N. 187 SENTENZA 3 - 12 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Modalita' di  verifica  della  congruita'
  delle offerte  per  i  lavori  di  importo  inferiore  alla  soglia
  comunitaria - Ricorso del Governo - Ius superveniens che  riallinea
  i criteri di individuazione delle offerte  anomale  previsti  dalla
  normativa provinciale a quelli individuati dal codice dei contratti
  pubblici -  Rinuncia  al  ricorso  accettata  dalla  controparte  -
  Estinzione del processo. 
- Legge della Provincia di Trento 3 agosto  2012,  n.  18,  art.  16,
  comma 1, lettera c). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere  e)  e  l);  statuto
  della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8, primo comma, n. 17;
  norme integrative per i giudizi davanti alla Corte  costituzionale,
  art 23. 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Determinazione dei compensi per attivita'
  professionali  per   i   servizi   attinenti   all'architettura   e
  all'ingegneria  -  Prevista  possibilita'  per  le  amministrazioni
  aggiudicatrici di continuare ad utilizzare, in via transitoria,  le
  tariffe professionali abrogate - Contrasto con la normativa statale
  di   derivazione   comunitaria,   che   persegue   la   progressiva
  eliminazione delle tariffe fisse e la liberalizzazione dei  mercati
  - Violazione della competenza legislativa statale  esclusiva  nella
  materia della tutela della concorrenza  -  Esorbitanza  dai  limiti
  posti dallo statuto - Illegittimita' costituzionale -  Assorbimento
  degli ulteriori profili di censura. 
- Legge della Provincia di Trento 3 agosto  2012,  n.  18,  art.  11,
  comma 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera  e);  statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8; decreto-legge 24  gennaio
  2012, n. 1, art. 9; (Cost., art. 117, secondo comma, lettera l). 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Determinazione dei compensi per attivita'
  professionali  per   i   servizi   attinenti   all'architettura   e
  all'ingegneria - Rinvio, per quanto non  previsto  dalla  normativa
  statale, all'elenco  prezzi  della  legge  provinciale  sui  lavori
  pubblici -  Contrasto  con  la  normativa  statale  di  derivazione
  comunitaria, piu'  stringente  sull'utilizzazione  dei  prezzari  -
  Violazione della competenza  legislativa  statale  esclusiva  nella
  materia della tutela della concorrenza  -  Esorbitanza  dai  limiti
  posti dallo statuto - Illegittimita' costituzionale -  Assorbimento
  degli ulteriori profili di censura. 
- Legge della Provincia di Trento 3 agosto  2012,  n.  18,  art.  11,
  comma 1, lettera c). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera  e);  statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8; decreto-legge 24  gennaio
  2012, n. 1, art. 9; (Cost., art. 117, secondo comma, lettera l). 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Determinazione degli schemi-tipo di bandi
  delle gare di appalto - Attribuzione alla competenza  della  Giunta
  provinciale, previo parere del Consiglio  delle  autonomie  locali,
  sulla base di bandi-tipo approvati dall'Autorita' per la  vigilanza
  sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Preclusione
  per  il  legislatore  provinciale  ad  intervenire  in  un   ambito
  materiale che non tollera,  per  esigenze  unitarie,  deroghe  alla
  normativa statale di derivazione  comunitaria  -  Violazione  della
  competenza legislativa statale esclusiva nella materia della tutela
  della concorrenza - Esorbitanza dai limiti posti  dallo  statuto  -
  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   degli   ulteriori
  profili di censura. 
- Legge della Provincia di Trento 10 settembre 1993, n. 26, art.  30,
  comma 3-bis, introdotto dall'art. 16, comma 1,  lettera  a),  della
  legge della Provincia di Trento 3 agosto 2012, n. 18, e  modificato
  dall'art. 68, comma 1, lettera a), della legge della  Provincia  di
  Trento 27 dicembre 2012, n. 25. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera  e);  statuto  della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8;  decreto  legislativo  12
  aprile 2006, n. 163,  art.  64,  comma  4-bis;  (Cost.,  art.  117,
  secondo comma, lettera l). 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Determinazione degli schemi-tipo di bandi
  delle gare di appalto - Determinazione dei compensi  per  attivita'
  professionali  per   i   servizi   attinenti   all'architettura   e
  all'ingegneria  -   Disciplina   che   proroga   norme   dichiarate
  incostituzionali   -   Illegittimita'   costituzionale    in    via
  consequenziale. 
- Legge della Provincia di Trento 3 agosto  2012,  n.  18,  art.  11,
  comma 2. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Trento - Lavori  pubblici
  di interesse provinciale -Determinazione degli schemi-tipo di bandi
  delle gare di appalto - Disciplina che rinvia integralmente a norme
  dichiarate incostituzionali - Illegittimita' costituzionale in  via
  consequenziale. 
- Legge della Provincia di Trento 3 agosto  2012,  n.  18,  art.  16,
  comma 1, lettera b), e comma 3. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 27. 
(GU n.29 del 17-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Alessandro  CRISCUOLO,   Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  articoli  11,
comma 1, lettera c), e comma 3, e 16, comma 1, lettere a) e c), della
legge della Provincia autonoma di Trento 3 agosto 2012 n. 18, recante
«Modificazioni della legge  provinciale  10  settembre  1993,  n.  26
(legge provinciale sui lavori pubblici), della legge  provinciale  15
dicembre 1980, n. 35  (Determinazione  delle  quote  di  aggiunta  di
famiglia e disposizioni varie in materia di personale),  della  legge
provinciale  3  aprile  1997,  n.  7  (legge  sul   personale   della
Provincia), dell'articolo 14 (Costituzione della societa' "Patrimonio
del Trentino s.p.a.") della legge provinciale 10 febbraio 2005, n. 1,
della legge provinciale 16 maggio 2012, n. 9 (Interventi  a  sostegno
del sistema economico e delle famiglie), e della legge provinciale 31
maggio 2012, n. 10 (Interventi urgenti per favorire la crescita e  la
competitivita' del Trentino)», promosso dal Presidente del  Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 2-5 ottobre  2012,  depositato
in cancelleria il 9 ottobre 2012 ed iscritto al n. 137  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  21  maggio  2013  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella; 
    uditi l'avvocato dello Stato Carla Colelli per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e gli avvocati  Giandomenico  Falcon  e  Luigi
Manzi per la Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  2  ottobre  2012,
ricevuto dalla resistente il successivo 5 ottobre e depositato  nella
cancelleria della Corte il 9 ottobre 2012 (r. ric. n. 137 del  2012),
il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato,  ha  promosso,  in  riferimento
all'articolo 117, secondo comma, lettere e) e l), della Costituzione,
nonche' agli  articoli  4  e  8  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), questioni di legittimita' costituzionale  degli
articoli 11, comma 1, lettera c), e comma 3, e 16, comma  1,  lettere
a) e c), della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  3  agosto
2012,  n.  18  recante  «Modificazioni  della  legge  provinciale  10
settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici),  della
legge provinciale 15 dicembre 1980, n. 35 (Determinazione delle quote
di  aggiunta  di  famiglia  e  disposizioni  varie  in   materia   di
personale), della legge provinciale 3 aprile 1997, n.  7  (legge  sul
personale della  Provincia),  dell'articolo  14  (Costituzione  della
societa' "Patrimonio del Trentino s.p.a.") della legge provinciale 10
febbraio 2005, n. 1, della legge provinciale 16  maggio  2012,  n.  9
(Interventi a sostegno del sistema economico  e  delle  famiglie),  e
della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10 (Interventi urgenti per
favorire la crescita e la competitivita' del Trentino)». 
    Le disposizioni impugnate hanno  introdotto  modificazioni  degli
articoli 20 e 30 della legge della Provincia autonoma  di  Trento  10
settembre 1993, n.  26  (Norme  in  materia  di  lavori  pubblici  di
interesse  provinciale  e  per  la  trasparenza  negli  appalti).  In
particolare, l'art. 11, comma 1,  lettera  c),  dell'impugnata  legge
provinciale n. 18 del 2012 ha sostituito l'art. 20,  comma  8,  della
legge provinciale sui lavori pubblici, cosi' disponendo: 
    «Per affidare  gli  incarichi  previsti  da  questo  articolo  le
amministrazioni aggiudicatrici utilizzano i  parametri  stabiliti  ai
sensi   della   normativa   statale   per   i    servizi    attinenti
all'architettura  e  all'ingegneria  e,  per  quanto  da  questi  non
previsto,  l'elenco   prezzi   previsto   dall'articolo   13,   quale
riferimento per determinare i compensi per  attivita'  professionali,
fatto salvo quanto previsto dal comma 1-ter». 
    L'art. 16, comma 1, lettera a), dell'impugnata legge  provinciale
n. 18 del 2012, ha introdotto nell'articolo 30 della richiamata legge
provinciale n. 26 del 1993 il comma 3-bis, che prevede: 
    «La  Giunta  provinciale,  previo  parere  del  Consiglio   delle
autonomie locali, adotta schemi-tipo di bandi, di inviti a presentare
offerte e di altri atti necessari per svolgere le procedure di scelta
dei contraente». 
    Infine, l'art. 16,  comma  1,  lettera  c),  della  stessa  legge
provinciale n. 18 del 2012 ha modificato il  testo  del  comma  5-bis
dell'articolo 30 delle legge provinciale sui lavori  pubblici,  cosi'
disponendo: 
    «Le amministrazioni aggiudicatrici prevedono nel  bando  di  gara
l'obbligo, per i concorrenti,  di  produrre  le  analisi  dei  prezzi
mediante procedure  telematiche.  In  tal  caso,  le  amministrazioni
aggiudicatrici valutano la congruita' delle offerte che, in  base  ad
elementi specifici, appaiano anormalmente basse, anche per lavori  di
importo  inferiore  alla  soglia  comunitaria,  in  deroga  a  quanto
previsto dall'articolo 40. Le amministrazioni mettono a  disposizione
dei concorrenti idonei mezzi informatici predisposti dalla Provincia.
Le  analisi  dei  prezzi  prodotte  dall'aggiudicatario  sono   parte
integrante del contratto». 
    2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  censura  tali
disposizioni in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere e) e
l), Cost., nonche' agli articoli 4 e 8 del richiamato d.P.R.  n.  670
del  1972,  recante  il  testo  unico  delle   leggi   costituzionali
concernenti  lo  Statuto  speciale  di  autonomia  del  Trentino-Alto
Adige/Südtirol. 
    2.1.- Osserva l'Avvocatura generale dello Stato che la  Provincia
autonoma di Trento, pur avendo, ai sensi dell'art. 8, primo comma, n.
17), dello statuto di autonomia, potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia di lavori pubblici  di  interesse  provinciale,  e'  comunque
tenuta ad osservare i limiti posti dall'art. 4 del medesimo  statuto,
relativi  alle  leggi  statali  di  riforma   economico-sociale.   Ne
conseguirebbe  che  le  disposizioni  impugnate,  intervenendo  nella
materia dei contratti pubblici disciplinata dal  decreto  legislativo
12 aprile 2006, n. 163 (Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive  2004/17/CE
e 2004/18/CE), piu'  volte  qualificata  dalla  giurisprudenza  della
Corte costituzionale come riforma economico-sociale, si porrebbero in
contrasto con i richiamati artt. 4 e 8  dello  statuto,  violando  le
prerogative del legislatore dotato di autonomia speciale ed i  limiti
ad esso opponibili. Infatti, secondo la difesa dello Stato, nel  caso
in cui una materia di  competenza  primaria  della  Regione  o  della
Provincia ad autonomia speciale interferisca in tutto o in  parte  in
ambiti  competenziali  riservati  allo   Stato,   ben   potrebbe   il
legislatore nazionale incidere sulla materia di competenza regionale,
al fine di garantire standard minimi ed  uniformi,  come  piu'  volte
riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, tra l'altro,  nelle
sentenze n. 45 del 2010, n. 51 del 2006 e n. 447 del 2006. 
    2.2.- Con  un  secondo  ordine  di  censure,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri deduce la violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettere e) e l), Cost., in quanto le norme impugnate sarebbero
lesive delle prerogative esclusive del legislatore statale a  dettare
regole  rispondenti  ad  esigenze  unitarie,  valevoli  su  tutto  il
territorio  nazionale,  circa  la  disciplina  dei  lavori  pubblici,
afferendo  quest'ultima  sia  alla  «tutela  della  concorrenza»  sia
all'«ordinamento civile» (sul punto, e' menzionata la sentenza  della
Corte costituzionale n. 401 del 2007). 
    Il ricorrente richiama anzitutto la  giurisprudenza  della  Corte
che consente al legislatore statale di introdurre limiti  unificanti,
che rispondano ad esigenze riconducibili a suoi titoli di  competenza
esclusivi, anche nelle materie  riservate  alla  competenza  primaria
delle Regioni a statuto speciale e delle Province  autonome  (vengono
menzionate le sentenze n. 536 del 2002 e n. 447 del  2006).  Osserva,
infatti, l'Avvocatura dello Stato che, anche nella specifica  materia
dei lavori pubblici, la Corte  costituzionale  avrebbe  costantemente
affermato che tutti gli aspetti disciplinati dall'art.  4,  comma  3,
del  d.lgs.  n.  163  del  2006  (qualificazione  e   selezione   dei
concorrenti; procedure di  affidamento;  criteri  di  aggiudicazione;
subappalti;  poteri  di   vigilanza   sul   mercato;   attivita'   di
progettazione e piani di sicurezza; stipulazione  ed  esecuzione  dei
contratti;  direzione  dell'esecuzione   e   collaudo;   contenzioso;
contratti per la tutela dei beni culturali inerenti al settore  della
difesa o che esigono  particolari  misure  di  sicurezza  relativi  a
lavori, servizi e forniture) possono ritenersi vincolanti  anche  per
le Regioni a statuto speciale e le Province autonome (sono richiamate
le sentenze n. 443 del 2007; n. 326; n. 51 e n. 1 del 2008),  essendo
comunque attratti a titoli competenziali esclusivi  dello  Stato,  in
parte nella materia «tutela  della  concorrenza»  e  in  parte  nella
materia «ordinamento civile» (sentenza n. 401 del 2007). 
    2.3.- Tanto premesso circa il riparto di competenze tra lo  Stato
e la Provincia autonoma di Trento nell'ambito  materiale  dei  lavori
pubblici, il ricorrente deduce che le norme impugnate  si  porrebbero
in contrasto con la specifica disciplina statale dettata  dal  d.lgs.
n. 163 del 2006 e dall'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. 
    In particolare, l'impugnato art. 11 della legge provinciale n. 18
del  2012  modificherebbe  i   criteri   previsti   ai   fini   della
determinazione dei compensi per attivita' professionale  in  caso  di
affidamento degli incarichi di progettazione  e  di  altre  attivita'
tecniche disciplinati dall'art. 20 della richiamata legge provinciale
sui  lavori  pubblici,  prevedendo,  in  via  suppletiva,  l'utilizzo
dell'elenco prezzi - previsto dall'art. 13 della legge provinciale  -
per determinare i suddetti compensi e, in via transitoria, il ricorso
da  parte   delle   amministrazioni   aggiudicatrici   alle   tariffe
professionali come riferimento per  determinare  i  compensi  stessi,
ponendosi in tal modo in contrasto con l'art. 9 del  d.l.  n.  1  del
2012. Quest'ultimo ha infatti abrogato la  disciplina  relativa  alle
tariffe professionali e affidato ad apposito decreto ministeriale  la
determinazione dei corrispettivi  da  porre  a  base  di  gara  nelle
procedure di affidamento dei contratti pubblici dei servizi  relativi
all'architettura e all'ingegneria. 
    Pur essendo richiamato nell'epigrafe,  nelle  conclusioni  e  nel
petitum  soltanto  l'art.  11,  comma  1,  lettera  c),  della  legge
provinciale n. 18 del 2012,  nelle  motivazioni  e'  impugnato  anche
l'art. 11, comma 3 della stessa legge, il  quale  detta  la  seguente
norma transitoria: 
    «Il comma 8 dell'articolo 20 della legge provinciale  sui  lavori
pubblici, come sostituito dal  comma  1  del  presente  articolo,  si
applica  dalla  data  di  approvazione  dell'elenco  prezzi  previsto
dall'articolo 13 della legge provinciale sui  lavori  pubblici,  come
modificato dall'articolo 8 della presente legge, contenente  le  voci
relative  agli  incarichi  previsti  dall'articolo  20  della   legge
provinciale sui lavori pubblici o dei parametri  stabiliti  ai  sensi
della normativa statale per i servizi  attinenti  all'architettura  e
all'ingegneria. Fino a tale data  le  amministrazioni  aggiudicatrici
possono utilizzare le  tariffe  professionali  come  riferimento  per
determinare i compensi, se le ritengono motivatamente adeguate, anche
se abrogate dall'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27». 
    2.4.- Osserva inoltre l'Avvocatura dello  Stato  che  l'impugnato
art. 16, comma 1, lettera a), della legge provinciale n. 18 del 2012,
in materia di predisposizione di schemi-tipo di bandi, ha  introdotto
il comma 3-bis nell'art. 30 della richiamata legge provinciale n.  26
del 1993 sui lavori pubblici, attribuendo la competenza  alla  Giunta
provinciale, ponendosi in tal modo in contrasto con l'art. 64,  comma
4-bis, del d.lgs n. 163 del 2006, che riserva  all'Autorita'  per  la
vigilanza sui contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e  forniture
l'approvazione dei modelli (bandi-tipo), previo parere del  Ministero
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  e  sentite   le   categorie
professionali interessate. Ne conseguirebbe la violazione delle norme
interposte volte ad assicurare - secondo quanto affermato dalla Corte
costituzionale - «l'attuazione  di  principi  uniformi  su  tutto  il
territorio nazionale» ai  fini  della  tutela  della  concorrenza  e,
conseguentemente, dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.
(sentenza n. 45 del 2010). 
    2.5. -Il ricorrente deduce infine l'illegittimita' dell'impugnato
art. 16, comma 1, lettera c), della legge provinciale n. 18 del 2012,
che,  nel  sostituire  il  comma  5-bis  dell'art.  30  della   legge
provinciale sui lavori pubblici n. 26 del  1993,  avrebbe  introdotto
modalita' di valutazione maggiormente discrezionali -  rispetto  alla
disciplina statale - delle offerte anomale,  anche  per  gli  appalti
cosiddetti sotto soglia comunitaria. In  tal  modo,  la  disposizione
impugnata si porrebbe in contrasto con l'art. 86 del d.lgs n. 163 del
2006, attribuendo quest'ultimo alle amministrazioni  la  possibilita'
di prevedere, a determinate condizioni, l'esclusione automatica delle
offerte anormalmente basse. 
    3.- Con atto depositato nella cancelleria il 12 novembre 2012, si
e' costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento,  chiedendo
che  le  questioni  prospettate  siano  dichiarate  inammissibili   o
infondate, con riserva di argomentare i motivi della sua opposizione. 
    4.- Successivamente alla presentazione del  ricorso,  l'art.  68,
comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma  di  Trento
27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del  bilancio
annuale 2013 e pluriennale  2013-2015  della  Provincia  autonoma  di
Trento - legge finanziaria provinciale 2013) ha modificato l'art. 30,
comma 5-bis,  della  legge  provinciale  sui  lavori  pubblici,  come
sostituito dall'impugnato art. 16, comma 1, lettera c),  della  legge
provinciale n. 18 del 2012, disciplinando le  modalita'  di  verifica
della congruita'  delle  offerte,  anche  per  i  lavori  di  importo
inferiore alla soglia comunitaria,  mediante  rinvio  all'art.  58.29
della legge provinciale n. 26 del 1993 (come sostituito dall'art. 50,
comma 1, della legge provinciale 7  aprile  2011,  n.  7),  il  quale
prevede i medesimi criteri di individuazione  delle  offerte  anomale
adottati dall'art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006. 
    5.- A seguito delle modifiche sopravvenute delle norme impugnate,
il Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base  della  delibera
del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2013, ha depositato, in  data
18 aprile 2013, atto di rinuncia parziale  al  ricorso  in  relazione
alla sola questione relativa all'art. 16, comma 1, lettera c),  della
legge provinciale n. 18 del 2012. 
    6.- In data 30 aprile 2013, la Provincia autonoma  di  Trento  ha
depositato   una   memoria   con   la   quale   eccepisce   anzitutto
l'inammissibilita' del ricorso per contraddittorieta' delle  censure,
essendo contemporaneamente (e non  in  via  subordinata)  invocati  a
parametro tanto l'art. 117, secondo comma, lettere e) e l), Cost., al
fine di dedurre l'assenza di  titoli  competenziali  della  Provincia
autonoma di Trento a legiferare nella materia che  viene  in  rilievo
nel presente giudizio, quanto gli  artt.  4  e  8  dello  statuto  di
autonomia, al fine di dedurre la violazione di limiti  alla  potesta'
legislativa provinciale primaria (vengono, al riguardo, richiamate le
sentenze della Corte costituzionale n. 10  del  2008  e  n.  391  del
2006). 
    Afferma  la  Provincia  autonoma  di  Trento  che   la   potesta'
legislativa primaria in  materia  di  lavori  pubblici  di  interesse
provinciale   sarebbe   stata   costantemente   riconosciuta    dalla
giurisprudenza della Corte costituzionale - e' richiamata la sentenza
n. 45 del 2010 - e concretamente esercitata come «competenza  rivolta
a  disciplinare  l'intero  ciclo   della   realizzazione   dell'opera
pubblica». Ne consegue che le norme volte a tutelare  la  concorrenza
potrebbero  assurgere  al  rango  di  parametro   nel   giudizio   di
costituzionalita'  «soltanto   in   quanto   concretino   un   limite
statutario». Il ricorrente, invece, si limiterebbe a dedurre a priori
la prevalenza della competenza statale in  materia  di  tutela  della
concorrenza,    prescindendo    dall'esame    concreto    circa    la
riconducibilita' delle norme  invocate  a  parametro  a  principi  di
riforma economico-sociale, assimilando, in  tal  modo,  la  Provincia
dotata di autonomia speciale alle Regioni ordinarie  e  disattendendo
conseguentemente il disposto dell'art. 8, primo comma, n. 17),  dello
statuto di autonomia e dell'art. 10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione),  in  base  al  quale  le  norme  del  Titolo  V  della
Costituzione possono essere applicate alle Regioni e alle Province ad
autonomia speciale soltanto ove siano in esse previste maggiori forme
di autonomia. 
    6.1.- Tanto premesso, la  Provincia  autonoma  di  Trento  deduce
l'inammissibilita' della questione relativa all'art. 11  della  legge
provinciale n. 18 del  2012,  per  duplice  contraddittorieta'  delle
prospettazioni     dedotte:     anzitutto     sarebbero      invocati
contemporaneamente  (e  non  in  via  gradata)  titoli   diversi   di
competenza  statale  («tutela  della  concorrenza»   e   «ordinamento
civile»); in secondo luogo, pur essendo invocati titoli competenziali
esclusivi dello Stato, l'incostituzionalita'  della  norma  impugnata
sarebbe argomentata non gia' sulla base di  un  presunto  difetto  di
potere della Provincia, ma in ragione del  contrasto  tra  l'art.  11
della legge provinciale n. 18 del 2012 e l'art. 9  del  decreto-legge
n. 1 del 2012 (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale
n. 35 del 2011; n. 297 del 2009, punto 3; n. 10 del 2008; n. 391  del
2006). 
    Nel merito, la stessa questione sarebbe infondata, atteso che non
sussisterebbe il richiamato  contrasto:  tanto  l'impugnato  art.  11
della legge provinciale  n.  18  del  2012  quanto  l'invocata  norma
interposta statale (art. 9 del d.l. n. 1 del 2012) avrebbero comunque
previsto  la  possibilita'  di  applicare  le  tariffe  professionali
previgenti all'abrogazione sino all'entrata  in  vigore  dei  decreti
ministeriali per la determinazione dei corrispettivi da porre a  base
di gara. Ne consegue che la  normativa  provinciale  differirebbe  da
quella statale soltanto in ragione del rinvio disposto dall'impugnato
art. 11, comma 1, lettera c), della legge provinciale n. 18 del  2012
all'elenco  prezzi  previsto  dall'art.   13   della   stessa   legge
provinciale sui lavori pubblici, che  consentirebbe  di  ricorrere  a
criteri costantemente aggiornati piuttosto che alle tariffe abrogate,
limitando  comunque   la   discrezionalita'   delle   amministrazioni
aggiudicatrici nello  stabilire  i  compensi  e  assicurando  criteri
omogenei tra le diverse amministrazioni, in linea con quanto previsto
dalla delibera 3 maggio 2012, n. 49, dell'Autorita' per la  vigilanza
sui contratti pubblici. 
    Quanto  alla  dedotta  lesione  delle  norme   a   tutela   della
concorrenza, la questione sarebbe comunque infondata in  quanto  tali
norme potrebbero fungere da parametro soltanto  se  concretassero  un
limite statutario, mentre il ricorrente si limiterebbe a lamentare la
lesione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  senza
dimostrare  come  l'art.  9  del  d.l.  n.  1   del   2012   potrebbe
rappresentare un limite alla  potesta'  legislativa  esclusiva  della
Provincia autonoma ai sensi dell'art. 8 dello statuto  di  autonomia.
Ne' la norma impugnata -  secondo  la  resistente  -  potrebbe  dirsi
invasiva della materia «ordinamento  civile»,  atteso  che  essa  non
regolerebbe le tariffe professionali, ma soltanto il modo in  cui  le
amministrazioni   aggiudicatrici   individuano   il   compenso    che
rappresenta la base per lo svolgimento  della  gara,  potendo  essere
cosi' ricondotta alla sfera dell'organizzazione amministrativa. 
    6.2.- Quanto  alla  questione  relativa  all'art.  16,  comma  1,
lettera a), della legge provinciale n.  18  del  2012,  la  Provincia
autonoma di Trento richiede che venga dichiarata la cessazione  della
materia del contendere,  atteso  che  le  modificazioni  della  norma
impugnata apportate dall'art. 68, comma 1, lettera  a),  della  legge
provinciale n. 25 del  2012  avrebbero  eliminato  ogni  elemento  di
difformita' tra la legislazione provinciale e la legislazione statale
e che la normativa impugnata non avrebbe trovato  applicazione  medio
tempore. 
    Prevedendo il testo vigente che «la  Giunta  provinciale,  previo
parere del Consiglio delle autonomie locali,  adotta  schemi-tipo  di
bandi, di inviti a presentare offerte e di altri atti  necessari  per
svolgere  le  procedure  di  scelta  del  contraente  sulla  base  di
bandi-tipo approvati dall'Autorita' per la  vigilanza  sui  contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture», la norma  sfuggirebbe  alle
censure del ricorrente. Verrebbe infatti meno  il  contrasto  tra  la
versione originaria della norma impugnata  -  che  non  prevedeva  il
riferimento all'Autorita' - e l'art. 64, comma 4-bis, del  d.lgs.  n.
163 del 2006, essendo stata ricondotta la disciplina  provinciale  ai
"bandi tipo" approvati dall'Autorita' per la vigilanza sui  contratti
pubblici. 
    In via subordinata, la Provincia  autonoma  resistente  eccepisce
l'inammissibilita' della  questione,  in  quanto  l'Avvocatura  dello
Stato non illustrerebbe in che  modo  la  norma  statale  invocata  a
parametro interposto concreterebbe  uno  dei  limiti  statutari  alla
potesta' legislativa primaria provinciale, limitandosi a  dedurre  la
violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.;  nel
merito, la stessa sarebbe comunque infondata, in quanto  il  suddetto
ius superveniens introdurrebbe una regola di uniformita' «nella base»
tra normativa statale e normativa provinciale, che non puo'  tradursi
in  regola  di  identita',  date  le  legittime  specificita'   della
normativa provinciale. 
    6.3.- Quanto, infine, alla questione relativa all'art. 16,  comma
1, lettera c), della  legge  provinciale  n.  18  del  2012,  che  ha
sostituito l'art. 30, comma 5-bis, della legge provinciale n. 26  del
1993, la Provincia  autonoma  di  Trento  ha  rassegnato  le  proprie
conclusioni  chiedendo  l'estinzione  del  giudizio,  essendo   stata
adottata  la  delibera  della  Giunta  provinciale  di   accettazione
dell'atto di rinuncia  presentato  dal  ricorrente  a  seguito  delle
modificazioni della norma impugnata apportate dall'art. 68, comma  1,
lettera b), della legge provinciale n. 25 del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere e) e  l),  della
Costituzione, nonche' agli articoli 4 e 8 del decreto del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige), questioni di legittimita' costituzionale  degli
articoli 11, comma 1, lettera c), e comma 3, e 16, comma  1,  lettere
a) e c), della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  3  agosto
2012, n.  18,  recante  «Modificazioni  della  legge  provinciale  10
settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici),  della
legge provinciale 15 dicembre 1980, n. 35 (Determinazione delle quote
di  aggiunta  di  famiglia  e  disposizioni  varie  in   materia   di
personale), della legge provinciale 3 aprile 1997, n.  7  (legge  sul
personale della  Provincia),  dell'articolo  14  (Costituzione  della
societa' "Patrimonio del Trentino s.p.a.") della legge provinciale 10
febbraio 2005, n. 1, della legge provinciale 16  maggio  2012,  n.  9
(Interventi a sostegno del sistema economico  e  delle  famiglie),  e
della legge provinciale 31 maggio 2012, n. 10 (Interventi urgenti per
favorire la crescita e la competitivita' del Trentino)». 
    Le disposizioni impugnate, secondo il ricorrente, esorbiterebbero
dalla competenza legislativa primaria in materia di «lavori  pubblici
di interesse provinciale», che l'art. 8, primo comma,  n.  17,  dello
statuto di autonomia  del  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  attribuisce
alla Provincia autonoma di Trento, nel rispetto dei limiti  stabiliti
dal  precedente  art.  4.  Piu'   specificamente,   le   disposizioni
censurate, introducendo modificazioni degli articoli 20  e  30  della
legge della Provincia autonoma di Trento 10  settembre  1993,  n.  26
(Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale  e  per
la trasparenza negli appalti) - in tema di  parametri  utilizzati  ai
fini della determinazione dei compensi  per  attivita'  professionali
per  i  servizi  attinenti  all'architettura  e  all'ingegneria,   di
determinazione di schemi-tipo di bandi e di modalita' di  valutazione
della congruita'  delle  offerte  -  inciderebbero  sulla  disciplina
dell'«ordinamento civile» e della «tutela della  concorrenza»,  cosi'
violando i limiti posti dallo  statuto  e  dagli  invocati  parametri
costituzionali alla competenza legislativa provinciale. 
    2.- Successivamente alla presentazione del  ricorso,  l'art.  68,
comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma  di  Trento
27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del  bilancio
annuale 2013 e pluriennale  2013-2015  della  Provincia  autonoma  di
Trento - legge finanziaria provinciale 2013) ha modificato l'art. 30,
comma 5-bis,  della  legge  provinciale  sui  lavori  pubblici,  come
sostituito dall'impugnato art. 16, comma 1, lettera c),  della  legge
provinciale n. 18 del 2012, disciplinando le  modalita'  di  verifica
della congruita'  delle  offerte,  anche  per  i  lavori  di  importo
inferiore alla soglia comunitaria,  mediante  rinvio  all'art.  58.29
della legge provinciale n. 26 del 1993 (come sostituito dall'art. 50,
comma 1, della legge provinciale 7 aprile 2011, n. 7),  riallineando,
in tal modo,  i  criteri  di  individuazione  delle  offerte  anomale
previsti dalla normativa provinciale a quelli  individuati  dall'art.
86 del decreto  legislativo  12  aprile  2006,  n.  163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione delle direttive 2004/17/CE  e  2004/18/CE),  invocato  dal
ricorrente quale norma interposta nel presente giudizio. 
    3.- A seguito di  tale  modifica  normativa,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha depositato atto  di  rinuncia  parziale  al
ricorso, limitatamente alla questione relativa all'art. 16, comma  1,
lettera  c),  della  legge  provinciale  n.  18  del  2012,  rinuncia
accettata dalla Provincia autonoma di Trento. 
    Ne  consegue  che,  limitatamente  alla  disposizione  da  ultimo
menzionata, ai sensi dell'art.  23  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, il  processo  deve  essere
dichiarato estinto. 
    4.-  Vanno   ora   esaminate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale promosse in  relazione  agli  articoli  11,  comma  1,
lettera c), e comma 3,  e  16,  comma  1,  lettera  a),  della  legge
provinciale n. 18 del 2012, i quali  disciplinano  rispettivamente  i
parametri utilizzati ai fini della determinazione  dei  compensi  per
attivita' professionali per i servizi  attinenti  all'architettura  e
all'ingegneria e le modalita' di determinazione degli schemi-tipo  di
bandi delle gare d'appalto. 
    4.1.-  Al  riguardo,  la  resistente  ha  eccepito  il  carattere
contraddittorio e perplesso delle censure mosse dal ricorrente. 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Non puo' infatti ritenersi che il ricorso sia  inammissibile  per
avere lo Stato richiamato «contemporaneamente» (e non in via gradata)
le norme dello statuto speciale di autonomia e  l'art.  117  Cost.  A
fondamento della impugnazione,  per  quanto  in  maniera  generica  e
sommaria,  il  ricorrente  ha   infatti   dedotto   due   motivi   di
illegittimita' costituzionale: da un lato, la violazione delle  norme
statutarie,  nella  parte  in  cui  attribuiscono  alla  Regione   la
competenza in materia di lavori pubblici (art. 8, primo comma, n. 17)
con la contestuale previsione dei limiti alla sua esplicazione  (art.
4); dall'altro, la lesione dell'art. 117, secondo comma, lettere e) e
l), Cost. 
    Ne consegue che, sia pure in modo  impreciso,  il  ricorrente  ha
inteso sollevare due questioni di costituzionalita', dotate  ciascuna
di propria autonomia e, in quanto  tali,  l'una  assorbente  rispetto
all'altra (sentenza n. 447 del 2006). 
    Dalla premessa del ricorso, che introduce l'analisi delle singole
censure, risulta  infatti  che  il  ricorrente  ha  richiamato  norme
interposte tratte dal d.lgs. n. 163 del 2006  che  concretano  limiti
statutari della competenza legislativa provinciale di rango  primario
in materia di lavori pubblici. In  questa  prospettiva,  il  richiamo
anche alle  disposizioni  contenute  nell'art.  117,  secondo  comma,
lettere e) e l), Cost.  trova  giustificazione  nella  considerazione
secondo cui i limiti statutari alla  potesta'  legislativa  regionale
derivano  dalla  legislazione  statale,  costituente  espressione  di
principi  generali  dell'ordinamento  giuridico   della   Repubblica,
emanata, nella specie, in attuazione  delle  suindicate  prescrizioni
costituzionali (sentenza n. 114 del 2011). 
    In altri termini, come gia' affermato da questa Corte, «i  limiti
derivanti dalla necessita' di rispettare gli obblighi internazionali,
le norme fondamentali delle riforme economico-sociali  e  i  principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica sono rinvenibili
in quelle disposizioni contenute nel Codice  degli  appalti  pubblici
con le quali lo Stato ha esercitato la competenza legislativa ad esso
attribuita dal [...]  titolo  V,  con  particolare  riferimento  alla
materia della tutela della  concorrenza  e  dell'ordinamento  civile»
(sentenza n. 114 del 2011). 
    Analogamente, l'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, invocato quale norma interposta nel
presente  giudizio,  costituisce   espressione   di   quei   principi
fondamentali posti a tutela della concorrenza "per" il  mercato,  nel
suo pregnante significato di derivazione  comunitaria,  costantemente
riconosciuti da questa Corte quali opponibili  anche  al  legislatore
dotato di autonomia speciale (tra le tante, sentenze n. 221 e n.  186
del 2010; n. 326 del 2008; n. 443 del  2007;  nonche',  con  riguardo
specifico all'ambito materiale dei  lavori  pubblici  riservato  alla
competenza primaria della Provincia autonoma di  Trento,  n.  45  del
2010). 
    Tali   argomentazioni   sono   estensibili   anche   al   ricorso
introduttivo del presente giudizio, nella parte in cui  esso  invoca,
ancorche' genericamente, il d.lgs. n. 163 del  2006  «sia  in  quanto
puo' essere considerato espressione di riforma economico-sociale, sia
in quanto  disciplinante  profili  che  rientrano  nella  nozione  di
"tutela della concorrenza" e di "ordinamento civile",  di  competenza
legislativa  statale».  Il  richiamo  ai   limiti   statutari   della
competenza primaria della Provincia autonoma, operato nelle  premesse
del ricorso, consente infatti l'integrazione  del  parametro  -  come
gia' affermato  da  questa  Corte  -  mediante  le  norme  interposte
invocate nelle singole censure quali norme che concretano i  suddetti
limiti statutari  in  quanto  riforme  economico-sociali  o  principi
generali dell'ordinamento della Repubblica (ex plurimis, sentenze  n.
328 e n. 114 del 2011; n. 221 del 2010; n. 45 del 2010). 
    4.2.- Sempre in via preliminare, occorre  altresi'  esaminare  le
ulteriori eccezioni di inammissibilita' prospettate  dalla  Provincia
autonoma resistente,  che  lamenta  anche  il  carattere  generico  e
lacunoso delle singole censure successivamente dedotte  nel  ricorso.
Al riguardo, va osservato che  il  ricorso  raggiunge  quella  soglia
minima di chiarezza e completezza cui e' subordinata l'ammissibilita'
delle impugnative in via  principale  (ordinanza  n.  123  del  2012;
nonche', ex plurimis, sentenze n. 184 del 2012; n. 119 del  2010;  n.
248 del 2006), avendo l'Avvocatura generale dello Stato  indicato  le
doglianze  rivolte  a  ciascuna  disposizione  censurata,  nonche'  i
parametri costituzionali, le norme interposte asseritamente violate e
argomenti, pur succinti, a sostegno delle ragioni del ricorso. 
    4.3.- Quanto,  infine,  alla  questione  sollevata  in  relazione
all'art.  11  della  legge   provinciale   n.   18   del   2012,   va
preliminarmente  osservato  che,  come  dedotto  dalla  difesa  della
Provincia  autonoma,  pur  essendo  richiamato  nell'epigrafe,  nelle
conclusioni e nel petitum del ricorso soltanto l'art.  11,  comma  1,
lettera c), della legge provinciale n. 18 del 2012,  che  dispone  la
disciplina "a regime" ai fini della determinazione dei  compensi  per
attivita' professionali per i servizi  attinenti  all'architettura  e
all'ingegneria, il ricorrente censura anche l'art. 11,  comma  3,  il
quale detta la disciplina transitoria circa il ricorso  alle  tariffe
professionali  quale  parametro  ai  fini  della  determinazione  dei
medesimi compensi. 
    Si  tratta  di  un  palese   errore   materiale   contenuto   sia
nell'epigrafe del ricorso  sia  nel  petitum  dello  stesso  che  non
consente, come gia' affermato da questa Corte (sentenza  n.  447  del
2006),  di  accogliere  il  rilievo  della  difesa  della   Provincia
autonoma,  ne'  di  circoscrivere  l'oggetto  del  presente  giudizio
all'art. 11, comma 1, lettera c), stante le censure rivolte anche  al
comma 3 del medesimo articolo e il nesso intercorrente tra disciplina
"a regime" e disciplina transitoria. D'altra parte, la stessa  difesa
provinciale svolge la memoria anche in  relazione  al  contenuto  del
menzionato comma 3, presupponendo che esso sia oggetto di censura. 
    5.- Nel merito, prima di esaminare le singole  censure  proposte,
e'  opportuno  ribadire  le  linee  fondamentali  del  riparto  delle
competenze legislative nel settore dei lavori pubblici tra  Stato  ed
enti territoriali ad autonomia differenziata. 
    Al riguardo, questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che, in
presenza  di  specifica  attribuzione  statutaria  in   tale   ambito
materiale, non contemplando il titolo V  della  parte  seconda  della
Costituzione la  materia  «lavori  pubblici»,  trova  applicazione  -
secondo quanto previsto dall'art. 10 della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione) - la specifica previsione statutaria, in  quanto  norma
di maggior  favore  per  l'ente  dotato  di  autonomia  speciale  (ex
plurimis, sentenze n. 114 del 2011; n. 221 del 2010);  e  cio'  anche
con espresso riferimento alla Provincia autonoma di Trento resistente
nel presente giudizio (sentenze n. 74 del 2012; n. 45 del 2010). 
    Cio' implica, tuttavia, che il  parametro  di  maggior  favore  -
quello statutario - venga  applicato  nella  sua  interezza,  con  il
corollario, cioe',  dei  limiti  previsti  dallo  stesso  statuto  di
autonomia. Ne consegue che la legislazione  regionale  o  provinciale
degli  enti  dotati  di  autonomia  particolare  non  e'  libera   di
esplicarsi senza vincoli, atteso  che  gli  stessi  statuti  speciali
prevedono limiti che si applicano anche alle  competenze  legislative
primarie (tra le tante, sentenze n. 74 del 2012; n. 114 del 2011;  n.
221 e n. 45 del 2010; n. 411 del 2008). 
    Nel caso in esame, la  competenza  della  Provincia  autonoma  di
Trento nell'ambito dei lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e'
delimitata anzitutto dall'art.  4  dello  statuto  di  autonomia  del
Trentino-Alto Adige/Südtirol, che annovera, tra gli altri, il  limite
del  rispetto  dei   «principi   dell'ordinamento   giuridico   della
Repubblica», degli «obblighi internazionali»,  nonche'  delle  «norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». 
    In questa prospettiva, vengono in rilievo,  anzitutto,  i  limiti
derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza  e
dunque le disposizioni contenute nel Codice degli  appalti  pubblici,
che costituiscono diretta attuazione  delle  prescrizioni  poste  dal
diritto dell'Unione europea. Pertanto, «in tale ambito, la disciplina
regionale non puo' avere un contenuto difforme da quella prevista, in
attuazione delle norme  comunitarie,  dal  legislatore  nazionale  e,
quindi,  non  puo'  alterare  negativamente  il  livello  di   tutela
assicurato dalla normativa statale» (sentenza n. 221 del 2010). 
    In secondo  luogo,  come  gia'  osservato  da  questa  Corte,  il
legislatore provinciale «deve osservare i  principi  dell'ordinamento
giuridico della Repubblica, tra i quali sono ricompresi anche  quelli
afferenti la disciplina di istituti e rapporti privatistici relativi,
soprattutto, alla fase di conclusione ed esecuzione del contratto  di
appalto, che deve essere uniforme sull'intero  territorio  nazionale,
in ragione della esigenza di assicurare il rispetto del principio  di
uguaglianza» (sentenza n. 221 del 2010). 
    D'altra parte, questa Corte ha espressamente negato  che  si  sia
formato un giudicato costituzionale comportante la preclusione per lo
Stato ad impugnare leggi provinciali relative ad ambiti materiali  in
ordine ai quali si controverte nel presente giudizio, a seguito della
sentenza n. 401 del 2007 (punto 6.1. del Considerato in diritto), la'
dove si  e'  dichiarato  il  difetto  di  interesse  della  Provincia
autonoma  ad  impugnare  il  cosiddetto  Codice  degli  appalti.  Per
giungere a tale conclusione, questa Corte si e'  infatti  limitata  a
richiamare l'apposita clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 4,
comma 5, del d.lgs. n. 163  del  2006,  secondo  cui  «le  Regioni  a
statuto speciale e le  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
adeguano la propria legislazione secondo  le  disposizioni  contenute
negli statuti e nelle  relative  norme  di  attuazione»,  confermando
invece  i  sopra  menzionati   limiti   opponibili   al   legislatore
provinciale dotato di autonomia speciale (sentenza n. 45 del 2010). 
    5.1.- Tanto premesso, devono ora essere prese in esame le singole
censure proposte  dal  ricorrente,  distinguendo  preliminarmente  la
disciplina dettata dal comma 1, lettera c), dell'art.  11,  il  quale
rinvia all'«elenco prezzi» dell'art. 13 della legge  provinciale  sui
lavori pubblici, per quanto non previsto dalla normativa statale,  ai
fini della determinazione dei compensi per  attivita'  professionali,
per  i  servizi  attinenti  all'architettura  e  all'ingegneria,  dal
successivo  comma  3  dello  stesso  articolo,  che   consente   alle
amministrazioni aggiudicatrici di  utilizzare,  in  via  transitoria,
sino  alla  data  di  approvazione  dell'elenco  prezzi,  le  tariffe
professionali - come riferimento ai  fini  della  determinazione  dei
suddetti compensi - pur se abrogate dall'art. 9, comma 5, del d.l. n.
1 del 2012. 
    5.1.1.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11,
comma 3, della legge provinciale  n.  18  del  2012  e'  fondata  nei
termini di seguito precisati. 
    Nella memoria depositata in data 30  aprile  2013,  la  Provincia
autonoma resistente osserva che anche la disciplina statale  invocata
a parametro interposto  (art.  9  del  d.l.  n.  1  del  2012),  come
modificata dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83  (Misure  urgenti
per la crescita del  Paese),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge  7  agosto  2012,  n.  134,  prevede  -  alla  stessa   stregua
dell'impugnata disposizione provinciale - una  fase  transitoria  che
consente, sino all'emanazione dell'apposito decreto ministeriale,  di
applicare le tariffe professionali previgenti (art. 5, comma  2,  del
d.l. n. 83 del 2012). 
    Invero, la richiamata disciplina transitoria statale esaurisce  i
suoi  effetti  dall'emanazione  del  decreto  ministeriale   previsto
dall'art.  9,  comma  2,  del  d.l.  n.  1  del  2012,  nel  caso  di
liquidazione dei compensi da parte di un organo  giurisdizionale.  Il
suddetto decreto ministeriale e' stato emanato il 20 luglio  2012  (e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2012,  n.  195),  a
far data, quindi, antecedentemente all'approvazione (3 agosto  2012),
pubblicazione (7 agosto 2012) ed entrata in vigore  (8  agosto  2012)
dell'impugnata legge provinciale n. 18 del 2012. 
    Ne consegue che, dal punto di vista del  diritto  intertemporale,
non  sussiste  l'asserita  corrispondenza  -  secondo  quanto  invece
affermato  dalla  difesa  della  resistente  -  tra   la   disciplina
transitoria statale e quella provinciale, essendo  l'efficacia  della
prima gia' cessata a decorrere dal 20  luglio  2012,  secondo  quanto
previsto dall'art. 5, comma 2, del richiamato d.l. n. 83 del 2012. 
    In secondo luogo, sussiste il dedotto contrasto tra la disciplina
provinciale censurata e quella  statale,  in  quanto,  contrariamente
alla normativa statale, la legge provinciale rinvia  alla  disciplina
delle tariffe, qualora  manchino  sia  il  decreto  ministeriale  sia
l'elenco prezzi previsto dall'art. 13  della  legge  provinciale  sui
lavori pubblici. 
    L'impugnato art. 11, comma 3, della legge provinciale n.  18  del
2012, rinviando alla disciplina sulle tariffe professionali  abrogata
dalla  norma  invocata  a  parametro  interposto,  ha  l'effetto   di
determinare la perdurante applicazione  di  disposizioni  lesive  dei
principi di tutela  della  concorrenza  di  derivazione  comunitaria,
violando, in tal modo, l'art. 4 dello statuto di autonomia.  Infatti,
la norma interposta viene a concretare  limiti  opponibili  anche  al
legislatore  dotato  di  autonomia  speciale,  costituendo  legittima
esplicazione della potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela  della  concorrenza  (sentenza  n.  443  del  2007;
nonche', ex plurimis, le gia' richiamate sentenze n. 114 del 2011; n.
221 e n. 45 del 2010). 
    Al riguardo, questa Corte - dichiarando non fondate questioni  di
costituzionalita' sollevate  in  relazione  a  norme  abrogatrici  di
disposizioni che prevedevano l'obbligatorieta'  di  tariffe  fisse  o
minime,  ovvero  il  divieto  di  pattuire  compensi  parametrati  al
raggiungimento degli obiettivi perseguiti - ha infatti affermato  che
tali  norme  tendono  a  stimolare  «una  maggiore  concorrenzialita'
nell'ambito delle attivita'  libero-professionali  e  intellettuali»,
con  particolare  riferimento  ai   costi   e   alle   modalita'   di
determinazione  dei  compensi  (sentenza  n.  443  del  2007).   Tale
conclusione trova conferma nel diritto dell'Unione  europea,  che  ha
costantemente  imposto  processi  di  revisione   delle   restrizioni
esistenti anche in riferimento alle tariffe fisse. 
    Nello specifico settore delle tariffe professionali,  a  fortiori
in connessione all'ambito materiale dei lavori pubblici,  vengono  in
rilievo tutte le disposizioni che, disciplinando, a vario titolo,  la
fase procedimentale prodromica alla stipulazione  del  contratto,  si
qualificano per  la  finalita'  perseguita  di  assicurare  procedure
concorsuali  di  garanzia  in  modo   da   attuare   la   progressiva
liberalizzazione dei mercati in cui  sono  ancora  presenti  barriere
all'entrata o  altri  impedimenti  all'ingresso  di  nuovi  operatori
economici (tra le tante, sentenze n. 145 e n. 45 del 2010; n. 401 del
2007). D'altra parte, si tratta di disposizioni che, «sul  piano  del
diritto   dell'Unione   europea,   e   dunque   anche    sul    piano
dell'ordinamento dello Stato, tendono  a  tutelare  essenzialmente  i
principi della libera circolazione delle  merci,  della  liberta'  di
stabilimento e della libera prestazione di servizi (articoli da 28  a
32; da 34 a 37; da 45 a 54; da 56 a 66 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea)» (sentenza n. 45 del 2010). 
    La previsione di norme che si discostino dal modello definito  in
ambito europeo, quindi, «viola tanto i valori  tutelati  dalle  norme
del Trattato richiamate impedendo o  restringendo  l'esercizio  delle
fondamentali liberta' comunitarie, quanto le corrispondenti normative
statali  adottate   nell'esercizio   della   competenza   legislativa
esclusiva prevista dall'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  della
Costituzione» (sentenza n. 45 del  2010).  Questa  Corte  ha  infatti
dichiarato  costituzionalmente  illegittime  disposizioni  di   legge
regionali che ripristinavano tariffe  fisse  o  che  si  ponevano  in
contrasto con norme abrogatrici di  misure  che  prevedevano  tariffe
fisse come stimolo alla concorrenza (ex plurimis, sentenze n. 219 del
2012;  n.  443  del   2007),   preservando   anche   le   misure   di
liberalizzazione adottate in via transitoria (tra le altre,  sentenze
n. 325 del 2010; n. 29 del 2006; n. 272 del 2004). 
    Ne consegue la sussistenza del censurato contrasto tra l'art. 11,
comma 3, della legge provinciale n. 18 del 2012 e la norma invocata a
parametro interposto (art.  9  del  decreto-legge  n.  1  del  2012);
sicche' va dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  11,
comma 3, della legge della Provincia autonoma di  Trento  n.  18  del
2012, per violazione degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del  1972  e
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Gli ulteriori profili di censura rimangono assorbiti. 
    5.1.2.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11,
comma 1, lettera c), della  legge  provinciale  n.  18  del  2012  e'
fondata nei termini di seguito precisati. 
    La norma e' censurata in quanto si porrebbe in contrasto  con  il
richiamato art. 9  del  d.l.  n.  1  del  2012,  prevedendo,  in  via
suppletiva, l'utilizzo dell'elenco prezzi per determinare i  compensi
per attivita' professionali. 
    Al  riguardo,  va  anzitutto  osservato  che  le   modalita'   di
adeguamento dei prezzari delle  stazioni  appaltanti  sono  regolate,
quanto alla disciplina statale, dall'art. 133, comma 8, del d.lgs. n.
163 del 2006. Questa Corte ha gia' censurato  disposizioni  di  legge
regionale che consentivano alle  stazioni  appaltanti  di  utilizzare
elenchi regionali dei prezzi, discostandosi  dalle  previsioni  "piu'
stringenti"   della   disciplina   statale,   per   quanto    attiene
all'utilizzazione dei prezzari stessi (sentenza n. 43 del 2011). 
    E' ben vero che, con il precedente richiamato,  la  Corte  si  e'
pronunciata  su  un  ricorso  proposto  da  una  Regione  a   statuto
ordinario;  ciononostante  le   considerazioni   svolte   in   quella
decisione, e dirette a  censurare  il  contrasto  tra  la  disciplina
regionale e quella statale e la conseguente violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettere e) e l), Cost., si attagliano anche al caso in
esame. In particolare,  l'affermazione  che  le  disposizioni  allora
scrutinate,  utilizzando  i  prezzari  "scaduti"  secondo   modalita'
difformi da quelle stabilite dall'art. 133, comma 8,  del  d.lgs.  n.
163 del 2006, come valeva  a  ricondurre  la  materia  ad  un  titolo
competenziale  esclusivo  del  legislatore  statale,  cosi'  vale   a
concretare un  limite  opponibile  alla  competenza  della  Provincia
autonoma a norma degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale,  a  tutela
di principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica. 
    Nel caso in esame, la disposizione impugnata  si  discosta  dalla
disciplina statale utilizzando l'elenco prezzi previsto dall'articolo
13 della legge provinciale sui lavori pubblici  alla  stessa  stregua
delle  tariffe,  quale  riferimento  per  stabilire  i  compensi  per
attivita' professionali, determinando,  in  tal  modo,  il  censurato
contrasto con la disciplina statale. La disciplina in  esame  risulta
soggetta a quelle limitazioni gia' opposte  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte ad analoghe disposizioni di legge di regioni  a  statuto
ordinario, in quanto lesive della «tutela della concorrenza» "per" il
mercato, idonea a concretare i limiti delle riforme economico-sociali
previste dagli invocati parametri statutari. 
    Nella memoria depositata in data 30  aprile  2013,  la  Provincia
autonoma resistente - richiamando anche la delibera 3 maggio 2012, n.
49, adottata dall'Autorita' per la vigilanza sui  contratti  pubblici
di lavori, servizi e forniture - osserva che l'art. 262, comma 2, del
decreto del Presidente  della  Repubblica  5  ottobre  2010,  n.  207
(Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici  relativi
a  lavori,  servizi  e  forniture  in  attuazione   delle   direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE»), per quanto riguarda  i  compensi  per  gli
incarichi di progettazione per i servizi attinenti all'architettura e
all'ingegneria,  rinvia  espressamente  alle  tariffe  professionali,
facendo  riferimento  alla  «quota  del   corrispettivo   complessivo
riferita  alle  prestazioni  normali   e   speciali   relative   alla
progettazione [...] sulla  base  delle  percentuali  ed  aliquote  di
prestazioni parziali previste dalle tariffe professionali». 
    La disposizione richiamata non puo' invero essere ritenuta ancora
vigente per effetto dell'abrogazione  di  quelle  che  rinviano  alle
tariffe  per  la  determinazione  del  compenso  del  professionista,
disposta dall'art. 9, comma 5, del d.l.  n.  1  del  2012.  Ne'  puo'
accogliersi il rilievo avanzato dalla Provincia autonoma resistente -
basato su una mera circostanza di fatto, peraltro inerente al  quadro
normativo previgente all'abrogazione della disciplina sulle tariffe -
che la disposizione impugnata modifichi una disciplina che non e' mai
stata oggetto di censure, nonche' sulla necessita' - desumibile anche
dalla richiamata delibera 3 maggio 2012, n. 49 dell'Autorita' per  la
vigilanza sui contratti  pubblici  -  di  fondare  gli  elementi  del
corrispettivo dei professionisti su elementi concreti.  Tale  rilievo
mosso  dalla  resistente  e'  piuttosto   riferibile   all'articolata
disciplina dettata dagli artt. 20 e 30 della  legge  provinciale  sui
lavori pubblici, che ben possono considerarsi attinenti,  almeno  per
taluni profili, alla sfera organizzativa dell'ente territoriale. 
    Non  potrebbe  invece  sostenersi  -  come  asserisce  la  difesa
provinciale - che l'impugnato art. 11 della  legge  n.  18  del  2012
rientri nella materia dell'organizzazione perche' non  e'  rivolto  a
regolare una  forma  di  svolgimento  dell'attivita'  amministrativa.
Esso, invece, incide anzitutto sull'ambito  materiale  relativo  alla
«tutela della concorrenza» da cui discendono le  richiamate  esigenze
di uniformita', estensibili  anche  agli  enti  dotati  di  autonomia
speciale (ex plurimis, sentenze n. 114 del 2011; n. 221 e n.  45  del
2010). 
    Sotto altro profilo, d'altronde, l'impugnato art.  11,  comma  1,
lettera c), della legge n. 18  del  2012  non  appare  conforme  agli
stessi  indirizzi  formulati  dall'Autorita'  per  la  vigilanza  sui
contratti pubblici. Infatti, nella delibera 3 maggio 2012, n. 49,  e'
ben vero che la suddetta Autorita'  ha  affermato  la  necessita'  di
fornire una base certa alle amministrazioni  aggiudicatrici  ai  fini
della  determinazione  dei  compensi  per  gli  incarichi   attinenti
all'architettura e all'ingegneria, ma ha altresi'  escluso  che  essi
possano essere stabiliti mediante parametri assimilabili ai tariffari
e ha  omesso  ogni  richiamo  agli  «elenchi  prezzi»,  anche  «quale
possibile  riferimento  per   l'individuazione   del   valore   della
prestazione». 
    Ne consegue la sussistenza del censurato contrasto tra l'art. 11,
comma 1, lettera c), della legge provinciale n.  18  del  2012  e  la
norma invocata a parametro interposto (art. 9 del decreto-legge n.  1
del 2012). 
    Va dunque dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
11, comma 1, lettera c), della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Trento n. 18 del 2012, per violazione degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n.
670 del 1972 e dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Gli ulteriori profili di censura rimangono assorbiti. 
    6.- Deve infine essere esaminata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  16,  comma  1,  lettera  a),  della  legge
provinciale n. 18 del 2012. 
    Occorre  anzitutto  prendere  in  esame  le  modificazioni  della
disposizione  impugnata  e  gli  effetti  del  sopra  menzionato  ius
superveniens. Esso, come noto, puo' determinare la  cessazione  della
materia del contendere alla duplice condizione  della:  a)  efficacia
satisfattiva  rispetto  alle  ragioni  del  ricorrente;  b)   mancata
applicazione medio tempore della normativa  censurata  (ex  plurimis,
sentenze n. 73 e n. 18 del 2013; n. 300 e n. 193 del 2012). 
    Nel caso  in  esame,  l'art.  68,  comma  1,  lettera  a),  della
richiamata legge provinciale n. 25 del 2012 ha modificato l'art.  30,
comma 3-bis, della legge provinciale sui  lavori  pubblici,  inserito
dall'impugnato art. 16,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  della
Provincia autonoma di Trento n. 18 del 2012, cosi' disponendo: 
    «La  Giunta  provinciale,  previo  parere  del  Consiglio   delle
autonomie locali, adotta schemi-tipo di bandi, di inviti a presentare
offerte e di altri atti necessari per svolgere le procedure di scelta
del contraente sulla base di bandi-tipo approvati dall'Autorita'  per
la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture». 
    Risulta  soddisfatto  il  requisito  sub   b)   richiesto   dalla
giurisprudenza di questa Corte  affinche'  si  possa  determinare  la
cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 193
del  2012;  n.  192  del  2011).  La   mancata   applicazione   delle
disposizioni impugnate medio  tempore  e'  infatti  desumibile  dalla
circostanza che  la  Giunta  provinciale,  nel  limitato  periodo  di
vigenza della norma impugnata (dall'8  agosto  2012  al  28  dicembre
2012), non ha  adottato  alcuno  schema-tipo  di  bando,  continuando
invece ad applicare, in via transitoria,  gli  schemi-tipo  di  bando
definiti dal regolamento attuativo dell'art. 13-bis, comma 2, lettera
d), della stessa  legge  provinciale  sui  lavori  pubblici,  secondo
quanto previsto dall'art. 16, comma 3, della legge provinciale n.  18
del 2012, come deduce anche la Provincia  autonoma  resistente  nella
memoria depositata in data 30 aprile 2013. 
    Non risulta invece soddisfatto il requisito  sub  a),  attesa  la
sussistenza della medesima sostanza  normativa  tra  la  disposizione
originariamente impugnata  e  quella  sopravvenuta  e  il  perdurante
carattere lesivo della norma oggetto di censura. 
    In  virtu'   del   principio   di   effettivita'   della   tutela
costituzionale  nei  giudizi  in  via  principale,  la  questione  di
costituzionalita'  va  dunque  trasferita  sul  testo   vigente   (ex
plurimis, sentenze n. 193 e n. 147 del 2012). 
    6.1.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    L'art. 64, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006 -
comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, lettera h), del decreto-legge 13
maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per
l'economia), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12  luglio
2011, n.  106  -  attribuisce  all'Autorita'  per  la  vigilanza  sui
contratti pubblici di lavori,  servizi  e  forniture  il  compito  di
approvare  i  "bandi-tipo",  previo  parere   del   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti e sentite le  categorie  professionali
interessate. 
    Il bando-tipo costituisce pertanto lo  schema  di  riferimento  e
detta criteri univoci ai fini della redazione del bando  di  gara  ai
sensi dell'art.  64,  comma  4-bis,  del  d.lgs.  n.  163  del  2006,
costituendone, pertanto, puntuale esplicazione e attuazione. 
    In questo senso, e' stato qualificato anche dalla  determinazione
n. 4 dell'Autorita' per la vigilanza sui contratti  pubblici  del  10
ottobre 2012, che lo ha definito  «quadro  giuridico  di  riferimento
sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la
documentazione di gara». 
    In sintesi, il bando-tipo  approvato  dall'Autorita'  costituisce
parametro specificativo della determinazione dei requisiti  richiesti
a vario titolo dal Codice degli appalti per: la  partecipazione  alle
gare;  la  presentazione  e  la  valutazione   delle   offerte,   con
particolare riferimento ai criteri di valutazione circa la carenza di
elementi essenziali e di incertezza sul contenuto e sulla provenienza
dell'offerta;  le  cause  di  esclusione;   la   partecipazione   dei
raggruppamenti temporanei,  dei  consorzi  ordinari  e  dei  consorzi
stabili; la garanzia della  qualita'  e  dell'ambiente.  Esso  assume
pertanto   caratteri   assai   articolati   e   puntuali   ai    fini
dell'individuazione dei criteri  di  disciplina  delle  diverse  fasi
della procedura di scelta del contraente, configurandosi come modello
cui sono tenute ad uniformarsi le stazioni appaltanti  "nella  base",
pur mantenendo queste ultime una limitata discrezionalita' nel  grado
di dettaglio dei bandi e delle convenzioni da inserire nei capitolati
delle gare. 
    Ne  consegue  la  preclusione  per  il  legislatore  provinciale,
ancorche' dotato di autonomia speciale, ad intervenire in tale ambito
materiale riconducibile alla «tutela della concorrenza», nei  termini
precisati di derivazione comunitaria (ex plurimis, le gia' richiamate
sentenze n. 328 e n. 114 del 2011; n. 221  e  n.  45  del  2010).  In
questa  prospettiva,  il  richiamato   rapporto   tra   le   funzioni
dell'Autorita'  di  vigilanza  nell'approvazione  dei  bandi-tipo   e
l'obbligo  di  adeguamento  delle  stazioni  appaltanti  risponde  ad
esigenze   unitarie,   che   non   tollerano   alcun    margine    di
discrezionalita' "intermedio" riservato alla Giunta  provinciale:  il
legislatore provinciale risulta pertanto  -  alla  luce  della  sopra
menzionata  giurisprudenza  di  questa  Corte  -  privo  del   titolo
competenziale ad intervenire in subiecta materia. 
    Quanto al rapporto tra il riparto di competenze  legislative  tra
Stato ed enti territoriali e le funzioni svolte  dalle  Autorita'  di
regolazione, questa Corte ha ribadito, in piu' pronunce,  che  queste
ultime sono funzionali a garantire la tutela e  la  promozione  della
concorrenza e la realizzazione di mercati concorrenziali (da  ultimo,
sentenza n. 41 del 2013). In tale contesto, in specifico  riferimento
ai bandi-tipo approvati dalle Autorita', la Corte ha  affermato  che,
fermo  restando  il  residuo  margine   di   discrezionalita'   delle
amministrazioni nell'elaborazione in dettaglio dei bandi delle  gare,
le  Autorita'  stesse  sono  competenti  a   stabilirne   i   criteri
fondamentali di redazione, senza che l'esercizio delle loro  funzioni
possa produrre alcun tipo di alterazione dei  criteri  costituzionali
di riparto delle competenze legislative e amministrative  tra  Stato,
Regioni ed enti locali, costituendone  anzi  presupposto  e  supporto
(sentenze n. 41 del 2013 e n. 88 del 2009). 
    In questa prospettiva, l'adeguamento della disciplina provinciale
alla norma interposta invocata nel presente giudizio non e'  previsto
soltanto «sulla base» - come asserisce la difesa provinciale  e  come
dispone la norma  impugnata  -  ma  con  riguardo  al  complesso  dei
puntuali  e  articolati  criteri  previsti  nei  bandi-tipo  adottati
dall'Autorita',  permanendo  comunque  la  facolta'  delle   stazioni
appaltanti, nella delibera a contrarre, di motivare espressamente  in
ordine ad eventuali  deroghe.  Queste  ultime  rimangono  pur  sempre
ammissibili tanto per le stazioni  appaltanti  delle  amministrazioni
statali,  quanto  per  quelle  regionali  e  per  quelle  degli  enti
territoriali dotati di autonomia speciale, sorrette  dalle  peculiari
condizioni dello statuto di autonomia. 
    Ne consegue la sussistenza del censurato contrasto tra l'art. 30,
comma 3-bis, della legge  provinciale  n.  26  del  1993,  introdotto
dall'art. 16, comma 1, lettera a), della legge provinciale n. 18  del
2012, come modificato dall'art. 68, comma 1, lettera a), della  legge
provinciale  n.  25  del  2012,  e  la  norma  invocata  a  parametro
interposto (art. 64, comma 4-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006). 
    Va dunque dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
30, comma 3-bis,  della  legge  provinciale  n.  26  del  1993,  come
modificato dall'art. 68, comma 1, lettera a), della legge provinciale
n. 25 del 2012, per violazione degli artt. 4 e 8 del  d.P.R.  n.  670
del 1972 e dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Gli ulteriori profili di censura rimangono assorbiti. 
    7.- L'accoglimento del ricorso per le ragioni enunciate  comporta
che sia dichiarata, in via  consequenziale,  ai  sensi  dell'art.  27
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale anche degli articoli 11,  comma  2,  e  16,  comma  1,
lettera b), e comma 3 della legge n. 18 del 2012. 
    Infatti, gli artt. 11, comma 2, e 16, comma 3,  stabiliscono  una
limitata durata nel tempo delle  norme  vigenti  sino  all'attuazione
delle norme censurate. All'art. 16, comma 1, lettera b), vanno invece
estesi i motivi di illegittimita' esposti a sostegno della fondatezza
delle questioni prospettate con  riferimento  alla  violazione  degli
artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all'art. 117, secondo comma,
lettera  e),  Cost.,   trattandosi   di   disposizione   che   rinvia
integralmente al censurato art. 16, comma 1, lettera a), quanto  alla
procedura relativa all'adozione di  schemi-tipo  di  bandi  da  parte
della Giunta provinciale ai fini della scelta del contraente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  11,
comma 1, lettera c), e comma 3 della legge della  Provincia  autonoma
di Trento 3 agosto 2012, n. 18, recante  «Modificazioni  della  legge
provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge  provinciale  sui  lavori
pubblici),  della  legge  provinciale  15  dicembre   1980,   n.   35
(Determinazione delle quote di aggiunta di  famiglia  e  disposizioni
varie in materia di personale),  della  legge  provinciale  3  aprile
1997, n. 7 (legge sul personale della  Provincia),  dell'articolo  14
(Costituzione della societa' "Patrimonio del Trentino s.p.a.")  della
legge provinciale 10 febbraio 2005, n. 1, della legge provinciale  16
maggio 2012, n. 9 (Interventi a  sostegno  del  sistema  economico  e
delle famiglie), e della legge provinciale  31  maggio  2012,  n.  10
(Interventi urgenti per favorire la crescita e la competitivita'  del
Trentino)»; 
    2) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  30,
comma 3-bis, della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  10
settembre 1993, n.  26  (Norme  in  materia  di  lavori  pubblici  di
interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti), introdotto
dall'art. 16, comma  1,  lettera  a),  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento n. 18 del 2012 e modificato dall'art. 68, comma 1,
lettera a),  della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  27
dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale 2013 e pluriennale  2013-2015  della  Provincia  autonoma  di
Trento - legge finanziaria provinciale 2013); 
    3)   dichiara    l'illegittimita'    costituzionale,    in    via
consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale),  dell'articolo  11,  comma  2,  della  legge   della
Provincia autonoma di Trento n. 18 del 2012; 
    4)   dichiara    l'illegittimita'    costituzionale,    in    via
consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 87 del 1953,
dell'articolo 16, comma 1, lettera b), e comma 3, della  legge  della
Provincia autonoma di Trento n. 18 del 2012; 
    5) dichiara  estinto  il  processo  relativo  alla  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera c),  della
legge della Provincia autonoma di Trento n. 18 del 2012, promossa dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                    Sergio MATTARELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI