N. 61 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 maggio 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 14 maggio  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia e urbanistica - Edilizia residenziale pubblica - Norme della
  Regione  Valle  d'Aosta  -  Assegnazione  di  alloggi  di  edilizia
  residenziale pubblica - Requisiti - Residenza di almeno  otto  anni
  nella Regione, maturati anche non consecutivamente  -  Ricorso  del
  Governo - Denunciata violazione del principio di uguaglianza  sotto
  il  profilo  dell'irragionevolezza   -   Violazione   di   obblighi
  internazionali derivanti dalla normativa comunitaria. 
- Legge della Regione Valle d'Aosta 13 febbraio 2013, n. 3, art.  19,
  comma 1, lett. b). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, primo comma;  decreto  legislativo  25
  luglio 1998, n. 286, art. 70, comma 6; direttiva 109/2003/CE del 25
  novembre  2003,  art.  11,  comma  1,  lett.   f);   Trattato   sul
  Funzionamento dell'Unione Europea, art. 21, n. 1. 
(GU n.23 del 5-6-2013 )
    Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188230587) rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato  (C.F.  80224030587),  presso  i  cui  uffici   e'   legalmente
domiciliato in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12,  Fax  0696514000  -
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, nei confronti della Regione Valle
d'Aosta, in persona del Presidente della Giunta regionale  p.t.,  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge Regione
Valle d'Aosta n. 3 del 13 febbraio 2013, pubblicata nel B.U.R. n.  11
del 12 marzo 2013, recante  «Disposizioni  in  materia  di  politiche
abitative», quanto al suo: 
        art. 19,  comma  1,  lettera  b),  rubricato  «Requisiti  per
l'accesso all'edilizia residenziale pubblica», ove si prevede che: 
    «1. I concorrenti all'assegnazione di  un  alloggio  di  edilizia
residenziale pubblica devono possedere, alla  data  di  pubblicazione
del bando  e  fino  al  momento  dell'assegnazione  dell'alloggio,  i
seguenti requisiti: 
        [...]; 
        b) residenza nella Regione  da  almeno  otto  anni,  maturati
anche non consecutivamente». 
    Le disposizioni riportate in epigrafe vengono  impugnate,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 18 aprile  2013,  perche'
in contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 3 della Costituzione. 
    1. Con la legge in epigrafe indicata, la Regione Valle d'Aosta si
propone di dare soluzione adeguata al sentito problema dell'emergenza
abitativa, prevedendo interventi di sostegno, finanziati con fondi di
natura per lo  piu'  pubblica,  in  favore  di  categorie  sociali  -
indicate nell'art. 2, comma 2, lettera d)  stessa  legge  -  ritenute
meritevoli di maggior aiuto in ragione della peculiare situazione  di
disagio  in  cui  versano:  anziani,  soggetti  diversamente   abili,
immigrati etc. 
    In  questo  quadro,  la  Regione,  tra  le  varie  categorie   di
interventi,  ha  previsto  la  realizzazione  della  c.d.   «Edilizia
residenziale pubblica», dalla stessa legge definita, all'art. 8 comma
1,  come  «il  patrimonio  immobiliare  realizzato  con  il  concorso
finanziario di enti pubblici e costituito da abitazioni  destinate  a
ridurre il disagio abitativo dei nuclei familiari  che  non  sono  in
grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato». 
    E' palese come, nell'intenzione del legislatore regionale,  l'ERP
debba corrispondere ad esigenze abitative primarie, essendo destinata
a sopperire a «situazioni di disagio» (art. 8) ovvero addirittura  di
«emergenza abitativa» (art. 13, comma 5, lettera a), il cui onere  e'
sostanzialmente posto ad integrale carico della Regione, anche se non
coperto unicamente con risorse di provenienza regionale. 
    A fronte di un «servizio sociale»,  di  natura  gratuita  per  il
fruitore, e'  chiaro  che  la  Regione  possa  prevedere  determinati
criteri di accesso per l'assegnazione  dei  beni  facenti  parte  del
patrimonio abitativo regionale in esame. 
    L'art. 19 disciplina i requisiti richiesti a tal fine. 
    2) Il comma 1, lettera b dell'art. 19 dispone che  i  concorrenti
devono possedere la «residenza nella Regione  da  almeno  otto  anni,
maturati anche non consecutivamente». 
    Tale    disposizione    presenta     rilevanti     profili     di
incostituzionalita', in quanto, nel prevedere un requisito  temporale
di residenza nella Regione Valle d'Aosta cosi'  prolungato  -  almeno
otto anni - si pone  in  contrasto  con  il  disposto  dell'art.  21,
paragrafo 1 TFUE,  in  materia  di  liberta'  di  circolazione  e  di
soggiorno, oltre ad  eccedere  il  limite  della  ragionevolezza  che
presiede l'attivita' legislativa. 
    Se  e'  vero  infatti  che  la  ratio  legislativa  sottesa  alla
previsione  di  tale   requisito   e'   quella   di   evitare   abusi
nell'erogazione di un servizio sociale, ed impedire l'accesso all'ERP
a soggetti non connotati da un legame  stabile  con  la  Regione  con
ingiustificato dispendio di risorse, non puo', sotto  altro  profilo,
non evidenziarsi come  il  tempo  di  radicamento  sul  territorio  -
elemento  costitutivo  del  diritto  all'assegnazione  della  casa  -
richiesto dalla norma  sembri  eccedere  il  quantum  ragionevolmente
necessario a stabilire il citato collegamento tra il  richiedente  il
contributo e l'ente competente alla sua erogazione. 
    Sul punto, la Corte di Giustizia ha avuto modo di  chiarire  che,
in siffatte ipotesi, la previsione del collegamento  territoriale  e'
legittima  nella  misura  in  cui   sia   necessaria   a   preservare
l'equilibrio finanziario del sistema locale di  assistenza  sociale»,
(cfr. sentenze Stewart C-503/09  punti  90/95,  e  D'Hoop,  C-224198,
punto 39). 
    In altri termini, secondo il giudice comunitario nulla osta a che
l'accesso  ad  un  determinato  beneficio  possa  essere  soggetto  a
condizioni particolari,  tra  cui  il  richiamato  «collegamento»;  a
parere della CG e' invece illegittima una previsione la quale  appaia
non necessaria per il raggiungimento del fine,  specie  quando,  come
nella specie, si tratti di previsione che  viene  anche  ad  incidere
negativamente sul principio di libera circolazione delle persone,  in
deroga al principio  di  cui  all'art.  21  TFUE,  (cfr.  Sentenza  4
dicembre 1974, C-41/74, Van Duyn; sentenza 26 febbraio 1975, C-67/74,
Bonsignore; sentenza 3 giugno 1986, C-139185, Kempf). 
    In  virtu'  dell'efficacia  diretta  nell'ordinamento   nazionale
dell'art. 21 del TFUE, i cittadini dell'Unione Europea hanno  infatti
il diritto, che deve essere necessariamente effettivo, di soggiornare
e liberamente circolare in qualsiasi Stato membro;  tale  diritto  e'
suscettibile  di  subire  limitazioni  e  di  essere   sottoposto   a
particolari condizioni, per la tutela dei legittimi  interessi  dello
Stato membro, purche' i relativi provvedimenti  nazionali  rispettino
in ogni caso i principi generali dell'ordinamento comunitario  e,  in
particolare, il  principio  di  proporzionalita'  (cfr.  Sentenza  17
settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast). 
    Qualora si valuti il termine di  otto  anni  di  residenza  nella
Regione, richiesto dalla norma censurata, alla luce del principio  di
proporzionalita',  appare  evidente  come  il  primo  sia  in   netto
contrasto con il secondo, imponendo un obbligo -  la  residenzialita'
protratta - irragionevole, rispetto  al  pur  legittimo  scopo  della
norma, che e' quello, come detto, di stabilire un collegamento tra il
richiedente la provvidenza e l'ente competente  alla  sua  erogazione
onde  preservare  l'equilibrio  finanziario  del  sistema  locale  di
assistenza sociale, in quanto tale da comprimere il diritto di libera
circolazione delle persone, (cfr. Regno Unito c. Consiglio,  C-84/94,
sent. 12 novembre 1996; Spagna c.  Commissione,  T-341/05,  sent.  23
settembre 2009). In un  ottica  di  bilanciamento  di  interessi,  il
termine di 8 anni di residenza nella Regione appare irragionevolmente
lesivo  dell'art.  21  TFUE  e  percio'  contrario  al  principio  di
proporzionalita', assunto a parametro per verificare la  legittimita'
dell'esercizio  della  facolta'  di  deroga  al  diritto  di   libera
circolazione e di saggiamo concessa agli Stati Membri  in  virtu'  di
particolari esigenze (cfr. Rutili, 36/75, sent. 28 ottobre 1975). 
    Cosi' operando il Legislatore regionale e' incorso in una patente
violazione dell'art. 117, comma 1 della Carta Fondamentale, adottando
una norma palesemente contraria ai vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario, causando una significativa ed ingiustificata restrizione
alla liberta' di circolazione e di soggiorno  fissata  dall'art.  21,
paragrafo 1 TFUE. 
    3) La illegittimita' della previsione censurata si  coglie  anche
sotto un ulteriore profilo, qualora si consideri  come  la  norma  in
realta' sia di sostanziale favore per i soggetti i quali  hanno  piu'
facilita'/probabilita' di possedere/ottenere il contestato  requisito
di «residenza  di  8  anni  nella  Regione»,  atteso  che  esso  puo'
costituire  o  addirittura  costituisce   dato   acquisito   per   la
popolazione valdostana mentre  invece  puo'  in  concreto  essere  di
difficile acquisizione per il resto non solo dei cittadini  italiani,
ma, ancor piu', per i cittadini  degli  Stati  membri  e  per  quelli
extracomunitari. 
    La norma quindi si pone in contrasto con l'art. 24, par. 1  della
Direttiva 2004/38/CE secondo  cui  «ogni  Cittadino  dell'Unione  che
risiede nel territorio dello Stato  membro  ospitante  gode  di  pari
trattamento rispetto ai cittadini di  tale  Stato;  tale  diritto  si
estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno  Stato  membro
che siano titolari del diritto di soggiorno permanente». 
    In disparte dal notare come analoga  disposizione  della  Regione
Friuli Venezia Giulia abbia condotto ad  una  procedura  d'infrazione
(n. 2009/11) conclusasi  con  nota  di  costituzione  in  mora  della
Repubblica italiana (lettera n. C(2011)2146 del 6 aprile 2011),  quel
che rileva e'  che  la  previsione  censurata  comporta  ex  se'  una
disciplina deteriore per  i  Cittadini  dell'Unione,  i  quali  hanno
palesemente minori possibilita' di ottenere  il  richiesto  requisito
rispetto ai residenti ed agli stessi Cittadini italiani. 
    In altri termini, richiedere 8 anni di residenza  si  traduce  in
una  discriminazione  irragionevole,  perche'  contrastante  con   il
principio di uguaglianza venendosi in sostanza  a  trattare  in  modo
uguale  situazioni  diverse,  in   violazione   dell'art.   3   della
Costituzione, (sul punto, cfr. Corte cost. n. 61/2011 e n.  40/2011),
nonche' dell'art.  117  comma  1  Cost.  che  impone  al  legislatore
regionale di esercitare la sua potesta' in  conformita'  dei  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    4. Analoghe considerazioni  possono  svolgersi  in  relazione  ai
«cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di  lungo  periodo»,
categoria contemplata dall'art. 11, paragrafo  1,  lettera  f)  della
Dir. 2003/109/CEE, («Direttiva del Consiglio relativa allo status dei
cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di  lungo  periodo»),
in materia di parita' di trattamento  tra  i  soggiornanti  di  lungo
periodo e i cittadini nazionali. 
    Tale disposizione prevede  che:  «1.  Il  soggiornante  di  lungo
periodo gode dello stesso trattamento  dei  cittadini  nazionali  per
quanto riguarda: [...] f) l'accesso a beni e servizi  a  disposizione
del pubblico e all'erogazione degli stessi,  nonche'  alla  procedura
per l'ottenimento di un alloggio». 
    E' evidente, infatti, che il soggiornante di  lungo  periodo,  il
quale consegue tale status in seguito  ad  una  residenza  presso  un
Paese UE protratta per 5  anni,  appare  ingiustamente  svantaggiato,
perche' per poter concorrere all'assegnazione di alloggio di edilizia
residenziale pubblica - nell'ipotesi in cui non  abbia  trascorso  il
periodo  quinquennale  necessario  ai  fini  dell'acquisizione  dello
status in territorio valdostano ma eventualmente in altra  Regione  -
deve ineluttabilmente  attendere  un  termine  complessivo  superiore
addirittura ad otto anni. 
    Tale conclusione appare in contrasto non solo  alla  lettera  del
citato art. 11 della Direttiva - che prevede che il  soggiornante  di
lungo   periodo   partecipa   alla   procedura   per    l'ottenimento
dell'alloggio allo stesso modo  del  cittadino  nazionale,  il  quale
ovviamente non ha necessita' di  attendere  il  decorso  dei  5  anni
necessari per essere soggiornante di lungo periodo - ma  e'  altresi'
contraria alla ratio  della  Direttiva  stessa,  destinata  a  creare
«progressivamente uno spazio  di  liberta',  sicurezza  e  giustizia,
[mediante] l'adozione di misure in materia di asilo,  immigrazione  e
salvaguardia dei diritti dei cittadini di Paesi terzi»: ma  e'  certo
che la previsione di  un  periodo  temporale  cosi'  lungo  non  puo'
ragionevolmente  ritenersi  idonea   a   promuovere   la   formazione
dell'auspicato spazio comune di liberta', sicurezza  e  giustizia  in
ambito europeo. 
    Appare allora irragionevole, a fronte di un dichiarato  principio
di uguaglianza, imporre un requisito per l'assegnazione dell'alloggio
nella sostanza difficilmente raggiungibile. 
    Codesta Ecc.ma Corte, che ha avuto modo  di  pronunciarsi  in  un
caso parzialmente analogo, ha affermato che l'esclusione assoluta  di
intere categorie di persone fondata [sulla] mancanza di una residenza
temporamente protratta ... non risulta rispettosa  del  principio  di
uguaglianza, in quanto introduce nel tessuto  normativo  elementi  di
distinzione   arbitrari,    non    essendovi    alcuna    ragionevole
correlabilita' tra quelle condizioni positive  di  ammissibilita'  al
beneficio (la cittadinanza europea congiunta alla residenza protratta
da almeno trentasei mesi, appunto) e gli  altri  peculiari  requisiti
(integrati  da  situazioni  di  bisogno  e  di   disagio   riferibili
direttamente alla  persona  in  quanto  tale)  che  costituiscono  il
presupposto di fruibilita' di provvidenze che,  per  la  loro  stessa
natura, non tollerano distinzioni basate ne' sulla cittadinanza,  ne'
su particolari tipologie di residenza,  volte  ad  escludere  proprio
coloro che risultano i  soggetti  piu'  esposti  alle  condizioni  di
bisogno e di disagio che un siffatto sistema di prestazioni e servizi
si  propone  di  superare  perseguendo  una  finalita'  eminentemente
sociale. 
    Tali discriminazioni, dunque, contrastano con la  funzione  e  la
ratio normativa stessa delle misure che  compongono  il  complesso  e
articolato  sistema  di  prestazioni  individuato   dal   legislatore
regionale nell'esercizio  della  propria  competenza  in  materia  di
servizi sociali, in violazione del limite di  ragionevolezza  imposto
dal rispetto del principio di uguaglianza  (art.  3  Cost.)»,  (Corte
cost. sent. 40 del 2011). 
    Secondo codesta Ecc.ma  Corte  non  sono  quindi  in  alcun  modo
legittime  misure,  richieste  da  una  legge  regionale,   volte   a
subordinare la fruizione di determinate prestazioni,  in  materia  di
servizi  sociali,  a  requisiti  quali  una  residenza  temporalmente
protratta, posto che siffatte misure finirebbero  per  escludere  dai
benefici in discussione proprio coloro che ne risultano  maggiormente
bisognosi. 
    Anche sotto questo profilo, l'art. 19, comma 1, lettera b)  della
legge regionale n.  3/2013  presenta  profili  di  illegittimita'  in
quanto,  richiedendo  indiscriminatamente  il  possesso  in  capo  ai
soggetti che intendono accedere ad un alloggio di  ERP  il  requisito
della residenza  protratta  nella  Regione  per  8  anni,  anche  non
consecutivi,   viene   a   trattare   in   modo   uguale   situazioni
oggettivamente  diverse,  cosi'   da   introdurre   una   sostanziale
disparita' di trattamento del tutto ingiustificata, poiche'  peraltro
attuata nell'ambito di categorie  di  soggetti  (di  cui  all'art.  2
stessa legge) tutti egualmente bisognosi, in «violazione  del  limite
di ragionevolezza imposto dal rispetto del principio di uguaglianza»,
in diretto contrasto  con  la  stessa  ratio  che  sottende  l'intera
normativa. 
    E' manifesta pertanto la illegittimita' della norma censurata, ai
sensi dell'art. 117, comma 1 della Costituzione,  per  la  violazione
degli  obblighi  derivanti  dall'ordinamento   comunitario,   nonche'
dell'art.  3   della   Costituzione,   a   causa   dell'irragionevole
trattamento  discriminatorio  riservato  al  soggiornante  di   lungo
periodo cui e' richiesto lo stesso requisito di residenza di  8  anni
come al cittadino italiano. 
    5.  Da  ultimo  il  legislatore  regionale   ha   legiferato   in
difformita'  alla  normativa  statale   di   riferimento   costituita
dall'art.  40,  comma  6,  della  legge  n.  286/1998  (Testo   Unico
sull'Immigrazione), come modificata dalla legge 30  luglio  2002,  n.
189. 
    L'art. 40  prevede  che  «Gli  stranieri  titolari  di  carta  di
soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti  in  possesso  di
permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano  una  regolare
attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di
accedere, in condizioni di parita' con  i  cittadini  italiani,  agli
alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica   e   ai   servizi   di
intermediazione delle agenzie sociali  eventualmente  predisposte  da
ogni regione  o  dagli  enti  locali  per  agevolare  l'accesso  alle
locazioni abitative e al credito agevolato in  materia  di  edilizia,
recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione». 
    Anche in questo caso si rileva  una  disparita'  di  trattamento,
poiche' per gli extracomunitari la normativa statale citata richiede,
per poter accedere agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, un
soggiorno nel territorio nazionale di almeno due anni, mentre  per  i
cittadini europei, per i quali non trova applicazione il citato Testo
unico  sull'immigrazione,   la   disposizione   regionale   censurata
richiede,  per  il  medesimo  fine,  il  requisito  della   residenza
protratta  per  almeno  otto  anni,  anche  non   continuativi,   nel
territorio regionale. 
    Ancora una  volta  dunque  la  normativa  regionale  si  pone  in
contrasto con l'art. 3  della  Costituzione,  poiche'  introduce  nel
tessuto normativo elementi irragionevoli, non giustificati neanche da
esigenze particolari ed anzi in netto contrasto con la  stessa  ratio
normativa perseguita dal legislatore regionale, ed idonee in concreto
a ledere proprio le categorie piu' deboli. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si   conclude   affinche'   sia    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale della Legge della Regione Valle d'Aosta, n. 3  del  13
febbraio 2013, pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale  della  Regione
Valle d'Aosta n. 11  del  12  marzo  2013  recante  «Disposizioni  in
materia di politiche abitative», nell'art. 19, comma 1,  lettera  b),
rubricato  «Requisiti   per   l'accesso   all'edilizia   residenziale
pubblica». 
        Roma, 8 maggio 2013 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Ranucci