N. 186 SENTENZA 3 - 12 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo amministrativo - Esecuzione di provvedimenti giurisdizionali
  divenuti  definitivi  -  Previsione   che   "nelle   Regioni   gia'
  commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dai disavanzi
  sanitari,  non  possono  essere  intraprese  o  proseguite   azioni
  esecutive  nei  confronti  delle   aziende   sanitarie   locali   o
  ospedaliere sino al  31  dicembre  2012  ed  i  pignoramenti  e  le
  prenotazioni a debito sulle rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
  Regioni alle aziende sanitarie,  effettuati  prima  della  data  di
  entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010,  non  producono  effetti
  sino al 31 dicembre 2012 e non  vincolano  gli  enti  del  servizio
  sanitario regionale" - Ius superveniens con contenuti normativi che
  costituiscono una coerente evoluzione dei principi contenuti  nella
  previgente disciplina - Esclusione della restituzione degli atti al
  giudice rimettente. 
- Legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 51. 
- Costituzione,  artt.  2,  3,  24,  41,  111  e  117,  primo  comma;
  convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
  delle liberta' fondamentali, art. 6, par. 1. 
Processo amministrativo - Esecuzione di provvedimenti giurisdizionali
  divenuti  definitivi  -  Previsione   che   "nelle   Regioni   gia'
  commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dai disavanzi
  sanitari,  non  possono  essere  intraprese  o  proseguite   azioni
  esecutive  nei  confronti  delle   aziende   sanitarie   locali   o
  ospedaliere sino al  31  dicembre  2012  ed  i  pignoramenti  e  le
  prenotazioni a debito sulle rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
  Regioni alle aziende sanitarie,  effettuati  prima  della  data  di
  entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010,  non  producono  effetti
  sino al 31 dicembre 2012 e non  vincolano  gli  enti  del  servizio
  sanitario regionale" -  Compressione  del  diritto  di  difesa  del
  creditore - Violazione del principio di parita' delle parti  e  del
  principio della ragionevole durata del  processo  -  Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento degli ulteriori profili. 
- Legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma  51,  sia  nel  testo
  risultante a seguito delle modificazioni gia' introdotte  dall'art.
  17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98,
  convertito nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,  sia  nel  testo,
  attualmente  vigente,  risultante  a  seguito  delle  modificazioni
  introdotte  dall'art.  6-bis,  comma  2,  lettere  a)  e  b),   del
  decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito nella  legge  8
  novembre 2012, n. 189. 
- Costituzione, artt. 24 e 111 (artt. 2, 3, 41, e 117,  primo  comma;
  convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
  delle liberta' fondamentali, art. 6, par. 1). 
(GU n.29 del 17-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma
51, della legge  13  dicembre  2010,  n.  220  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2011), come modificato dall'articolo 17, comma 4,  lettera
e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per
la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dal  Tribunale  amministrativo
regionale della  Campania,  sezione  staccata  di  Salerno,  con  due
ordinanze del 7 settembre 2011 e con una  ordinanza  dell'11  ottobre
2011, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede  di
Napoli, con ordinanza del 14 dicembre 2011, dal  Tribunale  ordinario
di Napoli con ordinanza del 21 novembre 2011, dal Tribunale ordinario
di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, con due ordinanze  del  12
dicembre 2011 e del 24 maggio 2012, ciascuna rispettivamente iscritta
ai nn. 16, 17, 18, 50, 58, 137 e 189 del registro  ordinanze  2012  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, n. 14,  n.
16, n. 28 e n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione di A. M. ed altri,  della  Azienda
Sanitaria Locale Salerno di Salerno (gia' Asl 111 - Salerno 1), di B.
R., del Centro Antidiabete Emotest S.r.l. ed altra, nonche' gli  atti
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato Alfonso Celotto per A. M. ed altri, Maria D'Elia
per l'Azienda Sanitaria Locale Salerno di Salerno  (gia'  Asl  111  -
Salerno 1), Roberto Buonanno per R. B. e per  il  Centro  Antidiabete
Emotest S.r.l. ed altra e l'avvocato dello Stato  Francesco  Sclafani
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente  identico,
delle quali due depositate in data 7 settembre 2011, una in  data  11
ottobre  2011  e  l'ultima  in  data  14   dicembre   2011   (recanti
rispettivamente i nn. 16, 17, 18 e 50 del registro  ordinanze  2012),
il Tribunale amministrativo regionale della Campania,  sede  staccata
di Salerno  e,  quanto  all'ultima  ordinanza,  sede  di  Napoli,  ha
sollevato questione di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli articoli 3, comma primo, 24, commi primo e secondo,  41  e  111,
comma secondo, della Costituzione, dell'art. 1, comma 51, della legge
13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2011),  nella
parte in cui, nella sua originaria formulazione, prevede  che,  nelle
Regioni gia' commissariate in quanto sottoposte a  piano  di  rientro
dei disavanzi sanitari, sottoscritto ai sensi della legge 30 dicembre
2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), non possono essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle  aziende
sanitarie locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2011. 
    Il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare in  ordine
a quattro  distinti  giudizi  di  ottemperanza  fondati  su  numerosi
decreti  ingiuntivi,  emessi  nei  confronti  di  aziende  sanitarie,
ospedaliere e locali, aventi sede nella  Regione  Campania,  divenuti
esecutivi per mancata opposizione. 
    Il rimettente, pur riscontrata la astratta azionabilita' in  sede
di ottemperanza amministrativa dei titoli  costituiti  dai  ricordati
provvedimenti  monitori,  rileva  che,   in   concreto,   osta   alla
procedibilita' della azione per l'esecuzione del giudicato il dettato
dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010. 
    1.1.-  Infatti,  dato  atto  che   la   Regione   Campania,   con
deliberazione del 20 marzo 2007, ha approvato, onde riequilibrare  la
condizione di dissesto finanziario in cui si trovavano gli  enti  del
Servizio sanitario regionale, un piano di rientro, oggetto di accordo
con lo Stato, e che il Governo nazionale, con  deliberazione  del  24
luglio 2009, ha nominato il Presidente della Giunta regionale campana
commissario ad acta per l'attuazione del detto piano,  il  rimettente
rileva che, date le descritte premesse, dovendosi applicare il citato
art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010,  le  azioni  esecutive
introdotte dovrebbero essere dichiarate improcedibili. 
    Tale  conclusione,  pero',  appare  al  rimettente  tale  da  far
ipotizzare, in maniera non manifestamente  infondata,  la  violazione
degli artt. 3, comma primo, 24, commi primo  e  secondo,  41  e  111,
comma secondo, Cost. 
    Al fine di dimostrare tale assunto, il  TAR  rimettente  rammenta
che, gia' con la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  Legge
finanziaria  2010),  il  legislatore  nazionale  aveva   escluso   la
possibilita' di intraprendere o proseguire le  azioni  esecutive  nei
confronti delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere situate nelle
Regioni che avevano  sottoscritto  piani  di  rientro  del  disavanzo
sanitario. Oltre a tale blocco, previsto per la  durata  di  un  anno
dalla entrata in vigore della legge, era, altresi',  previsto  che  i
pignoramenti eventualmente gia' eseguiti non avessero  efficacia  nei
confronti dei  debitori  ne'  dei  loro  tesorieri,  potendo  costoro
disporre dei beni eventualmente vincolati. 
    Prosegue il rimettente  osservando  che,  a  brevissima  distanza
dalla sua entrata in vigore, la predetta disposizione fu modificata -
in occasione della conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre
2009,  n.  194  (Proroga  di   termini   previsti   da   disposizioni
legislative), intervenuta con la legge 26 febbraio 2010, n. 25 -  nel
senso che, fermo il resto, la impossibilita' di procedere  ad  azioni
esecutive era stata ridotta da 12 a soli 2 mesi. 
    Pertanto, a decorrere dal 1° marzo 2010 era stato ripristinato il
diritto dei creditori di agire in executivis per la soddisfazione dei
loro diritti; tuttavia, la situazione di  grave  disagio  finanziario
regionale ha presto indotto il  legislatore  statale  ad  intervenire
nuovamente: infatti, con l'art. 11, comma  2,  del  decreto-legge  25
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria   e   competitivita'    economica),    convertito,    con
modificazioni,  dalla  legge  30  luglio  2010,  n.  122,  e'   stata
reintrodotta, al fine di agevolare il  raggiungimento  dei  risultati
indicati nel piano di rientro, la inibitoria delle  azioni  esecutive
nei confronti  delle  aziende  del  comparto  sanitario  sino  al  31
dicembre 2010. 
    La nuova disposizione peraltro differiva sostanzialmente rispetto
alle precedenti in quanto, diversamente da queste, non  prevedeva  lo
svincolo dei beni gia' sottoposti a pignoramento. 
    In un momento  ancora  successivo,  continua  il  rimettente,  il
legislatore e' intervenuto con la disposizione ora censurata che  non
solo reitera il blocco delle azioni esecutive  sino  al  31  dicembre
2011 - data  questa,  osserva  lo  stesso  rimettente,  ulteriormente
differita al 31 dicembre 2012 per effetto del sopravvenuto  art.  17,
comma  4,  lettera  e),  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111  -
ma reintroduce anche lo svincolo delle somme gia' staggite. 
    1.2.-  Passando  ad  esaminare  i  profili   di   non   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale proposta,
il rimettente rileva che la disposizione censurata - introducendo una
disciplina  che  nega  al  creditore  la  soddisfazione  concreta  ed
effettiva dei propri diritti - si pone in contrasto con gli artt. 24,
commi primo e secondo, e 111, comma secondo, Cost. 
    Precisa il rimettente che, per effetto del citato art.  1,  comma
51,  della  legge  n.  220  del  2010,  e'  stata  resa  «inutile  la
possibilita' riconosciuta ai creditori di agire in giudizio  al  fine
di  ottenere  il  soddisfacimento  delle  obbligazioni  dagli  stessi
vantate nei confronti delle aziende  sanitarie  e  ospedaliere  delle
Regioni  soggette  a  commissariamento».  Cio'  tanto  piu'  ove   si
consideri  che  la  predetta  disposizione,  rendendo  inefficaci   i
pignoramenti gia' eseguiti, consente ai debitori, in aperto contrasto
con l'art. 24 Cost., di rientrare nella piena disponibilita' dei beni
sino a  quel  momento  vincolati  alla  soddisfazione  dei  creditori
esecutanti. 
    1.2.1.- La  medesima  disposizione  sarebbe,  d'altro  canto,  in
contrasto con l'art. 111 Cost. poiche' altererebbe le  condizioni  di
parita' fra i litiganti, ponendo la parte pubblica in  una  posizione
di ingiustificato privilegio, incidendo, altresi', sulla  ragionevole
durata del processo. 
    Ne' varrebbe a smentire l'assunto  il  fatto  che  si  tratta  di
disposizione avente una limitata efficacia nel tempo; infatti, per un
verso, il legislatore ha provveduto gia' a reiterare la  disposizione
prolungandone nel tempo gli effetti e,  per  altro  verso,  anche  la
«mera sospensione del diritto di azione a tutela del proprio credito»
puo' avere  effetti  pregiudizievoli  sulla  situazione  giuridica  e
patrimoniale del creditore. 
    Egualmente irrilevante sarebbe  la  circostanza  che  l'eventuale
pronunzia  che  dichiari  inammissibile  l'azione  esecutiva  non  ne
pregiudicherebbe  la  riproposizione  una  volta   venuta   meno   la
disciplina inibitoria,  posto  che  lo  scrutinio  sulla  ragionevole
durata del processo va svolto in funzione del tempo necessario per il
soddisfacimento  della  pretesa   sostanziale,   essendo   necessario
«considerare la durata complessiva della vicenda giudiziaria». 
    In tal senso il rimettente richiama anche i principi formatisi un
seno alla Unione europea e consacrati sia nel Trattato di Lisbona che
nella cosiddetta Carta di Nizza. 
    1.2.2.- Con riferimento alla  violazione  dell'art.  3  Cost.  il
rimettente rileva che l'improcedibilita' delle  azioni  esecutive  e'
stabilita  dalla  disposizione  censurata  in  considerazione   della
adozione  di  atti  amministrativi  «aventi  natura  previsionale   e
programmatica» e, pertanto, a contenuto generico. 
    La  posizione  di  chi  operi  nella  Regione  Campania  e',   di
conseguenza, del tutto sperequata rispetto a quella di  chi,  invece,
operi in Regioni ove il divieto di esperimento delle azioni esecutive
non e' previsto; ne', osserva  il  rimettente,  siffatto  divieto  e'
caratterizzato da «ragionevolezza ed adeguatezza» rispetto allo scopo
dichiarato di riequilibrare  la  situazione  finanziaria  degli  enti
debitori: infatti i  debiti  in  questione  rimangono,  comunque,  in
carico all'ente, costituendo la massa passiva del suo bilancio. 
    Nel bilanciamento degli interessi, quello del privato di ricevere
quanto  a  lui  dovuto  e  quello  pubblico  teso  al  ristabilimento
finanziario della azienda sanitaria, il primo viene sacrificato senza
«una reale contropartita, in favore del secondo». 
    1.2.3.- Infine il rimettente, quanto  al  dedotto  contrasto  con
l'art. 41 Cost., osserva che il soggetto imprenditore che intrattenga
rapporti economici con le amministrazioni del comparto  sanita',  non
potendo  fare  affidamento  sulla  puntualita'   del   suo   debitore
nell'adempimento delle sue obbligazioni, non puo' programmare la  sua
attivita' d'impresa ed e' costretto, onde  far  fronte  alle  proprie
scadenze, a ricorrere ad onerosi finanziamenti bancari. 
    A tal riguardo il rimettente richiama ampiamente  la  disciplina,
di  ispirazione  comunitaria,  volta  a  contrastare  i  ritardi  nei
pagamenti delle transazioni commerciali. 
    1.3.- Con riferimento alla rilevanza della questione il TAR della
Campania rileva che, sulla sola base della  censurata  disciplina,  i
giudizi a quibus dovrebbero essere tutti dichiarati inammissibili. 
    2.- In ciascuno dei  giudizi  e'  intervenuto,  con  comparsa  di
identico  contenuto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
concludendo per l'infondatezza della questione. 
    La difesa pubblica, ricostruite le ragioni che hanno  indotto  il
legislatore  ad  introdurre  misure  volte  a  garantire  l'effettiva
responsabilita' regionale in materia di spesa sanitaria, fra le quali
vi e' l'esistenza di un piano di rientro dai disavanzi, e  illustrata
brevemente la disciplina ed il contenuto di quest'ultimo, volto,  fra
l'altro, a  conseguire  una  attendibile  certezza  della  situazione
relativa all'esposizione debitoria  regionale  in  ambito  sanitario,
precisa che la disposizione della cui legittimita' costituzionale  si
dubita ha  l'obbiettivo  di  «garantire  una  temporanea  quiete  del
contenzioso», si' da  permettere  la  ricostruzione  delle  posizioni
debitorie da ristorare integralmente per poter,  quindi,  raggiungere
il fine strutturale di razionalizzare  la  spesa  e  regolarizzare  i
pagamenti. 
    2.1.- Con riferimento alle singole censure,  la  difesa  erariale
esclude  la  violazione  dell'art.  3  Cost.   contestando   che   la
disposizione  censurata  abbia  la  natura  di  legge  provvedimento,
essendo, invece, caratterizzata, «per quanto in misura ridotta»,  dai
requisiti  della  generalita'  ed  astrattezza.  Peraltro,   aggiunge
l'Avvocatura dello Stato, non sussistendo alcun  divieto  di  emanare
leggi aventi un contenuto provvedimentale, lo  scrutinio  sulla  loro
ragionevolezza va svolto in termini concreti e non in astratto. 
    Nella specie, tale scrutinio conduce ad un risultato positivo  in
quanto la norma si  e'  resa  necessaria  per  consentire,  a  fronte
dell'eccezionale gravita'  del  dissesto  finanziario  regionale,  il
risanamento del disavanzo attraverso l'adozione di specifici piani di
rientro. 
    La  procedura,  finalizzata  alla  soddisfazione   di   tutti   i
creditori, e' incompatibile con  l'esperimento  di  azioni  esecutive
individuali, in quanto sarebbe impossibile garantire la par  condicio
creditorum se  si  consentisse  a  ciascun  creditore  di  agire  per
soddisfare il proprio credito. 
    La disposizione impugnata, eccezionale  e  temporanea,  persegue,
percio', il duplice  fine  di  consentire  il  risanamento  dell'ente
garantendone i compiti istituzionali e di assicurare il pagamento dei
debiti nel rispetto della par condicio fra i creditori. 
    Segnala  l'interveniente  difesa  l'analogia  con  la  disciplina
fallimentare, chiarendo come lo scopo della norma sia di «deviare» la
soddisfazione  del  credito  vantato  nei  confronti  delle   aziende
sanitarie  dalla  procedura  esecutiva  individuale   alla   speciale
procedura  di  risanamento.  In  tale  modo,  lungi  dal  violare  il
principio di eguaglianza, lo verrebbe ad attuare, come gia' affermato
dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. 
    Neppure sarebbero violati gli artt. 24, commi primo e secondo,  e
111, comma secondo, Cost. poiche', per un verso, l'art. 1, comma  51,
della legge n. 220 del 2010 consentirebbe la soddisfazione di tutti i
creditori e  non  solo  di  quelli  che  per  primi  hanno  agito  in
executivis, e, per altro verso,  come  detto,  la  sospensione  delle
azioni esecutive da essa prevista ha durata  limitata  nel  tempo.  A
tale  riguardo  viene  ricordata  la   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale con la quale e'  stata  riconosciuta  la  legittimita'
della normativa che  ha  disposto  la  sospensione  «per  un  periodo
transitorio  ed  essenzialmente  limitato»  della  esecuzione   degli
sfratti. 
    Quanto, infine, alla lamentata violazione dell'art. 41 Cost.,  la
difesa  pubblica  ne  esclude  la  sussistenza,  osservando  che   la
disciplina   censurata   si   limita   a   regolamentare   l'ipotesi,
riconducibile al normale rischio di  impresa,  della  insolvenza  del
debitore, indirizzandosi verso l'instaurazione di un regime di  spesa
che consenta il risanamento della condizione di quest'ultimo. 
    In  tal  modo,  precisa,  non  pregiudica  ma,  anzi,  garantisce
l'esercizio  del  diritto   di   impresa,   che,   invece,   verrebbe
pregiudicato proprio dal protrarsi della situazione di dissesto. 
    3.- Si sono costituite in giudizio, limitatamente alla  ordinanza
rubricata al n. 18 del registro ordinanze  2012,  le  numerose  parti
ricorrenti nel giudizio a quo, che, riportandosi, spesso  in  maniera
assolutamente testuale, al contenuto dell'ordinanza di rimessione, ne
sollecitano l'accoglimento  delle  conclusioni.  In  via  subordinata
sollecitano una pronunzia a carattere interpretativo nella quale  sia
precisato che, essendo il blocco delle azioni esecutive finalizzato a
consentire la regolare attuazione del piano  di  rientro  predisposto
dalla Regione, esso dovrebbe essere limitato ai debiti contratti sino
alla data del 31 dicembre 2009, data in riferimento alla  quale  deve
essere compiuta  la  ricognizione  della  situazione  debitoria  onde
predisporre il piano di rientro. Sarebbe, infatti,  ad  avviso  delle
costituite parti private, del  tutto  irragionevole  consentire  alle
aziende sanitarie campane  di  contrarre  ulteriori  debiti,  il  cui
pagamento  potrebbe  avvenire  solo  dopo  il  1°  gennaio  2013.  Il
bilanciamento degli interessi si avrebbe, invece, tenendo separati  i
debiti maturati sino al dissesto, il cui pagamento rimane sospeso, da
quelli, quali i crediti  vantati  dalle  concludenti  parti  private,
successivi alla dichiarazione di dissesto. 
    3.1.- In relazione al giudizio scaturito dalla medesima ordinanza
di rimessione si e' costituita in giudizio anche la Azienda sanitaria
locale Salerno di  Salerno,  chiedendo  che  sia  dichiarata  la  non
fondatezza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale  della
disposizione censurata. 
    La difesa della Azienda, svolta  una  ampia  ricostruzione  della
normativa pertinente ed illustrate le operazioni intraprese - sia, in
generale, nella Regione Campania sia, in particolare, da essa Azienda
-  onde  ripianare  la  situazione  di  dissesto,  provvedendo   alla
soddisfazione delle  posizioni  creditorie,  osserva,  con  specifico
riferimento alla questione di legittimita' costituzionale  in  esame,
che  e'  del  tutto  compatibile  coi  principi   costituzionali   la
previsione, temporanea ed eccezionale, da parte del legislatore della
sospensione delle procedure esecutive  nei  confronti  delle  aziende
sanitarie delle Regioni gia' commissariate, al fine di permettere  la
soddisfazione dei debiti su di esse gravanti secondo  modalita'  tali
da non pregiudicare lo svolgimento delle  loro  essenziali  funzioni.
Cio' in quanto deve ritenersi prevalente l'interesse allo svolgimento
del piano di rientro, finalizzato all'ordinato pagamento  dei  debiti
gravanti sugli enti sanitari, che, invece,  potrebbe  essere  turbato
dall'esperimento delle singole azioni esecutive. 
    4.- Con ordinanza depositata il 21 novembre 2011 (recante  il  n.
58 del registro ordinanze 2012),  anche  il  Tribunale  ordinario  di
Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 51, della
legge n. 220 del 2010. 
    Adito in sede di opposizione ai sensi dell'art. 617 del codice di
procedura civile avverso l'ordinanza con la quale e' stata dichiarata
la improcedibilita' di una esecuzione intrapresa nei confronti di una
azienda sanitaria locale di Napoli, il  giudice  rimettente  ricorda,
innanzitutto, le  disposizioni  normative  precedenti  a  quella  ora
censurata ed aventi analogo contenuto, fra le  quali  in  particolare
l'art. 25, comma 2, della legge della  Regione  Campania  19  gennaio
2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del  bilancio  annulale  e
pluriennale della Regione Campania -  Legge  finanziaria  per  l'anno
2009), oggetto di  pronunzia  di  illegittimita'  costituzionale  con
sentenza della Corte costituzionale n. 123 del 2010, ed  illustra  il
contesto normativo che le riguarda, con particolare  attenzione  alla
normativa  in  materia  di  ripiano  dal  disavanzo  finanziario  del
servizio sanitario. Individua, quindi, nella esigenza  di  assicurare
la realizzazione del piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario  con
salvezza delle funzioni istituzionali svolte dalla azienda  sanitaria
la ratio della disposizione censurata. Cio', aggiunge il  rimettente,
e' possibile solo  impedendo  l'attivazione  di  procedure  esecutive
singolari  che,  invece,  se   intraprese,   sottrarrebbero   risorse
destinate ai compiti sanitari. 
    4.1.- Passando a scrutinare il modo col  quale  tale  intento  e'
stato perseguito dal legislatore, il Tribunale di Napoli osserva  che
l'effetto della disciplina in  esame  sulle  procedure  esecutive  in
corso non e' quello di una mera sospensione di esse  ma  e'  tale  da
determinarne una chiusura anticipata in assenza di soddisfazione  per
il  creditore.  Le  dette  procedure,  infatti,  o  sono  chiuse  con
pronunzia di inammissibilita',  se  introdotte  successivamente  alla
entrata in vigore della legge n. 220 del 2010,  ovvero  lo  sono  con
pronunzia di improcedibilita', se a tale data gia' pendenti. 
    Riprova di quanto sopra e' data dal fatto che  la  legge  prevede
anche la inefficacia  dei  pignoramenti  gia'  eseguiti,  circostanza
questa  che  impedirebbe  in  radice  la  prosecuzione  della  azione
esecutiva  allo  scadere  del  termine  indicato  dalla  disposizione
censurata, essendo venuto meno il vincolo  sul  bene  asservito  alla
procedura. 
    4.2.- Ritiene il rimettente che, pertanto, la detta  disposizione
violi l'art. 24 Cost. Ricordato che le garanzie poste da  tale  norma
costituzionale  riguardano  anche  il  processo  di  esecuzione,   il
rimettente osserva  che  il  divieto  di  azioni  esecutive  previsto
dall'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 contrasta  con  la
stessa sia nella parte in cui «dispensa dalla aggressione  esecutiva»
l'intero patrimonio del debitore e  non  specifici  beni  aventi  una
destinazione funzionale al perseguimento di  interessi  primari,  sia
nella parte in cui esso, stante  la  reiterazione  dei  provvedimenti
legislativi  che  lo  prevedono,  ha  una  considerevole   estensione
temporale, tale da escluderne la natura  meramente  transitoria,  sia
nella parte in cui e' soggetto alla sola condizione che  l'esecuzione
sia rivolta in danno di un'azienda sanitaria avente sede in una delle
Regioni commissariate ai sensi della legge n. 311 del 2004. 
    A  tal  proposito,  il  rimettente   rileva   come   in   passato
disposizioni di contenuto analogo prevedevano non solo che il vincolo
di impignorabilita' riguardasse determinati  beni  necessari  per  lo
svolgimento di funzioni definite di primaria importanza  e  che  esso
fosse preceduto da uno  specifico  provvedimento  amministrativo  col
quale erano quantificati i beni necessari per la soddisfazione  delle
predette  funzioni,  ma  anche  che  esso  fosse  assoggettato   alla
condizione del riscontro dell'effettivo utilizzo  dei  beni  per  gli
scopi prestabiliti, venendo meno ove i beni fossero stati  utilizzati
per finalita' diverse da quelle salvaguardate dalla legge. 
    La mancanza di meccanismi di  verifica  e  controllo  analoghi  a
quelli  ora  indicati  rende  arbitrario  il  sacrificio  attualmente
imposto al creditore della azienda sanitaria, potendo  questa,  senza
incorrere in  sanzioni,  destinare  le  sue  risorse  finanziarie  ad
impieghi diversi dalla estinzione dei  debiti  secondo  il  piano  di
rientro. 
    Ancora piu' evidente sarebbe la  violazione  dell'art.  24  Cost.
nell'ipotesi di pignoramenti gia' eseguiti prima della vigenza  della
legge n. 220 del 2010, dato che  in  tale  ipotesi  il  creditore,  a
seguito  della,  per  lui  infruttuosa,  chiusura  della   procedura,
subirebbe anche il danno patrimoniale connesso alle spese processuali
inutilmente anticipate. 
    4.3.- Riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost.,  il  rimettente
segnala, per un verso, la  discriminazione  consistente  nel  diverso
trattamento normativo gravante sui creditori delle aziende  sanitarie
ubicate in Regioni commissariate rispetto  a  quello  applicabile  ai
creditori delle analoghe aziende ubicate  in  altre  Regioni  e,  per
altro verso,  la  piu'  favorevole  condizione  in  cui  si  trovano,
rispetto alla generalita' delle  aziende  sanitarie,  quelle  ubicate
nelle Regioni commissariate,  godendo  di  «una  sorta  di  immunita'
totale  dall'espropriazione  forzata  correlata  ad  un  mero  status
soggettivo», non potendosi, peraltro, escludere che, sebbene compresa
in una Regione  commissariata,  la  singola  azienda  sanitaria,  pur
beneficiaria del blocco dei  pignoramenti,  non  sia  in  difficolta'
finanziarie. 
    Siffatto privilegio, prosegue il rimettente,  appare  ancor  piu'
ingiustificato  ove  si  consideri  che  le  aziende  sanitarie  gia'
beneficiano del piu' favorevole regime di pignorabilita' limitata dei
loro beni stabilito  dall'art.  1,  comma  5,  del  decreto-legge  18
gennaio 1993, n. 9  (Disposizioni  urgenti  in  materia  sanitaria  e
socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
marzo 1993, n. 67. 
    4.4.- Quanto alla violazione dell'art. 111  Cost.,  essa  sarebbe
ravvisabile nella rottura del principio di «parita' delle armi»,  che
e' resa palese  dall'ingiustificato  privilegio  a  favore  dell'ente
esecutato, e del principio  di  «ragionevole  durata  del  processo»,
posto che l'effetto della norma censurata e' di differire la concreta
realizzazione dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio. 
    4.5.- Infine, con riferimento alla violazione dell'art. 41 Cost.,
il Tribunale rimettente osserva che la incertezza sulla effettivita',
sostanziale e temporale,  della  soddisfazione  dei  propri  diritti,
derivante dall'applicazione della disposizione  censurata,  priva  il
soggetto imprenditore, e tale e'  per  lo  piu'  il  creditore  delle
aziende sanitarie,  della  possibilita'  di  pianificare  la  propria
attivita' commerciale e di esercitare correttamente,  in  un  sistema
concorrenziale, la libera iniziativa economica. 
    A tal riguardo il rimettente  richiama  la  normativa,  di  fonte
comunitaria,  tesa  a  contrastare  i  ritardi  nei  pagamenti  nelle
transazioni commerciali, in quanto elemento  distorsivo  del  mercato
concorrenziale. 
    4.6.- Cio' detto riguardo alla non manifesta  infondatezza  della
questione, in relazione alla sua rilevanza nel  giudizio  a  quo,  il
rimettente rileva che solo in caso di accoglimento della questione di
legittimita'  costituzionale  sollevata  la  opposizione  agli   atti
esecutivi, oggetto del  giudizio  medesimo,  potra'  essere  accolta,
dovendo, in caso contrario, essere rigettata. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri e' intervenuto,  col
patrocinio della Avvocatura generale dello  Stato,  anche  in  questo
giudizio, ribadendo le difese gia' svolte in relazione agli incidenti
di costituzionalita' sollevati in sede di  giudizio  di  ottemperanza
dal TAR della Campania, sede staccata di Salerno. 
    6.- Il Tribunale  ordinario  di  Napoli,  sezione  distaccata  di
Pozzuoli, con ordinanza depositata in data 12 dicembre 2011  (recante
il n. 137 del registro ordinanze 2012),  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.  2,  3,  24,
comma primo, 111 e 117, comma primo, Cost., dell'art.  1,  comma  51,
della legge n. 220 del 2010, cosi' come  modificato  ed  integrato  a
seguito della entrata in vigore dell'art. 17 del decreto-legge n.  98
del 2011,  nella  parte  in  cui  prevede  che,  nelle  Regioni  gia'
commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro  dal  disavanzo
sanitario, sottoscritto ai sensi della legge n.  311  del  2004,  non
possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti
delle aziende sanitarie locali o  ospedaliere  sino  al  31  dicembre
2012. 
    Il rimettente riferisce di essere chiamato a decidere  in  ordine
ad una procedura esecutiva avente ad oggetto un'espropriazione presso
terzi, in danno di una Azienda sanitaria locale della Campania. 
    Precisa il rimettente che, pur avendo  il  terzo  pignorato  reso
positivamente  la  propria  dichiarazione,  egli  non  aveva   potuto
procedere alla assegnazione della somma al creditore in quanto, nelle
more del giudizio, era entrata in vigore la disposizione  legislativa
censurata, la quale prevedeva la perdita degli effetti,  sino  al  31
dicembre 2012, dei  pignoramenti  eseguiti  in  danno  delle  aziende
sanitarie ed ospedaliere aventi sede in una delle Regioni  sottoposte
ai piani di rientro per il disavanzo sanitario e commissariate. 
    6.1.- Tale disposizione, ad avviso del rimettente,  rilevante  ai
fini della decisione che egli deve assumere nel giudizio  a  quo,  si
caratterizza  per  essere  in   contrasto   con   diversi   parametri
costituzionali. 
    Rileva, infatti, il rimettente che attraverso  il  divieto  delle
azioni esecutive in  tal  modo  introdotto,  il  legislatore  avrebbe
violato gli artt. 2 e 111 Cost., secondo la letture che  di  essi  e'
stata data dalla Corte di cassazione con la  sentenza  n.  23726  del
2007. 
    Osserva il giudice  a  quo  che,  sebbene  il  legislatore  abbia
formalmente inserito solamente un divieto ad tempus di  intraprendere
e proseguire azioni esecutive, in  realta'  egli,  in  considerazione
della rilevante durata di tale divieto e della  dipendenza  economica
dei creditori dalla soddisfazione del loro  diritto,  ha  determinato
una  soppressione  del  medesimo  diritto  sostanziale,  secondo   il
principio,  ricavabile  dalla  ricordata  sentenza  della  Corte   di
cassazione n. 23726 del 2007, in  base  al  quale  la  negazione  del
diritto di agire in  giudizio  per  la  soddisfazione  della  propria
posizione soggettiva si identifica necessariamente con  la  negazione
del diritto sostanziale. 
    Poiche' l'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del  2010  reprime
il diritto sostanziale del creditore  al  soddisfacimento  della  sua
pretesa e  compromette  l'effettivita'  della  tutela  giuridica  che
l'ordinamento e' tenuto ad apprestare, esso si pone in  contrato  con
gli artt. 2 e 111 Cost. 
    Parimenti evidente sarebbe, secondo il Tribunale  rimettente,  la
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,  realizzata  attraverso
il contrasto con l'art. 6, par. 1, della Convenzione europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed  esecuzione
della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del
protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a  Parigi  il
20 marzo 1952), il quale garantisce il giusto processo con  tutte  le
sue articolazioni. 
    Rileva, infatti, il giudice a quo che la violazione  dell'art.  6
della CEDU non si ha solo in quanto siano irragionevoli le  modalita'
tecniche di esercizio dei poteri processuali, ma anche allorche'  «la
configurazione stessa delle posizioni giuridiche sostanziali sia tale
da pregiudicarne la tutela». 
    Poiche' l'art.  1,  comma  51,  della  legge  n.  220  del  2010,
disposizione  non  suscettibile  di  essere  interpretata  in   senso
conforme alla citata norma  internazionale,  determina,  come  detto,
l'annullamento   del    diritto    sostanziale    vantato,    minando
l'effettivita' della sua tutela giuridica, esso, confliggendo con  la
ricordata disposizione della CEDU, sarebbe in  contrasto  con  l'art.
117, primo comma, Cost. 
    La disposizione censurata sarebbe,  altresi',  in  contrasto  con
l'art. 3 Cost., espressivo del principio di  eguaglianza,  prevedendo
un regime normativo differenziato in favore delle  Aziende  sanitarie
quanto al procedimento esecutivo, laddove  la  Corte  costituzionale,
con le sentenze n. 211 del 2003, n. 69 del 1998 e n. 285 del 1995, ha
affermato e  ribadito  che  «le  posizioni  giuridiche  delle  unita'
sanitarie locali e degli enti locali sono del tutto omogenee», e  che
«qualsiasi diversita' di disciplina [...] e' senza dubbio lesiva  dei
principi di eguaglianza e di ragionevolezza». 
    Sarebbe, poi, «di palmare evidenza» la  violazione  dell'art.  24
Cost.  derivante  dalla  previsione,  contenuta  nella   disposizione
censurata, secondo la quale non possono essere proseguite  la  azioni
esecutive gia'  intraprese.  Infatti,  per  effetto  della  norma  in
questione, la azione esecutiva gia' intrapresa  sarebbe  destinata  a
concludersi  traumaticamente  in  ragione  di  «fatti,  attivita'   e
comportamenti niente affatto riconducibili al creditore». 
    Infine, sarebbe violato l'art. 111 Cost.,  anche  alla  luce  dei
principi di cui all'art. 6 della CEDU, in quanto, venendo  modificate
le regole del processo durante il suo svolgimento, sarebbero alterate
le condizioni di parita' delle parti, con  conseguenze  irragionevoli
sulle  posizioni  di  queste,  quali  l'attribuzione  del  costo  del
processo esecutivo a carico del creditore procedente. 
    7.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per l'infondatezza della questione. 
    La difesa pubblica, ricostruite le ragioni che hanno  indotto  il
legislatore  ad  introdurre  misure  volte  a  garantire  l'effettiva
responsabilita' regionale in materia di spesa sanitaria, fra le quali
vi e' l'istituto del piano di rientro  dai  disavanzi,  e  illustrata
brevemente la disciplina ed il contenuto di quest'ultimo, volto,  fra
l'altro, a conseguire una  attendibile  certezza  dello  stato  della
esposizione debitoria regionale in ambito sanitario, precisa  che  la
disposizione della  cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita  si
inscrive in un ordito normativo caratterizzato da aspetti di assoluta
specialita' e straordinarieta' (individuati nei profili di fiscalita'
aggiuntiva  destinata  al  finanziamento   del   servizio   sanitario
regionale in  dissesto,  nel  blocco  del  turn  over  del  personale
regionale, nel divieto di effettuare spese non obbligatorie ed  altro
ancora)  finalizzati  al  risanamento   strutturale   della   finanza
regionale nel rispetto dei vincoli finanziari di fonte comunitaria. 
    7.1.- Con riferimento alle singole censure,  la  difesa  erariale
esclude la violazione dell'art. 2 Cost.  in  quanto  la  disposizione
censurata si limita a  differire  il  soddisfacimento  delle  pretese
creditorie - tramite il meccanismo  della  sospensione  delle  azioni
esecutive,  onde  consentire  la  predisposizione  di  un  piano  che
individui tempi e modalita' di pagamento - ma  non  ha  l'effetto  di
precluderlo. Non vi e' poi alcuna violazione del principio  di  buona
fede in quanto la Corte  costituzionale  gia'  ha  affermato  che  la
esperibilita' delle singole azioni esecutive puo' cedere il passo  ad
una procedura di tipo concorsuale. 
    La temporaneita' dell'accesso alla tutela esecutiva, derivante da
una ponderazione fra la tutela del credito  e  quella  della  salute,
esclude anche la violazione dell'art. 111 Cost. 
    Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., essa puo' escludersi in
ragione dei motivi eccezionali che hanno condotto alla adozione della
norma censurata. Trattandosi, infatti, di una procedura finalizzata a
soddisfare tutti i creditori  delle  aziende  sanitarie,  essa,  come
tutte le procedure concorsuali, non e' compatibile con lo svolgimento
delle procedure individuali. 
    Analoga normativa, aggiunge la Avvocatura  pubblica,  finalizzata
al  risanamento  economico  dell'Ente  Ordine  Mauriziano,  e'  stata
ritenuta dalla Corte costituzionale compatibile con  la  Costituzione
con la sentenza n. 355 del 2006. 
    Neppure sarebbero violati gli artt. 24, commi primo e secondo,  e
111, comma secondo, Cost., poiche', per un verso, l'art. 1, comma 51,
della legge n. 220 del 2010 consentirebbe la soddisfazione di tutti i
creditori e  non  solo  di  quelli  che  per  primi  hanno  agito  in
executivis, e, per altro verso,  come  detto,  la  sospensione  delle
azioni esecutive da esso prevista ha durata limitata nel tempo. A tal
riguardo e' ricordata la giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
con la quale e' stata riconosciuta la  legittimita'  della  normativa
che ha  disposto  la  sospensione  «per  un  periodo  transitorio  ed
essenzialmente limitato» della esecuzione degli sfratti. 
    8.-  Si  e',  altresi',  costituito  in  giudizio  il   creditore
procedente nel giudizio a quo, R. B., il quale, dopo aver  ampiamente
argomentato,  ha  concluso  per  l'accoglimento  della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    9.- Con altra ordinanza, sempre emessa dal Tribunale ordinario di
Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, ma redatta da  altro  giudice
di quell'Ufficio, e depositata in data 24 maggio 2012 (recante il  n.
189 del registro ordinanze 2012), e' stata sollevata, nel corso di un
giudizio di opposizione avverso l'ordinanza con la  quale  era  stata
dichiarata la  improcedibilita'  di  un'esecuzione  mobiliare  presso
terzi, questione di legittimita' costituzionale dello stesso art.  1,
comma 51, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli  artt.  3,
24, 41 e 111 Cost. 
    Il  rimettente,  illustrati  i  precedenti  interventi  normativi
aventi contenuto analogo alla disposizione censurata, rileva  che  la
ratio di questa e' il blocco delle azioni esecutive quale misura  che
dovrebbe  consentire  la  realizzazione  dei  piani  di  rientro  dai
disavanzi sanitari predisposti dalle Regioni  commissariate  al  fine
non  solo  di  ottenere  il  riequilibrio  finanziario  del   settore
sanitario, ma anche di assicurare la  riorganizzazione  dei  relativi
servizi nel rispetto della tutela della salute e delle  modalita'  di
erogazione delle prestazioni sanitarie. 
    Ritiene, tuttavia, il rimettente che le  modalita'  attuative  di
tali intenti confliggano con diversi principi costituzionali. 
    9.1.- In primo luogo il rimettente  dubita  della  ragionevolezza
dell'intervento nella  parte  in  cui  esso  prevede  che  «l'esonero
dall'aggressione  esecutiva»  riguardi  le   aziende   sanitarie   ed
ospedaliere per il solo fatto che  esse  appartengono  a  Regioni  in
situazione di dissesto sanitario, senza che esso sia subordinato alla
verifica dell'inizio della procedura  prevista  dalla  legge  per  il
ripianamento dei disavanzi, ovvero  alla  adozione  di  un  piano  di
ricognizione dei debiti. Di tal  che  l'esenzione  permarrebbe  anche
nell'ipotesi in cui l'azienda destinasse il proprio  patrimonio,  non
piu'  oggetto  di  vincolo   pignoratizio,   a   fini   diversi   dal
soddisfacimento dei crediti pregressi. 
    Per altro verso il rimettente dubita della  compatibilita'  della
disposizione censurata con l'art. 24 Cost. in quanto essa prevede  la
sanzione  della  inammissibilita'  o  della  improcedibilita'   della
procedure esecutive, con conseguente loro chiusura con  provvedimento
definitivo non satisfattivo delle ragioni del  creditore,  e  non  la
sola sospensione di esse. Sempre con riguardo al  medesimo  parametro
il rimettente osserva che contrasta col diritto di  azione,  tutelato
dall'art. 24 Cost.,  sia  il  fatto  che  la  dispensa  dalla  azione
esecutiva non riguardi singoli beni,  ma  l'intero  patrimonio  delle
aziende sanitarie debitrici, sia il fatto che essa si  protragga  per
un  considerevole  periodo  di  tempo,  sia  che  essa   abbia   come
presupposto soggettivo la mera appartenenza della  azienda  sanitaria
ad una delle Regioni commissariate. 
    Rileva  ancora  il  rimettente  che  la  chiusura  «per   edictum
principis»   della    procedura    esecutiva    comporta    l'inutile
assoggettamento definitivo del creditore procedente agli esborsi gia'
affrontati per il compimento degli atti processuali eseguiti. 
    Con riguardo alla violazione del  principio  di  uguaglianza,  il
Tribunale rimettente osserva che la disposizione censurata  crea  una
ingiustificata discriminazione rispetto al trattamento  riservato  ai
creditori di aziende sanitarie ubicate in Regioni non  commissariate.
Peraltro essa determina anche uno status privilegiato in favore delle
aziende sanitarie aventi sede in Regioni commissariate, senza che sia
eseguita una verifica  sul  fatto  che  esse  stesse  si  trovino  in
difficolta' finanziaria. Cio' appare  tanto  piu'  ingiustificato  in
quanto  tale  trattamento  si  cumula  col  particolare   regime   di
impignorabilita' di cui  le  aziende  sanitarie  godono  per  effetto
dell'art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 9 del 1993. 
    In relazione alla prospettata violazione dell'art. 111 Cost.,  il
Tribunale di Napoli osserva che la disposizione  censurata,  vietando
le azioni esecutive, viola sia il principio di parita' delle armi fra
i  contraddittori,  attribuendo  un  ingiustificato  privilegio  alla
pubblica amministrazione esecutata, sia quello di ragionevole  durata
del processo, tenuto conto che questa va  valutata  in  funzione  del
tempo occorrente per la realizzazione del bene per  il  quale  si  e'
invocata la tutela giurisdizionale. 
    Infine,  con  riferimento  alla  rilevanza  della  questione,  il
rimettente  osserva  che,  vertendosi  nel  giudizio  a   quo   sulla
correttezza  della  ordinanza  con  cui  e'   stata   dichiarata   la
improcedibilita' di un'azione esecutiva ai sensi  della  disposizione
censurata,   all'accoglimento   della   questione   di   legittimita'
costituzionale conseguirebbe  l'annullamento  della  detta  ordinanza
che, viceversa, resterebbe integra nel caso in cui la questione fosse
dichiarata infondata. 
    10.-  E'  intervenuto  in  giudizio,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei
ministri, concludendo per l'infondatezza della questione  sulla  base
delle  argomentazioni  gia'  svolte  nelle  precedenti  comparse   di
costituzione. 
    11.- Si  sono,  infine,  costituiti  in  giudizio  due  creditori
procedenti, la Centro Diabete Emotest  s.r.l.  e  la  Micron  s.a.s.,
concludendo  per  la  fondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale conformemente a quanto argomentato dalla parte privata
nel precedente giudizio (ordinanza  n.  137  del  registro  ordinanze
2012). 
    12.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  relazione  a
tutti  i  giudizi  nei  quali  e'  intervenuto,  ha  depositato,   in
prossimita' della udienza di discussione della questione, altrettante
memorie illustrative, aventi il medesimo contenuto. 
    In esse l'Avvocatura dello Stato, ribadendo quanto gia' riportato
nei  singoli  atti  di   intervento   in   giudizio,   rivendica   la
ragionevolezza  della  disposizione   censurata   -   funzionale   al
superamento dello stato di dissesto finanziario in cui, relativamente
al sistema sanitario, versano le Regioni nelle quali la  disposizione
medesima e' applicabile,  e  strumentale  all'ordinata  verifica  dei
crediti vantati nei confronti delle Regioni stesse - nonche'  la  sua
conformita' ai principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost. Afferma,  in
particolare con riferimento al principio di  ragionevole  durata  del
processo, che questo deve ritenersi violato allorche' la  dilatazione
dei  tempi   processuali   non   e'   sorretta   da   alcuna   logica
giustificazione, circostanza che in questo caso  non  ricorre,  posto
che la particolare disciplina  di  cui  alla  norma  censurata  trova
fondamento nella ricordata esigenza di riordino della gestione  della
sanita' regionale nelle Regioni commissariate. 
    Infine, neppure puo'  riscontrarsi  la  violazione  dell'art.  41
Cost., atteso che, per espresso disposto costituzionale, la  liberta'
di iniziativa economica incontra  il  limite  di  non  potere  essere
svolta in contrasto con l'utilita' sociale, utilita' che, invece, col
risanamento  della  sanita'  regionale,  costituisce  il  fine  della
disposizione censurata. 
    12.1.- In prossimita' della data di discussione  della  questione
hanno presentato una memoria  illustrativa  anche  le  parti  private
costituitesi nel giudizio di legittimita' costituzionale (recante  il
n. 16 del registro ordinanze 2012) scaturito da una  delle  ordinanze
di rimessione depositate dalla sezione staccata di  Salerno  del  TAR
della Campania. 
    In essa dette parti, richiamando i contenuti dei loro  precedenti
scritti difensivi, insistono per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  censurata,  evidenziandone,   in
particolare, i profili di irragionevolezza e  di  contrasto  sia  col
principio di uguaglianza sia con l'art. 24 Cost. In  via  subordinata
sollecitano una pronunzia della Corte  costituzionale  che  chiarisca
che la sospensione delle azioni  esecutive  concerne  i  soli  debiti
anteriori al 31 dicembre 2009. 
    12.2.- Hanno altresi'  depositato  memorie  illustrative  le  due
parti  private  rispettivamente  costituitesi  nei  due  giudizi   di
legittimita'  costituzionale  introdotti  con  le  due  ordinanze  di
rimessione  adottate  dalla  sezione  distaccata  di   Pozzuoli   del
Tribunale ordinario di Napoli (recanti, rispettivamente, il n. 137  e
il n. 189 del registro ordinanze 2012). 
    Nella prima di esse viene,  in  particolare,  messa  in  luce  la
circostanza  che  la  norma  censurata   e'   stata,   ulteriormente,
modificata a seguito della entrata  in  vigore  dell'art.  6-bis  del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  8
novembre 2012, n. 189. 
    Tale evenienza viene sottolineata dalla parte privata onde  porre
in luce l'avvenuto aggravamento della  condizione  di  illegittimita'
costituzionale  in   cui,   sulla   base   dei   medesimi   parametri
originariamente evocati, versa la disposizione censurata. 
    Nelle seconda di dette memorie illustrative, oltre  a  richiamare
la nuova subentrata modifica normativa e a segnalarne la  inidoneita'
a rimuovere i gia' sussistenti vizi  di  legittimita'  costituzionale
che, anzi, sono da questa aggravati, si segnala il rischio di  dovere
corrispondere ingenti indennita' in cui la  amministrazione  pubblica
si trova a causa della ingiustificata durata dei processi  esecutivi,
il cui svolgimento e' bloccato per effetto della norma censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Nel  corso  di  numerosi  giudizi,  aventi  ad  oggetto   la
esecuzione di provvedimenti giurisdizionali divenuti  definitivi,  in
fase di svolgimento sia  di  fronte  ad  organi  della  giurisdizione
amministrativa - nelle forme del giudizio di ottemperanza  -  sia  di
fronte ad organi della giurisdizione  ordinaria  -  nelle  forme  del
processo di esecuzione - il Tribunale amministrativo regionale  della
Campania, sia sede di Napoli che  sede  staccata  di  Salerno,  e  il
Tribunale ordinario di Napoli, sia nella sua sede  metropolitana  sia
nella sezione distaccata di  Pozzuoli,  hanno  sollevato,  con  sette
ordinanze,  aventi,  peraltro,  in  sostanza   contenuto   largamente
coincidente, questione di legittimita'  costituzionale  dell'articolo
1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2011). 
    1.1.- In particolare: sia il  TAR  della  Campania  (con  quattro
ordinanze, recanti rispettivamente i nn. 16, 17, 18 e 50 del registro
ordinanze 2012)  che  il  Tribunale  ordinario  di  Napoli  (con  una
ordinanza recante il n. 58  del  registro  ordinanze  2012)  dubitano
della legittimita' costituzionale della disposizione sopra ricordata,
nella parte in cui prevede che, nelle Regioni gia'  commissariate  in
quanto  sottoposte  a  piano  di  rientro  dai  disavanzi   sanitari,
sottoscritto  ai  sensi  della  legge  30  dicembre  2004,   n.   311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge finanziaria 2005), non possono essere  intraprese
o proseguite azioni esecutive nei confronti delle  aziende  sanitarie
locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2012 ed i pignoramenti e  le
prenotazioni a debito  sulle  rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
Regioni alle aziende sanitarie di cui sopra, effettuati  prima  della
data di entrata in vigore del decreto-legge 25  maggio  2010,  n.  78
(Misure  urgenti  in  materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e
competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122, non producono effetti  sino  al  31  dicembre
2012 e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale. 
    1.2.- Ad avviso del predetti organi giudiziari la disposizione in
questione sarebbe in contrasto con: 
    a)  l'art.  3  della  Costituzione,  in   quanto   determinerebbe
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  fra  i  soggetti  che
vantano crediti nei confronti delle aziende sanitarie  ubicate  nelle
Regioni commissariate ed i soggetti che, invece, vantano crediti  nei
confronti delle aziende  sanitarie  ubicate  altrove,  ed  in  quanto
sacrificherebbe  irragionevolmente,  essendo  lo  strumento  da  essa
previsto non idoneo  al  risanamento  del  dissesto  finanziario  del
sistema sanitario regionale, l'interesse del creditore a ricevere  la
propria pretesa finanziaria  rispetto  a  quello  pubblico,  volto  a
ristabilire l'ordine nei conti dell'azienda sanitaria; 
    b)  l'art.  24  Cost.,  poiche'  «elide  la  possibilita'   della
soddisfazione  concreta  ed  effettiva  dei  diritti  del  creditore»
(ordinanza n. 58 del registro ordinanze 2012) secondo  le  norme  del
diritto comune, prevedendo, altresi', l'inefficacia dei  pignoramenti
gia' eseguiti alla data della sua entrata in vigore; 
    c) l'art. 41 Cost., in quanto, attraverso il meccanismo di blocco
delle azioni esecutive, non consentirebbe al  creditore  dell'azienda
sanitaria, trattandosi in prevalenza di imprenditori commerciali,  di
programmare la propria attivita' di impresa, rispettando le  scadenze
dei pagamenti cui  e'  tenuto,  senza  dovere  ricorrere  ad  onerosi
prestiti e finanziamenti bancari; 
    d) l'art. 111  Cost.,  in  quanto,  da  un  lato  altererebbe  la
condizione di parita' fra le parti, ponendo l'amministrazione in  una
posizione di ingiustificato  privilegio,  e  dall'altro,  inciderebbe
sulla ragionevole durata del processo. 
    1.3.- Il Tribunale ordinario  di  Napoli,  questa  volta,  pero',
nella sezione distaccata  di  Pozzuoli,  con  due  ordinanze  (aventi
rispettivamente il n. 137 e il n. 189 del registro  ordinanze  2012),
redatte dalla stessa sezione,  ma  in  diversa  composizione,  dubita
della legittimita'  costituzionale  della  medesima  norma  di  legge
poiche' sarebbe in contrasto, secondo la prima  delle  due  ordinanze
con: 
    e) l'art. 2 Cost., in quanto, reprimendo il  diritto  sostanziale
del creditore al soddisfacimento della sua pretesa,  comprometterebbe
l'effettivita' della tutela giuridica che l'ordinamento e' tenuto  ad
apprestare; 
    f)  l'art.  24  Cost.,  poiche',  per  effetto  della  norma   in
questione, la azione esecutiva gia' intrapresa  sarebbe  destinata  a
concludersi  traumaticamente  in  ragione  di  «fatti,  attivita'   e
comportamenti niente affatto riconducibili al creditore»; 
    g) l'art. 111 Cost., in quanto, essendo modificate le regole  del
processo nel corso di  esso,  sarebbero  alterate  le  condizioni  di
parita' delle parti, con conseguenze  irragionevoli  sulle  posizioni
delle medesime, quali l'attribuzione del costo del processo esecutivo
a carico del creditore procedente; 
    h) l'art. 117, primo comma,  Cost.,  in  quanto  sarebbe  violato
l'art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre  1950,  e  del  protocollo
addizionale alla convenzione stessa, firmato a  Parigi  il  20  marzo
1952), il quale  garantisce  il  giusto  processo  in  tutte  le  sue
articolazioni; 
    secondo l'altra ordinanza: 
    i) l'art. 3 Cost. per gli stessi motivi gia' illustrati sub a); 
    l) l'art. 24 Cost., sia  in  quanto  prevede  la  sanzione  della
inammissibilita' o della improcedibilita' della procedure  esecutive,
con  conseguente  loro  chiusura  con  provvedimento  definitivo  non
satisfattivo delle ragioni del creditore che non si limita alla  sola
sospensione di esse, sia in quanto la dispensa dalla azione esecutiva
non riguarda singoli  beni,  ma  l'intero  patrimonio  delle  aziende
sanitarie debitrici, sia in quanto detta sospensione si  protrae  per
un considerevole periodo di tempo, avendo come presupposto soggettivo
la mera appartenenza della azienda sanitaria  ad  una  delle  Regioni
commissariate,  sia,  infine,  poiche'  la  chiusura   «per   edictum
principis» della procedura esecutiva  comporta  l'inutile  definitiva
perdita  da  parte  del  creditore  procedente  degli  esborsi   gia'
affrontati per il compimento degli atti processuali eseguiti; 
    m) l'art. 111 Cost. per gli stessi motivi gia' illustrati sub d); 
    2.- Attesa l'identita'  dell'oggetto  dei  diversi  incidenti  di
legittimita'  costituzionale,  i  relativi  giudizi  debbono   essere
riuniti per essere congiuntamente decisi con un unico provvedimento. 
    3.- Prima di esaminare la fondatezza o  meno  dei  diversi  dubbi
formulati dai giudici a quibus, questa Corte deve  dare  conto  della
circostanza - gia' evidenziata in talune delle  memorie  illustrative
prodotte in prossimita' della udienza di trattazione da alcune  delle
costituite parti private  e,  comunque,  dibattuta  nel  corso  della
udienza  medesima  -  che   la   norma   oggetto   del   quesito   di
costituzionalita', gia' modificata nel corso dei  giudizi  a  quibus,
come  segnalato  dagli  stessi  rimettenti,  e'  stata  ulteriormente
modificata successivamente alla proposizione della  quaestio  ora  in
discussione. 
    E',  infatti,  in  particolare,  intervenuto  l'art.  6-bis   del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  8
novembre 2012, n. 189, il quale, rispettivamente, alle lettere  a)  e
b) del comma 2, ha modificato il censurato art. 1,  comma  51,  della
legge 220 del 2010. 
    3.1.- Mentre le modificazioni apportate al  primo  periodo  della
disposizione censurata hanno una finalita' meramente  chiarificatrice
del suo contenuto normativo -  si  e',  infatti,  precisato  che  non
possono essere intraprese o proseguite  azioni  esecutive  «anche  ai
sensi dell'art. 112 del codice del processo amministrativo», con cio'
chiarendosi definitivamente che nel  novero  delle  azioni  esecutive
oggetto di blocco vi sono anche i giudizi di ottemperanza  di  fronte
al giudice amministrativo - ovvero di mera  proroga  -  sino  al  «31
dicembre 2013» - del medesimo contenuto normativo, il secondo periodo
e' stato integralmente sostituito dalla disposizione sopravvenuta. 
    Infatti, laddove, nel testo della disposizione censurata  vigente
al  momento  della  proposizione  degli  incidenti  di   legittimita'
costituzionale, si leggeva:  «I  pignoramenti  e  le  prenotazioni  a
debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di  cui  al
presente comma alle aziende  sanitarie  locali  e  ospedaliere  delle
regioni medesime,  effettuati  prima  della  entrata  in  vigore  del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 122 del 2010, non producono effetti dalla suddetta data fino
al 31 dicembre 2012 e non vincolano gli enti del  servizio  sanitario
regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per  le  finalita'
istituzionali dei predetti enti, delle somme agli  stessi  trasferite
durante il suddetto periodo», ora, a seguito della modifica normativa
introdotta, si legge: «I pignoramenti  e  le  prenotazioni  a  debito
sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di cui al presente
comma alle aziende  sanitarie  locali  e  ospedaliere  delle  regioni
medesime, effettuati prima della entrata in vigore del  decreto-legge
n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del
2010, sono estinti di diritto dalla data di entrata in  vigore  della
presente disposizione.  Dalla  medesima  data  cessano  i  doveri  di
custodia sulle  predette  somme,  con  obbligo  per  i  tesorieri  di
renderle   immediatamente   disponibili,   senza   previa   pronuncia
giurisdizionale,  per  garantire   l'espletamento   delle   finalita'
indicate nel primo periodo». 
    Si tratta, a questo punto, di valutare, da parte di questa Corte,
se le introdotte modificazioni normative siano tali da  giustificare,
cosi'  come  in  molteplici  occasioni   disposto   allorche'   siano
intervenute variazioni nel testo  normativo  oggetto  di  dubbio  (ex
multis, ordinanza n. 281 del 2012), la  restituzione  degli  atti  ai
giudici rimettenti affinche' questi valutino la perdurante  rilevanza
e la non manifesta infondatezza della questione, ovvero se  si  debba
provvedere, come anche in talune circostanze deciso da  questa  Corte
(sentenze n. 167 del 2013, n. 326 e n. 40 del 2010, ordinanza n.  270
del  2012),  a  trasferire  la  questione,  originariamente  proposta
riguardo ad una determinata formulazione  della  norma,  anche  sulla
formulazione successiva. 
    3.2.- Per cio' che concerne le due modifiche apportate  al  primo
periodo  dell'art.  1,  comma  51,  della  legge  220  del   2010   -
trattandosi, come sopra accennato, in un  caso  di  una  integrazione
volta solo a chiarire il contenuto della norma (cioe' ad  annoverare,
cosi'  come   peraltro   generalmente   riconosciuto,   il   giudizio
amministrativo  di  ottemperanza  fra   le   azioni   esecutive)   e,
nell'altro, di un differimento del  termine  della  sua  efficacia  -
essendo il contenuto previgente della norma integralmente  ricompreso
in quello ora vigente non vi sono dubbi  in  ordine  alla  estensione
anche su quest'ultimo della questione sollevata dai giudici a quibus. 
    Per cio' che attiene  alla  integrale  sostituzione  del  secondo
periodo dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220  del  2010  ritiene
questa Corte che la  possibilita'  di  estensione  anche  alla  nuova
formulazione della norma l'incidente di costituzionalita' riposa  nel
fatto che lo ius novum  inserito  in  questa,  lungi  dal  modificare
sostanzialmente  il  contenuto  precettivo  della  norma  oggetto  di
dubbio, nel senso di andare  ad  elidere  od  attenuare  i  punti  di
criticita' segnalati dai rimettenti - salva  ed  impregiudicata  allo
stato la fondatezza o meno delle doglianze provenienti dai giudici  a
quibus - rende, viceversa, ancor piu' stridenti i punti di  contrasto
ipotizzati dai rimettenti. 
    Invero - premessa  la  indiscussa  applicabilita'  ai  giudizi  a
quibus della versione  attualmente  vigente  della  norma  censurata,
trattandosi di innovazione riferibile ai processi esecutivi  gia'  in
corso per i quali,  in  entrambe  le  formulazioni,  essa  impone  la
cessazione  del  giudizio,  elemento  questo  che  rende  sicuramente
tuttora rilevante il dubbio di costituzionalita' avanzato dai giudici
a quibus -  rileva  questa  Corte  che,  in  sostanza,  i  rimettenti
lamentano che, per effetto dell'art. 1, comma 51, della legge n.  220
del 2010, non sia possibile porre in esecuzione  i  titoli  esecutivi
ottenuti, anche a seguito del passaggio in giudicato di provvedimenti
giurisdizionali, nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere
in  quanto  «non  possono  essere  intraprese  o  proseguite   azioni
esecutive» nei confronti di tali enti e in quanto i pignoramenti e le
prenotazioni e debito gia' operate nei  confronti  di  tali  soggetti
sono inefficaci e non comportano vincoli a carico di tali enti. 
    3.3.- Risulta, quindi, di  chiara  evidenza  che  la  innovazione
legislativa  introdotta,  comportando  non,  come  nella   precedente
versione, la sola inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a
debito operate nel corso delle procedure esecutive in questione e  la
assenza di  vincoli  sui  beni  bloccati,  ma  direttamente  la  loro
estinzione di diritto e l'obbligo dei tesorieri degli  enti  sanitari
di porre a disposizione «senza previa pronuncia  giurisdizionale»  le
somme gia' oggetto di pignoramento, onde realizzare le finalita'  del
risanamento finanziario, non apre nuovi profili  valutativi  rispetto
alla normativa precedente, prevedendo,  semmai,  contenuti  normativi
che, sia pur nel medesimo senso orientati, estremizzano le  soluzioni
gia' presenti nella previgente disciplina. 
    La mancanza, pertanto, di una anche minima discontinuita' fra  la
norma  censurata  e  quella  sopravvenuta,  che,  anzi,  come  detto,
costituisce una, in se' coerente, evoluzione dei  principi  contenuti
in quella precedente, consente, ove non si voglia vanificare di fatto
il principio di effettivita' della  tutela  giurisdizionale  in  sede
costituzionale, il  trasferimento  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  sulla  versione  ora   vigente   della   disposizione
impugnata,  fermo  restando  che  il  giudizio  riguarda   anche   la
precedente versione. 
    D'altra parte, non puo' trascurarsi che un'eventuale restituzione
degli atti al giudice rimettente, ove  questa  non  sia  giustificata
dalla necessita' che sia nuovamente valutata la perdurante  rilevanza
nel giudizio a quo e la non manifesta infondatezza della  quaestio  a
suo tempo sollevata, potrebbe condurre, proprio in  aperto  contrasto
col principio di effettivita' della tutela  giurisdizionale  che  non
puo'  essere  disgiunta  dalla  sua  tempestivita',  ad  un   inutile
dilatamento dei tempi dei giudizi a quibus, soggetti  per  due  volte
alla  sospensione  conseguente  al  promovimento  dell'incidente   di
legittimita' costituzionale,  e  ad  una  duplicazione  dello  stesso
giudizio di costituzionalita', con il rischio di vulnerare il  canone
di ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111 Cost. 
    4.- La questione e' fondata. 
    4.1.- Questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  un  intervento
legislativo - che di fatto svuoti di  contenuto  i  titoli  esecutivi
giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto  debitore  -  puo'
ritenersi giustificato da particolari esigenze  transitorie  qualora,
per un verso, siffatto  svuotamento  sia  limitato  ad  un  ristretto
periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per
altro verso, le disposizioni di carattere  processuale  che  incidono
sui   giudizi   pendenti,    determinandone    l'estinzione,    siano
controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro
volta, garantiscano, anche per altra via che  non  sia  quella  della
esecuzione  giudiziale,  la  sostanziale  realizzazione  dei  diritti
oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012  e  n.  364
del 2007). 
    Viceversa, la disposizione  ora  censurata,  la  cui  durata  nel
tempo, inizialmente prevista per un anno,  gia'  e'  stata,  con  due
provvedimenti di  proroga  adottati  dal  legislatore,  differita  di
ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013, oltre a prevedere, nella
attuale versione, la estinzione delle procedure esecutive iniziate  e
la contestuale cessazione del vincolo pignoratizio gravante sui  beni
bloccati ad istanza dei creditori  delle  aziende  sanitarie  ubicate
nelle Regioni commissariate, con derivante e  definitivo  accollo,  a
carico degli esecutanti, della spese di esecuzione  gia'  affrontate,
non prevede alcun meccanismo certo, quantomeno sotto  il  profilo  di
ordinate  procedure  concorsuali  garantite  da  adeguata   copertura
finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali
sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. 
    4.2.- Essa, pertanto, si pone, in entrambe le  sue  versioni,  in
contrasto con l'art. 24 Cost. in quanto, in conseguenza  della  norma
censurata,   vengono   vanificati   gli    effetti    della    tutela
giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle  aziende
sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. 
    Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi  da  piu'  di  un
triennio,  nella  impossibilita'  di  trarre  dal  titolo   da   loro
conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente  connessa,  ma  debbono,
altresi', sopportare, in considerazione della  automatica  estinzione
(o, nella versione precedente,  della  inefficacia)  delle  procedure
esecutive  gia'  intraprese   e   della   liberazione   dal   vincolo
pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da  loro
anticipati per l'avvio della procedura stessa. 
    4.3.- Ne', nel caso che interessa, si verifica la condizione che,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, rende legittimo il  blocco
delle azioni esecutive, cioe'  la  previsione  di  un  meccanismo  di
risanamento  che,  come  detto,  canalizzi  in  una  unica  procedura
concorsuale le singole azioni esecutive, con meccanismi di tutela dei
diritti dei creditori che non si rinvengono nei piani di rientro  cui
la disposizione fa riferimento, sicche' la posizione sostanziale  dei
creditori trovi una modalita' sostitutiva di soddisfazione. 
    La disposizione in esame, infatti, non contiene la disciplina  di
tale tipo di procedura ne' identifica le risorse finanziarie  da  cui
attingere per il suo eventuale svolgimento. 
    Va, altresi', considerata la circostanza che, con la disposizione
censurata, il legislatore statale ha creato una  fattispecie  di  ius
singulare che determina lo sbilanciamento fra  le  due  posizioni  in
gioco,  esentando  quella  pubblica,  di  cui   lo   Stato   risponde
economicamente,  dagli   effetti   pregiudizievoli   della   condanna
giudiziaria, con violazione del principio della parita'  delle  parti
di cui all'art. 111 Cost. 
    4.4.-  Non  puo',  infine,  valere  a  giustificare  l'intervento
legislativo censurato il  fatto  che  questo  possa  essere  ritenuto
strumentale ad  assicurare  la  continuita'  della  erogazione  delle
funzioni  essenziali  connesse  al  servizio  sanitario:  infatti,  a
presidio di tale essenziale esigenza gia'  risulta  da  tempo  essere
posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge  18
gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio
assistenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge  18  marzo
1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei
fondi a destinazione vincolata essenziali ai  fini  della  erogazione
dei servizi sanitari. 
    Gli ulteriori profili di  illegittimita'  costituzionale  dedotti
dai rimettenti restano assorbiti. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  1,  comma
51, della legge  13  dicembre  2010,  n.  220  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita'  2011),  sia  nel  testo  risultante   a   seguito   delle
modificazioni gia' introdotte dall'art. 17, comma 4, lettera e),  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,  sia  nel  testo,  attualmente
vigente,  risultante  a  seguito   delle   modificazioni   introdotte
dall'art. 6-bis, comma 2, lettere  a)  e  b),  del  decreto-legge  13
settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge  8
novembre 2012, n. 189. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI