N. 63 SENTENZA 26 marzo - 5 aprile 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle regioni  -  Dismissione  dei
  terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola  -  Utilizzazione
  delle risorse derivanti dalla vendita -  Previsione  che  gli  enti
  territoriali destinano le risorse alla riduzione del proprio debito
  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -  Asserita  violazione   della
  competenza legislativa  regionale  nella  materia  concorrente  del
  coordinamento  della  finanza  pubblica   -   Asserita   violazione
  dell'autonomia di  spesa  regionale  -  Asserita  interferenza  nei
  poteri di disposizione ed  esercizio  di  funzioni  amministrative,
  relativi a  propri  beni  -  Insussistenza  -  Scelta  di  politica
  economica  nazionale,  adottata  per   fronteggiare   l'eccezionale
  emergenza  finanziaria  -  Normativa  espressiva  di  un  principio
  fondamentale nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica - Non fondatezza della questione. 
- Decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (convertito  nella  legge  24
  marzo 2012, n. 27), art. 66, comma 9, secondo periodo. 
- Costituzione, artt. 42, 117, terzo comma, 118, e 119, sesto  comma;
  legge 5 maggio 2009, n. 42, artt. 1, comma 1,  2, comma 2,  lettera
  a), e 19; decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, art. 2, comma,
  4. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle regioni  -  Dismissione  dei
  terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola  -  Utilizzazione
  delle risorse derivanti dalla vendita -  Previsione  che  gli  enti
  territoriali, in assenza di debito o  per  la  parte  eventualmente
  eccedente, destinano le risorse al  Fondo  per  l'ammortamento  dei
  titoli di Stato  -  Ingerenza  nell'autonomia  delle  Regioni,  non
  giustificata   da   finalita'   di   risanamento   del   debito   -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (convertito  nella  legge  24
  marzo 2012, n. 27), art. 66, comma 9, secondo periodo. 
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 119; legge 5  maggio  2009,
  n. 42, artt. 1, comma 1, 2, comma 2,  lettera  a),  e  19;  decreto
  legislativo 28 maggio 2010, n. 85, art. 2, comma, 4; (Costituzione,
  artt. 42 e 118). 
(GU n.15 del 10-4-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  66,
comma 9, secondo periodo, del decreto-legge 24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, promosso dalla Regione  Veneto  con
ricorso notificato il 23 maggio 2012, depositato in cancelleria il 29
maggio 2012 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  12  febbraio  2013  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Veneto, con ricorso notificato il 23 maggio 2012 e
depositato il  successivo  29  maggio,  ha  impugnato,  tra  l'altro,
l'articolo 66, comma 9, del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24  marzo  2012,  n.  27,  lamentando  la  lesione  degli
articoli 42,  117,  terzo  comma,  118  e  119,  sesto  comma,  della
Costituzione, e del principio di leale collaborazione,  in  relazione
agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a), e 19 della legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale,  in  attuazione  dell'articolo  119  della  Costituzione)  e
all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio  2010,  n.
85 (Attribuzione a comuni, province, citta' metropolitane  e  regioni
di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della  legge
5 maggio 2009, n. 42). 
    La norma impugnata  -  osserva  la  ricorrente  -  dispone  sulla
utilizzazione delle risorse derivanti dalle operazioni di dismissione
di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, stabilendo  che
esse, al netto dei costi di dismissione, siano destinate  dagli  enti
territoriali alla riduzione del debito pubblico, e,  in  assenza  del
debito ovvero per la parte  eventualmente  eccedente,  al  Fondo  per
l'ammortamento dei  titoli  di  Stato.  Detta  norma  afferisce  alla
materia del coordinamento della  finanza  pubblica,  attribuita  alla
competenza legislativa concorrente della  Regione,  in  relazione  al
quale spetta ad  essa  la  potesta'  legislativa  salvo  che  per  la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione
dello Stato (art. 117, terzo comma, Cost., e art. 2, comma 2, lettera
a), della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    Cio' posto, ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata
non si limiterebbe a porre principi, ossia criteri ed  obiettivi  che
lascino  alle  Regioni  un  sufficiente  spazio  di   manovra   nella
individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere
detti  obiettivi,  ma  interverrebbe  con  previsioni  specifiche  ed
autoapplicative incidenti  sull'autonomia  di  spesa  della  Regione,
imponendo una specifica destinazione per le  somme  reperite  per  il
tramite  delle  operazioni  di  dismissione.  Sicche'  la  denunciata
lesione dell'art. 117, terzo comma, Cost., si  risolverebbe  altresi'
in un contrasto con l'autonomia  di  spesa  garantita  dall'art.  119
Cost. e dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), della legge
5 maggio 2009,  n.  42,  ed  ancora  in  un  vulnus  alla  proprieta'
pubblica, con riferimento agli artt. 42 e 119, sesto comma, Cost.,  e
19 della predetta legge n. 42 del 2009. 
    Sotto un diverso profilo, la ricorrente censura  la  disposizione
de qua per violazione dell'art. 2, comma 4,  del  d.lgs.  n.  85  del
2010, che da' attuazione al predetto art. 19 della legge  n.  42  del
2009,  stabilendo   che   l'ente   territoriale   che   riceva   beni
nell'interesse  della  collettivita'  rappresentata   e'   tenuto   a
favorirne la massima valorizzazione funzionale a vantaggio diretto  o
indiretto della medesima  collettivita'  territoriale  rappresentata.
Infatti, ad  avviso  della  Regione  Veneto,  la  previsione  di  cui
all'art. 66, comma 9, relativa alla utilizzazione dei proventi  della
dismissione per alimentare il Fondo per l'ammortamento dei titoli  di
Stato, sottrae alle collettivita' territoriali, presso  le  quali  si
trova il bene dismesso, le risorse  ottenute  proprio  attraverso  la
valorizzazione dello stesso. 
    I profili di illegittimita' dedotti in riferimento  alla  lesione
dell'autonomia normativa e  finanziaria  regionale  determinerebbero,
altresi', una  compromissione  della  stessa  potesta'  di  esercizio
autonomo  delle  funzioni  amministrative,  con  cio'  rivelando   la
lesivita' della disposizione impugnata rispetto all'art. 118 Cost. 
    Infine, la ricorrente  lamenta  che  la  disposizione  impugnata,
afferente ad una materia ricompresa nella competenza  concorrente  di
Stato e Regioni, ed in cui vengono in  giuoco  la  valorizzazione  di
beni propri degli enti territoriali e la destinazione  delle  risorse
da questi derivanti, sia stata emanata in assenza di alcun  confronto
con le Regioni. 
    2.-  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito   il
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   con   il   patrocinio
dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per   la
infondatezza del ricorso,  osservando,  per  cio'  che  rileva  nella
presente sede, che la previsione di cui all'art.  66,  comma  9,  del
decreto-legge n. 1 del 2012  costituisce  un  principio  generale  di
coordinamento della finanza statale e locale. 
    3.- Nell'imminenza della data fissata per la pubblica udienza  la
difesa della Regione Veneto ha depositato una memoria  con  la  quale
insiste per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  della
norma impugnata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione  Veneto  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 24  gennaio
2012, n. 1 (Disposizioni urgenti  per  la  concorrenza,  lo  sviluppo
delle  infrastrutture   e   la   competitivita'),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, tra  cui  l'articolo
66, comma 9 (rectius: 66, comma 9, secondo periodo),  in  riferimento
agli articoli 42, 117, terzo comma, 118 e  119,  sesto  comma,  della
Costituzione ed al principio di leale  collaborazione,  in  relazione
agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a), e 19 della legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale,  in  attuazione  dell'articolo  119  della  Costituzione)  e
all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio  2010,  n.
85 (Attribuzione a comuni, province, citta' metropolitane  e  regioni
di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della  legge
5 maggio 2009, n. 42). 
    La trattazione delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
relative alla predetta disposizione  viene  qui  separata  da  quella
relativa alle altre questioni proposte con il medesimo  ricorso,  che
viene riservata a separate pronunzie. 
    2.- Nel quadro delle misure  urgenti  per  la  concorrenza  e  lo
sviluppo introdotte dal  citato  decreto-legge  n.  1  del  2012,  si
inserisce, sub articolo 66, la  «dismissione  dei  terreni  demaniali
agricoli e a vocazione agricola». 
    La correlativa disciplina  -  dettata,  in  primo  luogo,  per  i
terreni di proprieta' dello Stato - e' estesa ai beni  di  proprieta'
delle Regioni, Province e Comuni, con la previsione  che  detti  enti
«possono» alienarli, conferendo, all'uopo,  mandato  all'Agenzia  del
demanio, la quale «provvede al versamento agli enti territoriali gia'
proprietari dei proventi derivanti dalla vendita al netto  dei  costi
sostenuti e documentati» (art. 66, comma 7). 
    In  tale  contesto  si  inserisce  la  disposizione  di  cui   al
successivo comma 9 del richiamato art. 66 del decreto-legge n. 1  del
2012, sulla utilizzazione delle risorse derivanti dalle operazioni di
dismissione:  disposizione,  ora  appunto,  impugnata  dalla  Regione
Veneto, nella parte in cui  stabilisce  che  «gli  enti  territoriali
destinano le predette risorse alla riduzione del proprio debito e, in
assenza del debito o per la parte eventualmente eccedente,  al  Fondo
per l'ammortamento dei titoli di Stato». 
    Siffatta destinazione obbligata delle risorse - che,  secondo  la
ricorrente, dovrebbero invece rimanere  nella  libera  disponibilita'
degli enti proprietari dei beni dismessi - contrasterebbe, infatti, a
suo avviso: 
    - con l'art. 117, terzo comma, e l'art. 119 Cost.,  in  relazione
agli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), della  legge  n.  42
del  2009,  per  avere  lo  Stato,  in  una  materia  di   competenza
legislativa concorrente quale quella del coordinamento della  finanza
pubblica, adottato previsioni specifiche e autoapplicative  incidenti
sull'autonomia di spesa delle Regioni,  anziche'  limitarsi  a  porre
principi fondamentali, cioe' criteri ed obiettivi  che  lascino  alle
stesse un sufficiente spazio di manovra  nella  individuazione  degli
strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi; 
    - con gli articoli 119, sesto comma, e  42  Cost.,  in  relazione
all'art. 19 della predetta legge n. 42 del 2009, per la lesione della
proprieta' pubblica derivante dalla utilizzazione dei proventi  della
dismissione dei beni di cui si tratta secondo  le  indicazioni  dello
Stato; 
    - ancora  con  l'art.  119,  sesto  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 19 della legge n. 42 del 2009 e all'art.  2,  comma  4,  del
d.lgs. n. 85 del 2010, per avere, con l'imporre  l'utilizzazione  dei
proventi della dismissione per alimentare il Fondo per l'ammortamento
dei titoli di Stato, sottratto alle collettivita' territoriali presso
le quali si trovano i  beni  dismessi  le  risorse  ottenute  proprio
valorizzando questi ultimi; 
    - l'art. 118 Cost.,  per  la  compromissione  della  potesta'  di
esercizio  autonomo  delle  funzioni  amministrative  delle   Regioni
determinata dalla lesione della  autonomia  normativa  e  finanziaria
delle stesse; 
    - il principio di leale collaborazione per essere stata emessa la
disposizione censurata in assenza di un confronto con le Regioni  pur
in un ambito di competenza concorrente  in  cui  sono  in  giuoco  la
valorizzazione  dei  beni  propri  degli  enti  territoriali   e   la
destinazione delle risorse da questi derivanti. 
    3.- Ai fini dello scrutinio di costituzionalita', la disposizione
impugnata  puo'  scindersi  in  due  profili  che,   rispettivamente,
concernono: 
    la destinazione  delle  risorse  derivanti  dalle  operazioni  di
dismissioni  dei  beni  dell'ente   territoriale   all'obiettivo   di
riduzione dei debiti dell'ente medesimo; 
    la destinazione di quelle risorse al Fondo per l'ammortamento dei
titoli dello Stato «in assenza del debito [dell'ente territoriale]  o
per la parte eventualmente eccedente». 
    Alla questione sub b)  -  prospettata  in  termini  di  paventata
«lesione della proprieta'» (secondo la ricorrente, per effetto  della
disposizione censurata, «e' come se i beni dismessi non  fossero  mai
appartenuti alla Regione») e' riferita propriamente  la  denuncia  di
contrasto della disposizione impugnata con i  precetti  di  cui  agli
articoli 42 e 119, sesto comma della Costituzione, ed alle (per altro
solo genericamente) richiamate norme interposte (art. 19 della  legge
n. 42 del 2009 sul cosiddetto federalismo fiscale e articolo 2, comma
4, del decreto legislativo n. 85 del 2010, sul patrimonio degli  enti
territoriali). 
    Ad entrambi i profili precettivi della disposizione censurata  si
rivolge poi la denuncia di violazione degli altri parametri evocati. 
    4.- La prima questione che in ordine  logico  viene  in  esame  -
quella, come  detto,  attinente  alla  destinazione  obbligata  delle
risorse derivanti dalla dismissione all'obiettivo  di  riduzione  del
debito del medesimo ente territoriale proprietario del bene  dismesso
- non e' fondata. 
    La  correlazione  funzionale  -  che  l'art.  66,  comma  9,  del
decreto-legge n. 1 del 2012 impone tra operazione di dismissione  dei
terreni demaniali, sia dello Stato che delle Regioni  ed  altri  enti
territoriali, e riduzione del debito rispettivo - risponde,  infatti,
proprio per tale complessiva estensione, ad una  scelta  di  politica
economica  nazionale,  adottata  per  far  fronte  alla   eccezionale
emergenza finanziaria che il Paese  sta  attraversando,  e  si  pone,
quindi,  come  espressione  del  perseguimento  di  un  obiettivo  di
interesse generale in un quadro di necessario  concorso  anche  delle
autonomie al risanamento della finanza pubblica. 
    Si  tratta,  pertanto,  di  una  disposizione  che,  per  la  sua
finalita' e per la proporzionalita' al fine che  intende  perseguire,
risulta espressiva di un principio  fondamentale  nella  materia,  di
competenza concorrente, del coordinamento della finanza  pubblica.  E
che, come tale, non e'  invasiva  delle  attribuzioni  della  Regione
nella  materia  stessa,  in  quanto  il  finalismo  della  previsione
normativa esclude che possa invocarsi -  come  fa  la  Regione  -  la
logica  della  norma  di  dettaglio.  Invero,   una   volta   assunto
l'obiettivo di carattere generale della riduzione dei debiti dei vari
enti in funzione del risanamento della finanza pubblica attraverso la
dismissione  di  determinati  beni,  l'imposizione  del  vincolo   di
destinazione appare mezzo necessario al suo raggiungimento. 
    E cio' tanto piu' se si considera che il comma  7  dell'art.  66,
come fa manifesto il «puo'» in esso contenuto, lascia alle Regioni la
facolta' di scegliere se procedere o meno alla riduzione  del  debito
tramite le dismissioni dei beni di cui trattasi. 
    Tanto, dunque, esclude il contrasto con i precetti  di  cui  agli
articoli 117, terzo comma,  e  119  Cost.,  ed  alle  invocate  norme
interposte. 
    A sua volta, il vulnus -  che  la  ricorrente  sostiene  arrecato
dalla disposizione stessa agli articoli 42, 119, sesto comma,  e  118
Cost., per l'asserita interferenza nei suoi poteri di disposizione ed
esercizio di  funzioni  amministrative,  relativi  a  propri  beni  -
risulta insussistente, tenuto conto, da un lato, che  la  dismissione
dei beni costituisce un atto che e' adottato dagli enti  territoriali
in piena autonomia (comma 7 dell'art. 66 del decreto-legge n.  1  del
2012) e, dall'altro,  che  la  previsione  della  destinazione  delle
risorse  derivanti  dalle  dismissioni  alla  riduzione  del   debito
dell'ente - esprimendo, come  visto,  un  principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza pubblica - puo' legittimamente comportare
una limitazione dell'autonomia amministrativa della Regione. 
    Infine, quanto alla denunciata lesione  del  principio  di  leale
collaborazione, la censura  e'  del  pari  non  fondata,  atteso  che
l'esercizio della funzione legislativa non e' soggetto alle procedure
di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 100  del  2010,  n.
284 e n. 225 del 2009). 
    5.- E' invece fondata la questione relativa alla disposizione  in
esame nella parte in cui essa prevede che gli enti  territoriali,  in
assenza di debito o per la  parte  eventualmente  eccedente,  debbano
destinare le risorse derivanti dalle  operazioni  di  dismissione  di
terreni demaniali agricoli  e  a  vocazione  agricola  al  Fondo  per
l'ammortamento dei titoli di Stato. 
    Per questa parte, la norma impugnata si risolve, infatti, in  una
disciplina che, non essendo finalizzata ad assicurare l'esigenza  del
risanamento del debito degli enti territoriali e, quindi, non essendo
correlata alla realizzazione del ricordato principio fondamentale, si
risolve in una indebita ingerenza nell'autonomia della Regione. 
    Il vulnus al principio dell'autonomia finanziaria  delle  Regioni
si configura  per  la  ragione  che  la  disposizione  determina  una
indebita  appropriazione,  da   parte   dello   Stato,   di   risorse
appartenenti agli enti territoriali, in quanto realizzate  attraverso
la dismissione di beni di loro proprieta', e, con  cio',  sottrae  ad
essi il potere di utilizzazione dei propri mezzi finanziari,  che  fa
parte  integrante  di   detta   autonomia   finanziaria,   funzionale
all'assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti  territoriali
sono chiamati a svolgere (tra le altre, sentenze n. 311 del 2012 e n.
237 del 2009), con conseguente violazione degli articoli  117,  terzo
comma, e 119  Cost.,  assorbiti  gli  ulteriori  profili  di  dedotta
illegittimita' costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse dalla Regione Veneto  con  il
ricorso in epigrafe 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  66,
comma 9, secondo periodo, del decreto-legge 24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui prevede che  gli
enti territoriali, in assenza di debito  pubblico,  o  per  la  parte
eventualmente eccedente, debbano destinare le risorse derivanti delle
operazioni di dismissione di cui ai commi  precedenti  al  Fondo  per
l'ammortamento dei titoli di Stato; 
    2) dichiara non fondata la ulteriore  questione  di  legittimita'
costituzionale dello stesso articolo 66, comma  9,  secondo  periodo,
del decreto-legge n. 1  del  2012,  sollevata,  in  riferimento  agli
articoli 42,  117,  terzo  comma,  118  e  119,  sesto  comma,  della
Costituzione e al  principio  di  leale  collaborazione,  nonche'  in
relazione agli articoli 1, comma 1, 2 comma 2, lettera a), e 19 della
legge 5  maggio  2009,  n.  42  (Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione) e all'articolo 2, comma 4, del decreto  legislativo  28
maggio  2010,  n.  85  (Attribuzione  a  comuni,   province,   citta'
metropolitane e  regioni  di  un  proprio  patrimonio  in  attuazione
dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI