N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2013

Ordinanza del 30 gennaio 2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio sul ricorso proposto  da  Black  Magic  S.r.l.
contro Ministero dell'economia  e  delle  finanze  -  Amministrazione
Autonoma Monopoli di  Stato  e  Ministero  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali.. 
 
Gioco e scommesse - Controversie tra il  Ministero  delle  Finanze  -
  Amministrazione autonoma Monopoli  di  Stato  e  l'Agenzia  per  lo
  sviluppo del settore ippico (A.S.S.I.) - Previsione che gli  stessi
  soggetti procedono alla  definizione,  anche  in  via  transattiva,
  sentiti i competenti organi, con  abbandono  di  ogni  controversia
  pendente, di tutti i rapporti controversi in materia -  Previsione,
  relativamente alle quote di prelievo di cui all'art. 12 del  d.P.R.
  8 aprile 1998, n. 169, della definizione in via equitativa  di  una
  riduzione non superiore al 5 per cento delle  somme  ancora  dovute
  dai concessionari, con individuazione delle modalita' di versamento
  delle relative somme ed adeguamento delle garanzie  fideiussorie  -
  Violazione del principio di uguaglianza - Incidenza sul diritto  di
  difesa in giudizio, nonche' sul principio di tutela giurisdizionale
  - Indebita interferenza sul potere giudiziario per gli effetti  sui
  giudizi in corso. 
- Decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito,  con  modificazioni,
  nella legge 26 aprile 2012, n. 44, art. 10, comma 5. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 97, 103, primo comma,  111,
  113 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6. 
(GU n.20 del 15-5-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di registro  generale  1033  del  2012,  integrato  da  motivi
aggiunti, proposto da: Black Magic  S.r.l.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti  Yuri
Picciotti e Alessandro Tozzi, con domicilio eletto presso  Alessandro
Tozzi in Roma, largo Messico, 7; 
    Contro: 
        Ministero  dell'economia  e  delle   finanze   -   (A.A.M.S.)
Amministrazione Autonoma  dei  Monopoli  di  Stato,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in
Roma, via dei Portoghesi, 12; 
        Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; 
    Per l'annullamento: 
        della  nota  dell'A.A.M.S.  in   data   23   dicembre   2011,
successivamente  notificata  con  la  quale  e'  stata  chiesta  alla
ricorrente la somma di euro 19.521,00 a titolo  di  minimo  garantito
per l'anno 2010; 
        della nota del 15 giugno  2012,  successivamente  notificata,
con la quale l'Amministrazione Autonoma  dei  Monopoli  di  Stato  ha
chiesto l'integrazione dei minimi annui  garantiti  sospesi  per  gli
anni 2009 e 2010, per un totale di 47.810,79 euro (motivi aggiunti); 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  delle  amministrazioni
intimate; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore alla pubblica udienza del  giorno  5  dicembre  2012  il
Cons. Silvia Martino; 
    Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; 
 
                              F a t t o 
 
    1.  -  La  societa'  ricorrente,  titolare  di  concessione  c.d.
«storica» per la raccolta di scommesse ippiche (n. 1411), in punto di
fatto riferisce quanto segue: 
        A) nell'anno 2006 il mercato del gioco e' stato rivoluzionato
dall'apertura del canale della raccolta del gioco a distanza, sia per
le scommesse su base ippica che per quelle sportive, perche' in forza
del decreto-legge n. 223/2006, convertito dalla  legge  n.  248/2006,
sono  stati  indetti  bandi  di  gara  (c.d.  «gare   Bersani»)   per
l'assegnazione  di  nuove  concessioni,   con   conseguente   aumento
esponenziale dei concessionari della raccolta del gioco; 
        B) la  nuova  disciplina  ha  significativamente  inciso  sul
mercato, determinando una notevole diminuzione delle  entrate  per  i
concessionari storici, pur permanendo invariate le condizioni di  cui
alla convenzione di concessione dagli stessi sottoscritta; 
        C) tale situazione ha  indotto  il  legislatore  a  prevedere
l'adozione delle c.d. misure di  salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lett. l), del decreto-legge n. 223/2006; 
        D) la mancata adozione di  tali  misure  di  salvaguardia  ha
inizialmente  indotto  l'Amministrazione  dei  Monopoli  (di  seguito
A.A.M.S.)  a  sospendere   il   versamento   delle   somme   relative
all'integrazione dei minimi garantiti per gli anni dal 2006 al  2009,
perche' il giudice amministrativo (T.A.R. Lazio Roma  -  Sez.  II,  9
luglio 2009, n. 6521; idem, 28 luglio 2009, n.  7641;  ed  ancora  n.
7400/2011, su ricorso promosso  dalla  ricorrente  avverso  l'inerzia
dell'amministrazione) ha ribadito, in  piu'  di  un'occasione  che  i
provvedimenti di riscossione delle somme dovute a  titolo  di  minimi
garantiti non possono essere adottati prima della  definizione  delle
misure di salvaguardia; 
        E)  sebbene  il  quadro  normativo  sia  rimasto   invariato,
l'A.A.M.S. con la determinazione impugnata con il ricorso principale,
ha nuovamente ingiunto il versamento dei minimi garantiti dovuti  (in
particolare  per  l'anno  2010),  motivando  tale  richiesta  con  la
considerazione che «non e' possibile individuare, allo stato,  misure
di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle gia' individuate  secondo
i criteri delle procedure selettive indette nel corso del 2006». 
    Di   tale   provvedimento   la   societa'   ha   quindi   chiesto
l'annullamento, in particolare, deducendo la violazione dell'art. 38,
comma 4, del d.-l. n. 223/2006, conv. con modificazioni in  legge  n.
248/2006;  la  violazione  dei   principi   di   buon   andamento   e
proporzionalita' dell'azione amministrativa. 
    Questa Sezione, con l'ordinanza n. 864/2012, resa nella camera di
consiglio dell'8 marzo 2012 ha accolto la domanda cautelare proposta,
evidenziando   in    motivazione    il    permanente    inadempimento
dell'amministrazione  in  ordine  all'obbligo  di  adottare  le  c.d.
«misure di salvaguardia». 
    Nelle more della definizione del giudizio, e quindi accaduto che: 
        A)  la  legge  26  aprile  2012,  n.  44,  ha  convertito  il
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, il quale  all'art.  10,  comma  5,
dispone  che,  «al  fine  di  perseguire   maggiore   efficienza   ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo  del  settore  ippico  -  ASSI,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati: ...  b)  relativamente,  alle  quote  di
prelievo  di  cui  all'art.  12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento delle garanzie fideiussorie.  Conseguentemente,  all'art.
38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la  lettera  l)  e'
soppressa»; 
        B) sulla scorta del mutato quadro  normativo,  l'A.A.M.S.  ha
notificato alla ricorrente l'ulteriore determinazione del  15  giugno
2012, con la quale ha nuovamente richiesto il versamento  dei  minimi
garantiti  dovuti  (nell'importo  ivi   indicato),   in   particolare
applicando la riduzione equitativa prevista dall'art.  10,  comma  5,
decreto-legge n. 16/2012 ed  evidenziando  in  motivazione  che  tale
riduzione, da un lato, deve essere intesa come attuativa dell'obbligo
di individuazione delle misure  di  salvaguardia  e,  dall'altro,  ha
comportato  l'abrogazione  espressa  dell'art.  38,  comma   4,   del
decreto-legge n. 223/2006. 
    La ricorrente ha quindi  impugnato  (con  motivi  aggiunti)  tale
ulteriore determinazione, in particolare evidenziando: 
    l'erroneita' del calcolo della base imponibile; 
    la nullita' delle clausole della convenzione di  concessione  che
stabiliscono i minimi garantiti; 
    l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 5,  d.-l.  n.
16/2012, conov. in legge n. 44/2012, per contrasto con gli  artt.  3,
24, 25 e 97 della Costituzione e per  violazione  dell'art.  6  della
CEDU. 
    La difesa erariale con memoria  depositata  in  data  3  novembre
2012, ha eccepito che la disposizione  dell'art.  10,  comma  5,  del
decreto-legge n. 16/2012 non e' lesiva di interessi delle ricorrenti,
ne' limitativa della tutela  giurisdizionale,  perche'  definisce  la
problematica in questione,  stabilendo  una  misura  economica  delle
somme dovute e non versate (che,  in  base  alla  giurisprudenza  del
giudice amministrativo, non potevano  essere  richieste  prima  della
individuazione delle c.d. misure  di  salvaguardia)  e  abrogando  la
disposizione fonte delle ed. misure di salvaguardia, in linea  con  i
principi enunciati nella sentenza della Corte  di  Giustizia  del  16
febbraio 2012 medio tempore depositata. 
    In particolare la difesa erariale  richiama  il  punto  57  della
predetta sentenza della Corte di Giustizia, ove  si  afferma  che  il
principio di parita' di trattamento impone che  «tutti  i  potenziali
offerenti dispongano di uguali opportunita', ed  implica  dunque  che
costoro siano assoggettati alle  medesime  condizioni.  Cio'  vale  a
maggior  ragione  in  una  situazione  quale  quella  in  esame   nei
procedimenti  principali,  in  cui   una   violazione   del   diritto
dell'Unione da parte  dell'autorita'  aggiudicatrice  interessata  ha
gia' avuto come conseguenza una disparita' di trattamento in danno di
alcuni operatori», ed il punto 59 della  medesima  sentenza,  ove  si
afferma che  il  principio  di  parita'  di  trattamento  impone  che
«ragioni di natura economica - come  l'obiettivo  di  garantire  agli
operatori aggiudicatari di concessioni  dopo  la  gara  del  1999  la
continuita', la stabilita' finanziaria  o  una  giusta  remunerazione
degli investimenti realizzati - non possono essere riconosciute quali
motivi imperativi di interesse generale  idonei  a  giustificare  una
restrizione di  una  liberta'  fondamentale  garantita  dal  Trattato
(sentenza Commissione/Italia, cit., punto 35 e la giurisprudenza  ivi
citata,  nonche'  sentenza  dell'11  marzo  2010,  Attanasio   Group,
C-384/08, Racc. pag. I-2055, punti 53-56)». 
    La ricorrente ha depositato una memoria di replica. 
    Il ricorso,  e  i  motivi  aggiunti,  sono  stati  trattenuti  in
decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2012. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - In via preliminare,  il  Collegio  ritiene  che  il  ricorso
principale debba essere dichiarato  improcedibile,  per  sopravvenuta
carenza di interesse, alla luce delle seguenti considerazioni: 
    A)  la  presente  controversia  rientra  tra   le   «controversie
pendenti» alle quali si riferisce la disposizione dell'art. 10, comma
5, del decreto-legge n. 16/2012; 
    B)  a  prescindere  da  ogni  considerazione   in   merito   alla
legittimita' costituzionale di tale disposizione,  si  deve  ritenere
che la stessa abbia imposto alle amministrazioni interessate un  vero
e proprio  obbligo  di  procedere  alla  definizione,  anche  in  via
transattiva, delle controversie relative  all'integrazione  dei  c.d.
minimi garantiti, attraverso la «definizione, in via  equitativa,  di
una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora  dovute
dai  concessionari  ...  con  individuazione   delle   modalita'   di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie»; 
    C)  stante  quanto  precede,  si  deve  ritenere   altresi'   che
l'insorgenza di tale obbligo abbia  determinato  l'inefficacia  delle
precedenti richieste di pagamento delle  somme  dovute  a  titolo  di
integrazione dei minimi garantiti, perche' la riduzione non superiore
al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari storici e'
evidentemente prevista  in  connessione  con  l'abrogazione  espressa
della  disposizioni  dell'art.  38,  comma  4,  la  lettera  l),  del
decreto-legge n. 223/2006, che  prevedeva  l'obbligo  di  individuare
misure di salvaguardia per i predetti concessionari, ma  che  non  ha
mai avuto attuazione da parte delle amministrazioni interessate (come
si evince dal verbale della conferenza di  servizi  del  30  novembre
2011). 
    2. - Relativamente ai  motivi  aggiunti,  aventi  ad  oggetto  la
determinazione dirigenziale in data  15  giugno  2012  con  la  quale
l'A.A.M.S. ha richiesto alla  ricorrente  il  pagamento  delle  somme
dovute  a  titolo  di  integrazione  dei   minimi   annui   garantiti
ricalcolate  con  una  riduzione  del  5%  ai  sensi  della  predetta
disposizione dell'art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 16/2012,  il
Collegio  osserva,  in  primo  luogo,  che   il   provvedimento   non
costituisce una mera  proposta  transattiva,  bensi'  e'  chiaramente
preordinata e finalizzata al recupero delle somme ancora  dovute  dai
concessionari. 
    Posta tale premessa, e' necessario altresi'  evidenziare  che  la
riduzione  equitativa   prevista   dell'art.   10,   comma   5,   del
decreto-legge n.  16/2012,  da  un  lato,  deve  essere  intesa  come
attuativa dell'obbligo di individuazione delle misure di salvaguardia
e, dall'altro, ha comportato  l'abrogazione  espressa  dell'art.  38,
comma 4, la lettera l),  del  decreto-legge  n.  223/2006.  In  altri
termini, il Collegio condivide la tesi (su  cui  si  fonda  la  nuova
richiesta di pagamento formulata dall'A.A.M.S.), secondo la quale - a
fronte della mancata definizione in via amministrativa  delle  misure
di salvaguardia previste dall'art. 38, comma 4, la  lettera  l),  del
decreto-legge n. 223/2006 e delle  numerose  controversie  insorte  a
seguito delle richieste di pagamento dei minimi  garantiti  formulate
dall'A.A.M.S. all'inizio del 2012 nonostante la  mancata  definizione
in via amministrativa delle predette  misure  di  salvaguardia  -  il
legislatore e' intervenuto con una  legge-provvedimento  (l'art.  10,
comma 5, del decreto-legge n. 16/2012) destinata  ad  incidere  sulle
controversie  pendenti,  abrogando  il  meccanismo  di   salvaguardia
previsto dall'art. 38, comma 4, la lettera l), del  decreto-legge  n.
223/2006 e sostituendo tale meccanismo  con  un  diverso  meccanismo,
costituito essenzialmente da una riduzione, predeterminata per  legge
in misura non superiore al 5 per cento, delle somme ancora dovute dai
concessionari a titolo di minimi garantiti. 
    Orbene, sebbene il legislatore abbia manifestato la  volonta'  di
tener conto  della  peculiare  posizione  dei  concessionari  storici
introducendo il diverso meccanismo  costituito  dalla  riduzione,  in
misura non superiore al 5 per cento,  delle  somme  ancora  dovute  a
titolo di minimi garantiti, appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione dell'art. 10, comma 5, decreto-legge n. 16/2012  che  il
Collegio  intende  sollevare,  d'ufficio,  nei  termini  di   seguito
indicati. 
    3. - Innanzi  tutto,  in  punto  di  rilevanza  della  questione,
occorre ribadire  che  l'art.  10,  comma  5,  del  decreto-legge  n.
16/2012, ha abrogato la  disposizione  dell'art.  38,  comma  4,  del
decreto-legge n. 223/2006, che  aveva  introdotto  -  in  favore  dei
concessionari storici (ivi compresa le parti ricorrenti),  in  quanto
tenute al pagamento dei minimi garantiti - l'obbligo di  definire  in
via  amministrativa  misure  di  salvaguardia   volte   a   garantire
l'equilibrio economico di tali soggetti ed ha previsto  a  tutela  di
costoro soltanto la possibilita' di ottenere una riduzione,  peraltro
non superiore al 5 per cento, delle somme ancora dovute a  titolo  di
minimi garantiti. 
    Infatti questa stessa Sezione nella sentenza n. 8520  in  data  7
novembre 2011 ha da ultimo ribadito che la disposizione dell'art. 38,
comma 4, lettera 1), della legge n. 223 del 2006 e' stata  introdotta
a garanzia dei concessionari storici, essendo l'obbligo  di  definire
le  modalita'  di  salvaguardia  di  tali  soggetti  finalizzato   «a
consentire  il  riequilibrio  delle  obbligazioni  consacrate   nelle
concessioni per la raccolta di scommesse ippiche gia' rilasciate,  in
ragione del mutato assetto del  mercato  delle  scommesse  ippiche  e
della   riconfigurazione   dell'assetto   distributivo   territoriale
dell'offerta di gioco,  come  ridisegnati  dalla  riforma  introdotta
dall'art.  38  del  decreto-legge  "Bersani'',  che  ha   determinato
l'apertura del mercato dei giochi pubblici e l'attivazione  di  nuove
concessioni secondo una diffusione capillare  sul  territorio  e  con
piu' favorevoli condizioni di  esercizio  e  di  reddivita'»,  ed  ha
evidenziato,  nel  contempo,  come  l'introduzione  dell'obbligo   di
definire tali modalita' di salvaguardia  rendesse  «inapplicabile  il
contenuto del decreto interministeriale del 10 ottobre 2003 che aveva
stabilito, sotto la vigenza della precedente normativa, il metodo  di
calcolo per individuare il c.d. minimo garantito». 
    Risulta, quindi, evidente che, per effetto dell'abrogazione della
disposizione dell'art. 38, comma 4, del decreto-legge n. 223/2006, la
ricorrente non puo' piu' beneficiare delle modalita' di  salvaguardia
previste da tale disposizione. 
    Passando ora al profilo della non  manifesta  infondatezza  della
questione, il Collegio preliminarmente rammenta che (come rilevato da
questa stessa Sezione nella recente  ordinanza  n.  685  in  data  26
luglio 2012) la questione della compatibilita'  costituzionale  delle
c.d.  leggi-provvedimento  (e  cioe'  di  quegli   atti   formalmente
legislativi che tengono luogo  di  provvedimenti  amministrativi,  in
quanto dispongono, in concreto, su  casi  e  rapporti  specifici)  e'
ormai  definitivamente  risolta  dalla  giurisprudenza  della   Corte
costituzionale e dei Giudici  amministrativi  con  l'affermazione  di
principi ormai consolidati. In particolare: 
        A) la Consulta ha riconosciuto l'ammissibilita' di tali  atti
normativi in base al rilievo dell'insussistenza di  una  «riserva  di
amministrazione»,  ossia  evidenziando  che   la   Costituzione   non
garantisce  ai  pubblici  poteri  l'esclusivita'   delle   pertinenti
attribuzioni gestorie e  non  configura  per  il  legislatore  limiti
diversi da  quelli  (formali)  dell'osservanza  del  procedimento  di
formazione  delle  leggi,  omettendo  di  prescrivere  il   contenuto
sostanziale ed i caratteri essenziali dei  precetti  legislativi  (ex
multis, sentenza n. 347 del 1995); 
        B)  una  volta  ammessa  la  compatibilita'  delle  leggi  in
sostituzione di provvedimento con il vigente assetto  costituzionale,
la prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di  Stato  -  Sez.
IV,  9  marzo  2012,  n.  1349)  ritiene  che,  a   fronte   di   una
legge-provvedimento, i  diritti  di  difesa  del  soggetto  leso  non
vengano   ablati,   ma   si   trasferiscano    dalla    giurisdizione
amministrativa alla giustizia costituzionale. Il corollario  di  tale
ricostruzione dogmatica dell'assetto  della  tutela  delle  posizioni
incise dalla legge-provvedimento e', dunque, la valorizzazione  della
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
sino  a  renderlo  anche  piu'  incisivo  di  quello  giurisdizionale
sull'eccesso di potere, e cio' in modo  da  riconoscere  al  privato,
seppur nella forma indiretta della rimessione  della  questione  alla
Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione
ed un'occasione  di  difesa  pari  a  quella  offerta  dal  sindacato
giurisdizionale sugli atti amministrativi; 
        C)  con  particolare   riferimento   al   rapporto   tra   la
legge-provvedimento   di    approvazione    di    un    provvedimento
amministrativo  gia'  adottato  e  la  pendenza  di  un  procedimento
giurisdizionale avente  ad  oggetto  tale  provvedimento,  merita  di
essere condivisa la tesi Puglia Bari - Sez. I,  19  aprile  2006,  n.
1362) secondo la quale:  a)  la  mera  pendenza  di  un  ricorso  non
impedisce  l'approvazione  della  legge-provvedimento,   in   quanto,
diversamente opinando, si finirebbe con l'ammettere un  vulnus  delle
prerogative delle assemblee legislative, mediante  l'introduzione  di
un inammissibile nuovo limite, non  codificato,  all'esercizio  della
relativa  funzione;  b)  solo  la  formazione  del   giudicato   puo'
paralizzare un intervento  legislativo  contrastante  con  il  dictum
giurisdizionale, in modo da evitare (in coerenza  con  l'assetto  dei
poteri delineato dalla Costituzione) l'irrimediabile sacrificio delle
garanzie di tutela giurisdizione; c) la pendenza di un ricorso avente
ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da  approvare  con
la legge non si rivela, comunque, del tutto indifferente ai fini  del
corretto  esercizio  della  funzione  legislativa,  proprio   perche'
l'eventuale e comprovata esclusiva finalizzazione  della  legge  alla
sottrazione  dell'oggetto  del  sindacato  giurisdizionale  (ed  alla
conseguente  privazione   della   stessa   possibilita'   di   tutela
giurisdizionale   per   l'interessato)   costituirebbe   un    indice
sintomatico dell'irragionevolezza della legge-provvedimento. 
    Tenuto conto di quanto precede, nonche' del fatto che  -  secondo
quanto affermato  non  solo  da  questa  stessa  Sezione  nella  gia'
richiamata sentenza n. 8520 in data 7 novembre 2011 e nelle ulteriori
sentenze n. 6520 in data 7 luglio 2009 e n. 7632 in  data  28  luglio
2009, ma anche dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (ordinanza
31 agosto 2011, n. 3849) - i provvedimenti di  riscossione  di  somme
per il raggiungimento dei minimi  garantiti  richiedevano  la  previa
definizione delle c.d. misure di salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lettera l),  del  decreto-legge  n.  223/2006,  il  Collegio
ritiene non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16/2012
per contrasto con il generale principio di ragionevolezza, desumibile
dall'art. 3 della Costituzione (ex multis, Corte Cost. 9 marzo  2012,
n. 53), con i principi in materia di tutela giurisdizionale avverso i
provvedimenti dell'amministrazione, sanciti dagli articoli 24,  comma
1, 103, comma 1, e 113 della Costituzione, con il principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa (art. 97), nonche', infine,  con
il principio del giusto processo (art. 111 e art. 6  della  CEDU,  in
rapporto all'art. 117, comma 1, Cost.) -  alla  luce  delle  seguenti
considerazioni: 
        A) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare illogica ed irrazionale, perche' il  Legislatore  -
nel sostituire ad un  meccanismo  flessibile,  come  quello  indicato
dall'art. 38, comma 4, lettera 1), del decreto-legge n. 223/2006 (che
affidava alla stessa amministrazione il  compito  di  individuare  le
concrete misure di salvaguardia per i  concessionari  storici,  senza
fissare  tetti  massimi,  ma  dando  per   scontata   l'esigenza   di
parametrare le misure all'andamento del mercato delle  scommesse,  in
modo da impedire che il pagamento dei minimi garantiti,  in  presenza
di una maggiore concorrenza nel mercato, dovuta all'ingresso di nuovi
concessionari,  potesse  pregiudicare  l'equilibrio   economico   dei
concessionari storici) un meccanismo che consente solo una  riduzione
forfettaria, fino ad un massimo del 5%, dei minimi  garantiti  dovuti
in base al «vecchio» decreto interministeriale del 10 ottobre 2003  -
ha agito al (dichiarato) fine di perseguire  maggiore  efficienza  ed
economicita'  dell'azione  amministrativa  mediante  la   definizione
stragiudiziale di ogni controversia pendente, ma non  ha  considerato
che  la  predetta  riduzione  forfettaria  non  appare  adeguata  per
garantire l'equilibrio economico dei concessionari storici. 
    E' ad esempio innegabile che al «mutato assetto del mercato delle
scommesse ippiche e della riconfigurazione dell'assetto  distributivo
territoriale dell'offerta di gioco, come  ridisegnati  dalla  riforma
introdotta  dall'art.  38  del  decreto-legge   "Bersani''   che   ha
determinato  l'apertura   del   mercato   dei   giochi   pubblici   e
l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione  capillare
sul territorio e con piu' favorevoli condizioni  di  esercizio  e  di
redditivita'» (evidenziato nella gia' richiamata sentenza n. 8520  in
data 7 novembre 2011), si siano, nel tempo, aggiunti gli effetti  del
«mercato parallelo» gestito dai c.d. CTD (centri trasmissione  dati),
ossia gli effetti della presenza nel mercato italiano delle  sommesse
di operatori economici di altri stati membri che agiscono  attraverso
i predetti CTD,  in  assenza  di  concessione,  nell'esercizio  delle
liberta' di stabilimento e prestazione dei servizi  transfrontalieri,
garantite dagli articoli 49 e ss.  e  29  e  ss.  TFUE  (si  veda  al
riguardo la sentenza della Corte di  Giustizia  Costa-Cifone  del  16
febbraio 2012, emessa nelle cause riudite C-72/10 e C-77/10). 
    La  misura  stabilita  direttamente  dal  legislatore,  pertanto,
appare del tutto slegata dalla realta' fattuale,  tanto  che  nemmeno
dagli atti parlamentari e' possibile capire quale tipo di istruttoria
sia stata compiuta. 
    E cio', anche volendo considerare  la  necessita'  per  lo  Stato
italiano (richiamata dalla difesa erariale) di adeguarsi ai  principi
di parita' di trattamento e di tutela della concorrenza, sanciti,  in
materia, dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea. 
    Si tratta, infatti, di principi, almeno in  astratto,  pienamente
compatibili con  la  riduzione  ad  equita'  delle  condizioni  delle
convenzioni accessive alla concessioni c.d. storiche. 
    Di  talche'  e'  evidente  che  l'individuazione  del  punto   di
equilibrio tra un'eventuale vantaggio competitivo goduto  in  passato
dai  titolari  di  siffatte  concessioni,  e  l'attuale  assetto  del
mercato, doveva essere il  frutto,  quantomeno,  di  una  compiuta  e
approfondita analisi di cui pero', nel caso  di  specie,  non  vi  e'
traccia; 
        B) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare quindi effettivamente finalizzata al solo scopo  di
sottrarre i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso principale al
sindacato giurisdizionale (e, quindi, a vanificare  il  diritto  alla
tutela giurisdizionale della parte ricorrente), perche' - a fronte di
quanto affermato non solo da questa stessa Sezione,  ma  anche  dalla
Quarta Sezione del Consiglio di Stato nelle pronunce innanzi citate -
il legislatore e' intervenuto introducendo una nuova  disciplina  che
non consente oramai alcuna forma di sindacato  giurisdizionale  sulla
mancata adozione, da  parte  dell'Amministrazione  competente,  delle
misure di salvaguardia previste dall'art. 38, comma 4, lettera l) del
decreto-legge n. 223/2006. 
    Ne consegue che la predetta disposizione vanifica il diritto  dei
concessionari storici di agire in giudizio per  tutelare  il  proprio
equilibrio economico a fronte del mutato assetto  del  mercato  delle
scommesse ed integra, altresi', la violazione del diritto  al  giusto
processo,  quale  consacrato  nell'art.  111  delle  Costituzione   e
nell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali  (avente  pur  esso  rango
costituzionale per effetto del rinvio  agli  obblighi  internazionali
pattizi  di  cui  all'art.   117   comma   1,   Cost.;   cfr.   Corte
costituzionale, sentenze n. 348 e n. 349 del 2007). 
    4. - Quanto  appena  argomentato  giustifica  la  valutazione  di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 3, 24,  comma
1, 97, 103, comma 1, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione; 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Non definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi  aggiunti
di cui in premessa, cosi' provvede: 
        1)  dichiara  il   ricorso   principale   improcedibile   per
sopravvenuta carenza di interesse; 
        2) relativamente ai motivi aggiunti, dichiara rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 10, comma  5,  del  decreto-legge  2  marzo  2012,  n.  16,
convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 -  nella  parte  in  cui
dispone  che  «al  fine  di   perseguire   maggiore   efficienza   ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo  del  settore  ippico  -  ASSI,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati:  ...  b)  relativamente  alle  quote  di
prelievo  di  cui  all'art.  12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento delle garanzie  fideiussori.  Conseguentemente,  all'art.
38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la  lettera  l)  e'
soppressa» - in relazione agli articoli 3,  24,  comma  1,  97,  103,
comma 1, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione; 
        3) dispone la sospensione  del  giudizio  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
        4) rinvia ogni ulteriore statuizione in rito,  nel  merito  e
sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale  promosso  con
la presente pronuncia; 
        5) ordina che, a cura  della  Segreteria  della  Sezione,  la
presente sentenza parziale sia notificata alle parti costituite e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
      Cosi' deciso in Roma nella camera di  consiglio  del  giorno  5
dicembre 2012. 
 
                        Il Presidente: Tosti 
 
 
                                                 L'estensore: Martino