N. 227 SENTENZA 16 - 23 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -
  Societa' Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia s.p.a. in gestione
  liquidatoria  -  Personale  con  rapporto   di   lavoro   a   tempo
  indeterminato  -  Previsione   che   sia   trasferito   nei   ruoli
  dell'Amministrazione regionale, previa verifica  dei  requisiti  ed
  eventuale  prova  selettiva  -  Definizione  dei  criteri  per   la
  collocazione nelle categorie e posizioni economiche della Regione e
  assegnazione alla  Direzione  centrale  competente  in  materia  di
  patrimonio -  Stabilizzazione  senza  concorso,  in  assenza  delle
  condizioni che  consentono  deroghe  eccezionali  alla  regola  del
  concorso - Violazione del principio di eguaglianza e del  principio
  del pubblico concorso  per  l'accesso  nei  ruoli  delle  pubbliche
  amministrazioni - Illegittimita' costituzionale -  Assorbimento  di
  ulteriori censure. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9  agosto  2012,  n.  16,
  art. 54. 
- Costituzione, artt. 3 e 97 (art. 117, terzo  comma;  statuto  della
  Regione Friuli- Venezia Giulia, art. 4). 
(GU n.31 del 31-7-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  54  della
legge della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  9  agosto  2012,  n.  16
(Interventi di  razionalizzazione  e  riordino  di  enti,  aziende  e
agenzie della Regione), promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 15-17 ottobre 2012, depositato  in
cancelleria il 18 ottobre 2012 ed iscritto al  n.  157  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2013 il Giudice relatore
Luigi Mazzella; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico
Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 15-17 ottobre 2012, depositato  in
cancelleria il 18 ottobre 2011 e iscritto  al  n.  157  del  registro
ricorsi dell'anno 2012, il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli articoli 3, 97 e 117, terzo comma, della  Costituzione,  nonche'
all'art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia  Giulia),  dell'art.  54  della
legge della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  9  agosto  2012,  n.  16
(Interventi di  razionalizzazione  e  riordino  di  enti,  aziende  e
agenzie della Regione). 
    1.1. - Premette il ricorrente che la legge regionale  n.  16  del
2012, all'art. 54 intitolato «Disposizioni in materia di  personale»,
dispone, al comma 1,  che  «Il  personale  della  societa'  [Gestione
Immobili Friuli-Venezia Giulia s.p.a.] con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato in  essere  alla  data  di  cessazione  della  gestione
liquidatoria, regolato dal Contratto collettivo nazionale  di  lavoro
del  comparto  del  commercio  e  servizi,  previa   verifica   della
sussistenza dei requisiti per accedere ai ruoli  dell'Amministrazione
regionale ed eventuale prova selettiva, e' trasferito, con decorrenza
dalla data prevista dalla deliberazione di cui all'art. 53, comma  1,
alla Regione; con deliberazione della Giunta regionale, da  adottarsi
su proposta dell'Assessore alla funzione pubblica, autonomie locali e
coordinamento  delle  riforme,  di  concerto  con  l'Assessore   alle
finanze, patrimonio e programmazione, sono definiti i criteri per  la
collocazione del personale delle  categorie  e  posizioni  economiche
della Regione e il trattamento spettante. Con lo stesso provvedimento
il personale viene assegnato alla Direzione  centrale  competente  in
materia  di  patrimonio».  La  riportata  norma,  pertanto,   dispone
l'inserimento del personale della menzionata societa'  nel  personale
della Regione «previa verifica della sussistenza  dei  requisiti  per
accedere ai ruoli dell'Amministrazione regionale ed  eventuale  prova
selettiva». 
    1.2. - Tale norma, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto
con gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione ed eccede,
inoltre, dalle competenze statutarie. 
    1.2.1. - Il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. deriverebbe  dal
fatto che  la  previsione  dispone  un  inquadramento  riservato  del
personale  nell'organico  della  Regione,  senza  esperimento   delle
procedure concorsuali pubbliche. La norma, difatti, disponendo  detto
inquadramento sulla base della mera verifica  della  sussistenza  dei
requisiti per accedere ai ruoli dell'Amministrazione regionale  e  di
una «eventuale prova selettiva», configurerebbe, in  buona  sostanza,
una fattispecie di inquadramento riservato  senza  concorso  che,  in
quanto tale, violerebbe il principio costituzionale dell'accesso agli
impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante  concorso  pubblico
nonche' i principi di ragionevolezza,  efficienza  e  buon  andamento
della pubblica amministrazione, principi sanciti dagli artt. 3  e  97
Cost. 
    Rammenta il ricorrente che il fatto che il principio del concorso
pubblico, in quanto meccanismo strumentale al  canone  di  efficienza
della pubblica amministrazione,  costituisca  la  forma  generale  ed
ordinaria  di  reclutamento  per  il  pubblico   impiego   e'   stato
costantemente affermato dalla Corte costituzionale (sentenze  n.  127
del 2011, n. 59  del  2005,  n.  205  e  n.  39  del  2004).  Con  la
precisazione che «la facolta' del legislatore di  introdurre  deroghe
al principio del concorso pubblico deve essere  "delimitata  in  modo
rigoroso" (fra le piu' recenti, sentenze n. 100 e  n.  9  del  2010).
Simili deroghe possono infatti  considerarsi  legittime  solo  quando
funzionali   esse   stesse   alle   esigenze   di   buon    andamento
dell'amministrazione  e  ove  ricorrano  "peculiari  e  straordinarie
esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle"  (sentenza  n.
293 del 2009)» (sentenza n. 195 del 2010),  e,  sulla  base  di  tale
rilevazione, che  «deve  escludersi  la  legittimita'  di  arbitrarie
restrizioni alla partecipazione alle  procedure  selettive»,  poiche'
«al concorso pubblico deve riconoscersi  un  ambito  di  applicazione
ampio, tale da non includere soltanto le  ipotesi  di  assunzione  di
soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni,  ma
anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti  gia'  in  servizio
(sentenze n. 150 del 2010,  n.  293  del  2009,  n.  205  del  2004)»
(sentenza n. 90 del 2012). 
    1.2.2.  -  Il  contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.
deriverebbe  dal  fatto  che,  nell'ottica  del  coordinamento  della
finanza pubblica, la norma dispone in difformita' dalle  disposizioni
normative vigenti in  materia  di  vincoli  assunzionali,  costituiti
dall'art. 1, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007) e dall'art. 76,  comma  7,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
secondo i quali, ai fini del concorso  delle  autonomie  regionali  e
locali al rispetto degli obiettivi  di  finanza  pubblica,  gli  enti
sottoposti al patto  di  stabilita'  interno  debbono  assicurare  la
riduzione  complessiva  delle  spese  di  personale,  «garantendo  il
contenimento della dinamica retributiva  e  occupazionale»  (art.  1,
comma 557, della legge n. 296  del  2006)  e,  altresi',  e'  vietata
l'assunzione di personale a qualsiasi titolo per gli enti  nei  quali
l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al  50  per
cento (art. 76, comma 7, del d.l. n.  112  del  2008).  Al  riguardo,
sarebbe dirimente che l'art. 4 dello statuto speciale  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, pur  attribuendo  alla  Regione  una  potesta'
legislativa molto ampia, non prevede  la  materia  del  coordinamento
della finanza pubblica, per la quale, quindi, la  Regione,  ancorche'
nel rispetto della sua  autonomia,  sarebbe  tenuta  ad  osservare  i
principi fondamentali fissati dalle norme statali. 
    2. - Con memoria depositata il 21 novembre 2012 si e'  costituita
la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il rigetto  del  ricorso,
in quanto inammissibile ed infondato, e rinviando a separata  memoria
l'illustrazione delle relative ragioni. 
    3. -  Con  memoria  depositata  il  14  maggio  2013  la  Regione
Friuli-Venezia   Giulia   ha   argomentato   ampiamente   nel   senso
dell'inammissibilita'  ed  infondatezza  delle  avverse   censure   e
concluso per il rigetto del ricorso. 
    3.1.  -  Quanto  all'inammissibilita'   ed   infondatezza   della
questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la Regione
Friuli-Venezia Giulia ritiene che la fattispecie de qua sia del tutto
particolare e che ad  essa  non  siano  applicabili  i  principi  che
regolano ordinariamente l'assunzione in una pubblica amministrazione,
versandosi, invero,  in  una  semplice  ipotesi  di  riorganizzazione
dell'ente pubblico,  ove  la  Regione  rialloca  al  proprio  interno
funzioni gia' svolte da una propria societa' strumentale in house. La
norma impugnata, in sintesi, darebbe applicazione al principio di cui
all'art. 31  del  d.lgs.  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento  del  lavoro   alle   dipendenze   delle   pubbliche
amministrazioni), in base al quale,  «nel  caso  di  trasferimento  o
conferimento di strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati,  al
personale che passa alle dipendenze di  tali  soggetti  si  applicano
l'articolo 2112 del codice civile e  si  osservano  le  procedure  di
informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da l  a
4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428». Proprio in virtu'  di  tali
considerazioni, la Corte costituzionale avrebbe fatto salva una norma
legislativa pugliese che trasferiva il personale in servizio a  tempo
indeterminato  presso  l'Autorita'  d'ambito  per  la  gestione   del
servizio idrico pugliese (ATO Puglia) all'Autorita'  idrica  pugliese
(sentenza n. 226 del 2012). 
    L'orientamento  volto  a  limitare  l'utilizzo   delle   societa'
pubbliche strumentali - prosegue la resistente - e'  un  orientamento
della  legislazione  statale,  che  in  vario  modo  ha  previsto  lo
scioglimento delle societa' pubbliche, ha limitato  l'affidamento  ad
esse di incarichi o ha vietato la loro costituzione (vedi, da ultimo,
l'art.  4  del  decreto-legge  6  luglio   2012,   n.   95,   recante
«Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario»,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135). In particolare, lo
scioglimento porrebbe un problema oggettivo di tutela dei lavoratori,
che non potrebbero subire la cessazione del loro rapporto  di  lavoro
in un modo che non trovi giustificazione nel sistema. Una societa' in
house, infatti, costituisce, come  pacificamente  riconosciuto  dalla
giurisprudenza della Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea,  una
longa  manus  dell'ente   pubblico,   una   sua   semplice   variante
organizzativa, sicche' - argomenta la Regione Friuli-Venezia Giulia -
qualora per mutamento della decisione  dell'ente  pubblico  circa  la
forma organizzativa  della  gestione  di  una  determinata  attivita'
dovesse cessare il rapporto di lavoro del personale ad  essa  addetto
nella precedente forma organizzativa, si avrebbe  nella  sostanza  un
licenziamento per factum principis,  non  previsto,  ne'  consentito,
nella legislazione sul rapporto di lavoro. E proprio per  scongiurare
tale iniqua conseguenza la legge regionale impugnata avrebbe disposto
la continuita' del rapporto di lavoro, onde evitare che la scelta  di
non gestire piu' una funzione tramite societa' in house provocasse la
perdita dei posti di lavoro. 
    D'altronde, piu' che di cessazione delle attivita'  gia'  proprie
della societa' in house e dell'organizzazione aziendale preposta allo
svolgimento di esse, si  dovrebbe  parlare  di  una  riorganizzazione
dell'ente territoriale, con riallocazione delle funzioni in  capo  ad
esso, come reso palese, ad avviso  della  resistente,  dall'art.  53,
comma l, e  dall'art.  54,  comma  l,  ultimo  periodo,  della  legge
regionale n. 16 del 2012. La cessazione del rapporto  di  lavoro,  in
simili casi, costituirebbe una conseguenza abnorme, tant'e' che anche
nel diritto del lavoro il  trasferimento  d'azienda  non  implica  il
licenziamento dei dipendenti (art. 2112 cod.  civ.).  Del  resto,  la
considerazione unitaria, proprio ai  fini  del  personale,  dell'ente
pubblico e delle sue societa' in  house,  risulterebbe  dalla  stessa
legislazione statale (art. 76, comma 7, del d.l.  n.  112  del  2008,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;  art.  l,
comma 557-bis, della legge n. 296 del 2006). 
    Piu' in generale, il comma 2-bis dell'art. 18 del d.l. n. 112 del
2008 - introdotto dall'art. 19 del decreto-legge 1° luglio  2009,  n.
78 (Provvedimenti anticrisi,  nonche'  proroga  di  termini  e  della
partecipazione italiana a missioni internazionali),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 -  sancisce  che  le
limitazioni disposte per le pubbliche amministrazioni  si  applichino
anche «alle societa' a partecipazione pubblica  locale  totale  o  di
controllo che  siano  titolari  di  affidamenti  diretti  di  servizi
pubblici locali senza gara, ovvero  che  svolgano  funzioni  volte  a
soddisfare  esigenze  di  interesse  generale  aventi  carattere  non
industriale  ne'  commerciale,  ovvero  che  svolgano  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica». 
    Inoltre, l'equiparazione dell'ente esterno all'amministrazione di
riferimento sarebbe stata  disposta  anche  nello  specifico  settore
della mobilita'.  Con  la  realizzazione,  mediante  le  disposizioni
dell'art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001,  di  «un  rafforzamento  del
principio per cui - in caso di esubero - l'esternalizzazione comporta
la  procedura  di  mobilita'  collettiva  del   relativo   personale,
incentivando cosi' indirettamente  il  trasferimento  dei  dipendenti
coinvolti   presso   il   soggetto   affidatario   del   servizio   o
dell'attivita'» (Sezione di  controllo  per  la  Lombardia,  Indagine
sulle esternalizzazioni negli enti locali  della  Regione  Lombardia,
approvata con deliberazione n. 1051 del 13 dicembre 2010, pag. 7). E,
da ultimo, anche l'accesso alle societa'  in  house  avviene  tramite
prove equiparabili a pubblici concorsi,  ai  sensi  dell'art.  7  del
d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in  materia  di  servizi
pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis,
comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133)  e  dell'art.  18,
comma 1 e (in particolare per le societa' strumentali) comma  2,  del
d.l. n. 112 del 2008. 
    In conclusione, ad avviso della resistente, il personale  di  una
societa' in house fa parte gia' secondo la legislazione  statale  del
personale  complessivo   dell'amministrazione   di   riferimento,   a
prescindere dalla personalita'  giuridica  separata  della  societa',
operante verso i  terzi,  ma  non  verso  tale  amministrazione,  che
esercita sulla societa' un controllo analogo a quello  esistente  nei
confronti dei propri uffici.  Ne'  sarebbe  legittimo  e  ragionevole
considerare personale dell'ente pubblico i dipendenti delle  societa'
ai fini dei limiti alle assunzioni e non considerarlo piu'  personale
dell'ente ai fini delle regole sull'accesso.  La  liquidazione  della
Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia s.p.a. sarebbe stata fatta in
ossequio all'orientamento statale sopra visto e solo sul  presupposto
di  poter  continuare   a   beneficiare   dell'esperienza   e   della
specializzazione dei dipendenti a tempo indeterminato della societa'.
Tant'e' che l'art. 52, comma 2, lettera d), della legge regionale  n.
16 del 2012 prevede la «salvaguardia dei livelli occupazionali» fra i
criteri della liquidazione. 
    3.1.1. - In buona sostanza, l'impugnazione del solo art. 54 della
legge regionale n. 16 del 2012 - e non anche del suo art.  52,  comma
2, lettera d), che condiziona la liquidazione alla tutela dei livelli
occupazionali -  determinerebbe,  anzitutto,  l'inammissibilita'  del
ricorso per contraddittorieta', in quanto vertente su una  norma  che
non puo' essere staccata  dal  resto  della  disciplina,  perche'  il
mantenimento  dei  livelli   occupazionali   condiziona   lo   stesso
scioglimento della societa'. 
    3.1.2. - In subordine, anche volendo  ammettere  l'applicabilita'
del principio del concorso pubblico ai rapporti tra societa' in house
ed ente pubblico, nel caso di specie  sussisterebbero  i  presupposti
per una deroga a tale principio, come consentito  dallo  stesso  art.
97, terzo comma, Cost. Infatti, la Regione non aveva  nuove  funzioni
da assegnare, ne' l'esigenza di aumentare le risorse di personale  in
un certo settore. In tali casi,  sarebbe  stato  inevitabile  cercare
nuovi dipendenti tramite il concorso pubblico. Nella  fattispecie  in
esame, invece, sarebbe stata attuata  una  riorganizzazione  volta  a
«perseguire obiettivi di  contenimento  della  spesa  pubblica  e  il
migliore svolgimento delle funzioni amministrative»  (art.  52  della
legge regionale n. 16 del 2012), sulla  base  delle  indicazioni  del
legislatore statale. In una simile  evenienza,  caratterizzata  dalla
riallocazione all'interno della Regione, con  la  liquidazione  della
societa' in house, delle medesime funzioni gia' svolte dai dipendenti
di  quest'ultima,  sostiene  la  difesa  regionale  che  la   perdita
dell'esperienza e della specializzazione acquisite da tale  personale
in   oltre    un    decennio    nuocerebbe    al    buon    andamento
dell'amministrazione e renderebbe inopportuno bandire nuovi  concorsi
pubblici i cui vincitori dovrebbero acquisire  da  zero  l'esperienza
nel settore in questione (la gestione degli  immobili  pubblici).  La
liquidazione  della  societa'  senza  trasferimento   del   personale
implicherebbe  la  sostanziale  paralisi  delle  funzioni  fino  alla
maturazione della necessaria professionalita' in  capo  ai  vincitori
del concorso. 
    3.1.3.  -   In   ulteriore   subordine,   rammenta   la   Regione
Friuli-Venezia  Giulia  che,   anche   nelle   interpretazioni   piu'
restrittive,  e'  comunque  sempre  ammesso  il  trasferimento  dalla
societa' in  house  all'amministrazione  di  riferimento  per  alcune
tipologie  di  personale,  ed  in  particolare   per   il   personale
originariamente trasferito o comunque transitato dall'amministrazione
alla societa' partecipata e per i dipendenti reclutati dalla societa'
in house in presenza delle procedure selettive previste dalla  legge,
per la medesima posizione alla quale il  trasferimento  si  riferisce
(sentenza n. 225 del 2010) e che la legge regionale censurata prevede
il trasferimento «previa verifica della sussistenza dei requisiti per
accedere ai ruoli dell'Amministrazione regionale». 
    Dunque, rispetto  a  quanto  disposto  dalla  legge,  la  censura
sarebbe generica, in quanto non spiegherebbe per quale ragione quanto
ivi disposto non sarebbe sufficiente,  ed  eccessiva,  in  quanto  la
richiesta dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  renderebbe
impossibile il trasferimento alla Regione anche in eventuali  ipotesi
in cui esso  fosse,  ancorche'  nel  quadro  di  una  interpretazione
restrittiva, pienamente ammissibile ed anzi dovuto,  in  relazione  a
veri e propri diritti del dipendente. 
    3.2. - Quanto alla non fondatezza  della  questione  promossa  in
riferimento all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  rileva  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia che la Gestione Immobili Friuli-Venezia  Giulia
s.p.a. e' una societa' strumentale della  Regione,  per  cui  l'onere
finanziario relativo al personale e' gia' posto a carico del bilancio
regionale (art. 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia  12
febbraio 1998, n. 3, recante  «Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio pluriennale ed annuale della  Regione  -  legge  finanziaria
1998»). Dunque, la norma  impugnata  non  determinerebbe  un  aumento
delle spese per il personale, ma una riduzione di esse, prevedendo il
trasferimento dei soli dipendenti a tempo indeterminato. 
    3.2.1. - Espone la resistente che  nel  2012  la  societa'  aveva
complessivamente quindici dipendenti, tra i quali due dirigenti  (uno
dei quali a tempo determinato). Essendo stata disposta l'eliminazione
del posto di dirigente amministrativo  attualmente  ricoperto  da  un
dipendente a tempo  indeterminato  e  la  conferma  della  «riduzione
stabile dei costi d'esercizio, con particolare riferimento  ai  costi
del  personale»,  degli  attuali  quindici  dipendenti  solo   undici
sarebbero destinati al trasferimento  nel  ruolo  regionale  (di  cui
nessun dirigente). L'operazione comporterebbe, dunque, una  riduzione
del costo del personale pari al 43% con riferimento al  2011  e  pari
circa al 45,5% con riferimento  al  2012.  Sicche',  non  vi  sarebbe
alcuna violazione dell'art. 1, comma 557,  della  legge  n.  296  del
2006. Anzi, vi sarebbe l'attuazione di due dei criteri  direttivi  da
esso fissati, ossia della «riduzione dell'incidenza percentuale delle
spese di  personale  rispetto  al  complesso  delle  spese  correnti»
(lettera a) e della «razionalizzazione e snellimento delle  strutture
burocraticoamministrative, anche attraverso  accorpamenti  di  uffici
con l'obiettivo di ridurre l'incidenza  percentuale  delle  posizioni
dirigenziali in organico» (lettera b). 
    3.2.2. - Quanto al dedotto contrasto con l'art. 76, comma 7,  del
d.l. n. 112 del 2008,  la  questione  sarebbe  del  tutto  infondata,
perche' nella Regione Friuli-Venezia Giulia le spese per il personale
sarebbero rimaste al di sotto del 50 per cento delle  spese  correnti
(dato relativo al 2011 risultante dalla attestazione  del  13  maggio
2013, allegata al ricorso sub n.  2);  ne',  del  resto,  il  ricorso
affermerebbe o dimostrerebbe il contrario. A parte cio', il carattere
di  principio  fondamentale  del  suddetto  articolo  sarebbe   stato
affermato dal ricorrente sulla base  di  richiami  ad  un  precedente
della Corte costituzionale che ha riconosciuto il rango di  principio
fondamentale di coordinamento finanziario a  diverse  norme  statali,
rilevando  che  esse  «pongono  obiettivi  di  riequilibrio,   senza,
peraltro, prevedere strumenti e modalita' per  il  perseguimento  dei
medesimi» (sentenza n. 108 del 2011): il che varrebbe per altre norme
oggetto di quella sentenza, ma non certo  per  l'art.  76,  comma  7,
primo periodo, del d.l.  n.  112  del  2008,  che  pone  un  divieto,
direttamente operante e non  suscettibile  di  svolgimento  da  parte
regionale, e che  dunque  non  puo'  assumere  il  rango  di  diretto
parametro di legittimita' costituzionale della  legge  regionale.  Le
enunciazioni  della  citata  sentenza,   insomma,   condurrebbero   a
riconoscere il carattere di principio  fondamentale  alle  norme  che
limitano la spesa per il personale nel suo complesso, e che  lasciano
spazio alle Regioni per la scelta delle misure da adottare, non  alle
norme che pongono vincoli puntuali  all'interno  di  quel  complesso,
limitando sottovoci di spesa. E una norma che vieta le assunzioni  in
certi  casi  sarebbe  da  considerare  certamente  dettagliata  (sono
citate, in proposito, le sentenze n. 88 del 2006 e n. 390 del 2004). 
    3.2.3. - Infine, la Regione Friuli-Venezia  Giulia  evidenzia  di
concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica  nei
modi previsti dalla legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
di stabilita' 2011) e nel rispetto  del  principio  dell'accordo.  Lo
Stato ha, infatti, gia' definito (con l'art. l, commi 152 e seguenti,
della legge n. 220 del 2010)  i  modi  in  cui  la  predetta  Regione
concorre al risanamento della finanza pubblica, con norme  che  hanno
recepito  il  Protocollo  d'intesa  tra  lo  Stato   e   la   Regione
Friuli-Venezia Giulia, sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2010,  e  la
stessa  Corte  costituzionale  ha  stabilito  che  altre  Regioni  ad
autonomia speciale non sono  soggette  ai  vincoli  finanziari  posti
dallo Stato (nella specie, dal d.l. n. 78 del 2010),  sulla  base  di
norme e considerazioni adattabili anche alla situazione della Regione
Friuli-Venezia Giulia (sentenze n. 215, n. 173 e n. 151 del 2012, con
cui la Corte ha stabilito che tali  vincoli  non  si  applicano  alla
Regione Valle d'Aosta dopo la gia' citata legge n. 220 del 2010, dato
che essa concorre all'assolvimento degli obblighi finanziari nei modi
previsti dalla medesima legge all'art. 1, comma 132, che varrebbe sia
per la Valle d'Aosta sia per il Friuli-Venezia Giulia  come  previsto
dall'art. 1, comma 136, della stessa legge). 
    In termini  generali,  i  rapporti  finanziari  Stato-Regione  ad
autonomia   speciale   sarebbero   ispirati   al   principio    della
determinazione consensuale, come confermato  da  numerosi  precedenti
della Corte costituzionale  intervenuti  sul  punto  (tra  le  altre,
sentenza n.  82  del  2007).  In  tale  prospettiva,  «la  previsione
normativa del metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e
il Ministero dell'economia e delle  finanze,  per  la  determinazione
delle spese correnti  e  in  conto  capitale,  nonche'  dei  relativi
pagamenti, deve considerarsi un'espressione della descritta autonomia
finanziaria e del contemperamento di tale principio  con  quello  del
rispetto dei limiti alla  spesa  imposti  dal  cosiddetto  "patto  di
stabilita'" (sentenza  n.  353  del  2004)»  (sono  citate  anche  le
sentenze n. 133 del 2010, n. 74 del 2009, n. 98 del 2000 e n. 39  del
1984). Questo principio,  sul  piano  della  legislazione  ordinaria,
avrebbe poi trovato svariate concretizzazioni,  come  quella  di  cui
all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione). L'art. l, comma 155,  della  legge  n.  220  del  2010
prevede, poi, la determinazione concordata del  patto  di  stabilita'
fra Stato e Regione Friuli-Venezia Giulia ed e'  quella  -  a  parere
della resistente - la sede in cui andrebbero definiti i  limiti  alle
spese  regionali.  Sicche',   lo   Stato   non   potrebbe   vincolare
unilateralmente la spesa regionale, tanto piu' per voci specifiche di
spesa. 
    In conclusione, la norma impugnata e'  frutto,  ad  avviso  della
Regione FriuliVenezia Giulia, del legittimo esercizio  della  propria
competenza primaria in materia di «ordinamento degli Uffici  e  degli
Enti dipendenti dalla Regione e  stato  giuridico  ed  economico  del
personale ad essi addetto» (art. 4, n. l, dello statuto speciale). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  54  della  legge   della
Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012,  n.  16  (Interventi  di
razionalizzazione  e  riordino  di  enti,  aziende  e  agenzie  della
Regione), per violazione degli artt. 3, 97 e 117, terzo comma,  della
Costituzione, nonche'  dell'art.  4  della  legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia). 
    2. - La norma  impugnata  dispone  che  «1.  Il  personale  della
societa'  [Gestione  Immobili  Friuli-Venezia  Giulia  s.p.a.],   con
rapporto di lavoro a tempo  indeterminato  in  essere  alla  data  di
cessazione  della  gestione  liquidatoria,  regolato  dal   Contratto
collettivo nazionale di lavoro del comparto del commercio e  servizi,
previa verifica della sussistenza dei requisiti per accedere ai ruoli
dell'Amministrazione  regionale  ed  eventuale  prova  selettiva,  e'
trasferito, con decorrenza dalla data prevista dalla deliberazione di
cui all'articolo 53, comma 1, alla Regione; con  deliberazione  della
Giunta  regionale,  da  adottarsi  su  proposta  dell'Assessore  alla
funzione pubblica, autonomie locali e coordinamento delle riforme, di
concerto con l'Assessore alle finanze, patrimonio  e  programmazione,
sono definiti i criteri  per  la  collocazione  del  personale  nelle
categorie e posizioni  economiche  della  Regione  e  il  trattamento
spettante. Con lo stesso provvedimento il personale  viene  assegnato
alla Direzione centrale competente in materia di patrimonio.». 
    2.1. - In primo luogo,  il  censurato  art.  54  si  porrebbe  in
contrasto  con  gli  artt.  3  e  97   Cost.,   perche',   disponendo
l'immissione del personale  di  detta  societa'  nell'organico  della
Regione  sulla  base  della  mera  verifica  della  sussistenza   dei
requisiti per accedere ai ruoli dell'amministrazione regionale  e  di
una «eventuale prova selettiva», configurerebbe  una  fattispecie  di
inquadramento  riservato  senza  concorso  che,   in   quanto   tale,
violerebbe il principio  costituzionale  dell'accesso  agli  impieghi
nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso pubblico, nonche' i
principi  di  ragionevolezza,  efficienza  e  buon  andamento   della
pubblica amministrazione, principi sanciti dagli artt. 3 e 97  Cost.,
tenuto conto che - come chiarito  dalla  Corte  costituzionale  nelle
sentenze n. 90 del 2012, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009  e  n.  205
del 2004 - «al concorso  pubblico  deve  riconoscersi  un  ambito  di
applicazione ampio, tale da non  includere  soltanto  le  ipotesi  di
assunzione  di  soggetti  precedentemente  estranei  alle   pubbliche
amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti
gia' in servizio». 
    3.   -   Preliminarmente,   dev'essere   rigettata    l'eccezione
d'inammissibilita' proposta dalla Regione Friuli-Venezia  Giulia  per
non avere il ricorrente attratto nell'ambito delle censure, altresi',
l'art. 52, comma 2, lettera d), della legge regionale n. 16 del 2012,
che condiziona  la  liquidazione  della  societa'  Gestione  Immobili
Friuli-Venezia Giulia alla tutela dei livelli occupazionali. 
    Invero, la succitata  disposizione  indica  la  salvaguardia  dei
livelli occupazionali tra i  criteri  di  massima  che  ispirano  gli
indirizzi  operativi  che  la  Giunta  regionale  e'  autorizzata  ad
impartire in vista della partecipazione  all'assemblea  straordinaria
per  la  messa  in  liquidazione  della  societa'.  Tale  previsione,
ancorche'  verosimilmente  concepita  in  funzione   del   successivo
passaggio del personale della societa' nei ruoli dell'amministrazione
regionale, non e' inestricabilmente collegata  con  l'impugnato  art.
54, che  regola  tale  passaggio,  ma  presenta  un'autonoma  portata
dispositiva, consistente nella tendenziale conservazione del posto ai
lavoratori dipendenti della Gestione Immobili  Friuli-Venezia  Giulia
s.p.a. nella fase propedeutica alla sua  messa  in  liquidazione,  in
modo da  evitare  che  gia'  nel  corso  del  suddetto  periodo  tale
personale potesse essere licenziato. Per contro, il trasferimento del
medesimo personale alla Regione,  che  forma  oggetto  dell'impugnato
art. 54, e' destinato ad operare con  decorrenza  (successiva)  dalla
data prevista dalla ulteriore deliberazione di cui all'art. 53, comma
1,  con  cui  la  Giunta,  sulla  base  del  bilancio   iniziale   di
liquidazione, «fissa i termini e  le  modalita'  del  passaggio  alla
Direzione  centrale  competente  in  materia  di  patrimonio,   delle
competenze  e  delle  funzioni  gia'  in  capo  alla   societa'   con
riferimento alle attivita' affidate dall'Amministrazione regionale». 
    Ne  consegue  che  la  previsione,  peraltro  di  massima,  della
salvaguardia dei livelli occupazionali nel periodo  antecedente  alla
data  della   liquidazione   della   societa'   non   doveva   essere
necessariamente attinta dalle censure focalizzate dal ricorrente  sul
trasferimento automatico del personale alla  Regione  prescritto  dal
legislatore regionale, ben potendo sopravvivere, senza contraddizioni
di sorta, alla richiesta caducazione della  sola  norma,  l'impugnato
art. 54, appunto, che detto trasferimento ha  stabilito.  Difatti,  a
riprova della reciproca autonomia delle due disposizioni, la garanzia
occupazionale programmaticamente divisata in costanza del processo di
liquidazione risulta compatibile  anche  con  meccanismi  diversi  da
quello,  specificamente  stigmatizzato,   contemplato   dalla   norma
impugnata. 
    4. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    4.1. - Nella giurisprudenza costituzionale e'  stata  piu'  volte
sancita l'indefettibilita'  del  concorso  pubblico  come  canale  di
accesso   pressoche'   esclusivo   nei    ruoli    delle    pubbliche
amministrazioni, «in linea con il principio di uguaglianza e i canoni
di imparzialita' e di buon andamento [...] ex artt. 3 e 97 Cost.» (ex
plurimis, sentenza n. 28 del 2013). Gia' in passato questa  Corte  ha
ritenuto ingiustificato il mancato ricorso a detta forma, generale  e
ordinaria,   di   reclutamento   del   personale    della    pubblica
amministrazione  in  relazione  a  norme  regionali  di  generale  ed
automatico reinquadramento del personale di enti di  diritto  privato
nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali (che, come  quella  in
oggetto, non assicuravano il previo espletamento di alcuna  procedura
selettiva  di  tipo  concorsuale).  E  cio'  si  spiega  perche'   il
trasferimento da una societa' partecipata dalla Regione alla  Regione
o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve  in  un  privilegio
indebito per i soggetti beneficiari di  un  siffatto  meccanismo,  in
violazione dell'art. 97 Cost. (sentenza n. 62 del 2012; nello  stesso
senso, sentenze n. 310 e n. 299 del 2011, nonche' sentenza n. 267 del
2010). 
    4.2. - Neppure la regola  che  la  resistente  ritiene  di  poter
trarre dall'art. 31 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali
sull'ordinamento  del  lavoro   alle   dipendenze   delle   pubbliche
amministrazioni)  consente  di  prescindere  dall'esigenza  di   pari
condizioni di accesso  di  tutti  i  cittadini  e  di  selezione  dei
migliori.  L'art.  31  predetto,   laddove   dispone   esplicitamente
l'applicazione  dell'art.  2112  cod.  civ.  nell'ambito  del  lavoro
pubblico, si riferisce al transito di funzioni e dipendenti  da  enti
pubblici ad altri soggetti  (pubblici  o  privati),  non  anche  alla
cessione di funzioni - come nel caso previsto dalla  legge  regionale
censurata - da parte di soggetti privati in favore di enti  pubblici.
In tali ipotesi, infatti, «l'automatico trasferimento dei  lavoratori
presuppone  un  passaggio  di  status  -  da  dipendenti  privati   a
dipendenti pubblici (ancorche' in regime di  lavoro  privatizzato)  -
che [...] non puo' avvenire  in  assenza  di  una  prova  concorsuale
aperta al pubblico (in tal senso, sent. n. 226 del  2012)»  (sentenza
n. 167 del  2013).  Coerentemente,  il  trasferimento  automatico  di
personale ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001  e'  stato
riconosciuto solamente nei casi di passaggio di funzioni da  un  ente
pubblico ad un altro e non gia', come nella specie, da  una  societa'
di diritto privato, ancorche' in mano  pubblica,  all'amministrazione
della Regione (sentenza n. 226 del 2012). 
    L'esigenza di risorse umane  che  scaturisce  dall'assunzione  di
funzioni gia' affidate dalla Regione ad una  societa'  in  house  poi
posta in  liquidazione  (come  la  Gestione  Immobili  Friuli-Venezia
Giulia  s.p.a.)  non  puo',  dunque,  costituire  valido  motivo  per
disattendere il principio secondo cui «la natura comparativa e aperta
della procedura e' elemento essenziale del concorso pubblico, sicche'
deve  escludersi  la  legittimita'   costituzionale   di   "procedure
selettive riservate, che escludano o  riducano  irragionevolmente  la
possibilita' di accesso dall'esterno", violando il carattere pubblico
del concorso (in tal senso, sentenze n. 293 del 2009  e  n.  100  del
2010)» (sentenza n. 225 del 2010). 
    4.2.1. - La  stessa  delibera  della  Corte  dei  conti,  Sezione
regionale di controllo per la  Lombardia,  richiamata  nella  memoria
della resistente (Indagine sulle esternalizzazioni negli enti  locali
della Regione Lombardia, approvata con deliberazione n. 1051  del  13
dicembre 2010), ha invero puntualmente circoscritto le ipotesi in cui
i dipendenti delle societa' in house possano vantare un diritto  alla
riammissione nei  ruoli  della  pubblica  amministrazione,  facendole
coincidere con i soli casi di scioglimento delle predette societa'  e
di consecutiva  riacquisizione,  da  parte  delle  strutture  interne
dell'ente territoriale, dei servizi pubblici precedentemente affidati
all'esterno.  E  cio',  sempreche'  tali  lavoratori  fossero   stati
originariamente  trasferiti  o  transitati  dall'ente   pubblico   di
pregressa appartenenza alle  societa'  partecipate  o,  comunque,  da
queste selezionati in conformita' al principio sancito  dall'art.  97
Cost. Il diritto all'inserimento nell'organico dell'ente  dev'essere,
invece, correlativamente escluso in capo ai dipendenti  illo  tempore
assunti  da  societa'  controllate  senza  il  ricorso  a   procedure
selettive pubbliche "equivalenti". 
    Orbene, non risulta in alcun modo che a  siffatte  procedure  sia
mai  stato  sottoposto  il  personale  interessato  dalla   normativa
censurata. La difesa regionale, infatti, non ha chiarito le  concrete
modalita' d'ingresso di detto personale  nei  ranghi  della  societa'
Gestione Immobili Friuli-Venezia  Giulia,  limitandosi  a  citare  la
legislazione che prevede procedure  di  selezione  "paraconcorsuali",
nel   rispetto   dei   principi   di   trasparenza,   pubblicita'   e
imparzialita', di cui all'art. 35, comma 3, del  d.lgs.  n.  165  del
2001,  anche  per  il  reclutamento  dei  dipendenti  di  societa'  a
partecipazione pubblica totale o di controllo (art. 18,  commi  1  e,
segnatamente, 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  recante
«Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133; art. 7 del d.P.R. 7 settembre  2010,  n.  168,
recante  «Regolamento  in  materia  di  servizi  pubblici  locali  di
rilevanza economica, a norma  dell'articolo  23-bis,  comma  10,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n.  133»).  Norma  statale,  quest'ultima,
oltre tutto successiva  alla  legge  regionale  che  ha  promosso  la
costituzione  (con  atto  del  25  luglio  2000)  della  societa'  in
questione (legge della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  12  febbraio
1998, n. 3, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
pluriennale ed annuale della Regione - legge finanziaria 1998»,  art.
3). 
    4.2.2. - Ne' e' sufficiente  ipotizzare  che  vi  sia  stata  una
procedura selettiva purchessia,  atteso  che  questa  Corte  ha  gia'
stabilito  e  oggi  ribadisce  che  «il  previo  superamento  di  una
qualsiasi "selezione pubblica", presso qualsiasi "ente pubblico",  e'
requisito   troppo   generico   per   autorizzare   una    successiva
stabilizzazione senza concorso, perche' esso non  garantisce  che  la
previa selezione avesse natura  concorsuale  e  fosse  riferita  alla
tipologia  e   al   livello   delle   funzioni   che   il   personale
successivamente stabilizzato e' chiamato a svolgere» (sentenza n. 225
del 2010, che richiama le sentenze n. 293  del  2009  e  n.  100  del
2010), «cosicche' la garanzia del  concorso  pubblico  non  puo'  che
riguardare anche l'ipotesi di  mera  trasformazione  di  un  rapporto
contrattuale a tempo indeterminato in rapporto  di  ruolo,  allorche'
[...] l'accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta
avvenuto mediante una procedura concorsuale»  (sentenze  n.  215  del
2009 e n. 203 del 2004). 
    4.3. - Non rileva neppure che si possa  eccezionalmente  derogare
alla regola del pubblico concorso quando lo scostamento dalla  stessa
si presenti a sua volta maggiormente  funzionale  al  buon  andamento
dell'amministrazione e ricorrano straordinarie  esigenze  d'interesse
pubblico (sentenza n. 52 del 2011). E' necessario, perche' cio' possa
avvenire, che la legge stabilisca preventivamente le  condizioni  per
l'esercizio del potere di assunzione e subordini la costituzione  del
rapporto  a  tempo  indeterminato  all'accertamento   di   specifiche
necessita' funzionali dell'amministrazione, prevedendo  procedure  di
verifica dell'attivita' svolta; il che presuppone che i  soggetti  da
assumere abbiano maturato tale esperienza all'interno della  pubblica
amministrazione e non alle dipendenze di  datori  di  lavoro  esterni
(sentenza n. 215 del 2009). Inoltre, la deroga  dev'essere  contenuta
entro determinati limiti percentuali, in modo da non  precludere  del
tutto la possibilita' di accesso della generalita' dei  cittadini  ai
suddetti posti pubblici (sentenza n. 108 del 2011). 
    La norma censurata non  e'  conforme  ai  predetti  principi.  La
difesa regionale non ha fornito elementi precisi che possano  indurre
a   ritenere   piu'   adeguato   al   fine   del    buon    andamento
dell'amministrazione regionale il reclutamento diretto dei dipendenti
gia' utilizzati dalla disciolta societa' in house (peculiarita' delle
attivita'  svolte,   professionalita'   particolarmente   elevate   o
specializzate, et similia), facendo esclusivo  assegnamento,  per  la
dimostrazione dell'assunto, sulla  ratio  di  tutela  dei  lavoratori
occupati nella societa' in liquidazione. Tale motivazione, pero',  in
quanto  ricollegabile  ad  un  interesse   specifico   degli   stessi
dipendenti   beneficiari   dell'inserimento   immediato   nei   ruoli
dell'amministrazione regionale, non puo' essere considerata idonea  a
giustificare una  deviazione  dal  principio  generale  del  pubblico
concorso (sentenze n. 52 del 2011 e n. 195 del 2010), che e' posto  a
tutela di tutti i cittadini che aspirino a ricoprire pubblici uffici. 
    4.3.1. - In ogni caso, lo  strumento  prescelto  dal  legislatore
regionale, ossia il  trasferimento  automatico  del  personale  della
disciolta societa' Gestione Immobili  Friuli-Venezia  Giulia  (previa
una    prova    selettiva    solo    eventuale)    alle    dipendenze
dell'amministrazione regionale, risulta del tutto  sproporzionato.  E
cio' in quanto l'area delle eccezioni alla  regola  del  concorso,  a
tutto voler concedere, dev'essere rigorosamente delimitata e non puo'
risolversi  in  una  indiscriminata  e  non  previamente   verificata
immissione  in  ruolo  di  personale  esterno   attinto   da   bacini
predeterminati. Sicche', le scarne  ed  incerte  garanzie  approntate
dalla norma impugnata (ricognizione dei  requisiti  per  accedere  ai
ruoli dell'amministrazione regionale ed ipotetica prova selettiva) si
palesano inidonee ad assicurare una seria  verifica  delle  capacita'
professionali dei lavoratori  reclutati  dalla  Regione  all'esterno,
seppure provenienti da una societa' privata strumentale facente parte
del suo apparato cosiddetto "parallelo". 
    4.4. - In conclusione,  in  mancanza  di  un  concorso  pubblico,
l'accesso  del  personale   proveniente   dalla   Gestione   Immobili
Friuli-Venezia   Giulia   s.p.a.   all'impiego   di   ruolo    presso
l'amministrazione regionale, senza alcuna certezza di un serio filtro
selettivo, si pone in contrasto con gli artt. 3  e  97  Cost.,  donde
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  54  della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2012. 
    5. - L'accoglimento della  questione  sotto  il  dedotto  profilo
della violazione  dell'obbligo  del  pubblico  concorso  consente  di
ritenere assorbite le ulteriori censure prospettate dal ricorrente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16  (Interventi
di razionalizzazione e riordino di  enti,  aziende  e  agenzie  della
Regione). 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Luigi MAZZELLA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI