N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2012
Ordinanza del 27 novembre 2012 emessa dalla Corte d'appello di Napoli nel procedimento civile promosso da Comune di Montesarchio contro Giuseppe e Ruggiero Carolina.. Procedimento civile - Controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilita' - Assoggettamento al rito sommario di cognizione, non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in un'ordinanza impugnabile soltanto per cassazione e soltanto per motivi di legittimita' - Eccesso di delega - Irragionevole compressione del diritto di difesa - Contrasto con il principio del giusto processo. - Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, art. 29, in combinato disposto con l'art. 34, comma 37 (sostitutivo del comma 1 e abrogativo dei commi da 2 a 4 dell'art. 54 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). - Costituzione artt. 3, 24, commi primo e secondo, 77, primo comma, e 111; legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 54.(GU n.34 del 21-8-2013 )
LA CORTE D'APPELLO Ha deliberato di emettere la presente ordinanza nel processo civile di primo ed unico grado di merito iscritto al n. 163/2012 del ruolo generale degli affari contenziosi, sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 16 novembre 2012 e pendente, tra: Comune di Montesarchio, in persona del sindaco, rapp.to e difeso dall'avv. Luigi Diego Perifano, con cui e' elettivamente domiciliato in Napoli alla via Duomo n. 348, presso l'avv. Rosanna Del Vecchio, ricorrente; Ambrosone Giuseppe, rapp.to e difeso dall'avv. Antonio Gravina, con cui e' elettivamente domiciliato in Napoli alla piazza Medaglie d'Oro n. 15, presso l'avv. Maria Concetta de Siena, e Ruggiero Carolina, rapp.ta e difeso dall'avv. Cetty Gravina, con cui e' elettivamente domiciliata in Napoli alla piazza Medaglie d'Oro n. 15, presso l'avv. Maria Concetta de Siena, resistenti. Motivi della decisione 1. Con il ricorso introduttivo del processo, depositato il 17 gennaio 2012 e notificato con il pedissequo decreto presidenziale il 5-8.3.2012, il ricorrente meglio indicato in epigrafe ha adito questa Corte d'appello esponendo: che, con decreto dirigenziale del 31/5/2005, era stato approvato il P.I.P. attuativo della zona D1 del vigente piano regolatore del comune; che, dovendo procedere alla espropriazione delle aree necessarie per la realizzazione dei lotti da assegnare, determinava l'indennita' provvisoria (pari ad euro 30 al mq); che le odierne resistenti non accettavano l'indennita' (per l'esproprio del terreno censito in catasto la fg. 38, part. 1028, di mq 1.680) e ricorrevano alla procedura ex art. 21 del T.U. n. 327/2001; che, in data 19/12/2011, veniva comunicato al sindaco il deposito della relazione di stima della indennita' definitiva (per l'esproprio e per l'occupazione temporanea); che tale determinazione, assunta a maggioranza, sarebbe illegittima ed erronea; al fine di: 1) determinare pari ad euro 30 al mq ovvero pari a quella somma maggiore o minore ritenuta giusta, anche previa ctu, il valore unitario dell'indennita' di esproprio e di quella conseguente per l'occupazione temporanea. La resistente Ruggiero Carolina si e' costituita, per contestare la fondatezza delle avverse pretese. Il resistente Ambrosone Giuseppe ha preliminarmente eccepito anche la nullita' dell'atto introduttivo, allegando la mancanza, nella copia notificatagli del ricorso, delle pagine 6 e 7 e la conseguente compromissione delle garanzie della difesa e del contraddittorio, stante la mancata comprensione dell'atto (per la non completa indicazione degli elementi di cui all'art. 163 n. 4 c.p.c.). Su ordine della Corte del 25.5.2012, veniva eseguita la integrazione della domanda. Va premesso che il presente giudizio, chiaramente rivolto ad ottenere la determinazione giudiziale dell'indennita' di espropriazione, per effetto di quanto disposto dall'art. 29 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, cui rinvia il secondo periodo del primo comma del predetto art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, come sostituito dall'art. 34, comma 37, dello stesso d.lgs. n. 150 del 2011, e' stato proposto (essendo stato introdotto dopo il 6 ottobre 2011) nelle speciali forme del processo sommario di cognizione «non convertibile» in ordinario risultanti dal comb. disp. dell'art. 3 del medesimo d.lgs. n. 150 del 2011 e 702-bis e 702-ter c.p.c. 2. Prima di procedere oltre, questa Corte ritiene di dover rilevare d'ufficio la non manifesta infondatezza della questione della legittimita' costituzionale in parte qua degli artt. 29 e 34, comma 37, del d.lgs. n. 150 del 2011, giacche' la scelta di «ricondurre» i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 54, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001 al nuovo rito sommario di cognizione «non convertibile» risultante dal comb. disp. dell'art. 3 del d.lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c. pare andare ben oltre i limiti fissati dalla delega conferita al Governo dal Parlamento con l'art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, sulla cui base e' stato appunto emanato il d.lgs. n. 150 del 2011, ed essere pertanto in contrasto con l'art. 77, comma 1, Cost. Del resto, la questione con ordinanze del 20 giugno/13 luglio 2012 (nel procedimento n. 4592/2011 del ruolo generale degli affari contenziosi, tra Lucia Moffa e la Edison Energie Speciali S.p.A.) e del 4/13 luglio 2012 (nel procedimento n. 162/2012 del ruolo generale degli affari contenziosi, tra Comune di Montesarchio e Giuseppe Ambrosone) e' gia' stata da questa Cotte sottoposta al giudice delle leggi, alla stregua delle considerazioni che si riportano e che questo collegio condivide. Come questa Corte ha gia' osservato nella prima delle ordinanze citate, «l'art. 54 della legge n. 69 del 2009 delegava infatti il Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientravano nell'ambito della giurisdizione ordinaria e che erano regolati dalla legislazione speciale, con il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, in modo tale che, fermi i criteri di competenza e di composizione degli organi giudicanti, «i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente trgolati dalla legislazione speciale» fossero «ricondotti»: 1) al cd. rito del lavoro, se connotati da «prevalenti caratteri di concentrazione processuale, ovvero di officiosita' dell'istruzione»; 2) al procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., ma «esclusa I a possibilita' di conversione nel rito ordinario», se connotati da «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa»; 3) al processo ordinario di cognizione, in tutti gli altri casi. Si riferiva dunque chiaramente ai soli procedimenti civili di cognizione «autonomamente regolati dalla legislazione speciale», cioe' - deve ritenersi alla luce della chiara lettera della previsione normativa - ai soli procedimenti civili di cognizione disciplinati dalla legislazione speciale secondo stilemi essenzialmente diversi da quelli del rito del lavoro, del rito sommario di cognizione e del rito ordinario cui dovevano essere ricondotti. L'obiettivo del legislatore delegante era infatti quello di semplificare l'accesso alla giurisdizione ordinaria di cognizione riducendo in misura consistente il numero dei riti previsti dalla legislazione speciale e da questa disciplinati in modo tale da farne dei riti «autonomi», cioe' caratterizzati da una struttura formale essenzialmente diversa da quella dei vari riti previsti dal codice di procedura civile. Una siffatta diversita' certo non connotava pero' i procedimenti aventi ad oggetto i giudizi di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, che nessuno ha mai dubitato\dovessero svolgersi nel rispetto delle forme dell'ordinario giudizio di cognizione, con le uniche particolarita' costituite dalla previsione di un breve termine di decadenza per la loro introduzione, giustificato dal loro carattere lato sensu impugnatorio, e dalla previsione della necessaria instaurazione del contraddittorio i anche nei confronti di soggetti non titolari dal lato passivo della situazione giuridica sostanziale controversa, cioe' di particolarita' non concernenti le forme processuali e non certo tali da poter includere tali procedimenti tra quelli «autonomamente regolati dalla legislazione speciale, > , tant'e' vero che il legislatore delegato le ha conservate. Pertanto, in sostanza, l'art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011, con una violazione dei criteri direttivi di cui all'art. 54 della legge n. 69 del 2009 che a questa Corte pare in verita' evidente, ha colto l'occasione per «iicondunv» nell'alveo del nuovo rito sommario di cognizione non convertibile procedimenti che non erano gia' disciplinati dalla legislazione speciale secondo un rito speciale, bensi' procedimenti che erano si' previsti dalla legislazione speciale, ma da questa non regolati, tanto meno «autonomamente», essendo, salve le particolarita' di cui s'e' detto, integralmente assoggettati al rito ordinario di cognizione. Peraltro, criticabile sotto il profilo della legittimita' costituzionale pare anche la scelta del legislatore delegato di sottoporre le controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 (onnicomprensivamente definite «di opposizione alla stima» dallo stesso art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011) al nuovo rito sommario di cognizione non convertibile. I «procedimenti» aventi ad oggetto tali controversie, dovendo pacificamente seguire le forme dell'ordinario rito di cognizione, non erano invero connotati da «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa», la loro trattazione e la loro istruzione dovendo seguire appunto le normali forme dell'ordinario rito di cognizione. E la conclusione non cambierebbe qualora dovesse ritenersi che i «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa» che il legislatore delegante aveva individuato come criterio di individuazione dei procedimenti da «ricondurre» al rito sommario di cognizione andavano riferiti non gia' ai procedimenti, come sembrerebbe sulla base della semplice analisi logico-grammaticale della previsione di cui all'art. 54, comma 4, lett. b), n. 2), della legge n. 69 del 2009, bensi' ai «giudizi», cioe' al tipo di controversie, che ne erano oggetto. I «giudizi» di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 si caratterizzavano e si caratterizzano infatti per aver ad oggetto controversie il cui denominatore comune e' costituito dalla loro precipua attinenza alla determinazione dell'entita' delle indennita' dovute in conseguenza di provvedimenti di natura espropriativa o comunque ablativa adottati per ragioni di pubblica utilita', non gia' dalla semplicita' della loro trattazione ed istruzione, che, invece, nella maggior parte dei casi, richiedono la soluzione di non semplici questioni di diritto e/o di fatto, come, ad esempio, quella dell'individuazione del soggetto o dei soggetti titolari dal lato passivo dell'obbligazione indennitaria, che, a sua volta, spesso sollecita la chiamata in causa di terzi, e quelle connesse alla stima dell'equivalente pecuniario del pregiudizio subito dal soggetto passivo del provvedimento ablatorio, che, a loro volta, richiedono la nomina di consulenti tecnici d'ufficio, e dunque controversie che risulta difficile comprendere come possa ritenersi opportuno che siano trattate ed istruite secondo forme non previamente stabilite dalla legge, ma sommariamente stabilite volta per volta dal giudice procedente, e che non possono essere decise «alla prima udienza» come dovrebbe essere affatto normale nei procedimenti trattati secondo le forme del rito sommario di cognizione (arg. ex art. 702-ter c.p.c.). Se poi si considera che la decisione adottata - «con ordinanza», giusto il comb. disp. dell'art. 3 del d.lgs. n. 150 del 2011 e 702-ter c.p.c. - dalla corte d'appello competente quale giudice di primo grado non e' appellabile, ma impugnabile solo mediante un ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi del comb. disp. degli artt. 360 c.p.c. e 111, comma 7, Cost., emerge il non infondato dubbio che la scelta del legislatore di «ridurre» i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. nell'alveo del procedimento sommario di cognizione non convertibile sia in contrasto, oltre che con l'art. 77, comma 1, Cost., anche con gli artt. 3, 24, comma 1 e 2, e 111, comma 1, Cost., comportando una compressione del diritto di difesa irragionevole poiche', non solo non giustificata, ma addirittura sconsigliata dalle oggettive peculiarita' di tali controversie o almeno della piu' parte di esse. L'indubbia discrezionalita' del legislatore nella scelta degli strumenti processuali per la tutela dei diritti soggettivi trova invero certamente un limite di carattere costituzionale nella ragionevolezza delle soluzioni adottate e nella loro idoneita' ad assicurare adeguatamente alle patti l'esercizio del diritto di difesa e, in sintesi, un «giusto processo»; ed a questa Corte pare che questo limite sia stato oltrepassato dal legislatore nella scelta di assoggettare tutti i giudizi relativi alle peculiari controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 ad un rito di cognizione sommario non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in una decisione non appellabile ed impugnabile innanzi alla Corte di cassazione soltanto per violazione di legge. A questa conclusione induce anche la giurisprudenza della Corte costituzionale, tra le cui pronunce va segnalata specialmente l'ordinanza 29 maggio 2009, n. 170, da cui puo' a contratiis ricavarsi il principio che il potere discrezionale del legislatore nella scelta degli strumenti processuali per la tutela dei diritti soggettivi trova il suo limite costituzionale nella necessita' che il modello processuale dal medesimo legislatore scelto «sia tale da assicurare il rispetto del principio del contraddittotio, lo svolgimento di un'adeguata probatoria, la possibilita' di avvalersi della difesa tecnica, la facolta' dell'impugnazione - sia per motivi di merito che per ragioni di legittimita' - della decisione assunta, la attitudine del provvedimento conclusivo del giudizio ad acquisire stabilita', quanto meno «allo stato degli atti»; condizioni, queste, che devono dunque evidentemente ricorrere tutte cumulativamente affinche' i parametri costituzionali sopra indicati possano dirsi rispettate e che non ricorrono tutte, come s'e' detto, nel caso della scelta del legislatore di assoggettare controversie come quelle di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, di competenza della corte d'appello come giudice di primo grado, al nuovo rito sommario di cognizione non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in un'ordinanza non appellabile ma impugnabile soltanto innanzi alla Corte di cassazione e soltanto per motivi di legittimita' > > (cosi' Corte di Appello di Napoli, sezione prima, 20 giugno/13 luglio 2012). 3. Occorre pertanto sospendere il presente processo e rimettere gli atti alla Corte costituzionale affinche' sciolga la questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 29 e 34, comma 37, del d.lgs. n. 150 del 2011 sopra prospettata, cio' essendo evidentemente rilevante quanto meno per stabilire se il processo medesimo, introdotto e finora trattato nelle forme del rito sommario di cognizione, debba proseguire nel rispetto delle medesime forme.
P.Q. M. Cosi' provvede: A) dichiara nella specie rilevante e non manifestamente infondata la questione concernente la legittimita' costituzionale - per contrasto con gli artt. 77, comma 1, 3, 24, comma 1 e 2, e 111, comma 1, della Costituzione - del comb. disp. degli artt. 29 e 34, comma 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, nella parte in cui, sostituendo il comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e 4 dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, prevede che le controversie aventi ad oggetto l'opposizione alla stima di cui al comma 1 dello stesso art. 54 devono essere introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito sommario di cognizione risultanti dal comb. disp. dell'art. 3 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, e degli artt. 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile; B) per l'effetto, dispone la sospensione del presente procedimento e, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alle parti costituite e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e quindi immediatamente trasmessa, insieme agli atti del procedimento ed alla prova delle predette notificazioni e comunicazione, alla Corte costituzionale ai fini della risoluzione della predetta questione incidentale di legittimita' costituzionale. Cosi' deciso in Napoli, il 23 novembre 2012 Il Presidente: Lipani Il Consigliere estensore: Pica