N. 132 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2013

Ordinanza del 5  aprile  2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Istituto paritario  G.
Verga di Frattamaggiore ed altri  contro  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca e Ufficio scolastico  regionale  per
la Campania. 
 
Istruzione - Scuole paritarie private -  Divieto  implicito,  secondo
  l'interpretazione della norma censurata  dalla  giurisprudenza  del
  Consiglio di Stato costituente  "diritto  vivente",  di  costituire
  intere sezioni ex novo per le classi paritarie, consentendo solo di
  costituire la prima classe  per  l'anno  scolastico  2010/2011,  la
  seconda per l'anno scolastico 2011/2012 e cosi' via, a mano a  mano
  che il nuovo ordinamento entri in vigore  per  tutte  le  classi  -
  Incidenza  sul  principio   di   uguaglianza   sotto   il   profilo
  dell'ingiustificato deteriore trattamento  delle  scuole  paritarie
  private rispetto a quelle pubbliche - Incidenza  sul  principio  di
  liberta' di scelta della scuola privata per il limite  dell'opzione
  annuale,  anziche'  quinquennale  -  Incidenza  sul  principio   di
  liberta' di iniziativa economica privata - Eccesso di delega per il
  contrasto tra la norma censurata e  le  direttive  della  legge  di
  delega. 
- Legge 10 marzo 2000, n. 62, art. 1, comma 4, lett. f); decreto  del
  Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, artt. 1, commi  2
  e 3, e 8, comma 1; decreto ministeriale 29 novembre 2007,  n.  267,
  art. 1, comma 6, lett. e) ed f); decreto  ministeriale  10  ottobre
  2008, n. 83, art. 3, punto 3.4, lett. f). 
- Costituzione, artt. 3, 33, comma quarto,  41  e  76,  in  relazione
  all'art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53. 
(GU n.24 del 12-6-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 8137 del 2011, proposto da: Ist. Paritario G. Verga
di Frattamaggiore, Anna Gargiulo, Valentina  Di  Costanzo,  Valentina
Galbusieri, Alessia Belloni, Elena  Caliendo,  Carmela  De  Clemente,
Cristina  Luisa  Romano,  Lucia  Santina  Romano,  Marcella  Rinaldi,
Vincenza  Barone,  Mario  Spasiano,   Marcantonio   Caccia,   Antonio
Esposito, Ivano Scognamiglio, rappresentati e difesi dall'avv.  Carlo
Rienzi, con domicilio eletto presso Carlo Rienzi in Roma, v.le  delle
Milizie, 9; 
    Contro  Ministero  dell'Istruzione,  dell'Universita'   e   della
Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania,  rappresentati
e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per  legge
in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Per l'annullamento dei decreti n. 6/S2 e n. 7/S2  del  16  agosto
2011 avente ad oggetto: "riconoscimento status parita' scolastica  al
corso completo gia' acquisito in base al procedimento ex: CM. 31/03". 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
intimata, con la relativa documentazione; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  21  febbraio  2013  il  cons.
Francesco  Brandileone  e  uditi  per  le  parti  i  difensori   come
specificato nel verbale; 
    Rilevato che, 
        con ricorso in esame, l'Istituto ricorrente e taluni studenti
lavoratori impugnano i provvedimenti indicati in epigrafe (decreti n.
6/S2 e 7/S2 del 26  agosto  2011  dell'Ufficio  Scolastico  Regionale
della Campania  -  Direzione  Generale  Ufficio  II  -  Area  Parita'
scolastica; la nota prot. MIURAOODGOS prot.  n.  2025  del  Ministero
dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca,  Dipartimento  per
l'istruzione, Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per
l'Autonomia Scolastica, Ufficio X del 16 marzo 2010; la C.M.  31/2003
per come successivamente modificata e del D.M. 267 del 29.11.2007 del
Ministro  dell'Istruzione,  Regolamento  recante  "disciplina   delle
modalita'  procedimentali  per  il   riconoscimento   della   parita'
scolastica e per il suo mantenimento, ai sensi  dell'articolo  1-bis,
comma  2,  del  D.L.  5  dicembre  2005,  n.  250,   convertito   con
modificazioni nella legge 3 febbraio 2006, n. 27" - pubblicato  sulla
G.U. n. 23 del 28/1/2008, nonche' il D.M. MIUR n. 83 del  10  ottobre
2008 recante le linee guida per l'attuazione del predetto regolamento
- D.M. 267/2007) con i quali  l'Ufficio  Scolastico  regionale  della
Campania ha riconosciuto la parita'  scolastica  per  la  sola  prima
classe dell'Istituto da  essa  gestito,  disponendo  il  diniego  con
riguardo alle classi successive - gia' attive  -,  per  le  quali  il
regime  paritario  e'  stato  concesso  solo  a  partire  dagli  anni
scolastici successivi, e  gradualmente,  fino  al  completamento  del
corso: in particolare, i  ricorrenti  affermano  l'assenza  di  norme
ostative al riconoscimento della parita'  scolastica  per  le  classi
successive alla prima gia' a partire dall'anno scolastico 2010\2011; 
        questa Sezione ha accolto le istanze cautelari dei ricorrenti
e  con  ordinanza  n.  4166/2011  ha  disposto  la  sospensione   dei
provvedimenti impugnati; 
        sulla identica questione questa Sezione ha emesso sentenze di
accoglimento  nn.  1233,  1234  e   1235/2011,   argomentando   sulla
incoerenza della interpretazione data  dall'Amministrazione  rispetto
all'impianto normativo vigente che  regola  la  materia,  da  leggere
anche in armonia con i principi costituzionali della  non  disparita'
di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione,  della  liberta'
di  iniziativa  economica  dell'art.  41  della  Costituzione  e  del
servizio equipollente delle scuole paritarie di cui all'art. 33 della
Costituzione. (cfr.  sentenza  del  Tar  Campania,  sez.  Napoli,  n.
4412/2011); 
        in particolare questa Sezione ha cosi'  statuito  sul  punto:
"Considerato  che  l'atto  impugnato  risulta  adottato:  "in  palese
violazione di legge [legge 10 marzo  2000  n.  62  ,  regolamento  ex
decreto 29 novembre 2007 n. 267 art. 1 comma 6 lettera f) e  D.M.  n.
83 del 10 ottobre 2008 art. 3 punto 3.4 lettera f)] la cui  ratio  e'
quella dell'istituzione di "corsi  scolastici  completi";  in  palese
erroneita' ed irragionevolezza interpretativa dell'art.13 del DPR  n.
89 del 15 marzo 2010 nella misura in cui l'espressione contenuta  nel
primo comma "prosecuzione ad esaurimento dei  percorsi  in  atto"  e'
stata ritenuta dall'Amministrazione  erroneamente  non  operante  nei
confronti delle autorizzanti prima classi del ciclo di studio di  cui
si controverte."; 
        la sentenza del Tar Lazio n. 1235/2011 e' stata annullata dal
giudice di secondo grado (Cds sez VI decisione n. 4208/2011); 
        il giudice di appello nella predetta  decisione  ha  ritenuto
che: "... elementi sistematici nel senso della  non  riconoscibilita'
della parita' scolastica a classi successive alla prima  (in  specie,
laddove cio'  comporti  una  scissione  fra  la  prima  classe  -  da
istituirsi ex novo  secondo  il  nuovo  ordinamento  -  e  le  classi
successive - da istituirsi parimenti  ex  novo,  ma  sulla  base  del
vecchio ordinamento) -  sono  desumibili  dalla  stessa  disposizione
primaria  richiamata  dagli  odierni  appellati.   Ed   infatti,   il
richiamato art. 1, co. 4, l. 62, cit. stabilisce che la parita' viene
riconosciuta alle scuole non statali che ne facciano domanda  laddove
essi  siano  in  grado  di   garantire   (inter   alia)   "l'organica
costituzione di corsi  completi:  non  puo'  essere  riconosciuta  la
parita' a singole classi, tranne che in fase di istituzione di  nuovi
corsi completi,  ad  iniziare  dalla  prima  classe;  ad  avviso  del
Collegio, dalla richiamata disposizione  emerge:  -  che  presupposto
indefettibile per il riconoscimento della parita' scolastica a  corsi
di nuova istituzione e' che cio'  avvenga  secondo  un  principio  di
organicita'. Si tratta di un principio che,  evidentemente,  verrebbe
vulnerato laddove si ammettesse, nello  stesso  momento  storico,  la
inorganica costituzione: a) di una nuova classe prima sulla base  del
nuovo ordinamento e, allo stesso tempo, b) di nuove classi successive
alla prima sulla base del vecchio ordinamento"; - ...  Al  contrario,
il generale riferimento alla nozione di 'corsi completi' deve  essere
letto in relazione al periodo successivo, laddove si esclude  in  via
di principio la riconoscibilita' della parita' in relazione a singole
classi, fatta salva l'ipotesi (che nel caso  di  specie  ricorre)  di
istituzione ex novo di nuovi corsi completi; - che il richiamato art.
1, comma 4 palesa anche nella sua parte finale un evidente favor  per
il superamento graduale (ma allo stesso tempo, organico)  dei  vecchi
ordinamenti, i quali sono destinati a far posto ai nuovi secondo  una
logica ispirata ai principi di gradualita' ed organicita'. Ebbene, se
per un verso il principio di  gradualita'  giustifica  la  previsione
secondo cui l'introduzione del nuovo corso di studi debba avvenire  a
partire dalla prima classe, secondo una logica  di  decalage  (ossia,
secondo un sistema che ammette, nel corso di una fase transitoria, la
coesistenza di classi 'a vecchio ordinamento' e di  classi  'a  nuovo
ordinamento' fino al definitivo superamento  del  primo);  per  altro
verso, il principio di organicita' induce  a  respingere  (in  quanto
obiettivamente antisistemica)  l'istituzione  ex  novo  (ad  es.)  di
classi quarte o quinte relative a ordinamenti di studi che la  stessa
normativa nazionale ha inteso superare; in secondo luogo, si  osserva
che le conclusioni  sin  qui  evidenziate  vengono  confermate  dalla
lettura dei commi 2 e 3 dell'art. 1 del d.P.R. 15 marzo 2010,  n.  87
(Regolamento  recante  norme   per   il   riordino   degli   istituti
professionali, a norma dell'articolo 64, comma 4,  del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6
agosto 2008, n. 133) ... Ebbene - prosegue il Giudice  di  appello  -
pur  difettando  un  espresso  divieto  di  costituire  nuove  classi
successive alla prima in sede di istituzione ex  novo  dei  corsi  di
studi oggetto di riordino, sembra che prevalenti ragioni sistematiche
depongano  comunque  nel  senso  della  sussistenza  di  un  siffatto
divieto" si consideri che l'evidente  e  comune  ratio  sottesa  alle
disposizioni richiamate e' nel senso di  garantire  un  passaggio  al
nuovo sistema graduale nella tempistica, ma  privo  di  cesure  o  di
incongruenze sistematiche. Per i motivi dinanzi richiamati, non  puo'
essere in alcun modo condivisa la tesi del T.A.R., secondo cui la  l.
62  del  2000  dovrebbe  essere  univocamente  intesa  nel  senso  di
enfatizzare il favor per l'istituzione  di  'corsi  completi',  anche
laddove cio' comporti l'istituzione di classi successive  alla  prima
(in precedenza mai attivate) in ordine a corsi di studio  oggetto  di
riordino e in via di definitivo superamento per cio' che  attiene  il
vecchio ordinamento di studi" (CDS sesta sezione citata); 
        il Consiglio di  Stato  ha,  in  sostanza,  ritenuto  che  il
combinato complesso di norme costituito  dall'articolo  1,  comma  4,
della l. 10 marzo 2000, n. 62,  la  previsione  di  cui  al  comma  1
dell'art. 8 ed i commi 2 e 3 dell'art. 1 del D.P.R. 15 marzo 2010, n.
87  (Regolamento  recante  norme  per  il  riordino  degli   istituti
professionali, a norma dell'articolo 64, comma 4,  del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6
agosto 2008, n. 133) contengano un divieto  implicito  di  costituire
intere sezioni ex novo per le classi paritarie, consentendo loro solo
di costituire la prima classe per l'anno scolastico 2010/2011, poi la
seconda per l'anno scolastico 2011/2012 e cosi' via mano a  mano  che
il nuovo ordinamento entra in vigore per tutte le classi: e  cio'  in
quanto: 
          (se si consentisse alla scuola paritaria di  istituire  una
intera sezione dalla prima alla quinta ma con regole  diverse,  ossia
la prima con le regole del nuovo  ordinamento  e  le  successive  con
quelle del vecchio ordinamento) si creerebbe una  "disarmonia"  visto
che "presupposto indefettibile per il  riconoscimento  della  parita'
scolastica a corsi di nuova istituzione e' che cio'  avvenga  secondo
un principio  di  organicita'.".  Ed,  il  principio  di  organicita'
sarebbe "evidentemente vulnerato laddove si ammettesse, nello  stesso
momento storico, la inorganica costituzione: a) di una  nuova  classe
prima sulla base del nuovo ordinamento e, allo stesso  tempo,  b)  di
nuove  classi  successive  alla  prima   sulla   base   del   vecchio
ordinamento". 
    Considerato che per le ragioni assunte  dal  giudice  di  secondo
grado questa Sezione: 
        non puo' che  uniformarsi  all'indirizzo  interpretativo  del
Consiglio di Stato (costituente diritto vivente  nella  fattispecie),
ritenendo  pertanto  il  provvedimento   impugnato   ossequioso   del
complesso normativo di cui dall'articolo 1,  comma  4,  della  l.  10
marzo 2000, n. 62, la previsione di cui al comma 1 dell'art. 8  ed  i
commi 2 e 3 dell'art. 1 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 87  (Regolamento
recante norme per il riordino degli istituti professionali,  a  norma
dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133)  e
"pur difettando  un  espresso  divieto  di  costituire  nuove  classi
successive alla prima in sede di istituzione ex  novo  dei  corsi  di
studi oggetto di riordino". 
    Rilevato che, in particolare, nella memoria  di  replica  per  la
pubblica udienza del 21 febbraio 2013 depositata il 1° febbraio 2013,
gli attuali ricorrenti, pur insistendo - in prima battuta  -  su  una
lettura secundum costitutionem delle norme indagate, sollevano  -  in
via subordinata - un complesso motivo di presunta incostituzionalita'
dell'assetto normativo,  cosi'  come  interpretato  e  fissato  dalla
giurisprudenza di secondo grado del g.a., cosi' riassumibile: 
        a) un  divieto  di  consentire  agli  studenti  che  vogliano
scegliere la scuola paritaria anziche' quella statale per  le  classi
successive alla  prima,  e  il  connesso  divieto  implicito  per  la
ricorrente scuola, che ha lo scopo statutario di  svolgere  attivita'
di impresa per la  produzione  di  istruzione,  di  istituire  classi
successive alla prima, finche' il  nuovo  ordinamento  non  entri  in
vigore anno per anno, costituirebbe - parere  dei  ricorrenti  -  una
indebita compressione sia del diritto degli studenti di scelta  della
scuola, sia una indebita compressione della libera iniziativa privata
della  impresa  gestrice   della   scuola,   oltreche'   una   palese
contraddizione con l'obbligo normativo recato dall'art. 1,  comma  4,
lettera d) della legge n. 62 del 2000 che obbliga le scuole paritarie
a accogliere chiunque presenti la domanda  e  sempre  con  l'art.  1,
comma 4, lettera f)  della  stessa  legge  che  impone  l'obbligo  di
istituire intere sezioni e non singole classi; 
        b) palese disparita',  vietata  dagli  artt.  3  e  33  della
Costituzione, tra le scuole paritarie che  non  potrebbero  istituire
una intera sezione per i prossimi cinque anni e  le  scuole  statali,
che dovrebbero avere gli stessi diritti della paritarie,  cui  invece
cio' e' garantito e consentito dall'art. 1,  commi  2  ed  8,  d.p.r.
87/2010 che prevede: "che a partire dall'anno scolastico 2010/2011 le
classi seconde, terze e quarte proseguano secondo i piani  di  studio
previgenti sino alla conclusione del quinquennio". 
    Considerato che il Collegio, alla luce  delle  argomentazioni  di
parte  ricorrente  e  del  contenuto  della  suddetta  sentenza   del
Consiglio  di  Stato  sopra  richiamata,  ritiene  rilevante  e   non
manifestamente   infondata    la    questione    di    illegittimita'
costituzionale come prospettata; 
    Considerato, infatti, in punto di rilevanza, che 
        sulla base dell'indirizzo  interpretativo  del  Consiglio  di
Stato   (costituente   diritto   vivente   nella   fattispecie),   il
provvedimento impugnato risulta conforme a legge ed  in  sostanza  al
complesso normativo di cui dall'articolo 1,  comma  4,  della  l.  10
marzo 2000, n. 62, la previsione di cui al comma 1 dell'art. 8  ed  i
commi 2 e 3 dell'art. 1 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 87  (Regolamento
recante norme per il riordino degli istituti professionali,  a  norma
dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133)  e
"pur difettando  un  espresso  divieto  di  costituire  nuove  classi
successive alla prima in sede di istituzione ex  novo  dei  corsi  di
studi oggetto di riordino". 
    Considerato che non appare manifestamente infondata la  questione
di costituzionalita' sollevata  in  relazione  alle  norme  contenute
nell'art. 1, comma 4, legge n. 62/2000, nell'art. 1, commi  2  ed  8,
d.p.r.  87/2010  e  nella  C.M.  31/2003  per  come   successivamente
modificata e dell'impianto normativo che regola la materia  trattata,
come interpretate dalla sentenza del Consiglio di Stato n.  4208/2011
per violazione degli artt. 3, 33, 41 della Costituzione oltreche'  in
violazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio del 12  dicembre  2006  relativa  ai  servizi  nel  mercato
interno, nella parte in cui stabilisce  un  "divieto  implicito"  nel
senso di rendere impossibile per gli studenti delle II, III, IV  e  V
classi l'iscrizione presso la scuola paritaria ricorrente; 
    E cio' per le seguenti considerazioni che: 
        I) sulla affermazione del Consiglio di Stato secondo cui  "un
divieto di legge  esplicito  non  esiste",  ma  sarebbe  desunto  dal
complesso normativo, anche la Corte di Cassazione con la decisione di
inammissibilita' delle SSUU n. 22784/2012 - investita  dagli  attuali
ricorrenti con un ricorso contro la citata  decisione  del  CDS  sez.
sesta 4208/2011 per eccesso di  potere  giurisdizionale  e  invasione
della sfera del legislatore - ha incidenter tantum espresso rilevanti
perplessita' affermando che "si puo'  naturalmente  sempre  discutere
circa la maggiore o minore condivisibilita' degli esiti ai quali  una
siffatta operazione interpretativa (del CDS con la  citata  decisione
4208/011) conduce in ciascun caso concreto"... ma la questione  posta
con il ricorso (che impugnava  la  decisione  citata  per  eccesso  e
straripamento di giurisdizione sostenendo che aveva creato una  norma
inesistente con sostituzione  al  potere  legislativo,)  non  essendo
consistita in un vero straripamento, ma in una procedura  ermeneutica
di interpretazione delle norme esistenti poteva - a parere delle SSUU
della Cassazione  -  al  massimo  essere  considerato  un  errore  di
giudizio, ma non un rilevante straripamento di potere censurabile  ex
art. 360, comma 1, n.1 c.p.c. ed ex art. 362 comma 1 c.p.c. 
        II) il sopra richiamato divieto implicito ex decisione C.d.S.
sez. sesta 4208/2011, a parere di questa Sezione appare violativo  di
plurimi precetti della costituzione e segnatamente: 
          a) dell'art. 33 della Costituzione,  per  compressione  del
diritto costituzionale di scegliere la scuola per lo  studente  e  la
famiglia, considerato che gli studenti delle classi  successive  alla
prima subiscono il  gravissimo  limite  di  non  poter  opzionare  il
sistema scolastico paritario nell'istituto da loro  prescelto  per  5
anni, essendo costretti a rivolgersi alle scuole statali; 
          b)  dell'art.  3  della  Costituzione,  per  disparita'  di
trattamento tra scuole paritarie e statali,  in  quanto  soltanto  le
prime subiscono gravissimi limiti quanto all'accettazione di studenti
per le classi successive  alla  prima;  nonche'  tra  studenti  delle
seconde, terze, quarte e quinte  classi  che  preferiscano  scegliere
l'istituto paritario preferito e non hanno avuto e non avranno questa
offerta formativa per 5 anni, a  confronto  con  gli  studenti  delle
seconde, terze, quarte e quinte classi  che  scelgono  di  iscriversi
alle scuole pubbliche e che possono farlo liberamente  senza  limiti.
In tale situazione, infatti, il vincolo posto dalla norma di  imporre
la iscrizione degli alunni presso un istituto  statale,  comprime  la
liberta'  di  scelta  dello   studente,   negandone   quell'autonomia
decisionale che pure, in  special  modo  nell'eta'  della  formazione
della personalita',  assurge  a  condizione  imprescindibile  per  la
realizzazione del valore  del  pieno  sviluppo  della  persona  umana
sancito nell'art. 3, cpv., Cost.; 
          c) dell'art. 41 della  Costituzione  per  compressione  del
diritto di fare impresa per la  societa'  gestrice  della  scuola  in
quanto le scuole paritarie di nuova istituzione dovranno  predisporre
e spendere denaro per una intera struttura scolastica, con  costi  di
contratti  agli  insegnanti  e  personale  non  docente,   locazione,
riscaldamento e gestione di locali utili a ospitare cinque classi  di
un intero ciclo sprecando enormi risorse per cinque anni  pur  avendo
potuto attivare soltanto una prima classe; 
          d) dell'art. 76 della Costituzione per  eccesso  di  delega
dato che il piu' volte citato limite o "divieto implicito" posto alle
scuole paritarie si pone in contrasto con la direttrice  fondamentale
dell'art. 1 della legge delega n. 53/2003, che individua  l'obiettivo
della normazione delegata in quello di "favorire  la  crescita  e  la
valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei limiti dell'eta'
evolutiva, delle differenze e  dell'identita'  di  ciascuno  e  delle
scelte educative della famiglia, nel quadro  della  cooperazione  tra
scuola e genitori, in coerenza con il principio  di  autonomia  delle
istituzioni  scolastiche  e  secondo   i   principi   sanciti   dalla
Costituzione", con la conseguenza  che,  se  tra  i  valori-obiettivo
prefissati dalla legge delega viene indicata la  liberta'  di  scelta
dello studente, quale  espressione  qualificante  della  liberta'  di
autodeterminazione del giovane cittadino,  (identita'  di  ciascuno),
nonche' la liberta' di scelta delle famiglie (scelte educative  della
famiglia), implicante  la  valutazione  della  sede  (Istituto)  piu'
idonea per frequentare i corsi scolastici e sostenere gli esami, deve
ritenersi che la norma delegata risulti dissonante  rispetto  a  tali
principi ispiratori ed in quanto tale viziata per eccesso  di  delega
ex art. 76 Cost. 
    Per quanto riguarda piu' in particolare i  profili  di  cui  alle
precedenti lettere a), b) e c) si osserva che: 
        con riferimento  all'art.  33,  comma  4,  ed  art.  3  della
Costituzione [lettere a) e b)], il complesso normativo in esame,  che
ha introdotto  l'istituto  della  parita'  scolastica,  imponendo  al
legislatore, nel fissare i diritti e gli obblighi  delle  scuole  non
statali che chiedono la parita', di assicurare ad esse piena liberta'
e ai loro alunni un  trattamento  scolastico  equipollente  a  quello
degli alunni di scuole statali, non sembra rispettoso di detta  norma
costituzionale. 
    Storicamente, il sistema scolastico nazionale e' transitato da un
originario regime  di  separazione  tra  scuola  pubblica  e  privata
(rinvenibile fino ai primi due decenni del secolo scorso) a un regime
di  integrazione  tra  i  due  tipi  di  scuola  (che  ha  riguardato
specificamente la scuola privata paritaria), in linea peraltro con il
disegno costituzionale  prefigurato  dall'art.  33,  comma  4,  della
Costituzione. 
    E' solo con la l. 10 marzo 2000, n. 62 (legge di assoluto rilievo
storico, che ha introdotte le "Norme per la parita' scolastica") sono
state concretamente attuate le condizioni per il superamento del c.d.
"regime di giustapposizione"  (cosi'  definito  dalla  dottrina)  tra
l'istruzione fornita dalle scuole pubbliche e  quella  fornita  dalla
scuole private, e per  il  definitivo  approdo  all'integrazione  tra
scuola pubblica e paritaria privata,  come  prefigurato  dalla  norma
costituzionale. 
    La creazione di un  sistema  nazionale  integrato  di  istruzione
comporta, come ben evidenziato dal ricorrente, che le scuole  private
paritarie  si  pongono  accanto  alle  scuole   pubbliche   con   una
sostanziale identita' di funzione e di ruolo  nel  perseguimento  del
fondamentale obiettivo dell'istruzione, obiettivo che e' anche valore
di assoluta rilevanza costituzionale. 
    Un sistema scolastico fondato  sulla  necessaria  compresenza  di
scuola pubblica e  privata,  anzi,  come  si  e'  detto,  sulla  loro
integrazione, e' un sistema coerente a un modello pluralistico che e'
autenticamente tale ove possa predicarsi una posizione di sostanziale
parita'  (nel  precitato  significato  di  parita'  di  identita'  di
funzione e di ruolo) tra le distinte istituzioni scolastiche deputate
all'erogazione del servizio pubblico dell'istruzione. 
    In tale quadro si iscrive  e  acquista  significato  il  precetto
costituzionale  dell'art.  33  Cost.  che,  ponendo  al   legislatore
ordinario il vincolo di assicurare agli alunni delle scuole paritarie
"un trattamento scolastico equipollente a quello degli  alunni  delle
scuole statali", sancisce una funzionale equivalenza  tra  le  scuole
statali  e  quelle  paritarie.  Sicche'  e'  affatto  pertinente   la
considerazione  difensiva  che,  per  vincolo   costituzionale,   "la
disciplina statale non puo' collocarsi al  di  sotto  di  un  livello
minimo di garanzia dell'equipollenza tra le scuole statali  e  quelle
non statali". 
    Va   poi   significativamente   soggiunto,   quanto    all'ambito
concettuale  della  riferita  locuzione  costituzionale  "trattamento
scolastico  equipollente",   che   di   essa   non   va   patrocinata
un'interpretazione   riduttivamente   letterale   nel    senso    che
l'equipollenza consista nella sola legittimazione  delle  scuole  non
statali a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. 
    Come condivisibilmente si sottolinea da parte del ricorrente,  il
livello di rilevanza delle scuole paritarie attiene a tutta una serie
di profili, tra i quali la condizione di piena competitivita' con  le
scuole non statali. Il trattamento  scolastico  equipollente  non  si
arresta pertanto al mero riconoscimento  del  titolo  di  studio,  ma
implica anche  un  riconoscimento  della  qualita'  del  servizio  di
istruzione   erogato   dall'istituzione   scolastica   paritaria   da
considerarsi alla stregua, e quindi ne' deteriore  ne'  inferiore,  a
quello proveniente dalla scuola statale. 
    A  conferma  dell'assunto  che  precede,  e'   significativa   la
circostanza che, nel contesto dell'art. 1, comma 4,  della  legge  n.
62/2000, la parita'  scolastica  viene  in  rilievo,  al  di  la'  di
situazione di status che abilita al  rilascio  di  titoli  di  studio
aventi valori legali, per i contenuti dell'attivita' prestata  e  per
la  soggezione  della  scuola  non   statale   che   ne   chiede   il
riconoscimento ai requisiti di qualita' e di efficacia previsti dalla
legge medesima. 
    Nella delineata situazione, dalla quale e' possibile desumere che
l'inserimento delle scuole paritarie private nel sistema nazionale di
istruzione determina l'equivalenza di  trattamento  nel  servizio  di
istruzione degli studenti tra le scuole private e quelle statali,  un
divieto legislativo implicito, quale quello all'esame, che impone, al
verificarsi della condizione in esso previsto, l'obbligo di rifiutare
gli studenti delle classi successive alla prima e mandarli solo  alle
scuole statali (con esclusione quindi  degli  istituti  paritari)  e'
idonea a infrangere la disciplina costituzionale posta dal  precitato
quarto comma dell'art. 33 della Costituzione ed  a  stridere  con  la
legge  n.  62  del  2000  che  ha   dato   attuazione   al   precetto
costituzionale sulla parita' scolastica; e' altresi' idonea a violare
il principio di uguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzione, non
ravvisandosi profili  di  razionalita'  atti  a  giustificare,  nella
sussistenza  del  sistema  di  integrazione  tra  scuola  pubblica  e
paritaria privata, la limitazione  del  servizio  di  istruzione  nei
riguardi di quest'ultima. 
    In effetti, la perentoria statuizione della norma - che prescinde
da ogni considerazione circa le capacita' ricettive  dell'istituzione
paritaria e affida comunque, nel caso di studenti che si iscrivono  a
classi successive alla prima alle sole scuole statali - e' espressiva
di un atteggiamento di sfiducia, o quanto meno  di  perplessita',  da
parte  del  legislatore  statale  nei  riguardi   delle   istituzioni
paritarie private, nel senso di reputare che solo  presso  le  scuole
statali l'insegnamento per le classi  successive  alla  prima,  possa
svolgersi in rispondenza a canoni di efficienza e di qualita'. 
    Una siffatta intendo legis sembra svelare  pero'  un  eccesso  di
potere del legislatore atteso che questi ometterebbe  di  considerare
che  il  riconoscimento  della  parita'   scolastica   implica,   per
necessita'  giuridica  riveniente  dal  quadro   costituzionale   che
ipotizza  un  sistema  nazionale  integrato  di  istruzione,  che  il
servizio pubblico reso dalle scuole paritarie sia, sotto  il  profilo
qualitativo, comparabilmente adeguato a quello prestato dalle  scuole
pubbliche. 
    Del resto, anche alla stregua di precedente pronuncia della Corte
Costituzionale (cfr. ordinanza n. 423 del 18.10.2002),  la  legge  n.
62/2000,  costituendo  attuazione  dell'art.  33,  comma   4,   della
Costituzione, determina piena  parita'  tra  istituzioni  scolastiche
statali  e  private,  nell'ambito  di  un   servizio   nazionale   di
istruzione, ed e' tale quindi da non consentire diversificazioni  tra
le attivita' scolastiche consentite alle une e alle  altre,  a  danno
delle scuole private e con pregiudizio delle possibilita'  di  scelta
degli utenti. 
    Su tali premesse, insomma, non ha  fondamento  logico  prima  che
giuridico inclinare a  posizioni  di  valutazione  pregiudiziale  sul
servizio ascrivibile alle scuole  paritarie,  sia  pure  nel  ridotto
ambito operativo qui esaminato. 
    La Sezione  ritiene  di  dovere  in  proposito  evidenziare  -  a
ulteriore conferma del dubbio di costituzionalita' sopra  esposto  in
ordine allo specifico intervento  del  legislatore  nazionale  -  che
l'anzidetta valutazione vada adeguatamente operata ex ante,  e  cioe'
in sede di riconoscimento della parita'  scolastica,  accertando,  in
capo alle istituzioni private richiedenti, il possesso dei  requisiti
appositamente prescritti dall'art. 1, comma 2, della legge n. 62/2000
(tra i quali, in particolare, i requisiti di "qualita' ed  efficacia"
del servizio erogabile) e, all'esito dell'intervenuto riconoscimento,
sottoponendo a verifica la permanenza di detti requisiti a  mezzo  di
una costante e capillare attivita' di vigilanza,  pure  prevista  dal
comma sesto del medesimo art. 1. 
    Con riferimento all'art. 41 della Costituzione  (lettera  c)  che
afferma e  tutela  la  liberta'  dell'iniziativa  economica  privata,
occorre procedere dal dato che le scuole paritarie hanno  un'indubbia
connotazione imprenditoriale. Per effetto  del  riconoscimento  della
parita', queste scuole sono legittimate all'erogazione  del  servizio
pubblico di istruzione. Cio'  non  toglie  che,  a  differenze  delle
scuole statali, che sono  enti  pubblici  non  economici,  le  scuole
paritarie sono gestite da soggetti e da  enti  privati  che  svolgono
un'attivita'  tipicamente  d'impresa,  come  tale  volta  a  ricavare
vantaggi, economici o di altro tipo. 
    Sotto tale profilo, una norma, quale quella  oggetto  del  vaglio
costituzionale, che discrimina  le  scuole  paritarie  e'  certamente
idonea ad offuscarne la considerazione presso la  pubblica  opinione,
in  termini  di  efficienza  e  di  qualita'  del  servizio  pubblico
erogabile  da  queste  istituzioni  scolastiche,  con   possibili   e
significative ricadute sul piano della  loro  sfera  imprenditoriale,
specie per la perdita di introiti e lo spreco enorme di risorse. 
    Ma e' anche in questione, in cio'  con  piu'  decisiva  incidenza
sulla qualita' imprenditoriale delle scuole paritarie, il  fatto  che
le iscrizioni degli studenti alle  scuole  paritarie  o  statali  non
dipenda da variabili tipicamente correlate al  "servizio  istruzione"
(piano  dell'offerta   formativa,   programmi   scolastici   seguiti,
modalita'  esplicative  dell'autonomia  scolastica,  etc.),  ma   sia
esclusivamente correlato a un mero abnorme divieto implicito  che  il
CDS giustifica con poco comprensibili ragioni di "organicita'"  senza
peraltro alcuna considerazione  della  ricettivita'  delle  strutture
scolastiche. 
    Non ignora peraltro questa Sezione la sentenza di codesta  ecc.ma
Corte costituzionale n. 220 del 2007, di rigetto di analoga eccezione
di illegittimita' costituzionale per la non irragionevolezza  di  una
norma in deroga al  principio  di  parita'  tra  scuole  paritarie  e
statali , ma in quella fattispecie la deroga era diretta a limitare i
c.d. esamifici e la trasformazione delle scuole paritarie  in  luoghi
solo di esami piu' che di apprendimento. 
    Nella predetta sentenza n. 220 del 2007  si  legge  infatti  che:
"Essa (deroga  alla  parita'  tra  scuole  paritarie  e  statali)  si
collega,  innanzitutto,  all'esigenza  di  evitare  che   le   scuole
paritarie diventino  sede  privilegiata  di  esami  a  scapito  della
serieta' dell'esame di Stato, richiesta dal quinto comma dell'art. 33
Cost., cosi' prevenendo, proprio a  garanzia  della  posizione  delle
scuole paritarie nel sistema  nazionale  di  istruzione  pluralistico
previsto  dal  quarto  comma   dello   stesso   articolo,   la   loro
trasformazione da luogo di insegnamento in sedi per  esami  di  Stato
(ordinanza n. 423 del 2002, con riferimento agli esami  di  idoneita'
degli esterni). 
    "La scelta del  legislatore  risponde  anche  alla  finalita'  di
distribuire  in  modo  piu'  razionale  sul  territorio  la   domanda
eccedente il limite sopra ricordato, atteso che le scuole  statali  -
presso le quali esistono oramai tutti i  percorsi  formativi  -  sono
piu' numerose e diffuse di quelle paritarie. 
    In conclusione, la deroga e' circoscritta,  essendo  inserita  in
una disciplina comune di limiti quantitativi allo  svolgimento  degli
esami di Stato da parte di candidati esterni, e non e' irragionevole,
rispondendo agli obiettivi di serieta' dell'esame di  cui  al  quinto
comma dell'art. 33 Cost. e, in  generale,  a  razionali  esigenze  di
distribuzione sul territorio delle commissioni, in  caso  di  domanda
eccedente". 
    La questione di specie invece  e'  radicalmente  diversa  poiche'
riguarda la ingiustificata deroga prevista per  le  scuole  paritarie
che avrebbero un divieto implicito di  fare  scuola,  a  causa  della
introduzione di un nuovo ordinamento, e di istituire intere  sezioni,
essendo ad esse consentito istituire solo la prima classe  del  ciclo
di studi, e solo l'anno successivo la seconda e poi la terza, e cosi'
via, senza alcuna plausibile ragione. Ed il  diritto  assoluto  dello
studente di scegliere tra scuola statale e paritaria, e  il  connesso
diritto dell'impresa  che  fa  scuola  di  istituire  corsi  completi
(essendo tra l'altro obbligati dalla legge  a  non  rifiutare  alcuna
domanda di  iscrizione)  nel  caso  di  specie  risultano  totalmente
estranei a qualsiasi problema di armonizzazione del sistema. 
    Considerato, quindi, che il  presente  procedimento  deve  essere
sospeso,   con   contestuale   rimessione    della    questione    di
costituzionalita' dedotta alla Corte Costituzionale; 
    Considerato che in pendenza della questione di costituzionalita',
deve confermarsi l'operativita' dell'ordinanza cautelare n. 4166/2011
di sospensione dei provvedimenti impugnati non ravvisandosi il  venir
meno dei presupposti di fatto e di diritto ex art.  55  comma  9  del
D.Lgs. 2 luglio  2010,  n.  104,  del  processo  amministrativo  gia'
rinvenuti in sede cautelare; 
      
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza
Bis) disponendo la sospensione del giudizio e  visti  gli  artt.  134
Cost.; 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 23 l. 11 marzo 1953, n. 87: 
        dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei  sensi
di cui in motivazione la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 4 della legge 10 marzo 2000, n. 62 , nel combinato
disposto interpretativo di cui al regolamento ex decreto 29  novembre
2007, n. 267, art. 1, comma 6, lettere e) ed f) e D.M. n. 83  del  10
ottobre 2008, art. 3, punto 3.4, lettera f), alla luce dei commi 2  e
3 dell'art. 1, e comma 1 dell'art. 8 del d.P.R. 15 marzo 2010, n.  87
(regolamento  recante  norme  per  il  riordinamento  degli  istituti
professionali, a norma dell'art. 64, comma 4, decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2008, n. 133), per contrasto con i principi costituzionali desumibili
dagli artt. 41, 3 , 33 e 76 della Costituzione; 
        ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale; 
        ordina che a cura della Segreteria della Sezione la  presente
ordinanza sia notificata alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
          Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio  del  giorno
21 febbraio 2013. 
 
                       Il Presidente: Speranza 
 
 
                                             L'Estensore: Brandileone