N. 225 SENTENZA 16 - 19 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego  pubblico  -  Determinazione  del  valore  dei  buoni   pasto
  attribuiti al personale nella misura di 7 euro - Previsione  che  i
  risparmi  derivanti  costituiscono  economie  di  bilancio  per  le
  amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle
  amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di  bilancio,  e
  che tali somme non possono essere  utilizzate  per  incrementare  i
  fondi per la contrattazione integrativa  -  Ricorso  della  Regione
  Sardegna - Censure  riferite  a  parametri  che  non  attengono  al
  riparto di competenze e che non  ridondano  in  una  lesione  della
  sfera di attribuzioni regionali - Manifesta inammissibilita'  della
  questione. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito nella legge 7 agosto
  2012, n. 135), art. 5, comma 7. 
- Costituzione, artt. 3, 39, 41 e 97. 
Impiego  pubblico  -  Determinazione  del  valore  dei  buoni   pasto
  attribuiti al personale nella misura di 7 euro - Previsione  che  i
  risparmi  derivanti  costituiscono  economie  di  bilancio  per  le
  amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle
  amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di  bilancio,  e
  che tali somme non possono essere  utilizzate  per  incrementare  i
  fondi per la contrattazione integrativa  -  Ricorso  della  Regione
  Sardegna -  Asserita  violazione  delle  attribuzioni  regionali  -
  Insussistenza   -   Componente    del    trattamento    retributivo
  riconducibile alla  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
  ordinamento civile - Non fondatezza delle questioni. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito nella legge 7 agosto
  2012, n. 135), art. 5, comma 7. 
- Costituzione, artt. 117 e  119;  statuto  della  Regione  Sardegna,
  artt. 3, primo comma, lettera a), e 7. 
(GU n.30 del 24-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art 5, comma  7,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135, promosso dalla  Regione  autonoma  Sardegna  con
ricorso notificato il 12 ottobre 2012, depositato in  cancelleria  il
19 ottobre 2012 ed iscritto al n. 160 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  18  giugno  2013  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna
e l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso  notificato  il  12  ottobre  2012,  la  Regione
autonoma Sardegna ha promosso, con riferimento agli articoli 3, primo
comma, lettera a), e 7 della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n.
3 (Statuto speciale per la Sardegna), agli artt. 3, 39, 41, 97, 117 e
119 della Costituzione,  nonche'  al  «principio  dell'affidamento  e
della sicurezza giuridica», questioni di legittimita' costituzionale,
tra l'altro, dell'art. 5, comma 7, del decreto-legge 6  luglio  2012,
n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. 
    2. - Riferisce la Regione ricorrente che, in base  alla  predetta
disposizione, «a decorrere dal 1° ottobre 2012 il  valore  dei  buoni
pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
della  pubblica  amministrazione,  come   individuate   dall'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo  1,  comma  2,
della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,  nonche'   le   autorita'
indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le  societa'  e
la borsa (Consob) non puo' superare il valore nominale di 7,00 euro»;
e «Eventuali disposizioni normative e  contrattuali  piu'  favorevoli
cessano di avere applicazione a decorrere  dal  1°  ottobre  2012.  I
contratti stipulati dalle amministrazioni di cui al primo periodo per
l'approvvigionamento dei buoni pasto  attribuiti  al  personale  sono
adeguati alla presente disposizione, anche eventualmente prorogandone
la  durata  e  fermo  restando  l'importo  contrattuale   complessivo
previsto. A decorrere dalla  medesima  data  e'  fatto  obbligo  alle
universita' statali di riconoscere il buono pasto  esclusivamente  al
personale contrattualizzato. I risparmi  derivanti  dall'applicazione
del presente articolo  costituiscono  economie  di  bilancio  per  le
amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti  diversi  dalle
amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio.  Tali
somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi  per  la
contrattazione integrativa». 
    2.1. - Secondo la ricorrente, l'articolo in esame,  nella  misura
in cui si applica anche al  personale  della  Regione  e  degli  enti
pubblici tutti che operano nel territorio sardo, viola la  competenza
legislativa regionale in materia di «stato giuridico ed economico del
personale», conferita alla Regione a statuto  speciale  dall'art.  3,
primo comma, lettera a) dello statuto, poiche' l'utilizzo del sistema
dei buoni pasto  come  forma  di  rimborso  spese  per  i  dipendenti
atterrebbe al complessivo trattamento retributivo del personale. 
    A nulla varrebbe obiettare, prosegue la Regione Sardegna, che  la
disposizione censurata va annoverata tra le «norme fondamentali delle
riforme economico-sociali della Repubblica»  ai  sensi  dell'art.  3,
alinea, dello Statuto, in quanto si  tratterebbe,  comunque,  di  una
norma di dettaglio. A questo proposito, sarebbe violato anche  l'art.
117, terzo comma, Cost., perche' la disposizione in esame invaderebbe
la sfera di competenza regionale nella materia  «coordinamento  della
finanza pubblica». 
    D'altronde, prosegue la ricorrente,  le  garanzie  dell'autonomia
della  Regione  Sardegna  sarebbero  ancor  piu'  robuste  di  quelle
statutarie, dato che, come la  stessa  Corte  costituzionale  avrebbe
affermato, proprio in riferimento alla  Regione  Sardegna,  ai  sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, la particolare
«forma di autonomia» emergente dal nuovo art. 117  Cost.,  in  favore
delle Regioni ordinarie si  applica  anche  alle  Regioni  a  statuto
speciale, come la Sardegna, ed  alle  Province  autonome,  in  quanto
«piu' ampia» rispetto a quelle previste dai  rispettivi  statuti.  Da
cio' conseguirebbe che la Regione  Sardegna,  che  gia'  prima  della
revisione del Titolo V della parte  seconda  della  Costituzione  era
titolare di competenza esclusiva nella materia dello stato  giuridico
ed economico del personale, ora la  esercita  senza  essere  soggetta
nemmeno  al   limite   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica, perche' quella materia e', per le
Regioni ordinarie, residuale. 
    2.2. - Per questa ragione, dunque, sarebbe violato  anche  l'art.
117, quarto comma, Cost., in quanto la materia  «stato  giuridico  ed
economico  del  personale  della  Regione  e  degli  enti  regionali»
dovrebbe essere ricondotta alla competenza residuale della stessa. 
    In ogni caso, quand'anche si volesse far ricadere la disposizione
censurata nella materia «coordinamento della finanza pubblica», essa,
secondo la Regione ricorrente,  sarebbe  ugualmente  illegittima,  in
quanto la disciplina dei buoni pasto cosi' adottata  dal  legislatore
statale non si limiterebbe a determinare un contenimento  complessivo
della spesa corrente, ma  entrerebbe  addirittura  nel  merito  della
singola voce di spesa dell'ente autonomo con  previsioni  di  estremo
dettaglio, cosi' certamente esorbitando dai  «principi  fondamentali»
che delimitano la competenza  statale  nelle  materie  di  competenza
concorrente. 
    2.3. - Ne risulterebbe violato, per cio'  solo,  anche  l'art.  7
dello statuto, il quale riconoscerebbe alla Regione  una  particolare
autonomia  finanziaria  che  la  disposizione  censurata   lederebbe,
interferendo con l'allocazione delle  risorse  economiche  dell'Ente.
Per le medesime ragioni sarebbe violato l'art. 119  Cost.,  anch'esso
volto a tutelare l'autonomia finanziaria delle Regioni. 
    Ne' potrebbe  obiettarsi  che  la  disciplina  censurata  sarebbe
giustificata  da  superiori  esigenze  di   equilibrio   finanziario,
connesse all'attuale  congiuntura  economica.  Osserva,  infatti,  la
Regione  che  il  legislatore  (sia  statale  che   regionale)   puo'
intervenire   per   far   fronte   a   situazioni   di    difficolta'
economico-finanziaria solo nel rispetto dei precetti  costituzionali,
che  non  potrebbero  essere  cancellati  in  ragione  di  condizioni
congiunturali negative. 
    2.4. - Inoltre,  l'intero  comma  impugnato,  e  specialmente  il
periodo  che  prevede  che  «Eventuali   disposizioni   normative   e
contrattuali  piu'  favorevoli  cessano  di  avere   applicazione   a
decorrere dal 1° ottobre 2012»,  violerebbe  anche  il  principio  di
ragionevolezza di cui  all'art.  3  Cost.  e  il  principio  di  buon
andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., in
relazione agli artt. 117 e 119 Cost. e 3 e 7 dello statuto. 
    La Regione ricorrente,  per  quanto  specificamente  concerne  il
personale  alle  sue  dipendenze,  avrebbe  regolato,  attraverso  il
contratto  collettivo  regionale  di   lavoro   del   personale,   la
corresponsione  del  buono  pasto  in  ragione  delle  modalita'   di
organizzazione degli uffici, dell'articolazione dell'orario di lavoro
e delle ipotesi di presenza pomeridiana dei dipendenti (i quali  sono
obbligati a due rientri post meridiem  a  settimana),  limitando  nel
numero massimo a cento unita' il monte annuo di buoni pasto  erogati,
tenendo conto del quale e' stato stabilito  il  valore  nominale  dei
buoni, al fine di tenere sotto controllo la spesa pubblica. 
    La disciplina regionale, dunque, sarebbe calibrata sulle esigenze
degli uffici e della corretta gestione dell'attivita' amministrativa,
che  sono  state  apprezzate  in  concreto.  L'astratta  e   generale
determinazione della norma  impugnata  comporterebbe  l'irragionevole
sacrificio di tali esigenze. 
    2.5.   -   Infine,   sarebbero   violati   anche   il   principio
dell'autonomia contrattuale della Regione (e dei suoi dipendenti)  di
cui agli artt. 39 e 41 Cost., nonche' il principio di  affidamento  e
di sicurezza giuridica.  Il  primo,  in  quanto  la  norma  censurata
pretende di porre nel nulla una disciplina contrattuale dei  rapporti
fra dipendenti e amministrazione regionale.  Il  secondo,  in  quanto
tale disciplina e' attualmente in essere e  sulla  sua  stabilita'  i
contraenti avrebbero fatto legittimo affidamento. 
    3. - Con atto depositato il 21 novembre 2012, si e' costituito in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo che  la
norma  censurata  non  inciderebbe  sulle  prerogative  regionali  in
materia di  coordinamento  della  finanza  pubblica  ma  rientrerebbe
nell'ambito della disciplina del pubblico impiego, riconducibile alla
materia dell'ordinamento civile  riservata,  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato. 
    Tale disciplina, secondo il Presidente del Consiglio, deve essere
uniforme sul territorio nazionale e  imporsi  anche  alle  Regioni  a
statuto speciale. Ove cosi' non fosse, si avrebbe una  disparita'  di
trattamento  tra  soggetti  appartenenti  al  pubblico  impiego,  con
possibile violazione dell'art. 3 Cost. 
    4. - Con memorie depositate  rispettivamente  in  data  21  e  28
maggio 2012 il Presidente del Consiglio dei  ministri  e  la  Regione
ricorrente hanno insistito  nelle  proprie  conclusioni,  sviluppando
ulteriori argomentazioni a sostegno delle stesse. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione autonoma Sardegna  ha  promosso,  in  riferimento
agli  articoli  3,  primo  comma,  lettera  a),  e  7   della   legge
costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), agli articoli 3, 39, 41, 97, 117 e 119 della Costituzione,
nonche' al «principio dell'affidamento e della sicurezza  giuridica»,
questioni di legittimita' costituzionale, tra l'altro,  dell'art.  5,
comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135. 
    1.1. - In base alla disposizione censurata, «a decorrere  dal  1°
ottobre 2012 il valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche
di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni  pubbliche  inserite
nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione,  come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 2, della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,
nonche'  le  autorita'  indipendenti  ivi  inclusa   la   Commissione
nazionale per le societa' e la borsa (Consob) non  puo'  superare  il
valore nominale di 7,00  euro.  Eventuali  disposizioni  normative  e
contrattuali  piu'  favorevoli  cessano  di  avere   applicazione   a
decorrere  dal  1°  ottobre  2012.  I   contratti   stipulati   dalle
amministrazioni di cui al primo periodo per l'approvvigionamento  dei
buoni pasto attribuiti  al  personale  sono  adeguati  alla  presente
disposizione, anche eventualmente  prorogandone  la  durata  e  fermo
restando l'importo contrattuale  complessivo  previsto.  A  decorrere
dalla medesima data e' fatto  obbligo  alle  universita'  statali  di
riconoscere   il   buono   pasto    esclusivamente    al    personale
contrattualizzato.  I  risparmi   derivanti   dall'applicazione   del
presente  articolo  costituiscono  economie  di   bilancio   per   le
amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti  diversi  dalle
amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio.  Tali
somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi  per  la
contrattazione integrativa». 
    1.2. - La Regione ricorrente impugna la citata disposizione sotto
diversi profili. 
    Un primo gruppo di censure attiene al  riparto  della  competenza
legislativa tra Stato e Regione. Viene in primo luogo evidenziata  la
competenza legislativa regionale esclusiva (statutaria,  ex  art.  3,
primo comma, lettera a), dello statuto, ma anche residuale,  ex  art.
117, quarto comma, Cost.) in materia di «stato giuridico ed economico
del personale». 
    In secondo luogo, e in via  subordinata,  la  Regione  ricorrente
evidenzia  la  lesione   della   competenza   legislativa   regionale
concorrente in materia di coordinamento della finanza  pubblica,  che
sarebbe  stata  violata  dal  legislatore   statale   attraverso   la
previsione di una  norma  di  dettaglio,  non  costituente  principio
fondamentale. 
    Nelle successive  censure,  la  Regione  invoca  la  lesione  del
principio di  autonomia  finanziaria  regionale,  sancito  a  livello
statutario  dall'art.  7  dello  statuto  speciale,  e  in   generale
dall'art. 119 della Costituzione. Tale principio sarebbe  violato  in
quanto lo Stato con  l'impugnata  disposizione  si  sarebbe  ingerito
nell'allocazione delle risorse economiche dell'ente. 
    Viene poi denunciata la violazione, da parte della  Regione,  del
principio del buon andamento della pubblica amministrazione,  di  cui
all'art. 97 Cost., e di ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost.,  con
particolare riguardo alla seconda parte della norma, che intervenendo
sulla disciplina del contratto di lavoro gia' in vigore,  dispone  la
cessazione autoritativa degli effetti delle disposizioni normative  e
contrattuali piu' favorevoli  a  decorrere  dal  1°  ottobre  2012  e
l'adeguamento dei contratti in corso alla nuova tariffa  massima.  In
tal modo, la disposizione censurata  interferirebbe  sugli  equilibri
raggiunti dalla contrattazione collettiva regionale, che avrebbe gia'
tenuto  in  debito  conto  -  peraltro,  con  maggior  aderenza  alle
specificita' della Regione Sardegna - di quegli stessi  obiettivi  di
contenimento  della  spesa  pubblica  considerati   dal   legislatore
statale, calibrandoli in modo diverso, mediante la previsione  di  un
tetto massimo al numero dei buoni pasto concedibili per mese. 
    Infine, vengono  sollevate  due  censure  fondate  sull'autonomia
contrattuale della Regione  e  dei  suoi  dipendenti  (principio  che
sarebbe sancito dagli artt. 39 e 41 della Costituzione), in quanto la
norma censurata porrebbe nel nulla una  disciplina  contrattuale  dei
rapporti fra dipendenti e Amministrazione regionale, e sul  principio
«di affidamento e di sicurezza giuridica» (in quanto tale  disciplina
e'  attualmente  in  essere  e  sulla  sua  stabilita'  i  contraenti
avrebbero fatto legittimo affidamento). 
    1.3. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  difende  la
disposizione di legge,  limitando  le  proprie  deduzioni  alle  sole
censure attinenti al riparto di competenza legislativa, e afferma che
la disposizione, in quanto pertinente alla  materia  dell'ordinamento
civile, rientrerebbe nella competenza legislativa  esclusiva  statale
di cui all'art. 117, terzo comma, lettera l), Cost. A tal  proposito,
cita precedenti decisioni di questa  Corte,  che  avallerebbero  tale
inquadramento e tale competenza. 
    2. - Le questioni relative agli articoli 3, 97,  39  e  41  della
Costituzione, nonche' al principio «di  affidamento  e  di  sicurezza
giuridica», non  direttamente  attinenti  al  riparto  di  competenza
legislativa, devono essere dichiarate manifestamente inammissibili. 
    Invero, come questa Corte ha piu'  volte  affermato  (da  ultimo,
sentenze n. 199 del 2012 e  n.  20  del  2013),  le  Regioni  possono
evocare parametri di legittimita' diversi da quelli che sovrintendono
al  predetto  riparto  di  attribuzioni  allorquando  la   violazione
denunciata sia potenzialmente idonea a  determinare  un  vulnus  alle
proprie   attribuzioni   costituzionali    e    sempreche'    abbiano
sufficientemente motivato in  ordine  ai  profili  di  una  possibile
ridondanza della  predetta  violazione  sul  riparto  di  competenze,
assolvendo all'onere  di  operare  la  necessaria  indicazione  della
specifica  competenza  regionale  che  risulterebbe  offesa  e  delle
ragioni di tale lesione. 
    Ebbene, nella specie, la Regione Sardegna non ha  fornito  alcuna
motivazione in ordine ai profili  della  possibile  ridondanza  della
denunciata violazione sul riparto di competenze, sia con  riferimento
alla questione relativa alla asserita lesione  dei  principi  di  cui
agli artt. 3 e 97, Cost., sia con riguardo  a  quella  relativa  agli
artt. 39 e 41 Cost.,  sia,  infine,  con  riferimento  alla  asserita
lesione del non  meglio  individuato  «principio  dell'affidamento  e
della sicurezza giuridica». 
    In  ogni  caso,  le   denunciate   violazioni   di   tali   norme
costituzionali  non  ridondano  in  una  lesione   della   sfera   di
attribuzioni legislative costituzionalmente garantite delle Regioni e
i detti parametri non  sono,  percio',  invocabili,  da  parte  delle
ricorrenti, nell'ambito di un  procedimento  in  via  principale  (ex
plurimis, sentenze n. 98 del 2007 e n. 116 del 2006 e, da ultimo,  n.
20 del 2013). 
    3. - Le censure, promosse in  riferimento  agli  artt.  3,  primo
comma, lettera a), e 7 dello statuto speciale per la Sardegna, e agli
artt. 117 e 119 della Costituzione, relative alla dedotta  violazione
della competenza legislativa regionale, non sono fondate. 
    3.1. -  Preliminarmente,  si  osserva  che  la  clausola  di  cui
all'art. 24-bis del decreto legge n. 95 del 2012, in base alla  quale
«le disposizioni del presente decreto si applicano»  alle  Regioni  a
statuto speciale e  alle  province  autonome  «secondo  le  procedure
previste dai rispettivi statuti speciali e dalle  relative  norme  di
attuazione», e' inoperante ogni qualvolta ci si trovi di fronte a una
competenza legislativa dello Stato, a maggior ragione  se  esclusiva.
E',  dunque,  indispensabile  esaminare  la  questione  del  corretto
inquadramento materiale della disposizione censurata. 
    3.2. - Quanto alla censura  relativa  all'art.  3,  primo  comma,
lettera a), dello Statuto speciale per la Sardegna,  deve  escludersi
che  l'ambito  materiale  inciso  dalla  norma  oggi  impugnata   sia
riconducibile alla dedotta competenza regionale statutaria  esclusiva
in materia di organizzazione degli  uffici  pubblici  regionali,  con
conseguente inapplicabilita' delle  garanzie  procedimentali  dettate
dall'art. 24-bis. 
    La norma statale censurata, infatti, disciplina  la  materia  dei
buoni pasto stabilendo un  tetto  massimo  al  loro  ammontare.  Come
questa Corte ha gia' avuto modo  di  chiarire  (sentenza  n.  77  del
2011), tale istituto rappresenta «una sorta di  rimborso  forfettario
delle spese  che  il  lavoratore,  tenuto  a  prolungare  la  propria
permanenza in servizio oltre  una  certa  ora,  deve  affrontare  per
consumare il pranzo». Si  tratta,  quindi,  di  «una  componente  del
trattamento economico spettante ai dipendenti pubblici,  che  rientra
nella regolamentazione del contratto di diritto privato che lega tali
dipendenti "privatizzati" all'ente di appartenenza». 
    La norma censurata,  che  fissa  un  limite  all'importo  che  le
pubbliche  amministrazioni,  ivi  comprese  le  Regioni   a   statuto
speciale, possono attribuire ai  predetti  buoni  pasto,  disciplina,
dunque, una  componente  del  trattamento  retributivo  previsto  dal
contratto di lavoro, in regime di contrattualizzazione  del  rapporto
di pubblico impiego, ed e', pertanto,  riconducibile  -  come  questa
Corte ha gia' avuto modo  di  affermare  in  relazione  a  una  norma
regionale (sentenza n. 77  del  2011)  -  alla  competenza  esclusiva
statale in materia di ordinamento civile. 
    La predeterminazione legislativa dell'ammontare massimo erogabile
in sede di disciplina di tale  istituto  contrattuale,  infatti,  pur
connotata dalla finalita' pubblicistica  di  realizzare  risparmi  di
spesa   e   pur   determinando,   di   fatto,   alcune   interferenze
sull'organizzazione degli enti pubblici e sullo status giuridico  del
loro personale, incide immediatamente  e  in  modo  prevalente  sugli
aspetti privatistici del contratto di lavoro  privatizzato  stipulato
con le pubbliche amministrazioni. 
    3.3. - Va, pertanto, esclusa non solo la  dedotta  lesione  della
competenza legislativa regionale in materia  di  stato  giuridico  ed
economico del personale, prevista dall'art. 3, primo  comma,  lettera
a) dello statuto della Sardegna (sentenza n. 36 del 2013),  ma  anche
di quella, concorrente, in materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica (ex plurimis, sentenza n. 290  del  2012),  con  conseguente
infondatezza (sentenza n. 215 del 2012) della  denunciata  violazione
dell'autonomia finanziaria della Regione di cui all'art. 119 Cost.  e
all'art. 7 dello statuto della Regione Sardegna. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita'  costituzionale  riguardanti  ulteriori  disposizioni
contenute nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  impugnate  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 7, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche'  misure  di
rafforzamento  patrimoniale  delle  imprese  del  settore  bancario),
convertito, con modificazioni, dalla legge  7  agosto  2012,  n.  135
promosse,  con  riferimento  agli  artt.  3,  39,  41  e   97   della
Costituzione e  al  «principio  dell'affidamento  e  della  sicurezza
giuridica», dalla Regione autonoma Sardegna con il  ricorso  indicato
in epigrafe; 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 7, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse,  in
riferimento agli artt. 3, primo comma, lettera a), e  7  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna) e agli artt. 117 e 119 della  Costituzione,  dalla  Regione
autonoma Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Luigi MAZZELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI