N. 102 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2013

Ordinanza del 30 gennaio 2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Beach Bet Srl ed altri
contro  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -Amministrazione
autonoma Monopoli di  Stato  e  Ministero  delle  politiche  agricole
alimentari e forestali.. 
 
Gioco e scommesse - Controversie tra il  Ministero  delle  Finanze  -
  Amministrazione autonoma Monopoli  di  Stato  e  l'Agenzia  per  lo
  sviluppo del settore ippico (A.S.S.I.) - Previsione che gli  stessi
  soggetti procedono alla  definizione,  anche  in  via  transattiva,
  sentiti i competenti organi, con  abbandono  di  ogni  controversia
  pendente, di tutti i rapporti controversi in materia -  Previsione,
  relativamente alle quote di prelievo di cui all'art. 12 del  d.P.R.
  8 aprile 1998, n. 169, della definizione in via equitativa  di  una
  riduzione non superiore al 5 per cento delle  somme  ancora  dovute
  dai concessionari, con individuazione delle modalita' di versamento
  delle relative somme ed adeguamento delle garanzie  fideiussorie  -
  Violazione del principio di uguaglianza - Incidenza sul diritto  di
  difesa in giudizio, nonche' sul principio di tutela giurisdizionale
  - Indebita interferenza sul potere giudiziario per gli effetti  sui
  giudizi in corso. 
- Decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito,  con  modificazioni,
  nella legge 26 aprile 2012, n. 44, art. 10, comma 5. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 97, 103, primo comma,  111,
  113 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6. 
(GU n.20 del 15-5-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di  registro  generale  623  del  2012,  integrato  da  motivi
aggiunti, proposto da: 
        Soc Beach Bet Srl, Ditta  Individuale  Claudio  Boldrin,  Soc
Lucky Horse Srl, Soc  Agenzia  Ippica  di  Padova  Srl,  Soc  Agenzia
Scommesse Persiceto Srl, Soc Ribot Srl,  Soc  Agenzia  Ippica  Centro
Srl, Soc Punto Scommese Correggio Srl, Soc Agenzia Ippica di  Cremona
di Colonna Antonio & C  Snc,  Soc  Agenzia  Ippica  Europa  Srl,  Soc
Agenzia di Scommesse Albignasego Srl, Soc Sport  e  Scommesse  Rovigo
Srl, Soc Newsports di Zaccarelli Paolo & C Sas, Soc Genova  Bet  Srl,
Soc B.M.M.C. Bet Srl, Soc Dog in 1 Sas, Soc Ippica Civitavecchia Srl,
Soc Agenzia Ippica Parmense di Bassi  Carla  &  C  Srl,  Soc  Agenzia
Ippica Varesina Srl, Soc Emme Effe Emme Snc, Soc Billennium Srl,  Soc
Agenzia Ippica Helios di Michele Mazzilli & C Snc, Soc Agenzia Ippica
Manfredonia di Antonio Mazzilli & C Snc, in  persona  dei  rispettivi
rappresentanti legali pro tempore, tutti rappresentate e difese dagli
avv.ti Filippo Lattanzi, Matilde Tariciotti e Andrea Meneghello,  con
domicilio eletto presso Studio Legale Lattanzi in Roma, via  G.P.  Da
Palestrina, n. 47; 
    Contro: 
        Ministero dell'economia e  delle  finanze  -  Amministrazione
autonoma monopoli di Stato, in  persona  del  Ministro  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
        Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in
persona del rappresentante legale pro tempore, n.c.; 
    Per l'annullamento: 
        delle note dell'A.A.M.S. tutte datate 23 dicembre 2011, prot.
2011/51060/Giochi/SCO conc. 414, 1404, 1082,  240,  283,  1083,  169,
204, 1484, 347, 1251, 1340, 1335, 1344, 198, 1405, 440,  1342,  1220,
1545, 1520, 1617, 219, 1515, 288, 466, 1430, 342, 1671,  1449,  1079,
372,  1041,  90,  con  le  quali  e'  stato  richiesto  il  pagamento
dell'integrazione dovuta fino  al  raggiungimento  del  minimo  annuo
garantito di cui al decreto interdirigenziale 10 ottobre 2003; 
        nonche'  dei  seguenti  provvedimenti  impugnati  con  motivi
aggiunti: note prot. n. 2012/27169/Giochi/SCO tutte datate 15  giugno
2012, con le quali AAMS ha richiesto,  ai  sensi  dell'art.  4  delle
convenzioni di concessione  stipulate,  di  provvedere  al  pagamento
entro il 30 giugno 2012 del minimo annuo garantito per gli anni  2006
- 2011 (secondo gli importi rispettivamente indicati); 
        di ogni atto presupposto, connesso  e  conseguente,  tra  cui
anche la nota prot. n. 2012/28742/Giochi/Sco del 26 giugno 2012,  con
la quale AAMS pubblica le tabelle delle variazioni regionali relative
al solo 2011; nonche' per la condanna  del  risarcimento  del  danno,
anche ai sensi dell'art. 2-bis della legge n. 241/90; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   di   Ministero
dell'economia e delle finanze; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore alla pubblica udienza del  giorno  5  dicembre  2012  il
Cons. Silvia Martino; 
    Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: 
 
                              F a t t o 
 
    1.  Le  societa'  ricorrenti,  titolari   di   concessioni   c.d.
«storiche» per la raccolta di scommesse ippiche (meglio  indicate  in
epigrafe), in punto di fatto riferiscono quanto segue: 
    A) nell'anno 2006 il mercato del  gioco  e'  stato  rivoluzionato
dall'apertura del canale della raccolta del gioco a distanza, sia per
le scommesse su base ippica che per quelle sportive, perche' in forza
del decreto legge n. 223/2006, convertito dalla  legge  n.  248/2006,
sono  stati  indetti  bandi  di  gara  (c.d.  «gare   Bersani»)   per
l'assegnazione  di  nuove  concessioni,   con   conseguente   aumento
esponenziale dei concessionari della raccolta del gioco; 
    B) la nuova disciplina ha significativamente inciso sul  mercato,
determinando  una  notevole   diminuzione   delle   entrate   per   i
concessionari storici, pur permanendo invariate le condizioni di  cui
alla convenzione di concessione dagli stessi sottoscritta; 
    C)  tale  situazione  ha  indotto  il  legislatore  a   prevedere
l'adozione delle c.d. misure di  salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lett. l), del decreto-legge n. 223/2006; 
    D)  la  mancata  adozione  di  tali  misure  di  salvaguardia  ha
inizialmente  indotto  l'Amministrazione  dei  Monopoli  (di  seguito
A.A.M.S.)  a  sospendere   il   versamento   delle   somme   relative
all'integrazione dei minimi garantiti per gli anni dal 2006 al  2009,
perche' il giudice amministrativo (T.A.R.  Lazio  Roma,  Sez.  II,  9
luglio 2009, n. 6521; idem, 28 luglio 2009, n. 7641;  cfr.  anche  le
sentenze nn. 6521/2009,  7644/2009,  e  1126  del  2011,  emesse  nei
confronti  delle  odierne  ricorrenti)  ha  ribadito,  in   piu'   di
un'occasione che i provvedimenti di riscossione delle somme dovute  a
titolo di minimi garantiti non possono essere  adottati  prima  della
definizione delle misure di salvaguardia; 
    E) sebbene il quadro normativo sia rimasto invariato,  l'A.A.M.S.
con  le  determinazioni  dirigenziali  impugnate   con   il   ricorso
principale, ha nuovamente ingiunto il versamento dei minimi garantiti
dovuti per gli anni dal 2006 al 2009, motivando tale richiesta con la
considerazione che «non e' possibile individuare, allo stato,  misure
di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle gia' individuate  secondo
i criteri delle procedure selettive indette nel corso del 2006»; 
    Di  tali  provvedimenti  le   societa'   hanno   quindi   chiesto
l'annullamento, deducendo: 
    la violazione dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 223/2006,  conv.
con modificazioni in l. n.  248/2006;  la  violazione  del  giudicato
formatosi sulle sentenze di questa Sezione nn. 6521/2009,  7644/2009,
1126/2011, 6940/2009,  6938/2009,  dell'ordinanza  del  Consiglio  di
Stato n. 3849/2009, la violazione dei principi di proporzionalita'  e
correttezza dell'azione amministrativa; 
    in particolare, la violazione degli artt.  1  e  2  della  1.  n.
241/90 per non avere mai l'amministrazione  portato  a  termine,  pur
avendolo avviato, il procedimento per l'adozione delle c.d. misure di
salvaguardia; 
    la   violazione   delle   stesse   prescrizioni    del    decreto
interdirigenziale del 10 ottobre 2003 (che fissa le modalita' per  il
calcolo dei minimi garantiti), per non  avere  mai  l'amministrazione
provveduto  a   pubblicare   (secondo   quanto   previsto   in   tale
provvedimento) le tabelle annuali delle variazioni  dei  prelievi  su
base regionale relativamente alla annualita' in contestazione; 
    l'erroneita', nel merito, degli importi richiesti; 
    Questa Sezione, con l'ordinanza n. 523/2012, resa nella camera di
consiglio dell'8 febbraio  2012,  ha  accolto  la  domanda  cautelare
proposta, evidenziando in  motivazione  il  permanente  inadempimento
dell'amministrazione  in  ordine  all'obbligo  di  adottare  le  c.d.
«misure di salvaguardia». 
    Nelle more della definizione del giudizio, e quindi accaduto che: 
    A) la legge 26 aprile 2012, n. 44, ha convertito il decreto-legge
2 marzo 2012, n. 16, il quale all'art. 10, comma 5, dispone che,  «al
fine di perseguire maggiore efficienza  ed  economicita'  dell'azione
nei settori di competenza, il Ministero dell'economia e delle finanze
- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il Ministero  delle
politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia per lo sviluppo
del settore ippico - ASSI, procedono alla definizione, anche  in  via
transattiva, sentiti i  competenti  organi,  con  abbandono  di  ogni
controversia  pendente,  di  tutti  i  rapporti   controversi   nelle
correlate materie e secondo i criteri di  seguito  indicati:  ...  b)
relativamente alle quote di prelievo di cui all'art. 12  del  decreto
del Presidente della  Repubblica  8  aprile  1998,  n.  169  ed  alle
relative  integrazioni,  definizione,  in  via  equitativa,  di   una
riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora dovute  dai
concessionari  di  cui  al  citato  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n. 169 del 1998  con  individuazione  delle  modalita'  di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie.   Conseguentemente,   all'art.   38,   comma   4,   del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la lettera l) e' soppressa»; 
    B) sulla  scorta  del  mutato  quadro  normativo,  l'A.A.M.S.  ha
notificato alle societa' ricorrenti ulteriori determinazioni (recanti
tutte la data del  15  giugno  2012),  con  le  quali  ha  nuovamente
richiesto il versamento dei minimi garantiti  dovuti,  applicando  la
riduzione equitativa prevista dall'art. 10, comma 5, decreto-legge n.
16/2012 ed evidenziando in motivazione  che  tale  riduzione,  da  un
lato,   deve   essere   intesa   come   attuativa   dell'obbligo   di
individuazione  delle  misure  di  salvaguardia  e,  dall'altro,   ha
comportato  l'abrogazione  espressa  dell'art.  38,  comma   4,   del
decreto-legge n. 223/2006. 
    Le ricorrenti, hanno quindi impugnato (con motivi aggiunti)  tali
ulteriori determinazioni, in particolare evidenziando: 
    la mancanza del concerto con ASSI e  Mipaf,  pur  previsto  dalla
sopravvenuta normativa; 
    l'erroneita'  del  calcolo  della  base  imponibile,   perdurando
l'inadempimento  in  ordine  alla  pubblicazione  delle  tabelle   di
variazione (di cui al d.d. del 10  ottobre  2003)  e,  comunque,  non
essendo stata in alcun modo considerata l'incidenza della nuova  rete
di gioco  c.d.  «Bersani»  sul  volume  di  raccolta  realizzato  dai
concessionari storici, ne' delle  quote  di  prelievo  versate  sulla
tipologia di scommessa c.d. «ippica nazionale»; 
    perplessita' e contraddittorieta' dell'azione amministrativa, con
riferimento alle modalita' stabilite per i concessionari al  fine  di
aderire alla rateazione ovvero alla compensazione; 
    illegittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma  5,  d.l.  n.
16/2012, conv. in l. n. 44/2012, per contrasto con gli arrt.  3,  24,
97, 102, 104 e 108 della  Costituzione;  irragionevolezza  manifesta,
nonche', ancora, con gli artt. 11, 111 e 117 della Costituzione,  per
violazione dell'art. 6 della Cedu; in particolare: 
    la norma  sarebbe  esclusivamente  finalizzata  alla  sottrazione
dell'oggetto del sindacato giurisdizionale (rispetto  al  contenzioso
tuttora pendente) e, comunque ad eludere le indicazioni  confermative
ricavabili dalle sentenze, passate in giudicato, del TAR; 
    non terrebbe in alcun conto  il  profondo  e  radicale  mutamento
della situazione di mercato, si' da rafforzare la discriminazione dei
vecchi concessionari rispetto ai concessionari c.d. «Bersani»; 
    si porrebbe in contrasto con l'art. 6 della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali che afferma il  diritto  al  «giusto  processo»  (avente
rango costituzionale per effetto del rinvio  operato  dall'art.  117,
comma 1, Cost.); 
    sarebbero comunque insussistenti quelle  «ragioni  imperative  di
interesse generale» che consentono di derogare a tale principio; 
    Con ordinanza n. 3291/2012, resa nella camera di consiglio del 12
settembre 2012, e' stata respinta l'istanza cautelare. 
    La difesa erariale con memoria  depositata  in  data  3  novembre
2012, ha eccepito che la disposizione  dell'art.  10,  comma  5,  del
decreto-legge n. 16/2012 non e' lesiva di interessi delle ricorrenti,
ne' limitativa della tutela  giurisdizionale,  perche'  definisce  la
problematica in questione,  stabilendo  una  misura  economica  delle
somme dovute e non versate (che,  in  base  alla  giurisprudenza  del
giudice amministrativo, non potevano  essere  richieste  prima  della
individuazione delle c.d. misure  di  salvaguardia)  e  abrogando  la
disposizione fonte delle ed. misure di salvaguardia, in linea  con  i
principi enunciati nella sentenza della Corte  di  Giustizia  del  16
febbraio 2012 medio tempore depositata. 
    In particolare la difesa erariale  richiama  il  punto  57  della
predetta sentenza della Corte di Giustizia, ove  si  afferma  che  il
principio di parita' di trattamento impone che  «tutti  i  potenziali
offerenti dispongano di uguali opportunita', ed  implica  dunque  che
costoro siano assoggettati alle  medesime  condizioni.  Cio'  vale  a
maggior  ragione  in  una  situazione  quale  quella  in  esame   nei
procedimenti  principali,  in  cui   una   violazione   del   diritto
dell'Unione da parte  dell'autorita'  aggiudicatrice  interessata  ha
gia' avuto come conseguenza una disparita' di trattamento in danno di
alcuni operatori», ed il punto 59 della  medesima  sentenza,  ove  si
afferma che  il  principio  di  parita'  di  trattamento  impone  che
«ragioni di natura economica - come  l'obiettivo  di  garantire  agli
operatori aggiudicatari di concessioni  dopo  la  gara  del  1999  la
continuita', la stabilita' finanziaria  o  una  giusta  remunerazione
degli investimenti realizzati - non possono essere riconosciute quali
motivi imperativi di interesse generale  idonei  a  giustificare  una
restrizione di  una  liberta'  fondamentale  garantita  dal  Trattato
(sentenza Commissione/Italia, cit., punto 35 e la giurisprudenza  ivi
citata,  nonche'  sentenza  dell'11  marzo  2010,  Attanasio   Group,
C-384/08, Racc. pag. I-2055, punti 53-56)». 
    Le ricorrenti hanno depositato una memoria di replica. 
    Il ricorso,  e  i  motivi  aggiunti,  sono  stati  trattenuti  in
decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2012. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. In  via  preliminare,  il  Collegio  ritiene  che  il  ricorso
principale debba essere dichiarato  improcedibile,  per  sopravvenuta
carenza di interesse, alla luce delle seguenti considerazioni: 
    A)  la  presente  controversia  rientra  tra   le   «controversie
pendenti» alle quali si riferisce la disposizione dell'art. 10, comma
5, del decreto-legge n. 16/2012; 
    B)  a  prescindere  da  ogni  considerazione   in   merito   alla
legittimita' costituzionale di tale disposizione,  si  deve  ritenere
che la stessa abbia imposto alle amministrazioni interessate un  vero
e proprio  obbligo  di  procedere  alla  definizione,  anche  in  via
transattiva, delle controversie relative  all'integrazione  dei  c.d.
minimi garantiti, attraverso la «definizione, in via  equitativa,  di
una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora  dovute
dai  concessionari  ...  con  individuazione   delle   modalita'   di
versamento  delle  relative  somme  e  adeguamento   delle   garanzie
fideiussorie»; 
    C)  stante  quanto  precede,  si  deve  ritenere   altresi'   che
l'insorgenza di tale obbligo abbia  determinato  l'inefficacia  delle
precedenti richieste di pagamento delle  somme  dovute  a  titolo  di
integrazione dei minimi garantiti, perche' la riduzione non superiore
al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari storici e'
evidentemente prevista  in  connessione  con  l'abrogazione  espressa
della  disposizione  dell'art.  38,  comma  4,  la  lettera  l),  del
decreto-legge n. 223/2006, che  prevedeva  l'obbligo  di  individuare
misure di salvaguardia per i predetti concessionari, ma  che  non  ha
mai avuto attuazione da parte delle amministrazione interessate (come
si evince dal verbale della conferenza di  servizi  del  30  novembre
2011). 
    2.  Relativamente  ai  motivi  aggiunti,  aventi  ad  oggetto  le
determinazioni dirigenziali in data  15  giugno  2012  con  la  quale
l'A.A.M.S. ha richiesto alle  ricorrenti  il  pagamento  delle  somme
dovute  a  titolo  di  integrazione  dei   minimi   annui   garantiti
ricalcolate  con  una  riduzione  del  5%  ai  sensi  della  predetta
disposizione dell'art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 16/2012,  il
Collegio osserva, in primo  luogo,  che  i  provvedimenti  impugnati,
diversamente da quanto opinato in sede cautelare,  non  costituiscono
una mera proposta transattiva, bensi' sono chiaramente preordinati  e
finalizzati, in sostituzione  di  quelli  in  precedenza  adottati  e
sospesi dalla Sezione, al recupero  delle  somme  ancora  dovute  dai
concessionari. 
    Posta tale premessa, e' necessario altresi'  evidenziare  che  la
riduzione  equitativa   prevista   dell'art.   10,   comma   5,   del
decreto-legge n.  16/2012,  da  un  lato,  deve  essere  intesa  come
attuativa dell'obbligo di individuazione delle misure di salvaguardia
e, dall'altro, ha comportato  l'abrogazione  espressa  dell'art.  38,
comma 4, la lettera 1), del decreto-legge n. 223/2006. 
    In altri termini, il  Collegio  condivide  la  tesi  (su  cui  si
fondano le nuove richieste  di  pagamento  formulata  dall'A.A.M.S.),
secondo la  quale  -  a  fronte  della  mancata  definizione  in  via
amministrativa delle misure di salvaguardia  previste  dall'art.  38,
comma 4, la  lettera  l),  del  decreto-legge  n.  223/2006  e  delle
numerose controversie insorte a seguito delle richieste di  pagamento
dei minimi garantiti  formulate  dall'A.A.M.S.  all'inizio  del  2012
nonostante  la  mancata  definizione  in  via  amministrativa   delle
predette misure di salvaguardia - il legislatore e'  intervenuto  con
una legge-provvedimento (l'art. 10, comma  5,  del  decreto-legge  n.
16/2012) destinata ad incidere sulle controversie pendenti, abrogando
il meccanismo di salvaguardia previsto  dall'art.  38,  comma  4,  la
lettera  l),  del  decreto-legge  n.  223/2006  e  sostituendo   tale
meccanismo con un diverso meccanismo,  costituito  essenzialmente  da
una riduzione, predeterminata per legge in misura non superiore al  5
per cento, delle somme ancora dovute dai concessionari  a  titolo  di
minimi garantiti. 
    Orbene, sebbene il legislatore abbia manifestato la  volonta'  di
tener conto  della  peculiare  posizione  dei  concessionari  storici
introducendo il diverso meccanismo  costituito  dalla  riduzione,  in
misura non superiore al 5 per cento,  delle  somme  ancora  dovute  a
titolo di minimi garantiti, appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale   della
disposizione dell'art. 10, comma 5, decreto-legge n. 16/2012  che  il
Collegio  intende  sollevare,  d'ufficio,  nei  termini  di   seguito
indicati. 
    3. Innanzi tutto, in punto di rilevanza della questione,  occorre
ribadire che l'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16/2012,  ha
abrogato la disposizione dell'art. 38, comma 4, del decreto-legge  n.
223/2006, che aveva introdotto - in favore dei concessionari  storici
(ivi compresa le parti ricorrenti), in quanto tenute al pagamento dei
minimi garantiti - l'obbligo di definire in via amministrativa misure
di salvaguardia volte a  garantire  l'equilibrio  economico  di  tali
soggetti ed ha previsto a tutela di costoro soltanto la  possibilita'
di ottenere una riduzione, peraltro non superiore  al  5  per  cento,
delle somme ancora dovute a titolo di minimi garantiti. 
    Infatti questa stessa Sezione nella sentenza n. 8520  in  data  7
novembre 2011 ha da ultimo ribadito che la disposizione dell'art. 38,
comma 4, lettera l), della legge n. 223 del 2006 e' stata  introdotta
a garanzia dei concessionari storici, essendo l'obbligo  di  definire
le  modalita'  di  salvaguardia  di  tali  soggetti  finalizzato   «a
consentire  il  riequilibrio  delle  obbligazioni  consacrate   nelle
concessioni per la raccolta di scommesse ippiche gia' rilasciate,  in
ragione del mutato assetto del  mercato  delle  scommesse  ippiche  e
della   riconfigurazione   dell'assetto   distributivo   territoriale
dell'offerta di gioco,  come  ridisegnati  dalla  riforma  introdotta
dall'art.  38  del  decreto-legge  «Bersani»,  che   ha   determinato
l'apertura del mercato dei giochi pubblici e l'attivazione  di  nuove
concessioni secondo una diffusione capillare  sul  territorio  e  con
piu' favorevoli condizioni di  esercizio  e  di  reddivita'»,  ed  ha
evidenziato,  nel  contempo,  come  l'introduzione  dell'obbligo   di
definire tali modalita' di salvaguardia  rendesse  «inapplicabile  il
contenuto del decreto interministeriale del 10 ottobre 2003 che aveva
stabilito, sotto la vigenza della precedente normativa, il metodo  di
calcolo per individuare il c.d. minimo garantito». 
    Risulta, quindi, evidente che, per effetto dell'abrogazione della
disposizione dell'art. 38, comma 4, del decreto-legge n. 223/2006, le
ricorrenti  non  possono  piu'   beneficiare   delle   modalita'   di
salvaguardia previste da tale disposizione. 
    Passando ora al profilo della non  manifesta  infondatezza  della
questione, il Collegio preliminarmente rammenta che (come rilevato da
questa stessa Sezione nella recente  ordinanza  n.  685  in  data  26
luglio 2012) la questione della compatibilita'  costituzionale  delle
c.d.  leggi-provvedimento  (e  cioe'  di  quegli   atti   formalmente
legislativi che tengono luogo  di  provvedimenti  amministrativi,  in
quanto dispongono, in concreto, su  casi  e  rapporti  specifici)  e'
ormai  definitivamente  risolta  dalla  giurisprudenza  della   Corte
costituzionale e dei Giudici  amministrativi  con  l'affermazione  di
principi ormai consolidati. In particolare: 
    A) la Consulta ha  riconosciuto  l'ammissibilita'  di  tali  atti
normativi in base al rilievo dell'insussistenza di  una  «riserva  di
amministrazione»,  ossia  evidenziando  che   la   Costituzione   non
garantisce  ai  pubblici  poteri  l'esclusivita'   delle   pertinenti
attribuzioni gestorie e  non  configura  per  il  legislatore  limiti
diversi da  quelli  (formali)  dell'osservanza  del  procedimento  di
formazione  delle  leggi,  omettendo  di  prescrivere  il   contenuto
sostanziale ed i caratteri essenziali dei  precetti  legislativi  (ex
multis, sentenza n. 347 del 1995); 
    B)  una  volta  ammessa  la   compatibilita'   delle   leggi   in
sostituzione di provvedimento con il vigente assetto  costituzionale,
la prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV,
9  marzo  2012,   n.   1349)   ritiene   che,   a   fronte   di   una
legge-provvedimento, i  diritti  di  difesa  del  soggetto  leso  non
vengano   ablati,   ma   si   trasferiscano    dalla    giurisdizione
amministrativa alla giustizia costituzionale. Il corollario  di  tale
ricostruzione dogmatica dell'assetto  della  tutela  delle  posizioni
incise dalla legge-provvedimento e', dunque, la valorizzazione  della
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
sino  a  renderlo  anche  piu'  incisivo  di  quello  giurisdizionale
sull'eccesso di potere, e cio' in modo  da  riconoscere  al  privato,
seppur nella forma indiretta della rimessione  della  questione  alla
Consulta da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione
ed un'occasione  di  difesa  pari  a  quella  offerta  dal  sindacato
giurisdizionale sugli atti amministrativi; 
    C)   con   particolare   riferimento   al   rapporto    tra    la
legge-provvedimento   di    approvazione    di    un    provvedimento
amministrativo  gia'  adottato  e  la  pendenza  di  un  procedimento
giurisdizionale avente  ad  oggetto  tale  provvedimento,  merita  di
essere condivisa la tesi (T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 19 aprile 2006,
n. 1362) secondo la quale: a) la mera  pendenza  di  un  ricorso  non
impedisce  l'approvazione  della  legge-provvedimento,   in   quanto,
diversamente opinando, si finirebbe con l'ammettere un  vulnus  delle
prerogative delle assemblee legislative, mediante  l'introduzione  di
un inammissibile nuovo limite, non  codificato,  all'esercizio  della
relativa  funzione;  b)  solo  la  formazione  del   giudicato   puo'
paralizzare un intervento  legislativo  contrastante  con  il  dictum
giurisdizionale, in modo da evitare (in coerenza  con  l'assetto  dei
poteri delineato dalla Costituzione) l'irrimediabile sacrificio delle
garanzie di tutela giurisdizione; c) la pendenza di un ricorso avente
ad oggetto proprio il provvedimento amministrativo da  approvare  con
la legge non si rivela, comunque, del tutto indifferente ai fini  del
corretto  esercizio  della  funzione  legislativa,  proprio   perche'
l'eventuale e comprovata esclusiva finalizzazione  della  legge  alla
sottrazione  dell'oggetto  del  sindacato  giurisdizionale  (ed  alla
conseguente  privazione   della   stessa   possibilita'   di   tutela
giurisdizionale   per   l'interessato)   costituirebbe   un    indice
sintomatico dell'irragionevolezza della legge-provvedimento. 
    Tenuto conto di quanto precede, nonche' del fatto che  -  secondo
quanto affermato  non  solo  da  questa  stessa  Sezione  nella  gia'
richiamata sentenza n. 8520 in data 7 novembre 2011 e nelle ulteriori
sentenze n. 6520 in data 7 luglio 2009 e n. 7632 in  data  28  luglio
2009, ma anche dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (ordinanza
31 agosto 2011, n. 3849) - i provvedimenti di  riscossione  di  somme
per il raggiungimento dei minimi  garantiti  richiedevano  la  previa
definizione delle c.d. misure di salvaguardia  di  cui  all'art.  38,
comma 4, lettera l),  del  decreto-legge  n.  223/2006,  il  Collegio
ritiene non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 5, del  decreto-legge  n.  16/2012
per contrasto con il generale principio di ragionevolezza, desumibile
dall'art. 3 della Costituzione (ex multis, Corte Cost. 9 marzo  2012,
n. 53), con i principi in materia di tutela giurisdizionale avverso i
provvedimenti dell'amministrazione, sanciti dagli articoli 24,  comma
1, 103, comma 1, e 113 della Costituzione, con il principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa (art. 97), nonche', infine,  con
il principio del giusto processo (art. 111 e art. 6  della  CEDU,  in
rapporto all'art. 117, comma 1, Cost.) -  alla  luce  delle  seguenti
considerazioni: 
        A) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare illogica ed irrazionale, perche' il  Legislatore  -
nel sostituire ad un  meccanismo  flessibile,  come  quello  indicato
dall'art. 38, comma 4, lettera 1), del decreto-legge n. 223/2006 (che
affidava alla stessa amministrazione il  compito  di  individuare  le
concrete misure di salvaguardia per i  concessionari  storici,  senza
fissare  tetti  massimi,  ma  dando  per   scontata   l'esigenza   di
parametrare le misure all'andamento del mercato delle  scommesse,  in
modo da impedire che il pagamento dei minimi garantiti,  in  presenza
di una maggiore concorrenza nel mercato, dovuta all'ingresso di nuovi
concessionari,  potesse  pregiudicare  l'equilibrio   economico   dei
concessionari storici)  con  un  meccanismo  che  consente  solo  una
riduzione  forfettaria,  fino  ad  un  massimo  del  5%,  dei  minimi
garantiti dovuti in base al «vecchio» decreto  interministeriale  del
10 ottobre 2003  -  ha  agito  al  (dichiarato)  fine  di  perseguire
maggiore  efficienza  ed  economicita'   dell'azione   amministrativa
mediante la definizione stragiudiziale di ogni controversia pendente,
ma non considerato che la predetta riduzione forfettaria  non  appare
adeguata  per  garantire  l'equilibrio  economico  dei  concessionari
storici. 
    E' ad esempio innegabile che al «mutato assetto del mercato delle
scommesse ippiche e della riconfigurazione dell'assetto  distributivo
territoriale dell'offerta di gioco, come  ridisegnati  dalla  riforma
introdotta  dall'art.  38  del   decreto-legge   "Bersani"   che   ha
determinato  l'apertura   del   mercato   dei   giochi   pubblici   e
l'attivazione di nuove concessioni secondo una  diffusione  capillare
sul territorio e con piu' favorevoli condizioni  di  esercizio  e  di
reddivita'» (evidenziato nella gia' richiamata sentenza  n.  8520  in
data 7 novembre 2011), si siano, nel tempo, aggiunti gli effetti  del
«mercato parallelo» gestito dai c.d. CM (centri  trasmissione  dati),
ossia gli effetti della presenza nel mercato italiano delle  sommesse
di operatori economici di altri stati membri che agiscono  attraverso
i predetti CTD,  in  assenza  di  concessione,  nell'esercizio  delle
liberta' di stabilimento e prestazione dei servizi  transfrontalieri,
garantite dagli articoli 49 e ss.  e  29  e  ss.  TFUE  (si  veda  al
riguardo la sentenza della Corte di  Giustizia  Costa-Cifone  del  16
febbraio 2012, emessa nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10). 
    La  misura  stabilita  direttamente  dal  legislatore,  pertanto,
appare del tutto slegata dalla realta' fattuale,  tanto  che  nemmeno
dagli atti parlamentari e' possibile capire quale tipo di istruttoria
sia stata compiuta. 
    E cio', anche volendo considerare  la  necessita'  per  lo  Stato
italiano (richiamata dalla difesa erariale) di adeguarsi ai  principi
di parita' di trattamento e di tutela della concorrenza, sanciti,  in
materia, dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. 
    Si tratta, infatti, di principi, almeno in  astratto,  pienamente
compatibili con  la  riduzione  ad  equita'  delle  condizioni  delle
convenzioni accessive alla concessioni c.d. storiche. 
    Di  talche'  e'  evidente  che  l'individuazione  del  punto   di
equilibrio tra un'eventuale vantaggio competitivo goduto  in  passato
dai  titolari  di  siffatte  concessioni,  e  l'attuale  assetto  del
mercato, doveva essere il  frutto,  quantomeno,  di  una  compiuta  e
approfondita analisi di cui pero', nel caso  di  specie,  non  vi  e'
traccia; 
        B) la disposizione dell'art. 10, comma 5,  del  decreto-legge
n. 16/2012 appare quindi effettivamente finalizzata al solo scopo  di
sottrarre i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso principale al
sindacato giurisdizionale (e, quindi, a vanificare  il  diritto  alla
tutela giurisdizionale delle parti ricorrenti), perche' - a fronte di
quanto affermato non solo da questa stessa Sezione,  ma  anche  dalla
Quarta Sezione del Consiglio di Stato nelle pronunce innanzi citate -
il legislatore e' intervenuto introducendo una nuova  disciplina  che
non consente oramai alcuna forma di sindacato  giurisdizionale  sulla
mancata adozione, da  parte  dell'Amministrazione  competente,  delle
misure di salvaguardia previste dall'art. 38, comma  4,  lettera  l),
del decreto-legge n. 223/2006. 
    Ne consegue che la predetta disposizione vanifica il diritto  dei
concessionari storici di agire in giudizio per  tutelare  il  proprio
equilibrio economico a fronte del mutato assetto  del  mercato  delle
scommesse ed integra, altresi', la violazione del diritto  al  giusto
processo,  quale  consacrato  nell'art.  111  delle  Costituzione   e
nell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali  (avente  pur  esso  rango
costituzionale per effetto del rinvio  agli  obblighi  internazionali
pattizi  di  cui  all'art.  117,   comma   1,   Cost.;   cfr.   Corte
costituzionale, sentenze nn. 348 e 349 del 2007). 
    4.  Quanto  appena  argomentato  giustifica  la  valutazione   di
rilevanza  e  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 3, 24,  comma
1, 97, 103, comma 1, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Non definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi  aggiunti
di cui in premessa, cosi' provvede: 
    1) dichiara il ricorso principale improcedibile per  sopravvenuta
carenza di interesse; 
    2) relativamente ai motivi aggiunti,  dichiara  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 10, comma  5,  del  decreto-legge  2  marzo  2012,  n.  16,
convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 -  nella  parte  in  cui
dispone  che  «al  fine  di   perseguire   maggiore   efficienza   ed
economicita' dell'azione nei  settori  di  competenza,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli
di  Stato,  il  Ministero  delle  politiche  agricole  alimentari   e
forestali e l'Agenzia per lo sviluppo  del  settore  ippico  -  ASSI,
procedono alla definizione,  anche  in  via  transattiva,  sentiti  i
competenti organi, con abbandono di ogni  controversia  pendente,  di
tutti i rapporti controversi nelle  correlate  materie  e  secondo  i
criteri di seguito indicati:  ...  b)  relativamente  alle  quote  di
prelievo  di  cui  all'art.  12  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 aprile 1998,  n.  169  ed  alle  relative  integrazioni,
definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore  al  5
per cento delle somme ancora  dovute  dai  concessionari  di  cui  al
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169  del  1998  con
individuazione delle modalita' di versamento delle relative  somme  e
adeguamento delle garanzie fideiussorie.  Conseguentemente,  all'art.
38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la  lettera  l)  e'
soppressa» - in relazione agli articoli 3,  24,  comma  1,  97,  103,
comma 1, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione; 
    3) dispone la sospensione del giudizio e  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    4) rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e  sulle
spese di lite all'esito del  giudizio  incidentale  promosso  con  la
presente pronuncia; 
    5) ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente
sentenza  parziale  sia  notificata  alle  parti  costituite   e   al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
          Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5
dicembre 2012. 
 
                        Il Presidente: Tosti 
 
 
                                                 L'estensore: Martino