N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 maggio 2013

Ricorso per conflitto tra poteri dello Stato (merito)  depositato  in
cancelleria il 9  maggio  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Segreto di Stato - Procedimento penale avente  ad  oggetto  il  fatto
  storico del sequestro Abu Omar - Sentenza della Corte di cassazione
  di annullamento con rinvio della sentenza della Corte d'appello  di
  Milano con  la  quale  era  stata  confermata  la  declaratoria  di
  improcedibilita' dell'azione penale, ai sensi  dell'art.  202  cod.
  proc.  pen.,  nei  confronti  di  alcuni   imputati   -   Ordinanza
  istruttoria della Corte  d'appello  di  Milano,  quale  giudice  di
  rinvio, con la quale e' stata accolta la  richiesta  di  produzione
  dei verbali  degli  interrogatori  resi  dagli  stessi  imputati  -
  Ordinanza  con  cui  la  medesima  Corte  d'appello  ha  omesso  di
  procedere all'interpello del Presidente del Consiglio dei  ministri
  ai fini della conferma del segreto di Stato opposto dagli  imputati
  - Ricorso per conflitto di attribuzione  tra  poteri  promosso  dal
  Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti della Corte  di
  cassazione e della Corte d'appello di Milano -  Denunciata  lesione
  delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri  quale
  autorita' preposta all'opposizione, alla tutela e alla conferma del
  segreto di Stato - Istanza alla Corte di dichiarare la  sospensione
  della  efficacia  dei  provvedimenti  censurati  e  la  conseguente
  «sospensione del processo penale attualmente pendente dinanzi  alla
  Corte di appello di Milano» - Richiesta alla  Corte  di  dichiarare
  che:  a)  non  spettava  alla  Corte  di  cassazione  annullare   i
  proscioglimenti  degli  imputati  Pollari,  Ciorra,  Di  Troia,  Di
  Gregori e Mancini nonche' le ordinanze del 22 e del 26 ottobre 2010
  con  le  quali  la  Corte  di  appello  di  Milano  aveva  ritenuto
  l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni  rese  dagli  indagati  nel
  corso delle indagini preliminari, sul presupposto che il segreto di
  Stato apposto in relazione alla  vicenda  del  sequestro  Abu  Omar
  concernerebbe solo i rapporti tra Servizio italiano e CIA,  nonche'
  gli interna corporis  che  riguardano  operazioni  autorizzate  dal
  Servizio, e non  anche  quelli  che  attengono  comunque  al  fatto
  storico  del  sequestro  in  questione,  e  che   sarebbe   tuttora
  utilizzabile    la    documentazione    legittimamente    acquisita
  dall'autorita' giudiziaria nel corso  del  procedimento  avente  ad
  oggetto  il  sequestro  in  questione,  sulla   quale   era   stato
  successivamente opposto il segreto di Stato; b) non  spettava  alla
  Corte di appello di Milano ne' ammettere la  produzione,  da  parte
  della Procura generale, dei  verbali  relativi  agli  interrogatori
  resi nel corso delle indagini dagli indagati  Mancini,  Ciorra,  Di
  Troia e  Di  Gregori  -  atti  dei  quali  era  stata  disposta  la
  restituzione al procuratore generale da parte della stessa Corte di
  appello con le ordinanze del 22 e 26 ottobre  2010,  poi  annullate
  dalla  Corte  di  cassazione  -  ne'  omettere   l'interpello   del
  Presidente del Consiglio dei ministri ai fini  della  conferma  del
  segreto di Stato opposto dagli imputati Pollari,  Mancini,  Ciorra,
  Di Troia e Di Gregori nel corso dell'udienza del 4  febbraio  2013,
  invitando il Procuratore generale a concludere,  consentendogli  in
  tal modo di svolgere la sua requisitoria con l'utilizzo di fonti di
  prova coperte dal  segreto  di  Stato.  Richiesta  di  annullamento
  parziale degli atti ad origine del conflitto.  
- Sentenza della Corte di cassazione, Sezione V penale, n. 46340  del
  29 novembre  2012;  Ordinanze  della  Corte  d'appello  di  Milano,
  Sezione IV penale, del 28 gennaio 2013 e del 4 febbraio 2013. 
- Costituzione, artt. 1, 5, 52, 94 e 95, in relazione agli  artt.  1,
  comma 1, lett. b) e lett. c), 39, 40 e  41  della  legge  3  agosto
  2007, n. 124. 
(GU n.22 del 29-5-2013 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e'
domiciliato in Roma, via dei  Portoghesi,  12,  contro  la  Corte  di
cassazione, in persona del Primo Presidente pro tempore, la Corte  di
cassazione - sezione quinta penale. in  persona  del  Presidente  pro
tempore dottor Gaetanino Zecca, la Corte di  appello  di  Milano,  in
persona del Presidente pro tempore, la Corte di appello di  Milano  -
sezione quarta penale, in persona  del  suo  Presidente  pro  tempore
dottor Luigi Martino. 
    1.1 La Procura della Repubblica di Milano procedeva nei confronti
di una serie di soggetti per  il  delitto  di  sequestro  di  persona
commesso in Milano ai danni di Nasr Osama Mustafa, alias Abu Omar. 
    Nel capo  di  imputazione  venivano  indicate  specificamente  le
persone che avevano partecipato alle fasi preparatorie del sequestro;
quelle che avevano partecipato materialmente  alla  consumazione  del
delitto e quelle che, in qualita' di capi o di componenti della  rete
CIA in Italia, avevano organizzato l'operazione. 
    Secondo l'ipotesi accusatoria l'operazione sarebbe stata compiuta
da cittadini statunitensi appartenenti alla CIA con la collaborazione
di agenti del SISMI e di altri cittadini italiani, alcuni  dei  quali
(come, ad esempio Luciano Pironi, sottufficiale dei ROS  Carabinieri)
giudicati separatamente. 
    1.2 Nel corso del  giudizio  svoltosi  dinanzi  al  Tribunale  di
Milano alcuni imputati appartenenti al SISMI opponevano il segreto di
Stato su tutto cio' che concerneva i rapporti tra la CIA ed il  SISMI
nonche' sugli ordini e le direttive impartiti dai vertici del  SISMI,
in ordine al fatto storico del sequestro di persona in danno  di  Abu
Omar, alla cui realizzazione si dichiaravano assolutamente estranei. 
    Il Tribunale di Milano, avviata la procedura di cui all'art.  202
c.p.p.,  disponeva  la  sospensione  del   procedimento   fino   alla
definizione dei conflitti di attribuzione proposti,  rispettivamente,
dalla Procura  della  Repubblica  di  Milano  e  dal  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, e del ricorso per conflitto  di  attribuzione
proposto in via incidentale dalla sezione  g.i.p.  del  Tribunale  di
Milano, conflitti risolti dalla Corte costituzionale con la  sentenza
n. 106/2009 (sulla quale ci si soffermera' in seguito). 
    Con tale sentenza la Corte costituzionale - muovendo dall'assunto
che l'area del segreto di Stato invocato dal Presidente del Consiglio
dei Ministri concerneva tutti  i  rapporti  tra  Servizi  italiani  e
stranieri, tutti gli assetti organizzativi ed  operativi  del  SISMI,
nonche' gli ordini e le direttive che sarebbero stati  impartiti  dal
Direttore del  servizio  agli  appartenenti  allo  stesso,  ancorche'
ricollegabili al fatto storico del sequestro in danno di Abu  Omar  -
annullava il provvedimento di perquisizione  adottato  dalla  Procura
della Repubblica di Milano ed eseguito in data 5.7.2006,  nonche'  il
conseguente decreto di sequestro di documenti  rinvenuti  presso  una
sede del SISMI; annullava la richiesta di incidente probatorio  e  la
successiva assunzione della prova il 30 settembre 2006,  nella  parte
in cui investiva i rapporti intrattenuti tra servizi di  intelligente
italiani e stranieri in ordine al sequestro di  Abu  Omar;  escludeva
dalla lista venti testimoni. 
    Il Tribunale di Milano, all'esito della valutazione  in  concreto
sul piano processuale  delle  conseguenze  derivanti  dalla  predetta
sentenza della Corte costituzionale  (valutazione  che  ad  esso  era
stata espressamente demandata dalla Corte, alla stregua delle  regole
fissate dal comma 1 dell'art. 185 c.p.p.  e  dall'art.  191  c.p.p.),
dichiarava non doversi procedere nei confronti di  Pollari,  Mancini,
Ciorra, Di Troia e Di Gregori, perche'  l'azione  penale  non  poteva
esser proseguita per l'esistenza del segreto di Stato. 
    1.3 Tale statuizione veniva confermata dalla Corte di Appello  di
Milano. 
    Il Procuratore generale presso la  Corte  di  Appello  di  Milano
proponeva ricorso per  cassazione  avverso  la  sentenza  di  secondo
grado,   limitatamente   alla    statuizione    di    conferma    del
proscioglimento, ai sensi degli artt.  202,  comma  3  c.p.p.,  degli
imputati Pollari,  Mancini,  Ciorra,  Di  Troia  e  Di  Gregori,  per
l'esistenza di un segreto di  Stato,  nonche'  avverso  le  ordinanze
emesse dalla Corte di appello di Milano il 22 e 26 ottobre 2010,  con
cui erano state dichiarate inutilizzabili le dichiarazioni rese dagli
imputati Ciorra, Mancini, Di Troia e  Di  Gregori  nella  fase  delle
indagini preliminari. 
    Denunciato il duplice errore in  cui  sarebbe  incorsa  la  Corte
territoriale -  consistente  nella  non  corretta  individuazione  di
quanto avrebbe  costituito  oggetto  dell'effettiva  segretazione  da
parte del Presidente del Consiglio dei Ministri e nella non del tutto
corretta  lettura  della  pronuncia  delle  leggi  -  il  Procuratore
ricorrente deduceva: 
        1) violazione dell'art. 606, comma 1, lettera b)  ed  e)  del
c.p.p. in relazione agli artt. 41 della legge n. 124/2007, 202 e 546,
lett. E) c.p.p. 
    La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto  coperti  dal
segreto di Stato i rapporti tra SISMI e CIA eventualmente riguardanti
il sequestro in danno di Abu Omar. laddove, ad avviso del ricorrente,
comportamenti di collaborazione  al  sequestro  posti  in  essere  da
singoli funzionari del SISMI  non  avrebbero  potuto  esser  ritenuti
coperti dal segreto di Stato, dovendosi escludere, sulla  base  degli
atti di apposizione del segreto di Stato,  qualsiasi  responsabilita'
del Governo italiano e del SISMI in ordine al  sequestro.  e  che  si
fosse trattata di un'operazione congiunta SISMI/CIA; 
        2) violazione dell'art. 606, comma 1, lettera b)  ed  e)  del
c.p.p. in relazione agli artt.185, 191, 202, 546 lettera e) c.p.p.  e
41 della legge n, 124/2007. 
    Il ricorrente contestava alla Corte territoriale di aver  operato
molto   sommariamente   la   verifica,    demandata    dalla    Corte
costituzionale, ai sensi degli artt. 185 e 191 c.p.p., dell'incidenza
sul piano probatorio dell'annullamento di alcuni atti disposto  dalla
Corte costituzionale, pervenendo alla  conclusione  che  le  prove  a
carico degli agenti del SISMI sarebbero state coperte da un  "sipario
nero" impeditivo dell'accertamento di ogni responsabilita' penale; 
        3) violazione dell'art. 606, comma l, lettera b)  ed  e)  del
c.p.p. in relazione all'art. 41 della legge n.  124  del  2007,  185,
191, 202, 546. lett. e) e 586 c.p.p. 
    Per le stesse ragioni indicate nei primi due motivi  di  ricorso,
il  Procuratore  generale  ricorrente  si   doleva   della   ritenuta
inutilizzabilita'  delle  dichiarazioni,  asseritamente  di  sostanza
confessoria, rese nella fase delle indagini preliminari dagli  allora
indagati Mancini, Ciorra, Di Gregori e Di Troia. 
    La  sentenza   della   Corte   territoriale   veniva   impugnata,
limitatamente alla statuizione con la quale era stato  dichiarato  di
non doversi procedere nei confronti di Mancini, Pollari,  Ciorra,  Di
Troia e De Gregori per l'esistenza di un segreto di Stato, da  alcune
parti civili, sulla base di argomentazioni analoghe a  quelle  svolte
dal Procuratore generale. 
    In primo luogo  si  censurava  l'interpretazione  della  sentenza
della Corte costituzionale data dalla  Corte  territoriale,  ritenuta
contra  legem,  secondo  la  quale  sarebbe  ravvisabile  un'area  di
immunita' per gli agenti del SISMI che, invece, ad avviso delle parti
civili ricorrenti, non esisterebbe in ipotesi  di  partecipazione  ad
operazioni non assentite dai dirigenti del SISMI. 
    In secondo luogo ci si doleva dell'illogicita' della motivazione,
essendo il fatto contestato illegale, anche alla  stregua  di  quanto
risultante da deliberazioni di organismi internazionali. 
    In  terzo  luogo  si  denunciava   l'erroneita'   dell'inclusione
nell'ambito degli interna corporis  coperti  da  segreto  degli  atti
posti in essere dagli imputati in relazione al rapimento di Abu Omar. 
    In quarto luogo si  criticava  la  sentenza  impugnata  per  aver
erroneamente ritenuto coperte dal segreto di  Stato  molte  fonti  di
prova,  tra  cui  la  registrazione  del  colloquio  Mancini-Pignero,
laddove  si  sarebbe  trattato  di  conversazione  tra  due  soggetti
interagenti al  di  fuori  del  servizio  ed  in  relazione  a  fatti
costituenti reato. 
    Infine  si  censurava  la  mancata  valutazione,  nella  sentenza
impugnata, dell'idoneita' della rivelazione di  notizie  coperte  dal
segreto  di  Stato  a  ledere   l'integrita'   e   la   funzionalita'
dell'apparato di difesa dello  Stato,  anche  in  considerazione  del
fatto che le notizie divulgate sarebbero gia'  divenute  di  pubblico
dominio. 
    1.4 La Corte di cassazione, in accoglimento dei ricorsi  proposti
dal Procuratore generale e dalle parti civili,  con  la  sentenza  n.
46340/12, ha annullato  i  proscioglimenti  degli  imputati  Pollari,
Ciorra, Di Troia, Di Gregori e Mancini, nonche' le ordinanze del 22 e
26 ottobre 2010, con cui la Corte di Appello di Milano aveva ritenuto
l'inutilizzabilita' delle dichiarazioni rese  dagli  allora  indagati
Ciorra, Di Troia, Di Gregori e Mancini nel corso degli  interrogatori
cui era no stati sottoposti nella fase delle indagini preliminari. 
    La Corte di appello di  Milano  -  quale  giudice  cui  e'  stata
rinviata la causa dalla Suprema Corte - con ordinanza emessa in  data
28.1.2013 ha accolto la richiesta di  produzione  dei  verbali  degli
interrogatori resi dai  predetti  imputati,  avanzata  dalla  Procura
generale,  in  dichiarato  ossequio  alla  sentenza  della  Corte  di
cassazione denunciata con il presente ricorso, ammettendo altresi' la
produzione, da parte della difesa dell'imputato Mancini,  della  nota
dell'Agenzia  Informazioni  e  Sicurezza   Esterna   (A.I.S.E.)   del
25.1.2013. prot. n. 13631/2.2./4/GG. 02, recante la comunicazione  al
predetto  imputato  del  contenuto  della   nota   del   Dipartimento
Informazioni della sicurezza (D.I.S.). 
    Nella nota  da  ultimo  citata,  il  D.I.S.  rappresenta  che  il
Presidente del Consiglio  dei  Ministri  ha  rilevato  la  perdurante
vigenza  del  segreto  di  Stato,  cosi'  come  apposto,  opposto   e
confermato nel corso del procedimento penale  avente  ad  oggetto  il
fatto storico del sequestro di Abu Omar dai Presidenti del  Consiglio
dei Ministri pro tempore, su tutti gli aspetti attinenti a  qualsiasi
rapporto  intercorso  tra  servizi  di   intelligence   nazionali   e
stranieri, ancorche' in qualche modo collegati o collegabili  con  il
fatto storico costituito dal sequestro  in  questione,  nonche'  agli
interna corporis, intesi quali modalita' organizzative ed operative. 
    Nel corso dell'udienza del 4.2.2013 i  difensori  degli  imputati
Pollari, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori depositavano le note,
di identico contenuto, con le quali l'AISE aveva reso noto quanto  ad
essa rappresentato dal D.I.S. nella nota n. 0012634/5.2.5  (10)  D011
UCSE.GN inviata dal D.I.S. all'A.I.S.E. 
    In tale nota, ribadito quanto gia'  comunicato  con  la  nota  n.
0009378/5.2.5.(10).D0 l UCSEGN3 del 25.1.2013, in ordine alla vigenza
del segreto di Stato cosi come  apposto,  opposto  e  confermato  nel
procedimento concernente il fatto storico del sequestro di  Abu  Omar
dai Presidenti del Consiglio pro tempore, e' contenuto  l'invito  del
D.I.S. all'A.I.S.E. a  comunicare  agli  imputati  Pollari,  Mancini,
Ciorra, Di Troia e Di Gregori che  le  attivita'  del  personale  del
SISMI risultanti dagli atti ammessi nel procedimento, con l'ordinanza
emessa dalla Corte di appello di Milano in data  28.1.2013,  sono  da
ritenersi coperti dal segreto di Stato, anche in quanto  inquadrabili
nel contesto delle attivita' istituzionali del Servizio di  contrasto
al terrorismo internazionale di matrice  islamica,  tenuto  conto  di
quanto   statuito   dalla   sentenza   n.   106/2009   della    Corte
costituzionale. 
    I difensori degli imputati Pollari, Mancini, Ciorra, Di  Troia  e
Di Gregori opponevano il  segreto  di  Stato  sulle  fonti  di  prova
costituite dei verbali degli interrogatori resi dagli allora indagati
Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori, acquisiti in data  28.1.2013,
chiedendo che venisse interpellato il Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, ex art. 41 della legge n. 124/2007, ai fini della  conferma
del segreto di Stato. 
    La Corte d'appello di Milano, riservato al merito  l'esame  delle
questioni sollevate dagli imputati, invitava il Procuratore  generale
a concludere. 
    La sentenza della Corte di cassazione poc'anzi menzionata - nella
parte in cui ha annullato il proscioglimento degli imputati  Pollari,
Ciorra, Di Troia, Di Gregori e Mancini, per l'esistenza  del  segreto
di Stato, e le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 (con cui  la  Corte
di  Appello  di  Milano  aveva  ritenuto  l'inutilizzabilita'   delle
dichiarazioni rese dagli allora indagati Ciorra, Di Troia, Di Gregori
e Mancini nel corso degli interrogatori cui  erano  stati  sottoposti
nella fase delle indagini preliminari) -, l'ordinanza della Corte  di
appello di Milano del 28.1.2013, nella parte in  cui  ha  ammesso  la
produzione degli atti di cui era stata disposta  la  restituzione  al
p.g. dalla stessa Corte di appello con le  ordinanze  del  22  e  del
26.10.2010,  nonche'  l'ordinanza   con   cui   la   predetta   Corte
territoriale, in data 4.2.2013, ha omesso di dar corso all'interpello
del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai fini della conferma del
segreto di Stato opposto dagli imputati, ex art. 41  della  legge  n.
124/2007  risultano  gravemente   lesive   delle   attribuzioni   del
Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  quale  autorita'  preposta
all'apposizione, alla tutela ed alla conferma del segreto  di  Stato,
ai sensi dell'art. 1, comma  1,  lettere  b)  e  c)  della  legge  n.
124/2007. 
    Pertanto, con  il  presente  ricorso,  previa  deliberazione  del
Consiglio dei Ministri,  allegata,  adottata  in  data  8.2.2013,  si
solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello  Stato,  ai  sensi
degli artt. 37 e ss. della legge n.  87/1953,  per  violazione  degli
artt. 1, 5, 52, 94 e 95 della Costituzione e con riguardo agli  artt.
l, comma 1, lettere b) e c), 39, 40 (che  ha  sostituito  l'art.  202
c.p.p.) e 41 della legge n. 124/2007. 
 
                               Diritto 
 
    1.1  Sull'ammissibilita'   del   conflitto   sotto   il   profilo
soggettivo. 
    E'  pacifico  che  al  ricorrente  spetti  la  legittimazione   a
sollevare il presente conflitto quale potere dello Stato al  fine  di
difendere la propria  sfera  di  attribuzioni  costituzionali  (Corte
cost. sentenza n. 426/1997; Corte cost. sentenza n.  266/1998;  Corte
cost. sentenza n. 321/1997; Corte cost. sentenze nn.124 e 125/2007). 
    Quanto all'altre parti in conflitto (Corte di cassazione e  Corte
di appello di Milano), non puo' certo  mettersi  in  dubbio  la  loro
qualita'  di  organi  competenti  a  manifestare  definitivamente  la
volonta' del potere cui  appartengono  (il  potere  giudiziario),  ai
sensi dell'art. 37 della legge n. 87/1953,  in  considerazione  della
natura di suprema  istanza  di  controllo  della  legittimita'  delle
sentenze e dei provvedimenti incidenti sulla liberta'  personale  che
deve essere riconosciuta alla Corte di cassazione, ex art. 111, comma
2 della Costituzione, e della competenza della Corte  di  appello  ad
adottare provvedimenti istruttori idonei a diventare definitivi. 
    1.2 Sull'ammissibilita' del conflitto sotto il profilo oggettivo. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  rivendica,  con  il
presente atto, l'integrita' delle proprie attribuzioni costituzionali
nell'esercizio  dell'attivita'  politica  volta  alla  tutela   della
sicurezza dello Stato - che, in relazione al caso di  specie,  si  e'
concretata nell'apposizione del segreto di  Stato  e  nella  conferma
dello stesso con riferimento ai rapporti tra i Servizi italiani e  la
CIA nonche' agli interna corporis del Servizio, anche  in  ordine  al
fatto storico del sequestro di Abu Omar  -  attribuzioni  lese  dalla
sentenza della Corte di cassazione in  questione  e  dalle  ordinanze
emesse dalla Corte di appello di Milano, in  dichiarata  ottemperanza
alla  predetta  sentenza,  denunciate  in  questa  sede,  che   hanno
sostanzialmente vanificato il  riconoscimento  della  sussistenza  di
tate segreto da parte di codesta Corte nella sentenza n. 106/2009. 
    2 Nel merito: violazione degli artt. 1, 5,  52,  94  e  95  della
Costituzione in relazione all'art. 1, comma 1, lettere b) e  c),  39,
40 (che ha  sostituito  l'art.  202  c.p.p.)  e  41  della  legge  n.
124/2007. 
    2.1 Codesta Corte ha costantemente  fondato,  fin  dalla  storica
sentenza n. 86/1977. la legittimita' costituzionale dell'istituto del
segreto di Stato sulla sua preordinazione  alla  tutela  dei  supremi
valori dell'esistenza, dell'integrita'  e  dell'essenza  dello  Stato
democratico, valori posti al vertice di quelli su cui poggia la salus
reipublicae. 
    E' proprio il livello supremo di tali valori, tutelabili  con  il
presidio del segreto di Stato, a giustificare la resistenza  di  tale
presidio anche rispetto ad altri valori, funzioni ed  interessi,  pur
costituzionalmente tutelati, quali il valore  della  giustizia  e  la
funzione giurisdizionale. 
    Nella  storica  decisione  poc'anzi  citata,  codesta  Corte   ha
individuato nel Presidente del Consiglio dei Ministri,  quale  organo
responsabile della politica generale del Governo, ai sensi  dell'art.
95 della Costituzione, il titolare del potere di segretazione, potere
di natura squisitamente politica,  il  cui  esercizio  non  puo'  non
soggiacere all'esclusivo controllo parlamentare  (ex  art.  94  della
Costituzione), dinanzi al quale il Governo, e per esso il  Presidente
del Consiglio dei Ministri, e' politicamente responsabile. 
    La strumentalita' dell'esercizio di tale potere  di  segretazione
alla tutela  dei  supremi  valori  in  questione  ben  giustifica  il
principio, anch'esso affermato nella poc'anzi citata sentenza,  della
non segretabilita' di fatti eversivi dell'ordine costituzionale. 
    Il Parlamento italiano, con la legge n. 801/1977 prima, e con  la
legge n. 124/2007, in puntuale sintonia con l'insegnamento di codesta
Corte costituzionale ha riformato la disciplina dei Servizi. 
    In  particolare  l'art.  1,  comma  l  della  legge  n.  124/2007
attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri l'alta direzione
e la responsabilita' generale della politica dell'informazione per la
sicurezza, nell'interesse e per la difesa della  Repubblica  e  delle
istituzioni democratiche poste dalla Costituzione  a  suo  fondamento
(lettera a); l'apposizione e la tutela del segreto di Stato  (lettera
b),  nonche'  la  conferma  dell'opposizione  del  segreto  di  Stato
(lettera c). 
    L'art. 39 della legge n. 124/2007 delimita l'area degli atti, dei
documenti, delle notizie,  delle  attivita'  coperti  da  segreto  di
Stato. L'art. 40 della stessa legge, che sostituisce l'art.  202  del
c.p.p., disciplina la tutela del segreto di Stato  sul  versante  del
processo  penale,  imponendo  ai  pubblici  ufficiali,  ai   pubblici
impiegati ed agli incaricati di un pubblico servizio di astenersi dal
deporre su fatti coperti dal segreto  di  Stato  (comma  1);  facendo
obbligo all'autorita' giudiziaria dinanzi alla quale  venga  opposto,
da parte di un testimone,  un  segreto  di  Stato  di  informarne  il
Presidente del Consiglio dei Ministri,  sospendendo  ogni  iniziativa
volta all'acquisizione della notizia oggetto del segreto  (comma  2);
disciplinando  la  procedura  preordinata  ad  acquisire  l'eventuale
conferma del segreto di Stato da parte del Presidente  del  Consiglio
dei Ministri e le conseguenze di  siffatta  conferma,  nel  senso  di
prevedere che, laddove la conoscenza di quanto coperto dal segreto di
Stato sia essenziale per la definizione del processo, il giudice deve
dichiarare non doversi  procedere  per  l'esistenza  del  segreto  di
Stato,   consentendo   all'autorita'   giudiziaria    di    procedere
esclusivamente in base ad elementi autonomi dagli atti,  documenti  e
cose coperti da segreto (commi 3, 4, 5 e 6). 
    L'art. 41 vieta ai pubblici ufficiali, ai pubblici  impiegati  ed
agli incaricati di pubblico servizio di  riferire  riguardo  a  fatti
coperti dal segreto  di  Stato,  ribadendo  l'obbligo  dell'autorita'
giudiziaria, dinanzi alla quale, nel corso di un processo penale, sia
stato opposto il segreto di Stato, di informarne  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri (comma 1); prevede che, qualora il  Presidente
del Consiglio abbia confermato l'esistenza del segreto di Stato e  la
conoscenza di quanto coperto dal segreto risulti  essenziale  per  la
definizione del processo, il giudice dichiari non  doversi  procedere
per l'esistenza del segreto di Stato (comma 3), essendo inibito  alla
predetta autorita' l'acquisizione ed utilizzazione, anche  indiretta,
delle notizie coperte dal segreto (comma 5),  salva  la  possibilita'
per l'autorita' giudiziaria  di  procedere  sulla  base  di  elementi
autonomi e indipendenti dagli atti,  documenti  e  cose  coperti  dal
segreto (comma 6). 
    2.2 Ricostruito sinteticamente il quadro giuridico  rilevante  ai
fini della corretta delimitazione della  sfera  di  attribuzioni  del
Presidente del Consiglio dei Ministri, quale autorita' preposta  alla
tutela del segreto di Stato, ci si potra' accingere  ad  approfondire
l'esame delle argomentazioni svolte dalla Suprema  Corte  a  sostegno
della statuizione impugnata con il presente ricorso. 
    La  Corte  di  cassazione,  a  pagina  121  della  sentenza,  nel
riportare il contenuto della direttiva del 30  luglio  1985,  nonche'
delle note 11 novembre 2005, 26 luglio 2006, 15 novembre  2008  della
Presidenza del Consiglio dei  Ministri,  afferma  correttamente  che,
come e' stato riconosciuto anche da codesta Corte nella  sentenza  n.
106/2009, il segreto di Stato e' stato apposto su documenti e notizie
riguardanti i rapporti tra  Servizi  italiani  e  stranieri  e  sugli
interna corporis del  Servizio,  ovvero  sulla  organizzazione  dello
stesso e sulle direttive impartite dal direttore dei  Servizi,  anche
se relative alla vicenda delle renditions  e  del  sequestro  di  Abu
Omar. 
    Ma, a differenza di quanto opina la Suprema Corte, dai  documenti
poc'anzi citati non e'  affatto  lecito  desumere  che  l'ambito  del
segreto di Stato apposto dal Presidente del  Consiglio  dei  Ministri
sia limitato ai  rapporti  tra  Servizi  che  si  siano  estrinsecati
nell'organizzazione e nella realizzazione di operazioni comuni. 
    Ne' a tale conclusione e'  possibile  pervenire  valorizzando  la
circostanza risultante dalla nota dell'11 novembre 2005, vale a  dire
quella dell'assoluta estraneita' del Governo italiano e del  Servizio
al sequestro di Abu Omar. 
    In  realta'  non  e'  chi  non  veda  la  contraddittorieta'  del
ragionamento  svolto  dalla  Suprema  Corte,  che  da  un  canto   ha
richiamato integralmente la sentenza n. 106/2009 di codesta  Corte  -
che, nel paragrafo 9.1 del "Considerato in diritto" ha  correttamente
riferito il segreto di Stato ai rapporti tra SISMI  e  CIA  anche  se
relativi  a  extraordinary  renditions   -   e   d'altro   canto   ha
arbitrariamente limitato l'ambito di operativita' di tale segreto  ai
soli  rapporti  tra  Servizi  che   si   siano   estrinsecati   nella
partecipazione  ad  operazioni  gestite  da   entrambe   i   Servizi,
legittimamente approvate dai vertici del Servizio italiano. 
    L'arbitrarieta' di tale ricostruzione, destinata a comportare una
indebita. grave restrizione dell'ambito di operativita'  del  segreto
di Stato apposto dal Presidente del Consiglio dei  Ministri,  ridonda
in un'evidente lesione della sfera di attribuzioni  di  quest'ultimo,
risolvendosi   in   un'inammissibile   sostituzione    dell'autorita'
giudiziaria all'autorita' politica nella concreta  determinazione  di
cio' che costituisce oggetto del segreto di Stato in  relazione  alla
vicenda del sequestro di Abu Omar. 
    Come si e' gia' avuto modo di osservare in sede di  ricostruzione
del quadro normativo che disciplina l'istituto del segreto di  Stato,
e' solo al Presidente del Consiglio dei Ministri,  suprema  autorita'
cui spetta la direzione  politica  dello  Stato  (ex  art.  95  della
Costituzione) - di cui l'alta direzione e la responsabilita' generale
della politica dell'informazione per la sicurezza,  nell'interesse  e
per la difesa della Repubblica, ex art. 1, comma 1, lettera a)  della
legge n. 124/2007, costituisce una fondamentale articolazione  -  che
spetta la determinazione, in concreto,  dell'ambito  di  operativita'
del segreto di Stato, in conformita' al  disposto  dell'art.39  della
legge n. 124/2007. 
    2.3 L'annullamento della statuizione con cui la Corte di  appello
di Milano  aveva  dichiarato  l'improcedibilita'  dell'azione  penale
esercitata nei confronti degli imputati italiani che avevano  opposto
il segreto di Stato, nonche' delle ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010
con  cui   la   Corte   di   Appello   di   Milano   aveva   ritenuto
rinutilizzabilita' delle dichiarazioni  rese  dagli  allora  indagati
Mancini, Ciorra, Di Troia e Di  Gregori  nella  fase  delle  indagini
preliminari, nonostante il segreto di Stato opposto dagli imputati in
dibattimento fosse stato ritualmente confermato  dal  Presidente  del
Consiglio dei Ministri- cui ha  fatto  seguito  remissione  da  parte
della Corte di appello di Milano, in data  28.1.2013,  dell'ordinanza
con cui e' stata ammessa  la  produzione  di  siffatte  dichiarazioni
chiesta dalla Procura generale- risulta lesiva delle prerogative  del
Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  anche  sotto  un  ulteriore
profilo. 
    L'arbitraria esclusione dall'ambito di operativita'  del  segreto
di Stato dei rapporti tra il Servizio italiano  e  la  CIA,  e  delle
direttive impartite dal  direttore  del  SISMI  in  ordine  al  fatto
storico del sequestro di Abu Omar, ha  obiettivamente  vanificato  la
conferma  del  segreto  di  Stato,  nei  termini  in  cui  e'   stato
esattamente ricostruito da codesta Corte nella sentenza n.  106/2009,
il cui esito obbligato, laddove risulti  essenziale,  ai  fini  della
definizione  del  processo,  la  conoscenza  di  quanto  coperto  dal
segreto,  non  puo'  che  essere  la  dichiarazione  di  non  doversi
procedere per l'esistenza del segreto di Stato, a norma del combinato
disposto dell'art. 202, comma 3, c.p.p. (come sostituto dall'art.  40
della legge n. 124/2007) e dell'art.  41,  comma  3  della  legge  n.
124/2007. Cio' in ragione della preclusione  della  possibilita'  che
l'autorita' giudiziaria acquisisca ed utilizzi, anche indirettamente,
le notizie coperte dal  segreto,  in  forza  del  combinato  disposto
dell'art. 40, comma 5  e  dell'art.  41,  comma  5,  della  legge  n.
124/2007. 
    Con specifico riguardo alle ordinanze del 22 e del 26 ottobre del
2010 della Corte di appello di Milano, non e' corretta l'affermazione
contenuta  nell'ordinanza  del  28.1.2013,  secondo   la   quale   la
restituzione dei  verbali  relativi  agli  interrogatori  resi  dagli
indagati in sede di indagini preliminari sarebbe stata  disposta  sul
presupposto della loro irrilevanza ai fini del decidere. 
    In  realta'  in  entrambe  tali  ordinanze  emesse  dalla   Corte
d'appello milanese si ritiene  I'irrilevanza  ai  fini  del  decidere
delle sole circostanze di fatto  che  non  siano  anche  coperte  dal
segreto di Stato nei termini che, nel  caso  specifico,  erano  stati
confermati dal Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  (segreto  di
Stato esteso non solo ai rapporti tra Servizi stranieri ed  italiani,
ma anche alle direttive ed agli ordini impartiti  dal  Direttore  del
Servizio agli appartenenti al medesimo organismo, anche nel  caso  in
cui tali direttive ed ordini risultassero collegati in  qualche  modo
al fatto storico del sequestro di Abu Omar). 
    La conferma del segreto di Stato, con  specifico  riferimento  ai
rapporti  tra  servizi  d'informazione  italiani  e  stranieri,  agli
assetti organizzativi del SISMI, alle qualifiche  ed  agli  incarichi
ricoperti dai suoi dirigenti, ai rapporti dei  dipendenti  del  SISMI
con soggetti esterni al servizio, alle modalita'  ed  agli  obiettivi
operativi, nonche' al contenuto dei rapporti con  informatori  ed  ai
criteri di gestione degli stessi, veniva ribadita dal Presidente  del
Consiglio dei Ministri (con nota n. 52280/181.6/2/07. IX.  I  del  22
dicembre 2009), a seguito dell'interpello formulato dal g.u.p. c/o il
Tribunale di Milano - nel corso dell'udienza del 22.12.2009, relativa
al procedimento penale a carico di Bernardini  Marco  ed  altri  -  a
seguito dell'opposizione del segreto di Stato da parte  dell'imputato
Mancini Marco. 
    Inoltre la vigenza del segreto di Stato nei termini suindicati e'
stata da ultimo rilevata dal Presidente del  Consiglio  dei  Ministri
attualmente in carica, come risulta dalla nota dell'A.I.S.E, prodotta
dalla  difesa  dell'imputato  Mancini,  nel  corso  dell'udienza  del
28.1.2013, nonche' nelle successive note dell'A.I.S.E.  prodotte  dai
difensori degli imputati Pollari, Mancini,  Ciorra,  Di  Troia  e  Di
Gregori nel corso dell'udienza del 4.2.2013. 
    2.4 La sentenza della  Corte  di  cassazione  appare  censurabile
anche nella parte  in  cui,  in  adesione  alla  tesi  sostenuta  dal
Procuratore generale, si afferma la tardivita'  dell'apposizione  del
segreto di Stato con riferimento agli atti assunti  ed  ai  documenti
acquisiti nel procedimento avente ad  oggetto  il  sequestro  di  Abu
Omar. 
    Tale assunto e' palesemente contrastante con quanto affermato  da
codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 106/2009. 
    Nel paragrafo 12.3 del "Considerato in  diritto"  della  predetta
sentenza codesta Corte ha recisamente escluso  che,  con  riferimento
alla vicenda del sequestro  di  Abu  Omar,  fosse  stato  violato  il
principio dell'anteriorita' della segretazione. 
    A differenza di quanto  ritenuto  dalla  Corte  di  cassazione  a
proposito   dell'impossibilita'   di   ritenere   la    tempestivita'
dell'apposizione del segreto in virtu' della direttiva del 30.7.1985,
codesta Corte ha espressamente valorizzato tale  direttiva  in  forza
della quale, fin dalla data  della  sua  emanazione,  dovevano  esser
ritenute coperte da segreto di Stato, ai  sensi  dell'art.  12  della
legge n. 801/1977, allora vigente,  oltre  alle  operazioni  ed  alle
attivita' informative proprie dei Servizi segreti, anche le relazioni
con organi informativi di altri Stati. 
    Inoltre  codesta  Corte  ha   correttamente   rilevato   che   la
tempestivita' dell'apposizione del segreto di Stato su tutto cio' che
attiene a tali relazioni e' dimostrata dal fatto che gia' con la nota
dell'11.11.2005 il Presidente  del  Consiglio  aveva  manifestato  la
necessita'  di  assicurare,  anche  in  relazione  alla  vicenda  del
sequestro di Abu  Omar,  il  massimo  riserbo  su  qualsiasi  aspetto
riferito ai rapporti tra il Servizio italiano e quelli stranieri. 
    2.5  La  sentenza  della  Corte  di  cassazione  ha   palesemente
stravolto il senso della  sentenza  n.  106/2009  di  codesta  Corte,
avendo rinvenuto in tale arresto  l'affermazione  del  principio  che
qualora, come nel caso di specie, i soggetti  tenuti  all'opposizione
del   segreto   di   Stato   lo   abbiano   opposto   successivamente
all'acquisizione da parte dell'autorita'  giudiziaria  delle  notizie
coperte da tale segreto, gli atti gia' legittimamente  acquisiti  non
sarebbero   inutilizzabili,   salva   la   necessita'   di   adottare
accorgimenti per le cadenze successive del processo atte ad  impedire
la ulteriore divulgazione del segreto,  quando  questa  possa  essere
ancora dannosa per gli interessi protetti. 
    Codesta Corte, nel paragrafo 8.4 del "Considerato in diritto", in
realta'  si   e'   limitata   a   chiarire   che   la   comunicazione
dell'opposizione del segreto  di  Stato  sulle  parti  obliterate  di
alcuni   documenti,    precedentemente    acquisiti    dall'autorita'
giudiziaria, non comporta "...retroattiva demolizione  dell'attivita'
di indagine gia' compiuta sulla base  della  precedente  e  legittima
acquisizione    degli    stessi...",    rilevando,     peraltro     e
significativamente, che l'opposizione del segreto  di  Stato,  seppur
successiva all'acquisizione di documenti ovvero di altri elementi  di
prova, non puo' neppure essere indifferente rispetto  alle  ulteriori
attivita' dell'autorita' giudiziaria, requirente e giudicante, ed  in
relazione alle cadenze processuali imposte dal rito penale. 
    Conseguentemente codesta Corte, a differenza di  quanto  ritenuto
dalla  Corte  di  cassazione,  ha  ritenuto  l'inutilizzabilita'  dei
documenti  acquisiti  dall'autorita'  giudiziaria   all'esito   della
perquisizione  eseguita  il  5.7.2006,  e  successivamente  trasmessi
all'autorita' giudiziaria con  parziali  omissioni  relative  a  dati
coperti da segreto di Stato, dichiarando che non spettava al pubblico
ministero milanese ed al g.u.p. c/o il Tribunale di Milano porre tali
documenti a fondamento, rispettivamente, della richiesta di rinvio  a
giudizio e del decreto che dispone il giudizio,  ed  annullando,  per
l'effetto, tali atti processuali nelle corrispondenti parti (cfr.  il
dispositivo della sentenza n. 106/2009 della Corte costituzionale). 
    L'infondatezza dell'assunto della Corte di cassazione, secondo il
quale la legittimita' delle modalita' di acquisizione di un  elemento
di prova comporta  necessariamente  la  piena  utilizzabilita'  dello
stesso, ancorche' si tratti di un elemento  coperto  dal  segreto  di
Stato, risulta anche da un altro passaggio della sentenza n. 106/2009
di codesta Corte costituzionale. 
    Nel paragrafo 10 del "Considerato in diritto", nell'affrontare la
questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei  Ministri,  che,
nel ricorso per conflitto  di  attribuzione  proposto  nei  confronti
della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, si  era
doluto  della  lesione  delle  proprie   prerogative   costituzionali
determinata  dalle   intercettazioni   "a   tappeto"   delle   utenze
telefoniche intestate al SISMI, disposta  dall'autorita'  giudiziaria
milanese,  si  afferma  chiaramente  la  legittimita'   di   siffatte
intercettazioni, non essendo stato preventivamente apposto il segreto
di Stato, anche in ragione dell'inesistenza di un divieto ex lege  di
intercettazione delle comunicazioni intervenute su utenze telefoniche
in uso a soggetti appartenenti ai Servizi. 
    Conseguentemente si esclude che la mera circostanza che  siffatte
intercettazioni fossero state  disposte  ridondasse  in  una  lesione
delle prerogative costituzionali del Presidente del  Consiglio.  Cio'
non toglie, pero', che  in  termini  diversi  si  pone  la  questione
"...della concreta utilizzabilita' processuale  del  contenuto  delle
intercettazioni  disposte  dagli  inquirenti,  Sotto  tale   distinto
profilo,  l'Autorita'  giudiziaria  non  potra'  comunque   porre   a
fondamento delle  sue  determinazioni,  in  qualsiasi  momento  della
scansione processuale, elementi conoscitivi che  dovessero  risultare
coperti dal segreto di Stato, se e nella parte in  cui  eventualmente
investano, direttamente od  indirettamente,  proprio  il  tema  delle
relazioni intercorse tra i Servizi di intelligence italiano e  quelli
stranieri.Cio' in riferimento al principio, gia' affermato da  questa
Corte secondo il quale il segreto  di  Stato  ritualmente  opposto  o
confermato  legittimamente  funge,  nei  singoli  casi  concreti   da
sbarramento  al  potere  giurisdizionale,  nel  senso   di   "inibire
all'Autorita'  giudiziaria  di  acquisire   e   conseguentemente   di
utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal  segreto
(gia' citata sentenza n. 110/1998)." 
    L'evidente scostamento della sentenza della Corte  di  cassazione
denunciata con  il  presente  ricorso  rispetto  all'insegnamento  di
codesta Corte comporta una lesione delle prerogative  del  Presidente
del Consiglio  dei  Ministri.  mantenendo  all'interno  del  circuito
divulgativo del processo documenti in relazione ai  quali  era  stato
opposto e confermato il segreto di Stato. 
    2.6 La sentenza in questione non puo'  non  essere  stigmatizzata
anche  nella  parte   in   cui   limita   l'inutilizzabilita'   delle
testimonianze, delle dichiarazioni e degli altri  elementi  di  prova
concernenti  l'organizzazione  del  Servizio,  nonche'  le  direttive
impartite dal suo Direttore alle parti che attengano  strettamente  a
tali  profili,  salva  l'utilizzabilita'  degli  elementi  di   prova
concernenti attivita' e condotte  anche  di  agenti  di  servizi  che
abbiano agito  a  titolo  individuale,  al  di  fuori  di  operazioni
riconducibili al SISMI. 
    E' evidente l'erroneita' di  tale  assunto,  che  costituisce  la
logica  conseguenza  della  tesi  secondo  la  quale,  nella  vicenda
relativa al sequestro Abu Omar, il Presidente del  Consiglio  avrebbe
apposto il segreto di Stato solo sui rapporti tra Servizio italiano e
CIA,  nonche'  sugli  interna  corporis  del  Servizio  relativi   ad
operazioni approvate da quest'ultimo. 
    Il potere ricorrente richiama integralmente  la  confutazione  di
tale tesi gia'  operata  precedentemente,  denunciando  la  lesivita'
delle    proprie     attribuzioni     costituzionali     dell'assunto
dell'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  concernenti  gli  interna
corporis del Servizio ancorche' aventi tratto alla vicenda in  esame,
nelle parti non  concernenti  operazioni  debitamente  approvate  dal
Servizio. 
    2.7.   E'evidente   che   la   lesivita'    delle    attribuzioni
costituzionali del Presidente del Consiglio dei Ministri, che connota
la sentenza n. 46340/12 della Suprema Corte, non puo' non  comportare
la necessita' di denunciare che le  prerogative  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri sono state lese  anche  dall'ordinanza  emessa
dalla Corte di appello di Milano, in  data  28.1.2013,  con  cui  era
stata  accolta  la  richiesta  di  produzione   dei   verbali   degli
interrogatori resi dagli allora indagati Mancini, Ciorra, Di Troia  e
Di Gregorio, avanzata dalla Procura generale, in dichiarato  ossequio
alla sentenza della Corte di  cassazione,  trattandosi  di  fonti  di
prova certamente coperte dal segreto di Stato. 
    2.8. Non puo' essere sottaciuto, inoltre, che  la  lesione  delle
attribuzioni costituzionali del Presidente del Consiglio dei Ministri
e' stata ulteriormente aggravata dalla Corte di  appello  di  Milano,
con l'ordinanza emessa in data 4.2.2013, con cui non si e' dato corso
all'interpello del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  ai  fini
della conferma del segreto di Stato opposto  dagli  imputati  Pollari
Mancini, Ciorra,  Di  Troia  e  Di  Gregori,  in  patente  violazione
dell'art. 41  della  legge  n.  124/2007,  che  impone  all'autorita'
giudiziaria, in caso di opposizione del segreto di Stato, di chiedere
al Presidente del Consiglio dei Ministri conferma  dell'esistenza  di
tale segreto  sospendendo  ogni  iniziativa  volta  ad  acquisire  la
notizia oggetto del segreto. 
    Con  tale  ordinanza,  lungi  dall'aver  osservato  il   disposto
dell'art. 41 della  legge  n.  124/2007,  la  Corte  di  appello,  ha
consentito al Procuratore generale di svolgere la sua requisitoria  -
ripresa ampiamente dai mass media - utilizzando ampiamente  fonti  di
prova coperte dal segreto di Stato 
    3.1. Istanza di sospensiva. 
    Non e' chi non veda la gravita' delle conseguenze derivanti dalla
sentenza n.  46340/12  emessa  dalla  Suprema  Corte,  nonche'  dalle
ordinanze del 23.1.2013 e del 4.2.2013  della  Corte  di  appello  di
Milano denunciate in questa sede, ove si  consideri  che  l'ulteriore
prosecuzione del giudizio di  rinvio  dinanzi  a  quest'ultima  -  in
ragione della presenza nel  fascicolo  del  dibattimento  di  atti  e
documenti pacificamente coperti dal segreto di Stato  -  comporta  il
protrarsi dell'indebita pubblicita' delle informazioni  contenute  in
tali fonti di prova per effetto della loro  immissione  nel  circuito
divulgativo  del  processo  e,  conseguentemente,   dell'informazione
veicolata dai mass media, determinando l'aggravamento  della  lesione
delle attribuzioni costituzionali del Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, gia' consumata mediante l'adozione provvedimenti denunciati
in questa sede. 
    L'esigenza  di  evitare  l'aggravamento   della   lesione   delle
attribuzioni costituzionali del Presidente del Consiglio dei Ministri
impone la sospensione dell'efficacia dei provvedimenti de quibus e la
conseguente sospensione  del  processo  penale  attualmente  pendente
dinanzi alla Corte di appello di Milano, fino  alla  definizione  del
giudizio introdotto con il presente ricorso. 
    Per le suesposte considerazioni il ricorrente 
 
                               P.Q.M. 
 
    Chiede che la Corte costituzionale 
        A) dichiari che non spetta alla  Suprema  Corte  annullare  i
proscioglimenti degli imputati Pollari, Ciorra, Di Troia, Di  Gregori
e Mancini, nonche' le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 (con cui  la
Corte di Appello di Milano aveva ritenuto  l'inutilizzabilita'  delle
dichiarazioni  rese  dagli  indagati  nella   fase   delle   indagini
preliminari) sul presupposto che il  segreto  di  Stato  apposto  dal
Presidente del Consiglio dei Ministri, in relazione alla vicenda  del
sequestro di Abu Omar, concernerebbe solo  i  rapporti  tra  Servizio
italiano e ClA, nonche' gli interna  corporis  che  hanno  tratto  ad
operazioni autorizzate dal Servizio, e non anche quelli che attengono
comunque al fatto storico del sequestro in questione. e  che  sarebbe
tutt'ora  utilizzabile  la  documentazione  legittimamente  acquisita
dall'autorita' giudiziaria, nel  corso  del  procedimento  avente  ad
oggetto  il  sequestro  in   questione,   sulla   quale   era   stato
successivamente opposto il segreto di Stato; 
        B) dichiari che non spetta alla Corte d'appello di Milano ne'
ammettere la produzione da parte della Procura generale  dei  verbali
relativi agli interrogatori resi  dagli  allora  indagati  nel  corso
delle indagini preliminari Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori  di
cui era stata disposta la restituzione al p.g. da parte della  stessa
Corte di Appello con ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010, ne' omettere
l'interpello del Presidente del Consiglio dei Ministri ai fini  della
conferma  del  segreto  di  Stato  opposto  dagli  imputati  Pollari,
Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori  nel  corso  dell'udienza  del
4.2.2013,   invitando   il   Procuratore   generale   a   concludere,
consentendogli  in  tal  modo  di  svolgere   la   sua   requisitoria
utilizzando fonti di prova coperte dal segreto di Stato; 
        C) annulli - previa sospensione dell'efficacia della sentenza
n. 4630/12 della Suprema Corte, nella parte in  cui  ha  annullato  i
proscioglimenti degli imputati Pollari, Ciorra, Di Troia, Di  Gregori
e Mancini, nonche' le ordinanze del 22 e 26 ottobre 2010 (con cui  la
Corte di Appello di Milano aveva ritenuto  l'inutilizzabilita'  delle
dichiarazioni  rese  dagli  indagati  nella   fase   delle   indagini
preliminari)  e   conseguente   sospensione   del   processo   penale
attualmente pendente dinanzi alla Corte  di  appello  di  Milano-  la
predetta sentenza della Suprema Corte; 
        D) annulli - previa sospensione dell'efficacia dell'ordinanza
emessa dalla Corte di appello di' Milano del 28.1.2013,  nella  parte
in  cui  ha  ammesso  la  produzione  dei   verbali   relativi   alle
dichiarazioni rese dagli indagati Mancini,  Ciorra,  Di  Troia  e  Di
Gregori, nella fase delle indagini  preliminari,  di  cui  era  stata
disposta la restituzione alla Procura Generale con le  ordinanze  del
22 e 26 ottobre 2010, e dell'ordinanza emessa in data  4.2.2013,  con
cui e' stato omesso l'interpello del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri ai fini della conferma del segreto di  Stato  opposto  dagli
imputati Pollai, Mancini, Ciorra, Di Troia e Di Gregori, invitando il
Procuratore generale a  concludere,  e  conseguente  sospensione  del
processo penale attualmente pendente dinanzi alla Corte di appello di
Milano - le ordinanze de quibus. 
    Allegati come da separato indice. 
        Roma, 9 febbraio 2013 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Giannuzzi 
 
Avvertenza: 
    L'ammissibilita' del  presente  conflitto  e'  stata  decisa  con
ordinanza n. 69/2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª  s.s.,
n. 16 del 17 aprile 2013.