N. 69 ORDINANZA 8 - 12 aprile 2013

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
 
Segreto di Stato - Sentenza della Corte di cassazione di annullamento
  con rinvio della sentenza della Corte di appello di Milano  del  15
  dicembre 2010, con la quale era stata confermata la declaratoria di
  improcedibilita' della azione penale, ai sensi  dell'art.  202  del
  codice di procedura penale, nei  confronti  di  cinque  imputati  -
  Ordinanza istruttoria della  Corte  di  appello  di  Milano,  quale
  giudice di rinvio, con la quale e' stata accolta  la  richiesta  di
  produzione  dei  verbali  degli  interrogatori  resi  dai  predetti
  imputati - Opposizione del segreto di Stato da parte degli imputati
  - Omesso interpello del Presidente del Consiglio  dei  ministri  ai
  fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli  imputati  -
  Ricorso per conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato,
  proposto dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  -  Asserita
  lesione  delle  attribuzioni  del  Presidente  del  Consiglio   dei
  ministri, quale autorita' preposta all'opposizione, alla tutela  ed
  alla conferma del segreto di  Stato  -  Fase  di  ammissibilita'  -
  Sussistenza dei requisiti soggettivo ed oggettivo -  Ammissibilita'
  del conflitto - Comunicazione e notificazione conseguenti. 
- Sentenza della Corte di cassazione del 29 novembre 2012, n.  46340;
  ordinanza della Corte di appello di Milano del 28 gennaio 2013. 
- Costituzione, artt. 1, 5, 52, 94 e 95, in riferimento agli artt. 1,
  comma 1, lettere b) e c), 39, 40 e 41 della legge 3 agosto 2007, n.
  124. 
(GU n.16 del 17-4-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della sentenza della  Corte  di  cassazione,  sezione
quinta penale, del 29 novembre 2012, n. 46340 e delle ordinanze della
Corte di appello di Milano, sezione quarta  penale,  del  28  gennaio
2013 e del 4 febbraio 2013, promosso con ricorso del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, depositato in cancelleria l'11 febbraio  2013
ed iscritto al n. 4 del registro conflitti  tra  poteri  dello  Stato
2013, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del  26  marzo  2013  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto  che  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei confronti della Corte di cassazione, in riferimento alla sentenza
n. 46340 del 29 novembre 2012, con la quale la quinta sezione  penale
della medesima  Corte,  in  accoglimento  dei  ricorsi  proposti  dal
Procuratore generale presso la Corte di appello  di  Milano  e  dalle
parti civili, ha annullato con rinvio la sentenza  pronunciata  dalla
Corte di appello di Milano il 15 dicembre  2010,  con  la  quale  era
stata confermata la declaratoria  di  improcedibilita'  della  azione
penale, ai sensi dell'art. 202 del codice di  procedura  penale,  nei
confronti di Pollari Nicolo', Di  Troia  Raffaele,  Ciorra  Giuseppe,
Mancini Marco e Di Gregori Luciano; 
    che il ricorso  e'  inteso  a  sollecitare  l'annullamento  della
indicata sentenza della Corte di cassazione anche nella parte in  cui
detta pronuncia ha, a sua volta, annullato «le ordinanze del 22 e  26
ottobre 2010, con cui la Corte di appello di  Milano  aveva  ritenuto
l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese  dagli  allora  indagati
Ciorra, Di Troia, Di Gregori e Mancini nel corso degli  interrogatori
cui erano stati sottoposti nella fase delle indagini preliminari»; 
    che il ricorso in questione e' stato proposto anche nei confronti
della Corte di  appello  di  Milano,  quale  giudice  di  rinvio,  in
riferimento alla ordinanza emessa il 28 gennaio 2013, con la quale e'
stata  accolta  la  richiesta  di  produzione   dei   verbali   degli
interrogatori resi  dai  predetti  imputati,  avanzata  dalla  locale
Procura generale, in ossequio alla sentenza della Corte di cassazione
di cui innanzi si e' detto, ammettendo  altresi'  la  produzione,  da
parte della difesa dell'imputato  Mancini,  della  nota  dell'Agenzia
Informazioni e Sicurezza Estera (AISE) del 25 gennaio 2013, prot.  n.
13631/2.2/4/GG.02, recante la comunicazione al predetto imputato  del
contenuto della nota del Dipartimento  Informazioni  della  Sicurezza
(DIS), nella quale era stato  rappresentato  che  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri aveva  rilevato  la  «perdurante  vigenza  del
segreto di Stato, cosi' come apposto, opposto e confermato nel  corso
del procedimento penale  avente  ad  oggetto  il  fatto  storico  del
sequestro Abu Omar dai Presidenti del Consiglio pro tempore, su tutti
gli aspetti attinenti a qualsiasi rapporto intercorso tra servizi  di
intelligence  nazionali  e  stranieri,  ancorche'  in  qualche   modo
collegati o collegabili con il fatto storico costituito dal sequestro
in questione, nonche' agli interna corporis, intesi  quali  modalita'
organizzative ed operative»; 
    che a tal proposito, rievocate le articolate  vicende  che  hanno
contrassegnato l'iter del procedimento penale, il ricorrente  osserva
come tanto la sentenza della Corte di cassazione quanto la richiamata
ordinanza pronunciata dalla Corte di appello di Milano quale  giudice
di rinvio, nonche' l'ordinanza con cui la medesima Corte territoriale
ha omesso di procedere all'interpello del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ai fini della conferma  del  segreto  di  Stato  opposto
dagli imputati, a norma dell'art. 41 della legge 3  agosto  2007,  n.
124 (Sistema di informazione per  la  sicurezza  della  Repubblica  e
nuova disciplina  del  segreto),  risulterebbero  «gravemente  lesive
delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei  ministri,  quale
autorita' preposta all'opposizione, alla tutela ed alla conferma  del
segreto di Stato, ai sensi dell'art. 1, comma  1,  lettere  b)  e  c)
della legge n. 124/2007»; 
    che, di conseguenza,  a  parere  del  ricorrente,  risulterebbero
violati  gli  artt.  1,  5,  52,  94  e  95  della  Costituzione,  in
riferimento  agli  artt.  1,  comma  1,  lettere  b)  e  c),  39,  40
(sostitutivo dell'art. 202 cod. proc. pen.)  e  41  della  richiamata
legge n. 124 del 2007; 
    che, in  punto  di  ammissibilita',  il  ricorrente  rammenta  la
giurisprudenza della Corte costituzionale in tema  di  legittimazione
attiva, mentre, quanto alla  legittimazione  delle  altre  parti  del
conflitto - certamente competenti a manifestare in via definitiva  la
volonta' del potere cui esse appartengono -, sottolinea  la  funzione
costituzionale della  Corte  di  cassazione  come  organo  di  ultima
istanza  cui  e'  deputato  il  controllo  della  legittimita'  delle
sentenze e dei provvedimenti in materia di liberta' personale,  e  la
competenza  della  Corte  di  appello   ad   adottare   provvedimenti
istruttori destinati a diventare definitivi; 
    che, ancora in punto di ammissibilita', quanto  alla  sussistenza
del requisito oggettivo del conflitto,  il  ricorrente  rivendica  le
prerogative del Presidente del Consiglio  dei  ministri  in  tema  di
sicurezza  dello  Stato  -   nella   specie   concretizzatesi   nella
apposizione del segreto  di  Stato  e  nella  conferma  di  esso  con
riferimento  ai  rapporti  tra  i  Servizi  italiani  e  la   Central
intelligence agency (CIA) nonche' agli interna corporis del Servizio,
anche in ordine al  fatto  storico  del  sequestro  Abu  Omar  -  che
sarebbero state lese dai provvedimenti giurisdizionali impugnati; 
    che, nel merito, il ricorrente osserva come, a  far  tempo  dalla
sentenza n. 86 del 1977, la Corte costituzionale, nell'evidenziare il
livello supremo dei valori tutelabili col  presidio  del  segreto  di
Stato, ha individuato nel Presidente del Consiglio  dei  ministri  il
titolare  del  potere,   di   natura   squisitamente   politica,   di
segretazione, strumentale alla salvaguardia di valori essenziali  per
la salus rei publicae; il tutto, ormai, recepito a livello  normativo
ad opera della citata legge n. 124 del 2007,  la  quale  attribuisce,
appunto, al Presidente del Consiglio dei ministri la  responsabilita'
generale della politica della informazione per  la  sicurezza  ed  il
compito  di  apporre  il  segreto  di  Stato  e  di  confermarne   la
opposizione; 
    che, a fronte di tale contesto, la Corte  di  cassazione,  mentre
affermerebbe correttamente - secondo quanto puntualizzato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 106 del  2009,  con  la  quale  sono
stati definiti vari conflitti promossi sul medesimo tema del  segreto
di Stato nell'ambito dello stesso procedimento - che  il  segreto  di
Stato e' stato apposto su documenti e notizie riguardanti i  rapporti
tra Servizi italiani e stranieri e sugli interna corporis,  anche  se
relativi alla vicenda delle renditions e del sequestro di  Abu  Omar,
errerebbe, invece, nel  ritenere  che  il  segreto  sia  limitato  ai
rapporti tra Servizi che si siano estrinsecati nella realizzazione di
operazioni  comuni,  dal  momento  che  una  simile  conclusione  non
potrebbe fondarsi sulla circostanza (risultante da una  nota  dell'11
novembre 2005) della assoluta estraneita' tanto del Governo  che  del
Servizio italiani al sequestro di Abu Omar; 
    che  sarebbe  dunque  arbitrario,  a   parere   del   ricorrente,
circoscrivere la portata del segreto alle sole  operazioni  cogestite
dai Servizi italiani  e  stranieri  e  legittimamente  approvate  dai
vertici dei Servizi  italiani,  determinandosi,  per  l'effetto,  una
lesione della  sfera  delle  attribuzioni  spettanti  in  materia  al
Presidente del Consiglio dei ministri, in particolare  per  cio'  che
attiene alla determinazione in concreto dell'ambito  di  operativita'
del segreto di Stato; 
    che  risulterebbe  a  sua  volta  lesivo  di  tali   prerogative,
ancorche'  sotto  diverso   profilo,   anche   l'annullamento   delle
statuizioni con cui la Corte di appello di Milano aveva dichiarato la
improcedibilita' dell'azione penale esercitata  nei  confronti  degli
imputati italiani che avevano opposto il segreto  di  Stato,  nonche'
delle ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010, con le  quali  la  medesima
Corte di appello aveva ritenuto inutilizzabili le dichiarazioni rese,
quali indagati, da Mancini, Ciorra, Di Troia e Di  Gregori,  malgrado
il  segreto  di  Stato  da  loro  opposto  fosse  stato   confermato;
annullamento cui ha fatto seguito, da parte del giudice  del  rinvio,
la pronuncia della ordinanza del 28 gennaio 2013,  con  la  quale  e'
stata, invece, ammessa la produzione di tali dichiarazioni; 
    che, attraverso l'adozione di tali atti, si  sarebbe  determinata
la arbitraria esclusione della operativita' del segreto in ordine  ai
rapporti tra Servizio italiano e CIA nonche' in merito alle direttive
impartite dal  direttore  del  Servizio  per  le  informazioni  e  la
sicurezza militare (SISMI) circa il fatto storico del  sequestro  Abu
Omar, dal  momento  che  era  precluso  per  l'autorita'  giudiziaria
utilizzare, anche indirettamente, le notizie coperte dal segreto; 
    che neppure  sarebbe  corretta  l'affermazione,  contenuta  nella
richiamata ordinanza  del  28  gennaio  2013,  secondo  la  quale  la
restituzione dei verbali degli interrogatori  resi  nel  corso  delle
indagini sarebbe stata disposta in quanto  irrilevanti  ai  fini  del
decidere, dal momento che cio' riguarderebbe le sole circostanze  che
nel caso specifico non fossero  coperte  da  segreto  di  Stato,  nei
termini innanzi detti e ricostruiti dalla Corte costituzionale  nella
sentenza n. 106 del 2009, e la cui vigenza - ribadita dal  Presidente
del Consiglio dei  ministri  in  sede  di  interpello  formulato  dal
Giudice dell'udienza preliminare - e'  stata  da  ultimo  riaffermata
dalla nota dell'AISE prodotta dalla  difesa  del  Mancini  nel  corso
dell'udienza del 28 gennaio 2013; 
    che la sentenza della Corte  di  cassazione  sarebbe  censurabile
anche nella parte in cui afferma la tardivita'  dell'apposizione  del
segreto agli  atti  ed  ai  documenti  acquisiti  in  riferimento  al
sequestro Abu Omar, essendo una simile affermazione in contrasto  con
la richiamata sentenza n. 106 del 2009; 
    che  la  Corte  di  cassazione,  infatti,  avrebbe  stravolto  il
significato della pronuncia della Corte costituzionale, nel  ritenere
che, essendo stata formulata opposizione del segreto soltanto  in  un
momento successivo alla acquisizione dei  documenti  da  parte  della
autorita' giudiziaria, gli  atti  stessi,  in  quanto  legittimamente
acquisiti, non sarebbero inutilizzabili, ma comporterebbero l'uso  di
cautele atte ad impedire la divulgazione del segreto; 
    che al contrario,  pur  avendo  la  Corte  costituzionale,  nella
richiamata sentenza, negato che la opposizione del segreto successiva
alla acquisizione documentale potesse assumere portata demolitoria ex
tunc  della  pregressa  attivita'  di  indagine,  essa  ha   tuttavia
sottolineato come la  opposizione  stessa  non  fosse  una  evenienza
processualmente indifferente: tanto che dichiaro'  che  non  spettava
alla  autorita'  giudiziaria  procedente  porre   i   documenti   non
"omissati" a fondamento della richiesta di rinvio a  giudizio  e  del
decreto che dispone il giudizio; 
    che la sentenza della Corte  di  cassazione  sarebbe  censurabile
anche la' dove ha limitato l'inutilizzabilita'  delle  testimonianze,
delle dichiarazioni e degli altri elementi  di  prova  sugli  interna
corporis, facendo salva la  utilizzabilita'  di  quegli  elementi  in
relazione alle condotte poste in essere a  titolo  individuale  dagli
agenti del servizio, al  di  fuori  di  operazioni  riconducibili  al
SISMI, giacche' cio' risponderebbe alla gia' confutata  tesi  secondo
la quale il segreto avrebbe coperto soltanto le operazioni  approvate
dal Servizio; 
    che  le  prerogative  del   ricorrente   sarebbero   lese   anche
dall'ordinanza del 28 gennaio 2013, con la quale  la  Corte  milanese
aveva accolto, proprio in  ossequio  alla  sentenza  della  Corte  di
cassazione,  la  produzione  dei  verbali  di  interrogatorio   degli
indagati gia' menzionati, trattandosi di fonti  di  prova  certamente
coperte da segreto di Stato; 
    che identica lesione si lamenta anche in relazione  all'ordinanza
del 4 febbraio 2013, con la quale  la  stessa  Corte  di  appello  ha
omesso di chiedere la conferma del segreto di  Stato,  opposto  dagli
imputati, senza conseguentemente sospendere ogni iniziativa volta  ad
acquisire  la  notizia  oggetto  di  segreto,  consentendo  cosi'  al
Procuratore generale di svolgere  la  propria  requisitoria,  ripresa
dagli organi di informazione, con ampio utilizzo delle fonti di prova
coperte dal segreto di Stato; 
    che,  conclusivamente,  il   ricorrente,   nel   sollecitare   la
declaratoria  di  sospensione  della  efficacia   dei   provvedimenti
censurati  e  la  conseguente  «sospensione   del   processo   penale
attualmente pendente dinanzi alla Corte di appello di Milano», stante
«l'esigenza   di   evitare   l'aggravamento   della   lesione   delle
attribuzioni  costituzionali  del  Presidente   del   Consiglio   dei
ministri», chiede dichiararsi che: a)  non  spettava  alla  Corte  di
cassazione  annullare  i  proscioglimenti  degli  imputati   Pollari,
Ciorra, Di Troia, Di Gregori e Mancini nonche' le ordinanze del 22  e
del 26 ottobre 2010 con le quali la Corte di appello di Milano  aveva
ritenuto l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese dagli  indagati
nel corso delle indagini preliminari, sul presupposto che il  segreto
di Stato apposto in relazione alla vicenda  del  sequestro  Abu  Omar
concernerebbe solo i rapporti tra Servizio italiano  e  CIA,  nonche'
gli  interna  corporis  che  riguardano  operazioni  autorizzate  dal
Servizio, e non anche quelli che attengono comunque al fatto  storico
del sequestro in questione, e che  sarebbe  tuttora  utilizzabile  la
documentazione legittimamente  acquisita  dall'autorita'  giudiziaria
nel  corso  del  procedimento  avente  ad  oggetto  il  sequestro  in
questione, sulla quale era stato successivamente opposto  il  segreto
di Stato; b) non  spettava  alla  Corte  di  appello  di  Milano  ne'
ammettere la produzione, da parte della Procura generale, dei verbali
relativi agli interrogatori  resi  nel  corso  delle  indagini  dagli
indagati Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori - atti dei quali  era
stata disposta la restituzione al procuratore generale da parte della
stessa Corte di appello con le ordinanze del 22 e  26  ottobre  2010,
poi annullate dalla Corte di cassazione - ne'  omettere  l'interpello
del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della conferma  del
segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari, Mancini, Ciorra,  Di
Troia e Di Gregori  nel  corso  dell'udienza  del  4  febbraio  2013,
invitando il Procuratore generale a concludere, consentendogli in tal
modo di svolgere la sua requisitoria con l'utilizzo di fonti di prova
coperte dal segreto di Stato. 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale),  a  delibare,  senza  contraddittorio,  se  il
ricorso sia ammissibile in quanto esista «la materia di un  conflitto
la cui risoluzione  spetti  alla  sua  competenza»,  sussistendone  i
requisiti soggettivo  ed  oggettivo,  fermo  restando  il  potere,  a
seguito del giudizio, di pronunciarsi su ogni aspetto del  conflitto,
compreso quello relativo alla ammissibilita'; 
    che il Presidente del Consiglio dei  ministri  e'  legittimato  a
promuovere il presente  conflitto,  in  quanto  organo  competente  a
dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui  appartiene  in
ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma  del  segreto
di Stato, non solo in base a quanto previsto, dapprima dalla legge 24
ottobre 1977, n. 801 (Istituzione e ordinamento dei  servizi  per  le
informazioni e la sicurezza e disciplina del  segreto  di  Stato)  e,
poi, dalla legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di  informazione  per
la sicurezza della Repubblica e nuova  disciplina  del  segreto),  ma
anche alla stregua delle norme costituzionali che ne  definiscono  le
attribuzioni (in tal senso, da ultimo, ordinanze n. 376 del 2010 e n.
425 del 2008); 
    che la legittimazione a resistere nel conflitto  della  Corte  di
cassazione, in riferimento alla sentenza di annullamento  oggetto  di
censura, e della Corte di appello di Milano, quale giudice del rinvio
nel procedimento di cui innanzi si e' detto,  deve  essere  affermata
avuto riguardo alla  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  che
riconosce ai singoli  organi  giurisdizionali  la  legittimazione  ad
essere parti di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato,  in
quanto  in  posizione   di   piena   indipendenza   garantita   dalla
Costituzione, competenti a dichiarare definitivamente, nell'esercizio
delle relative funzioni, la volonta' del potere cui appartengono  (da
ultimo, ordinanza n. 25 del 2013); 
    che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, e' lamentata  dal
ricorrente la lesione di attribuzioni  costituzionalmente  garantite,
essendo devoluta alla responsabilita' del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, sotto  il  controllo  del  Parlamento,  la  tutela  del
segreto di Stato quale strumento destinato  alla  salvaguardia  della
sicurezza dello Stato medesimo (in tal senso, e con riferimento  alla
stessa vicenda qui all'esame, ordinanza n. 230 del 2008). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11  marzo
1953, n. 87, il ricorso per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri
dello Stato promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  nei
confronti della Corte di cassazione  e  della  Corte  di  appello  di
Milano con l'atto indicato in epigrafe; 
    dispone: 
    a) che la cancelleria della  Corte  dia  immediata  comunicazione
della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri; 
    b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza
siano notificati alla Corte di cassazione ed alla Corte di appello di
Milano, entro il termine di sessanta giorni  dalla  comunicazione  di
cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la  prova
dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della  Corte  entro  il
termine di trenta giorni previsto dall'art. 24, comma 3, delle  norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI