N. 170 SENTENZA 1 - 4 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Fallimento e procedure concorsuali - Nuova disciplina del  privilegio
  - Riconoscimento del privilegio ai crediti  dello  Stato  derivanti
  dall'IRES (imposta  sui  redditi  delle  societa')  e  da  sanzioni
  tributarie relative a determinate imposte  dirette  -  Applicazione
  retroattiva -  Ricollocazione  in  sede  privilegiata  dei  crediti
  erariali ammessi al chirografo in uno stato passivo esecutivo  gia'
  divenuto definitivo - Favore per le pretese economiche dello  Stato
  in danno delle concorrenti aspettative  delle  parti  private,  con
  pregiudizio  della  tutela  dell'affidamento  legittimo   e   della
  certezza  delle  situazioni  giuridiche,  in  assenza   di   motivi
  imperativi di interesse  generale  costituzionalmente  rilevanti  -
  Violazione  dei  principi  di  ragionevolezza   e   uguaglianza   -
  Violazione  dell'obbligo  di  osservanza  dei  vincoli  di  diritto
  internazionale, in relazione all'art. 6 della CEDU - Illegittimita'
  costituzionale. 
- Decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (convertito  nella  legge  15
  luglio 2011, n. 111), art. 23, comma 37, ultimo  periodo,  e  comma
  40. 
- Costituzione, artt. 3, primo e secondo comma, e 117,  primo  comma;
  convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, art.
  6. 
(GU n.28 del 10-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  23,  commi
37, ultimo periodo, e 40, del decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
promosso dal giudice delegato  presso  la  sezione  fallimentare  del
Tribunale  di  Firenze,  nel  procedimento  relativo  al   Fallimento
Macchine Utensili s.r.l., con ordinanza del 17 luglio 2012,  iscritta
al n. 288 del registro ordinanze 2012  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  1,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8  maggio  2013  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza emessa il 16 luglio 2012  e  depositata  il  17
luglio 2012 (iscritta al n. 288  del  registro  ordinanze  2012),  il
giudice delegato presso la  sezione  fallimentare  del  Tribunale  di
Firenze  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 2752, primo comma, del  codice  civile,  «in  combinato
disposto coll'art. 23, commi 37 e 40»,  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111, per violazione degli artt. 3, primo  e  secondo  comma,
117, primo comma, della Costituzione e 6  della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali firmata a Roma il 4 novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.  848  (Ratifica  ed  esecuzione
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del
Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a  Parigi  il
20 marzo 1952), in seguito indicata come CEDU. 
    2.-  Il  Giudice  rimettente  premette   che,   nella   procedura
concorsuale relativa al fallimento di  Macchine  Utensili  s.r.l.,  a
seguito di conforme istanza del creditore Equitalia Centro s.p.a., il
curatore fallimentare ha chiesto che il giudice delegato autorizzasse
la ricollocazione al privilegio del credito di  euro  11.538,90,  per
sanzioni relative ad imposte  dirette,  gia'  ammesso  al  chirografo
all'udienza 5 marzo 2009 di verifica dello stato passivo,  in  quanto
il credito risulta essere assistito da privilegio generale  mobiliare
ai sensi dell'art. 2752, primo  comma,  cod.  civ.,  come  modificato
dall'art. 23, comma 37,  del  decreto-legge  n.  98  del  2011,  come
successivamente convertito in legge. 
    Nel testo in vigore prima  della  modifica,  l'art.  2752,  primo
comma, cod. civ. prevedeva che: «Hanno privilegio generale sui mobili
del debitore i crediti dello Stato per l'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone  giuridiche,
per l'imposta regionale sulle attivita' produttive  e  per  l'imposta
locale sui redditi,  diversi  da  quelli  indicati  nel  primo  comma
dell'art. 2771, iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il
concessionario del  servizio  di  riscossione  procede  o  interviene
nell'esecuzione e nell'anno precedente». 
    L'art. 23, comma 37, del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha stabilito che: «Al
comma 1  dell'articolo  2752  del  codice  civile,  le  parole:  "per
l'imposta sul  reddito  delle  persone  fisiche,  per  l'imposta  sul
reddito delle  persone  giuridiche,  per  l'imposta  regionale  sulle
attivita' produttive e per l'imposta locale sui redditi,  diversi  da
quelli indicati nel primo  comma  dell'articolo  2771,  iscritti  nei
ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il concessionario del  servizio
di riscossione  procede  o  interviene  nell'esecuzione  e  nell'anno
precedente" sono sostituite dalle seguenti:  "per  le  imposte  e  le
sanzioni dovute secondo le norme in materia di  imposta  sul  reddito
delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone  giuridiche,
imposta sul reddito delle societa', imposta regionale sulle attivita'
produttive ed imposta locale sui redditi". La disposizione si osserva
anche per i crediti sorti anteriormente  all'entrata  in  vigore  del
presente decreto». 
    L'art. 23, comma 40, del medesimo decreto-legge n.  98  del  2011
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del  2011,  ha  poi
previsto  che:  «I  titolari  di  crediti  privilegiati,  intervenuti
nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in  data  anteriore
alla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  possono
contestare i crediti che, per effetto delle nuove  norme  di  cui  ai
precedenti commi, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado  del
privilegio, valendosi, in sede di distribuzione della somma ricavata,
del rimedio di cui all'articolo 512 del codice di  procedura  civile,
oppure proponendo l'impugnazione prevista dall'articolo 98, comma  3,
del regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267,  nel  termine  di  cui
all'articolo 99 dello stesso decreto». 
    Ha rilevato il giudice rimettente che,  a  seguito  delle  citate
modifiche normative, il  privilegio,  che  prima  assisteva  solo  le
imposte dovute per l'anno in corso al  tempo  del  fallimento  e  per
l'anno antecedente, e'  stato  esteso  anche  all'IRES  (imposta  sui
redditi di societa') e alle sanzioni, senza limiti  temporali  e  con
applicazione retroattiva. 
    2.1.- Il giudice delegato ha ritenuto  di  essere  legittimato  a
sollevare la questione  di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto
organo dotato del potere decisorio di modifica  dello  stato  passivo
divenuto esecutivo, in  conformita'  alle  previsioni  dell'art.  23,
comma  40,  del  decreto-legge  n.  98  del  2011   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011. 
    2.2.-  Lo  stesso  giudice  ha  poi  considerato   rilevante   la
questione, posto che, in caso di applicazione della norma  impugnata,
la   ricorrente   Equitalia   Centro   s.p.a.   otterrebbe   l'intera
liquidazione del suo credito, anziche' di una sua parte  in  concorso
con gli altri creditori chirografari. 
    2.3.-  Il  rimettente  ha,  quindi,  ritenuto  la  questione  non
manifestamente infondata, considerato  che  la  retroattivita'  della
norma fondante il privilegio del  credito  erariale,  originariamente
chirografo, e l'appostazione in grado diverso e poziore di un credito
gia' ammesso allo stato passivo  dichiarato  esecutivo,  violerebbero
l'art. 3 Cost. e l'art. 117, primo comma, Cost. in relazione all'art.
6 della CEDU. 
    In particolare, il rimettente ha  osservato  che,  in  forza  dei
principi stabiliti dalla Corte costituzionale  (sentenza  n.  78  del
2012), la retroattivita' della  legge,  per  essere  legittima,  deve
trovare la propria giustificazione in difficolta' interpretative  del
testo o in motivi di interesse generale  preminente:  cio'  anche  in
applicazione dell'art. 6 della CEDU  come  interpretata  dalla  Corte
europea dei  diritti  dell'uomo.  Nel  caso  di  specie,  invece,  la
retroattivita'  sarebbe  giustificata  esclusivamente  dall'interesse
economico dello Stato all'esazione  fiscale  e  non  sussisterebbero,
quindi,  i  presupposti  per  considerare  legittima   l'applicazione
retroattiva della disposizione fondante il privilegio. 
    Sotto altro profilo, il giudice ha rimarcato che l'intangibilita'
dei diritti quesiti e dei rapporti esauriti deve  riconoscersi  anche
nel caso di diritti sorgenti da  pronunce  giurisdizionali  assistite
dalla irretrattabilita', qual e' appunto l'accertamento  del  credito
nello stato passivo dichiarato esecutivo. La circostanza, quindi, che
l'art. 40,  comma  1,  della  legge  n.  111  del  2011  consenta  di
disattendere  una  decisione   giurisdizionale   con   efficacia   di
giudicato, seppure "endo-fallimentare", violerebbe  il  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e rappresenterebbe,  altresi',
un vulnus alla parita' dei rapporti  dei  cittadini  di  fronte  alla
legge, ledendo la posizione dei creditori di grado inferiore e  cosi'
violando  il  principio  di  uguaglianza  sostanziale  previsto   dal
medesimo art. 3 Cost. 
    3.- Con atto depositato in data 22 gennaio  2013,  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e' intervenuto nel giudizio, chiedendo che
il ricorso venga dichiarato inammissibile o che venga dichiarata  non
fondata la questione di legittimita' costituzionale. 
    3.1.- Ad avviso dello Stato, infatti, la novita' introdotta dalla
legge impugnata consisterebbe nell'eliminazione del limite  temporale
di un anno, a decorrere dall'esecutivita' dei ruoli,  originariamente
previsto per il privilegio sul credito erariale.  Il  legislatore  si
sarebbe, dunque, limitato  ad  eliminare  questa  discriminazione  in
negativo dei crediti erariali rispetto ad altri crediti privilegiati,
tenendo conto  della  complessita'  delle  procedure  necessarie  per
portare  ad  esecuzione  i  crediti  iscritti  a  ruolo.   La   norma
transitoria, invece, non avrebbe precisato in alcun modo se la  nuova
disciplina si applichi ai crediti non ancora iscritti a ruolo o anche
a quelli gia' iscritti da meno di un anno ovvero  ancora  ai  crediti
erariali gia' accertati con stato passivo dichiarato esecutivo. 
    Non essendo delimitato  espressamente  l'ambito  di  operativita'
della   predetta   norma   transitoria,   sarebbe   quindi    compito
dell'interprete definirne la portata  e,  non  avendo  il  rimettente
esaminato le varie possibilita' interpretative, il  ricorso  dovrebbe
dichiararsi   inammissibile   per   mancato   esperimento   di    una
interpretazione conforme a Costituzione. 
    Lo stesso giudice non avrebbe, poi, spiegato le  ragioni  per  le
quali la novita'  normativa  dovrebbe  superare  anche  il  giudicato
"endo-fallimentare" formatosi con l'approvazione dello stato passivo,
con  conseguente  inammissibilita'  delle  questioni  sollevate   per
mancanza o insufficienza di motivazione sulla rilevanza. 
    3.2.- La difesa dello Stato evidenzia  che,  in  ogni  caso,  non
potrebbe neppure parlarsi di una vera e propria  valenza  retroattiva
delle disposizioni impugnate, in  relazione  alla  loro  applicazione
alle  procedure  fallimentari  nelle  quali  sia   stato   dichiarato
esecutivo lo stato passivo, ma  che  siano  in  corso  alla  data  di
entrata in  vigore  della  nuova  normativa.  Infatti,  la  procedura
fallimentare consente di far valere eventuali  sopravvenienze,  anche
normative, sino alla sua chiusura con la ripartizione dell'attivo. 
    3.3.- Infine, anche se si volesse ritenere  che  le  disposizioni
oggetto  della  questione  di  legittimita'  costituzionale   abbiano
effetto retroattivo, ad avviso dell'Avvocatura generale  dello  Stato
sussisterebbero  comunque  a  loro  sostegno  motivi  imperativi   di
interesse generale,  identificabili  nella  necessita'  di  integrale
riscossione dei crediti erariali per ottemperare agli impegni assunti
in  sede  comunitaria  (rectius,  dell'Unione  europea),  come   tali
pienamente idonei a giustificare la predetta retroattivita' alla luce
sia della giurisprudenza costituzionale, sia della giurisprudenza  di
Strasburgo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  giudice  delegato  presso  la  sezione  fallimentare  del
Tribunale  di  Firenze  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 2752, primo comma,  del  codice  civile,
«in  combinato  disposto  coll'art.  23,  commi   37   e   40»,   del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione degli artt. 3,  primo  e
secondo comma,  117,  primo  comma,  della  Costituzione  e  6  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa  esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848  (Ratifica  ed
esecuzione della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a
Parigi il 20 marzo 1952), in seguito indicata come CEDU. 
    Il giudice rimettente  ritiene  che  le  disposizioni  impugnate,
oltre ad innovare la  disciplina  del  privilegio  nell'ambito  delle
procedure fallimentari, prevedano  anche  l'applicazione  retroattiva
della  stessa;  cio'  consentirebbe   la   ricollocazione   in   sede
privilegiata dei crediti erariali derivanti da sanzioni  relative  ad
imposte dirette, gia'  ammessi  al  chirografo  nello  stato  passivo
esecutivo  divenuto  definitivo,  in  violazione  dei   principi   di
ragionevolezza e di uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost.,  oltre  che
dell'art. 6 della CEDU, come applicata dalla Corte europea. 
    In particolare, l'art. 23, comma 37, del decreto-legge n. 98  del
2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del  2011,  ha
stabilito che: «Al comma 1 dell'articolo 2752 del codice  civile,  le
parole:  "per  l'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche,  per
l'imposta  sul  reddito  delle  persone  giuridiche,  per   l'imposta
regionale sulle attivita'  produttive  e  per  l'imposta  locale  sui
redditi, diversi da quelli indicati  nel  primo  comma  dell'articolo
2771,  iscritti  nei  ruoli  resi  esecutivi  nell'anno  in  cui   il
concessionario del  servizio  di  riscossione  procede  o  interviene
nell'esecuzione  e  nell'anno  precedente"  sono   sostituite   dalle
seguenti: "per le imposte e le sanzioni dovute secondo  le  norme  in
materia di imposta sul reddito delle  persone  fisiche,  imposta  sul
reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle societa',
imposta regionale sulle attivita' produttive ed  imposta  locale  sui
redditi". La disposizione  si  osserva  anche  per  i  crediti  sorti
anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto». 
    L'art. 23, comma 40, del medesimo decreto-legge n.  98  del  2011
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del  2011,  ha  poi
previsto  che:  «I  titolari  di  crediti  privilegiati,  intervenuti
nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in  data  anteriore
alla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  possono
contestare i crediti che, per effetto delle nuove  norme  di  cui  ai
precedenti commi, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado  del
privilegio, valendosi, in sede di distribuzione della somma ricavata,
del rimedio di cui all'articolo 512 del codice di  procedura  civile,
oppure proponendo l'impugnazione prevista dall'articolo 98, comma  3,
del regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267,  nel  termine  di  cui
all'articolo 99 dello stesso decreto». 
    2.- Occorre,  in  via  preliminare,  procedere  ad  una  corretta
identificazione del  thema  decidendum,  alla  luce  di  una  lettura
complessiva dell'ordinanza di rimessione (ex plurimis sentenze n.  25
del 2012, n. 128 del 2010 e n. 350 del 2007). 
    Nonostante il richiamo al «combinato  disposto  coll'art.  2752»,
primo  comma,  cod.  civ.  il  giudice  dubita   della   legittimita'
costituzionale della  sola  portata  retroattiva  delle  disposizioni
impugnate. Non e' invece censurata in se' e per se' l'estensione  del
privilegio  ai  crediti   dello   Stato   da   sanzioni   tributarie,
determinatasi  per  effetto  della  modifica  legislativa  introdotta
dall'art. 23, comma 37, del decreto-legge n. 98 del 2011. 
    Il presente giudizio riguarda, dunque, esclusivamente l'art.  23,
commi 37, ultimo periodo, e 40 del decreto-legge n. 97 del 2011, come
successivamente convertito in  legge,  nella  parte,  cioe',  in  cui
dispone l'applicazione retroattiva del nuovo  testo  dell'art.  2752,
primo comma, cod. civ., che estende il privilegio ai crediti erariali
derivanti  dall'IRES  (imposta  sui  redditi  delle  societa')  e  da
sanzioni tributarie relative a determinate imposte dirette. 
    In effetti, l'intervento legislativo che  viene  in  rilievo  nel
presente giudizio si articola in diverse  previsioni:  anzitutto,  il
citato art. 23, comma 37, ha novellato il testo dell'art. 2752, comma
1, cod. civ., ampliando il novero dei crediti erariali  assistiti  da
privilegio nelle procedure concorsuali. Questa norma - come  gia'  si
e' osservato - non e' contestata in se' dal  giudice  remittente,  il
quale appunta le  proprie  censure  sulla  disciplina  degli  effetti
temporali di tale modifica normativa, contenuta  nell'ultimo  periodo
del  medesimo  art.  23,  comma  37,  che  testualmente  recita:  «La
disposizione si osserva  anche  per  i  crediti  sorti  anteriormente
all'entrata in vigore  del  presente  decreto».  Inoltre,  sempre  in
ordine agli effetti nel tempo della modifica legislativa, il  giudice
ha impugnato anche l'art. 23, comma 40, del medesimo testo normativo,
ove si prevede che i creditori privilegiati gia' ammessi  al  passivo
fallimentare possano contestare i  crediti  che,  per  effetto  delle
nuove disposizioni di cui all'art. 23, comma 37, sono stati anteposti
ai loro nel grado del privilegio. 
    Dalla lettura congiunta delle due previsioni da ultimo menzionate
- art. 23, comma 37, ultimo periodo, e  comma  40  -  si  evince  che
l'estensione del privilegio, disposta dal primo periodo del comma 37,
esplica effetti retroattivi, fino ad  influire  sullo  stato  passivo
esecutivo gia' divenuto definitivo, superando cosi' anche  il  limite
del giudicato "endo-fallimentare". 
    3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  intervenuto  nel
giudizio, ha chiesto che la questione sia  dichiarata  inammissibile,
per mancata sperimentazione di una  interpretazione  conforme  e  per
insufficiente motivazione sulla rilevanza. 
    Le eccezioni non sono fondate. 
    3.1.- Al riguardo deve anzitutto osservarsi che  la  disposizione
di cui all'art. 23, comma 37, ultima parte - secondo cui l'estensione
del privilegio «si osserva anche per i  crediti  sorti  anteriormente
all'entrata in vigore del presente decreto» - non  puo'  avere  altro
significato che  quello  di  consentire  la  ricollocazione  in  sede
privilegiata di un credito ammesso al chirografo in uno stato passivo
esecutivo gia' divenuto definitivo. 
    Infatti,   secondo   i   principi   generali   delle    procedure
fallimentari, l'introduzione di un  nuovo  privilegio  da  parte  del
legislatore deve sempre ricevere immediata applicazione da parte  del
giudice  delegato,  dal  momento  che  le  norme  processuali   sulla
gradazione dei crediti si individuano avendo riguardo al  momento  in
cui il credito viene fatto valere. Dunque, una previsione come quella
contenuta nel comma 37, non puo' avere altro significato  che  quello
di estendere retroattivamente l'applicabilita'  della  nuova  regola,
oltre ai casi consentiti in base  ai  principi  generali  e  cioe'  a
quelli in cui lo stato passivo esecutivo e' gia' definitivo. 
    Anche  in  passato,  del  resto,   analoghe   disposizioni,   che
prevedevano  l'applicazione  di  un  nuovo  privilegio   ai   crediti
anteriormente sorti, sono sempre state univocamente  e  pacificamente
interpretate nel senso  che  con  esse  si  intendesse  estendere  la
possibilita' di riconoscere il privilegio anche  ai  crediti  ammessi
come chirografi con provvedimenti definitivi, purche'  non  si  fosse
gia'  proceduto  al  riparto  dell'attivo.  Cio'  e'   avvenuto,   in
particolare, con riferimento alle  disposizioni  dell'art.  15  della
legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile  e  alla
legge  30  aprile  1963,  n.  153,  in  materia  di  privilegi),  che
introdusse la nuova sistematica dei privilegi: l'univoco  e  pacifico
orientamento espresso dalla Corte di cassazione  civile  al  riguardo
(sentenza n. 235 del 1980) e' stato  nel  senso  che  il  significato
della disposizione fosse quello di superare il cosiddetto  "giudicato
endo-fallimentare" e di tale orientamento ha preso atto anche  questa
Corte, con la sentenza  n.  325  del  1983,  considerandolo  «diritto
vivente». Ne' tale linea  interpretativa  risulta  essere  mai  stata
disattesa successivamente. 
    3.2.-  Concorre  a  determinare  la  portata  retroattiva   della
normativa in esame anche il comma 40 dell'art. 23, secondo cui,  come
si e'  detto,  i  creditori  privilegiati  gia'  ammessi  al  passivo
fallimentare possono contestare i  crediti  che,  per  effetto  delle
nuove disposizioni,  sono  stati  loro  anteposti.  Tale  previsione,
infatti, non ha solo l'effetto  di  una  rimessione  in  termini  per
proporre opposizione allo  stato  passivo  dichiarato  esecutivo,  ma
conferma che la portata temporale del nuovo e piu'  ampio  privilegio
accordato ai crediti erariali  si  estende  retroattivamente  fino  a
comprendere i casi in cui lo stato  passivo  esecutivo  sia  divenuto
definitivo. 
    Infatti, per i casi in  cui  lo  stato  passivo  non  sia  ancora
definitivo prima della ricollocazione del credito  erariale  in  sede
privilegiata,  il  citato  art.  23,  comma  40,  sarebbe  superfluo,
giacche'  il  creditore  privilegiato   gia'   ammesso   avrebbe   la
possibilita' di opporsi alla ricollocazione del credito  erariale  in
forza della generale  disposizione  di  cui  all'art.  98  del  regio
decreto 16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
concordato  preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e   della
liquidazione coatta amministrativa), entro il termine di cui all'art.
99 dello stesso regio  decreto  (trenta  giorni  dalla  comunicazione
dell'esecutivita'  o  dalla  successiva   notizia   dell'ammissione).
Viceversa, dopo lo spirare di tale termine, lo stato passivo  diviene
definitivo e  l'opposizione  sarebbe  inammissibile,  dato  che,  per
giurisprudenza costante, ogni modifica relativa al rango del  credito
gia' ammesso (chirografario o privilegiato) e' «preclusa al di  fuori
dei  rimedi  previsti  dagli  artt.  98  e   seguenti   della   legge
fallimentare» cioe' dell'indicato regio decreto (sentenza della Corte
di cassazione civile n. 17888 del 2004), ed e'  percio'  «esclusa  la
proponibilita'  di  ogni  altra  questione  relativa   all'esistenza,
qualita' e quantita' dei crediti e dei  privilegi»,  posto  che  tali
questioni «devono essere proposte con la forma dell'opposizione  allo
stato passivo ex art.  98  legge  fall.»  (sentenze  della  Corte  di
cassazione civile n. 13289 del 2012 e n. 12732 del  2011).  Pertanto,
si deve ritenere che la previsione  contenuta  nel  citato  comma  40
valga  proprio  per  i  casi  in  cui  lo  stato   passivo   si   sia
originariamente formato collocando i crediti erariali per l'IRES e le
sanzioni tributarie in sede chirografaria e, in  tale  conformazione,
sia divenuto definitivo,  essendo  ormai  trascorso  il  termine  per
l'opposizione ai sensi degli art. 98 e 99  della  legge  fallimentare
(r.d. n. 267 del 1942). 
    In tale ipotesi il creditore privilegiato non avrebbe ragione  di
impugnare lo stato passivo nella pendenza del termine di cui all'art.
99 della legge fallimentare, posto che il  credito  erariale  per  le
sanzioni e per l'IRES e' stato ammesso come  chirografo:  l'interesse
all'impugnazione,  pertanto,  sopravviene  solo  al   momento   della
modifica dello stato passivo definitivo, resa possibile dalla novella
legislativa qui impugnata, quando viene disposta la ricollocazione in
sede privilegiata del  credito  per  le  sanzioni  tributarie  e  per
l'IRES, prima ammesso come chirografo. In questi casi, a tutelare gli
interessi dei creditori privilegiati diversi dallo Stato, soccorre la
previsione del citato art.  23,  comma  40,  il  cui  significato  e'
proprio quello di consentire loro  di  opporsi  alla  modifica  dello
stato passivo esecutivo divenuto definitivo, per tutelare la  propria
posizione che, in base alle regole generali, non  avrebbe  altrimenti
rimedio. 
    In altre parole, per effetto del menzionato art. 23, comma 40,  i
titolari di crediti privilegiati,  ammessi  al  passivo  fallimentare
divenuto definitivo in data anteriore a quella di entrata  in  vigore
del  decreto-legge,   possono   proporre   l'impugnazione   (prevista
dall'art. 98, terzo comma, della legge fallimentare) dei crediti che,
per effetto delle nuove norme, si trovino anteposti ai loro nel grado
di privilegio, nel termine di cui  all'art.  99  della  stessa  legge
fallimentare, decorrente  dalla  data  del  riconoscimento  "tardivo"
della nuova posizione del  credito  erariale  derivante  da  sanzioni
tributarie, consentito dalle disposizioni impugnate. 
    Il citato art. 23, comma  40,  dunque,  pur  non  contenendo  una
esplicita  previsione  di  diritto  intertemporale,  presuppone   che
l'estensione  del  privilegio  ai  crediti   erariali   si   applichi
retroattivamente, superando  la  preclusione  processuale  dovuta  al
giudicato "endo-fallimentare",  che  si  determina  quando  lo  stato
passivo diviene definitivo. 
    3.3.-  Alla  luce  delle  precedenti   considerazioni   risultano
destituite di fondamento le eccezioni di  inammissibilita'  sollevate
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   aventi   riguardo   sia
all'insufficiente motivazione sulla retroattivita' delle disposizioni
oggetto del presente giudizio, sia alla  mancata  sperimentazione  di
una interpretazione conforme. 
    Nessuna possibilita' di interpretazione sembra, infatti,  potersi
evincere dal testo degli impugnati commi 37 e  40  dell'art.  23  del
decreto-legge n. 98 del 2011 diversa da quella  illustrata  al  punto
precedente, che  consente  di  ricollocare  in  sede  privilegiata  i
crediti erariali per l'IRES e per le sanzioni  tributarie,  superando
la preclusione "endo-procedimentale" che consegue alla formazione del
cosiddetto giudicato fallimentare. 
    Devesi,  dunque,  ritenere  che  il  giudice   remittente   abbia
correttamente argomentato in ordine alla rilevanza della  prospettata
questione di legittimita', connessa all'applicazione retroattiva  del
nuovo art. 2752, primo comma, cod. civ.,  e  abbia  altresi'  assolto
l'obbligo di saggiare la possibilita' di un'interpretazione  conforme
a Costituzione e alla  CEDU:  tale  canone  interpretativo,  infatti,
incontra sempre  e  comunque  un  limite  nell'univoco  tenore  della
disposizione  impugnata  e  nell'impossibilita'  di  attribuire  alla
stessa un significato diverso da quello sospettato di  illegittimita'
(ex  plurimis  sentenza  n.  26  del  2010),  impossibilita'  che  si
verifica, appunto, nel caso di specie. 
    4.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    4.1.- La disciplina censurata, come gia' emerge  dall'esposizione
di cui ai punti precedenti, consente di applicare il nuovo regime dei
privilegi erariali anche nelle procedure fallimentari in cui lo stato
passivo  esecutivo  sia  gia'  divenuto  definitivo,   superando   il
cosiddetto giudicato "endo-fallimentare".  Di  conseguenza  essa  non
solo ha una portata retroattiva, ma altera altresi' i rapporti tra  i
creditori,  gia'  accertati  con  provvedimento  del  giudice   ormai
consolidato dall'intervenuta preclusione  processuale,  favorendo  le
pretese  economiche  dello  Stato  a  detrimento  delle   concorrenti
aspettative delle parti private. 
    Tali essendo gli  effetti  della  disciplina  impugnata,  occorre
esaminare la questione di legittimita' portata  all'esame  di  questa
Corte alla luce della giurisprudenza costituzionale e  sovranazionale
sviluppatasi in materia  di  leggi  retroattive,  rispettivamente  in
riferimento all'art. 3 Cost. e all'art. 6 della CEDU, come richiamato
dall'art. 117, primo comma, Cost., che costituiscono i parametri  del
presente giudizio. 
    4.2.- I profili di illegittimita' costituzionale prospettati  dal
giudice rimettente debbono essere esaminati congiuntamente,  in  modo
che l'art. 6 CEDU, come applicato dalla giurisprudenza della Corte di
Strasburgo,  sia  letto   in   rapporto   alle   altre   disposizioni
costituzionali  e,  nella  specie,  all'art.  3  Cost.,  secondo  gli
orientamenti seguiti dalla giurisprudenza costituzionale in  tema  di
efficacia delle norme della CEDU, sin dalle sentenze n. 348 e n.  349
del 2007. Infatti, questa Corte ha affermato che «la norma CEDU,  nel
momento in cui va ad integrare il primo comma  dell'art.  117  Cost.,
come norma interposta, diviene oggetto di bilanciamento,  secondo  le
ordinarie operazioni cui questa Corte e' chiamata in tutti i  giudizi
di sua competenza», affinche' si realizzi la necessaria «integrazione
delle tutele» (sentenza n. 264 del 2012), che spetta a  questa  Corte
assicurare nello svolgimento del proprio infungibile ruolo. Pertanto,
anche quando vengono in rilievo ai sensi dell'art. 117, primo  comma,
Cost.,   norme   della   CEDU,   la   valutazione   di   legittimita'
costituzionale «deve essere operata con riferimento al sistema, e non
a   singole   norme,    isolatamente    considerate»,    in    quanto
«un'interpretazione frammentaria delle disposizioni  normative  [...]
rischia di  condurre,  in  molti  casi,  ad  esiti  paradossali,  che
finirebbero per contraddire  le  stesse  loro  finalita'  di  tutela»
(sentenza n. 1 del 2013). Altrimenti detto, questa  Corte  opera  una
valutazione «sistemica e non frazionata» dei diritti coinvolti  dalla
norma  di  volta  in  volta  scrutinata,  effettuando  il  necessario
bilanciamento in modo da  assicurare  la  «massima  espansione  delle
garanzie» di tutti i diritti e i principi rilevanti, costituzionali e
sovranazionali, complessivamente considerati, che sempre  si  trovano
in rapporto di integrazione reciproca (sentenze n. 85 del 2013  e  n.
264 del 2012). 
    4.3.- Con riferimento al caso in esame, i principi di  cui  sopra
portano a rilevare, anzitutto,  che  «il  divieto  di  retroattivita'
della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), pur
costituendo valore fondamentale di  civilta'  giuridica,  non  riceve
nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui  all'art.  25  Cost.»,
riservata alla materia penale, con la conseguenza che «il legislatore
- nel rispetto di tale previsione - puo' emanare norme con  efficacia
retroattiva,  anche  di   interpretazione   autentica,   purche'   la
retroattivita'  trovi  adeguata  giustificazione   nell'esigenza   di
tutelare principi, diritti e  beni  di  rilievo  costituzionale,  che
costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse  generale»,
ai sensi della CEDU (ex plurimis sentenza n. 78 del 2012). 
    Tuttavia, occorre che la retroattivita' non contrasti  con  altri
valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis  sentenze
nn. 93 e 41 del 2011) e, pertanto, questa Corte  ha  individuato  una
serie  di  limiti  generali  all'efficacia  retroattiva  delle  leggi
attinenti alla salvaguardia di principi  costituzionali  e  di  altri
valori di  civilta'  giuridica,  tra  i  quali  sono  ricompresi  «il
rispetto del principio generale di ragionevolezza,  che  si  riflette
nel divieto di introdurre ingiustificate disparita'  di  trattamento;
la tutela dell'affidamento legittimamente sorto  nei  soggetti  quale
principio connaturato  allo  Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la
certezza  dell'ordinamento  giuridico;  il  rispetto  delle  funzioni
costituzionalmente  riservate  al  potere  giudiziario»  (ex   multis
sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010). 
    In particolare, in situazioni paragonabili al caso in  esame,  la
Corte ha gia' avuto modo di precisare che la  norma  retroattiva  non
puo' tradire l'affidamento del privato, specie  se  maturato  con  il
consolidamento di situazioni  sostanziali,  pur  se  la  disposizione
retroattiva sia  dettata  dalla  necessita'  di  contenere  la  spesa
pubblica o di far  fronte  ad  evenienze  eccezionali  (ex  plurimis,
sentenze n. 24 del 2009, n. 374 del 2002 e n. 419 del 2000). 
    4.4.-  Del  tutto  affini  sono  i  principi  in  tema  di  leggi
retroattive sviluppati dalla giurisprudenza della Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, in riferimento all'art.  6  della  CEDU,  i  quali
trovano applicazione anche nell'ambito delle  procedure  concorsuali,
come  e'  attestato  da  specifiche  pronunce  della  Corte   europea
riguardanti l'Italia  (pronunce  11  dicembre  2003,  Bassani  contro
Italia; 15 novembre 1996, Ceteroni contro Italia). 
    La Corte di Strasburgo, infatti, ha ripetutamente affermato,  con
specifico riguardo a leggi retroattive del nostro ordinamento, che in
linea di principio non e' vietato al potere legislativo di  stabilire
in  materia  civile  una  regolamentazione   innovativa   a   portata
retroattiva dei diritti derivanti da leggi in vigore, ma il principio
della preminenza del diritto e la nozione di  processo  equo  sanciti
dall'art. 6 della CEDU, ostano, salvo che per  motivi  imperativi  di
interesse   generale,   all'ingerenza    del    potere    legislativo
nell'amministrazione della giustizia al fine di  influenzare  l'esito
giudiziario di una controversia (pronunce 11 dicembre 2012,  De  Rosa
contro Italia; 14 febbraio 2012, Arras contro Italia; 7 giugno  2011,
Agrati contro Italia; 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; 10 giugno
2008, Bortesi contro Italia; Grande Camera, 29 marzo  2006,  Scordino
contro Italia). La Corte di Strasburgo ha altresi' rimarcato  che  le
circostanze addotte per giustificare misure retroattive devono essere
intese in senso restrittivo (pronuncia 14 febbraio 2012, Arras contro
Italia) e che il solo interesse finanziario dello Stato non  consente
di giustificare l'intervento retroattivo (pronunce 25 novembre  2010,
Lilly France contro Francia;  21  giugno  2007,  Scanner  de  l'Ouest
Lyonnais contro Francia; 16 gennaio 2007, Chiesi S.A. contro Francia;
9 gennaio 2007, Arnolin contro Francia;  11  aprile  2006,  Cabourdin
contro Francia). 
    Viceversa, lo stato del giudizio e  il  grado  di  consolidamento
dell'accertamento, l'imprevedibilita' dell'intervento  legislativo  e
la circostanza  che  lo  Stato  sia  parte  in  senso  stretto  della
controversia, sono tutti elementi considerati dalla Corte europea per
verificare  se  una  legge  retroattiva  determini   una   violazione
dell'art. 6 della  CEDU:  sentenze  27  maggio  2004,  Ogis  Institut
Stanislas  contro  Francia;  26  ottobre  1997,  Papageorgiou  contro
Grecia; 23 ottobre  1997,  National  &  Provincial  Building  Society
contro Regno Unito. Le sentenze da ultimo  citate,  pur  non  essendo
direttamente rivolte all'Italia,  contengono  affermazioni  generali,
che la  stessa  Corte  europea  ritiene  applicabili  oltre  il  caso
specifico  e  che  questa  Corte  considera  vincolanti   anche   per
l'ordinamento italiano. 
    4.5.- Nella specie, oggetto di giudizio e', come si e' detto, una
normativa che, ampliando il novero dei crediti erariali assistiti dal
privilegio nell'ambito delle procedure fallimentari, regola  rapporti
di natura privata tra creditori concorrenti di uno  stesso  debitore,
con  effetti  retroattivi,  fino  ad  influire  sullo  stato  passivo
esecutivo gia' divenuto definitivo, superando cosi' anche  il  limite
del giudicato "endo-fallimentare". 
    Tali essendo i contenuti della normativa  impugnata,  i  principi
giurisprudenziali sopra esposti, sviluppati tanto  da  questa  Corte,
quanto  dalla  Corte   europea,   impongono   una   declaratoria   di
illegittimita'  costituzionale,  dovendosi  attribuire  un   adeguato
rilievo alle seguenti circostanze: il consolidamento, conseguito  con
il cosiddetto giudicato "endo-fallimentare",  delle  aspettative  dei
creditori incise dalla disposizione  retroattiva;  l'imprevedibilita'
dell'innovazione legislativa; l'alterazione a favore  dello  Stato  -
parte della  procedura  concorsuale  -  del  rapporto  tra  creditori
concorrenti, determinata dalle norme  in  discussione;  l'assenza  di
adeguati motivi che giustifichino la retroattivita' della legge. 
    In ordine a quest'ultimo aspetto, e' opportuno sottolineare  che,
a differenza di altre discipline retroattive recentemente  scrutinate
dalla  Corte  costituzionale  (sentenza  n.   264   del   2012),   le
disposizioni censurate non sono volte a perseguire interessi di rango
costituzionale, che possano giustificarne la retroattivita'.  L'unico
interesse e' rappresentato da quello economico dello Stato, parte del
procedimento concorsuale. Tuttavia, un simile interesse  e'  inidoneo
di per se', nel caso di specie, a legittimare un intervento normativo
come quello in esame, che determina una disparita' di trattamento,  a
scapito dei creditori  concorrenti  con  lo  Stato,  i  quali  vedono
ingiustamente frustrate le aspettative di  riparto  del  credito  che
essi avevano legittimamente maturato. 
    4.6.-  Pertanto,  la   disciplina   impugnata   palesa   la   sua
illegittimita' sia per violazione dei principi di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., sia per violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost., in  relazione  all'art.  6  della  CEDU,  in
considerazione  del  pregiudizio  che   essa   arreca   alla   tutela
dell'affidamento  legittimo  e  della   certezza   delle   situazioni
giuridiche, in assenza di motivi  imperativi  di  interesse  generale
costituzionalmente rilevanti. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma  37,
ultimo periodo, e comma 40, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
nei sensi di cui in motivazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'1 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI