N. 207 ORDINANZA 3 - 18 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Istruzione - Cattedre e posti di insegnamento  vacanti  entro  il  31
  dicembre - Copertura mediante conferimento di supplenze annuali, in
  attesa   dell'espletamento   delle   procedure   concorsuali    per
  l'assunzione  di  personale  docente   di   ruolo   -   Conseguente
  successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo  determinato,
  svincolata  dall'indicazione  di  ragioni   obiettive   e/o   dalla
  predeterminazione di una durata massima o di  un  numero  certo  di
  rinnovi - Contrasto con la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro
  CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,  alla  quale  ha
  dato attuazione la direttiva 1999/70/CE del  28  giugno  1999,  che
  stabilisce che gli Stati membri sono  tenuti  ad  introdurre  nelle
  rispettive legislazioni nazionali norme  idonee  a  prevenire  e  a
  sanzionare l'abuso costituito dalla successione nel tempo  di  tali
  tipi di contratto - Asserita violazione di obblighi derivanti dalla
  normativa comunitaria - Esistenza  di  dubbi  interpretativi  sulla
  normativa  comunitaria  e  sulla  compatibilita'  con  essa   della
  normativa  nazionale  -  Necessita'  di  risolvere   la   questione
  interpretativa pregiudiziale per la  definizione  del  giudizio  di
  costituzionalita' - Rinvio  alla  Corte  di  giustizia  dell'Unione
  europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti  dell'art.
  267 del  Trattato  sul  Funzionamento  dell'Unione  europea,  delle
  seguenti questioni di interpretazione della clausola  5,  punto  1,
  dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro   a   tempo
  determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno  1999,
  n. 1999/70/CE: a) se la clausola 5, punto  1,  dell'accordo  quadro
  CES, UNICE e CEEP sul lavoro a  tempo  determinato,  allegato  alla
  direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba  essere
  interpretata nel senso che osta all'applicazione dell'art. 4, commi
  1, ultima proposizione, e 11, della legge 3  maggio  1999,  n.  124
  (Disposizioni urgenti in  materia  di  personale  scolastico)  -  i
  quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze  annuali
  su posti «che risultino effettivamente vacanti e disponibili  entro
  la data del 31 dicembre», dispongono che si  provvede  mediante  il
  conferimento di supplenze  annuali,  «in  attesa  dell'espletamento
  delle procedure concorsuali per l'assunzione di  personale  docente
  di ruolo» - disposizione la quale consente che si faccia ricorso  a
  contratti a  tempo  determinato  senza  indicare  tempi  certi  per
  l'espletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede  il
  diritto al risarcimento del  danno;  b)  se  costituiscano  ragioni
  obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1, della  direttiva  28
  giugno 1999, n.  1999/70/CE,  le  esigenze  di  organizzazione  del
  sistema scolastico italiano come sopra delineato, tali  da  rendere
  compatibile con il diritto dell'Unione europea una  normativa  come
  quella italiana che per l'assunzione  del  personale  scolastico  a
  tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del  danno
  - Sospensione del giudizio sino alla  definizione  delle  questioni
  pregiudiziali e conseguenti adempimenti. 
- Legge 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11. 
- Costituzione, artt. 11 e 117, primo comma; direttiva del Consiglio 
  28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, allegato accordo quadro CES, UNICE e
  CEEP sul lavoro a tempo determinato, clausola 5, punto  1,  lettera
  a). 
Processo costituzionale - Giudizio di legittimita' costituzionale  in
  via incidentale - Asserita violazione di obblighi derivanti da  una
  normativa  comunitaria,  priva  di  effetto   diretto   -   Diretta
  operativita' dei parametri  costituzionali  -  Esistenza  di  dubbi
  interpretativi sulla normativa comunitaria e  sulla  compatibilita'
  con essa della normativa nazionale, che si traduce in una questione
  di legittimita' costituzionale rispetto ai parametri dell'art. 11 e
  dell'art. 117, primo comma, Cost., integrati e resi operativi dalla
  norma comunitaria pertinente - Necessita' di risolvere la questione
  interpretativa pregiudiziale per la  definizione  del  giudizio  di
  costituzionalita' - Riconoscimento alla Corte costituzionale  della
  natura di "giurisdizione nazionale", ai sensi dell'art. 267,  terzo
  comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea anche nei
  giudizi in via incidentale - Conseguente rinvio delle questioni  di
  interpretazione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via
  pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato
  sul Funzionamento dell'Unione europea. 
- Direttiva del Consiglio 28 giugno  1999,  n.  1999/70/CE,  allegato
  accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a  tempo  determinato,
  clausola 5, punto 1, lettera a). 
- Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea,  art.  267,  terzo
  comma. 
(GU n.30 del 24-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 4, commi
1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124  (Disposizioni  urgenti  in
materia di personale scolastico), promossi dal Tribunale di Roma  con
due ordinanze del 2 maggio 2012 e dal Tribunale di Lamezia Terme  con
due ordinanze del 30 maggio 2012,  rispettivamente  iscritte  ai  nn.
143, 144, 248 e 249 del registro ordinanze 2012  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4, 11, 21, 27, 33 e 44, prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore
Sergio Mattarella; 
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
    Premesso  che  gli  articoli  11  e  117,  primo   comma,   della
Costituzione italiana,  stabiliscono  rispettivamente  che  «L'Italia
[...] consente, in condizioni di parita' con gli  altri  Stati,  alle
limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento  che  assicuri
la  pace  e  la  giustizia  fra  le  Nazioni»;  e  che  «La  potesta'
legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle  Regioni  nel  rispetto
della Costituzione, nonche' dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli  obblighi  internazionali»;  e  che  pertanto  un
sospettato contrasto tra  legge  nazionale  e  norma  comunitaria  si
traduce in una questione di legittimita' costituzionale  rispetto  ai
parametri dell'art. 11 e dell'art. 117, primo comma, Cost., integrati
e resi operativi dalla norma comunitaria pertinente. 
    Ritenuto che nel corso di controversie  promosse  da  docenti  di
scuola secondaria di secondo grado  e  da  unita'  di  personale  non
docente nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'universita'
e della ricerca, i Tribunali di Roma e Lamezia Terme, sezione lavoro,
hanno sollevato - in riferimento all'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione, nonche' alla clausola 5, punto 1,  dell'accordo  quadro
CES, UNICE e CEEP sul  lavoro  a  tempo  determinato,  allegato  alla
direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio (Direttiva  del
Consiglio relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a
tempo  determinato)  -  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 4, commi 1 e 11, della legge  3  maggio  1999,  n.  124
(Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico); 
    che i predetti Tribunali rilevano che i ricorrenti, avendo svolto
attivita' di docenti o di personale amministrativo scolastico in base
a numerosi e ripetuti contratti a termine,  hanno  agito  per  sentir
dichiarare l'illegittimita' delle clausole di apposizione del termine
e per la conseguente condanna dell'amministrazione  a  convertire  il
loro contratto di lavoro in contratto a tempo  indeterminato,  ovvero
al risarcimento del danno; 
    che, sulla base di alcuni recenti interventi legislativi - fra  i
quali l'art. 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n.  134
(Disposizioni urgenti  per  garantire  la  continuita'  del  servizio
scolastico  ed  educativo  per  l'anno  2009-2010),  convertito,  con
modifiche, dall'art. 1, comma 1, della legge  24  novembre  2009,  n.
167, nonche' l'art.  9  del  decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70
(Semestre europeo  -  Prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modifiche, dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106  -  i
contratti  stipulati  a  tempo  determinato  con  i  docenti  per  la
copertura di supplenze annuali possono  convertirsi  in  contratti  a
tempo indeterminato soltanto con l'immissione in  ruolo  dei  docenti
stessi, come previsto,  del  resto,  dalla  disciplina  generale  del
pubblico impiego; 
    che nell'ordinamento italiano il decreto legislativo 6  settembre
2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE   relativa
all'accordo  quadro  sul  lavoro   a   tempo   determinato   concluso
dall'UNICE, dal  CEEP  e  dal  CES),  contenente  la  disciplina  del
contratto a tempo determinato, mira ad evitare che di tale  contratto
si faccia abuso, fissando nel periodo massimo di  trentasei  mesi  il
tempo nel quale un lavoratore puo' essere  impiegato  con  successivi
contratti a termine; 
    che  detta  disciplina  deve  ritenersi  applicabile  anche   nei
confronti delle pubbliche amministrazioni, senza tuttavia prevedere -
in quest'ultimo caso - la conversione del contratto, ma  soltanto  il
diritto al risarcimento del danno; 
    che,  tuttavia,  il  reclutamento  del  personale  scolastico  e'
sottratto a tale disciplina, essendo regolato da un sistema di  norme
in base  alle  quali  e'  lecito,  anzi  doveroso  per  le  autorita'
scolastiche, al fine di coprire i posti vacanti, assumere un medesimo
lavoratore, da un anno all'altro, con contratti a tempo  determinato,
anche ripetuti nel tempo; 
    che tale previsione, secondo i Tribunali di  Roma  e  di  Lamezia
Terme, non sarebbe compatibile con il diritto dell'Unione europea, in
quanto l'accordo quadro CES, UNICE e CEEP  del  28  giugno  1999  sul
lavoro a tempo determinato  stabilisce  che  gli  Stati  membri  sono
tenuti ad introdurre nelle rispettive  legislazioni  nazionali  norme
idonee  a  prevenire  e  a  sanzionare   l'abuso   costituito   dalla
successione nel tempo di tali tipi di contratto; 
    che la legislazione italiana,  per  il  settore  scolastico,  non
contiene ne' una durata massima  dei  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato,  ne'  l'indicazione  del  numero  massimo   di   rinnovi
possibili; 
    che, in base all'art. 4 della legge  n.  124  del  1999,  possono
essere  stipulati,  tra  l'amministrazione  e  i   docenti,   diverse
tipologie di contratti a  tempo  determinato:  supplenze  annuali  su
organico "di diritto", riguardanti posti disponibili e vacanti, cioe'
privi di titolare, con scadenza al termine dell'anno  scolastico  (31
agosto); supplenze temporanee su  organico  "di  fatto",  relative  a
posti non vacanti ma comunque disponibili, con  scadenza  al  termine
delle  attivita'  didattiche  (30  giugno);  e,   infine,   supplenze
temporanee, ossia brevi, per le ipotesi residuali, destinate a durare
fino alla cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte; 
    che, secondo le ordinanze  di  rinvio  a  questa  Corte,  l'unica
ragione che puo' sostenere  tale  sistema  sarebbe  costituita  dalla
necessita' di risparmio delle risorse pubbliche, obiettivo  che,  per
quanto  rilevante,  non  potrebbe  costituire  quella  "finalita'  di
politica sociale"  il  cui  perseguimento  giustifica  -  secondo  la
giurisprudenza della  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  (in
seguito  anche  Corte  di  giustizia)  -  l'utilizzo  di   successivi
contratti di lavoro a tempo determinato; 
    che i Tribunali di Roma e di Lamezia Terme, ritenendo non esserci
nella  specie  dubbi  interpretativi   sulla   pertinente   normativa
comunitaria tali da richiedere il rinvio pregiudiziale alla Corte  di
giustizia, ne rilevano un sicuro contrasto  con  la  norma  nazionale
censurata; 
    che il rilevato contrasto  non  sarebbe  risolubile  dal  giudice
comune con la non applicazione della normativa interna  incompatibile
con quella comunitaria; a tal fine, infatti, sarebbe  necessario  che
la  conferente  disposizione  della  direttiva   fosse   direttamente
efficace, dunque incondizionata e sufficientemente  precisa,  mentre,
nella specie, la Corte di giustizia ha affermato che la  clausola  5,
punto  1,  del  citato  accordo  quadro  non  e'  incondizionata  ne'
sufficientemente precisa per poter  essere  invocata  da  un  singolo
dinanzi ad un giudice nazionale (sentenza 15 aprile  2008,  in  causa
C-268/06,  Impact,  nonche'  sentenza  23  aprile  2009,   in   causa
C-378/380/07, Angelidaki); 
    che secondo i giudici rimettenti non  sarebbe  neppure  possibile
l'interpretazione conforme della norma impugnata, si'  che  essi  non
avrebbero  avuto  altra  possibilita'  se  non  quella  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale della norma  per  violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  integrato  dalla   conferente
disposizione della direttiva; 
    che i Tribunali  di  Roma  e  di  Lamezia  Terme  hanno,  quindi,
sollevato,  davanti  a  questa  Corte,  questione   di   legittimita'
costituzionale, per violazione dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,
integrato  dalla  pertinente  norma  comunitaria,   della   censurata
disposizione «nella parte in cui consente la copertura delle cattedre
e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente  vacanti  e
disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare una  successione  potenzialmente  illimitata  di
contratti a tempo determinato, e comunque svincolata dall'indicazione
di ragioni  obiettive  e/o  dalla  predeterminazione  di  una  durata
massima o di un certo numero di rinnovi»; 
    che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, tramite l'Avvocatura generale  dello  Stato,  chiedendo
che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata; 
    che,  per  l'Avvocatura  dello   Stato,   non   sarebbe   fondata
l'argomentazione, contenuta nelle ordinanze di rimessione, secondo la
quale l'assunzione di personale  scolastico  con  contratti  a  tempo
determinato  sarebbe  dovuta  soltanto  a  finalita'   di   carattere
economico; 
    che, invece, secondo l'Avvocatura dello Stato, il reclutamento di
tale personale  riposa  su  una  indiscutibile  rilevante  finalita',
quella di garantire il diritto all'istruzione; con la conseguenza che
l'assunzione  di  personale  con  contratto  a  tempo   indeterminato
sull'intero numero di posti del cosiddetto organico  di  diritto  non
sarebbe un'ipotesi praticabile, non potendosi sapere con certezza  se
la popolazione scolastica manterra'  in  futuro  sempre  la  medesima
consistenza; 
    che siffatta ipotesi sarebbe in contrasto  anche  con  l'art.  97
Cost. (il quale afferma, tra l'altro, il principio del buon andamento
e dell'imparzialita' dell'amministrazione), potendo dare luogo ad  un
indiscriminato aumento delle piante organiche, ancor piu' grave in un
momento come quello attuale nel quale sussistono innegabili  e  gravi
necessita' di  risparmio  di  denaro  pubblico;  tanto  piu'  che  la
medesima clausola  5,  gia'  menzionata,  lascia  agli  Stati  membri
un'ampia liberta' di azione e di scelta degli  strumenti  finalizzati
ad evitare gli abusi nell'utilizzo dei contratti a tempo determinato. 
    Considerato  che,  quanto  alla  competenza  di  questa  Corte  a
valutare  la  conformita'  di  una  normativa  nazionale  al  diritto
dell'Unione europea, occorre ricordare che, conformemente ai principi
affermati dalla sentenza della Corte di giustizia 9  marzo  1978,  in
causa C-106/77 (Simmenthal), e  dalla  successiva  giurisprudenza  di
questa  Corte,  segnatamente  con  la  sentenza  n.  170   del   1984
(Granital), qualora si tratti di disposizione del diritto dell'Unione
europea direttamente efficace, spetta  al  giudice  nazionale  comune
valutare  la  compatibilita'  comunitaria  della  normativa   interna
censurata, utilizzando - se del caso - il rinvio  pregiudiziale  alla
Corte di giustizia,  e  nell'ipotesi  di  contrasto  provvedere  egli
stesso all'applicazione della norma comunitaria in luogo della  norma
nazionale; mentre, in caso di contrasto  con  una  norma  comunitaria
priva  di  efficacia  diretta  -  contrasto  accertato  eventualmente
mediante ricorso alla Corte di giustizia - e  nell'impossibilita'  di
risolvere il contrasto in via interpretativa, il giudice comune  deve
sollevare la questione di legittimita' costituzionale, spettando  poi
a questa Corte valutare l'esistenza di un contrasto insanabile in via
interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con
il diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del  2007,
n. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012); 
    che la Corte di giustizia ha ritenuto la  clausola  5,  punto  1,
dell'accordo quadro priva di efficacia diretta  (sentenza  15  aprile
2008, in causa C-268/06, Impact, punti  71,  78  e  79;  sentenza  23
aprile 2009, in causa C-378/380/07, Angelidaki, punto 196), dovendosi
tra l'altro valutare la sussistenza di eventuali «ragioni  obiettive»
ai sensi della direttiva, che  possano  giustificare  lo  scostamento
dell'ordinamento nazionale dai principi da essa stabiliti; 
    che non e' possibile risolvere il quesito in via  interpretativa,
secondo quanto correttamente prospettato dai  giudici  rimettenti,  i
quali  non  potevano  infatti  superare  in  tal  modo   l'ipotizzato
contrasto tra le norme interne e quelle della direttiva; 
    che, infatti, in base alla  clausola  5,  punto  1,  dell'accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a  tempo  determinato,  allegato
alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE (Direttiva
del Consiglio relativa all'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul
lavoro a tempo  determinato),  allo  scopo  di  prevenire  gli  abusi
derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di
lavoro a tempo determinato, gli Stati membri sono tenuti - in assenza
di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi -  ad  introdurre
una o  piu'  misure  attuative,  tranne  che  non  vi  siano  ragioni
obiettive che giustifichino il rinnovo di tali contratti,  ovvero  ad
introdurre norme che indichino la durata massima totale dei contratti
o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi o il  numero  dei
rinnovi dei suddetti contratti o rapporti; 
    che la Corte di giustizia ha rilevato che la direttiva 1999/70/CE
e l'accordo quadro ad essa allegato devono  essere  interpretati  nel
senso che essi si applicano ai contratti e rapporti di lavoro a tempo
determinato conclusi con le amministrazioni  e  gli  altri  enti  del
settore pubblico (sentenze  8  settembre  2011,  in  causa  C-177/10,
Rosado Santana;  7  settembre  2006,  in  causa  C-53/04,  Marrosu  e
Sardino; 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler); 
    che, in conformita' alla giurisprudenza della Corte di giustizia,
la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro deve essere  interpretata
nel senso che essa osta all'utilizzazione di contratti  di  lavoro  a
tempo determinato successivi, giustificata dalla sola circostanza  di
essere prevista  da  una  disposizione  legislativa  o  regolamentare
generale di uno Stato membro; e che, viceversa, l'esigenza temporanea
di personale sostitutivo, prevista da una normativa nazionale,  puo',
in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai  sensi  di
detta clausola (sentenza 26 gennaio 2012, in causa  C-586/10,  Kucuk,
punti 30-31); 
    che,   in   relazione   all'attuazione    di    tale    direttiva
nell'ordinamento italiano, occorre ricordare che: 
    1) il  pubblico  concorso  costituisce  il  metodo  necessario  e
inderogabile anche per l'assunzione di personale scolastico,  docente
e  non  docente,  in  base  all'articolo  97,  terzo   comma,   della
Costituzione, il quale dispone  che  agli  impieghi  nelle  pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso; 
    2) la direttiva ha avuto attuazione con il decreto legislativo  6
settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE
relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo  determinato  concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES); 
    3) l'art. 36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.
165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), dispone che, in ogni caso, «la violazione
di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione  o  l'impiego  di
lavoratori,  da  parte  delle  pubbliche  amministrazioni,  non  puo'
comportare  la  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato  con  le  medesime  pubbliche  amministrazioni,   ferma
restando ogni responsabilita' e sanzione. Il  lavoratore  interessato
ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla  prestazione  di
lavoro in violazione di disposizioni imperative»; 
    4) tale norma e' stata ritenuta da questa Corte rispettosa  degli
artt. 3 e 97 Cost. (sentenza n. 89 del 2003); e la Corte di giustizia
ha affermato che la medesima non e' in contrasto con  la  clausola  5
dell'accordo-quadro sul lavoro  a  tempo  determinato,  quando  siano
previste,  «nel  settore  interessato,  altre  misure  effettive  per
evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a  contratti
a tempo determinato stipulati in successione» (ordinanza  1°  ottobre
2010, in causa C-3/10, Affatato, punto 51); 
    5) per il personale della scuola, l'art.  10,  comma  4-bis,  del
d.lgs. n. 368  del  2001,  di  attuazione  della  direttiva  che  qui
interessa, esclude che le disposizioni del decreto, che prevedono per
il pubblico impiego il risarcimento del  danno  in  caso  di  abusiva
reiterazione dei contratti a termine, si applichino in  relazione  ai
contratti a tempo determinato stipulati  per  il  conferimento  delle
supplenze del personale scolastico  docente  e  ATA  (amministrativo,
tecnico ed ausiliario), dato che la necessita' di procedere,  per  le
supplenze  nell'ambito  del  settore  scolastico,  alla  stipula   di
contratti a tempo determinato, anche ripetuti nel tempo, risponde  ad
esigenze peculiari ed insopprimibili di quel settore; 
    6) a questo scopo, l'art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001
dispone che, per il reclutamento del  personale  della  scuola,  sono
fatte salve le procedure di cui  al  decreto  legislativo  16  aprile
1994,  n.  297  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine  e  grado),  le  quali  disciplinano  la  formazione  del
rapporto con il personale scolastico; 
    7) in particolare, gli artt. 399 e 551 del d.lgs. n. 297 del 1994
stabiliscono  che  l'accesso  ai  ruoli  del  personale  docente   ed
amministrativo avviene per il 50 per cento dei posti tramite concorso
e per il 50 per cento tramite le graduatorie permanenti, nelle  quali
e' inserito il personale assunto  a  tempo  determinato  e  abilitato
all'insegnamento; 
    8) l'art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999 -  oggetto
della questione di legittimita' costituzionale rimessa a questa Corte
- disciplina il conferimento delle supplenze  per  la  copertura  dei
posti vacanti dei docenti e del personale  ATA;  in  particolare,  il
comma 1 dispone che alla copertura «delle cattedre  e  dei  posti  di
insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro
la data del 31 dicembre e  che  rimangano  prevedibilmente  tali  per
l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il
personale docente di ruolo delle dotazioni  organiche  provinciali  o
mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e  sempreche'
ai posti medesimi non sia stato gia'  assegnato  a  qualsiasi  titolo
personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze
annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali  per
l'assunzione di personale docente di ruolo»; 
    9) l'art. 1 del decreto del Ministero della  pubblica  istruzione
13 giugno 2007, n. 131, stabilisce che gli incarichi  dei  docenti  e
del personale amministrativo della scuola sono di tre tipi: 
    - supplenze annuali, su posti vacanti e  disponibili,  in  quanto
privi di titolare; 
    -  supplenze  temporanee  fino   al   termine   delle   attivita'
didattiche, su posti non vacanti, ma ugualmente disponibili; 
    - supplenze temporanee per ogni altra necessita', ossia supplenze
brevi; 
    che l'attribuzione dei tre tipi previsti  di  supplenza  e'  resa
necessaria, nell'ordinamento nazionale, dagli artt.  33  e  34  della
Costituzione, che affermano il diritto fondamentale allo  studio,  il
quale impone allo Stato l'organizzazione  del  servizio  in  modo  da
poterlo  adattare  anche  ai  costanti  cambiamenti  numerici   della
popolazione scolastica, per cui l'art. 4 della legge n. 124 del  1999
- sottoposto all'esame di questa Corte - risponde a tale necessita'; 
    che non si potrebbe stabilire che all'attribuzione  di  tutte  le
supplenze annuali (su posti vacanti e disponibili) si provveda con  i
contratti a tempo indeterminato, perche' in questo modo  la  Pubblica
Amministrazione si esporrebbe alla concreta possibilita' di avere  un
numero di docenti superiori al necessario, ipotesi, quest'ultima,  da
evitare in linea generale e, in particolare, nel periodo attuale  nel
quale  sussistono  gravi  necessita'  di  contenimento  della   spesa
pubblica, anche  in  base  ad  impegni  derivanti  da  vincoli  posti
dall'Unione europea; 
    che, infatti, in caso di successiva diminuzione della popolazione
scolastica, la copertura di tutte le cattedre effettivamente  vacanti
potrebbe determinare esuberi del personale docente; 
    che si tratta di un servizio attivabile a domanda, in  quanto  il
diritto allo studio, previsto dalla Costituzione, crea la  condizione
per cui lo Stato non puo' rifiutarsi di erogare il  servizio  stesso,
con  la   conseguenza   che   la   domanda   di   istruzione   attiva
automaticamente l'erogazione del servizio; 
    che  il  sistema  scolastico  italiano   presenta   esigenze   di
flessibilita' fisiologicamente ineliminabili, riconducibili a diversi
fattori, alcuni indipendenti dalle scelte di governo,  tra  i  quali:
mutamenti continui della popolazione scolastica;  attribuzione  delle
cattedre, in larga percentuale, ad insegnanti  donne,  specie  per  i
cicli di formazione primaria, che esigono forme di tutela  quanto  ai
congedi di maternita'; fenomeni di immigrazione (allo stato  attuale,
circa quattro milioni di immigrati, che vanno  doverosamente  inclusi
nel sistema  scolastico);  flussi  migratori  interni  da  regione  a
regione; scelta di indirizzi  scolastici  da  parte  delle  famiglie;
trasferimenti  di  personale  docente  di  ruolo;  presenza  di  sedi
disagiate e assegnazioni provvisorie, soprattutto nelle isole e  zone
di  montagna;  a  questi   si   aggiungono   ulteriori   fattori   di
flessibilita'  riconducibili  a  scelte  di  governo,  tra  i  quali:
frequenti   accorpamenti   di   istituti;   diverse   modalita'    di
programmazione delle classi; unificazione di indirizzi scolastici; 
    che, pertanto, deve riconoscersi come  nell'ordinamento  italiano
sia indispensabile utilizzare un numero significativo di docenti e di
personale amministrativo scolastico assunti  con  contratti  a  tempo
determinato, proprio per garantire la costante presenza degli  stessi
in numero sufficiente a coprire le  necessita'  di  tutte  le  scuole
statali; 
    che il sistema delle graduatorie permanenti del personale a tempo
determinato, affiancato a quello del pubblico concorso, e'  in  grado
di garantire sia che l'assunzione del personale  scolastico  a  tempo
determinato avvenga con criteri oggettivi -  cioe'  senza  abusi  ne'
disparita' - sia  di  consentire  a  detto  personale  di  avere  una
ragionevole probabilita', nel tempo,  di  diventare  titolare  di  un
posto di ruolo, con un contratto a tempo indeterminato; 
    che, inoltre, la normativa nazionale e'  strutturata,  almeno  in
linea di principio, in  modo  tale  che  l'assunzione  del  personale
scolastico con contratti a tempo determinato - pur non prevedendo  la
durata massima di tali contratti, ne' il  numero  dei  rinnovi  degli
stessi - possa rispondere alle ragioni obiettive di cui alla clausola
5, punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE; 
    che  in  questo  senso  si  e'  anche  pronunciata  la  Corte  di
cassazione italiana, con la sentenza 20 giugno 2012, n. 10127; 
    che, nel periodo intercorrente tra il 1999 e  il  2011,  vi  sono
state assunzioni  con  contratti  a  tempo  indeterminato  in  misura
limitata, con l'eccezione del 2011,  nel  corso  del  quale  si  sono
verificate  circa  66.000  nuove  immissioni  in  ruolo,  a   seguito
dell'elevato numero di pensionamenti del personale; 
    che il ricorso a  contratti  a  tempo  determinato  e'  in  netta
diminuzione, essendo questi ultimi passati, in numero complessivo tra
personale docente e non docente, da 233.886 nel 2007  a  125.934  nel
2012; 
    che, peraltro, le procedure  concorsuali  hanno  avuto  un  lungo
periodo di interruzione, successivamente al concorso bandito nel 1999
- in corrispondenza con l'approvazione della legge n. 124 del 1999  -
e che sono state riavviate con il concorso bandito  nel  2012,  sulla
base del decreto del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca 3 agosto 2011, e attualmente in corso  di  svolgimento,
per l'assunzione con contratto a tempo indeterminato di 11.542 unita'
di  personale  docente,  cui  si  aggiungono  altrettante  unita'  di
personale assunte dalle graduatorie permanenti dei  docenti  a  tempo
determinato; ed e' programmata l'assunzione di circa 5.300 unita'  di
personale non docente; 
    che l'art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999 - oggetto  del
giudizio davanti a questa Corte - nella  sua  parte  principale,  non
appare censurabile, in quanto regola  la  tipologia  di  supplenze  -
previsione necessaria per assicurare la copertura dei  posti  vacanti
di anno in anno - non disponendo, di conseguenza, questa norma ne' il
rinnovo dei contratti a tempo determinato prolungati nel  tempo,  ne'
l'esclusione del diritto al risarcimento del danno; 
    che, peraltro, detta disposizione  contiene,  nella  proposizione
finale, la previsione per cui il conferimento delle supplenze annuali
su posti effettivamente vacanti e disponibili entro la  data  del  31
dicembre abbia luogo «in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure
concorsuali per l'assunzione di personale docente non di ruolo»; 
    che  la  previsione  sopra  richiamata,   contenuta   nell'ultima
proposizione del comma 1 dell'art. 4 della legge  n.  124  del  1999,
potrebbe configurare la possibilita' di un rinnovo  dei  contratti  a
tempo determinato senza che a detta  possibilita'  si  accompagni  la
previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi; 
    che questa condizione - unitamente  al  fatto  che  non  vi  sono
disposizioni che riconoscano,  per  i  lavoratori  della  scuola,  il
diritto  al  risarcimento  del  danno  in  favore  di  chi  e'  stato
assoggettato ad un'indebita ripetizione  di  contratti  di  lavoro  a
tempo determinato  -  potrebbe  porsi  in  conflitto  con  la  citata
clausola 5, punto 1, della direttiva n. 1999/70/CE; 
    che, di conseguenza,  pur  avendo  la  Corte  di  giustizia  gia'
pronunciato varie sentenze sull'argomento, appare necessario chiedere
alla medesima Corte  in  via  pregiudiziale  l'interpretazione  della
clausola 5, punto 1, della direttiva n. 1999/70/CE, in rapporto  alla
questione sottoposta a questa Corte per il giudizio  di  legittimita'
costituzionale,  poiche'  sussiste  un  dubbio  circa   la   puntuale
interpretazione di tale disposizione  comunitaria  e  la  conseguente
compatibilita' della normativa nazionale sin qui illustrata; 
    che - come si e' gia' rilevato nell'ordinanza n. 103 del  2008  -
quando davanti a questa  Corte  pende  un  giudizio  di  legittimita'
costituzionale per incompatibilita' con le norme comunitarie,  queste
ultime, se prive di effetto diretto, rendono concretamente  operativi
i parametri di cui agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.; 
    che la questione pregiudiziale posta alla Corte di  giustizia  e'
rilevante  nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,   poiche'
l'interpretazione  richiesta  a  detta  Corte  appare  necessaria   a
definire l'esatto significato della normativa comunitaria al fine del
successivo giudizio di legittimita' che questa Corte dovra'  compiere
rispetto  al  parametro  costituzionale  integrato   dalla   suddetta
normativa comunitaria; 
    che questa Corte - nella citata ordinanza n. 103 del  2008  -  ha
sollevato  una  questione  pregiudiziale  di  interpretazione  in  un
giudizio in via principale; 
    che  deve  ritenersi  che  questa  Corte  abbia  la   natura   di
«giurisdizione nazionale» ai sensi dell'art. 267,  terzo  comma,  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea anche nei  giudizi  in
via incidentale. 
    Visti l'art.  267  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE) e l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 204. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dispone di sottoporre  alla  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea, in via pregiudiziale ai sensi e per  gli  effetti  dell'art.
267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea,  le  seguenti
questioni di interpretazione della clausola 5, punto 1,  dell'accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a  tempo  determinato,  allegato
alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE: 
    - se la clausola 5, punto 1, dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e
CEEP sul lavoro a tempo  determinato,  allegato  alla  direttiva  del
Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba essere interpretata nel
senso  che  osta  all'applicazione  dell'art.  4,  commi  1,   ultima
proposizione, e 11, della legge 3 maggio 1999, n.  124  (Disposizioni
urgenti in materia di personale scolastico)  -  i  quali,  dopo  aver
disciplinato il conferimento  di  supplenze  annuali  su  posti  «che
risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del  31
dicembre», dispongono che si provvede  mediante  il  conferimento  di
supplenze  annuali,  «in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure
concorsuali  per  l'assunzione  di  personale  docente  di  ruolo»  -
disposizione la quale consente che si faccia ricorso  a  contratti  a
tempo determinato senza indicare tempi certi per  l'espletamento  dei
concorsi  e  in  una  condizione  che  non  prevede  il  diritto   al
risarcimento del danno; 
    - se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola  5,
punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE,  le  esigenze
di  organizzazione  del  sistema  scolastico  italiano   come   sopra
delineato, tali da rendere compatibile  con  il  diritto  dell'Unione
europea una normativa come quella italiana che per  l'assunzione  del
personale scolastico a tempo determinato non prevede  il  diritto  al
risarcimento del danno; 
    2) sospende il presente  giudizio  sino  alla  definizione  delle
suddetta questione pregiudiziale; 
    3)  ordina  l'immediata  trasmissione  di  copia  della  presente
ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria  della
Corte di giustizia dell'Unione europea. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                    Sergio MATTARELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI