N. 215 SENTENZA 3 - 18 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Istruzione - Minoranze  linguistiche  -  Dimensionamento  della  rete
  scolastica - Assegnazione del dirigente scolastico titolare  e  del
  direttore  dei  servizi  amministrativi  titolare  alle   autonomie
  scolastiche  costituite  da  almeno  600  alunni  -  Riduzione  del
  parametro  a  400  alunni  in   presenza   di   "aree   geografiche
  caratterizzate da specificita'  linguistiche"  -  Disposizione  che
  attribuisce alla predetta locuzione il significato di  aree  "nelle
  quali  siano  presenti  minoranze  di  lingua  madre  straniera"  -
  Impossibilita' di ricorrere a tale criterio rispetto ad aree  nelle
  quali la specificita' linguistica non e' straniera - Ricorso  della
  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   -    Asserita    ingiustificata
  discriminazione  della  lingua  e  della   comunita'   friulana   -
  Insussistenza - Applicabilita' della clausola  di  salvaguardia  di
  cui all'art 24-bis  dello  stesso  decreto-legge  censurato  -  Non
  fondatezza della questione. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito nella legge 7 agosto
  2012, n. 135), art. 14, comma 16. 
- Costituzione, artt. 3 e 6;  statuto  della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia, art. 3. 
(GU n.30 del 24-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma
16, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per
la revisione della spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135, promosso dalla Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia con ricorso notificato  il  15  ottobre  2012,  depositato  in
cancelleria il 19 ottobre 2012 ed iscritto al  n.  159  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  18  giugno  2013  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia e l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per
il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 15 ottobre  2012  e  depositato  il
successivo 19 ottobre, la Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  ha
(tra le altre) proposto in via principale - per violazione  dell'art.
3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia)  e  degli  artt.  3  e  6  della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 16, del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95  (Disposizioni
urgenti per la revisione della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei
servizi ai cittadini nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale
delle imprese del settore bancario), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. 
    La ricorrente premette, in termini generali,  che  l'impugnazione
(comprendente  anche  la  disposizione   in   esame)   ha   carattere
subordinato all'ipotesi in cui si  dovesse  intendere  che  le  norme
censurate  siano  destinate  ad  applicarsi  anche   nel   territorio
regionale, o che comunque pongano attualmente  limiti  o  vincoli  ad
essa, nonostante la clausola di salvaguardia di cui  all'art.  24-bis
dello stesso decreto-legge. Ed esclude che - non contenendo le  norme
impugnate alcuna specifica menzione circa la loro applicabilita' alle
autonomie speciali - esse pongano alcun vincolo ai modi con  i  quali
in futuro le «procedure previste dai rispettivi  statuti  speciali  e
dalle relative norme di attuazione» ne disciplineranno  eventualmente
l'applicazione. 
    Nel merito, la Regione osserva che la disposizione censurata - la
quale  stabilisce  che  «ai  fini  dell'applicazione  dei   parametri
previsti dall'art. 19, comma 5, del decreto legge 6  luglio  2011  n.
98, convertito, con modificazioni, dalla legge  15  luglio  2011,  n.
111, e dall'art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011,  n.  183,
per aree geografiche caratterizzate da  specificita'  linguistica  si
intendono quelle nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre
straniera» - ha un contenuto limitativo delle precedenti disposizioni
che, in tema di dimensionamento della  rete  scolastica,  prevedevano
l'assegnazione del dirigente scolastico titolare e del direttore  dei
servizi amministrativi titolare alle autonomie scolastiche costituite
da almeno 600 alunni oppure da almeno 400 alunni in presenza di  aree
geografiche caratterizzate da «specificita' linguistica».  Requisito,
questo, che prima dell'intervento normativo de quo era riferito  alle
minoranze  linguistiche  storiche  (friulana,  tedesca   e   slovena)
riconosciute nel territorio della Regione Friuli-Venezia  Giulia,  ai
sensi dell'art. 2 della legge n. 482 del 1999. 
    Poiche' il parametro dei «400  alunni»  riguardava,  appunto,  le
aree di  insediamento  delle  tre  comunita'  linguistiche,  compresa
quella friulana, a seguito della nuova disposizione e' venuta meno la
possibilita' di applicare tale parametro alle  aree  nelle  quali  la
specificita' linguistica non e' straniera. La qual cosa,  secondo  la
ricorrente, si traduce in una discriminazione della  lingua  e  della
comunita' friulana (in cui non sono  presenti  «minoranze  di  lingua
madre  straniera»),  rispetto  alla  lingua  e  comunita'  tedesca  e
slovena; tale discriminazione contraddice gli artt. 6 e  3  Cost.,  e
l'art. 3 dello statuto speciale (in base al quale «nella  Regione  e'
riconosciuta parita' di diritti e di trattamento a tutti i cittadini,
qualunque sia il gruppo linguistico al  quale  appartengono,  con  la
salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e  culturali»);
cio' in quanto la norma, non solo irragionevolmente non garantisce le
caratteristiche etniche e culturali del gruppo linguistico  friulano,
ma direttamente nega la  parita'  tra  gli  appartenenti  ai  diversi
gruppi,  poiche'  il  requisito  delle  «minoranze  di  lingua  madre
straniera introduce nella tutela della  specificita'  linguistica  un
collegamento con i rapporti tra ordinamenti statali, che e' del tutto
estraneo alla logica e alle  ragioni  della  tutela  delle  minoranze
linguistiche». 
    2.- Si e' costituito il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che
conclude per l'inammissibilita' della questione. 
    Premesso, in termini generali, che con il decreto-legge in  esame
sono stati previsti  interventi  volti  a  consolidare  il  patto  di
stabilita' esterno ed interno, nell'ambito della  competenza  statale
in materia di coordinamento della  finanza  pubblica,  il  resistente
deduce che (come precisato nella sentenza n. 147 del 2012) l'art. 19,
comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, persegue la  finalita'  di
ridurre il numero dei dirigenti scolastici, al fine di  garantire  il
contenimento della spesa pubblica, attraverso nuovi  criteri  per  la
loro assegnazione  nella  copertura  dei  posti  di  dirigente.  Tale
materia e' di competenza esclusiva dello  Stato  ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera g), Cost. («ordinamento e  organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali»), poiche'
i  dirigenti  scolastici  sono  dipendenti  pubblici  statali  e  non
regionali, come risulta  sia  dal  loro  reclutamento  che  dal  loro
complessivo status giuridico; e quindi la  scelta  dei  parametri  da
adottare per garantire le suddette finalita', tra cui la connotazione
da  attribuire  alla  dizione  «aree  geografiche  caratterizzate  da
specificita' linguistiche», e' rimessa  alla  discrezionalita'  dello
Stato. 
    Inoltre, il resistente deduce  l'inammissibilita'  delle  censure
riferite agli artt. 3 e 6 Cost., potendo le  Regioni  far  valere  il
contrasto con norme costituzionali diverse da quelle  attributive  di
competenza solo ove esso si  risolva  in  una  lesione  di  sfere  di
competenza regionali, mentre, nella specie, le censure sono  proposte
in relazione a parametri a cio' non attinenti, senza che sia  desunta
la compressione di sfere di attribuzione regionale. 
    3.- Nella memoria di udienza, la Regione - confermando in termini
generali  che  lo  Stato  deve  affrontare  l'emergenza   finanziaria
predisponendo   rimedi   che   siano   consentiti    dall'ordinamento
costituzionale, poiche' la Costituzione  esclude  che  uno  stato  di
necessita' possa legittimare l'esercizio delle  funzioni  legislative
al di fuori del riparto di competenze regolato dall'art. 117 Cost., e
sottolineando che la difesa erariale non  ha  preso  posizione  sulla
premessa riguardante la inapplicabilita'  ad  essa  ricorrente  delle
disposizioni censurate in virtu' della clausola  di  salvaguardia  di
cui all'art. 24-bis - osserva che (quanto all'art. 14, comma  16,  in
esame) gli evocati artt. 3 e 6 Cost. si saldano con  l'art.  3  dello
statuto speciale e concorrono a chiarirne il contenuto. 
    Nel merito, la Regione rileva di non avere messo  in  discussione
che spetti allo Stato determinare l'organico dei dirigenti scolastici
e definire  i  criteri  di  riduzione  del  personale,  ma  di  avere
contestato lo specifico criterio scelto,  in  quanto  discriminatorio
del gruppo linguistico friulano. 
    4.- A sua volta, nella memoria di udienza, la difesa dello  Stato
resistente ribadisce le argomentazioni difensive  gia'  svolte  e  le
rassegnate conclusioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso  in
epigrafe, impugna varie disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto  2012,  n.  135,  tra  cui  anche
l'art. 14, comma 16, censurato per violazione dell'art. 3 della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia) e degli artt. 3 e 6 della Costituzione. 
    2.- La trattazione della questione di legittimita' costituzionale
relativa a tale disposizione viene qui separata da quella delle altre
questioni,  promosse  con  il  medesimo  ricorso,  per  le  quali  e'
opportuno procedere ad un esame distinto. 
    3.- Preliminarmente,  va  rilevato  che  la  Regione  deduce,  in
termini generali, che le diverse impugnazioni proposte con il ricorso
(e quindi anche quella oggetto del presente  scrutinio)  hanno  tutte
carattere subordinato all'ipotesi in cui si dovesse intendere che  le
norme interessate siano destinate ad applicarsi anche nel  territorio
regionale, o che comunque pongano attualmente  limiti  o  vincoli  ad
essa, nonostante la  clausola  di  salvaguardia  contenuta  nell'art.
24-bis del medesimo  decreto-legge  (la  quale  dispone  che,  «Fermo
restando  il  contributo  di  Trento  e  di  Bolzano  all'azione   di
risanamento cosi' come determinata dagli articoli 15 e 16,  comma  3,
le disposizioni del  presente  decreto  si  applicano  alle  predette
regioni  e  province  autonome  secondo  le  procedure  previste  dai
rispettivi statuti speciali e dalle  relative  norme  di  attuazione,
anche con riferimento agli enti locali delle autonomie  speciali  che
esercitano le funzioni in materia di finanza  locale,  agli  enti  ed
organismi strumentali dei predetti enti  territoriali  e  agli  altri
enti o organismi ad ordinamento regionale o provinciale»). 
    L'attuazione, nelle Regioni a statuto speciale e  nelle  Province
autonome,  delle  disposizioni  del  presente   decreto-legge,   come
regolamentata dall'art. 24-bis, deve essere  intesa  non  gia'  nella
ristretta accezione di una  necessaria  procedimentalizzazione  della
predisposizione di fonti normative secondarie dirette a  disciplinare
in dettaglio i principi o le norme espressi nel decreto medesimo,  ma
in quella, piu' ampia e generica, di applicabilita' ai predetti  enti
di autonomia speciale delle norme del decreto. Sicche' la  previsione
della conformazione secondo  le  procedure  previste  dai  rispettivi
statuti speciali e dalle  relative  norme  di  attuazione  assume  la
funzione di  limite  generale  per  l'applicazione  delle  norme  del
decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Lungi dunque  dal  porre  una  mera  formula  di  stile  -  ed  a
prescindere dalla espressa previsione della sua non operativita'  nei
particolari casi in cui singole  norme  del  decreto-legge  prevedano
espressamente, derogando alla clausola in esame, la  propria  diretta
ed immediata applicabilita' - la suddetta clausola di salvaguardia ha
la precisa  funzione  di  rendere  applicabili  le  disposizioni  del
decreto agli enti ad autonomia differenziata solo a  condizione  che,
in  ultima  analisi,  cio'  avvenga  nel  "rispetto"  degli   statuti
speciali. E, pertanto,  quando  il  contrasto  non  sussista  o,  pur
sussistendo,  operi  la  clausola  di  salvaguardia   che   determina
l'inapplicabilita' della norma  denunciata  alle  Regioni  a  statuto
speciale, la questione deve essere comunque dichiarata non fondata. E
cio' perche', nel caso in cui il contrasto non  sussista,  non  c'e',
ovviamente, alcuna violazione della normativa statutaria, mentre, nel
caso in cui  il  contrasto  sussista,  la  clausola  di  salvaguardia
impedisce l'applicabilita' alle ricorrenti della normativa  censurata
(sentenza di questa Corte n. 241 del 2012). 
    4.- D'altronde, va rilevato che la sollevata questione si colloca
in un contesto in cui il riparto delle competenze fra Stato e Regioni
si attua attraverso la  coesistenza  di  normative  di  principio  in
materia di minoranze linguistiche, che, nella  specie,  sono  dettate
dalla norma di tutela di cui all'art. 3 dello statuto  di  autonomia,
nonche' dall'art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n.  482  (Norme  in
materia di tutela delle  minoranze  linguistiche  storiche),  secondo
cui, «In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e  in  armonia
con  i  principi  generali  stabiliti  dagli  organismi   europei   e
internazionali, la Repubblica tutela la lingua  e  la  cultura  delle
popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e  croate
e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il  friulano,
il ladino, l'occitano e il sardo». 
    La  norma  impugnata  attribuisce  alla  definizione   di   «aree
geografiche caratterizzate  da  specificita'  linguistiche»  (di  cui
all'art. 19, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011)  una  portata
indiscutibilmente limitativa rispetto a quella  originaria  contenuta
nella norma modificata. Infatti, nel conferire a tale  previsione  il
significato di aree «nelle quali siano presenti minoranze  di  lingua
madre straniera», il  legislatore  statale  determina  una  rilevante
contrazione dell'ambito  applicativo  della  precedente  disposizione
(esteso, prima del censurato intervento normativo, alle tre minoranze
linguistiche  storiche  friulana,  tedesca  e  slovena  presenti  nel
territorio  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia),   che   comporta
l'impossibilita' di ricorrere a tale criterio rispetto ad aree  nelle
quali la specificita' linguistica non  e'  straniera;  la  qual  cosa
determina una non giustificata discriminazione della lingua  e  della
comunita'  friulana  e,  quindi,  un  contrasto  con   il   parametro
statutario richiamato. 
    5.- Operando,  pertanto,  la  clausola  di  salvaguardia  di  cui
all'art. 24-bis del decreto-legge n. 95 del 2012,  va  dichiarata  la
non fondatezza della questione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale del decreto-legge  6  luglio
2012, n. 95  (Disposizioni  urgenti  per  la  revisione  della  spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche'  misure  di
rafforzamento  patrimoniale  delle  imprese  del  settore  bancario),
convertito, con modificazioni, dalla legge 7  agosto  2012,  n.  135,
promosse dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso
indicato in epigrafe; 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 16, del medesimo decreto-legge n.  95  del  2012,
promossa  dalla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  con   il
menzionato ricorso. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI