N. 74 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 luglio 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11  luglio  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Commercio  -  Norme  della  Regione  Umbria  -  Poli  commerciali   -
  Classificazioni - Requisiti di accesso all'attivita' - Ricorso  del
  Governo  -  Denunciata  introduzione  di   regole   restrittive   e
  discriminatorie, in contrasto con i  principi  di  liberalizzazione
  contenuti  nella  legge  statale  di  principio  -  Violazione  del
  principio di tutela della concorrenza - Contrasto con il  principio
  di liberta' dell'iniziativa economica. 
- Legge  della  Regione  Umbria  6  maggio  2013,  n.  10,   art.   9
  (integrativo dell'art. 10-bis della legge regionale 3 agosto  1999,
  n. 24). 
- Costituzione,  artt.  41  e   117,   comma   secondo,   lett.   e);
  decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 31, comma
  2. 
Commercio - Norme della Regione Umbria -  Impianti  di  distribuzione
  dei carburanti - Previsione che i nuovi impianti erogano benzina  e
  gasolio e almeno un prodotto a scelta tra alimentazione  elettrica,
  metano,  GPL,  biodiesel  per  autotrazione,  idrogeno  o  relative
  miscele, a condizione che tale ultimo obbligo non comporti ostacoli
  tecnici o  oneri  economici  eccessivi  e  non  proporzionati  alle
  finalita' dell'obbligo - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto
  con quanto previsto, in linea con l'ordinamento comunitario,  dalla
  norma   statale   di   principio   sulla   liberalizzazione   della
  distribuzione dei carburanti - Violazione del principio  di  tutela
  della concorrenza. 
- Legge  della  Regione  Umbria  6  maggio  2013,  n.  10,  art.   43
  (sostitutivo dell'art. 7 della legge regionale 23 luglio  2003,  n.
  13). 
- Costituzione,  art.  117,  commi  primo  e   secondo,   lett.   e);
  decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni,
  nella legge 24 marzo 2012, n. 27, art. 17, comma 5. 
Commercio - Norme della Regione Umbria - Impianti  di  erogazione  di
  carburanti -  Impianti  senza  gestore  -  Installazione  di  nuovi
  impianti subordinata alla  condizione  che  siano  classificati  di
  pubblica utilita' - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto  con
  la norma statale di principio sulla liberalizzazione degli impianti
  completamente automatizzati fuori dei centri abitati  -  Violazione
  del principio di tutela della concorrenza. 
- Legge della Regione Umbria 6 maggio 2013, n.  10,  art.  44  (nella
  parte in cui aggiunge l'art. 7-ter alla legge regionale  23  luglio
  2003, n. 13). 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e);  decreto-legge  24
  gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, nella  legge  24
  marzo 2012, n. 27, art. 18. 
(GU n.37 del 11-9-2013 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i  cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12  contro  la
regione Umbria, in persona  del  Presidente  della  Giunta  Regionale
pro-tempore, per la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
degli artt. 9, 43 e 44 della Legge  Regionale  dell'Umbria  6  maggio
2013, n. 10, come da delibera del Consiglio dei ministri in  data  19
giugno 2012. 
    Sul B.U.R. Umbria 8 maggio 2013, n. 22  e'  stata  pubblicata  la
Legge Regionale 6  maggio  2013,  n.  10  recante:  «Disposizioni  in
materia di commercio per l'attuazione del  decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge  22  dicembre
2011, n. 214 e del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1  convertito,
con modificazioni, dalla  legge  24  marzo  2012,  n.  27.  Ulteriori
modifiche ed integrazioni della legge regionale 3 agosto 1999, n. 24,
della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 6 e della  legge  regionale
23 luglio 2003, n. 13». 
    Il  Presidente  del  Consiglio  ritiene  che   tale   legge   sia
censurabile nelle disposizioni contenute nell'art. 9, nella parte  in
cui integra le previsioni dell'art. 10-bis della L.R. n.  24/2011,  e
negli artt. 43 e 44 e, pertanto, propone  questione  di  legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 9 della L.R. n. 22/2013, rubricato «poli  commerciali»,
integra le previsioni contenute nell'art. 10 della L.R.  24/1999,  il
quale regola i  «centri  commerciali»,  introducendo  in  tale  legge
l'art. 10-bis. 
    Preliminarmente, deve precisarsi  che  la  definizione  di  «polo
commerciale» e' frutto  dell'elaborazione  legislativa  regionale  in
materia, non rinvenendosi, nella legislazione nazionale,  una  simile
definizione ne', tantomeno, una specifica disciplina. 
    1.2 Cio' premesso, si osserva che  il  comma  3-quater  dell'art.
10-bis classifica come polo  commerciale  «gli  esercizi  commerciali
inseriti in un medesimo piano attuativo  con  progetto  di  carattere
unitario e oggetto di richiesta di approvazione unica  oltre  che  di
autorizzazione  per  ciascuna  attivita'  commerciale  prevista   dal
medesimo progetto», e precisa che: 
    «Sono  classificati  polo  commerciale,  inoltre,  gli   esercizi
commerciali inseriti in: 
    a) edifici contigui i cui perimetri si tocchino; 
    b) edifici nei quali sono inseriti piu' esercizi  Commerciali  in
piani sovrastanti; 
    c) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad  una  distanza
lineare inferiore a 40 metri; 
    d) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad  una  distanza
lineare  superiore  a  40  metri,  qualora  vi   siano   collegamenti
strutturali di qualsiasi tipo tra detti edifici; 
    e)  un  unico  edificio  dotato  di  piu'  ingressi  autonomi   e
indipendenti e servizi non gestiti unitariamente». 
    1.3 Il comma 3-quinquies - aggiunto al medesimo art. 10-bis della
L.R. n. 24/1999 - prescrive, ai fini del precedente comma, che: 
    «Il perimetro dell'edificio e le distanze tra  gli  edifici  sono
calcolate con le modalita' stabilite dal Reg. 3 novembre 2008,  n.  9
(Disciplina di attuazione dell'art. 12, comma 1, lettere a) e  d-bis)
della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme  per  l'attivita'
edilizia) - Criteri per regolamentare l'attivita' edilizia e  per  il
calcolo delle superfici, delle  volumetrie,  delle  altezze  e  delle
distanze relative alla edificazione). 
    Ai  fini  della  classificazione  di   polo   commerciale,   sono
considerati anche gli edifici  separati  da  strade  delle  tipologie
F-Strade locali e F-bis-Itinerari ciclopedonali di  cui  all'art.  2,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada)». 
    1.4 Orbene, con le norme regionali sopra citate, viene, di fatto,
introdotta l'eventualita' che un esercizio di vicinato  debba  essere
sottoposto ad autorizzazione preventiva, in quanto facente  parte  di
un «polo commerciale» come definito dalla norma,  potendosi  pertanto
verificare la possibilita' che, a  priori,  l'esercente  non  sia  in
condizioni di conoscere i requisiti di accesso all'attivita' stessa. 
    Infatti,   l'avvio   dell'attivita'   verrebbe    sottoposto    a
disposizioni specifiche, in  relazione  alla  superficie  di  vendita
complessiva eventualmente derivante dall'appartenenza, appunto, ad un
polo commerciale che, in alcuni casi, non e'  l'evidenza  chiaramente
individuabile in tale fase; e cio'  anche  alla  luce  dei  complessi
criteri previsti al comma 3-quinquies. 
    1.5 Lo stesso art. 10-bis, infatti, dispone,  ai  commi  da  1  a
3-ter: 
    «Per  polo  commerciale  si  intende  un  complesso  di  esercizi
contigui o adiacenti la cui superficie  di  vendita  complessiva  sia
pari o superiore alle dimensioni di una media struttura di  tipo  M3,
comprendente almeno una media  struttura  di  vendita  e  costituente
un'unica entita' economico commerciale.  Il  polo,  a  seconda  della
superficie, e' considerato un'unica media  struttura  M3  o  un'unica
grande struttura di vendita. 
    2. L'apertura di un polo commerciale avviene  sulla  base  di  un
apposito progetto o mediante l'avvio di piu'  operazioni  formalmente
distinte di apertura, trasferimento o ampliamento o  accorpamento  di
attivita' commerciali in un arco di tempo inferiore a trentasei mesi.
Tali operazioni sono considerate contestuali quando vengono  superati
i limiti dimensionali minimi previsti per le tipologie G e M3. 
    3. La domanda  di  autorizzazione  per  il  polo  commerciale  e'
presentata con la  stessa  procedura  di  cui  all'art.  18  (1)  dal
promotore o dal legale rappresentante dell'organismo di gestione  del
polo o, in mancanza, dal titolare dell'esercizio che, con il  proprio
ingresso nel polo, fa superare i limiti dimensionali minimi previsti. 
    3-bis. L'autorizzazione di polo commerciale e' rilasciata a: 
    a) soggetto promotore; 
    b) presidente dell'organismo unitario di gestione del polo; 
    c) ciascun titolare delle autorizzazioni delle attivita'  che  ne
fanno parte. 
    3-ter. La  diversa  articolazione  interna  della  superficie  di
vendita degli esercizi commerciali presenti in  un  polo  commerciale
sono soggette a SCIA  da  presentare  secondo  le  modalita'  di  cui
all'art. 4-bis (2) salvo superamento degli standard urbanistici e  di
viabilita' originariamente previsti. In tal caso  trova  applicazione
la procedura di autorizzazione di cui al comma 3». 
    1.5  Le  citate  norme  regionali,  quindi,  introducono   regole
restrittive  e  discriminatorie,  in  contrasto  con  i  principi  di
liberalizzazione  contenuti  nell'art.  31,  comma  2  del  D.L.   n.
201/2011, convertito in L. n. 214/2011, secondo cui: 
    «in ottemperanza alla disciplina dell'unione Europea e  nazionale
in  materia  di  concorrenza,  liberta'  di  stabilimento  e   libera
prestazione    di    servizi,    costituisce    principio    generale
dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi  esercizi
commerciali sul territorio senza contingenti, limiti  territoriali  o
altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla
tutela della  salute,  dei  lavoratori,  dell'ambiente,  ivi  incluso
l'ambiente  urbano,  e  dei  beni  culturali,  in  violazione  quindi
dell'art. 117,  co.  2,  lett.  e)  della  Costituzione,  nonche'  in
contrasto con il principio di liberta' dell'iniziativa economica,  di
cui all'art. 41 della Costituzione». 
    2. L'art. 43 della L.R. n. 10/2013  -  nel  sostituire  l'art.  7
della L.R. n. 13/2003 concernente i nuovi impianti  di  distribuzione
dei carburanti - prescrive, al comma 1, che questi eroghino  «benzina
e gasolio e almeno un prodotto a scelta fra alimentazione  elettrica,
metano, GPL, biodiesel per autotrazione, idrogeno o relative miscele,
a condizione che tale ultimo obbligo non comporti ostacoli tecnici  o
oneri  economici  eccessivi  e  non  proporzionati   alle   finalita'
dell'obbligo». 
    2.1 Tale previsione non appare in linea con il disposto del comma
5 dell'art. 17 del D.L. 1/2011 convertito con modificazioni dalla  L.
27/2012, il quale, nel modificare l'art. 83  del  D.L.  n.  112/2008,
convertito con modificazioni nella L. 133/2008, prevede che  al  fine
di garantire il pieno rispetto  delle  disposizioni  dell'ordinamento
comunitario in materia di tutela della concorrenza e di assicurare il
corretto e uniforme  funzionamento  dei  mercato,  l'installazione  e
l'esercizio di un Impianto di distribuzione di  carburanti  non  puo'
essere  subordinato,  tra   l'altro,   all'obbligo   della   presenza
dell'obbligo. 
    2.2  Pertanto,  la  prima  parte  della   norma   regionale   nel
prescrivere che in nuovi Impianti debbano erogare «benzina e  gasolio
e almeno un prodotto a scelta tra  alimentazione  elettrica,  metano,
GPL, biodiesel per autotrazione, idrogeno o relative miscele»,  anche
se a condizione che tale ultimo obbligo non comporti ostacoli tecnici
o oneri  economici  eccessivi  e  non  proporzionati  alle  finalita'
dell'obbligo, appare limitativa  della  concorrenza,  con  violazione
dell'art. 117 comma 1 e 2 lett. e) della Costituzione. 
    3. L'art. 44, nell'ambito  della  disciplina  degli  impianti  di
erogazione di carburanti, prescrive al  comma  1,  con  riguardo  gli
impianti c.d. «ghost», che «possono essere installati nuovi  impianti
dotati  di  apparecchiature  self-service  pre-pagamento  funzionanti
senza la presenza del gestore, se classificati di  pubblica  utilita'
ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera q) e a condizione che  ne  sia
garantita adeguata sorveglianza secondo le  modalita'  stabilite  dal
Comune». 
    3.1 L'inciso «se  classificati  di  pubblica  utilita'  ai  sensi
dell'art. 2, comma 1, lettera q)» risulta  essere  restrittivo  della
concorrenza in quanto condiziona  l'apertura  di  un  impianto  senza
gestore, al requisito prescritto dal citato art. 2, comma 1,  lettera
q), ovvero l'essere o l'unico impianto del Comune o un impianto posto
ad almeno dieci chilometri dal punto  di  distribuzione  piu'  vicino
anche se ubicato sul territorio di altro Comune limitrofo. 
    3.2. Tale previsione, condizionando l'apertura di impianti  senza
gestore  risulta,  quindi,  in  contrasto  con  le  norme  che  hanno
liberalizzato  gli   Impianti   di   distribuzione   dei   carburanti
completamente automatizzati al di fuori dai centri abitati  contenute
nell'art. 18 del D.L. n. 1/2012 come convertito in legge n.  27/2012,
secondo  cui  non  possono  essere  posti   vincoli   o   limitazioni
all'utilizzo   continuativo,   anche    senza    assistenza,    delle
apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza  servizio  con
pagamento anticipato, nonche' all'art. 28, comma 7 del  decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98. 
    E cio' in violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e)
della Costituzione. 

(1) Il quale,  nella  sua  attuale  formulazione,  dispone  che:  «La
    domanda  per  il  rilascio  dell'autorizzazione  per  le   grandi
    strutture di vendita  e  per  le  medie  strutture  superiori  di
    tipologia   M3   e'   presentata   dall'interessato   al   Comune
    territorialmente competente mediante lo Sportello  unico  per  le
    attivita'  produttive.  Alla  domanda  e'  allegato  il  progetto
    urbanistico  preliminare  con  la  documentazione  relativa  alla
    destinazione d'uso dei suoli ed un analitico  studio  progettuale
    di  sviluppo  e  di  incidenza,  i  cui  contenuti  costituiscono
    elementi essenziali ai fini della valutazione. -  2.  Il  Comune,
    entro i successivi quindici giorni dal ricevimento della domanda,
    provvede  ad  integrare,  se  necessario  e  per  quanto  di  sua
    competenza, la documentazione allegata e,  nel  contempo,  invita
    l'interessato  a  procedere  alla  eventuale  regolarizzazione  o
    integrazione,  nel  termine  di  trenta  giorni  dalla   relativa
    comunicazione. La domanda, completa degli  allegati,  e'  inviata
    entro quindici giorni dalla regolarizzazione alla Regione.  -  3.
    Decorso termine di cui al comma 2 senza che  l'interessato  abbia
    provveduto a quanto richiesto la domanda e' archiviata. -  4.  La
    domanda e' esaminata da una Conferenza  di  servizi  indetta  dal
    Comune competente  a  cui  partecipano  un  rappresentante  della
    Regione, un rappresentante della Provincia  e  un  rappresentante
    del  Comune,  e,   a   titolo   consultivo,   il   rappresentante
    dell'impresa interessata. - 5.  Nel  termine  di  trenta  giorni,
    decorrente dall'invio alla Regione della documentazione di cui al
    comma 2, il Comune, previa intesa  con  la  Provincia  e  con  la
    Regione,  indice,  presso  la  propria  sede,  la  Conferenza  di
    servizi, che deve concludersi non  oltre  il  novantesimo  giorno
    successivo alla data di indizione. - 6. Della data  di  indizione
    della  Conferenza  e'  data   notizia,   mediante   comunicazione
    dell'ordine  del  giorno  a  tutti  i  comuni  appartenenti  alla
    medesima area sovracomunale configurabile come  unico  bacino  di
    utenza. - 7. Alle riunioni della Conferenza di servizi, svolte in
    seduta pubblica, sono invitati a partecipare a titolo consultivo,
    ai sensi dell'art. 5-quater, rappresentanti  dei  comuni  facenti
    parti del bacino di utenza, delle organizzazioni  imprenditoriali
    del commercio, delle organizzazioni sindacali  dei  lavoratori  e
    delle  associazioni  dei  consumatori.  Ove  il  bacino  d'utenza
    riguardi anche parte del territorio di altra regione  confinante,
    la Conferenza di servizi  richiede  alla  stessa  un  parere  non
    vincolante. - 8. La  Conferenza  di  servizi  tiene  conto  delle
    disposizioni dettate dagli atti di  cui  agli  articoli  5-bis  e
    5-ter.  -  9.  La  Conferenza  di  servizi  prende   atto   degli
    accertamenti tecnici e di conformita' urbanistica effettuati  dal
    Comune  e  valuta   l'impatto   territoriale   localizzativo   di
    accessibilita'   e   di   dotazioni   infrastrutturali    e    le
    caratteristiche qualitative  e  funzionali  dal  punto  di  vista
    commerciale,  i  programmi  di  sviluppo  dell'iniziativa  e  gli
    effetti della medesima sul bacino di utenza anche in base  ad  un
    analitico studio progettuale di sviluppo e di incidenza,  redatto
    dal  proponente,   i   cui   contenuti   costituiscono   elemento
    qualificante della valutazione». - 11. La Conferenza  di  servizi
    adotta la determinazione conclusiva sulla base della  valutazione
    di cui ai commi 8 e 9. - 12. Il Comune procedente,  nel  caso  di
    determinazione positiva della Conferenza,  provvede  al  rilascio
    dell'autorizzazione entro trenta  giorni  dalla  conclusione  dei
    lavori della Conferenza stessa; entro lo stesso termine, in  caso
    di determinazione negativa, provvede a comunicare al  richiedente
    il motivato diniego.  La  domanda  si  intende  accolta  qualora,
    decorsi  trenta  giorni  dalla  adozione   della   determinazione
    positiva,  il   Comune   non   abbia   provveduto   al   rilascio
    dell'autorizzazione (69). - 13. Le deliberazioni della Conferenza
    sono adottate a maggioranza dei componenti entro sessanta  giorni
    dallo   svolgimento   della   prima   riunione.    Il    rilascio
    dell'autorizzazione e' subordinato  all'acquisizione  del  parere
    del rappresentante della Regione. - 14. Alle grandi strutture  di
    vendita e alle medie superiori di tipologia M3  si  applicano  le
    disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
    in   materia    ambientale)    relative    alla    verifica    di
    assoggettabilita'. - 15. In caso di progetti  che  richiedono  la
    valutazione di impatto  ambientale,  i  relativi  accertamenti  e
    valutazioni tecniche sono acquisite dalla Conferenza  di  cui  al
    comma 4. - 15-bis. L'autorizzazione di cui al comma 1 decade  nel
    caso  di  mancato  avvio  dell'attivita'  entro  due  anni  dalla
    scadenza del permesso di costruire o del relativo piano attuativo
    approvato,  se  presente.  -  15-ter.  La  diversa  articolazione
    interna della superficie di vendita degli esercizi commerciali di
    una media struttura superiore M3 o di una grande  struttura  sono
    soggette a  SCIA  da  presentare  secondo  le  modalita'  di  cui
    all'art. 4-bis, salvo superamento degli standard urbanistici e di
    viabilita'  originariamente   previsti.   In   tal   caso   trova
    applicazione la procedura di autorizzazione di  cui  al  presente
    articolo». 

(2) Come sostituito dall'art. 2, comma 1, L.R. 6 maggio 2013, n.  10,
    e il quale dispone che: «1. L'apertura, il trasferimento di  sede
    e l'ampliamento della superficie di vendita di  un  esercizio  di
    vicinato e di una media struttura di vendita M1 sono  soggetti  a
    segnalazione  certificata   di   inizio   attivita'   (SCIA)   da
    presentare, ai sensi dell'art. 19 della legge 7 agosto  1990,  n.
    241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo  e  di
    diritto di accesso ai documenti amministrativi),  allo  Sportello
    unico per le attivita' produttive e per  l'edilizia  (SUAPE)  del
    Comune competente per  territorio.  -  2.  Il  Comune  disciplina
    l'integrazione del procedimento di SCIA di cui al comma 1 con  il
    procedimento relativo alla presentazione della  SCIA  edilizia  e
    alla richiesta di permesso di costruire  inerente  l'insediamento
    commerciale. - 3. L'attivita' di  vendita  puo'  essere  iniziata
    dalla data di presentazione  della  SCIA  ed  e'  esercitata  nel
    rispetto  delle  vigenti  norme  in  materia  igienico-sanitaria,
    edilizia, urbanistica e di pubblica sicurezza, e di  destinazioni
    d'uso dei locali. Qualora  l'attivita'  non  sia  iniziata  entro
    centottanta giorni dalla data di presentazione della SCIA,  salvo
    comprovati  motivi  di  necessita',  da   dichiarare   da   parte
    dell'interessato, la SCIA cessa di produrre effetti giuridici.  -
    4. Alla SCIA deve essere allegata la  planimetria  dei  locali  e
    delle aree  in  cui  si  esercita  l'attivita'  di  vendita,  ivi
    comprese le superfici diverse da quelle di vendita.  -  5.  Negli
    esercizi  abilitati  alla  vendita  dei  prodotti  alimentari  e'
    consentito  il  consumo  immediato  dei  medesimi   prodotti,   a
    condizione che siano  esclusi  il  servizio  di  somministrazione
    assistito e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate.  E'
    consentita la dotazione di soli piani di appoggio su un'area  non
    superiore a 50 mq. - 6. Il  Comune  dispone  la  chiusura  di  un
    esercizio di vicinato e di una media struttura di vendita M1, nel
    caso in cui: a) non sussistono i  requisiti  morali  oppure,  ove
    richiesti, i requisiti professionali per l'accesso e  l'esercizio
    delle attivita'  commerciali  di  cui  all'art.  71  del  decreto
    legislativo 26 marzo 2010,  n.  59  (Attuazione  della  direttiva
    2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato  interno);  b)  venga
    accertata da parte della autorita' competente la violazione delle
    disposizioni  e  delle  prescrizioni  dettate   in   materia   di
    prevenzione e  tutela  dell'ordine  pubblico  e  della  sicurezza
    dettate per  le  attivita'  di  somministrazione  di  alimenti  e
    bevande  di  cui  al  regio  decreto  18  giugno  1931,  n.   773
    (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza)
    e al regio decreto  6  maggio  1940,  n.  635  (Approvazione  del
    regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno  1931,  n.
    773 delle leggi di pubblica sicurezza), negli esercizi  abilitati
    alla vendita dei prodotti alimentari;  c)  il  titolare  sospende
    l'attivita' per un periodo superiore a dodici  mesi  consecutivi,
    indipendentemente da intervenuti  trasferimenti  di  titolarita',
    salva motivata proroga per comprovata  necessita';  d)  non  sono
    osservati  i  provvedimenti  di  sospensione  dell'attivita';  e)
    vengono commesse gravi e reiterate violazioni delle  disposizioni
    contenute nella  presente  legge.  -  7.  La  reiterazione  delle
    violazioni di cui al comma 6, lettera e), si verifica nel caso in
    cui la stessa violazione e' commessa per due volte in un  periodo
    di dodici mesi, anche se si e' proceduto al pagamento  in  misura
    ridotta della sanzione. - 8. La Giunta  regionale  definisce  con
    proprio  atto,  nel  rispetto   della   normativa   statale,   la
    modulistica da utilizzare  per  la  segnalazione  certificata  di
    inizio attivita' di cui al comma 1, nonche' la documentazione  da
    allegare alla stessa SCIA, salvo quanto disposto dal comma 4». 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi   e    conseguentemente
annullare gli articoli 9, 43 e 44 della Legge Regionale dell'Umbria 6
maggio 2013, n. 10,  nelle  parti  e  per  i  motivi  illustrati  nel
presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositera': 
        1) estratto della delibera  del  Consiglio  dei  ministri  19
giugno 2013 in copia autentica con l'allegata relazione. 
 
          Roma, 8 luglio 2013 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Maddalo