N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 2013
Ordinanza del 28 febbraio 2013 emessa dal Tribunale di Melfi sul reclamo proposto da Di Tolve Rosina contro Comune di Rapolla. Edilizia e urbanistica - Edilizia residenziale pubblica - Norme della Regione Basilicata - Provvedimento di rilascio dell'alloggio occupato sine titulo emesso dal legale rappresentante dell'Ente gestore - Prevista efficacia di titolo esecutivo, senza graduazioni o proroghe nei confronti dell'assegnatario e di chiunque occupi l'alloggio - Violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia di giurisdizione e norme processuali. - Legge della Regione Basilicata 18 dicembre 2007, n. 24, art. 34, comma 2. - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. l).(GU n.28 del 10-7-2013 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva dell'udienza del 14 febbraio 2013, in relazione al procedimento civile n. 77/2013 R.G. affari civili contenziosi, osserva quanto segue. Di Tolve Rosina proponeva opposizione avverso l'atto di precetto notificatole in data 26 ottobre 2012, con il quale il Comune di Rapolla le intimava il rilascio dell'alloggio ubicato in Rapolla (PZ) alla Piazza della Liberta' n. 18 e dell'annesso locale pertinenziale, instando per la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo (cosi' dovendosi interpretare l'istanza di sospensione dell'esecuzione, contenuta nell'atto di citazione, posto che l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c., nella specie non ancora eseguita all'epoca del deposito in cancelleria dell'atto di citazione contenente la suddetta opposizione). L'attrice allegava a sostegno dell'opposizione: a) la carenza di titolo esecutivo, attesa l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 legge Regionale della Basilicata n. 24/2007, nella parte in cui rinvia all'art. 11, comma 12, decreto del Presidente della Repubblica n. 1035/1972, cosi' violando l'art. 108 Cost., per il quale la materia giurisdizionale e' coperta da riserva di legge statale; b) la successione ex lege nel contratto di locazione concluso tra il proprio coniuge, Intana Biagio, ed il Comune di Rapolla; c) il suo diritto a pennanere nel godimento dell'immobile, essendo sussistenti i requisiti previsti dall'art. 39 Legge Regionale della Basilicata in tema di sanatoria. L'Ente intimante si costituiva in giudizio mediante apposita comparsa, con la quale contestava, con varie argomentazioni, la fondatezza dell'opposizione, invocando il rigetto dell'istanza di sospensione ivi formulata. Il Giudice di prime cure, con ordinanza in data 04/08.01.2013, rigettava l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Avverso tale ordinanza la Di Tolve, con ricorso in data 23 gennaio 2013, proponeva reclamo al Collegio, inteso ad ottenere la riforma del provvedimento impugnato e l'accoglimento dell'istanza di sospensione gia' formulata dinanzi al Giudice di prime cure, reiterando le argomentazioni difensive gia' addotte in quella sede. Si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimante, chiedendo, in via preliminare, di dichiarare inammissibile il reclamo «per inapplicabilita' della disciplina dettata dagli artt. 624 e 669-terdecies alla fattispecie in esame, nonche' per tardiva presentazione del reclamo stesso, ed eventualmente la competenza del giudice dell'esecuzione a decidere sull'istanza di sospensiva»; nel merito, di rigettare il reclamo, sulla base di varie argomentazioni conformi a quelle spiegate dinanzi al Giudice di prime cure. Si devono esaminare, anzitutto, le questioni preliminari sollevate dalla parte reclamata. L'eccezione di tardivita' del reclamo non e' fondata, risultando dagli atti di causa che l'ordinanza impugnata e' stata depositata in cancelleria in data 8 gennaio 2013 e che il reclamo e' stato proposto in data 23 gennaio 2013, nel rispetto, quindi, del termine di 15 giorni previsto dall'art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c.. Quanto, poi, all'eccezione di inammissibilita' del reclamo fondata sull'argomentazione che l'art. 624, comma 2, c.p.c. ammette il reclamo al collegio solo contro l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione dell'esecuzione, e non anche contro quella che provvede sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento del precetto, si deve osservare che, secondo la giurisprudenza di legittimita', «E' inammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111, settimo comma, Cost., contro l'ordinanza con cui il tribunale, ai sensi dell'art. 624, secondo comma, cod. proc. civ. nel testo sostituito dall'art. 2, comma 3 lett. e), del dl. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80 del 2005 e poi modificato dall'art. 18 della legge n. 52 del 2006, respinga il reclamo avverso l'ordinanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esecutivo, emessa dal giudice dell'esecuzione a seguito dell'opposizione proposta ai sensi dell'art. 615 cod. proc.civ. trattandosi di provvedimento privo di natura definitiva e decisoria, avente natura cautelare e provvisoria. Il predetto principio si applica tanto nell'ipotesi di sospensione disposta in sede di opposizione all'esecuzione non iniziata, sia quando la sospensione sia disposta ad esecuzione gia' iniziata» (Cass., sez. III, n. 22488 del 22/10/2009). La Corte di cassazione, quindi, ritiene - con orientamento che il giudicante condivide - che il reclamo avverso l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione sia ammissibile, sia qualora l'esecuzione non sia ancora iniziata (opposizione c.d. «preventiva», come nel caso di specie), sia quando l'esecuzione sia gia' iniziata (opposizione c.d. «contestuale o repressiva»). Si deve ritenere, infatti, che tale reclamabilita', pur non essendo espressamente prevista dalla norma in esame, derivi da un'interpretazione complessiva del sistema e dall'applicazione analogica dell'art. 624, comma 2, c.p.c., onde evitare un vuoto di tutela irragionevole e sospettabile di illegittimita' costituzionale. Nel merito, si deve, anzitutto, ritenere di dover condividere quanto affermato dal Giudice di prime cure in ordine alla pretesa successione ex lege della reclamante nel contratto di locazione stipulato tra il di lei marito, Intana Biagio, ed il Comune di Rapolla. Si deve osservare, a tale riguardo, che, ai sensi dell'art. 6 legge n. 392/1978, «In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo». Nel caso di specie, l'assegnazione dell'immobile in questione all'odierna reclamante era stata disposta con sentenza n. 356/2000 del 3 ottobre 2000, emessa all'esito del giudizio di separazione, e successivamente revocata con ordinanza del 24 ottobre 2007, resa nell'ambito del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si deve ritenere, tuttavia, che l'originario provvedimento di assegnazione non abbia prodotto l'effetto di determinare il subentro della reclamante, ai sensi dell'art. 6 legge n. 392/78, nel contratto di cui era titolare il marito, giacche' tale subentro presuppone la sussistenza di un contratto di locazione in corso tra le parti, mentre, nella specie, al marito della Di Tolve faceva capo soltanto una situazione di occupazione de facto dell'immobile gia' condotto in locazione, essendo stato quel contratto dichiarato risolto, per grave inadempimento del conduttore, Intana Biagio, a far data dal 15 febbraio 1994, giusta sentenza n. 479/2002, pronunciata dal Tribunale di Melfi in data 4 dicembre 2002 (cfr., in una fattispecie, per certi versi, analoga a quella oggetto di odierno scrutinio, Cass. n. 1952/09). Di tanto si trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimita', secondo cui «La sentenza che pronuncia la risoluzione per inadempimento di un contratto ad esecuzione continuata o periodica, sebbene costitutiva, ha efficacia retroattiva ex art. 1458 cod. civ. solo dal momento dell'inadempimento (non estendendo i propri effetti alle prestazioni gia' eseguite) (...)» (Cass., sez. III, n. 5771 del 10 marzo 2010). Si deve ritenere, quindi, che non sussista il c.d. fumus boni juris, in relazione all'asserito diritto della reclamante di godere dell'immobile in virtu' del contratto di locazione stipulato tra il Comune di Rapolla ed il suo ex marito, Intana Biagio, cui ella sarebbe subentrata ex lege. Si deve, tuttavia, esaminare, altresi', sempre sul piano del fumus boni juris, la questione sollevata dalla parte reclamante in relazione alla legittimita' costituzionale dell'art. 34 Legge Regionale della Basilicata n. 24/2007. Tale norma stabilisce che «1. Salvo quanto previsto negli articoli che precedono, il legale rappresentante dell'Ente gestore dispone, con proprio provvedimento, il rilascio degli immobili occupati senza titolo. (...). 2. Al provvedimento con cui si dispone il rilascio si applica il dodicesimo comma dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972 n. 1035». Tale ultima norma, a sua volta, dispone che «Il decreto del presidente dell'Istituto autonomo per le case popolari (...) costituisce titolo esecutivo nei confronti dell'assegnatario e di chiunque occupi l'alloggio e non e' soggetto a graduazioni o proroghe». Applicando tali norme si attribuirebbe, quindi, al provvedimento di rilascio emesso dal Comune di Rapolla rente gestore»], in data 09.08.2012 con protocollo n. 4557, la qualita' di «titolo esecutivo», sulla base del quale poter emettere l'atto di precetto (del successivo 26 ottobre 2012) oggetto del presente giudizio. Parte reclamante sostiene l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 in questione (nella parte in cui rinvia all'art. 11, comma 12, decreto del Presidente della Repubblica l'art. 108 Cost., con la conseguente carenza di un titolo esecutivo posto a fondamento dell'atto di precetto. La questione di legittimita' costituzionale non appare manifestamente infondata, sebbene la parte reclamante abbia errato nell'individuare come parametro di rifermento la norma di cui all'art. 108 Cost., riguardante la materia dell'ordinamento giudiziario. Si deve rilevare, infatti, che, ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost., «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...); l)giurisdizione e norme processuali (...)». La norma dell'alt. 34, comma 2, della Legge Regionale della Basilicata n. 24/2007, prevedendo che al provvedimento di rilascio emesso dal Comune, nella sua qualita' di «ente gestore», si applichi l'art. 11, comma 12, D.P.R. n. 1035/1972, dispone, in sostanza, che tale provvedimento di rilascio debba essere qualificato come «titolo esecutivo». Tale norma, in quanto equiparabile, ad esempio, a quella di cui all'art. 474, comma 2, c.p.c. (contenente un elenco dei principali titoli esecutivi: sentenze, scritture private autenticate, cambiali, atti ricevuti da notaio), appare qualificabile come «norma processuale», rispetto alla quale sussiste il potere legislativo esclusivo dello Stato, con la conseguenza che non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale che ponga una tale norma processuale, per violazione dell'alt. 117, comma 2, lett. 1), Cost.. Il giudicante e' consapevole della possibilita' di considerare la norma costituzionalmente legittitna, in virtu' del richiamo operato dall'art. 474, comma 2, c.p.c., secondo cui «Sono titoli esecutivi: (...) i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisca espressamente efficacia esecutiva». Si potrebbe argomentare, infatti, che, essendo la stessa legge statale a prevedere cio', il rinvio alla «legge» operato dalla norma appena riportata potrebbe anche essere considerato come riferibile sia alla legge statale che alla legge regionale. Spetta, tuttavia, al Giudice delle leggi interpretare l'art. 117, comma 2, lett. 1), Cost., al fine di stabilire se tale norma costituzionale consenta di ritenere legittimo il rinvio eventualmente operato dalla legge statale alla legge regionale. Cio' posto sul piano del fiunus boni juris, il giudicante ritiene di dover verificare se sussista, nel caso di specie, anche il requisito del periculum in mora. Tanto si deve ritenere anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui «il giudice [amministrativo, nel caso concreto portato all'attenzione della Consulta, n. d.e.] ben puo' sollevare questione di legittimita' costituzionale in sede cautelare, sia girando non provveda sulla domanda cautelare, sia quando conceda la relativa misura, purche' tale concessione non si risolva, per le ragioni addotte a suo fondamento, nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il giudice amministrativo fruisce: con la conseguenza che la questione di legittimita' costituzionale e' inammissibile - oltre che, ovviamente, se la misura e' espressamente negata (ordinanza n. 82 del 2005) - quando essa sia concessa sulla base di ragioni, quanto al fwnus boni juris, che prescindono dalla non manifesta infondatezza della questione stessa (sentenza n. 451 del 1993); la potestas judicandi ,non puo' ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare e' fondata, quanto al fumus boni juris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, dovendosi in tal caso la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 444 del 1990; n. 367 del 1991; numeri 24, 30 e 359 del 1995; n. 183 del 1997; n. 4 del 2000)» (Corte costituzionale del 27 gennaio 2006, n. 25). Essendo, quindi, riconosciuto il potere del giudice di sollevare una questione di legittimita' costituzionale anche in sede cautelare, si deve esaminare se, nel caso concreto, sussista anche il requisito del periculum in mora, al fine di delibare la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Parte reclamante ha dedotto e provato documentalmente di essere percettrice di un reddito estremamente basso, quantificato, in applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (c.d. ISEE) nella misura di t. 1.620,00 annui (corrispondenti a circa €. 135,00 mensili), che assai difficilmente le consentirebbe di rinvenire agevolmente sul libero mercato un'abitazione dignitosa, con la conseguenza del mancato soddisfacimento del diritto fondamentale, costituzionalmente tutelato, all'abitazione (cfr. art. 47, comma 2, Cost.). Pertanto, dovendo ritenersi sussistente anche il requisito del periculuni in mora, si deve concludere per la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale precedentemente evidenziata. In applicazione della richiamata giurisprudenza del Giudice delle leggi, il Tribunale, nel dichiarare non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, della Legge Regionale della Basilicata n. 24 del 18 dicembre 2007, in relazione all'alt. 117, comma 2, lett. 1), Cost., ritiene di dover concedere la misura cautelare consistente nella provvisoria sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo in questione, fino alla ripresa del presente giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Sospende provvisoriamente, sino alla ripresa del giudizio dopo l'incidente di legittimita' costituzionale, l'efficacia esecutiva del provvedimento emesso dal Comune di Rapolla in data 9 agosto 2012, prot. n. 4557; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'ad. 34, co. 2, della Legge Regionale della Basilicata n. 24 del 18 dicembre 2007, in relazione all'art. 117, co. 2, lett. l), Cost.; Sospende il procedimento in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente della Giunta Regionale della Regione Basilicata, e comunicata al Presidente del Consiglio Regionale della Regione Basilicata. Cosi' deciso in Melfi, il 14 febbraio 2013. Il Presidente: Cristino