N. 170 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 2012
Ordinanza del 22 ottobre 2012 emessa dal Giudice di pace di Milano nel procedimento civile promosso da S. C. e N. L. contro M. A. M. D. e Assicurazioni Generali Spa Fgvs. Procedimento civile - Astensione e ricusazione del giudice - Giudice di pace che, a causa del sistema retributivo fondato sul "cottimo", ritiene di non poter essere o di non poter apparire imparziale - Facolta' di astenersi anche senza autorizzazione del capo dell'ufficio - Omessa previsione - Contrasto con la garanzia di terzieta' e imparzialita' del giudice, con il dovere di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina ed onore, e con il principio di ragionevolezza - Auspicio che la Corte costituzionale proceda all'autorimessione della questione di costituzionalita' della norma (art. 11, comma 2, della legge n. 374 del 1991) che regola il trattamento economico del giudice di pace. - Cod. proc. civ., art. 51. - Costituzione, artt. 3, 54, comma secondo, e 111, comma secondo.(GU n.29 del 17-7-2013 )
Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da S. C. e N. L. con Avv. Roberto Rogate via Nicola Piccinni 23, Milano, attrici; Contro: M. A. e M. D., residenti in via C.B. n. 2, Milano convenuti contumaci Assicurazioni Generali spa - FGVS - con Avv. Giuliano Fede Pellone Corso di Porta Romana n. 79, Milano, convenuta Fatto S. C. e N. L., rappresentante e difese giusta procura speciale a margine dell'atto di citazione dall'Avv. Roberto Rogate ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Milano, via Nicola Piccinni n. 23, con atto di citazione regolarmente notificato convenivano in giudizio M. A. e M. D., rispettivamente conducente e proprietario dell'autoveicolo Lancia tg, e la Societa' Assicurazioni Genereali spa - quale impresa designata del Fondo di Garanzia Vittime della Strada - per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni dalle stesse subiti in occasione dell'incidente stradale verificatosi in Milano, piazza Diocleziano, in data 10 gennaio 2010, alle ore 12,15 circa. Deducevano le attrici che nelle anzidette circostanze di luogo e di tempo la sig.ra N. L. si sarebbe trovata alla guida del veicolo Renault Clio tg, di proprieta' della sig.ra S.C., ferma in colonna al semaforo di piazza Diocleziano, intersezione con via Cenisio, quando sopraggiungeva da tergo il furgone Lancia tg, di proprieta' di D.M. e condotto da A. M., che tamponava il veicolo della sig.ra C. S. Aggiungevano le attrici che, a causa dell'anzidetto incidente, la sig.ra L. N. riportava lesioni fisiche con conseguente danno biologico ed inabilita' temporanea - quantificati in € 3.044,35 - e che l'autovettura della sig.ra C. S. subiva danni materiali per € 2.984,35 (oltre ad € 60,00 per il soccorso stradale). Aggiungevano ancora le attrici che il veicolo dei convenuti, dopo gli opportuni accertamenti, risultava privo di copertura assicurativa al momento del sinistro e, pertanto, le stesse dopo essersi rivolte al proprietario del veicolo si sono rivolte alla Societa' Generali Assicurazioni spa, quale Impresa designata per il Fondo Vittime della Strada. I convenuti A. M., e D. M. non si costituivano e venivano dichiarati contumaci. Si costituiva invece la convenuta Generali Assicurazioni spa la quale contestava in toto le domande delle attrici e proponeva domanda di regresso nei confronti degli altri convenuti ex art. 292 d.lgs n. 209/2005, ma in via pregiudiziale eccepiva l'improponibilita' delle domande formulate dalle attrici per il mancato rispetto delle condizioni di procedibilita' stabilite dagli artt. 142, 145 e 148 d.lgs n. 209/2005 e in via preliminare eccepiva il difetto di legittimazione passiva delle Assicurazioni Generali spa (F.G.V.S.) per non aver le attrici fornito la prova che il veicolo dei convenuti (Lancia tg.) al momento del sinistro era privo di copertura assicurativa. All'udienza del 25 maggio 2012 il Difensore della convenuta Generali Assicurazioni spa, ritenendo dirimenti le eccezioni proposte, chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni. Il giudice, accogliendo la domanda della convenuta, fissava, ai sensi e per gli effetti dell'art. 187 cod. proc. civ., al 12 ottobre 2012 l'udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione della causa. Nel corso dell'anzidetta udienza il giudice dopo aver rilevato che la sentenza sulle eccezioni della convenuta potrebbe essere ovviamente di accoglimento o di rigetto, riteneva di dover evidenziare l'esistenza di un suo personale interesse (incompatibile con la funzione giurisdizionale) ad emettere una sentenza di accoglimento (e non di rigetto) perche' con la sentenza di accoglimento (ma non anche con la sentenza di rigetto) riceverebbe un certo compenso (art. 11 L. n. 374/91). Il Difensori di entrambe le parti non contestavano l'obiettiva esistenza di un interesse «personale» del giudice; il Difensore delle attrici, pero', invitava il giudice ad astenersi e a rimettere la causa al Coordinatore. Il giudice esonerava le parti dal dovere di precisare le rispettive conclusioni e si riservava di chiedere al Coordinatore - ai sensi dell'art. 51, comma 2, cod. proc. civ.- l'autorizzazione ad astenersi. La domanda del giudice intesa ad ottenere l'autorizzazione ad astenersi dal Coordinatore pero' veniva rigettata perche' - a Suo avviso - non sussistono valide ragioni perche' il giudice assegnatario debba spogliarsi della causa. Diritto Questo giudice, per le considerazioni che seguono, ritiene che la decisione sulle questioni sollevate dalla convenuta (improponibilita' o improcedibilita' della domanda delle attrici e difetto di legittimazione passiva) debba essere preceduta dalla soluzione di una questione di legittimita' costituzionale concernente la possibilita' per il giudice di astenersi anche senza l'autorizzazione del capo dell'ufficio, quando, a parere del giudice, non sussistono le condizioni che possano garantire al giudice di essere imparziale e/o di apparire imparziale. L'indipendenza e l'imparzialita' del giudice - sempre ritenute essenziali per l'esercizio di qualsiasi funzione giurisdizionale - con la Legge costituzionale 23 novembre 1992, n. 2, sono state anche formalmente e solennemente riaffermate e al secondo comma dell'art. 111 della Costituzione e' previsto che «Ogni processo deve svolgersi ...davanti ad un giudice terzo ed imparziale». Il giudice, un qualsiasi giudice e quindi anche un giudice di pace - in base a quanto prevede la Costituzione ed insegna la Corte costituzionale - deve non solo essere obiettivo ed imparziale, ma deve anche apparire o poter apparire obiettivo ed imparziale. La Corte costituzionale, in una Sua non recente Sentenza, dalla quale non si e' mai discostata, ha affermato che «Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere, e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di timori di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare l'obiettivita' della decisione» (Sent. n. 60/1969). Invece, per i giudici di pace (ma anche per i giudici tributari) la legge prevede un sistema retributivo fondato sul «cottimo» (un certo compenso per ogni procedimento definito o cancellato dal ruolo o per ogni ricorso deciso) che, anche se non nuoce ai giudici, nuoce all'obiettivita' della decisione e alla credibilita' della giustizia. La retribuzione a cottimo, indubbiamente ha il pregio, ma al tempo stesso il difetto (di gran lunga piu' rilevante del pregio), di far sorgere un interesse personale (incompatibile con la funzione giurisdizionale) a decidere e a decidere nel minor tempo possibile il maggior numero di cause. I giudici retribuiti a cottimo, obiettivamente, sono condizionati nelle loro decisioni ed emettono provvedimenti che ad almeno una delle parti, non di rado, possono apparire «inquinati» da interessi personali. Non puo' peraltro escludersi che alcuni giudici, probabilmente pochi, per non apparire «interessati», possano emettere o emettano provvedimenti in contrasto con il loro personale interesse ma che non emetterebbero se non fossero retribuiti a cottimo, Ma anche in tal caso i provvedimenti emessi sono o sarebbero «viziati»... Sulla retribuzione a cottimo per i giudici di pace, alcuni anni fa (25 ottobre 2005), alcuni membri del Consiglio superiore della Magistratura - aderenti al Movimento per la Giustizia - hanno lanciato un allarme: «Gli effetti anomali del sistema di retribuzione (prevalentemente a «cottimo») dei giudici di pace costituiscono costante e prevalente causale dei rilievi deontologici che interessano i magistrati onorari, di cui il plenum giudice disciplinare. Nonostante il limite previsto di recente per le indennita' dei giudici di pace (72.000 euro annui), continuano a pervenire segnalazioni di condotte finalizzate ad incrementare l'utile economico attraverso autentiche distorsioni della giurisdizione. Si tratta di condotte che... imporrebbero una seria revisione normativa delle modalita' di compenso delle attivita' della magistratura di pace.» Non risulta, o almeno non risulta allo scrivente, che la situazione sia cambiata in meglio o che gli aderenti al Movimento per la Giustizia abbiano cambiato opinione. Alcuni giudici ordinari (sia pure onorari) e alcuni giudici tributari, ritenendo la retribuzione a cottimo incompatibile con l'esercizio di una qualsiasi funzione giurisdizionale, hanno gia' richiamato l'attenzione della Corte costituzionale sulle norme che prevedono tale sistema retributivo ma la Corte non si e' mai pronunciata nel merito per mancanza di «rilevanza» nel giudizio a quo della relativa questione. Sarebbe auspicabile, pero', a parere di questo giudice, che la Corte si pronunziasse per rimuovere una situazione di incertezza ma, ovviamente, debbono sussistere i presupposti perche' la Corte possa e debba pronunziarsi. Nel caso oggetto d'esame, in base a quanto il Giudice delle leggi ha affermato in una Sua non recente Sentenza, forse pero' sussistono i presupposti perche' la Corte sollevi d'ufficio davanti a se stessa questione di legittimita' costituzionale della norma che prevede la retribuzione a cottimo per i giudici di pace (art. 11, comma 2, L. n. 374/91). In passato la Corte costituzionale ha affermato infatti che «La Corte puo' sollevare davanti a se stessa in via incidentale una questione di legittimita' Costituzionale solo allorche' dubiti dell'incostituzionalita' di una norma, diversa da quelle impugnata, ma che essa e' chiamata necessariamente ad applicare nell'iter logico per arrivare alla decisione sulla questione che le e' stata proposta: in altri termini, deve trattarsi di norma che si presenti pregiudiziale alla definizione della questione principale e come strumentale rispetto alla emananda decisione» (Sent. n. 122/76). L'art. 11, comma 2, della L. n. 374/91 prevede che al giudice di pace venga corrisposto il compenso di «€ 56,81 per ogni processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo». Questo giudice deve pronunziarsi su questioni pregiudiziali (difetto di legittimazione passiva e inaprocedibilita' della domanda delle attrici) la cui decisione potrebbe definire il giudizio (art. 187 c.p.c.). La sentenza sulle eccezioni sollevate dalla convenuta potrebbe essere, ovviamente, di accoglimento o di rigetto Per il giudice le due sentenze, pero', obiettivamente, non sono equivalenti. Per la sentenza di accoglimento - in base al citato art. 11 della L. n. 374/91- infatti il giudice riceverebbe un «congruo» compenso, mentre per la sentenza di rigetto non riceverebbe alcun compenso. Quindi nel decidere sulle questioni sollevate dalla convenuta questo giudice, obiettivamente, non puo' essere o quanto meno non puo' apparire «imparziale». La norma di cui all'art. 11, comma 2, della L. n. 374/91, a parere dello scrivente, e' costituzionalmente illegittima (o quanto meno e' di dubbia legittimita' costituzionale) perche' impedisce al giudice di essere o di apparire obiettivo ed imparziale ma, ovviamente, non e' una norma applicabile nel presente giudizio e quindi non puo' incidere almeno in modo diretto sulla decisione. Tuttavia - come ha riconosciuto la stessa Avvocatura dello Stato intervenuta in un recente giudizio di legittimita' costituzionale - la citata norma puo' incidere (solo!) «sulla serenita' di giudizio del giudicante». Questo giudice non intende sollevare una questione di legittimita' costituzionale sulla norma che regola il trattamento economico del giudice di pace, certo di una pronuncia di inammissibili per «irrilevanza», ma auspica che la Corte costituzionale voglia farlo. Questo giudice, dovendo e volendo non solo essere ma anche apparire obiettivo e imparziale, ma non potendo essere e/o non potendo apparire obiettivo e imparziale, ha ritenuto e ritiene doveroso astenersi (anche perche', come risulta dal verbale di udienza, per le anzidette considerazioni e' stato formalmente invitato da una delle parti in causa ad astenersi). Per astenersi questo giudice ha chiesto - cosi come previsto dall'art. 51, comma 2, c.p.c. - l'autorizzazione ad astenersi che, pero', non gli e' stata concessa. Questo giudice, non potendosi astenere, puo' e deve sottoporre al giudizio della Corte costituzionale l'art. 51 cod. proc. civ. - nella parte in cui detto articolo non prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter essere o di non poter apparire imparziale a causa del sistema retributivo fondato sul cottimo (art. 11, comma 2, L. n. 374/91), possa astenersi anche senza autorizzazione del capo dell'ufficio - in relazione all'art. 111, comma 2, «Ogni processo si svolge...davanti a giudice terzo e imparziale» e all'art. 54, comma 2, «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore...» e all'art. 3 (ragionevolezza) della Costituzione. Questo giudice non «propone» che l'astensione «facoltativa», di cui all'ultimo comma dell'art. 51 cod. proc. civ., venga trasformata in un diritto insindacabile del giudice ma ritiene che l'interesse personale del giudice ad emettere un determinato provvedimento (nel caso di specie una sentenza di accoglimento e non di rigetto) - e tale interesse e' strettamente connesso con la retribuzione a cottimo - possa e debba rientrare tra le «gravi ragioni di convenienza» che rendono opportuna, anzi doverosa, l'astensione. Ed infine appare opportuno evidenziare che i giudici di pace, in quanto retribuiti a cottimo e soltanto per i procedimenti definiti o cancellati dal ruolo, hanno un personale interesse a non astenersi perche' astenendosi non traggono alcun vantaggio anzi «limitano» i loro compensi. La Corte costituzionale si e' gia' pronunciata su una questione analoga (Ord. n. 123/99) ma i nuovi e diversi argomenti addotti con la presente Ordinanza (in particolare il collegamento dell'astensione con il sistema retributivo fondato sul cottimo), a parere del remittente, meritano un riesame e dell'art. 51 cod. proc. civ. e dell'art. 11 L. n. 374/91. Trattasi di questione, per quanto esposto, «non manifestamente infondata» ed anche «rilevante» ai fini della decisione della presente causa ed in particolare ai fini della decisione sulle eccezioni sollevate dalla convenuta (difetto di legittimazione passiva e improcedibilita' della domanda delle attrici). Infatti se il citato art. 51 cod. proc. civ. - del quale, a parere di questo giudice, non puo' essere data una diversa interpretazione - fosse costituzionalmente illegittimo questo giudice potrebbe legittimamente astenersi. Se invece il citato art. 51 cod. proc. civ. dovesse essere costituzionalmente legittimo questo giudice potrebbe e dovrebbe pronunciarsi, pur avendo, obiettivamente, un personale interesse (incompatibile con la funzione giurisdizionale) - ad emettere una sentenza di accoglimento (con conseguente danno per le attrici). Ed e' significativo che il difensore della parte attrice, non potendo formalmente ricusare il giudice, l'abbia invitato ad astenersi.
P. Q. M. Il Giudice di Pace di Milano, Visto l'art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, «non manifestamente infondata» e «rilevante» per quanto in motivazione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 cod. proc. civ. - nella parte in cui detto articolo non prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter essere o di non poter apparire obiettivo e imparziale a causa del sistema retributivo fondato sul cottimo, possa astenersi anche senza autorizzazione del capo dell'ufficio - in relazione all'art. 111, comma 2, (imparzialita' del giudice), all'art. 54, comma 2, (modalita' di svolgimento delle funzioni pubbliche), e all'art. 3 (ragionevolezza) della Costituzione. Ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della Cancelleria alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere. Milano, 22 ottobre 2012 Il Giudice di Pace: Piscitello