N. 122 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio 2013
Ordinanza del 5 febbraio 2013 emessa dal Giudice di pace di Verona nel procedimento civile promosso da Pubbliuno Srl contro Comune di Bussolengo. Circolazione stradale - Pubblicita' sulle strade - Collocazione di cartello pubblicitario in difformita' dalle prescrizioni indicate nell'autorizzazione - Previsione di sanzione amministrativa di importo ben maggiore rispetto a quella comminata per la installazione di cartelli abusivi (non autorizzati) - Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 23, comma 12. - Costituzione, art. 3.(GU n.23 del 5-6-2013 )
IL GIUDICE DI PACE Nel giudizio di opposizione a processo verbale di accertamento e contestazione di violazione amministrativa nella causa iscritta al n. 9079/11 R.G.C. promossa da: Pubbliuno Srl, P.I. 03015870235, in persona del legale rappresentante pro tempore con l'Avvocatessa Alessandra Ramponi C.F. SCRLRZ50S54H839Z proc. e dom. in Verona, Via Villa Cozza, 12, giusta mandato a margine del ricorso, opponente; Contro Comune di Bussolengo (VR), con vice Istruttore Barbara Parisotto, opposto. Oggetto: opposizione al verbale di violazione n. 4308/B/2011 accertato in data 7 settembre 2011 emesso della P.M. di Bussolengo per violazione dell'art. 23 comma 6 e 12 C.d.S. Al termine dell'udienza il G.d.P., con ordinanza a latere, comunicava alle parti presenti la sospensione del procedimento, introducendo, di conseguenza, il giudizio di legittimita' costituzionale e rimettendo gli atti alla Corte costituzionale, per gli adempimenti del caso, dopo averne rilevato la rilevanza della questione e la non manifesta infondatezza. Motivi della decisione La questione e' rilevante. Parte ricorrente evidenziava l'esistenza della differenza del valore pecuniario di due tipi di sanzioni relative alla stessa trasgressione: pubblicita' sulle strade, nel rispetto delle regole previste per l'istallazione di cartelli e altri mezzi pubblicitari, avvenuta 1) in assenza totale di autorizzazione, quindi cartelli abusivi, e 2) cartelli autorizzati, ma carenti in tutto o in parte, in quanto contrastanti, con le indicazioni inserite nell'autorizzazione. Per entrambe le infrazioni e' previsto l'obbligo di rimozione dei cartelli, considerato non come una sanzione accessoria, bensi' come mezzo di autotutela accordato all'ente pubblico proprietario della strada per assicurare il rispetto delle disposizioni contenute nell'art. 23 C.d.S. Sembra quindi impensabile l'esistenza di una sanzione piu' onerosa a carico di chi essendo in possesso di una autorizzazione, pur non rispettando in parte le indicazioni insite nell'autorizzazione, ad es. la distanza dei cartelli pubblicitari dalla strada o le dimensioni degli stessi debordanti il massimo consentito. Viene richiamata la violazione dell'art. 3 della Costituzione inerente alla quantificazione delle sanzioni che debbono essere uguali per tutti i soggetti relativamente al calcolo della «pena» ponderato alla gravita' del fatto contestato. Risulta evidente che viene maggiormente penalizzato un soggetto che si e' attivato per ottenere l'autorizzazione, che puo' aver errato nel posizionamento di un cartello, in netto contrasto con chi disinteressandosi di ottenere l'obbligatoria autorizzazione, puo' installare cartelli maggiormente trasgressivi (dal punto di vista delle istanze, dei tipi di strade e delle dimensione degli stessi) dei rispetto delle indicazioni previste dalla legge e subendo una sanzione del valore monetario di circa un quarto della sanzione comminata all'autorizzato, non rispettoso di qualche indicazione, inserita nell'autorizzazione.
P.Q.M. Visto l'art. 3 della Costituzione; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza dell'istanza sulla questione di illegittimita' costituzionale sollevata su del ricorrente, di cui sopra, sospende il presente procedimento e manda alla Cancelleria per l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' la stessa si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 12 decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 in riferimento all'art. 3 della Costituzione che prevede il principio di uguaglianza e che non si violi anche il principio di ragionevolezza,che deve permeare le norme del nostro regolamento. La norma giudicata irragionevole viene considerata costituzionalmente illegittima, in quanto apporta discriminazioni. Si comunichi la presente ordinanza alle parti, alla Corte costituzionale, al Presidente del Consiglio dei ministri e alle Camere del Parlamento. Verona, 4 febbraio 2013 Il Giudice di pace: Longo ---- IL GIUDICE DI PACE DI VERONA Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale atto di promovimento. Ai sensi dell'art. 134 Cost. e dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87. Il Giudice di Pace di Verona nella persona dell'avv. Roberto Filippo Longo, nei giudizio di opposizione a processo verbale di accertamento e contestazione di violazione amministrativa nella causa iscritta al n. 9079/11 R.G.C. promossa da: Pubbliuno srl, P.I. 03015870235, in persona del legale rappresentante pro tempore con l'Avvocatessa Alessandra Ramponi c.f. SCRLRZ50S54H839Z proc. e dom. in Verona, Via Villa Cozza, 12, giusta mandato a margine del ricorso, opponente; Contro Comune di Bussolengo (VR), con vice Istruttore Barbara Parisotto, opposto. Oggetto: opposizione al verbale di violazione n. 4308/B/2011 accertato in data 7 settembre 2011 emesso dalla P.M. di Bussolengo per violazione dell'art. 23 comma 6 e 12 C.d.S. Conclusioni dell'attore: in via pregiudiziale, considerata la rilevanza della questione proposta, voglia l'ill.mo G.d.P. rimettere la decisione alla Corte costituzionale e conseguentemente voglia disporre la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della stessa Corte. Nel merito: in via principale: accertata la carenza di motivazione nel dispositivo del verbale n. 4308B/2011 dell'annullarsi lo stesso. in subordine: applicarsi la sanzione minima edittale prevista per la fattispecie. Conclusioni dell'Amministrazione: 1) respingersi il ricorso, in quanto il provvedimento del Corpo della P.M. di Bussolengo appare perfettamente legittimo, ponendo il trasgressore in grado di esercitare il diritto di difesa; 2) sull'eccezione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, si rimetteva alle decisioni adottate dal Giudice. Svolgimento del processo Con ricorso depositato il giorno 29 novembre 2011 la ricorrente, in epigrafe, esponeva d'aver ricevuto, dalla P.M. di Bussolengo il verbale in oggetto, che allegava, per violazione dell'art. 23 comma 6 e 12 CdS., e di aver proposto opposizione al provvedimento sanzionatorio per le ragioni espresse in epigrafe. A seguito del decreto di fissazione di udienza, del 6 febbraio 2012, si presentava solo parte convenuta, costituitasi ritualmente, in Cancelleria, e il G.d.P. attesa la giustificata assenza di parte ricorrente, rinviava la causa all'udienza del 19 marzo 2012 e successivamente, attesa l'adesione all'astensione dalle udienze promossa dall'OUA, il Giudice rinviava la causa al 24 settembre 2012. All'udienza del 24 settembre 2012 erano presenti le parti. L'Avv. Alessandra Ramponi, procuratrice della ricorrente insisteva per dirimere la questione inerente all'eccezione di legittimita' costituzionale. Al termine dell'udienza il G.d.P., con ordinanza a latere, comunicava alle parti presenti la sospensione del procedimento, introducendo, di conseguenza, il giudizio di legittimita' costituzionale rimettendosi alla Corte costituzionale, per gli adempimenti del caso, dopo averne rilevato la rilevanza della questione e la non manifesta infondatezza. Si allega l'ordinanza di sospensione e una memoria costituta da 3 fogli. Il Giudice di Pace: Longo Il Cancelliere ---- Si ritiene che la questione di legittimita' costituzionale della norma citata sia meritevole di accoglimento. Nel caso in esame il ricorrente gode di un'autorizzazione per posizionare un cartello pubblicitario. Sostiene l'agente accertatore che il mezzo pubblicitario sia stato posizionato in maniera difforme rispetto alla suddetta autorizzazione e commina al ricorrente la sanzione prevista dal comma 12 dell'art. 23 C.d.S. La sanzione prevista per tale tipo di violazione e' di € 1.376,55 pari a tre volte la sanzione prevista per un cartello posizionato in totale assenza di titolo autorizzativo, in sostanza di un cartello abusivo. Tutto cio' evidenzia come la disposizione dell'art. 23 comma 12 del d.lgs. 30 aprile 92 n. 285 sia palesemente incostituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, che prevede il principio di uguaglianza e violi anche il principio di ragionevolezza, che deve permeare le norme del nostro regolamento. La norma irragionevole viene considerata costituzionalmente illegittima, in quanto apporta discriminazioni. Nel caso specifico non si puo' non notare immediatamente la discriminazione nel sanzionare un soggetto in maniera piu' pesante, economicamente parlando, rispetto a un altro soggetto, dove la sanzione maggiore viene inflitta a chi ha fatto il possibile per poter posizionare il cartello secondo la normativa, chiedendo la rispettiva autorizzazione, rispetto a chi posiziona cartelli abusivamente! Il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, di conseguenza con il principio di uguaglianza e ragionevolezza, si coglie in quanto il legislatore deve considerare ciascun soggetto uguale all'altro e compiere delle valutazioni in relazione alla quantificazione della pena, valutando anche la volonta' di un soggetto e la gravita' delle sue azioni. La «ragionevolezza delle leggi» e' un principio in base al quale le disposizioni normative devono essere adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore. L'emergere della ragionevolezza come limite generale della legislazione si ricollega alla perdita di centralita' della legge e alla sua sostituzione a opera della Costituzione come suprema fonte del diritto. In particolare, il giudizio di ragionevolezza testimonia il ruolo sempre piu' forte svolto dai principi costituzionali. infatti, i principi costituzionali finiscono per incidere pesantemente sulla discrezionalita' politica del legislatore. In virtu' dello scrutinio di ragionevolezza, il sindacato giurisdizionale sulle leggi non investe piu' solo la legittimita', ma anche il merito delle scelte legislative, sebbene sia difficile tracciare una netta linea di confine tra queste due forme di controllo. L'operato della Corte costituzionale deve essere fortemente permeato dal giudizio di ragionevolezza, e dal principio di uguaglianza, andando a verificare in primo luogo se il legislatore avesse trattato in modo disuguale soggetti (e/o fattispecie) uguali, o in modo uguale casi obiettivamente diversi. Limitando il discorso al controllo di legittimita' degli atti legislativi, la ragionevolezza si manifesta, normalmente, in tre forme di giudizio: il giudizio di eguaglianza-ragionevolezza, il giudizio di razionalita-ragionevolezza, il giudizio intorno al ragionevole bilanciamento degli interessi. E' concretamente verificabile che l'applicazione piu' ricorrente del sindacato di ragionevolezza sia nel giudizio di costituzionalita' condotto secondo il parametro dell'eguaglianza formale enunciato dall'art. 3, comma 1, Cost. Cio' non di meno, principio di eguaglianza e principio di ragionevolezza non sono concetti omogenei, nel senso che le valutazioni di eguaglianza non coincidono esattamente e necessariamente con le valutazioni di «eguaglianza-ragionevolezza». L'eguaglianza giuridica riguarda propriamente le relazioni di identita' e di somiglianza. Tuttavia, la duplice considerazione che l'eguaglianza assoluta non esiste in natura e che un ordinamento giuridico che tutti eguagliasse non avrebbe senso, finisce per spostare il problema giuridico dell'eguaglianza sul versante intermedio della parziale coincidenza degli elementi di raffronto. Se si assume l'eguaglianza in termini relativi ossia come eguaglianza rispetto a qualche cosa - e, reciprocamente, la diseguaglianza come diversita' relativa ovvero diversita' rispetto a qualcosa -, la soluzione del giudizio di relazione dipendera' dal rilievo attribuito a taluno degli elementi costitutivi delle due res raffrontate. Nel primo caso, dando risalto ad un profilo che spinge a equiparare nel trattamento le due res. Nel secondo, ad un profilo che spinge a distinguere. E' allora facile cogliere come la «ragionevolezza» si sia innervata nel giudizio di eguaglianza: poiche', infatti, «si e' eguali a qualcuno o a qualcosa per qualcosa (l'elemento rispetto al quale si e' eguali)», non solo l'individuazione ma, anche e soprattutto, la valutazione di questo elemento diventa decisiva. Nel caso in esame e' facile raffrontare le due fattispecie in quanto trattasi di un identico fatto, il posizionamento di un cartello, diverse sono le conseguenze, anche se purtroppo la condotta piu' grave viene sanzionata in maniera piu' lieve. Sotto questo punto di vista la norma in questione non puo' nemmeno considerarsi razionale. Il livello minimo del controllo di razionalita' e' quello che e' diretto ad accertare la coerenza logica dell'atto legislativo. Il vizio di illogicita' della legge, e' bene precisare, non riguarda mere disarmonie riscontrabili nella formulazione, nel contenuto o nella sistematica dei testi normativi. Ipotesi, queste, che non danno luogo a veri vizi di costituzionalita', risolvendosi semmai in mere incongruenze. Diversamente, l'illogicita-vizio della legge censurabile in sede di controllo di costituzionalita' ricorre tutte le volte che sia riscontrabile una contraddizione, secondo i casi, tra prescrizioni positive all'interno di un medesimo testo normativo, ossia assumendo come referente l'atto legislativo censurato quale atto-fonte di prescrizioni contraddittorie (illogicita' intra legem); oppure conflitti tra la disposizione normativa impugnata e il particolare settore dell'ordinamento o il sottosistema nel quale la disciplina legislativa e' collocabile (illogicita' intra ius). Nel primo modello (illogicita' intra legem), vengono in rilievo sia le ipotesi di contraddizione tra disposizioni, sia quella tra disposizione e ratio legis. Nella illogicita' intra ius, la contraddizione trascende i confini dell'atto legislativo, fonte delle disposizioni oggetto di scrutinio di costituzionalita', per assumere rilievo in un ambito piu' vasto. Qui la disposizione viene a collidere con il quadro sistematico di riferimento materiale, colto attraverso la ratio o la funzione oggettiva, rispetto al quale l'oggetto della questione costituisce un quid estraneo o dissonante. La ragionevolezza, come si e' cercato di dimostrare, viene in considerazione come principio generale che fonda e caratterizza tutti i giudizi mediante i quali possono essere sindacati gli atti normativi del legislatore. In tutti quelli esaminati il principio di ragionevolezza rappresenta il tratto comune, lo strumento che permette di individuare il diritto valido attraverso complesse operazioni di mediazione tra la Costituzione, gli atti legislativi di attuazione e di sviluppo e i contesti applicativi. Per questo, non sembra azzardato ritenere la ragionevolezza come metafora dell'esperienza giuridica tipica dello stato costituzionale pluralista, nella quale si tratta propriamente di comporre continuamente un quadro di coerenza tra tutti i dati del giuridico: i fatti della vita, le norme positive, i principi fondamentali. Un ulteriore esame che si chiede alla Corte in relazione al caso in esame e' attinente al principio di uguaglianza cioe' la necessita' di confrontare tra loro due o piu' situazioni o discipline sostanzialmente indicate come omogenee dal giudice a quo (il termine di raffronto viene definito come tertium comparationis), onde censurarne la difformita' di trattamento, se considerata priva di ragionevole giustificazione. In particolare: «si ha violazione dell'art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversita' di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche, essendo insindacabile in tali casi la discrezionalita' del legislatore» (sentenza n. 340).