N. 147 ORDINANZA 17 - 20 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Sardegna -  Allestimenti
  mobili in strutture turistico-ricettive all'aria aperta  -  Esclusa
  rilevanza ai fini edilizi, urbanistici e paesaggistici  -  Asserito
  contrasto con la normativa statale di settore -  Motivazione  sulla
  rilevanza della  questione  insufficiente,  perplessa,  parziale  -
  Manifesta inammissibilita'. 
- Legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21, art. 20. 
- Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma,  e  117,  secondo  comma,
  lettera l); statuto della Regione Sardegna, art. 3, primo comma. 
(GU n.26 del 26-6-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  20
della legge della Regione autonoma Sardegna 21 novembre 2011,  n.  21
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4  del  2009,  alla
legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e
alla legge regionale n. 22 del 1984,  ed  altre  norme  di  carattere
urbanistico),  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di  Oristano  nel
procedimento penale a carico di B. F.  Q.  A.  con  ordinanza  dell'8
febbraio 2012, iscritta al n.  205  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di intervento della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nella camera di consiglio dell'8  maggio  2013  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Oristano nel  procedimento
penale a carico di B. F. Q. A. con ordinanza dell'8 febbraio 2012  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo  20
della legge della Regione autonoma Sardegna 21 novembre 2011,  n.  21
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4  del  2009,  alla
legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e
alla legge regionale n. 22 del 1984,  ed  altre  norme  di  carattere
urbanistico), in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione e 3, primo comma, della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna); 
    che il rimettente premette di dover giudicare in ordine: a)  alla
contravvenzione di cui  agli  artt.  44,  lettera  c),  in  relazione
all'art. 30, del decreto del Presidente  della  Repubblica  6  giugno
2001,  n.  380  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia edilizia - Testo A),  e  all'art.  17  della
legge della Regione autonoma Sardegna 11 ottobre 1985, n.  23  (Norme
in  materia  di  controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  di
risanamento urbanistico e  di  sanatoria  di  insediamenti  ed  opere
abusive,   di   snellimento   ed   accelerazione   delle    procedure
espropriative); b) alla contravvenzione di cui all'art.  44,  lettera
c), del d.P.R. n. 380 del 2001, in relazione all'art. 3  della  legge
della  Regione  autonoma  Sardegna  n.  23  del  1985  e   successive
modificazioni; c) della  contravvenzione  di  cui  all'art.  734  del
codice penale; 
    che la condotta che ha dato origine alla  contestazione  riguarda
la trasformazione urbanistica ed edilizia di un  terreno,  realizzata
mediante la collocazione di un  chiosco  prefabbricato  e  26  unita'
abitative prefabbricate, aventi dimensioni variabili da  mt.  6,90  a
mt. 8,58 di lunghezza, da mt. 2,60 a mt. 2,95 di larghezza e  da  mt.
2,20 a mt. 2,55 di altezza, alcune dotate  di  veranda  in  struttura
tubolare e  tutte  collegate  a  opere  di  urbanizzazione  primaria,
consistenti nelle reti idrica, elettrica e fognaria; 
    che la norma censurata  rubricata  «Modifiche  alle  norme  sulla
classificazione delle aziende ricettive» stabilisce che: «Alla  legge
regionale 14 maggio 1984, n. 22 (Norme per la  classificazione  delle
aziende ricettive), il comma 4-bis dell'articolo 6, introdotto  dalla
legge regionale 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori
economico e sociale) e' sostituito dal seguente: 4-bis.  Fatto  salvo
quanto  previsto  nel  presente  articolo,  nelle  aziende  ricettive
all'area  aperta  regolarmente  autorizzate  e   nei   limiti   della
ricettivita' autorizzata, gli allestimenti mobili  di  pernottamento,
quali tende, roulotte, caravan, mobil-home, maxicaravan o case mobili
e pertinenze ed accessori  funzionali  all'esercizio  dell'attivita',
sono diretti a soddisfare esigenze di carattere  turistico  meramente
temporanee  e,  anche  se  collocati   in   via   continuativa,   non
costituiscono attivita'  rilevante  a  fini  urbanistici,  edilizi  e
paesaggistici. A tal fine tali allestimenti devono: a)  conservare  i
meccanismi  di  rotazione  in  funzione;  b)  non   possedere   alcun
collegamento di natura permanente al terreno e gli allacciamenti alle
reti tecnologiche,  gli  accessori  e  le  pertinenze  devono  essere
rimovibili in ogni momento»; 
    che il rimettente evidenzia che, secondo il costante orientamento
giurisprudenziale, per stabilire se un manufatto sia precario, con la
facolta' di erigerlo senza alcun titolo abilitativo,  assume  rilievo
decisivo la circostanza che la  costruzione  presenti  oggettivamente
caratteristiche tali da potersi desumere che essa sia stata  eseguita
per  assicurare  esigenze   cronologicamente   circoscritte   o,   al
contrario, destinate  a  permanere  nel  tempo,  anche  in  modo  non
continuativo ma ricorrente (e in tale ultimo caso si parla  di  opere
stagionali per le quali  vige,  comunque,  l'obbligo  di  munirsi  di
titolo abilitativo); 
    che  e'  questa  la  ragione  in  base   alla   quale   qualsiasi
trasformazione  permanente   del   territorio   e'   subordinata   al
conseguimento del prescritto titolo edilizio anche qualora l'opera da
realizzare, pur se non saldamente  infissa  al  suolo  e  prontamente
rimovibile, debba essere destinata a un'utilizzazione non temporanea,
come fra l'altro dispone l'art. 3, comma 1, lettera e), numero 5, del
d.P.R. n. 380 del 2001 per specifiche tipologie d'installazioni; 
    che, in altri giudizi, il medesimo  Tribunale  di  Oristano,  nel
vigore della disposizione precedente la modifica, aveva stabilito che
tra gli allestimenti mobili di pernottamento previsti dal citato art.
6, comma 4-bis, della legge della Regione autonoma Sardegna 14 maggio
1984, n. 22 (Norme per la classificazione delle  aziende  ricettive),
non potessero farsi rientrare le cosiddette case mobili,  perche'  la
caratteristica precipua del  mezzo  mobile  di  pernottamento  e'  da
rinvenirsi   nella   sua    naturale    destinazione    ad    offrire
all'utilizzatore  la  possibilita'  di  abbinare  la   facilita'   di
spostamento  -  di  solito,  ma  non  necessariamente  con  finalita'
turistiche - con la costante disponibilita' di un alloggio nel  quale
pernottare, mentre le case mobili devono essere assimilate  piuttosto
a strutture di pernottamento, quali ad esempio i bungalows,  a  nulla
rilevando che le stesse siano fornite di ruote; 
    che  le  ruote,  infatti,  sono  un  elemento  secondario   nella
struttura  complessiva  funzionalmente  destinato  non  all'abituale,
seppur astratta, mobilita' quanto piuttosto a  rendere  piu'  agevole
l'amovibilita' di ciascun bene e che, dunque,  le  case  mobili  sono
prive di funzionali meccanismi di rotazione,  in  quanto  i  suddetti
meccanismi dovrebbero essere quelli che rendono il bene idoneo ad una
agevole e naturale destinazione alla mobilita' e alla circolazione  e
non semplicemente quelli che ne facilitino  l'eventuale  rimozione  o
amovibilita'; 
    che, secondo il rimettente,  l'interpretazione  del  concetto  di
case  mobili  effettuata  in  precedenza  oggi  non  potrebbe  essere
riproposta alla luce dell'ultima modifica legislativa intervenuta che
oltre le tende, le  roulotte,  i  caravan  e  i  maxicaravan,  indica
specificamente anche le case mobili; 
    che in realta' le case mobili hanno meccanismi che non consentono
in alcun modo il traino su strada: pertanto il  loro  trasporto  puo'
avvenire solo sopra un veicolo idoneo a  portarli  a  destinazione  e
che, una volta appoggiate al suolo, le strutture  di  cui  si  tratta
sono destinate a non essere piu' rimosse, se non in casi eccezionali,
e in nulla differiscono da una normale casa prefabbricata; 
    che,  dopo  aver  svolto  queste  considerazioni,  il  rimettente
afferma che il profilo d'illegittimita' costituzionale piu'  evidente
consisterebbe nella violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., che ha espressamente attribuito, fra l'altro,  la  materia
dell'ordinamento penale alla legislazione esclusiva dello Stato; 
    che, secondo il rimettente, il divieto per le Regioni di  emanare
norme che incidono sull'ordinamento  penale  abbraccia  due  distinti
aspetti:  e'  innanzitutto  inibito  a  tali  enti  territoriali   di
introdurre  nuove  fattispecie  di  reato  corredate  delle  relative
sanzioni, evenienza questa peraltro raramente  avvenuta;  in  secondo
luogo, le regioni non possono  intervenire,  con  proprie  leggi,  su
condotte penalmente previste dal  legislatore  statale,  modificando,
eliminando o introducendo presupposti, elementi normativi,  cause  di
giustificazione o di estinzione dei reati,  in  modo  da  ampliare  o
ridurre l'ambito applicativo degli  illeciti  disciplinati  da  norme
statali; 
    che, nel caso in esame, il legislatore regionale,  con  la  norma
censurata ha introdotto una deroga all'art. 3, comma 1,  lettera  e),
numero 5, del d.P.R. n. 380 del  2001  che  qualifica  intervento  di
nuova costruzione la collocazione dei manufatti e delle strutture ivi
indicati,  qualora  gli  stessi  non  siano  destinati  a  soddisfare
esigenze  di  carattere   temporaneo,   di   fatto   escludendo   che
l'apposizione sul suolo dei medesimi manufatti sia rilevante ai  fini
edilizi e urbanistici (oltre che paesaggistici),  se  eseguita,  alla
presenza   dei   presupposti   gia'   considerati,    in    strutture
turistico-ricettive all'aria aperta, e,  di  conseguenza,  sottraendo
tali fattispecie dal novero degli  interventi  di  nuova  costruzione
subordinati, ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.P.R.  n.  380  del
2001, al permesso di costruire; 
    che l'intervento di nuova costruzione,  in  mancanza  del  titolo
abilitativo  oppure  eseguito  in  difformita'  rispetto   ad   esso,
determina una responsabilita' penale o amministrativa, ai sensi degli
artt. 31 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001; 
    che, in conclusione,  la  norma  censurata  sottrarrebbe  a  ogni
conseguenza di  carattere  penale  o  amministrativo  l'installazione
delle strutture di cui si tratta, alla presenza  dei  presupposti  in
essa stabiliti, e, in particolare, non consentirebbe di contestare la
contravvenzione prevista dall'art. 44, lettera a), del d.P.R. n.  380
del 2001, nell'ipotesi in cui l'installazione  avvenga  in  contrasto
con le norme, le prescrizioni e le modalita' esecutive  previste  dai
regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici; 
    che, nel caso in esame, e' contestato il reato  di  lottizzazione
abusiva per avere l'imputato installato, all'interno di un  campeggio
regolarmente autorizzato, unita' abitative prefabbricate  del  genere
case mobili, tutte collegate  a  opere  di  urbanizzazione  primaria,
consistenti nelle reti idrica, elettrica e fognaria, in assenza della
prescritta concessione  edilizia  e  in  zona  sottoposta  a  vincolo
paesaggistico; 
    che   in   applicazione   della   norma   regionale    sospettata
d'incostituzionalita', anche a  fronte  dell'installazione  duratura,
all'interno di  strutture  turistico-ricettive  all'aria  aperta,  di
numerose strutture (roulotte, camper, maxicaravan, case mobili) e del
conseguente fabbisogno di opere d'urbanizzazione primaria in  un'area
non   urbanizzata   o   parzialmente    urbanizzata,    in    assenza
dell'autorizzazione comunale, non e' ravvisabile  la  contravvenzione
di lottizzazione abusiva; 
    che la norma censurata,  restringendo  l'ambito  di  applicazione
della   contravvenzione   di   lottizzazione   abusiva,   sembrerebbe
determinare una non consentita invasione, da  parte  del  legislatore
della Regione  autonoma  Sardegna,  della  competenza  nella  materia
dell'ordinamento penale, riservata in via  esclusiva  al  legislatore
statale dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; 
    che, inoltre, risulterebbe leso  anche  l'art.  3  dello  statuto
speciale di autonomia, in quanto le disposizioni di rango legislativo
contenute nel d.P.R. n. 380 del 2001 che individuano  gli  interventi
di  trasformazione  urbanistica  del  territorio  subordinandoli   al
conseguimento di un  titolo  edilizio  (si  tratti  del  permesso  di
costruire, della denuncia d'inizio  attivita'  e,  ora,  della  SCIA,
segnalazione certificata d'inizio attivita') e  il  connesso  sistema
sanzionatorio, anche amministrativo, costituiscono, per le regioni  a
statuto speciale, anche con competenza esclusiva  in  materia,  norme
fondamentali di riforma economico-sociale; 
    che, secondo il rimettente, la norma in  esame  violerebbe  anche
l'art. 3 Cost. poiche' in Sardegna nessun trattamento  sanzionatorio,
penale o amministrativo, e' previsto,  in  caso  d'installazione  dei
manufatti e delle strutture previsti dalla disposizione se  collocati
nelle aziende di cui si e' detto, a differenza di quanto avviene, non
solo nella stessa Regione al di fuori delle aziende in questione,  ma
anche nel resto del territorio nazionale; 
    che il rimettente precisa, quanto alla rilevanza della questione,
che i reati contestati all'imputato nel giudizio  a  quo  sono  stati
commessi prima  dell'entrata  in  vigore  della  norma  regionale  in
oggetto e che non si e' in presenza di un fenomeno di successione  di
leggi penali nel tempo, riconducibile all'art. 2, secondo comma, cod.
pen., in quanto la disposizione regionale non avrebbe natura penale; 
    che, tuttavia, il reato di lottizzazione abusiva, nell'ipotesi di
condanna e, comunque, in tutti i casi in cui il fatto sia  accertato,
prevede la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere
su di essi costruite e tale confisca non potrebbe essere disposta  in
presenza  di  una  legge,  anche  regionale,  che   rende   legittima
un'attivita' integrante gli estremi di una lottizzazione abusiva; 
    che la rilevanza della  questione  sarebbe  ancor  piu'  evidente
qualora si volesse ritenere che la disposizione di cui si  tratta  ha
determinato un fenomeno di successione  di  leggi  penali  nel  tempo
riconducibile all'art. 2,  secondo  comma,  cod.  pen.,  per  la  sua
incidenza sul piano del giudizio di colpevolezza; 
    che, in data  30  ottobre  2012,  si  e'  costituita  la  Regione
autonoma  Sardegna  concludendo  nel  senso  dell'inammissibilita'  o
dell'infondatezza  della  questione  sollevata   dal   Tribunale   di
Oristano; 
    che, in via pregiudiziale, osserva la resistente  che  osta  allo
scrutinio del merito delle  questioni,  in  primo  luogo,  la  totale
assenza  di  un'autentica  motivazione  in  punto  di  non  manifesta
infondatezza avendo il rimettente motivato solo per relationem; 
    che altra ragione di manifesta inammissibilita' consisterebbe nel
difetto di descrizione dei fatti di causa in  quanto  il  rimettente,
per  motivare  la  rilevanza  della  questione,  fa  riferimento   ad
un'istanza di cui non vi e'  alcuna  traccia  nella  descrizione  del
fatto; 
    che   la   questione   sarebbe    ulteriormente    manifestamente
inammissibile  anche  perche'  meramente  ipotetica  ed  eventuale  e
prospettata in forma  ancipite  e  perplessa,  con  riferimento  alla
valutazione circa sia l'esistenza del reato,  sia  la  natura  penale
della norma impugnata, non  essendovi  certezza  sull'interpretazione
che il Tribunale di Oristano da' della vicenda normativa; 
    che  vi  sarebbe  anche  un'intrinseca  contraddittorieta'  nella
motivazione dell'ordinanza, in quanto il rimettente dapprima  afferma
che la norma censurata viola  la  competenza  statale  nella  materia
dell'ordinamento penale e poi, nel prosieguo, afferma che la medesima
norma «non  ha  natura  penale,  limitandosi  solo  indirettamente  a
incidere sull'ambito applicativo dei reati di cui si e' detto»; 
    che il rimettente, pur ritenendo che la rilevanza della questione
sarebbe ancor piu' significativa ove  alla  norma  censurata  dovesse
riconoscersi natura penale, non sviluppa  alcuna  argomentazione  per
dimostrare come e perche', a fronte di una consolidata giurisprudenza
di segno contrario, potrebbe formularsi, al  Giudice  costituzionale,
la richiesta di una pronuncia in malam partem; 
    che, infine, la Regione eccepisce  anche  che  il  rimettente  ha
sollevato una questione di  mero  fatto,  in  quanto  e'  chiamato  a
giudicare  se  i  manufatti  oggetto  della  contestazione  hanno  un
collegamento permanente con il terreno e  possano  o  meno  rientrare
nella previsione astratta della norma censurata; 
    che, nel merito, la  questione  sarebbe  comunque  infondata,  in
quanto la norma censurata rientrerebbe senz'altro  nell'ambito  della
competenza legislativa  esclusiva  della  Regione  autonoma  Sardegna
nelle materie  «urbanistica  ed  edilizia»  e  «turismo  e  industria
alberghiera» di cui all'art. 3, comma 1, rispettivamente lettere f) e
p), dello statuto speciale; 
    che questo tipo di  normativa  sarebbe  di  competenza  regionale
trattandosi di disciplina di dettaglio avente ad  oggetto  specifiche
tipologie di interventi edilizi realizzati in contesti ben definiti e
circoscritti (viene citata la sentenza n. 278 del 2010); 
    che  la  disposizione  censurata  non  invaderebbe   gli   ambiti
riservati allo Stato nella materia «ordinamento penale», come afferma
il rimettente, e non vi sarebbe nessuna ingerenza  nella  definizione
del contenuto dell'ordinamento penale riservata allo Stato; 
    che la resistente richiama anche la giurisprudenza costituzionale
secondo cui non basta che una  legge  regionale  determini  indirette
conseguenze in materia penale perche' si possa concludere che essa ha
invaso il campo riservato alla legislazione statale (sentenza n.  487
del 1989); 
    che  altrettanto  infondata  sarebbe  la  censura  relativa  alla
violazione del principio d'eguaglianza, in  quanto  l'art.  20  della
legge reg. n. 21 del 2011 contiene norme generali e astratte, che non
implicano alcuna discriminazione ne'  garantiscono  alcun  privilegio
singolare; 
    che, in particolare, non vi sarebbe violazione del  principio  di
ragionevolezza, in quanto la norma  si  limita  a  disciplinare  «gli
allestimenti  mobili  di  pernottamento»,  imponendo   l'assenza   di
collegamenti  permanenti  al  terreno  e  realizzando   un   coerente
bilanciamento tra l'interesse alla promozione del  turismo  e  quello
alla tutela paesaggistica del territorio; 
    che, con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione ribadisce le proprie argomentazioni circa  l'inammissibilita'
e l'infondatezza delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di
Oristano; 
    che, in particolare, la parte resistente, ad  ulteriore  conferma
dell'inammissibilita' della questione per irrilevanza, rileva che  la
Corte di Cassazione ha scrutinato un caso di abuso edilizio  identico
a quello in esame e ha ritenuto che  in  tali  casi  la  disposizione
censurata non possa trovare applicazione (Cassazione penale, sentenza
n. 4129 del 2013). 
    Considerato  che  il  Tribunale  ordinario   di   Oristano,   nel
procedimento penale a carico di B. F. Q.  A.,  con  ordinanza  dell'8
febbraio 2012 ha sollevato questione di legittimita' - in riferimento
agli articoli 3, 25, secondo comma, 117, secondo comma,  lettera  l),
della Costituzione e 3, primo comma, della  legge  costituzionale  26
febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale   per   la   Sardegna)   -
dell'articolo 20 della  legge  della  Regione  autonoma  Sardegna  21
novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla  legge  regionale
n. 4 del 2009, alla legge  regionale  n.  19  del  2011,  alla  legge
regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22  del  1984,  ed
altre norme di carattere urbanistico), nella  parte  in  cui  dispone
che: «Fatto  salvo  quanto  previsto  nel  presente  articolo,  nelle
aziende ricettive all'area  aperta  regolarmente  autorizzate  e  nei
limiti della ricettivita' autorizzata,  gli  allestimenti  mobili  di
pernottamento,   quali   tende,   roulotte,   caravan,    mobil-home,
maxicaravan o  case  mobili  e  pertinenze  ed  accessori  funzionali
all'esercizio dell'attivita', sono diretti a soddisfare  esigenze  di
carattere turistico meramente temporanee e, anche se collocati in via
continuativa,  non   costituiscono   attivita'   rilevante   a   fini
urbanistici, edilizi e paesaggistici. A tal  fine  tali  allestimenti
devono: a) conservare i meccanismi di rotazione in funzione;  b)  non
possedere alcun collegamento di natura permanente al  terreno  e  gli
allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e  le  pertinenze
devono essere rimovibili in ogni momento»; 
    che una prima censura ha ad oggetto la violazione degli artt. 25,
secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  non  essendo
consentito al legislatore regionale dettare norme in materia penale; 
    che, in particolare, l'art. 20 della legge reg. n. 21  del  2011,
nell'escludere  la  rilevanza  ai   fini   edilizi,   urbanistici   e
paesaggistici  dell'allestimento  in  strutture   turistico-ricettive
all'aria aperta dei manufatti ivi indicati, e  in  particolare  delle
case mobili, introdurrebbe una deroga all'art. 3,  comma  1,  lettera
e), numero 5, del decreto del Presidente della  Repubblica  6  giugno
2001,  n.  380  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari  in  materia  edilizia  -  Testo  A),   che   qualifica
intervento di nuova costruzione la collocazione dei manufatti e delle
strutture ivi indicati qualora  gli  stessi  non  siano  destinati  a
soddisfare esigenze di carattere  temporaneo,  e  cosi'  sottrarrebbe
tali fattispecie dal novero degli interventi  di  nuova  costruzione,
subordinati, ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.P.R.  n.  380  del
2001, al permesso di costruire; 
    che, inoltre, risulterebbe violato anche l'art. 3  dello  statuto
speciale di autonomia, in quanto le disposizioni di rango legislativo
contenute nel d.P.R. n. 380 del 2001 che individuano  gli  interventi
di  trasformazione  urbanistica  del  territorio  subordinandoli   al
conseguimento di un  titolo  edilizio  (si  tratti  del  permesso  di
costruire, della denuncia d'inizio  attivita'  e,  ora,  della  SCIA,
segnalazione certificata d'inizio attivita') e  il  connesso  sistema
sanzionatorio, anche amministrativo, costituiscono, per le regioni  a
statuto speciale, anche con competenza esclusiva  in  materia,  norme
fondamentali di riforma economico-sociale; 
    che, infine, il rimettente lamenta anche la violazione  dell'art.
3 Cost. per la disparita' di trattamento  che  la  norma  prevedrebbe
sotto il profilo sanzionatorio,  penale  o  amministrativo,  in  caso
d'installazione  dei  manufatti  e  delle  strutture  nelle   aziende
turistico ricettive, a differenza di quanto avviene, non  solo  nella
stessa Regione al di fuori delle aziende in questione, ma  anche  nel
resto del territorio nazionale; 
    che la Regione Sardegna, costituitasi nel giudizio,  ha  eccepito
plurimi motivi di inammissibilita'; 
    che, in particolare, secondo la  parte  resistente  la  questione
sarebbe manifestamente inammissibile perche' meramente  ipotetica  ed
eventuale e prospettata in forma ancipite e perplessa con riferimento
alla valutazione circa sia  l'esistenza  del  reato,  sia  la  natura
penale   della    norma    impugnata,    non    essendovi    certezza
sull'interpretazione che il Tribunale ordinario di Oristano da' della
vicenda normativa; 
    che  vi  sarebbe  anche  un'intrinseca  contraddittorieta'  nella
motivazione dell'ordinanza, in quanto il rimettente dapprima  afferma
che la norma censurata viola  la  competenza  statale  nella  materia
dell'ordinamento penale e poi, nel prosieguo, afferma che la medesima
norma «non  ha  natura  penale,  limitandosi  solo  indirettamente  a
incidere sull'ambito applicativo dei reati di cui si e' detto»; 
    che il rimettente, pur ritenendo che la rilevanza della questione
sarebbe ancor piu' significativa ove  alla  norma  censurata  dovesse
riconoscersi natura penale, non motiva in  ordine  alle  ragioni  che
consentirebbero di formulare la richiesta di una pronuncia  in  malam
partem; 
    che, infine, la Regione eccepisce  anche  che  il  rimettente  ha
sollevato una questione  di  mero  fatto  in  quanto  e'  chiamato  a
giudicare se i  manufatti  oggetto  della  contestazione  abbiano  un
collegamento permanente con il  terreno  e  possano  rientrare  nella
previsione astratta della norma censurata; 
    che le eccezioni di manifesta  inammissibilita'  sollevate  dalla
Regione Sardegna sono fondate; 
    che, in primo luogo, il rimettente, non spiega perche'  la  norma
censurata dovrebbe trovare applicazione nel caso  sottoposto  al  suo
esame nonostante egli stesso  affermi  che  le  case  mobili  oggetto
dell'imputazione: a) hanno meccanismi che  non  consentono  in  alcun
modo il traino su strada; b) possono essere trasportate solo sopra un
veicolo idoneo a portarle a destinazione; c) una volta appoggiate  al
suolo, sono destinate a non essere  piu'  rimosse,  se  non  in  casi
eccezionali,  in  nulla  differenziandosi   da   una   normale   casa
prefabbricata;  d)   sono   tutte   collegate   mediante   opere   di
urbanizzazione primaria alle reti idrica, elettrica e fognaria; 
    che il rimettente mostra di conoscere il consolidato orientamento
della Corte di Cassazione secondo il quale nei casi  come  quello  al
suo esame si e' in presenza di interventi di  nuova  costruzione  che
necessitano del titolo  abilitativo  (da  ultimo  Cassazione  penale,
sentenza   n.   4129   del   2013,   che   conferma   la   precedente
giurisprudenza); 
    che, dunque, vi e' una  intrinseca  contraddizione  nel  percorso
argomentativo  del  rimettente,  che  si  traduce  in   insufficiente
motivazione in ordine alla rilevanza della questione sollevata; 
    che  il  rimettente  incorre  in  una  ulteriore   contraddizione
allorquando, da un lato, censura la norma per violazione degli  artt.
25, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  perche'
il legislatore regionale non puo' dettare norme in materia penale, e,
dall'altro, nel motivare circa la rilevanza, afferma che la norma non
ha natura penale e,  quindi,  non  e'  soggetta  al  principio  della
retroattivita' della norma  penale  piu'  favorevole,  tanto  che  la
questione sarebbe rilevante solo in relazione  alla  possibilita'  di
procedere alla confisca dei terreni; 
    che il giudice del Tribunale ordinario  di  Oristano,  esaminando
anche la possibilita' che  invece  trovi  applicazione  il  principio
della retroattivita' della norma penale piu'  favorevole,  affermando
che in tal caso la questione sarebbe ancor piu' rilevante perche' gli
imputati  dovrebbero  essere  assolti  in  applicazione  della  norma
censurata,  non  scioglie  il  dubbio  circa   l'applicabilita'   del
principio della lex mitior alla norma regionale e, nell'ipotesi della
sua applicabilita', non si pone alcun problema di ammissibilita'  del
sindacato costituzionale  sulle  norme  penali  che  introducono  una
disciplina piu' favorevole, sicche', pure sotto  questo  aspetto,  la
motivazione sulla rilevanza risulta evidentemente perplessa, parziale
e inadeguata (per un caso analogo, ordinanza n. 314 del 2012). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  20  della  legge   della
Regione autonoma Sardegna  21  novembre  2011,  n.  21  (Modifiche  e
integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale
n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28  del  1998  e  alla  legge
regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di  carattere  urbanistico),
sollevata, in riferimento agli articoli 3, 25,  secondo  comma,  117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione e 3, primo comma, della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna), dal Tribunale ordinario di Oristano con l'ordinanza di cui
in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI