N. 190 ORDINANZA 3 - 12 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento civile - Controversie avente  ad  oggetto  l'opposizione
  alla  stima  delle  indennita'  per  espropriazione  per   pubblica
  utilita'  -  Applicazione  del  rito  sommario  di  cognizione  non
  convertibile - Questione gia' dichiarata inammissibile in relazione
  ad analoghe censure, in base al principio della discrezionalita'  e
  insindacabilita' delle  scelte  del  legislatore  nella  disciplina
  degli  istituti  processuali,  nel  limite  della   non   manifesta
  irragionevolezza - Manifesta inammissibilita'. 
- Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, artt. 29 e 34, comma
  37. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo e  secondo  comma,  e  111,  primo
  comma. 
Procedimento civile - Controversie avente  ad  oggetto  l'opposizione
  alla  stima  delle  indennita'  per  espropriazione  per   pubblica
  utilita'  -  Applicazione  del  rito  sommario  di  cognizione  non
  convertibile - Asserita violazione dei criteri direttivi  contenuti
  nella legge delega - Manifesta infondatezza della questione. 
- Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, artt. 29 e 34, comma
  37. 
- Costituzione, art. 77, primo comma. 
(GU n.29 del 17-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli  articoli  29  e
34, comma 37, del decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'art. 54 della legge 18 giugno 2009,  n.  69),  promossi
dalla Corte d'appello di Napoli con due ordinanze del 13 luglio 2012,
iscritte al n. 273 del  registro  ordinanze  2012  ed  al  n.  1  del
registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2012 e n. 5,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  aprile  2013  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella. 
    Ritenuto che la Corte d'appello di Napoli, con due ordinanze  del
13 luglio 2012, ha sollevato, in riferimento  agli  articoli  3,  24,
primo e secondo comma, 77, primo comma, e  111,  primo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli
29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte
in cui tali norme, sostituendo il comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e
4 dell'art. 54 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  espropriazione
per pubblica utilita'),  prevedono  che  le  controversie  aventi  ad
oggetto l'opposizione alla stima di cui al comma 1 dello stesso  art.
54 devono essere introdotte, trattate e decise secondo le  forme  del
rito sommario di cognizione non convertibile, risultante dagli  artt.
3 del decreto legislativo n. 150 del  2011,  702-bis  e  702-ter  del
codice di procedura civile; 
    che in punto di fatto il giudice a quo  rileva  come  entrambi  i
giudizi  abbiano  ad  oggetto,  pur  nella  diversita'  delle  cause,
l'opposizione alla stima delle  indennita'  dovute  per  due  diverse
vicende espropriative, nelle forme previste dall'art. 54  del  d.P.R.
n. 327 del 2001 e dall'art. 702-bis cod. proc. civ.; 
    che il giudice remittente ritiene che la scelta di  ricomprendere
i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art.  54,
comma 1, del d.P.R. n.  327  del  2001  nell'ambito  del  nuovo  rito
sommario  di  cognizione  «non  convertibile»,  violerebbe  i  limiti
fissati nella delega conferita al Governo con l'art. 54  della  legge
18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), sulla cui base sono state adottate le norme censurate; 
    che l'art. 54 della legge n. 69 del 2009 ha delegato  il  Governo
ad adottare uno o piu' decreti legislativi in materia di riduzione  e
semplificazione  dei  procedimenti  civili  di  cognizione   compresi
nell'ambito  della   giurisdizione   ordinaria   e   regolati   dalla
legislazione speciale, al fine di ricondurre la  disciplina  di  tali
procedimenti: a) al rito del lavoro, se caratterizzati da «prevalenti
caratteri  di  concentrazione  processuale,  ovvero  di  officiosita'
dell'istruzione»; b) al procedimento sommario di  cognizione  di  cui
agli artt. 702-bis e ss. cod. proc. civ., escludendo «la possibilita'
di conversione nel  rito  ordinario»,  se  connotati  da  «prevalenti
caratteri di  semplificazione  della  trattazione  o  dell'istruzione
della causa»; c) al processo ordinario di cognizione,  in  tutti  gli
altri casi; 
    che il legislatore delegante  si  riferiva  -  secondo  la  Corte
d'appello remittente - ai  soli  procedimenti  civili  di  cognizione
«autonomamente regolati dalla legislazione speciale» secondo  modelli
diversi  da  quelli  del  rito  del  lavoro,  del  rito  sommario  di
cognizione e del rito ordinario cui dovevano essere  alternativamente
ricondotti, mentre una siffatta diversita' non connota i procedimenti
aventi ad oggetto i giudizi di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327  del
2001, per i quali nessun dubbio  e'  stato  mai  sollevato  sul  loro
svolgimento nel  rispetto  delle  forme  dell'ordinario  giudizio  di
cognizione, con le uniche particolarita' costituite dalla  previsione
di  un  breve  termine  di  decadenza  per  la   loro   introduzione,
giustificato dal loro  carattere  impugnatorio,  e  dalla  previsione
della  necessaria  instaurazione  del   contraddittorio   anche   nei
confronti di soggetti non titolari dal lato passivo della  situazione
giuridica sostanziale controversa; 
    che, sotto un diverso  profilo,  la  Corte  d'appello  di  Napoli
censura la scelta di sottoporre le controversie di  cui  all'art.  54
del d.P.R. n. 327 del 2001 al nuovo rito sommario di  cognizione  non
convertibile, osservando che tali procedimenti,  dovendo  seguire  le
forme dell'ordinario  rito  di  cognizione,  non  sono  connotati  da
«prevalenti  caratteri  di  semplificazione   della   trattazione   o
dell'istruzione della causa», dal momento che essi hanno  ad  oggetto
controversie «il cui denominatore comune  e'  costituito  dalla  loro
attinenza alla determinazione delle indennita' dovute in  conseguenza
di  provvedimenti  di  natura  espropriativa  o  comunque   ablativa,
adottati per ragioni di pubblica utilita' che,  nella  maggior  parte
dei casi, richiedono  la  soluzione  di  non  semplici  questioni  di
diritto o di fatto»; 
    che inoltre, poiche' nei giudizi in  questione  la  decisione  e'
adottata con ordinanza dalla Corte d'appello competente quale giudice
di primo grado, impugnabile  solo  mediante  ricorso  alla  Corte  di
cassazione per i motivi di cui  all'art.  360  cod.  proc.  civ.,  la
scelta del legislatore di imporre la trattazione di tali controversie
col rito sommario di  cognizione  fa  emergere  anche  il  dubbio  di
legittimita'  costituzionale  sotto  il   profilo   della   possibile
violazione del diritto  di  difesa,  sussistendo  la  violazione  del
principio del giusto processo; 
    che e' intervenuto in uno  dei  due  giudizi  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione  sollevata  sia
dichiarata inammissibile o non fondata. 
    Considerato che la Corte d'appello di Napoli, con due  ordinanze,
dubita, in riferimento agli articoli 3, 24, primo  e  secondo  comma,
77,  primo  comma,  e  111,  primo  comma,  della  Costituzione,  del
combinato disposto degli articoli 29 e  34,  comma  37,  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi  dell'art.  54  della
legge 18 giugno 2009, n. 69), nella  parte  in  cui,  sostituendo  il
comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e  4  dell'art.  54  del  d.P.R.  8
giugno 2001, n. 327 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di espropriazione  per  pubblica  utilita'),
prevede che le controversie  aventi  ad  oggetto  l'opposizione  alla
stima  di  cui  al  comma  1  dello  stesso  art.  54  devono  essere
introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito  sommario  di
cognizione non convertibile di cui all'art. 3 del d.lgs. n.  150  del
2011 ed agli artt. 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile; 
    che le due ordinanze di rimessione pongono questioni identiche in
relazione alle medesime  norme  impugnate  e,  pertanto,  i  relativi
giudizi devono essere riuniti; 
    che questa Corte, nella sentenza n. 10 del  2013,  ha  dichiarato
inammissibile la questione di legittimita' costituzionale degli artt.
3 e 29 del decreto legislativo n. 150 del 2011 - prospettata in  quel
giudizio in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost. - affermando
che «nella disciplina degli istituti processuali  vige  il  principio
della discrezionalita' e insindacabilita' delle  scelte  operate  dal
legislatore, nel limite della loro non manifesta irragionevolezza»; 
    che  nella  medesima  pronuncia  la  Corte  ha  rilevato  che  la
decisione  richiesta  avrebbe  «natura   creativa   e   non   sarebbe
costituzionalmente  obbligata,  versandosi  in  materia  nella  quale
sussiste  la  discrezionalita'  del  legislatore»,   richiamando   il
principio per cui «la Costituzione non impone un  modello  vincolante
di processo», ribadendo «la piena compatibilita' costituzionale della
opzione del legislatore processuale,  giustificata  da  comprensibili
esigenze di speditezza e semplificazione, per il rito camerale, anche
in relazione a controversie coinvolgenti la  titolarita'  di  diritti
soggettivi»; 
    che, d'altra parte, questa Corte ha  anche  riconosciuto  che  la
garanzia del doppio grado di giudizio non gode, di per  se',  di  una
copertura  costituzionale,  sicche'  non  appare  fondato  il  dubbio
prospettato dalle odierne ordinanze relativo ad una compressione  del
diritto di difesa conseguente al fatto che  la  pronuncia  emessa  in
primo grado dalla Corte d'appello puo' essere impugnata solo  con  il
ricorso per cassazione (ordinanza n. 107 del 2007); 
    che le questioni sollevate nel presente giudizio, pertanto, vanno
dichiarate manifestamente inammissibili  in  relazione  ai  parametri
costituzionali  che  sono  stati  oggetto  della  precedente   citata
decisione di questa Corte, poiche' le odierne ordinanze di rimessione
non evidenziano profili ulteriori di illegittimita' costituzionale; 
    che,  in  riferimento  alla  presunta  violazione   dei   criteri
direttivi contenuti nell'art. 54 della legge n. 69 del 2009,  occorre
ricordare che - in base alla costante giurisprudenza di questa  Corte
- il controllo della conformita'  della  norma  delegata  alla  norma
delegante richiede  un  confronto  tra  gli  esiti  di  due  processi
ermeneutici  paralleli,  l'uno  relativo  alla  norma  che  determina
l'oggetto, i principi e i criteri direttivi della  delega  e  l'altro
relativo  alla  norma  delegata,  da  interpretare  nel   significato
compatibile con questi ultimi; 
    che l'art. 54 della legge n. 69  del  2009  appare  evidentemente
ispirato - come si evince anche dai  relativi  lavori  preparatori  -
alla  finalita'  di  ricondurre  la  molteplicita'  dei  riti  civili
esistenti a tre  modelli  processuali  tipici,  costituiti  dal  rito
ordinario,  da  quello  del  lavoro  e  dal  procedimento   sommario,
quest'ultimo introdotto proprio con la legge n. 69 del 2009; 
    che la citata disposizione indica quale oggetto della delega, nel
comma 1 e nel comma 4, lettera b), i procedimenti civili disciplinati
dalla «legislazione speciale», senza aggiungere l'ulteriore  criterio
relativo al modello processuale; 
    che, pertanto, non e' esatto il rilievo, contenuto nelle  odierne
ordinanze di rimessione, secondo cui la legge delega  si  riferirebbe
soltanto  ai  procedimenti  civili  disciplinati  dalla  legislazione
speciale con modalita' diverse da quelle dei tre  riti  tipici  sopra
menzionati, giacche' il disegno del  legislatore  delegante  ha  come
obiettivo quello di una generale riduzione e semplificazione dei riti
applicabili, proprio allo scopo di evitare il  moltiplicarsi  di  una
serie di diversita'  che  non  giovano  all'attuazione  dei  principi
contenuti negli artt. 24 e 111 Cost.; 
    che, d'altra parte, il procedimento di opposizione alla stima  si
caratterizza per una serie  di  indubbie  peculiarita',  come  questa
Corte ha gia' avuto modo di rilevare nel passato (sentenza n. 173 del
1991), sicche' non puo'  ritenersi  escluso  dalla  previsione  della
menzionata norma di delega; 
    che,  quindi,  la  questione   di   legittimita'   costituzionale
prospettata in riferimento  ad  un  presunto  eccesso  di  delega  e'
manifestamente infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 29  e  34,  comma  37  del
decreto  legislativo  1°  settembre  2011,   n.   150   (Disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e
semplificazione dei  procedimenti  civili  di  cognizione,  ai  sensi
dell'art. 54 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69)  sollevata,  in
riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111,  primo
comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello  di  Napoli  con  le
ordinanze indicate in epigrafe; 
    2)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale delle medesime disposizioni sollevata, in
riferimento all'art. 77, primo comma, della Costituzione, dalla Corte
d'appello di Napoli con le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                    Sergio MATTARELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI