N. 41 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 marzo 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 8 marzo 2013 (della Regione Autonoma della Sardegna). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Rideterminazione degli obiettivi del patto  di  stabilita'  interno
  per gli anni 2013, 2014 e  2015  -  Incremento  del  concorso  alla
  finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle  Province
  autonome in misura di 500 milioni  di  euro  annui,  da  realizzare
  mediante  accantonamenti  annuali,  a   valere   sulle   quote   di
  compartecipazione ai  tributi  erariali  -  Ricorso  della  Regione
  Sardegna - Richiamo al  ricorso  n.  160/12,  gia'  promosso  dalla
  ricorrente - Denunciata ulteriore limitazione di spesa connessa  al
  patto di stabilita' - Lesione dell'autonomia finanziaria  regionale
  - Esorbitanza del  legislatore  statale  dalla  propria  competenza
  concorrente nella materia coordinamento della  finanza  pubblica  e
  violazione  della  competenza  regionale  nella  stessa  materia  -
  Incidenza sulla potesta' amministrativa regionale -  Contrasto  con
  il nuovo regime statutario delle entrate regionali - Violazione del
  principio di ragionevolezza -  Incidenza  sullo  svolgimento  delle
  funzioni pubbliche da parte della ricorrente -  Inosservanza  della
  procedura  statutaria  prevista  per  le  modifiche  dello  Statuto
  speciale - Violazione del  principio  dell'accordo  che  regola  il
  regime dei rapporti finanziari  tra  Stato  e  Regioni  speciali  -
  Violazione del principio di leale collaborazione. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art.  1,  comma  118  (modificativo
  dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
  convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135). 
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo, e 119 e,  in  particolare,
  comma quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art.  10;
  Statuto speciale della Regione Sardegna  (legge  costituzionale  26
  febbraio 1948, n. 3), artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Fabbisogno   del   Servizio   sanitario   nazionale   e   correlato
  finanziamento - Riduzione di 600 milioni di euro per l'anno 2013  e
  di 1000  milioni  di  euro  dall'anno  2014,  rispetto  al  livello
  rideterminato dall'art. 15, comma 22, del decreto-legge n.  95  del
  2012 - Previsione che, in attesa  dell'emanazione  delle  norme  di
  attuazione di cui all'art. 27  della  legge  n.  42  del  2009,  il
  concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome
  e' effettuato mediante accantonamenti annuali, a valere sulle quote
  di compartecipazione ai tributi erariali -  Ricorso  della  Regione
  Sardegna  -  Denunciata  imposizione  di  un  ulteriore  contributo
  aggiuntivo agli obiettivi di finanza pubblica a carico del bilancio
  regionale  -  Mancata  delimitazione   temporale   del   contributo
  aggiuntivo  -  Lesione  dell'autonomia  finanziaria   regionale   -
  Esorbitanza  del  legislatore  statale  dalla  propria   competenza
  concorrente nella materia coordinamento della  finanza  pubblica  e
  violazione  della  competenza  regionale  nella  stessa  materia  -
  Incidenza sulla potesta' amministrativa regionale -  Contrasto  con
  il nuovo regime statutario delle entrate regionali - Violazione del
  principio di ragionevolezza. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 131 e 132. 
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo, e 119 e,  in  particolare,
  comma quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art.  10;
  Statuto speciale della Regione Sardegna  (legge  costituzionale  26
  febbraio 1948, n. 3), artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Operazioni immobiliari - Possibilita', dal 1° gennaio 2014, per gli
  enti territoriali e per quelli del Servizio sanitario nazionale, di
  effettuare  acquisti  immobiliari  solo  se  ne  siano   comprovate
  documentalmente l'indispensabilita' e l'indilazionabilita' e se  la
  congruita' del prezzo sia  attestata  dall'Agenzia  del  demanio  -
  Divieto, salvo eccezioni, per le pubbliche amministrazioni inserite
  nel conto economico consolidato, di acquistare nel 2013 immobili  a
  titolo oneroso e di stipulare  contratti  di  locazione  passiva  -
  Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale - Esorbitanza del legislatore  statale  dalla
  propria competenza concorrente nella  materia  coordinamento  della
  finanza pubblica e  violazione  della  competenza  regionale  nella
  stessa materia - Violazione della competenza regionale  in  materia
  di ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi regionali e
  di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni  -
  Violazione della competenza  legislativa  esclusiva  nella  materia
  finanza locale - Violazione del principio di ragionevolezza. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 138, nella  parte  in
  cui  introduce  i  commi  1-ter  e  1-quater   dell'art.   12   del
  decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 15 luglio 2011, n. 111. 
- Costituzione,  artt.  3,   117,   comma   terzo,   e   119;   legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,  art.  10;  Statuto  speciale
  della Regione Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
  3), artt. 3, primo comma, lett. a) e b), 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Divieto
  alle  amministrazioni  pubbliche  inserite  nel   conto   economico
  consolidato della P.A. di effettuare negli anni 2013 e  2014  spese
  di ammontare superiore al 20 per cento  della  spesa  sostenuta  in
  media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi,  di
  acquistare autovetture o stipulare contratti di leasing fino al  31
  dicembre 2014, di conferire  incarichi  di  consulenza  in  materia
  informatica,  salvo  casi  eccezionali  adeguatamente  motivati   -
  Previsione   che   l'applicazione   delle   predette   disposizioni
  costituisca condizione per l'erogazione da parte  dello  Stato  dei
  trasferimenti  erariali  di  cui   all'art.   2,   comma   1,   del
  decreto-legge n. 174 del 2012 (gia' impugnato dalla ricorrente  con
  il ricorso n. 20/13) - Ricorso della Regione Sardegna -  Denunciata
  lesione  della  competenza  regionale  concorrente  nella   materia
  coordinamento della finanza pubblica - Violazione della  competenza
  regionale in materia di  ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
  amministrativi regionali e di ordinamento degli enti locali e delle
  relative circoscrizioni - Violazione della  competenza  legislativa
  esclusiva nella materia finanza locale - Violazione  del  principio
  di uguaglianza e di ragionevolezza -  Incidenza  sullo  svolgimento
  delle funzioni pubbliche da parte della ricorrente. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 141, 142, 143, 145  e
  146. 
- Costituzione,  artt.  3,   117,   comma   terzo,   e   119;   legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,  art.  10;  Statuto  speciale
  della Regione Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
  3), artt. 3, primo comma, lett. a) e b), 3, 4, 5, 7 e 8. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate  derivanti
  dall'attivita'  di  contrasto  dell'evasione  fiscale   -   Riserva
  all'entrata del bilancio statale per il finanziamento di  un  fondo
  per la riduzione strutturale  della  pressione  fiscale  -  Ricorso
  della Regione Sardegna -  Denunciata  esclusione  della  ricorrente
  dalla  compartecipazione  alle  entrate  erariali  prevista   dallo
  Statuto  speciale  -  Lesione  delle  attribuzioni  spettanti  alla
  Regione. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art.  1,  comma  299  (modificativo
  dell'art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138,  convertito,
  con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148). 
- Statuto speciale della Regione Sardegna  (legge  costituzionale  26
  febbraio 1948, n. 3), art. 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito
  dell'imposta municipale propria  (IMU)  -  Soppressione  del  fondo
  sperimentale di riequilibrio di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 23 del
  2011, nonche' dei trasferimenti erariali a favore dei Comuni  della
  Regione Siciliana e  della  Regione  Sardegna,  limitatamente  alle
  tipologie  di  trasferimenti  fiscalizzati  di   cui   ai   decreti
  ministeriali del 21 giugno 2011 e del 23 giugno 2012 - Riserva allo
  Stato del gettito dell'imposta di cui all'art. 13 del decreto-legge
  n. 201 del 2011 (gia' impugnato dalla ricorrente con il ricorso  n.
  47/12) derivante dagli immobili ad uso produttivo -  Ricorso  della
  Regione Sardegna - Denunciata  lesione  dell'autonomia  finanziaria
  regionale - Violazione della competenza regionale concorrente nella
  materia del coordinamento della  finanza  pubblica  e  del  sistema
  tributario -  Violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva
  nella materia finanza  locale  -  Contrasto  con  il  nuovo  regime
  statutario delle entrate regionali. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380. 
- Costituzione,  artt.  3,   117,   comma   terzo,   e   119;   legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,  art.  10;  Statuto  speciale
  della Regione Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.
  3), artt. 3, primo comma, lett. b), 7 e 8. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Tributo
  comunale sui rifiuti e sui servizi gia' istituito dall'art. 14  del
  decreto-legge n.  201  del  2011  -  Modificazioni  ai  criteri  di
  calcolo, alle modalita' di pagamento e  di  riscossione  -  Ricorso
  della Regione Sardegna - Richiamo alle argomentazioni svolte  dalla
  ricorrente avverso l'art. 14 del decreto-legge n. 201 del 2011  con
  il ricorso  n.  47/12  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  esclusiva in materia di  ordinamento  degli  enti  locali  e  delle
  relative circoscrizioni, comprensiva della finanza locale - Lesione
  dell'autonomia finanziaria regionale - Esorbitanza dalla competenza
  legislativa  concorrente  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
  tributario. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art.  1,  comma  387  (modificativo
  dell'art. 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito,
  con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214). 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; Statuto speciale della Regione
  Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3),  artt.  3,
  primo comma, lett. b), e 7. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Obiettivi di finanza  pubblica  delle  Regioni  Sardegna,  Sicilia,
  Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta per ciascuno degli  anni  dal
  2013 al 2016 - Possibilita' per lo Stato di rimodulare i meccanismi
  del patto di stabilita' anche nel caso in cui non  venga  raggiunto
  l'accordo fra esse e il Ministero dell'economia e delle  finanze  -
  Soggezione degli  enti  locali  situati  sul  territorio  regionale
  all'obiettivo   complessivamente   determinato   in    applicazione
  dell'art. 31 della legge n. 183 del 2011  e,  in  caso  di  mancato
  accordo,  alle  disposizioni  previste  in  materia  di  patto   di
  stabilita' interno per gli  enti  locali  del  restante  territorio
  nazionale - Concorso al riequilibrio finanziario anche  con  misure
  finalizzate a produrre un risparmio per il  bilancio  dello  Stato,
  mediante   l'assunzione   dell'esercizio   di   funzioni   statali,
  attraverso  l'emanazione  di   specifiche   norme   di   attuazione
  statutaria, le quali devono precisare le modalita' e l'entita'  dei
  risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente
  o comunque per annualita' definite - Condizioni  per  l'adempimento
  del patto di stabilita', casi di inadempimento e relative  sanzioni
  - Applicabilita' di  tali  previsioni  alle  Regioni  ad  autonomia
  speciale e alle Province autonome - Ricorso della Regione  Sardegna
  - Denunciata mancata previsione che l'accordo tra  lo  Stato  e  la
  Regione Sardegna dovesse adeguarsi al nuovo regime statutario delle
  entrate regionali - Lesione dei  diritti  dei  cittadini  residenti
  nella Regione - Violazione del principio  di  ragionevolezza  e  di
  uguaglianza - Incidenza sullo svolgimento delle funzioni  pubbliche
  e dei servizi assegnati alla Regione  -  Violazione  dell'autonomia
  finanziaria regionale - Violazione del principio di  corrispondenza
  tra entrate e spese del bilancio  regionale  -  Inosservanza  della
  procedura statutaria per la proposizione delle norme  statutarie  e
  la revisione dello Statuto -  Lesione  del  principio  di  maggiore
  autonomia delle Regioni speciali. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 454, 456,  457,  458,
  459, 460, 461, 462, 463, 464, 465 e 466. 
- Costituzione, artt.  2,  3,  5,  81,  116,  117  e  119,  anche  in
  riferimento all'art. 11 della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196;
  Statuto speciale della Regione Sardegna  (legge  costituzionale  26
  febbraio 1948, n. 3), artt. 3, 4, 5, 7 e 8. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2013  -
  Previsione che le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome
  di Trento e di Bolzano  attuano  le  disposizioni  di  detta  legge
  stabilite dai rispettivi statuti  di  autonomia  e  dalle  relative
  norme di attuazione - Ricorso della Regione Sardegna  -  Denunciata
  mancata delimitazione dell'efficacia della legge nel rispetto della
  rigida ripartizione delle competenze e delle specifiche  previsioni
  recate dallo Statuto - Violazione del principio di uguaglianza e di
  ragionevolezza. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 554. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 117 e 119; Statuto speciale della Regione
  Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 3, 4,
  5, 6, 7, 8, 54 e 56. 
(GU n.16 del 17-4-2013 )
    Ricorso  della  Regione  Autonoma  della  Sardegna  (cod.   fisc.
80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari, Viale Trento  n.  69,
in  persona  del  Presidente  pro  tempore  dott.  Ugo   Cappellacci,
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del  presente  atto,
dagli  avv.ti  Tiziana  Ledda  (cod.  fisc.   LDDTZN52T59B354Q,   fax
0706062418,          posta          elettronica           certificata
tledda@pec.regione.sardegna.it) e prof. Massimo Luciani  (cod.  fisc.
LCNMSM52L23H501G;  fax  0690236029;  posta  elettronica   certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),   elettivamente   domiciliata
presso lo Studio del secondo in  00153  Roma,  Lungotevere  Raffaello
Sanzio n. 9, contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  in
persona  del   Presidente   pro   tempore,   per   la   dichiarazione
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 118, 131,  132,
138, 141, 142, 143, 145, 146, 299, 380, 387, 454, 456, 457, 458, 459,
460, 461, 462, 463, 464, 465, 466 e  554,  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  302  del  29
dicembre 2012, suppl. ord.  n.  212,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge  di
stabilita' 2013). 
 
                              F a t t o 
 
    1. - La legge 24 dicembre 2012, n.  228,  pubbl.  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012, suppl. ord.  n.  212,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato» (legge di stabilita'  2013),  si  compone  di  un  unico
articolo, del quale fanno parte 561 commi. Detta legge,  nel  dettare
le  disposizioni  di  bilancio  per   il   triennio   2013-2015,   ha
disciplinato una vasta pluralita' di  oggetti,  tra  i  quali  -  per
citare solo alcuni aspetti di quanto qui interessa direttamente  -  i
contributi di finanza pubblica a carico delle Regioni  (commi  118  e
132); la destinazione delle  somme  recuperate  all'evasione  fiscale
(comma 299); l'imposta municipale  propria  -  IMU  (comma  380);  il
tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (comma  387)  la  modifica
del tributo sui servizi la disciplina del patto di stabilita' interno
(commi 448-472); la previsione di diretta applicabilita' della  legge
medesima alle Regioni a statuto speciale (comma 554); etc. 
    Alla realizzazione della complessiva manovra di finanza  pubblica
varata con la legge n. 228 del 2012  sono  state  chiamate  anche  le
autonomie territoriali, ma per alcuni significativi profili in  forme
e con contenuti del tutto illegittimi. 
    Specificamente illegittimi, e violativi delle attribuzioni  della
ricorrente, sono, nelle parti indicate in  epigrafe  e  che  appresso
meglio si identificheranno, le disposizioni di cui ai commi 118, 131,
132, 138, 141, 142, 143, 145, 146, 299, 380, 387, 454, 456, 457, 458,
459, 460, 461, 462, 463, 464,  465,  466  e  554  dell'art.  1.  Esse
debbono essere pertanto dichiarate costituzionalmente illegittime per
i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
Premessa. 
    In via del tutto preliminare, al fine di agevolare lo svolgimento
delle ulteriori argomentazioni senza  dover  tediare  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale con inutili ripetizioni, si osserva  che  varra'
di qui in avanti la precisazione che gli articoli della  Costituzione
che riconoscono attribuzioni costituzionali  alle  Regioni  ordinarie
sono richiamati ai sensi dell'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del
2001, che estende alle Regioni a statuto speciale le disposizioni  di
maggior favore previste per le Regioni  ordinarie  nelle  more  della
revisione dei loro statuti.  In  tutte  queste  occasioni,  pertanto,
detta previsione di rango costituzionale deve intendersi  richiamata,
essa pure, quale parametro. 
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228. L'art. 1, comma 118, della  legge  n.
228 del 2012 prevede che «all'articolo 16, comma 3,  quarto  periodo,
del  decreto-legge  6   luglio   2012,   n.   95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135,  dopo  le  parole:
"degli importi" sono  inserite  le  seguenti:  "incrementati  di  500
milioni di euro annui"». Per comodita' d'esposizione, giova riportare
il contenuto dell'intero art. 16, comma 3, del d.l. n.  95  del  2012
(segnalando le modifiche qui in oggetto con il carattere  grassetto):
«Con le procedure previste dall'articolo  27  della  legge  5  maggio
2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome  di
Trento e Bolzano assicurano un concorso  alla  finanza  pubblica  per
l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno  2012,  1.200
milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di  euro  per  l'anno
2014 e 1.575  milioni  di  euro  a  decorrere  dall'anno  2015.  Fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto  articolo
27, l'importo del concorso complessivo di cui al  primo  periodo  del
presente comma e' annualmente accantonato, a valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo
sancito tra le medesime autonomie  speciali  in  sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del  Ministero
dell'economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno. In
caso di mancato accordo  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, l'accantonamento e' effettuato, con decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze da emanare  entro  il  15  febbraio  di
ciascun  anno,  in  proporzione  alle  spese  sostenute  per  consumi
intermedi desunte, per l'anno 2011, dal  SIOPE.  Fino  all'emanazione
delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi
del patto di stabilita' interno  delle  predette  autonomie  speciali
sono rideterminati tenendo conto degli importi  incrementati  di  500
milioni di euro annui derivanti dalle predette procedure». 
    Si deve altresi' segnalare che la ricorrente  ha  gia'  impugnato
l'art. 16, comma 3, del d.l.  n.  95  del  2012,  nella  formulazione
risultante a seguito  di  conversione  in  legge  n.  135  del  2012,
lamentando la violazione del principio di leale collaborazione, degli
artt. 117 e 119 Cost. e degli artt.  6,  7  e  8  dello  Statuto.  Il
ricorso, rubricato al n. 160  del  Reg.  Ric.  2012,  e'  al  momento
pendente. 
    La disposizione qui in esame,  nell'aumentare  di  ulteriori  500
milioni di euro annui la «rideterminazione» del patto  di  stabilita'
interno in conseguenza del contributo di  finanza  pubblica  previsto
nell'art. 16, comma 3, primo  periodo,  del  d.l.  n.  95  del  2012,
produce una pluralita' di effetti, in ragione dei quali la  riconente
non puo' esimersi dal  richiedere  un  nuovo  intervento  di  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale. 
    In  primo  luogo,  infatti,  il  legislatore  statale  ha  inteso
confermare un illegittimo meccanismo  di  contributo  regionale  alla
finanza pubblica, che e' lesivo dell'autonomia finanziaria regionale.
In secondo luogo, il legislatore ha aggravato, per  una  cifra  assai
elevata il pregiudizio economico derivante alle Regioni autonome  dal
contributo di finanza pubblica previsto dall'art. 16,  comma  3,  del
d.l. n. 95 del 2012. Infine, lo Stato ha previsto che  detto  maggior
pregiudizio fosse scontato  direttamente  irrigidendo  i  limiti  del
patto  di  stabilita'  regionale.  Come  appresso   si   confida   di
dimostrare, questo elemento comporta un danno ed  una  lesione  delle
attribuzioni d'autonomia della ricorrente ancor piu' gravi e odiosi. 
    Cio' considerato, di  seguito  si  ripropongono,  con  le  dovute
precisazioni e modificazioni, le  censure  gia'  prospettate  avverso
l'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. 
    1.1. - Il contributo richiesto alle Regioni, tra le quali  e'  la
ricorrente, dall'art. 16, comma 3, del  d.l.  n.  95  del  2012,  ora
ulteriormente incrementato dalla  disposizione  che  qui  si  censura
nella forma dell'ulteriore limitazione di spesa connessa al patto  di
stabilita', non e' straordinario o limitato nel tempo, ma cresce fino
a toccare l'enorme somma  di  «1,575  milioni  di  euro  a  decorrere
dall'anno 2015» (e quindi di li' in avanti senza  limiti  temporali),
cui si sommano gli ulteriori 500 milioni di euro previsti  dal  comma
qui in esame, anch'essi  dovuti  dalle  autonomie  speciali  a  tempo
indeterminato. 
    Se questo e', come e', vero, il comma 118 dell'art. 1 del d.l. n.
95 del 2012,  nell'aggravare  un  contributo  posto  a  carico  delle
Regioni speciali di ulteriori 500 milioni di euro, viola  i  principi
che  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  ricavato  dal  testo
costituzionale  a  presidio  dei  rapporti  finanziari  tra  Stato  e
Regione. Nella sent. n.  82  del  2007  e'  stato  affermato  che  le
«limitazioni indirette all'autonomia di  spesa  degli  enti»  possono
darsi solamente «in  via  transitoria  e  in  vista  degli  specifici
obiettivi di  riequilibrio  della  finanza  pubblica  perseguiti  dal
legislatore statale». La disposizione  in  esame,  invece,  non  pone
vincoli transitori, ma definitivi. Nella recentissima  sent.  n.  193
del 2012, poi, codesta Ecc.ma Corte costituzionale  ha  ricordato  di
essersi «espressa sulla  non  incompatibilita'  con  la  Costituzione
delle misure disposte con l'art. 14, commi 1 e 2, del d.l. n. 78  del
2010,  sul   presupposto   -   richiesto   dalla   propria   costante
giurisprudenza - che possono essere ritenute principi fondamentali in
materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  del  terzo
comma dell'art.  117  Cost.,  le  norme  che  "si  limitino  a  porre
obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di
un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della
spesa  corrente  e  non  prevedano  in  modo  esaustivo  strumenti  o
modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi"  (sentenza  n.
148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del  2011  e  n.
326 del 2010)». 
    Poiche' il comma 118 dell'art. 1 della  legge  n.  228  del  2012
aumenta di ulteriori 500 milioni di euro il contributo gia'  previsto
a carico delle Regioni dall'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012
per un periodo di tempo indeterminato, e' violato anche  l'art.  117,
comma 3, Cost., in quanto il  legislatore,  determinando  un  obbligo
finanziario temporalmente indefinito per la  Regione,  ha  esorbitato
dalla propria competenza  concorrente  nella  materia  «coordinamento
della finanza pubblica». La disposizione in commento, per  le  stesse
ragioni, viola gli artt. 7 dello Statuto e  119  della  Costituzione,
che tutelano  la  particolare  autonomia  finanziaria  della  Regione
Sardegna. Violato e' anche l'art. 119, comma 4, Cost., in  quanto  il
contributo  richiesto  dallo  Stato,  che  si  somma  a  quello  gia'
richiesto in via originaria dall'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del
2012, impedisce, di fatto, alla Regione di  provvedere  all'integrale
finanziamento delle funzioni pubbliche di cui e' titolare in  ragione
della Costituzione, dello Statuto e della legge in generale.  Per  la
stessa ragione, sono violati gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto,  in
quanto il nuovo maggior contributo di finanza pubblica  disposto  dal
comma in esame, che si aggiunge a quello gia' indicato dal d.l. n. 95
del 2012, impedisce di fatto alla Regione di esercitare  la  potesta'
amministrativa che, in forza del c.d.  «principio  del  parallelismo»
dettato dall'art. 6 dello Statuto, le spetta  nelle  materie  di  sua
competenza, elencate - appunto - negli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto. 
    1.2. - Si deve poi considerare  che,  al  di  la'  dell'ulteriore
sacrifico sul piano della spesa e del  patto  di  stabilita'  imposto
dalla novellazione qui contestata, il  nuovo  maggior  contributo  di
finanza pubblica previsto dal comma in esame in capo viene  garantito
allo Stato attraverso un meccanismo di accantonamento  delle  risorse
«a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali»,  che
e' particolarmente odioso per la Regione Sardegna (si ricordi  qui  e
in avanti che il comma in questione prevede che si debbano seguire le
forme - di maggior garanzia per  le  autonomie  speciali  -  previste
dalla legge n. 42 del 2009, ma a quasi quattro anni dall'approvazione
di detta legge, le procedure ivi previste sono ancora rimaste lettera
morta). Come e' noto a codesta Ecc.ma Corte costituzionale (si v.  le
sentt. n. 99 e 118 del 2012, nonche' il pendente ricorso rubricato al
Reg. Conti. Enti n. 9/2012), la Regione ancora attende (ormai da  due
anni e nove mesi) che lo Stato dia completa e corretta esecuzione  al
nuovo regime di  compartecipazione  alle  entrate  erariali  previsto
dall'art. 8 dello Statuto, come riformato  dall'art.  1,  comma  834,
della legge n. 296 del 2006. Il fatto che lo Stato,  inadempiente  ai
doveri cui si e' autovincolato con la  riforma  dello  Statuto,  oggi
confermi le pretese illegittime gia' avanzate con il d.l. n.  95  del
2012 rende ancor piu' evidenti i vizi ora contestati. 
    1.2.1. - Ai sensi del novellato art. 8 dello Statuto, invero,  le
entrate della Regione Sardegna derivano  «a)  dai  sette  decimi  del
gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito
delle persone giuridiche riscosse nel territorio  della  regione;  b)
dai nove decimi del gettito delle imposte  sul  bollo,  di  registro,
ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e  delle  tasse  sulle
concessioni governative percette nel territorio della regione; c) dai
cinque decimi delle imposte sulle successioni  e  donazioni  riscosse
nel territorio della regione; d)  dai  nove  decimi  dell'imposta  di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta  nel
territorio della regione; e) dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
dei tabacchi consumati nella regione; f) dai nove decimi del  gettito
dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da
determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie  rilevati
annualmente  dall'ISTAT;   g)   dai   canoni   per   le   concessioni
idroelettriche; h) da imposte e tasse sul turismo e da altri  tributi
propri che la regione ha facolta' di istituire con legge  in  armonia
con i principi del sistema tributario dello  Stato;  i)  dai  redditi
derivanti dal  proprio  patrimonio  e  dal  proprio  demanio;  l)  da
contributi straordinari dello Stato per particolari  piani  di  opere
pubbliche e di trasformazione fondiaria; m) dai sette decimi di tutte
le entrate erariali, dirette o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici». 
    1.2.2. - E' appena il caso di rievocare la vicenda che - come  e'
ben  noto  a  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale  -  ha  condotto
all'approvazione del novellato testo statutario, ora riportato. 
    La riforma dell'art. 8 dello Statuto, invero, si rese  necessaria
per permettere alla Regione di far fronte all'evoluzione  complessiva
della realta'  economico-finanziaria  territoriale  e  nazionale.  Di
questo e' testimonianza il carteggio intervenuto  tra  il  Ragioniere
Generale dello  Stato  e  la  medesima  Regione  tra  l'agosto  e  il
settembre del  2005,  relativamente  alla  misura  delle  entrate  di
maggiore rilevanza per le  finanze  regionali:  la  compartecipazione
all'imposta sul reddito e la compartecipazione all'I.V.A. 
    Con nota del 3 agosto  2005,  prot.  n.  0102482,  il  Ragioniere
Generale rappresentava di aver presentato, nell'ambito del precedente
sistema di compartecipazione al gettito d'imposta, che prevedeva  una
determinazione annuale in merito,  una  proposta  di  quantificazione
delle quote di compartecipazione I.V.A. «nell'attesa che  si  proceda
alla  revisione  dell'ordinamento   finanziario   che   consenta   di
trasformare la compartecipazione  IVA  da  quota  variabile  a  quota
fissa», e che tale proposta era stata predisposta «abbandonando [...]
il criterio incrementale del tasso di inflazione che, comportando nel
tempo la  progressiva  svalutazione  in  termini  reali  del  cespite
regionale, ha di fatto svilito  lo  strumento  di  garanzia  previsto
dallo Statuto, che mirava  a  consentire  il  tempestivo  adeguamento
delle entrate regionali alle mutevoli necessita' di  spesa  derivanti
dall'espletamento delle funzioni normali della Regione». Con nota del
2 settembre 2005, prot. n. 0112371,  ancora  il  Ragioniere  Generale
rappresentava che «il gettito  IRPEF  regionale  [...]  registra  una
crescita, nell'arco temporale considerato [1991-2003], pari all'1,9%,
avallando, pertanto, la tesi  della  Regione  circa  l'anomalo  trend
dell'IRPEF regionale rispetto a quello nazionale». 
    E'  proprio  in   considerazione   della   palese   insufficienza
(esplicitamente riconosciuta  dallo  Stato)  del  quadro  finanziario
delle entrate regionali che si e' addivenuti  alla  seconda  modifica
dell'art. 8 dello Statuto, intervenuta, come si e'  gia'  detto,  nel
2006, con la quale - fra l'altro  -  si  e'  aggiunto  il  canale  di
finanziamento relativo ai «sette decimi di tutte le entrate erariali,
dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di  quelle  di
spettanza di altri enti pubblici» e - per l'appunto in coerenza con i
rilievi sopra  riportati  -  si  e'  introdotta  la  quota  fissa  di
compartecipazione all'I.V.A. maturata  nella  Regione  Sardegna  (v.,
rispettivamente,  lettere  m)  e  f)  dell'art.  8,  comma  1,  nella
formulazione vigente). 
    Risulta dunque per tabulas, sia  dalla  posizione  assunta  dallo
Stato nell'interlocuzione con la Regione,  sia  (e  soprattutto)  dal
contenuto normativo della novella statutaria del 2006, che il  regime
delle entrate regionali e' stato modificato al fine  permettere  alla
Sardegna  di  assolvere   ai   propri   compiti   istituzionali,   in
considerazione delle condizioni fattuali  e  normative  maturate  nel
tempo (in particolare, dell'accollo alla Regione di  alcune  funzioni
supplementari, come tutte quelle in materia di sanita', di  trasporti
e di continuita' territoriale). 
    Orbene:  non  solo,  allo  stato,  e   nonostante   le   puntuali
affermazioni di codesta Ecc.ma Corte nelle sentenze n. 99 e  112  del
2012, il  nuovo  regime  statutario  non  ha  ancora  avuto  compiuta
esecuzione, ma si pretende anche, adesso, di sottrarre  alla  Regione
Sardegna ulteriori risorse e capacita' di  spesa,  quando  lo  stesso
Stato -  come  si  e'  visto  -  ha  riconosciuto  la  necessita'  di
assegnarne  di  supplementari.  Il  che,  si  ripete,  determina   la
violazione  dell'art.  8  dello  Statuto,  ma  si  risolve  anche  in
violazione (in combinato) del  principio  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost., per l'evidente contraddittorieta' degli  interventi
normativi succedutisi nel tempo. 
    1.3. - Non basta. Come gia' si accennava,  l'ultimo  periodo  del
comma 3 dell'art. 16 del d.l. n. 95 del 2012  (quello  esplicitamente
interpolato dalla novella recata dall'art. 1, comma 118, della  legge
n. 228 del 2012 qui impugnata), prevede che il contributo di  finanza
pubblica imposto alle Regioni comporti che «gli obiettivi  del  patto
di  stabilita'  interno   delle   [...]   autonomie   speciali   sono
rideterminati tenendo conto degli importi incrementati di 500 milioni
di euro annui derivanti dalle predette procedure». Tanto  produce  un
ulteriore effetto lesivo in danno della ricorrente. 
    La Regione Autonoma della  Sardegna,  infatti,  non  e'  solo  in
attesa di una  compiuta  esecuzione,  da  parte  dello  Stato,  della
riforma dell'art. 8 dello Statuto, ma  sta  subendo  l'ingiustificata
opposizione, da parte del Ministero dell'economia  e  delle  finanze,
all'innalzamento del tetto degli impegni e dei  pagamenti  valido  ai
sensi del patto di stabilita' e crescita. 
    Si tratta di una  questione  ben  nota  a  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale, che ha scrutinato la vicenda nella sent. n.  118  del
2012 (e che dovra' su di essa ulteriormente pronunciarsi,  a  seguito
del ricorso proposto dall'odierna ricorrente avverso la legge n.  182
del 2012, rubricata al n. 196 del Reg. Ric. 2012). 
    In quel caso la Regione Sardegna, ricorrente oggi come allora, si
doleva del rifiuto del MEF di  aderire  alla  proposta  di  patto  di
stabilita' formulata dalla Regione ai sensi dell'art. 1,  comma  132,
della legge n. 220 del 2010, nella quale si richiedeva un (parziale e
prudenziale) innalzamento degli impegni e dei pagamenti permessi  nel
regime di patto  di  stabilita',  in  ragione  dell'innalzamento  del
livello delle  entrate  derivante  dal  nuovo  regime  delle  entrate
regionali previsto dall'art. 8 dello Statuto. Codesta Ecc.ma Corte ha
dichiarato inammissibile il ricorso, affermando che il MEF non  aveva
inteso «sottrarsi all'accordo attraverso una controproposta chiusa al
successivo confronto  con  la  Regione,  che  possa  intendersi  come
"imposizione"  o  presa  di  posizione   in   senso   preclusivo   al
raggiungimento  di  un  atto  consensuale»,   sicche'   «il   mancato
perfezionamento dell'accordo» sarebbe stato «del  tutto  fisiologico,
perche' transitorio e rimesso all'ulteriore confronto tra le parti». 
    Tale rilievo - lo si permetta di dire -  suonava  anche  come  un
monito allo Stato, in quanto nella cit. sent. n. 118 del 2012 codesto
Ecc.mo Collegio si e' anche e soprattutto  premurato  di  individuare
quali debbano essere i termini del patto di stabilita'  tra  Stato  e
Regione Sardegna: «il contenuto dell'accordo deve essere  compatibile
con il rispetto degli obiettivi del patto di  stabilita',  della  cui
salvaguardia anche le Regioni a statuto speciale devono farsi  carico
e contemporaneamente deve essere conforme e congruente con  le  norme
statutarie della Regione,  ed  in  particolare  con  l'art.  8  dello
statuto modificato - per effetto del meccanismo normativa  introdotto
dall'art. 54 dello statuto stesso - dall'art.  1,  comma  834,  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296 [...]. Quest'ultimo ha rideterminato e
quantificato le entrate tributarie e la  loro  misura  di  pertinenza
della  Regione  autonoma  Sardegna»,   sicche'   «ne   consegue   che
"l'equilibrio  del  bilancio"  [...]  non  potra'   che   realizzarsi
all'interno   dello   spazio   finanziario   delimitato,   in    modo
compensativo,  dalle  maggiori  risorse  regionali  risultanti  dalla
entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto (con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2010 per effetto dell'art. 1, comma 838, della legge  n.  296
del 2006) e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione
del patto di stabilita' 2011», in quanto «il  principio  inderogabile
dell'equilibrio  in  sede  preventiva  del  bilancio  di   competenza
comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati,  nel
suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata». 
    Nonostante la chiarissima ricostruzione dei contenuti (lo si deve
sottolineare: non meri criteri o direttive per le  parti  contraenti,
ma veri contenuti) del patto di stabilita', lo Stato  non  ha  inteso
fare proprio l'insegnamento della Corte, tanto che nel 2011 non vi e'
stato alcun accordo sul patto di stabilita' e che ancora nel 2012  il
MEF ha nuovamente negato  il  proprio  assenso  all'innalzamento  dei
livelli  degli  impegni  e  dei  pagamenti  ai  fini  del  patto   di
stabilita'. Infatti, con Nota 17 luglio 2012, prot.  n.  0054891,  il
Ragioniere Generale dello Stato, «pur  comprendendo  le  esigenze  di
codesta Regione di trasfondere sulla propria potenzialita'  di  spesa
la  piena  entrata  a  regime  del  nuovo  ordinamento  finanziario»,
affermava che la richiesta di un innalzamento del  livello  di  spesa
per il patto necessiterebbe «di un intervento  legislativo  volto  ad
individuare la corrispondente compensazione finanziaria in termini di
fabbisogno e di indebitamento netto», sicche',  «in  assenza  di  una
disposizione legislativa che preveda misure compensative a favore  di
codesta  Regione»  si  osservava  che,  «a   livello   tecnico,   non
sussist[o]no margini per un ampliamento del tetto dei pagamenti». 
    La Regione ha impugnato la predetta Nota  dinanzi  al  TAR  della
Sardegna (R. Ric. n. 914/2012), lamentando, in  estrema  sintesi,  il
fatto  che  lo  Stato  ha  espressamente  disatteso  le   statuizioni
dell'Ecc.ma  Corte  costituzionale,  negando  l'assenso  al  doveroso
innalzamento del livello delle spese ai fini del patto di  stabilita'
(e solo con esplicito diniego di acquiescenza la Regione, per evitare
la paralisi, ha conseguito una intesa tecnica con il Ministero con la
Nota 26 novembre 2012, prot. n. 7982). In altri termini, mentre prima
della sent. n.  118  del  2012  vi  poteva  essere  qualche  elemento
controvertibile circa gli effetti della  riforma  dell'art.  8  dello
Statuto  sul  patto  di  stabilita',  codesto  Ecc.mo   Collegio   ha
definitivamente chiarito le questioni  controverse,  sicche'  il  MEF
dovrebbe semplicemente attenersi a tali indicazioni (cosa che non  e'
avvenuta). 
    Tutto  cio'  considerato,  gli  effetti  della   novella   recata
dall'art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012 sono a piu' forte
ragione  pregiudizievoli  e  illegittimi  per  la   Regione   perche'
determinano un sacrifico  per  la  finanza  regionale  in  violazione
dell'autonomia finanziaria regionale (artt. 7  dello  Statuto  e  119
Cost.) e della  competenza  regionale  nella  materia  «coordinamento
della finanza pubblica» (art. 117, comma 3, Cost.), decurtando di una
maggiore e ulteriore somma il livello delle spese ammesse ai fini del
patto di stabilita'. Poiche', pero', il livello massimo  delle  spese
ammesse dal patto di stabilita' ancora attende di essere aumentato in
ragione  della  riforma  dell'art.  8  dello  Statuto,   un'ulteriore
diminuzione del livello delle  spese  si  traduce  necessariamente  e
immediatamente nella violazione del medesimo art. 8 dello Statuto. 
    La violazione dell'art. 8 dello Statuto e l'ulteriore illegittimo
abbassamento del livello delle spese permesse alla ricorrente secondo
il meccanismo del patto di stabilita', abbassamento intervenuto senza
che il  patto  fosse  stato  adeguato  alle  nuove  maggiori  entrate
previste dall'art. 8 dello Statuto, si risolve anche in una ulteriore
lesione dell'autonomia finanziaria  della  Regione,  con  contestuale
violazione degli artt. 7 dello Statuto e 117 e 119  Cost.,  che  tale
autonomia tutelano, anche nella forma  della  competenza  legislativa
concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica» (che
risulta azzerata dalla disposizione censurata, che  irragionevolmente
aumenta  il  sacrificio  per  la  Regione  Sardegna,  in  assenza  di
qualunque valido presupposto). 
    La violazione dell'art. 8 dello Statuto, come gia'  rilevato,  si
apprezza  anche  in  combinato   disposto   con   il   principio   di
ragionevolezza  di   cui   all'art.   3   Cost.:   e'   assolutamente
irragionevole opporre  alla  Regione  Sardegna  ulteriori  e  gravosi
limiti alla capacita' di spesa derivante dal meccanismo del patto  di
stabilita' prima che lo stesso  livello  delle  spese  assentite  dal
patto di  stabilita'  sia  stato  adeguato  alla  nuova  formulazione
dell'art. 8 dello Statuto. 
    Per le stesse ragioni, come gia'  si  diceva,  sono  violati  gli
artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, in quanto  la  Regione,  in  ragione
dell'abbassamento  del  livello  delle  spese,  sara'   ulteriormente
impossibilitata a svolgere le funzioni pubbliche assegnatele da detti
parametri statutari. 
    1.4. - Per mero tuziorismo, e'  opportuno  precisare,  sul  punto
(ma, per economia processuale,  a  valere  anche  per  le  necessarie
occasioni  in  cui  detto  parametro  sara'  qui  invocato),  che  la
violazione dell'art. 8 dello Statuto di autonomia puo' e deve  essere
censurata sebbene l'art. 8 di tale Statuto sia stato  modificato  con
legge ordinaria, ai sensi del successivo art. 54. 
    La  qualita'   di   parametri   dei   giudizi   di   legittimita'
costituzionale,  invero,  deve   essere   riconosciuta   anche   alle
disposizioni del Titolo III dello  Statuto  speciale  della  Sardegna
che, ai sensi dell'art. 54, comma 5, dello Statuto medesimo,  possono
essere modificate con legge ordinaria, previo parere  della  Regione.
Tali disposizioni, infatti, sebbene sottoposte a quello che e'  stato
definito un  processo  di  «decostituzionalizzazione»  (come  codesta
Ecc.ma Corte ha affermato nella sent. n. 70 del 1987),  costituiscono
pur sempre precetti che il legislatore statale  deve  rispettare,  in
quanto il procedimento di modificazione  della  norma  statutaria  e'
comunque «assistito da una garanzia  del  tutto  peculiare  a  favore
della Regione sarda», sicche' la legge statale non puo'  derogare  la
norma  in  questione,  ma  puo'  solo  modificarla  con  lo  speciale
procedimento di cui all'art. 54 dello Statuto (cosi' ancora  la  cit.
sent. n. 70 del 1987, cui adde le pur meno dirette affermazioni della
sent. n. 215 del 1996). 
    1.5. - Infine, gli artt. 117 e 119 Cost. e 7 e  8  dello  Statuto
sono  violati  anche  sotto  il  profilo  del  principio   di   leale
collaborazione. 
    La giurisprudenza costituzionale ha ben messo in evidenza che «il
metodo dell'accordo, introdotto per la prima  volta  dalla  legge  27
dicembre 1997, n. 449 (Misure per la  stabilizzazione  della  finanza
pubblica), seguito dall'art. 28, comma 15, della  legge  23  dicembre
1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e  lo
sviluppo), e riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente
adottate, dalla legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria  2000),  fino  alla  legge  27  dicembre  2006,  n.   296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007),  deve  essere  tendenzialmente
preferito ad altri» metodi di regolazione della spesa delle Regioni a
statuto speciale, «dato che "la necessita' di un accordo tra lo Stato
e gli enti ad autonomia speciale nasce  dall'esigenza  di  rispettare
l'autonomia finanziaria di questi ultimi"» (sent. n. 82 del 2007). 
    Questo perche' «l'accordo e' lo strumento, ormai consolidato  (in
quanto gia' presente nella legge 27 dicembre 1997,  n.  449,  recante
"Misure  per  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica"  e   poi
confermato  da  tutte  le   disposizioni   che   si   sono   occupate
successivamente della materia) per  conciliare  e  regolare  in  modo
negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale  alla
manovra  di  finanza  pubblica  e  la  tutela  della  loro  autonomia
finanziaria, costituzionalmente rafforzata (ex plurimis  sentenza  n.
353 del 2004)» (sent. n. 118 del 2012). 
    Ebbene, in questo  caso  lo  Stato  ha  impedito  che  il  metodo
dell'accordo potesse  funzionare  correttamente.  Si  deve  ricordare
quanto gia' osservato nel  ricorso  pendente  dinanzi  codesta  Corte
costituzionale e rubricato al n. 196 del Reg. Ric. 2012, e cioe'  che
il Ministero dell'economia e delle finanze, in sede  di  negoziazione
del patto di stabilita', avrebbe potuto e dovuto tenere  conto  delle
nuove disponibilita' finanziarie  della  Regione  Sardegna,  connesse
alla riforma dell'art. 8 dello Statuto. Nondimeno, poiche' tale  tesi
e' stata respinta proprio dallo Stato,  che  ha  ritenuto  necessaria
un'intermediazione legislativa, a tanto si sarebbe  dovuto  procedere
in questa sede, disegnando un quadro normativo generale  idoneo  alla
applicazione coerente del metodo dell'accordo. 
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 131 e  132,
della legge 24 dicembre 2012,  n.  228.  Anche  i  commi  131  e  132
dell'art. 1 della legge n.  228  del  2012  recano  disposizioni  che
innovano le previsioni del d.l. n. 95  del  2012,  o  attraverso  una
specifica novellazione del testo (comma 131) o  attraverso  ulteriori
aggravamenti della condizione della finanza regionale (comma 132). 
    L'art. 1, comma 131, della legge n. 228 del 2012 prevede che  «Al
fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire
una riduzione della spesa per acquisto di beni e  servizi,  anche  al
fine   di   garantire   il   rispetto   degli   obblighi    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e  la  realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica, al comma 13 dell'articolo 15 del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135: 
        a) alla lettera a), dopo le parole: "dalla data di entrata in
vigore del presente decreto" sono inserite le seguenti: "e del 10 per
cento a decorrere dal 1° gennaio 2013 e" ed e' aggiunto, in fine,  il
seguente periodo: "Al fine di salvaguardare i livelli  essenziali  di
assistenza con specifico  riferimento  alle  esigenze  di  inclusione
sociale, le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
possono comunque conseguire l'obiettivo economico-finanziario di  cui
alla  presente  lettera   adottando   misure   alternative,   purche'
assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario"; 
        b) alla lettera f), le parole: "al valore del 4,9  per  cento
e, a decorrere dal 2014, al valore del 4,8 per cento" sono sostituite
dalle seguenti; "al valore del 4,8 per cento e, a decorrere dal 2014,
al valore del 4,4 per cento"». 
    Per comodita' d'esposizione conviene riportare le lettere a) e f)
del comma 13 dell'art. 15 del d.l. n.  95  del  2012,  novellate  dal
comma 131 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012  (le  modifiche  al
testo originario sono evidenziate con caratteri in «grassetto»):  «al
fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire
una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi: 
        a) [...] gli importi e le  connesse  prestazioni  relative  a
contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura  di  beni  e
servizi, con esclusione degli  acquisti  dei  farmaci,  stipulati  da
aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, sono ridotti del  5
per cento a decorrere dalla data di entrata in  vigore  del  presente
decreto e del 10 per cento a decorrere dal  1°  gennaio  2013  e  per
tutta la  durata  dei  contratti  medesimi;  tale  riduzione  per  la
fornitura di dispositivi medici opera fino al 31  dicembre  2012.  Al
fine  di  salvaguardare  i  livelli  essenziali  di  assistenza   con
specifico riferimento alle esigenze di inclusione sociale, le regioni
e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  possono  comunque
conseguire l'obiettivo economico-finanziario  di  cui  alla  presente
lettera adottando misure alternative, purche' assicurino l'equilibrio
del bilancio sanitario; [...] 
        f) il tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici, di
cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n,  98
[...] e' rideterminato, per l'anno 2013 al valore del 4,8  per  cento
e, a decorrere dal 2014, al valore del 4,4 per cento». 
    Come si vede,  il  comma  131  prevede  ulteriori  previsioni  di
contenimento della spesa  sanitaria,  le  quali  sono  immediatamente
vincolanti (per lo meno nel totale del  risparmio  conseguito)  anche
per le Regioni speciali. Dette riduzioni  di  spesa  sono  alla  base
della riduzione del fabbisogno sanitario previsto al successivo comma
132: «In funzione delle disposizioni  recate  dal  comma  131  e  dal
presente comma, il livello  del  fabbisogno  del  Servizio  sanitario
nazionale  e  del   correlato   finanziamento,   come   rideterminato
dall'articolo 15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95
[...] e' ridotto di 600 milioni di euro per l'anno 2013  e  di  1.000
milioni di euro a decorrere dall'anno  2014.  Le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione
della Regione siciliana, assicurano il concorso di  cui  al  presente
comma mediante le procedure previste dall'articolo 27 della  legge  5
maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni.  Fino  all'emanazione
delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27 della legge n.
42 del 2009, l'importo del concorso alla manovra di cui  al  presente
comma  e'  annualmente  accantonato,  a   valere   sulle   quote   di
compartecipazione ai tributi erariali». 
    Lo Stato, dunque, non solo ha previsto una forma di  contenimento
della spesa pubblica che impone  tagli  alle  Regioni,  ma  ha  anche
previsto che i risparmi di spesa si traducano in un vantaggio diretto
per l'erario, attraverso trattenute sulle quote di  compartecipazione
alle entrate erariali che  spettano  alle  Regioni  speciali.  Tanto,
pero', comporta la lesione delle attribuzioni della ricorrente. 
    2.1. - Per comprendere le ragioni per le quali la disposizione in
commento  appare  particolarmente  lesiva  delle  attribuzioni  della
ricorrente si deve premettere che l'art. 1, comma 836, della legge n.
296 del 2006 (finanziaria per il 2007) ha  stabilito  che  «dall'anno
2007 la regione Sardegna provvede  al  finanziamento  del  fabbisogno
complessivo del Servizio sanitario nazionale sul  proprio  territorio
senza alcun apporto a carico del bilancio  dello  Stato».  Cio'  vuol
dire che il legislatore, con la disposizione in esame, non  ha  tanto
disciplinato la spesa statale per la salute pubblica  nel  territorio
sardo, ma ha direttamente posto un onere su un capitolo di spesa  che
ormai e' gestito e finanziato autonomamente dalla  Regione  Sardegna.
In altri termini, la Regione Sardegna, che e' stata onerata dal  2006
del finanziamento della spesa sanitaria regionale, sara' costretta  a
stornare una quota parte di questo finanziamento per utilizzarlo come
contributo di  finanza  pubblica,  con  evidente  compromissione  del
diritto alla salute dei suoi cittadini, in una con quella  delle  sue
attribuzioni costituzionali. 
    Se cio' e', come e', vero, ne deriva che lo Stato  ha  esorbitato
dalla propria competenza  concorrente  nella  materia  «coordinamento
della finanza pubblica» ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., e  ha
conseguentemente  violato  la  competenza  regionale   nella   stessa
materia,  contestualmente  ledendo  l'autonomia   finanziaria   della
Regione tutelata dagli artt. 7 dello Statuto e 119 Cost. 
    A questo proposito, si deve ricordare che  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale si e' pronunciata in un caso analogo gia' con la sent.
n. 133 del 2010. In tale caso  si  controverteva  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 22, commi 2 e 3, del d.l. n.  78  del  2009:
«La predetta norma, nel  prevedere  l'istituzione  di  un  fondo  con
dotazione di 800 milioni di euro - "destinato ad interventi  relativi
al  settore  sanitario"  ed  alimentato  con  le  economie  di  spese
derivanti, tra l'altro, dall'applicazione del decreto-legge 28 aprile
2009, n. 39 [...] - dispone che "in sede di stipula del Patto per  la
salute e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano  riversano  all'entrata  del
bilancio dello Stato per  il  finanziamento  del  Servizio  sanitario
nazionale"» (cosi' e' riassunta la questione nel  Ritenuto  in  fatto
della menzionata  sent.  n.  133  del  2010).  Codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale, a quel proposito, rilevo' che «lo Stato,  quando  non
concorre al finanziamento della spesa sanitaria, "neppure  ha  titolo
per dettare norme di coordinamento finanziario" (sentenza n. 341  del
2009)». 
    Similmente nel caso giudicato con  sent.  n.  341  del  2009,  si
controverteva della legittimita' costituzionale dell'art.  61,  comma
14, del d.l. n. 112 del 2008, ove si prevedeva che «siano ridotti del
20 per cento, rispetto all'ammontare  risultante  alla  data  del  30
giugno 2008 e a decorrere dalla data di conferimento o rinnovo  degli
incarichi, i trattamenti economici complessivi spettanti ai direttori
generali, ai direttori sanitari, ai direttori  amministrativi,  ed  i
compensi spettanti ai componenti dei collegi sindacali delle  aziende
sanitarie  locali,   delle   aziende   ospedaliere,   delle   aziende
ospedaliero universitarie,  degli  istituti  di  ricovero  e  cura  a
carattere scientifico  e  degli  istituti  zooprofilattici».  Codesta
Ecc.ma Corte costituzionale, rilevato  che  «le  risorse  provenienti
dalla riduzione dei compensi di dirigenti e sindaci  delle  strutture
sanitarie, prevista dalla disciplina impugnata» sarebbero  state  poi
utilizzate per consentire che le «Regioni stesse concorr[essero]  con
lo Stato alla copertura dei relativi  oneri»  e  considerato  che  la
Provincia autonoma di Trento (ricorrente in quella vicenda) «provvede
interamente  al  finanziamento   del   proprio   servizio   sanitario
provinciale, "senza alcun apporto a carico del bilancio dello  Stato"
(art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994)»,  ha  affermato  che
«In tale diverso e peculiare contesto, l'applicazione alla  Provincia
autonoma di Trento del comma 14 dell'art. 61 non  risponderebbe  alla
funzione che la misura in questione assolve per le altre Regioni. Dal
momento che lo Stato  non  concorre  al  finanziamento  del  servizio
sanitario provinciale, ne' quindi  contribuisce  a  cofinanziare  una
eventuale abolizione o riduzione del ticket in  favore  degli  utenti
dello  stesso,  esso  neppure  ha  titolo  per   dettare   norme   di
coordinamento   finanziario   che   definiscano   le   modalita'   di
contenimento di una spesa  sanitaria  che  e'  interamente  sostenuta
dalla Provincia autonoma di Trento». Tanto, e' evidente, deve  valere
anche nel caso qui in esame. 
    2.2. - Valgono, poi, anche per il  presente  comma  i  vizi  gia'
elencati in relazione al precedente comma 118. 
    Il legislatore statale non si e' limitato a prevedere forme (gia'
di per se' illegittime) di contenimento della  spesa  sanitaria,  ma,
anche in questo caso, ha imposto un ulteriore  contributo  aggiuntivo
agli obiettivi di finanza pubblica a carico del  bilancio  regionale,
senza delimitare il periodo di questo particolare sforzo  finanziario
cosi' fissato (che, infatti, sara' massimo «a decorrere dal 2014»). 
    Pertanto anche il comma 132 qui censurato e'  palesemente  lesivo
dell'autonomia  finanziaria  costituzionalmente   riconosciuta   alla
ricorrente, perche' impone la partecipazione ad  un  nuovo  onere  di
finanza pubblica per un periodo di tempo  indeterminato.  Per  questa
ragione: 
        - e' violato  l'art.  117,  comma  3,  Cost.,  in  quanto  il
legislatore, determinando un obbligo finanziario indefinito nel tempo
per la Regione, ha esorbitato dalla  propria  competenza  concorrente
nella materia «coordinamento della finanza pubblica», contestualmente
operando un vulnus alla speculare competenza regionale; 
        - sono  violati  gli  artt.  7  dello  Statuto  e  119  della
Costituzione, che tutelano la particolare autonomia finanziaria della
Regione Sardegna; 
        - e' violato  l'art.  119,  comma  4,  Cost.,  in  quanto  il
contributo richiesto dallo Stato impedisce, di fatto, alla Regione di
provvedere all'integrale finanziamento delle  funzioni  pubbliche  di
cui e' titolare in ragione della Costituzione, dello Statuto e  della
legge in generale; 
        - sono violati gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, in quanto
l'accantonamento delle somme ivi previste relativamente alla quota di
compartecipazione alle entrate erariali prevista  dall'art.  8  dello
Statuto impedisce di fatto alla Regione  di  esercitare  le  funzioni
pubbliche nelle materie di sua competenza; 
        - e', infine,  violato,  in  combinato  disposto  con  questi
parametri, anche l'art. 3 Cost., per l'evidente  irragionevolezza  di
una scelta normativa che pretende di  imporre  un  sacrificio  su  un
settore interamente amministrato e finanziato dalla Regione. 
    2.3. - Si e'  gia'  accennato  al  fatto  che  la  previsione  di
contenimento della spesa  sanitaria  per  la  Regione  Sardegna,  che
finanzia in via autonoma il servizio sanitario regionale, si  risolve
in un contributo  di  finanza  pubblica  allo  Stato,  che  trattiene
all'erario  una  somma  equivalente,  scomputandola  dalle  quote  di
compartecipazione alle entrate erariali previste dallo Statuto. 
    In questo modo, pero', lo Stato ha di bel nuovo violato l'art.  8
dello Statuto, perche' il contributo alla finanza pubblica  e'  fatto
valere direttamente sulle quote  di  compartecipazione  alle  entrate
erariali nonostante che lo Stato, come si  e'  detto  sub  1.2.,  non
abbia ancora dato completa esecuzione al nuovo regime delle medesime,
fissato, appunto, dall'art. 8. La violazione dell'art. 8 si apprezza,
di  nuovo,  anche  in  combinato  disposto  con   il   principio   di
ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione,  per  il  motivo
che   e'   assolutamente   irragionevole   disporre   una   ulteriore
compressione dell'autonomia  finanziaria  della  Regione  senza  aver
portato a compimento la riforma della finanza  regionale  di  cui  al
novellato art. 8 dello Statuto. 
    La violazione dell'art. 8 dello Statuto, poi, si riverbera  nella
generale lesione dell'autonomia finanziaria della  Regione,  tutelata
dagli artt. 7 dello Statuto e 119  Cost.,  come  pure  nella  lesione
della competenza regionale nella materia «coordinamento della finanza
pubblica», di cui all'art. 117 Cost. 
    Infine,  come  gia'  si  e'  detto,  la  lesione   dell'autonomia
finanziaria della Regione ne compromette la capacita' di  svolgimento
delle  funzioni  pubbliche  assegnatele  dalla  Costituzione,   dallo
Statuto e dalla legge, con violazione degli artt. 3, 4, 5 e  6  dello
Statuto, che elencano  dette  funzioni  pubbliche  e  assegnano  alla
Regione la potesta' amministrativa in merito. 
    3. - Illegittimita'  dell'art.  1,  comma  138,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228. L'art. 1, comma 138, della legge  n.  228  del
2012 introduce nuovi limiti di spesa per gli enti territoriali e  per
gli enti del Servizio sanitario nazionale, inserendo ulteriori  commi
all'art. 12 del d.l. n. 98 del 2011. Conviene riportare la previsione
in oggetto: «all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: [...] 
    1-ter. A decorrere dal 1° gennaio 2014 al  fine  di  pervenire  a
risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal  patto  di
stabilita' interno, gli enti territoriali e  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale effettuano operazioni  di  acquisto  di  immobili
solo ove ne siano comprovate  documentalmente  l'indispensabilita'  e
l'indilazionabilita' attestate dal responsabile del procedimento.  La
congruita' del prezzo e' attestata dall'Agenzia del  demanio,  previo
rimborso delle spese. Delle predette operazioni  e'  data  preventiva
notizia, con  l'indicazione  del  soggetto  alienante  e  del  prezzo
pattuito, nel sito internet istituzionale dell'ente. 
    1-quater. Per l'anno 2013 le amministrazioni  pubbliche  inserite
nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione,  come
individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma della legge 31
dicembre  2009,  n.  196,  e  successive  modificazioni,  nonche'  le
autorita' indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale  per  le
societa' e la borsa  (CONSOB),  non  possono  acquistare  immobili  a
titolo oneroso ne' stipulare contratti di locazione passiva salvo che
si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia  stipulata
per acquisire, a condizioni piu' vantaggiose,  la  disponibilita'  di
locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare  ad
avere la disponibilita' di immobili venduti. Sono  esclusi  gli  enti
previdenziali pubblici e  privati,  per  i  quali  restano  ferme  le
disposizioni di cui ai commi 4 e 15 dell'articolo 8 del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30
luglio 2010, n. 122. [...]». 
    La novella all'art. 12 del d.l. n. 98 del 2011 si indirizza: 
        - agli «enti territoriali», tra  cui  sono  le  Regioni,  ivi
comprese le speciali; 
        - agli «enti del Servizio sanitario nazionale», tra cui  sono
ricomprese  le  aziende  del  servizio  sanitario  regionale   sardo,
finanziate esclusivamente dalla Regione Sardegna ai  sensi  dell'art.
1, comma 838, della legge n. 296 del 2006; 
        -  alle  «amministrazioni  pubbliche   inserite   nel   conto
economico   consolidato   della   pubblica   amministrazione,    come
individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge
31 dicembre 2009,  n.  196»,  tra  cui  sono  anche  le  Regioni,  le
province, i comuni, le Comunita' montane, le unioni di  comuni  (cfr.
il  Comunicato  dell'ISTAT  recante  «Elenco  delle   amministrazioni
pubbliche inserite nel conto  economico  consolidato  individuate  ai
sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.  196
(Legge di contabilita' e  di  finanza  pubblica)»,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. 227 del 28 settembre 2012. 
    Cio' considerato, la disposizione in esame e' illegittima perche'
esorbita dalla competenza  legislativa  concorrente  dello  Stato  in
materia di «coordinamento della finanza pubblica» e, di  conseguenza,
non solo lede la  rispettiva  competenza  regionale,  ma  lede  anche
l'autonomia finanziaria della Regione, tutelata dagli  artt.  7  e  8
dello Statuto e  le  attribuzioni  legislative  dalla  ricorrente  in
materia di «ordinamento degli  uffici  e  degli  enti  amministrativi
della Regione» e «ordinamento degli  enti  locali  e  delle  relative
circoscrizioni». 
    3.1. - E' principio fermo nella giurisprudenza costituzionale che
«il legislatore  statale  puo',  con  una  disciplina  di  principio,
legittimamente  "imporre  agli  enti   autonomi,   per   ragioni   di
coordinamento   finanziario   connesse   ad   obiettivi    nazionali,
condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle  politiche
di bilancio,  anche  se  questi  si  traducono,  inevitabilmente,  in
limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti" (da  ultimo,
sentenza n.  182  del  2011).  Questi  vincoli  possono  considerarsi
rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli  enti  locali  quando
stabiliscono un "limite complessivo,  che  lascia  agli  enti  stessi
ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i  diversi  ambiti  e
obiettivi di spesa" (sentenza n. 182 del 2011,  nonche'  sentenze  n.
297 del 2009, n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007). Lo  Stato,  quindi,
puo' agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con
norme puntuali e, al contempo, dichiarare che le  stesse  norme  sono
efficaci nei confronti delle  Regioni  "a  condizione  di  permettere
l'estrapolazione, dalle singole  disposizioni  statali,  di  principi
rispettosi  di  uno  spazio   aperto   all'esercizio   dell'autonomia
regionale" (sentenza n. 182 del 2011). In caso  contrario,  la  norma
statale non puo' essere ritenuta di principio (sentenza  n.  159  del
2008), a prescindere dall'auto-qualificazione operata dal legislatore
(sentenza n. 237 del 2009)» (cosi' la recente sent. n. 139 del 2012). 
    Nel caso in questione, pero', la realta' e' ben altra.  La  piana
lettura   delle   disposizioni   impugnate   «rende    evidente    la
impossibilita'  di  ricondurre  la  disposizione  censurata   ad   un
esercizio  del  potere  legislativo  di  determinazione  di  principi
fondamentali, nel rispetto del tipo di  legislazione  concorrente  di
cui al terzo comma dell'art.  117  della  Costituzione»,  perche'  le
disposizioni normative «sono tutte assai particolareggiate  ed  anche
in  parte  tra  loro  eterogenee»  e  «non  possono  non   applicarsi
integralmente, senza spazi per adeguamento alcuno, anche a Regioni  e
Province autonome», sicche', «quand'anche la  norma  impugnata  venga
collocata nell'area del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  e'
palese che il legislatore  statale,  vincolando  Regioni  e  Province
autonome all'adozione di misure analitiche  e  di  dettaglio,  ne  ha
compresso illegittimamente l'autonomia finanziaria,  esorbitando  dal
compito di formulare i  soli  principi  fondamentali  della  materia»
(cosi', in modo particolarmente efficace tra le tante,  la  sent.  n.
159 del 2008). In particolare, lo Stato non ha fissato un  limite  di
spesa, ma impedisce in via generale  l'acquisto  e  la  locazione  di
immobili agli Enti sopra menzionate, senza che la  Regione  possa  in
alcun modo rimodulare  in  via  autonoma  un  qualsivoglia  principio
generale di risparmio pubblico. 
    Di conseguenza, l'art. 1, comma 138, della legge n. 228 del 2012,
nella parte in cui aggiunge i commi 1-ter e 1-quater all'art. 12  del
d.l. n. 98 del 2011,  viola  l'art.  117,  comma  3,  Cost.,  perche'
esorbita dalla competenza statale in materia di «coordinamento  della
finanza  pubblica»,   impingendo   nella   corrispettiva   competenza
regionale. Per ragioni analoghe sono violati gli artt. 7  e  8  dello
Statuto e l'art. 119  Cost.,  che  tutelano  l'autonomia  finanziaria
della ricorrente. 
    Gli artt. 7 e 8 dello Statuto e gli artt. 117 e  119  Cost.  sono
violati anche in combinato disposto con l'art. 3, comma 1, lettere a)
e  b),  dello  Statuto,  che  assegnano   alla   Regione   competenza
legislativa esclusiva nelle materie «ordinamento degli uffici e degli
enti amministrativi della Regione» e «ordinamento degli enti locali e
delle  relative  circoscrizioni».  Dalle  disposizioni  statutarie  e
costituzionali ora invocate,  infatti,  deriva  anche  la  competenza
esclusiva della Regione nella materia «finanza locale». Come  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato nella sent. n. 275 del 2007,
infatti, «la competenza statale concorrente  in  materia  di  finanza
pubblica regionale e locale, sancita dall'art.  119,  secondo  comma,
Cost. e, per la Regione sarda, dall'art.  7  dello  statuto  speciale
[...] esplica la sua efficacia  anche  nella  materia  della  finanza
locale, la quale, per la Regione sarda, e' devoluta  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b),
del relativo statuto speciale». Detta competenza e'  violata  perche'
il legislatore ha imposto  agli  enti  territoriali  e  locali  della
Sardegna oneri relativi allo svolgimento della  loro  attivita'  che,
come gia' detto, non si possono tradurre in un principio generale  di
risparmio, ma sono e rimangono previsioni di  estremo  dettaglio  che
solo la Regione, nell'esercizio  delle  suddette  competenze,  poteva
adottare. 
    3.2. - Particolarmente lesiva delle attribuzioni della ricorrente
e' la previsione che, per l'acquisto degli immobili,  «la  congruita'
del prezzo e' attestata dall'Agenzia  del  demanio,  previo  rimborso
delle spese». In questo modo, infatti, lo Stato impone alla Regione e
agli enti territoriali e locali sardi di ammettere  nel  procedimento
amministrativo relativo alla gestione dei rispettivi uffici il potere
autoritativo di un ufficio dipendente dal Ministero  dell'economia  e
delle finanze, qual e' l'Agenzia del demanio. Tale disposizione e' di
per se' lesiva della competenza esclusiva della Regione nelle materie
«ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della  Regione»
e «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», di
cui all'art. 3, comma 1, lettere a) e b), dello Statuto. 
    3.3. - Infine, anche in questo caso si deve segnalare che con  la
disposizione  in  esame  lo  Stato  ha   inteso   porre   regole   di
coordinamento  finanziario  relative  a   Enti   che   non   traggono
finanziamento dallo Stato, quali  gli  enti  del  servizio  sanitario
regionale sardo. 
    Si e' gia' detto che l'art. 1, comma 836, della legge n. 296  del
2006 (finanziaria per il 2007) ha stabilito che  «dall'anno  2007  la
regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo
del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio  senza  alcun
apporto a carico del bilancio dello Stato». Cio'  vuol  dire  che  il
legislatore, con la disposizione in esame, ha disciplinato non  tanto
la spesa statale per la salute pubblica nel territorio sardo,  ma  ha
direttamente posto un onere su un capitolo  di  spesa  che  ormai  e'
gestito e finanziato autonomamente dalla Regione Sardegna.  In  altri
termini, la Regione Sardegna, che  e'  stata  onerata  dal  2006  del
finanziamento della spesa  sanitaria  regionale,  sara'  costretta  a
stornare una quota parte di questo finanziamento per utilizzarlo come
contributo di  finanza  pubblica,  con  evidente  compromissione  del
diritto alla salute dei suoi cittadini, in una con quella  delle  sue
attribuzioni costituzionali. 
    Pertanto anche in  questo  caso  lo  Stato  ha  esorbitato  dalla
propria competenza concorrente  nella  materia  «coordinamento  della
finanza pubblica» ai sensi  dell'art.  117,  comma  3,  Cost.,  e  ha
conseguentemente  violato  la  competenza  regionale   nella   stessa
materia,  contestualmente  ledendo  l'autonomia   finanziaria   della
Regione tutelata dagli artt. 7 dello Statuto e  119  Cost.,  dettando
una disciplina irragionevole e violativa anche dell'art. 3 Cost. 
    4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  141,  142,
143, 145 e 146, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.  I  commi  141,
143 e 146 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 prevedono ulteriori
forme di risparmio per «le  amministrazioni  pubbliche  inserite  nel
conto economico  consolidato  della  pubblica  amministrazione,  come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196»  (tra
le quali e' la ricorrente, come si e' detto supra).  In  particolare,
il  comma  141  prevede  che  dette  Amministrazioni   «non   possono
effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento  della  spesa
sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili  e
arredi, salvo che l'acquisto  sia  funzionale  alla  riduzione  delle
spese connesse  alla  conduzione  degli  immobili.  In  tal  caso  il
collegio dei revisori dei conti  o  l'ufficio  centrale  di  bilancio
verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che  devono  essere
superiori alla minore spesa derivante  dall'attuazione  del  presente
comma. La violazione della presente  disposizione  e'  valutabile  ai
fini  della  responsabilita'  amministrativa   e   disciplinare   dei
dirigenti». Il comma 143 prescrive che, «a decorrere  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2014, le
amministrazioni pubbliche di cui al comma 141 non possono  acquistare
autovetture ne' possono stipulare contratti di locazione  finanziaria
aventi ad oggetto autovetture.  Le  relative  procedure  di  acquisto
iniziate a decorrere dal 9 ottobre 2012 sono  revocate».  Infine,  ai
sensi del comma 146, le  stesse  Amministrazioni  «possono  conferire
incarichi  di  consulenza  in  materia  informatica  solo   in   casi
eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra  provvedere  alla
soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi
informatici. La violazione della  disposizione  di  cui  al  presente
comma e' valutabile ai fini della  responsabilita'  amministrativa  e
disciplinare dei dirigenti». 
    Anche queste disposizioni  sono  certamente  illegittime  perche'
pongono regole di estremo dettaglio, in violazione  della  competenza
regionale in materia di «coordinamento della finanza  pubblica»,  ne'
possono essere ricondotte ad una matrice unitaria  e  complessiva  di
risparmio pubblico che la Regione  possa  rimodulare  attraverso  una
propria legislazione attuativa. Tanto, con la conseguente  violazione
dell'art. 117, comma 3, Cost. e, per le medesime ragioni, degli artt.
7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., che tutelano l'autonomia finanziaria
regionale. 
    I  parametri  costituzionali  e  statutari  ora  richiamati  sono
violati, una volta di piu', anche in combinato disposto con l'art. 3,
comma 1, lettere a) e b)  dello  Statuto,  che  affida  alla  Regione
ricorrente  la  competenza  legislativa   esclusiva   nelle   materie
«ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della  Regione»
e «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni»  e,
di conseguenza, nella materia della «finanza pubblica locale»,  nella
misura in cui le disposizioni  impugnate  trovano  applicazione  agli
enti locali e territoriali sardi. 
    4.1. - Il comma 142, poi, prevede che «Le somme  derivanti  dalle
riduzioni di spesa di cui al  comma  141  sono  versate  annualmente,
entro  il  30  giugno  di  ciascun   anno,   dagli   enti   e   dalle
amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito  capitolo
dell'entrata del bilancio dello  Stato.  Il  presente  comma  non  si
applica agli enti e agli  organismi  vigilati  dalle  regioni,  dalle
province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali». 
    La norma ora riportata e' anch'essa  illegittima  per  violazione
degli artt. 117 e 119 Cost. e 7 dello Statuto, in quanto  dispone  di
somme derivanti da previsioni illegittime, perche' non  di  principio
ma di estremo dettaglio, come si e' visto nel  precedente  paragrafo.
Inoltre gli stessi parametri  sono  violati  anche  in  relazione  ai
principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.,
per due distinti profili. 
    In primo luogo perche' non vi  e'  alcuna  ragione  per  esentare
(giustamente) dal contributo previsto dal comma ora citato gli  «enti
e gli organismi vigilati dalle regioni, dalle  province  autonome  di
Trenta  e  di  Bolzano»  e  gli  «enti  locali»,   lasciando   invece
(ingiustamente) soggette al prelievo le  stesse  Regioni  e  Province
autonome (esse, come si e' detto, sono inserite nel c.d. elenco ISTAT
di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009). In  secondo
luogo perche' i risparmi di spesa previsti dal comma  141  dovrebbero
rimanere nelle disponibilita' degli enti che riescono a  perseguirli,
cosi' da migliorare i loro saldi finanziari. In questo modo,  invece,
e' lo Stato a beneficiare dei sacrifici finanziari di bilancio  degli
enti territoriali virtuosi. 
    4.2.  -  Infine,  il  comma  145  prevede  che  «per  le  regioni
l'applicazione dei commi da 141  a  144  costituisce  condizione  per
l'erogazione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali  di  cui
all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012,  n.  174.
La comunicazione del documentato rispetto della  predetta  condizione
avviene ai sensi dell'articolo  2,  comma  3,  del  decreto-legge  10
ottobre-2012, n. 174». 
    Si deve premettere che la  ricorrente  ha  gravato  con  distinto
ricorso l'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012. La formulazione di  quella
disposizione, gia' censurata e' tale da  far  dubitare  che  essa  si
applichi anche alla Regione Sardegna, anzitutto perche' la ricorrente
non beneficia di «trasferimenti erariali», ma e' attributaria di  una
quota fissa di  compartecipazione  alle  entrate  erariali  ai  sensi
dell'art. 8 dello Statuto. Tuttavia, dato che l'art. 11-bis del  d.l.
n. 174 del 2012  espressamente  prevede  che  le  Regioni  a  Statuto
speciale dovranno applicare le norme del medesimo  decreto-legge,  la
Regione Sardegna ha dovuto impugnare il d.l. n. 174  del  2012  nelle
forme di rito, in quanto il combinato disposto degli artt. 2 e 11-bis
del d.l. n. 174  del  2012  lascia  intendere  che  i  «trasferimenti
erariali» altro non sono - per la Regione Sardegna - se non le  quote
di compartecipazione al  gettito  tributario  sulle  quali  si  fonda
l'autonomia economico-finanziaria dell'isola. 
    Per le stesse ragioni oggi la Regione deve impugnare il comma 145
dell'art. 1 della  legge  n.  228  del  2012.  La  disposizione  oggi
impugnata, infatti, cosi' come lo stesso art. 2 del d.l. n.  174  del
2012, e' violativa dell'art. 8 dello Statuto, perche' i trasferimenti
erariali che il legislatore prevede di bloccare nel caso  in  cui  la
Regione Sardegna fosse  da  considerare  inadempiente  rispetto  sono
costituiti dalle quote  di  compartecipazione  erariale  fissate  nel
parametro  statutario   ora   invocato,   sicche'   il   blocco   dei
trasferimenti erariali, inteso quale  sostanziale  disapplicazione  o
elusione  del  regime  di  compartecipazione  (fissa)  alle   entrate
erariali di cui  all'art.  8  dello  Statuto  e'  equivalente  ad  un
contributo sine causa e indeterminato nel tempo a favore dello Stato,
contributo  che,  per  consolidata   giurisprudenza   costituzionale,
esorbita  dalla  competenza   statale   concorrente   nella   materia
«coordinamento della  finanza  pubblica»  e  impinge  nella  relativa
competenza concorrente regionale. Anche per questo  profilo,  dunque,
e' violato ancora l'art. 117 Cost., in  relazione  all'art.  8  dello
Statuto. 
    Anche  in  questo  caso,  poi,  la  lesione  del  meccanismo   di
compartecipazione al gettito tributario previsto  dall'art.  8  dello
Statuto  si  risolve  in  una  violazione  della  generale  autonomia
finanziaria della Regione, con la conseguente violazione dell'art.  7
dello Statuto e dell'art. 119 Cost., che detta autonomia  tutelano  e
garantiscono, nonche' dello stesso art. 8 dello Statuto, in combinato
disposto con gli artt. 3, 4 e 5, dello  Statuto,  perche'  l'indebita
sottrazione  di  risorse,  una  volta  di  piu'  si   traduce   nella
compromissione della capacita'  regionale  di  assolvere  ai  compiti
statutariamente conferitile. 
    5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 299,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228. Il comma 299 dell'art. 1 della  legge
n. 228 del 2012 ha dettato alcune previsioni  in  tema  di  contrasto
all'evasione fiscale, modificando l'art. 2 del d.l. n. 138 del  2011:
«all'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito,
con modificazioni, dalla  legge  14  settembre  2011,  n.  148,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
        a) al comma 36, il terzo e il quarto periodo sono  sostituiti
dai seguenti: "A partire dall'anno 2013, il Documento di  economia  e
finanza contiene una valutazione, relativa all'anno precedente, delle
maggiori entrate strutturali ed  effettivamente  incassate  derivanti
dall'attivita' di contrasto  dell'evasione  fiscale.  Dette  maggiori
risorse,   al   netto   di   quelle   necessarie   al    mantenimento
dell'equilibrio di bilancio e alla  riduzione  del  rapporto  tra  il
debito e il prodotto interno lordo, nonche'  di  quelle  derivanti  a
legislazione vigente dall'attivita' di recupero fiscale svolta  dalle
regioni,  dalle  province  e  dai  comuni,  unitamente  alle  risorse
derivanti dalla riduzione delle spese  fiscali,  confluiscono  in  un
Fondo per la riduzione strutturale della  pressione  fiscale  e  sono
finalizzate  al  contenimento  degli  oneri  fiscali  gravanti  sulle
famiglie e sulle imprese, secondo le modalita' di destinazione  e  di
impiego indicate nel medesimo Documento di economia e finanza"; 
        b) dopo il comma 36 e' inserito  il  seguente:  "36.1.  -  Il
Ministro dell'economia  e  delle  finanze  presenta  annualmente,  in
allegato alla Nota di  aggiornamento  del  Documento  di  economia  e
finanza, un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di
contrasto dell'evasione fiscale. Il  rapporto  indica,  altresi',  le
strategie per il  contrasto  dell'evasione  fiscale,  le  aggiorna  e
confronta i risultati con gli obiettivi, evidenziando, ove possibile,
il recupero di gettito fiscale attribuibile alla maggiore propensione
all'adempimento da parte dei contribuenti"». 
    Le disposizioni  in  esame  prevedono  che  le  maggiori  entrate
derivanti dall'evasione fiscale siano di fatto riservate  all'erario,
che le impiega per finanziare la riduzione della pressione fiscale. 
    5.1.  -  In  questo  modo,  pero',  le   disposizioni   censurate
acquisiscono alla disponibilita' dello  Stato  maggiori  entrate  che
dovrebbero essere di  sicura  spettanza  regionale,  quanto  meno  in
notevole  misura.  Le  maggiori  entrate   derivanti   dal   recupero
dell'evasione fiscale, infatti, se riferite a  presupposti  d'imposta
maturati nel territorio regionale, sono comuni entrate  erariali  che
non  sono  state  acquisite  dalla  finanza  pubblica  solo  per  una
patologia del sistema e che  ora  non  possono  essere  distratte  in
favore dello Stato (a tutto concedere, lo Stato  potrebbe  trattenere
il costo del recupero dell'evasione, ma non  certo  le  intere  somme
recuperate). 
    Si tratta, in altri termini, di  cespiti  che,  a  seconda  della
particolare imposta o tassa che e' stata evasa, sarebbero  sottoposti
alla diversa quota fissa di compartecipazione  prevista  dall'art.  8
dello Statuto (si ricordi che l'art. 8, comma 1, lettera m) reca  una
clausola residuale, in base alla quale spettano alla Regione i «sette
decimi di tutte le entrate erariali, dirette  o  indirette,  comunque
denominate, ad  eccezione  di  quelle  di  spettanza  di  altri  enti
pubblici»). 
    Cio' considerato, la disposizione in esame e' violativa dell'art.
8 dello Statuto, perche' il legislatore statale non puo', in  assenza
di disposizioni statutarie che consentano  l'istituzione  di  riserve
erariali,  escludere  la  ricorrente  dalla  compartecipazione   alle
entrate erariali che le spetta ai sensi dell'art. 8 dello Statuto. 
    5.2. - La  questione  della  riserva  all'erario  delle  maggiori
entrate  derivanti  dal  recupero  dell'evasione  fiscale  e'   stata
scrutinata nella recentissima sent. n. 241 del 2012. In quel caso  la
Regione Sardegna, ricorrente ora come allora, aveva impugnato proprio
l'art. 2, comma 36,  del  d.l.  n.  138  del  2011,  novellato  dalla
disposizione qui censurata, che gia' riservava allo Stato le maggiori
entrate derivanti dal contrasto all'evasione fiscale.  La  ricorrente
lamentava che «l'acquisizione in capo allo  Stato  di  tali  maggiori
entrate viola l'art. 8 dello  statuto  speciale,  trattandosi  di  un
gettito che, in assenza di condotte evasive degli obblighi tributari,
sarebbe spettato pro quota, in base  a  detto  parametro  statutario,
alla Regione». Sul punto codesto Ecc.mo Collegio ha affermato che «in
mancanza di riserve statutarie in favore dello Stato, deve osservarsi
che la normativa impugnata non e'  conforme  allo  statuto  speciale.
Infatti, le complessive maggiori entrate derivanti dall'attivita'  di
contrasto dell'evasione fiscale  costituiscono  "entrate  tributarie"
che l'evocato art. 8 dello statuto speciale attribuisce alla  Regione
autonoma (se riscosse o percette  nel  suo  territorio),  secondo  le
quote fisse indicate nello stesso articolo con  riguardo  ai  diversi
tributi oggetto di tale attivita'». 
    Questa difesa non ignora che codesta Ecc.ma Corte costituzionale,
con la sent. n. 241 del 2012, ha ritenuto non fondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36, del  d.l.  n.  138
del  2011  «con   riferimento   alle   maggiori   entrate   derivanti
dall'"attivita' di contrasto all'evasione"». 
    In quell'occasione, infatti, fu rilevata l'«inapplicabilita' alla
Regione autonoma Sardegna della normativa denunciata», derivante  dal
fatto che l'art. 19-bis del d.l. n. 138  del  2011  recava  una  c.d.
«clausola di salvaguardia» in favore delle Regioni speciali.  Codesto
Ecc.mo Collegio osservo' che  «occorre  muovere  dall'interpretazione
dell'art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011 [...],  il  quale,
nel disciplinare, in via generale, il rapporto tra tale decreto e gli
enti ad autonomia differenziata,  dispone  che:  "L'attuazione  delle
disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale  e
nelle province autonome di Trento e Bolzano avviene nel rispetto  dei
loro statuti  e  delle  relative  norme  di  attuazione».  Ad  avviso
dell'Ecc.ma  Corte  costituzionale,  infatti,   «l'"attuazione"   del
decreto, menzionata  nell'articolo,  deve  essere  intesa  non  nella
ristretta accezione di predisposizione di fonti normative  secondarie
dirette a regolamentare in dettaglio i principi o le  norme  espressi
nel decreto, ma in quella, piu' ampia  e  generica,  di  applicazione
delle norme del decreto», sicche', «per quanto riguarda  la  clausola
di salvaguardia, gli evocati parametri di rango statutario  assumono,
attraverso di essa, la funzione di generale limite per l'applicazione
delle norme del decreto-legge n. 138 del 2011, nel senso  che  queste
sono  inapplicabili  agli  enti  a  statuto  speciale  ove  siano  in
contrasto con gli statuti e le relative norme  di  attuazione.  Detta
inapplicabilita'   esclude   la   fondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale basate sulla violazione di tali parametri
statutari». 
    Ebbene, come si e' gia' detto, il comma 299  dell'art.  1,  della
legge n. 228 del 2012 ha novellato l'art. 2, comma 36,  del  d.l.  n.
138 del 2011, sicche' si potrebbe ritenere che anche in  questo  caso
l'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011  determini  l'inapplicabilita'
anche della nuova formulazione dell'art. 2, comma 36, del d.l. n. 138
del 2011, per come novellato dall'art. 1, comma 299, della  legge  n.
228 del 2012, alla ricorrente. 
    Si deve, pero', considerare che, a  stretto  rigore,  la  novella
all'art. 2, comma 36, del d.l. n. 138 del 2011 e' recata dall'art. 1,
comma 299, della legge n. 228 del 2012, la quale non contiene  alcuna
clausola di salvaguardia delle attribuzioni delle Regioni speciali. 
    In verita', e' l'art. 1, comma 554, della legge n. 228 del 2012 a
prevedere che «le regioni a statuto speciale e le  province  autonome
di Trenta e di Bolzano attuano le disposizioni di cui  alla  presente
legge nelle forme stabilite dai rispettivi  statuti  di  autonomia  e
dalle relative norme di attuazione». Tuttavia, come si  dira'  meglio
sub  par.  9.,  la   disposizione   ora   citata   e'   assolutamente
insufficiente a fare salve le attribuzioni delle  Regioni  a  statuto
speciale, tra le quali la ricorrente,  perche'  nulla  prevede  circa
l'applicazione delle disposizioni della legge, ma si limita a imporre
alle Regioni di rispettare gli  Statuti  e  le  rispettive  norme  di
attuazione. Per questa ragione l'art. 1, comma 299,  della  legge  n.
228 del 2012 e' lesivo delle attribuzioni della ricorrente  anche  se
esso modifica le previsioni del d.l. n. 138 del 2011. 
    6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 380,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228. Il comma 380 dell'art. 1 della  legge
n. 228 del 2012 apporta alcune modificazioni al  regime  dell'imposta
municipale propria (IMU) gia' disciplinata dall'art. 13 del  d.l.  n.
201 del 2011. 
    In  particolare,  si  prevede  che  «al  fine  di  assicurare  la
spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale  propria,  di
cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  [...]
per gli anni 2013 e 2014: 
        a) e' soppressa la riserva allo Stato di cui al comma 11  del
citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011; 
        b) e' istituito, nello  stato  di  previsione  del  Ministero
dell'interno, il Fondo di solidarieta' comunale che e' alimentato con
una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza  dei  comuni,
di cui al citato articolo 13  del  decreto-legge  n.  201  del  2011,
definita con decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
il  Ministro  dell'interno,  previo  accordo  da  sancire  presso  la
Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali, da emanare entro  il  30
aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013  per  l'anno
2014. In caso di mancato  accordo,  il  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  e'  comunque  emanato  entro  i  15  giorni
successivi. L'ammontare iniziale del  predetto  Fondo  e'  pari,  per
l'anno 2013, a 4.717,9 milioni di euro e, per l'anno 2014, a  4.145,9
milioni di euro. 
    Corrispondentemente, nei predetti esercizi e' versata all'entrata
del  bilancio  statale  una  quota  di  pari   importo   dell'imposta
municipale   propria,   di   spettanza   dei   comuni.   A    seguito
dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, e' rideterminato
l'importo  da  versare  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato.  La
eventuale  differenza  positiva  tra  tale   nuovo   importo   e   lo
stanziamento iniziale e' versata  al  bilancio  statale,  per  essere
riassegnata al fondo medesimo.  Il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze  e'  autorizzato  ad  apportare,  con  propri   decreti,   le
occorrenti variazioni di bilancio.  Le  modalita'  di  versamento  al
bilancio dello Stato sono determinate con il medesimo DPCM; 
        c) la dotazione del Fondo di  solidarieta'  comunale  di  cui
alla lettera b) e' incrementata della somma di 890,5 milioni di  euro
per l'anno 2013 e di  318,5  milioni  di  euro  per  l'anno  2014;  i
predetti importi considerano quanto previsto dal comma 381; 
        d) con il medesimo DPCM di cui alla lettera b) sono stabiliti
i criteri di formazione  e  di  riparto  del  Fondo  di  solidarieta'
comunale, tenendo anche conto per i singoli comuni: 1) degli  effetti
finanziari derivanti dalle disposizioni di cui alle lettere a) ed f);
2) della definizione dei costi e dei fabbisogni  standard;  3)  della
dimensione  demografica  e  territoriale;  4)  della  dimensione  del
gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota base di spettanza
comunale; 5) della diversa incidenza delle risorse soppresse  di  cui
alla lettera e) sulle risorse complessive per l'anno 2012;  6)  delle
riduzioni di cui al comma 6 dell'articolo  16  del  decreto-legge  26
luglio 2012, n. 95, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135; 7) dell'esigenza di limitare le  variazioni,  in
aumento ed in diminuzione,  delle  risorse  disponibili  ad  aliquota
base,  attraverso  l'introduzione  di  un'appropriata   clausola   di
salvaguardia; 
        e) sono soppressi il fondo sperimentale  di  riequilibrio  di
cui all'articolo 2 del decreto legislativo  14  marzo  2011,  n.  23,
nonche' i trasferimenti erariali a favore dei  comuni  della  Regione
Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle  tipologie  di
trasferimenti  fiscalizzati  di   cui   ai   decreti   del   Ministro
dell'interno, di concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, del 21 giugno 2011 e del 23 giugno 2012; 
        f) e' riservato allo Stato il gettito dell'imposta municipale
propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge  n.  201  del
2011, derivante dagli immobili ad  uso  produttivo  classificati  nel
gruppo catastale D, calcolato ad aliquota  standard  dello  0,76  per
cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13; 
        g) i comuni possono aumentare sino a  0,3  punti  percentuali
l'aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo
periodo del citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011  per
gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D; 
        h)  sono  abrogati  il  comma   11   dell'articolo   13   del
decreto-legge n. 201 del 2011, i commi 3  e  7  dell'articolo  2  del
decreto legislativo n. 23 del 2011; per gli  anni  2013  e  2014  non
operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo articolo 2.  Il  comma
17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201  del  2011  continua  ad
applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia  Giulia  e
Valle d 'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano; 
        i) gli importi relativi alle lettere a), c), e) ed f) possono
essere modificati a seguito della verifica del  gettito  dell'imposta
municipale propria riscontrato per il 2012, da effettuarsi  ai  sensi
del comma 3 dell'articolo 5 dell'Accordo del 1° marzo 2012 presso  la
Conferenza Stato citta' e autonomie locali. Il Ministro dell'economia
e delle finanze e' autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni
compensative di bilancio». 
    6.1. - In via  preliminare  si  deve  ricordare  che  la  Regione
Sardegna ha impugnato l'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 con  ricorso
rubricato al n. 47 del Reg. Ric. 2012, tuttora  pendente,  censurando
il fatto che le modalita' istitutive dell'IMU hanno  violato  le  sue
attribuzioni statutarie. Dato  che  le  disposizioni  ora  impugnate,
anche  attraverso  alcune  modifiche  del  regime  fiscale  dell'IMU,
confermano nuovamente la vigenza di dette disposizioni, la ricorrente
deve tuzioristicamente riproporre  le  censure  gia'  articolate  nel
ricorso n. 47 del Reg. Ric. 2012. 
    A questo proposito si deve ricordare che l'applicazione  dell'IMU
nelle Regioni a statuto speciale risultava inizialmente  subordinata,
in ragione dell'art.  14,  comma  3,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011,
all'adozione  di  specifiche  «modalita'»  da  parte   delle   stesse
autonomie speciali «in conformita' con  i  rispettivi  statuti  e  le
relative norme di attuazione». Erano fatte salve, poi, (comma  2)  le
«procedure previste dall'articolo 27 della  [...]  legge  n.  42  del
2009» (le quali, come  si  e'  gia'  detto,  ancora  non  sono  state
attuate). Tanto, al fine di garantire - fra l'altro - la  neutralita'
finanziaria, il necessario  coordinamento  tra  Stato  e  Regione  in
materia di finanza locale, la considerazione dei livelli di reddito e
dei costi connessi all'insularita'. Il rinvio a particolari procedure
di  attuazione,  originariamente  previsto,  riprendeva  un   modello
regolativo che appariva rispettoso delle competenze delle  Regioni  a
statuto speciale che, con forme diverse, era stato gia'  sperimentato
nell'ordinamento  tributario,  anche  prima  dell'approvazione  della
legge n. 42 del 2009.  Basti  pensare,  a  tal  proposito,  a  quanto
disposto dall'art. 1, comma 8, della legge n.  244  del  2007  (legge
finanziaria del 2008), che, in tema di rimborso dell'ICI per i Comuni
situati nelle Regioni a Statuto speciale, prevedeva che «In relazione
alle competenze attribuite alle regioni a  statuto  speciale  e  alle
province autonome di Trento  e  di  Bolzano  in  materia  di  finanza
locale, i rimborsi di cui al comma  7  sono  disposti  a  favore  dei
citati enti, che provvedono all'attribuzione delle  quote  dovute  ai
comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli  statuti
speciali e delle relative norme di attuazione». 
    Inopinatamente, invece, l'imposta  municipale  propria  e'  stata
modificata in piu' parti rispetto al testo originariamente  stabilito
dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, senza che fosse piu' previsto,
in  ordine  alle  modalita'  applicative  nelle  Regioni  a   Statuto
speciale, il  previo  passaggio  attraverso  la  ricordata  procedura
concordata di attuazione ed  esecuzione.  In  questo  modo  e'  stata
disattesa la precedente previsione normativa  volta  a  garantire  le
peculiarita'  dei  sistemi  finanziari  dei  territori  ad  autonomia
differenziata e l'invarianza di gettito  delle  loro  entrate.  Anche
l'ulteriore riforma dell'imposta municipale propria oggi disciplinata
dal comma 380 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 si distacca dal
modello originariamente previsto dal d.lgs. n. 23 del  2011,  sicche'
il legislatore statale ha riproposto una previsione  illegittima  che
calpesta l'autonomia delle Regioni a Statuto speciale, in quanto  non
tiene in alcun conto le particolarita' di quei territori, che -  pure
- lo stesso legislatore statale - con il d.lgs. n. 23 del 2011, aveva
ritenuto rilevanti per una corretta disciplina dell'IMU nel  contesto
del c.d. «federalismo fiscale». 
    E', dunque, evidente che la disciplina  dell'IMU,  come  adottata
dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 e oggi modificata dal comma qui
impugnato,  viola  le  attribuzioni  costituzionali   della   Regione
Sardegna (anche) perche' non lascia  alla  Regione  alcun  ambito  di
autonoma regolamentazione di un tipico tributo locale. 
    Risultano cosi' violati gli artt.  7  e  8  dello  Statuto  della
Regione Sardegna, che garantiscono alla  Regione  stessa  un'adeguata
autonomia finanziaria, e sono parimenti violati gli artt. 117  e  119
della  Costituzione,  che  confermano  la  tutela  della  particolare
autonomia economico-finanziaria della Regione  e  attribuiscono  alla
Sardegna la competenza concorrente nella  materia  del  coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario. 
    I  medesimi  parametri  risultano  violati  anche  in   combinato
disposto con l'art. 3, comma 1, lettera b), dello Statuto, perche' lo
Stato ha invaso la competenza  legislativa  esclusiva  della  Regione
Sardegna in materia di «finanza pubblica locale». 
    L'art. 117, comma 3, Cost., e' violato anche  pel  profilo  della
competenza concorrente  in  materia  di  «coordinamento  del  sistema
tributario». Come si e' visto, la disciplina  dell'IMU  non  consente
alle Regioni, nemmeno alle speciali, alcun margine di adattamento del
meccanismo tributario locale alle particolarita' regionali. Pertanto,
la disciplina in  questione  esorbita  dalla  competenza  legislativa
concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario»,  cosi'  impingendo  nella  parallela  competenza
regionale oltre  che  nelle  ricordate  competenze  statutarie  della
Regione Sardegna. 
    6.2. - Particolarmente lesiva  per  la  Regione  Sardegna  e'  la
lettera f) del secondo periodo del comma impugnato, che  prevede  una
riserva allo Stato del gettito IMU «derivante dagli immobili  ad  uso
produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota
standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6,  primo  periodo,
del citato articolo 13». Come si vede, lo Stato ha eliminato solo  in
parte la riserva erariale  generale  sul  maggior  gettito  derivante
dall'IMU,  trattenendosi  ora  il  gettito   derivante   dalle   aree
accatastate nel «gruppo D». Questa previsione, pero', e'  illegittima
e violativa delle attribuzioni costituzionali della ricorrente. 
    Come  si  e'  gia'  detto,  l'istituzione  di  riserve   erariali
contrasta con l'art. 8 dello Statuto perche' «le complessive maggiori
entrate derivanti dall'applicazione dei commi impugnati costituiscono
"entrate erariali", ai sensi dell'evocata lettera m) del primo  comma
dell'art.  8  dello  statuto  speciale»,  sicche'   la   disposizione
impugnata «sottrae [...] alla Regione autonoma  Sardegna,  in  favore
dell'Erario, i sette decimi di tali maggiori  entrate,  riscosse  nel
territorio regionale» (cit. sent. n. 241 del 2012). 
    7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 387,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228. Il comma 387 dell'art. 1 della  legge
n. 228 del 2012 reca alcune modificazioni  al  Tributo  comunale  sui
rifiuti e sui servizi, gia' istituito dall'art. 14 del  d.l.  n.  201
del 2011. In particolare vengono modificati i criteri di calcolo  del
tributo e le modalita' di pagamento e di riscossione del tributo. 
    La Regione Sardegna,  ancora  con  il  ricorso  rubricato  al  n.
47/2012  Reg.  Ric.,  aveva  gia'  impugnato  il  solo  comma  13-bis
dell'art. 14 del d.l. n. 201 del 2012,  che  disciplina  gli  effetti
dell'istituzione  del  nuovo  tributo  sul  sistema  di  perequazione
fiscale e tributaria dei  comuni.  Detto  comma  13-bis  prevedeva  e
prevede che «a decorrere dall'anno  2013  il  fondo  sperimentale  di
riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011,  n.  23,  e  il  fondo  perequativo,  come
determinato  ai  sensi  dell'articolo   13   del   medesimo   decreto
legislativo n. 23 del 2011, ed i  trasferimenti  erariali  dovuti  ai
comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono  ridotti
in misura corrispondente al  gettito  derivante  dalla  maggiorazione
standard di cui al  comma  13  del  presente  articolo.  In  caso  di
incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello  Stato
le somme residue». 
    In ragione della  disposizione  ora  menzionata,  il  legislatore
statale ha fatto in modo che  l'eventuale  effetto  positivo  per  la
finanza degli enti  locali  delle  Regioni  Sicilia  e  Sardegna  sia
immediatamente scontato  attraverso  una  contestuale  riduzione  dei
trasferimenti statali. 
    Il comma 13-bis non e' novellato dal comma 387 dell'art. 1  della
legge n. 228 del 2012, ne' viene modificato il regime di perequazione
tra gli enti locali  che  e'  disciplinato  nella  disposizione  gia'
impugnata dalla ricorrente con il predetto ricorso rubricato al n. 47
del R. Ric. 2012. Nondimeno, poiche'  la  legge  qui  censurata,  pur
lasciando intatto il comma sopra riportato, ha  modificato  il  resto
dell'articolo in cui  esso  e'  inserito,  occorre  tuzioristicamente
impugnare anche le nuove disposizioni, rilevando che  esse  non  sono
satisfattive delle censure gia' rivolte dalla ricorrente all'art.  14
del d.l. n. 201 del 2011,  perche',  pur  modificando  i  criteri  di
calcolo del tributo e le modalita' di  pagamento  e  di  riscossione,
mantengono in vita il sistema di  perequazione  che  era  gia'  stato
censurato dalla Regione Sardegna. Anche in questo  caso,  dunque,  si
devono proporre le medesime censure gia' proposte avverso  l'art.  14
del d.l. n. 201 del 2011 (arricchendole, peraltro, con  un  ulteriore
profilo). 
    Il comma 387 dell'art. 1 della legge n. 228 del  2012  viola  gli
artt. 3, comma l, lettera b), e 7 dello  Statuto,  che  attribuiscono
alla Regione  la  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia  di
«ordinamento degli enti  locali  e  delle  relative  circoscrizioni»,
materia che ricomprende  anche  la  materia  «finanza  locale»  (come
codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha precisato nella sent.  n.  275
del 2007), perche' lo Stato e' intervenuto in una materia che non gli
appartiene, escludendo ogni forma di  intervento  regionale.  Inoltre
gli artt. 3, comma 1, lettera b), e  7  dello  Statuto  sono  violati
anche per un altro profilo: il ridotto finanziamento delle  autonomie
locali disposto dal sistema fiscale varato dall'art. 14 del  d.l.  n.
201 del 2011 e riformato dal comma in oggetto, anche se in  relazione
all'extragettito derivante dal tributo sui servizi e sui rifiuti,  si
riverbera  sull'autonomia  finanziaria  regionale,  costretta  a  far
fronte al mancato incremento delle risorse comunali con uno specifico
sostegno  finanziario.  Tanto,  con  la  conseguenza  della   lesione
dell'autonomia  finanziaria  regionale,  perche'  la  Regione  dovra'
(nuovamente) farsi carico del un sostegno  economico  compensativo  a
vantaggio dei comuni sardi. 
    Anche in questo caso, poi, e' violato l'art. 117, comma 3, Cost.,
perche' la disciplina del nuovo tributo comunale sui  rifiuti  e  sui
servizi non consente alla ricorrente di  poter  adattare  la  portata
della tassa  alle  particolarita'  regionali.  Pertanto,  ancora  una
volta,  la  disciplina  in  questione   esorbita   dalla   competenza
legislativa concorrente nella materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario», cosi' impingendo nella  parallela
competenza regionale oltre che nelle ricordate competenze  statutarie
della Regione Sardegna. 
    8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  454,  456,
457, 458, 459, 460, 461, 462, 463, 464, 465 e  466,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228. I commi menzionati  nel  titolo  del  presente
motivo di ricorso recano la nuova disciplina del patto di  stabilita'
interno valida per le Regioni a statuto speciale (le modificazioni al
regime del patto di stabilita' per  le  Regioni  ordinarie  e  per  i
rispettivi enti locali e territoriali sono invece contenute nei commi
431 sgg. del medesimo art. 1 della legge impugnata). 
    La nuova disciplina puo' essere cosi' sintetizzata: 
        - il comma 454 prevede che  le  Regioni  a  statuto  speciale
concordano «l'obiettivo in termini di  competenza  finanziaria  e  di
competenza eurocompatibile, determinato riducendo il complesso  delle
spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante  dal
consuntivo 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella  tabella
di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12  novembre  2011,  n.
183; b) del  contributo  previsto  dall'articolo  28,  comma  3,  del
decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.  201  [...]  come  rideterminato
dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio  2012,  n.  1
[...] e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.
16  [...]  c)  degli  importi  indicati  nel  decreto  del  Ministero
dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015  e  2016,
emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95 [...] d) degli  ulteriori  contributi  disposti  a
carico delle autonomie speciali»; 
        - il comma 456 prescrive che, in  caso  di  mancato  accordo,
«gli obiettivi delle regioni Sardegna, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia
e Valle d'Aosta sono determinati sulla base dei  dati  trasmessi,  ai
sensi dell'articolo 19-bis, comma 1, del decreto-legge  25  settembre
2009, n. 135 [...] ridotti degli importi previsti dal comma 454»; 
        - ai sensi del comma 457, poi, «le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano che esercitano  in  via
esclusiva le funzioni in materia di finanza locale  definiscono,  per
gli enti locali dei rispettivi territori, nell'ambito  degli  accordi
di cui ai commi 454 e  455,  le  modalita'  attuative  del  patto  di
stabilita' interno»; 
        - il comma 458 prevede che «l'attuazione dei commi 454, 455 e
457 avviene nel  rispetto  degli  statuti  delle  regioni  a  statuto
speciale e delle province autonome di Trento e  di  Bolzano  e  delle
relative norme di attuazione»; 
        - il comma 459 dispone che «le regioni a statuto  speciale  e
le  province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano   concorrono   al
riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai
commi 454, 455 e 457, anche con  misure  finalizzate  a  produrre  un
risparmio  per  il  bilancio  dello  Stato,   mediante   l'assunzione
dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione,  con  le
modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di  specifiche  norme  di
attuazione  statutaria;  tali  norme  di  attuazione   precisano   le
modalita' e l'entita' dei risparmi per il  bilancio  dello  Stato  da
ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite»; 
        - i commi 460, 461 e 466 recano disposizioni sul monitoraggio
degli adempimenti relativi al patto di stabilita' interno; 
        - i commi 462 e 464 individuano il regime  sanzionatorio  per
le autonomie speciali che non conseguono gli obiettivi del  patto  di
stabilita'; 
        - il comma 463 detta una disciplina speciale per le Regioni a
statuto speciale per le quali risulti accertato il superamento  degli
obiettivi del patto di stabilita' interno solamente in ragione  delle
maggiori spese per interventi finanziati dallo  Stato  o  dall'Unione
europea; 
        - il comma 465, infine, prevede che «i contratti di  servizio
e gli altri atti posti in  essere  dalle  regioni  e  dalle  province
autonome di Trento e di Bolzano  che  si  configurano  elusivi  delle
regole del patto di stabilita' interno sono nulli». 
    Come si vede, il meccanismo del patto di  stabilita'  ha  trovato
una nuova disciplina. La legge di stabilita', pero', nel riformare il
patto di stabilita'  per  le  Regioni  a  Statuto  speciale,  non  ha
previsto che l'accordo tra lo Stato e  la  Regione  Sardegna  dovesse
adeguarsi alla riforma dell'art. 8 dello Statuto avvenuta con  l'art.
1,  comma  834,  della  legge  n.  296  del   2006,   attraverso   un
innalzamento, in corrispondenza delle  maggiori  entrate  di  cui  la
Regione  beneficia  in  ragione  del  nuovo  art.  8  dello  Statuto,
dell'obiettivo della  Sardegna  relativo  al  complesso  delle  spese
finali consentite in termini di competenza eurocompatibile. 
    8.1. - Si e' gia' avuto modo di  ricordare  che  l'art.  8  dello
Statuto e' stato modificato dall'art. 1, comma 834,  della  legge  n.
296 del 2006, cosi' da aumentare le risorse regionali, che la  stessa
Ragioneria  Generale  dello  Stato  aveva  ritenuto  insufficienti  e
disallineate rispetto al trend che si riscontrava nelle altre Regioni
(si sono gia' citate le Note del Ragioniere Generale  dello  Stato  3
agosto 2005, prot. n. 0102482, e 2 settembre 2005, prot. n. 0112371). 
    Il quadro  dell'autonomia  finanziaria  garantita  dallo  Statuto
secondo il regime di compartecipazione fissa alle  entrate  erariali,
pero',  e'  circoscritto  e  limitato  dal  sistema  del   patto   di
stabilita', che e' il meccanismo di governo della finanza regionale e
degli enti territoriali disegnato dal legislatore statale al fine  di
coniugare la tutela dell'autonomia finanziaria della  Regione  e  (in
diverso  grado)  degli  enti  locali,  con  il  conseguimento   degli
obiettivi di finanza  pubblica  della  Repubblica  in  tutte  le  sue
articolazioni istituzionali. 
    Il contenuto del patto di stabilita' per le Regioni ad  autonomia
speciale e' sempre stato oggetto  di  accordo  tra  Stato  e  singola
Regione o Provincia  autonoma,  pur  nel  succedersi  delle  continue
riforme del meccanismo (si veda l'art. 24  della  legge  n.  448  del
2001; l'art. 29 della legge n. 289 del 2009;  l'art.  1,  comma  132,
della legge n. 220 del 2010; l'art. 32 della legge n. 183  del  2011,
ora il menzionato art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012). Il
meccanismo del patto di stabilita', dunque, si  fonda  sul  principio
dell'accordo tra eguali, mediante il quale  la  Regione  esercita  la
propria autonomia finanziaria e lo Stato garantisce il  conseguimento
degli obiettivi generali di finanza pubblica. 
    A partire dal 2011, la ricorrente, nel formulare le proposte  per
l'accordo  sul  patto  di  stabilita',  ha  richiesto   al   MEF   un
(prudenziale  e  sempre  parziale)  innalzamento  del  livello  degli
impegni  e  dei  pagamenti  in  corrispondenza  delle  nuove  entrate
derivanti dal nuovo  regime  finanziario  di  cui  all'art.  8  dello
Statuto. Sia nel 2011, con Nota 7 giugno 2011, prot.  n.  50971,  sia
nel 2012, con Nota 17 luglio 2012, prot. n. 0054891, il Ministero  ha
sempre rigettato dette proposte (se ne e' gia' dato conto supra  alle
pagine 13 sgg.,  sub  1.3.),  affermando  che  «pur  comprendendo  le
esigenze  di   codesta   Regione   di   trasfondere   sulla   propria
potenzialita'  di  spesa  la  piena  entrata  a  regime   del   nuovo
ordinamento  finanziario  [...]  tale  richiesta  necessita   di   un
intervento  legislativo  volto  ad  individuare   la   corrispondente
compensazione finanziaria in termini di fabbisogno e di indebitamento
netto», sicche' «in  assenza  di  una  disposizione  legislativa  che
preveda misure compensative a  favore  di  codesta  Regione  [...]  a
livello tecnico, non sussist[o]no  margini  per  un  ampliamento  del
tetto dei pagamenti» (cosi' la cit. Nota 17  luglio  2012,  prot.  n.
0054891, in tutto analoga alla precedente Nota 7 giugno  2011,  prot.
n. 50971). 
    A causa della posizione assunta dal MEF, a partire  dal  2010  lo
Stato e la Regione  hanno  potuto  stipulare  solamente  mere  intese
tecniche, limitate ad alcuni aspetti marginali della  disciplina  del
patto di stabilita', senza piu'  conseguire  l'accordo  generale  sul
livello delle spese regionali, che e' invece il  cardine  dell'intero
meccanismo. Anzi, come si e' gia' detto in precedenza (p. 14) sia nel
2011 che nel 2012 l'odierna ricorrente e' stata costretta a gravare i
provvedimenti ministeriali di rigetto delle  proposte  regionali  con
apposito ricorso  proposto  alla  giurisdizione  competente  (codesta
Ecc.ma Corte costituzionale nel  2011;  il  TAR  della  Sardegna  nel
2012). 
    8.2. - In tutte  le  competenti  sedi  giurisdizionali,  e'  bene
sottolinearlo, la Regione ha costantemente  negato  che  l'esecuzione
del novellato  art.  8  dello  Statuto  di  autonomia  (anche  quanto
all'adeguamento del patto di stabilita') richiedesse una qualsivoglia
intermediazione legislativa attraverso un comune atto  con  forza  di
legge o tramite un decreto legislativo recante  norme  di  attuazione
dello stesso Statuto. 
    Questa posizione e' confortata da limpide statuizioni di  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale. In particolare, con la sent. n.  99  del
2012, codesta Ecc.ma Corte  costituzionale,  adita  dallo  Stato  per
veder dichiarata l'illegittimita' dell'art. 3 della legge reg. n.  12
del 2011 (con la quale  era  stato  previsto  che  la  Regione  debba
procedere all'accertamento delle poste in attivo di bilancio ai sensi
dell'art. 8 dello Statuto nella formulazione vigente),  ha  affermato
che non  vi  era  una  «sufficiente  motivazione»  a  sostegno  della
necessita' (asserita dallo Stato, come si e' detto) che il nuovo art.
8 dello Statuto, per produrre i propri effetti al fine di determinare
«la quota di tributi da trasferire  alla  Regione  in  riferimento  a
ciascuna compartecipazione», debba essere attuato con la  particolare
procedura per l'approvazione dei decreti legislativi di attuazione. 
    Cio' significa che la Regione Sardegna, al momento di predisporre
il proprio bilancio previsionale, puo'  e  deve  immediatamente  fare
affidamento  sulle  entrate   derivanti   dal   nuovo   art.   8,   e
contabilizzarle di conseguenza. Inoltre tanto comporta che lo  Stato,
nella gestione (in via  amministrativa  e  in  via  legislativa)  dei
rapporti finanziari con la ricorrente, deve osservare le  previsioni,
immediatamente applicabili, dell'art. 8 dello Statuto. 
    Nondimeno, pur a fronte  dell'evidente  correttezza  dell'assunto
regionale, lo Stato ha (altrettanto  costantemente,  se  ne  e'  dato
conto), affermato che in carenza  di  un'intermediazione  legislativa
l'esecuzione del citato art. 8,  novellato,  dello  Statuto  non  sia
possibile e che, inoltre, non  sia  possibile  nemmeno  l'adeguamento
della capacita' di spesa della Regione alle  maggiori  disponibilita'
finanziarie riconosciute dall'art. 1, comma 834, della legge  n.  296
del 2006, modificativo - appunto - dell'art. 8 dello Statuto. 
    8.3. - Il quadro dei rapporti finanziari tra Stato e  Regione  e'
stato da ultimo modificato dalla  legge  n.  182  del  2012,  recante
«Disposizioni per l'assestamento  del  bilancio  dello  Stato  e  dei
bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario  2012»,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.  251  del  26  ottobre  2012,
suppl. ord. Questa legge ha adottato disposizioni per  l'assestamento
del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2012, che  era  stato
approvato con legge  12  novembre  2011,  n.  184,  introducendo  «le
variazioni di cui alle annesse tabelle» (cosi' l'art. 1). Nella prima
tabella,  relativa  all'assestamento  del  bilancio   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, e' indicata la voce contrassegnata dal
codice  n.  2.3.,   Programma   «Regolazioni   contabili   ed   altri
trasferimenti  alle  Regioni  a  statuto  speciale  (3.5.)».  Ivi  si
effettua  una  variazione  sia  alla  previsione  di  competenza  sia
all'autorizzazione   di   cassa,   aumentando   rispettivamente   gli
stanziamenti di € 1.914.835.111,00 e di € 1.763.337.437,00. 
    Le some destinate alla Regione Sardegna risultano  dalla  tabella
allegata al d.d.l. di assestamento, voce codice 2790, punto n. 2, CP.
Come  si  evince  sia  dalla  relazione  governativa  al  d.d.l.   di
assestamento di bilancio 2012 che dai lavori parlamentari, si  tratta
di versamenti per «1.383 milioni di curo  alla  regione  Sardegna  al
fine di attribuire  alla  medesima  le  entrate  previste  dal  nuovo
ordinamento finanziario» (cosi', testualmente, l'allegato tecnico  al
d.d.l. di assestamento di bilancio 2012), disposti -  appunto  -  «al
fine di  adeguare  il  regime  di  compartecipazione  erariale  della
Regione al nuovo ordinamento finanziario  e  di  funzioni  attribuite
alla Regione Sardegna, regime stabilito dalla legge  finanziaria  296
del 2006»  (cosi'  la  Relazione  dell'on.  Calvisi,  relatore  nella
Commissione V della Camera dei  deputati,  seduta  di  mercoledi'  12
settembre 2012). 
    8.4. - A causa del persistente rifiuto da parte  dello  Stato  di
collaborare  con  la  Regione  in  sede  di  confronto  tecnico   per
l'adeguamento del patto di stabilita' al nuovo regime  delle  entrate
regionali  anche  a  seguito   dell'approvazione   della   legge   di
assestamento  del  bilancio,  la  Regione  Sardegna  si  e'   trovata
costretta ad impugnare la  stessa  legge  n.  182  del  2012  dinanzi
codesta Ecc.ma Corte costituzionale con ricorso  tuttora  pendente  e
rubricato al n. 196 del Reg. Ric. 2012. In particolare, la Regione ha
censurato la legge di assestamento di bilancio 2012 in  quanto  detta
legge poteva e doveva, in ossequio alla  ricostruzione  dei  rapporti
finanziari tra Stato e Regione operata dal MEF  (e  contestata  dalla
Sardegna), dare seguito legislativo allo Statuto novellato  non  solo
stanziando nel bilancio statale le somme sopra  ricordate,  ma  anche
stabilendo espressamente che la capacita' di spesa della  Regione  e'
aumentata in corrispondenza delle maggiori disponibilita' in  entrata
riconosciute con il menzionato  stanziamento  in  bilancio  e  che  a
questo aumento deve uniformarsi il  MEF  nella  negoziazione  con  la
Regione. 
    La legge di assestamento del bilancio era  (sempre  nella  stessa
prospettiva, assunta dallo Stato,  della  necessaria  intermediazione
legislativa) senz'altro una opportuna sede normativa per procedere in
tal senso. Dato che e' nella legge di assestamento  che  le  maggiori
disponibilita'  in  entrata  della  Sardegna  sono  state  finalmente
riconosciute,  gia'  in   quella   legge   avrebbe   dovuto   trovare
riconoscimento anche la maggiore disponibilita' in uscita,  cosi'  da
fare salvo  il  principio  di  corrispondenza  fra  entrate  e  spese
iscritte in bilancio (cosi' Corte  cost.,  sent.  n.  118  del  2012)
attraverso - appunto - un aumento della capacita' di spesa  parallelo
all'aumento delle disponibilita' in entrata. 
    8.5. - Se gia' nella legge di assestamento del bilancio  2012  lo
Stato doveva provvedere nel senso auspicato dalla Regione  e  imposto
dall'art. 8 dello Statuto, ancor piu'  questo  intervento  si  mostra
necessario  e  doveroso  nella  legge  qui  gravata,  la   quale   ha
rideterminato il generale quadro normativo del  patto  di  stabilita'
per le Regioni autonome. 
    Tanto   non   solo   per   ovvie   ragioni   di    sistematicita'
dell'intervento  normativo,  apprezzabili   anche   in   termini   di
(ir)ragionevolezza delle  previsioni  oggi  impugnate,  ma  anche  in
ossequio alle prescrizioni della  legge  n.  196  del  2009,  che  ha
riformato il sistema della contabilita' pubblica e  le  procedure  di
approvazione del bilancio. 
    A questo proposito si deve tenere presente che l'art.  11,  comma
3, lettera m), della legge n. 196 del 2009 prevede che «la  legge  di
stabilita' [...] indica: [...] m) le norme eventualmente necessarie a
garantire l'attuazione del Patto di stabilita' interno»,  sicche'  e'
lo stesso legislatore  che  si  era  gia'  vincolato  e  impegnato  a
regolare le modifiche del patto di stabilita' nel caso in  cui  tanto
si fosse rilevato necessario. 
    E' vero cha la legge n. 196 del 2009 e' una legge ordinaria,  che
ha la stessa forza della legge oggi gravata, ma si  deve  considerare
che con la legge di contabilita' il legislatore  ha  disciplinato  le
procedure che devono essere seguite durante la sessione di  bilancio,
cosi' vincolandosi ad un procedimento che non puo' oggi disattendere,
se non anche a rischio di violazione del principio di ragionevolezza. 
    A maggior suffragio di quanto si sta dicendo, si consideri che la
legge impugnata, al comma 455  dell'art.  1,  ha  dettato  previsioni
particolarissime e specifiche per la sola Regione Trentino-Alto Adige
e per le Province Autonome di Trento e Bolzano. Tanto  dimostra,  una
volta di piu', che lo Stato, una volta negata (come si e'  visto)  la
possibilita' di adeguare il patto di stabilita' senza bisogno di  una
intermediazione legislativa, doveva e  poteva  farsi  carico  di  una
revisione obbligata della disciplina del patto di stabilita'  per  la
Regione Sardegna. 
    8.6. - Tutto cio' considerato, e' di immediata  evidenza  che  la
legge impugnata ha  violato  il  principio  di  ragionevolezza  e  il
principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., gli artt. 3, 4,  5,
7 e 8 dello Statuto,  gli  artt.  2,  3,  5,  81,  117  e  119  della
Costituzione, anche in riferimento all'art. 11 della legge n. 196 del
2009. 
    Come ricordato piu' volte, l'art. 8 dello Statuto  della  Regione
Sardegna, e' stato novellato dall'art. 1, comma 834, della  legge  n.
296 del 2006. Risulta dal citato carteggio del 2005 tra la Ragioneria
Generale dello Stato e la Regione che l'aumento delle entrate che  ne
e' conseguito non intende certo soddisfare un  capriccioso  desiderio
della Regione di avere a disposizione risorse maggiori, ma  e'  stato
la  logica  conseguenza  della  necessita'  di  adeguare  il   quadro
finanziario a tre dati. 
    Anzitutto, al conferimento alla Regione Sardegna di una serie  di
attribuzioni  (in  materia   di   trasporti,   sanita',   continuita'
territoriale, cfr. art. 1, commi 836 e 837, della legge  n.  296  del
2006) del cui costo lo Stato si e'  sgravato,  gravandone  dunque  la
Regione che - evidentemente  -  non  avrebbe  potuto  esercitarle  in
carenza di adeguate risorse economiche. 
    In   secondo   luogo,   alla   mutata    realta'    sociale    ed
economico-finanziaria di riferimento. Nel corso degli  anni,  invero,
come e' naturale, l'onere economico  derivante  dall'esercizio  delle
funzioni conferite alla Regione, a partire da quelle conferite in via
esclusiva dall'art. 3 dello Statuto, si e'  fatto  piu'  consistente,
anche a causa dell'esigenza di garantire standard sempre piu' elevati
di qualita' dei servizi pubblici e del generale  aumento  dei  costi.
Anche la gia' ricordata Nota  del  3  agosto  2005  della  Ragioneria
Generale dello Stato lo ha constatato, prendendo atto delle «mutevoli
necessita'  di  spesa  derivanti  dall'espletamento  delle   funzioni
normali  della  Regione»  (si  badi:  normali,  sicche'  non  e'  qui
questione del rapporto tra funzioni  «nuove»  e  loro  copertura  con
risorse altrettanto «nuove»!). 
    Da ultimo  (ma  non  per  ultimo)  all'impellente  necessita'  di
rimediare alle gravi ed evidenti anomalie  applicative,  riconosciute
dalla  stessa  Ragioneria  Generale  dello  Stato,  determinate   dal
precedente regime finanziario. Si fa ancora riferimento al  carteggio
tra la ricorrente e la Ragioneria Generale  dello  Stato  dell'estate
2005. Ivi il Ministero ha preso atto di un «anomalo trend  dell'IRPEF
regionale rispetto  a  quello  nazionale»  nei  trienni  1991-1993  e
1996-1998 e di una «progressiva svalutazione  in  termini  reali  del
cespite regionale» relativo alla  compartecipazione  IVA.  E'  facile
comprendere  come  le  anomalie  applicative  del  previgente  regime
finanziario abbiano indebitamente compresso le  entrate  regionali  e
come questa compressione, a sua volta, abbia determinato  un'indebita
riduzione della capacita'  di  spesa,  posto  che  (data  la  mancata
esecuzione integrale della riforma dell'art. 8 dello  Statuto,  anche
in termini di innalzamento della capacita' di spesa) la capacita'  di
spesa ancora oggi riconosciuta alla Regione fa  riferimento  all'anno
2005. 
    Quando la legge n.  296  del  2006,  novellando  lo  Statuto,  ha
modificato il quadro finanziario aumentando  le  entrate  disponibili
per la Regione Sardegna, pertanto, non ha fatto altro che adeguare il
quadro delle entrate alle necessita'  delle  spese  e  correggere  le
gravi  distorsioni  applicative   che   avevano   caratterizzato   il
precedente regime finanziario e che avevano di fatto contraddetto  il
senso  stesso  del  sistema   di   compartecipazione   alle   entrate
tributarie,  secondo  il  quale   le   entrate   regionali   dovevano
fisiologicamente crescere al crescere del gettito tributario. 
    E' chiaro, dunque, che i fondi che devono pervenire alla  Regione
ai sensi dell'art. 8 dello Statuto  e  che  sono  stati  (finalmente)
inseriti nel bilancio dello Stato con la legge n. 182 del  2012  sono
tutti  preordinati  allo  svolgimento,   da   parte   della   Regione
ricorrente, delle funzioni pubbliche e dei servizi (anche essenziali,
come quelli sanitari) assegnatile dalla Costituzione (artt. 117 e 119
Cost.), dallo Statuto (artt. 3, 4 e 5), dalle leggi dello Stato  (per
tutte valga il riferimento ai commi 836 gg. dell'art. 1  della  legge
n. 296 del 2006, che hanno operato gli ultimi - in ordine di tempo  -
trasferimenti di funzioni a carico del bilancio regionale). 
    E'  del  tutto  evidente,  conseguentemente,   che   il   mancato
adeguamento della possibilita' di spesa della  Regione  non  solo  ne
limita l'autonomia finanziaria (tutelata dagli artt. 7 dello  Statuto
e 119 Cost.), ma ha come immediata conseguenza la lesione dei diritti
dei cittadini residenti in Sardegna (garantiti dall'art. 2  Cost.)  e
la  violazione  del  principio  del  loro  eguale  trattamento  quale
cittadini dello Stato (art. 3 Cost.). 
    Cio' considerato, e' palese che la riforma del sistema del  patto
di stabilita' per le Regioni  speciali,  specie  in  quanto  avvenuta
successivamente allo stanziamento dei fondi relativi alle nuove quote
di compartecipazione alle entrate  erariali,  doveva  necessariamente
essere accompagnata dalla  previsione  dell'adeguamento  del  livello
delle spese in termini  di  competenza  eurocompatibile  che  possono
essere impegnate e  liquidate  dall'Amministrazione  regionale,  dato
che, nella (pur contestabile, si ripete)  prospettiva  assunta  dallo
Stato quanto alle modalita' di entrata a regime del nuovo sistema  di
compartecipazione,  tale  previsione  legislativa  era  -  appunto  -
necessaria. 
    In mancanza di tale adeguamento, invero, la ragione stessa  della
novellazione dell'art. 8 dello Statuto viene  tradita,  perche'  essa
non era certo preordinata ad apprestare arbitrariamente alla  Regione
una maggiore disponibilita' di somme di danaro, bensi' ad  assicurare
una piu' compiuta capacita' di esercitare le funzioni di competenza e
di soddisfare i diritti dei  cittadini  sardi.  Non  serve  a  nulla,
dunque, alla Regione, avere la disponibilita' di maggiori  somme,  se
la disciplina del patto  di  stabilita'  non  consente  alla  Regione
medesima e al MEF di accordarsi sulla  possibilita'  che  tali  somme
possano essere spese. 
    8.6.1. - A questo proposito, va  subito  dissipato  un  possibile
equivoco. E' cosa nota, e lo si e' anche rammentato citando il  comma
454 dell'art. 1 della legge impugnata, che il meccanismo del patto di
stabilita' interno pone alle Regioni e agli  enti  locali  un  limite
ulteriore rispetto al semplice vincolo di bilancio, fissando un tetto
massimo sia  al  livello  massimo  delle  spese  che  possono  essere
impegnate, sia al livello massimo dei pagamenti  che  possono  essere
liquidati  da  parte  dell'Amministrazione  interessata.  Orbene,  la
ricorrente non intende in alcun modo sottrarsi a questo meccanismo di
governo dell'economia pubblica, che opera direttamente attraverso una
limitazione della spesa. 
    Purtuttavia si deve segnalare che per le altre Regioni  (anche  a
statuto ordinario) l'ulteriore  «strozzatura»  della  spesa  pubblica
determinata  dal  patto  di  stabilita'  si  innesta  su  un   quadro
fisiologico della finanza regionale, sia  pel  profilo  dei  rapporti
economico-finanziari tra Stato  e  Regione,  sia  pel  profilo  della
corrispondenza tra le risorse disponibili e le  necessita'  di  spesa
dell'Ente connesse alle funzioni novellamente conferite. 
    Per la Regione Sardegna, invece, come si e' gia' detto, il  patto
di stabilita' interno incide in una situazione di  finanza  regionale
che risulta essere  patologica  per  esplicito  riconoscimento  dello
stesso  Stato.  In  altri  termini:  non   solo   le   entrate   sono
insufficienti (o, meglio, lo saranno sino a che non saranno liquidati
gli importi maggiori iscritti al bilancio dello Stato dalla legge  di
assestamento 2012) a far fronte al fabbisogno di spesa, ma  la  spesa
e' ulteriormente ridotta a causa dei vincoli del patto di stabilita',
con un effetto esponenziale sconosciuto alle altre Regioni. 
    Mentre per le altre  Regioni,  dunque,  il  patto  di  stabilita'
interno puo' rappresentare uno strumento ragionevole  e  coerente  di
coordinamento della finanza pubblica, per la Regione Sardegna la  sua
applicazione in difetto della piena esecuzione del nuovo art. 8 dello
Statuto  si   rivela   irragionevole   e   violativi   dell'autonomia
finanziaria regionale. 
    8.6.2. - Per tutte le anzidette ragioni, il  legislatore  statale
e' palesemente incorso nei vizi sopra indicati non  avendo  previsto,
al momento di riformare la disciplina del patto di  stabilita'  anche
in seguito allo stanziamento in bilancio  delle  somme  necessarie  a
finanziare il nuovo regime economico della Regione, gli strumenti per
l'aumento del livello delle spese e dei pagamenti che possono  essere
effettuati dalla Regione Sardegna. 
    E' di immediato apprezzamento, anzitutto, la violazione dell'art.
8 dello Statuto. Addirittura dopo aver stanziato le somme  necessarie
a liquidare alla Regione le quote di compartecipazione fissate  dalla
disposizione in esame, proprio all'atto di  riformare  la  disciplina
del patto di stabilita', lo  Stato  preclude  ulteriormente  e  senza
alcuna ragione l'utilizzo di dette somme,  cosi'  rendendo  di  fatto
inutili detti stanziamenti e procrastinando  ancora  la  completa  ed
esatta esecuzione della novella statutaria, anche in  violazione  del
consolidato principio che i sacrifici finanziari imposti alle Regioni
in limitazione della loro autonomia possono essere  ragionevoli  solo
se (ragionevolmente, appunto) temporanei (cfr., tra le recenti, sent.
n. 139 del 2012), il che, nella specie, non e', visto il pervicace  e
persistente  rifiuto  statale  di  eseguire  quanto  disposto   dalle
previsioni statutarie. 
    Tanto determina anche la  conseguente  violazione  dell'autonomia
finanziaria della Regione tutelata (anche) dall'art. 7 dello  Statuto
e dall'art.  119  Cost.,  autonomia  che  impone  la  garanzia  delle
capacita' sia di entrata che di spesa che derivano dal  regime  delle
compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello Statuto. 
    Evidente, poi,  e'  il  vizio  di  irragionevolezza  della  legge
censurata, perche' l'impossibilita' di effettivo impiego delle  somme
stanziate collide con le finalita' della legge medesima,  chiamata  a
ripartire i sacrifici finanziari secondo le possibilita' di ciascuno. 
    L'art. 3 Cost., inoltre, risulta violato anche  pel  profilo  del
principio di eguaglianza, poiche',  come  si  e'  visto,  la  Regione
Sardegna risulta essere discriminata nei confronti di tutte le altre,
subendo  la  cristallizzazione  di  limiti  derivanti  dal  patto  di
stabilita' che non  tengono  conto  della  (patologica)  peculiarita'
della sua situazione finanziaria. 
    Lampanti,  infine,  sono  le  violazioni  degli  altri  parametri
costituzionali (art. 117) e statutari (artt. 3, 4 e 5) gia' indicati,
per il semplice motivo che  le  risorse  in  oggetto  -  lo  si  deve
ribadire -  sono  tutte  preordinate  allo  svolgimento  di  funzioni
pubbliche riconosciute come essenziali  per  la  comunita'  regionale
dallo stesso Stato. 
    8.6.3. - Violato e', altresi', il principio di corrispondenza fra
le entrate e le spese del bilancio regionale,  di  cui  all'art.  81,
comma 1 (nella formulazione vigente, comma 4 nella precedente)  della
Costituzione. 
    E' cosa nota che le politiche di bilancio  devono  rispettare  il
principio di parita' di entrata e di spesa. Tale principio - lo si e'
gia'  accennato  -  e'  stato  ribadito  da  codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale proprio nello  scrutinare  un  conflitto  in  tema  di
rapporti economico-finanziari tra le parti del presente giudizio. 
    Ci si riferisce, in  particolare,  alla  decisiva  e  piu'  volte
citata sent. n. 118 del 2012. In quel caso, lo si ripete, la  Regione
Sardegna aveva impugnato la Nota del Ministero dell'economia e  delle
finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, 7 giugno
2011, n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilita'  interno  per
l'anno 2011. Proposta  di  accordo  per  la  Regione  Sardegna».  Con
quell'atto l'Amministrazione statale aveva rigettato la  proposta  di
patto di stabilita' per il 2011 ritualmente formulata  dalla  Regione
ai sensi della legge vigente (art. 1, comma 132, della legge  n.  220
del 2010) con cui si chiedeva un innalzamento del livello delle spese
e dei pagamenti assentiti in ragione delle maggiori entrate  previste
dal riformato art. 8 dello Statuto. 
    Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato, con cristallina
chiarezza, che  e'  «di  palmare  evidenza  che  [...]  il  principio
inderogabile dell'equilibrio  in  sede  preventiva  del  bilancio  di
competenza comporta che  non  possono  rimanere  indipendenti  e  non
coordinati,  nel  suo  ambito,  i  profili  della  spesa   e   quelli
dell'entrata». E' stato cosi' stabilito, in modo inequivocabile,  che
non solo sul piano logico (il che  e'  addirittura  autoevidente)  ma
anche  su  quello  giuridico  esiste  e  deve  essere  rispettato  un
principio di corrispondenza fra livello delle entrate e livello delle
spese. 
    Tale principio, e' cosa ovvia, deve essere rispettato  anche  nel
dominio del patto di stabilita', e, pertanto,  non  solo  al  livello
della negoziazione fra la Regione e il MEF, ma anche a  quello  della
disciplina generale del patto  di  stabilita',  dettata  dalla  legge
statale. Anche in questo caso, infatti, si deve  anzitutto  escludere
che il principio di corrispondenza tra entrate e spese  possa  essere
di alcun ostacolo  al  funzionamento  del  meccanismo  del  patto  di
stabilita' o al raggiungimento degli obiettivi di contenimento  della
spesa pubblica che la Repubblica si propone, anche nel  rispetto  del
quadro economico tracciato in  sede  di  Unione  Europea  o  di  piu'
ristretta Unione monetaria. 
    In primo luogo, infatti, il principio di parita'  fra  entrate  e
uscite  non  impedisce  che  la  Regione  Sardegna  possa   e   debba
contribuire agli obiettivi di finanza pubblica. Anche in questo  caso
e'  cosa  nota  che  la  partecipazione  a  detti  obiettivi  avviene
generalmente in virtu' di espliciti  «prelievi»  (pur  confinati  nel
tempo,  pena  la  loro  illegittimita'  costituzionale)  direttamente
fissati dal legislatore statale, che la Regione deve tenere in  conto
al  momento  dell'elaborazione  del  suo  bilancio  (tra   le   tante
disposizioni in esame, basti richiamare ancora il comma  3  dell'art.
32 della legge n. 183 del 2011, che impone  alle  Regioni  a  Statuto
speciale un contributo di finanza pubblica pari a € 1.600.000.000,00;
non a caso l'art. 1, comma 454, della  legge  impugnata  richiama  le
Regioni al rispetto dei contributi di finanza pubblica  di  cui  alla
tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge n. 183 del 2011). 
    In secondo luogo, proprio codesta Ecc.ma Corte costituzionale  ha
inteso precisare,  ancora  nella  sent.  n.  118  del  2012,  che  lo
strumento  del  patto  di  stabilita',  per  non  condurre  ad  esiti
illegittimi  e  irragionevoli,  deve  muoversi  proprio   nell'ambito
definito dal principio di parita' di entrate e uscite di  bilancio  e
dall'obbligo dell'Ente  territoriale  autonomo  di  contribuire  alla
Finanza pubblica: «il contenuto dell'accordo» che Ministero e Regione
stipulano per fissare i reciproci obblighi di finanza pubblica  «deve
essere compatibile con il  rispetto  degli  obiettivi  del  patto  di
stabilita',  della  cui  salvaguardia  anche  le  Regioni  a  statuto
speciale  devono  farsi  carico  e  contemporaneamente  deve   essere
conforme e congruente con le norme statutarie della  Regione,  ed  in
particolare con l'art. 8 dello statuto modificato - per  effetto  del
meccanismo normativo introdotto dall'art. 54 dello statuto  stesso  -
dall'art. 1,  comma  834,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007). Quest'ultimo ha  rideterminato
e quantificato le entrate tributarie e la loro misura  di  pertinenza
della Regione autonoma Sardegna». 
    Per le ragioni anzidette, proprio movendo dalla  prospettiva  che
e' necessaria un'intermediazione legislativa per portare a compimento
il nuovo regime finanziario previsto dallo Statuto, lo Stato aveva il
preciso e  inequivocabile  dovere  di  consentire  l'adeguamento  del
livello delle spese e dei pagamenti della Regione nel momento in  cui
riformava la disciplina del patto di stabilita', oltretutto dopo  che
il bilancio statale era stato assestato per tenere conto (seppure con
un gravissimo ritardo) della necessaria esecuzione dell'art. 8  dello
Statuto. Non avendo operato in tal  senso,  lo  Stato  ha  certamente
violato l'indicato principio di parita' tra le entrate  e  le  uscite
regionali, di cui all'art. 81, comma 1, della Costituzione. 
    La violazione dell'art. 81 Cost., pero',  ridonda  immediatamente
nella violazione delle attribuzioni costituzionali e statutarie della
ricorrente. 
    In particolare, e' nuovamente violato  l'art.  8  dello  Statuto,
perche', come si e' gia' detto, la disponibilita'  in  entrata  delle
risorse  finanziarie  «rideterminate»  e  «quantificate»   in   detta
disposizione (per usare gli stessi, puntuali,  termini  impiegati  da
codesta Ecc.ma Corte costituzionale) a  nulla  vale  se  le  maggiori
somme non possono essere poi concretamente impiegate  attraverso  gli
impegni di spesa e  la  liquidazione  dei  pagamenti  necessari  allo
svolgimento delle funzioni assegnate alla Regione. 
    Di conseguenza, la legge gravata lede, per un ulteriore  profilo,
anche l'autonomia finanziaria della Regione e, pertanto, viola l'art.
7 dello Statuto e l'art. 119 Cost. 
    Similmente, sono novellamente violati anche gli artt. 3,  4  e  5
dello Statuto e 117  Cost.,  perche'  l'impossibilita'  di  effettivo
impiego delle somme stanziate dallo Stato impedisce alla  Regione  di
finanziare le  funzioni  pubbliche  assegnate  dallo  Statuto,  dalla
Costituzione, dalle leggi dello Stato. 
    Tanto, con la conseguenza della violazione  degli  artt.  2  e  3
Cost., perche' i diritti costituzionali dei  cittadini  residenti  in
Sardegna  possono  essere  concretamente  goduti,  in  condizioni  di
parita' con tutti gli altri cittadini italiani, solo  se  la  Regione
puo' svolgere le funzioni pubbliche assegnatele  dalla  Costituzione,
dallo  Statuto  e  dalla  legge  (si  pensi,  in  primo   luogo,   ai
finanziamento  del  sistema  sanitario  regionale,  che,   ai   sensi
dell'art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006, e' completamente
a carico della Regione). 
    L'art. 3 Cost., a sua volta, e' ulteriormente violato  perche'  i
sacrifici imposti alla Regione Sardegna (e  che  questa,  si  ripete,
accetterebbe pienamente) avrebbero  dovuto  essere  parametrati  alle
disponibilita'  finanziarie  aggiornate  a  seguito   dell'esecuzione
dell'art. 8 dello Statuto e non avrebbero potuto rimanere «congelate»
ad un livello che quell'esecuzione non contemplava. 
    8.7. - Particolarmente lesivo delle  attribuzioni  costituzionali
della ricorrente e' il comma 459 dell'art. 1 della legge n.  228  del
2012. 
    Si e' gia' detto che esso  prevede  che  «le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono  al
riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai
commi 454, 455 e 457, anche con  misure  finalizzate  a  produrre  un
risparmio  per  il  bilancio  dello  Stato,   mediante   l'assunzione
dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione,  con  le
modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di  specifiche  norme  di
attuazione  statutaria;  tali  norme  di  attuazione   precisano   le
modalita' e l'entita' dei risparmi per il  bilancio  dello  Stato  da
ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite». 
    Con la disposizione in commento il legislatore ha  inteso  creare
un maggior risparmio per le  finanze  dello  Stato  attribuendo  alle
Regioni  a  statuto  speciale  ulteriori   funzioni   pubbliche.   Il
conferimento di tali nuove funzioni sara'  determinato,  nell'intento
del legislatore, da norme  di  attuazione  dello  Statuto,  le  quali
dovranno in ogni modo assicurare dei  «risparmi»  per  lo  Stato,  da
conseguirsi «in modo permanente o comunque per annualita' definite». 
    In questo modo, pero', lo Stato ha pre-determinato  il  contenuto
delle norme di attuazione statutaria, sovvertendo l'ordine gerarchico
del  sistema  delle  fonti  ed  eludendo  le  finalita'  di  garanzia
dell'autonomia regionale che sono sottese al procedimento di adozione
delle  norme  di  attuazione  dello  Statuto.  Di   conseguenza,   la
disposizione in esame viola l'art. 56 dello Statuto, che  attribuisce
alla commissione  paritetica  Stato-Regione  Sardegna  il  potere  di
proporre le norme di attuazione dello Statuto. 
    Violato e' anche l'art. 54 dello Statuto, che prevede le forme di
revisione dello Statuto medesimo: lo Stato,  avendo  surrettiziamente
avocato al  legislatore  ordinario  la  potesta'  di  determinare  il
contenuto delle norme  di  attuazione  dello  Statuto,  ha  di  fatto
derogato all'art. 56 dello Statuto senza seguire  le  forme  previste
dall'art. 54. 
    Violato e' anche l'art. 116 della Costituzione, che riconosce  la
maggiore autonomia  delle  Regioni  speciali  «secondo  i  rispettivi
statuti speciali». 
    9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228. Il comma 554 dell'art. 1 della  legge
n. 228 del 2012 prevede che «Le  regioni  a  statuto  speciale  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano attuano le  disposizioni  di
cui alla presente legge nelle forme stabilite dai rispettivi  statuti
di autonomia e dalle relative norme di attuazione». 
    Trattasi di  una  disposizione  che,  se  da  una  parte  obbliga
espressamente le Regioni speciali ad una  completa  attuazione  della
legge impugnata, dall'altra parte reca una clausola inadatta  a  fare
salve le attribuzioni statutarie delle medesime  autonomie  speciali.
In altri termini: quella in oggetto e' una clausola che,  sebbene  in
apparenza  sembri  finalizzata   alla   tutela   delle   attribuzioni
statutarie  della  Regioni  ad  autonomia   speciale,   finisce,   al
contrario, per mortificarle. 
    La  pretesa  clausola  di  salvaguardia,  infatti,   e'   rivolta
solamente  alle  Regioni,  le  quali  dovranno  «adeguare  i   propri
ordinamenti a quanto previsto  dal  comma  1  compatibilmente  con  i
propri statuti di autonomia e con le relative norme  di  attuazione».
Questa formula non e' adatta a limitare il raggio  applicativo  delle
disposizioni della  legge  impugnata,  proprio  perche'  non  prevede
espressamente che gli ambiti di competenza delle  Regioni  a  Statuto
speciale si intendevano comunque fatti salvi dalle  previsioni  della
legge n. 228 del 2012 che dovessero  eventualmente  risultare  invasi
dal legislatore statale. 
    9.1.  -  La  questione  dell'operativita'   della   clausola   di
salvaguardia e' stata chiarita da codesta Ecc.ma Corte costituzionale
nella sent. n. 241 del 2012. In  quel  caso  si  interpretava  l'art.
19-bis del d.l. n. 138 del 2011, ove si prevedeva  che  «l'attuazione
delle disposizioni del  presente  decreto  nelle  regioni  a  statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e  Bolzano  avviene  nel
rispetto dei loro statuti e delle  relative  norme  di  attuazione  e
secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5  maggio  2009,
n. 42». Codesta Ecc.ma Corte costituzionale affermo'  che  attraverso
«la  clausola  di  salvaguardia,  gli  evocati  parametri  di   rango
statutario  assumono  [...]  la  funzione  di  generale  limite   per
l'applicazione delle norme del decreto-legge n.  138  del  2011,  nel
senso che queste sono inapplicabili agli enti a statuto speciale  ove
siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.
Detta inapplicabilita'  esclude  la  fondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale basate sulla violazione di tali parametri
statutari» salva l'evenienza che  «singole  norme  del  decreto-legge
prevedano espressamente, derogando alla clausola in esame, la propria
diretta ed immediata applicabilita' agli enti ad autonomia speciale». 
    Ora, la differenza che intercorre tra l'art. 1, comma 554,  della
legge n. 228 del 2012 e l'art. 19-bis del d.l. n.  138  del  2011  e'
assolutamente evidente. Solo replicando la stessa  formula  dell'art.
19-bis del d.l. n. 138 del 2011 (e non quella  ben  piu'  restrittiva
qui  in  questione)  poteva  prodursi  quel   meccanismo   inteso   a
salvaguardare sia la  legittimita'  dell'intervento  statale  che  le
attribuzioni  delle  Regioni  speciali  che  e'  stato   limpidamente
ricostruito nella cit. sent. n. 241 del 2012. 
    Di conseguenza, non avendo delimitato l'efficacia della legge  n.
228 del 2012 (in particolare dei commi 118, 131, 132, 138, 141,  142,
143, 145, 146, 299, 380, 387, 454, 456, 457, 458, 459, 460, 461, 462,
463, 464, 465 e 466) nel rispetto  della  rigida  ripartizione  delle
competenze e delle specifiche previsioni  recate  dallo  Statuto,  il
legislatore e' incorso una volta di piu' nella violazione degli artt.
3, 4, 5, 6, 7, 8, 54 e 56 dello Statuto, degli artt. 2, 3, 117 e  119
Cost. e del principio  di  uguaglianza  e  di  ragionevolezza,  nella
misura in cui consente che le disposizioni della legge  impugnata  si
applichino  anche  in  violazione  delle  disposizioni  statutarie  e
costituzionali indicate ai precedenti paragrafi. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La  Regione   Autonoma   della   Sardegna,   come   in   epigrafe
rappresentata   e   difesa,   chiede   che   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale,  in  accoglimento  del  presente  ricorso,   dichiari
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi numeri  118,  131,
132, 138, 141, 142, 143, 145, 146, 299, 380, 387, 454, 456, 457, 458,
459, 460, 461, 462, 463, 464, 465, 466 e 554, della legge 24 dicembre
2012, n. 228, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  302  del  29
dicembre 2012, suppl. ord.  n.  212,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge  di
stabilita' 2013). 
    Si deposita in  allegato  al  presente  ricorso,  copia  conforme
all'originale  della  deliberazione  della  Giunta  regionale   della
Regione Autonoma della Sardegna n. 10/17 del 21  febbraio  2013,  con
unito estratto del processo verbale d'approvazione. 
        Roma-Cagliari, 25 febbraio 2013 
 
                      Avv. Ledda - Avv. Luciani