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
 
        Urbino, 17 gennaio 2013 
 
                        Il giudice: Cigliola