N. 164 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 2013

Ordinanza dell'11 aprile 2013 emessa dal Tribunale di  amministrativo
regionale di Calabria - sez. staccata di Reggio Calabria sul  ricorso
proposto da Z.C. contro Agenzia Nazionale per l'amministrazione e  la
destinazione dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'
organizzata.. 
 
Giustizia amministrativa - Riordino  del  processo  amministrativo  -
  Controversie   attribuite   alla    giurisdizione    del    giudice
  amministrativo derivanti dall'applicazione del Titolo II del  libro
  III del decreto legislativo 6  settembre  2011,  n.  159,  relativo
  all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la  destinazione  dei
  beni sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'  organizzata  -
  Devoluzione  alla  competenza  inderogabile  del  T.A.R.  Lazio   -
  Violazione del principio di  uguaglianza  sotto  il  profilo  della
  ragionevolezza - Incidenza sul diritto di azione  e  di  difesa  in
  giudizio  -  Violazione  del  principio  del  giudice  naturale   -
  Violazione del principio  di  ragionevole  durata  del  processo  -
  Lesione del principio di pari dignita' degli  organi  di  giustizia
  amministrativa di primo grado. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 135, comma 1, lett.
  p), e art. 14. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111 e 125. 
Subordinatamente: Giustizia amministrativa -  Riordino  del  processo
  amministrativo   -   Competenza    territoriale    dei    Tribunali
  amministrativi  regionali  -  Competenza  territoriale   funzionale
  inderogabile  del  T.A.R.  Lazio  per  le   controversie   indicate
  dall'art. 135 del d.lgs. n. 104 del 2010 e dalla legge - Disciplina
  del rilievo  dell'incompetenza  -  Disciplina  del  regolamento  di
  competenza - Eccesso di delega. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 13, 14, 15 e 16. 
- Costituzione, art. 76. 
(GU n.28 del 10-7-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 35 del 2013, proposto da: C.  Z.,  rappresentata  e
difesa dagli avv. Salvatore Longo e Francesco Collia,  con  domicilio
eletto presso Segreteria T.A.R. in Reggio Calabria,  viale  Amendola,
8/B; 
    Contro Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la  destinazione
dei beni sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'  organizzata,
rappresentata e  difesa  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
presso i cui Uffici siti in Reggio Calabria, via del  Plebiscito,  15
e' per legge domiciliata; 
    Per l'annullamento del provvedimento  di  sfratto  amministrativo
emesso dal Direttore dell'Agenzia Nazionale in data 3 dicembre  2012,
notificato il giorno successivo, con il quale e' stato ordinato  alla
sig.ra Z. C., e a chiunque altro lo  occupi,  il  rilascio  entro  il
termine di giorni 30 dalla notifica dell'appartamento confiscato sito
in S. alla C. S. M., foglio 9, particella 387, disponendosi  in  caso
di inottemperanza l'esecuzione dello sgombero forzoso nei termini  di
legge, con l'assistenza delle Forze dell'Ordine,  da  effettuarsi  il
20° giorno successivo alla data di scadenza del suddetto  termine;  e
di ogni altro atto presupposto o provvedimento connesso,  prodromico,
conseguente e/o consequenziale. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2013 il
dott. Caterina Criscenti e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1.  E'  impugnato,  con  richiesta  incidentale  di   sospensione
cautelare  della  sua  efficacia,  un  provvedimento  del   Direttore
dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e  la  destinazione  dei
beni sequestrati e confiscati, con sede in Reggio  Calabria,  con  il
quale  e'  ordinato,  alla  ricorrente,  Z.  C.,  di  rilasciare   un
appartamento sito in S., C., S., M., al fg. 9, p.lla  387,  bene  che
l'Agenzia  assume  essere  oggetto  del  provvedimento  di   confisca
disposto in via definitiva dalla Cassazione, con sentenza n. 1371 del
5 ottobre 2011, in danno di A, G. 
    Si e' costituita l'avvocatura distrettuale dello Stato di  Reggio
Calabria    nell'interesse    dell'intimata    Agenzia,     eccependo
preliminarmente   l'incompetenza   territoriale   del   Tar    adito,
appartenendo la controversia alla competenza del Tar Lazio, ai  sensi
dell'art. 135, lettera p), c.p.a.. 
    Nel merito la difesa dell'Agenzia  ha  contestato  la  fondatezza
dell'impugnativa, concludendo per il suo tratto. 
    2. Occorre  preliminarmente  prendere  in  esame  l'eccezione  di
incompetenza, espressamente formulata dalla parte resistente. 
    Stabilisce,    infatti,    l'art.     15     c.p.a,     ("Rilievo
dell'incompetenza"),  come  novellato  dal  decreto  legislativo   14
settembre 2012 n. 160, che "in ogni  caso  il  giudice  decide  sulla
competenza prima di provvedere sulla  domanda  cautelare  e,  se  non
riconosce la propria competenza ai sensi degli artt.  13  e  14,  non
decide  sulla  stessa".  Parallelamente  il  comma  4  dell'art.  13,
anch'esso novellato nel 2012, statuisce che "la competenza di cui  al
presente articolo e all'art. 14 e' inderogabile anche in ordine  alle
misure cautelari". 
    La presente controversia rientra, in effetti,  nel  novero  degli
affari  ricomprasi  nella   competenza   funzionale   del   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, di cui all'art.  14
c.p.a., che vi include tutte "le controversie  indicate  dal'articolo
135  e  dalla  legge"  e  fra  queste  quelle  concernenti   l'azione
dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e  la  destinazione  dei
beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata, che gia'
la legge istitutiva dell'Agenzia del 2010, ora confluita nel  decreto
legislativo  6  settembre  2011,  n,  159,  c.d.  Codice   antimafia,
devolveva alla competenza del Tar Lazio. 
    Segnatamente la lettera p), del comma 1 dell'art.  135  c.p.a.  -
nella sua attuale formulazione - assegna alla  competenza  funzionale
inderogabile  del  Tar  Lazio  "le   controversie   attribuite   alla
giurisdizione del giudice amministrativo derivanti  dall'applicazione
del Titolo II del Libro III del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 159, relative all'Agenzia nazionale  per  l'amministrazione  e  la
destinazione dei  beni  sequestrati  e  confiscati  dia  criminalita'
organizzata",   Agenzia   che,   fra   i   suoi   compiti,    include
l'amministrazione e la destinazione dei beni  confiscati  (art.  110,
comma 2, decreto legislativo n. 159 cit.). 
    All'art. 135, lett. p), fa ora richiamo anche l'art.  114,  comma
1, decreto legislativo n. 159/11, intitolato "Foro esclusivo". 
    Prima  dell'emanazione  del  Codice  antimafia  la   lettera   p)
dell'art. 135 faceva comunque riferimento alle controversie derivanti
dall'applicazione  del  decreto-legge  4   febbraio   2010,   n,   4,
convertito, con modificazioni, dalla legge  31  marzo  2010,  n,  50,
istitutivo  dell'Agenzia  nazionale  per   l'amministrazione   e   la
destinazione dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'
organizzata,  che  all'art.  9  (soppresso  dell'art.  3,  comma  24,
dell'Allegato 4, decreto legislativo n. 104/10)  gia'  disponeva  che
"Per tutte le controversie attribuite  alla  cognizione  del  giudice
amministrativo derivanti dall'applicazione del presente decreto,  ivi
incluse quelle cautelati, e' competente il  tribunale  amministrativo
regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di  competenza  di
cui al presente comma sono rilevabili d'ufficio". 
    In definitiva, a far  data  dalla  istituzione  dell'Agenzia,  le
controversie derivanti dalla normativa che la riguarda, se rientranti
nella  giurisdizione  del  giudice  amministrativo,   devono   essere
conosciute dal Tar Lazio, con sede in Roma. 
    3. Tuttavia il Tribunale dubita della legittimita' costituzionale
di questa previsione con riferimento agli articoli 3, 25, 125,  24  e
111 Cost. 
    3.1. Occorre premettere che le  leggi  processuali  anteriori  al
codice,  e   segnatamente   la   legge   istitutiva   dei   tribunali
amministrativi regionali, non  contenevano  una  disciplina  generale
sulla competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio. 
    La l. 6 dicembre 1971 n. 1034, all'art. 3, ripartiva, infatti, la
competenza per territorio fra i vari tribunali regionali, prevedendo,
al comma 3, una competenza residuale del Tar con sede a Roma, per gli
atti statali. Contenuto  analogo  presenta  oggi  l'art.  13  c.p.a.,
eccezion fatta per gli effetti scaturenti  dalla  proposizione  della
lite presso un giudice incompetente, atteso  che  innovativamente  il
Codice ha optato per il regime della inderogabilita' della competenza
territoriale. 
    L'introduzione di ipotesi di competenza (intesa come)  funzionale
a favore, pressoche' esclusivamente, del Tar  Lazio,  sede  di  Roma,
prende avvio negli anni '90 ed avviene per la prima  volta  ad  opera
della l. 12 aprile 1990, n. 74, il cui art. 4, sostituendo l'art. 17,
l. 24 marzo 1958, n. 195 sul Consiglio superiore  della  magistratura
(che nella sua originaria formulazione disponeva: contro  i  predetti
provvedimenti [quelli riguardanti i magistrati], e'  ammesso  ricorso
ai Consiglio di Stato per motivi di legittimita'),  cosi'  disponeva:
Contro i predetti provvedimenti e' ammesso ricorso in primo grado  al
tribunale  amministrativo  regionale  del   Lazio   per   motivi   di
legittimita'.  Contro  le  decisioni  di  prima  istanza  e'  ammessa
l'impugnazione al Consiglio di Stato. 
    Questa normativa, che per prima ha introdotto  una  significativa
deroga al principio della  territorialita',  stabilendo  una  vera  e
propria ipotesi di competenza funzionale, non derogabile  su  accordo
delle patti, e' stata ritenuta dalla Corte costituzionale  -  cui  la
questione era stata rimessa  dal  Tar  Sicilia  -  non  contraria  al
dettato costituzionale (sent. n. 189 del 22 aprile 1992). 
    In particolare la Corte, nell'escludere il contrasto della  norma
con gli artt. 3, 24 e 125 Cost., valorizzo' a  particolare  posizione
che il Consiglio superiore della Magistratura occupa nell'ordinamento
costituzionale della Repubblica e  nell'organizzazione  dei  pubblici
poteri ed il peculiare  status  rivestito  dai  magistrati  ordinari,
particolare e differenziato,  rispetto  alla  categoria  degli  altri
pubblici dipendenti. 
    La Corte ebbe,  altresi',  a  rilevare  che  la  norma  censurata
risponde   anche   ad   "un'esigenza   largamente   avvertita   circa
l'uniformita' della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado"
e comunque non si pone in contrasto con l'art. 125, comma  2,  Cost.,
perche' "il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e' parte...,
del sistema processuale amministrativo che consta di numerosi  gangli
periferici e di uno centrale, che con quelli e' collegato -  in  base
alle regole proprie della giurisdizione amministrativa - ben oltre il
caso oggetto dell'impugnativa in esame". 
    Avveduta dottrina, rilevato fra l'altro che la  Corte  non  aveva
compiutamente  percepito  gli  esatti  termini  delle  argomentazioni
giuridiche prospettate dal giudice a quo sulla competenza funzionale,
profeticamente osservo' che il legislatore, dal dictum  della  Cotte,
avrebbe ricevuto spinte tese al rafforzamento ed  all'ampliamento  di
quella inderogabilita' cosi' inaugurata  con  la  norma  riconosciuta
legittima. 
    Gia' poco dopo la normativa concernente i magistrati ordinari, la
l. 10 ottobre 1990 n. 287, all'art. 33, riconduceva  alla  competenza
funzionale del Tar centrale  i  provvedimenti  emessi  dall'Autorita'
garante per la concorrenza ed il mercato. 
    E' bene osservare  incidentalmente  che  in  ambedue  le  ipotesi
sarebbe comunque individuabile anche una competenza "originaria"  del
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  (sia  il  CSM   che
l'Autorita' garante per la concorrenza ed il  mercato  hanno  sede  a
Roma), donde la particolarita' starebbe piuttosto  nella  sua  natura
non derogabile. 
    Successivamente numerose e variegate  tipologie  di  controversie
sono state ascritte alla competenza funzionale del Tar Lazio (anche a
prescindere dalla sede dell'autorita' emanante), sino a giungere alla
positivizzazione, con l'art.  14  c.p.a.,  di  un'autonoma  categoria
concettuale, cui fa  da  pendant  un  lungo  elenco  di  controversie
contenuto nell'art. 135 c.p.a., composto da ben diciotto punti (dalla
lettera a) alla lettera q-quater). 
    L'art. 135 c.p.a. ricomprende cosi' una congerie nutritissima  di
fattispecie (una delle quali, quella in materia di sanzioni  irrogate
dalla CONSOB, prevista da una parte della lettera c), dichiarata gia'
incostituzionale con sent. n. 162 del 27 giugno 2012), posto che -  a
parte   l'evenienza   della   connessione   fra   controversie,   non
legislativamente  affrontata,  che  ha  portato   ad   un   ulteriore
incremento delle liti da incardinare presso il Tar Lazio -  sotto  le
varie lettere del catalogo sono  spesso  incluse  piu'  tipologie  di
controversie  (cosi',  ad  esempio,  sub  lettera  a),  insieme  alle
controversie  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i  magistrati
ordinari, vi sono quelle  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i
magistrati amministrativi adottati dal Consiglio di Presidenza  della
Giustizia Amministrativa). 
    3.2. In questo  modo  ricostruita  brevemente  la  genesi  ed  il
contenuto   della   competenza   (oggi   testualmente)    «funzionale
inderogabile" del Tar Lazio, questo giudice dubita, in  primo  luogo,
della legittimita' costituzionale della previsione codicistica  nella
parte riguardante l'Agenzia  nazionale  per  l'amministrazione  e  la
destinazione dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'
organizzata (lett. p). 
    Deve segnalarsi che l'Agenzia ha la sua sede  principale  proprio
in Reggio Calabria (art. 110.  d.lgs.  n.  159/11;  con  decreto  del
Presidente della Repubblica  15  dicembre  2011  n.  235  sono  state
previste anche sedi secondarie, in un numero massimo di sei). 
    Si tratta  di  una  scelta  politica,  peculiare  ed  innovativa,
funzionale a radicare la  presenza  delle  istituzioni  in  una  zona
periferica da un punto di vista geografico, ma centrale e  nodale  da
un punto di vista delle attivita' di  contrasto  alle  organizzazioni
criminali,  rendendo  cosi'  viepiu'   concreta   e,   al   contempo,
maggiormente condivisa e percepita la lotta contro l'illegalita'. 
    Come e' riportato nella relazione per l'anno  2010  della  stessa
Agenzia (accessibile dal relativo sito istituzionale) «il  giorno  16
marzo 2010,  dando  attuazione  all'art.  1,  comma  2,  della  legge
istitutiva, e' stata inaugurata e resa operativa la  sede  di  Reggio
Calabria. Erano presenti il  Ministro  dell'Interno  e  le  Autorita'
regionali e locali. Presso la sede  di  Reggio  Calabria  sono  state
incardinate e si  sono  svolte,  nel  corso  dell'anno,  le  funzioni
operative  principali  ed   il   coordinamento   di   interventi   di
amministrazione e destinazione dei  beni",  cio'  a  testimoniare  la
rilevanza della scelta operata in  sede  di.  istituzione  di  questo
nuovo ente e l'impegno che ne e' conseguito. 
    La scelta di devolvere al Tar Lazio la cognizione  su  tutti  gli
atti dell'Agenzia che, invece, in base ai criteri ordinari ex art. 13
c.p.a., poggianti sugli indici di  collegamento  territoriale  (tanto
quello della sede dell'ente, quanto,  nel  caso  di  specie,  persino
quello degli effetti del provvedimento), spetterebbe in primis al Tar
per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, lede il canone,
desumibile  dall'art.  3  Cost.,  di  ragionevolezza  e  di  coerenza
dell'ordinamento   giuridico,   in   mancanza    di    una    ragione
giustificatrice, valida (ossia compatibile  con  la  Costituzione)  e
sufficiente per disporre la deroga. 
    Anziche', infatti, valorizzare un peculiare  legame  del  giudice
decentrato con  la  realta'  del  luogo,  in  sintonia,  ed  anzi  in
auspicabile sinergia, con quanto fatto sul piano sostanziale,  si  e'
optato per un totale accentramento delle (sole)  liti  amministrative
presso un unico giudice, non prossimo alla  vicenda  contenziosa  (e,
quindi, alle autorita' amministrative, di polizia e  giudiziaria  che
se ne sono occupate nelle fasi preliminari  alla  confisca),  pur  in
assenza di speciali esigenze di giustizia, quali quelle che la  Corte
costituzionale ha enucleato, ad esempio, con  riferimento  al  CSM  o
alla materia di cui all'art. 3, commi 2-bis, 2-ter  e  2-quater;  del
decreto-legge 30 novembre 2005,  n.  245  (Misure  straordinarie  per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  regione
Campania), commi aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006,
n. 21, scrutinata con la sentenza n. 237 del 26 giugno 2007, esigenze
che sole giustificano un siffatto eccezionale spostamento. 
    Non  assume,  infatti,  l'Agenzia   una   particolare   posizione
nell'ordinamento     costituzionale      della      Repubblica      e
nell'organizzazione  dei  pubblici  poteri,  ne'  i  destinatari  dei
provvedimenti in questione presentano un peculiare status, meritevole
di un diverso trattamento. 
    Neppure vi e' una situazione di straordinaria emergenza, come nel
caso delle misure dettate per  il  settore  dei  rifiuti,  posto  che
l'Agenzia  in  nessun  caso  puo'  essere  intesa  come  una   misura
eccezionale, ne' la c.d. "emergenza mafiosa" costituisce un  problema
di carattere temporaneo. 
    Sembra a tal proposito opportuno rammentare che la  stessa  Corte
costituzionale, con la sentenza n.  34  del  23  febbraio  2012,  nel
dichiarare incostituzionale l'intera legge della Regione  Calabria  7
marzo 2011, n. 7  (Istituzione  dell'Agenzia  regionale  per  i  beni
confiscati alle organizzazioni criminali in Calabria), per  contrasto
con l'art. 117 Cost.,  ha  tratteggiato  i  caratteri  ed  i  compiti
dell'Agenzia nazionale - avente sede principale in  Reggio  Calabria,
valorizzandone   precipuamente   il   suo    ruolo    di    contrasto
all'illegalita' rispetto alle collettivita' territoriali. 
    Anche la  giustificazione,  introdotta  dalla  Corte  in  maniera
incidentale nella sentenza n. 189 del 1992, ossia l'uniformita' della
giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado, ammesso che  in  un
ordinamento di civil law, possa essere considerato un valore cardine,
non e' di certo qui pertinente. 
    E' chiaro, infatti, intanto che essa non puo' essere invocata  ex
se e cosi' sorreggere autonomamente una deroga al criterio  ordinario
per la precostituzione del giudice, Perche'  anche  il  rispetto  del
criterio base, piu' chiaro ed oggettivo,  della  sede  dell'autorita'
emanante, garantirebbe l'obiettivo della stabilita'  delle  soluzioni
giurisprudenziali; inoltre, proprio l'individuazione  del  Tar  Lazio
quale unico giudice funzionalmente competente si presenta  antitetica
rispetto all'obiettivo indicato dalla  Corte,  poiche'  l'ampliamento
della struttura del Tar romano, in parte dovuto anche allo  smisurato
aumento, nel corso degli anni, delle sue competenze  (tribunale  oggi
composto da ben dodici sezioni, con circa cinque - sei magistrati per
sezione), unitamente al problema dell'efficiente  organizzazione  del
lavoro (compresa la necessaria rotazione delle materie e dei  giudici
fra le sezioni), fa si' che esso non si presenti in  astratto  idoneo
ad assicurare l'ambita uniformita' o,  paradossalmente,  si  presenti
addirittura come il meno idoneo. 
    Tra   l'altro,   nel   processo   amministrativo,   la   funzione
nomofilattica appartiene al giudice di appello  ed  oggi  in  special
modo all'Adunanza Plenaria (art.  99  c.p.a.),  ne'  peraltro  sembra
ipotizzabile,  a  tal  fine,  una  diversa  qualita'  del  Tar  Lazio
insediato nella capitale, con  la  configurazione  di  una  sorta  di
supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi, posto che la
selezione dei magistrati che lo compongono non presenta alcun profilo
di differenziazione rispetto a quella degli altri Tar. 
    3.3. All'irragionevolezza in termini  di  contraddizione  interna
della stessa legge disciplinante l'Agenzia,  si  accompagna  una  sua
irrazionalita' estrinseca, rispetto ad  altra  norma  costituzionale,
ossia all'art. 125 Cost.. 
    Questa norma sancisce il principio del  decentramento  a  livello
regionale della  giurisdizione  amministrativa,  nell'ottica  di  una
necessaria prossimita' del giudice ai fatti  di  cui  e'  chiamato  a
conoscere. 
    Come e' noto, dai lavori preparatori  dell'art.  125  (originario
co.  2),  si  ricava  l'intenzione  dei   Costituenti   di   adeguare
l'organizzazione   della   giustizia   amministrativa   alla   mutata
articolazione  del  decentramento   politico   territoriale   e,   in
particolare al ruolo centrale che l'ente  Regione  era  destinato  ad
assumere, nella piena convinzione che "la  giustizia"  amministrativa
quanto e' piu' periferica tanto piu' risponde alle esigenze popolari"
(A.C., 4363, intervento di  Musolino  nella  seduta  del  4  dicembre
1947). 
    Se pure, dunque, si vuole  escludere  -  come  la  giurisprudenza
costituzionale ha gia' piu' volte fatto: da ult. cent, n. 117/12, con
riferimento alla magistratura in  genere,  che  il  termine  "giudice
naturale" di cui all'art. 25  Cost.  presenti  una  valenza  autonoma
rispetto al carattere della sua precostituzione per legge,  dovendosi
piuttosto l'espressione ritenersi in tutto corrispondente a quella di
"giudice precostituito per legge" con la quale si salda  in  endiade,
per la giustizia amministrativa il concetto di "giudice naturale" non
puo' che assumere una portata diversa per  lo  speciale  assetto  dei
giudici di primo grado sul  territorio  voluto  dal  titolo  V  della
Costituzione. 
    Ne consegue che la competenza  dei  giudici  amministrativi  deve
essere non solo predeterminata dalla legge,  ma  deve  rispettare  il
principio di naturalita' come desumibile dal comb. disp. dell'art. 25
e dell'art. 125, nel senso  di  una  sicura  maggiore  idoneita'  del
giudice individuato su base  regionale  a  fornire  una  risposta  di
giustizia adeguata. 
    Tra l'altro il sistema della giustizia amministrativa non gode  -
come quello della giustizia ordinaria - di una  capillare  diffusione
degli organi  giudicanti  sull'intero  territorio  nazionale,  ma  si
articola  appunto,  per  espresso  dettato  costituzionale,  su  base
regionale, con un solo ufficio situato nel capoluogo di ogni  Regione
e con la possibilita' di istituzione di  alcune  sedi  staccate  (tra
cui, appunto, quella di Reggio Calabria). La deroga al criterio della
competenza territoriale  in  favore  di  un  unico  altro  Tribunale,
individuato  in  base  alla  sua  allocazione  nella  capitale  della
repubblica muta  allora  totalmente  la  prospettiva  di  un  sistema
articolato su base regionale, id est non verticistico ed  accentrato,
ed  altera  profondamente  l'equilibrio  del  controllo  sugli   atti
amministrativi,  pensato  dai  Costituenti  sicuramente  in   maniera
svincolata dalla specializzazione per singole materie (contrariamente
a quanto, invece, consentito per l'autorita'  giudiziaria  ordinaria:
art. 102, co. 2, Cost.). 
    Quanto argomentato a tal proposito dalla Corte nel  1992  appare,
dunque, a questo giudice meritevole  di  una  rinnovata  riflessione,
soprattutto alla luce dell'evoluzione subita sia  dal  sistema  delle
autonomie locali (in dipendenza della riforma del Titolo  V,  attuata
con  legge  n.  Cost.  18  ottobre  2001,  n.  3),  sia  dal  sistema
processuale amministrativo: l'affermazione  secondo  cui  il  sistema
della giustizia amministrativa "consta di numerosi gangli  periferici
e di  uno  centrale,  che  con  quelli  e'  collegato"  non  riflette
adeguatamente il dettato dell'art. 125 Cost., il quale  non  prevede,
invero,  differenziazione  di  sorta  tra  gli  organi  di  giustizia
amministrativa di primo grado e non contempla un tribunale  centrale,
di  diversa  o  maggiore   importanza,   cui   contrapporre   "gangli
periferici" (in verita', di' fatto, neppure particolarmente numerosi,
dato anche il notevole  aumento  del  contenzioso,  specie  in  primo
grado), ma piuttosto riconosce pari;  oltre  che  piena,  dignita'  a
tutti i Tribunali amministrativi regionali. 
    Si aggiunga,  con  riferimento  al  canone  della  ragionevolezza
appena vagliato, che i due aspetti, interni ed esterni, ad avviso  di
questo giudice, si intersecano e si compensano: se il Tar Lazio fosse
da qualificare  come  un  giudice  di  competenza  centrale,  si'  da
ritenere  legittime  le  norme  che  ne  accrescono   la   competenza
(generalizzando  una  sorta  di  legittima  suspicione  che  porti  a
ritenere  inidoneo  il  Tribunale  territoriale  a  decidere   talune
tipologie di cause), dovra' assumere maggior pregnanza il  fondamento
giustificativo di queste scelte derogatorie in  base  agli  interessi
che esse coinvolgono, specie laddove la competenza del Tar Lazio  non
dovesse  venire  comunque  in  rilievo  secondo  il  criterio   della
competenza territoriale (come e' evidentemente nel caso  che  qui  si
esamina, vista la sede dell'ente  e  il  luogo  di  produzione  degli
effetti   dell'atto),   pena   una   grave   incoerenza   sistematica
dell'istituto della competenza funzionale inderogabile  ex  art,  14,
co, 1, c.p.a.. 
    3.4.  Ritiene,  inoltre,  questo  Tribunale  che  la  scelta  del
legislatore  di  incardinare  (anche)  le  controversie  sugli   atti
dell'Agenzia presso il Tar della capitale si ponga in  contrasto  con
gli articoli 24 e 111 Cost.. 
    La concentrazione in un unico ufficio  giudiziario  (il  Tar  con
sede in Roma) rende assai piu' difficoltoso l'esercizio concreto  del
diritto di difesa e confligge con il canone della ragionevole  durata
del processo. Per un verso, infatti, si costringe colui  che  intende
agire (o resistere) a tutela della propria  posizione  soggettiva  ad
affrontare spese ulteriori ed  aggiuntive,  rispetto  a  quelle  gia'
molto elevate richieste comunque per l'accesso alla giustizia  (anche
a causa dei continui  aumenti  del  contributo  unificato),  rendendo
cosi' gravoso ed ostacolando in modo eccessivo l'utile esercizio  del
diritto di difesa, specie se si considera  che  la  nuova  disciplina
premette la verifica della  competenza  anche  alla  decisione  sulla
domanda cautelare, ma soprattutto si rende piu' difficoltosa  e  meno
tempestiva la  difesa  processuale  dell'Amministrazione  resistente,
che, si ripete, ha la sua sede principale a Reggio Calabria. 
    Dall'altro, l'incremento smisurato di vario contenzioso presso un
unico  Tar,  presso  il  quale  si  concentrano  gia'  numerose  liti
"ordinarie", rende inevitabilmente sempre piu' lungo il  tempo  medio
di durata dei relativi processi, con gravi  ricadute  sull'efficienza
dell'intero Paese e sulla spesa pubblica, sulla quale pure gravano  i
costi dei risarcimenti ex lege Pinto. 
    4. Unitamente alla questione cosi' come fin qui  prospettata,  il
Tribunale ritiene di prospettare una diversa e piu'  ampia  questione
di legittimita' costituzionale - di cui la Corte ad quem,  d'ufficio,
potra' cogliere  l'eventuale  «pregiudizialita'  logico-giuridica»  -
che, muovendo dalla nuova configurazione, in termini ormai  generali,
della competenza funzionale e inderogabile del Tar Lazio (artt. 14  e
135 c.p.a.), coinvolge l'intera disciplina della competenza contenuta
nel codice del processo amministrativo, adottato in attuazione  della
delega contenuta nell'art. 44, l. 18 giugno 2009 n. 69. 
    Ad avviso di questo giudice la normativa (artt. 13, 14, 15 e  16)
contenuta nel Capo IV, titolo  I,  del  libro  I  del  codice  e'  in
contrasto con l'art. 76 Cost. 
    La Corte costituzionale ha sempre precisato e  rimarcato  che  in
caso di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il  riordino  ed
riassetto di norme preesistenti, quale e' certamente quella contenuta
nell'art.  44  cit.,  «l'introduzione  di  soluzioni  sostanzialmente
innovative  rispetto  al  sistema  legislativo  previgente  e'  (...)
ammissibile soltanto nel caso  in  cui  siano  stabiliti  principi  e
criteri direttivi idonei  a  circoscrivere  la  discrezionalita'  del
legislatore delegato», giacche' quest'ultimo non puo' innovare «al di
fuori di ogni vincolo alla  propria  discrezionalita'  esplicitamente
individuato  dalla  legge-delega»  (sentenza  n.   293   del   2010),
specificando che «per valutare se il legislatore abbia ecceduto [i] -
piu' o meno ampi - margini di discrezionalita',  occorre  individuare
la ratio della delega» (sentenza n. 230 del 2010). 
    Questa precisazione e'  ribadita  da  ultimo  nella  sentenza  27
giugno  2012  n.  162,  con  la  quale  la  Corte  costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 133, comma  1,
lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'art.  44
della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo  per  il
riordino del processo amministrativo), per  violazione  dell'art.  76
Cost. nella parte in cui attribuiscono alla  giurisdizione  esclusiva
del giudice amministrativo con cognizione estesa  al  merito  e  alla
competenza funzionale del Tar Lazio - sede di Roma,  le  controversie
in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB. 
    Orbene, tra i criteri ed i  principi  direttivi  contenuti  nella
delega  dettata  per  il  riassetto  della  disciplina  del  processo
amministrativo, che  la  Corte  con  la  sent.  n.  162/12  cit.  ha,
peraltro, ritenuto sufficientemente specifici, non ve ne  era  alcuno
che  abilitasse  il  legislatore  delegato  a  riformare  e  innovare
l'istituto  della  competenza  e,   cio'   nonostante,   il   decreto
legislativo n. 104/10, ha ribaltato totalmente il sistema vigente sin
dal 1971, rendendo inderogabile la competenza per  territorio,  prima
sempre derogabile. 
    L'unico cenno  al  tema  della  competenza  riguarda  un  momento
processuale a valle, ossia quello della riassunzione del giudizio,  e
si rinviene nella lett. e)  che  invita  il  legislatore  delegato  a
«razionalizzare e unificare  la  disciplina  della  riassunzione  del
processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri
ordini   giurisdizionali,   nonche'   di   sentente   dei   tribunali
amministrativi regionali o del  Consiglio  di  Stato  che  dichiarano
l'incompetenza funzionale", facendosi  riferimento  alle  ipotesi  di
competenza funzionale gia' esistenti nell'ordinamento, ma senza voler
introdurre  un  principio   di   inderogabilita'   della   competenza
territoriale o in genere altre novita' in materia,  del  quale  nella
legge di delega non vi e' traccia. 
    Che questa innovazione non trovi riscontro nella legge delega  lo
si desume indirettamente anche dalla relazione al  Codice,  la  quale
da'  atto  del  cambiamento  ("tutta  la   competenza   del   giudice
amministrativo e' divenuta inderogabile dalle parti"), anche in  modo
dettagliato  ("Questo,  in  dettaglio,  e'  il  regime  del   rilievo
dell'incompetenza"), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di
delega, ripetutamente citata invece in sede  di  illustrazione  della
disciplina di molti altri istituti, al fine di chiarire che  essa  e'
stata adottata in conformita' all'art. 76 Cost.,  in  ossequio  o  in
puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega. 
    D'altronde non e' privo di significato il fatto che  la  modifica
in senso radicalmente innovativo del regime della competenza non  sia
stata frutto del lungo e meditato lavoro della  Commissione  speciale
nominata ai sensi del comma 4, dell'art. 44, la quale aveva, infatti,
varato, in data 10 febbraio 2010, il progetto di codice  (in  questa,
come  in  altre  parti,  ritoccato,   nell'immediatezza   della   sua
approvazione finale,  e  per  di  piu'  al  di  fuori  del  dibattito
parlamentare), mantenendo, da un  lato,  il  regime  ordinario  della
competenza territoriale sempre derogabile su accordo delle  parti  e,
dall'altro, enunciando i casi di devoluzione di controversie  al  Tar
Lazio (o  al  Tar  Lombardia,  sede  di  Milano,  limitatamente  alle
controversie  relative  ai  poteri  esercitati   dall'Autorita'   per
l'energia elettrica e il gas) qualificandoli, pero',  in  termini  di
"competenza territoriale inderogabile". 
    Ne', ancora, la ratio complessiva sottesa alla legge di delega  -
che pure la giurisprudenza della Corte  esorta  a  tener  presente  -
potrebbe giustificare una  simile  scelta  innovativa:  se,  infatti,
obiettivo principale della delega per il riassetto di  una  normativa
stratificata e caotica, che risultava in parte anche  antecedente  al
testo  della   Costituzione,era   quello   di   assicurare   maggiore
effettivita' della tutela, trasfondendo in un corpou  unitario  anche
gli approdi pretori e gli  esiti  della  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, in ossequio all'art. 111 Cost., non c'e'  dubbio  che
l'innovativa opzione per la  inderogabilita'  della  competenza,  fin
dalla  sede  cautelare,  unitamente  all'articolazione  di  complessi
rimedi (invero in parte ridotti col secondo correttivo del  settembre
2012) per far valere l'incompetenza, non solo non trova  addentellati
nel sistema previgente, ma ha pure irrigidito e reso  piu'  vischiosa
la risposta di giustizia, in contrasto con la primaria  finalita'  di
snellire l'attivita' giurisdizionale e rendere maggiormente congrui i
tempi del processo. 
    L'eccesso di delega  ha  sicura  rilevanza  anche  rispetto  alla
competenza funzionale che qui interessa:  essa,  infatti,  da  sempre
ritenuta, in via  interpretativa,  una  competenza  inderogabile,  in
opposizione alla  "ordinaria"  e  sempre  derogabile  competenza  per
territorio, da  eccezione  e'  cosi  divenuta  espressione  di  altro
parallelo principio generale, operante per le  controversie  indicate
dall'art. 135 e, piu' in generale,  «dalla  legge»,  che  fiancheggia
quello della  competenza  per  territorio,  concorrendo  con  esso  a
delineare le modalita' di radicamento delle controversie. 
    Ne discende un sistema del tutto  nuovo,  dove  il  regime  della
competenza  (art.  16)  e'  indifferenziato,  con   ogni   forma   di
competenza, sia quella per territorio  che  quella  c.d.  funzionale,
inderogabile  (La  competenza  di  cui  agli  articoli  13  e  14  e'
inderogabile  anche  in  ordine  alle  misure  cautelari),  donde  la
rilevanza,  anche  nella  presente  controversia,   della   questione
rispetto a tutto il capo sulla competenza, complessivamente  illogico
e  incoerente,  atteso  che  l'attribuzione  di   controversie   alla
cognizione  del  Tar  Lazio,  sede  di  Roma,  avviene,  nella  buona
sostanza, in ragione del criterio della materia  (o  perfino,  se  si
vuole, dell'importanza della materia), che non solo, come si e'  gia'
detto,  non  ha  copertura  costituzionale,  ma  non  trova   neppure
riscontro nella legge delega, con evidente  violazione  dell'art.  76
Cost.. 
    In  conclusione,  questo  Tribunale  ritiene  rilevanti   e   non
manifestamente infondate la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14 e dell'art. 135, comma  1,  lettera  p)  per  violazione
degli artt. 3, 25, 125, 24 e 111 Cost.; in  subordine,  quella  degli
artt. 13, nella parte in cui  qualifica  inderogabile  la  competenza
territoriale, 14, 15 e 16 c.p.a. per violazione dell'art. 76 Cost. 
    Circa la rilevanza delle questioni prospettate, va  ribadito  che
la domanda cautelare proposta  dalla  parte  ricorrente  puo'  essere
esaminata da questo Tribunale  solo  in  quanto  risulti  fondata  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  prima  illustrata.   Con
separata ordinanza, adottata  in  pari  data,  per  non  pregiudicare
irreversibilmente la posizione della parte ricorrente,  il  Tribunale
dispone  la  sospensione  dell'esecuzione  in  via   interinale   del
provvedimento  impugnato,  rinviando  l'ulteriore  trattazione  delle
domanda cautelare alla prima  camera  di  consiglio  successiva  alla
restituzione degli atti del presente ricorso  da  parte  della  Corte
costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23, della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale;  dell'art.  135,  comma  1,
lettera p) e dell'art. 14 c.p.a., per violazione degli artt.  3,  25,
125, 24 e 111 Cost., nonche' degli  artt.  13,  nella  parte  in  cui
qualifica inderogabile  la  competenza  territoriale,  14,  15  e  16
c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost., dispone la sospensione del
presente  giudizio  e  la  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati; 
    Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa
Segreteria, alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso in Reggio Calabria nella camera di  consiglio  del
giorno 14 febbraio 2013. 
 
                        Il Presidente: Leotta 
 
 
                                               L'estensore: Criscenti