N. 201 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2012
Ordinanza del 28 dicembre 2012 emessa dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Sielpa Societa' industriale estrazione lavorazione pietre ed affini Srl contro Regione Marche, Comune di Cingoli e Provincia di Macerata. Miniere, cave e torbiere - Norme della Regione Marche - Previsione che le tariffe di cui al comma 1 dell'art. 17 della legge regionale n. 71/1997, come sostituito dall'art. 24 della legge regionale n. 19/2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 2008), si applicano anche alle convenzioni gia' stipulate alla data di entrata in vigore della medesima legge regionale n. 19/2007 relativamente ai materiali estratti a decorrere dal 1° gennaio 2009 - Violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei cittadini nella certezza dei rapporti giuridici - Lesione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU. - Legge della Regione Marche 22 dicembre 2009, n. 31, art. 42, comma 3. - Costituzione, artt. 3 e 117, primo comma, in relazione all'art. 1 del Primo Protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.39 del 25-9-2013 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3985 del 2012, proposto da Sielpa - Societa' Industria Estrazione Lavorazione Pietre ed Affini s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso l'avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; Contro Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. Gabriella De Berardinis, con domicilio eletto presso l'avv. Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini n. 41; Comune di Cingoli; Provincia di Macerata; Per la riforma della sentenza del T.A.R. Marche - Ancona: Sezione I n. 00821/2011, resa tra le parti, concernente accertamento insussistenza diritto del comune a percepire l'incremento del contributo per l'attivita' estrattiva. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Marche; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Fabio Franconiero e uditi le parti gli avvocati Lucchetti e Romano, per delega dell'avv. De Berardinis; Rilevato in fatto 1. - La SIELPA - Societa' Industriale Estrazione Lavorazione Pietre e Affini s.r.l., titolare del diritto di coltivare una cava sita nel territorio del Comune di Cingoli, in virtu' di convenzione ex l.r. n. 71/1997 («Norme per la disciplina delle attivita' estrattive) in data 8 marzo 2004, ha adito il TAR Marche esponendo: di corrispondere al predetto Comune un contributo per le spese necessarie all'esecuzione di interventi pubblici ulteriori rispetto al mero recupero dell'area di cava e delle strade di accesso inizialmente fissato in 0,88 e 031 euro per ogni mc di materiale inerte da estrarre (rispettivamente calcare massiccio e bugarone) da estrarre in base al progetto autorizzato, poi adeguato ad € 1, quanto al calcare; il tutto in virtu' di delibere di giunta regionale regolanti tale aspetto del rapporto concessorio; che sulla tariffa era intervenuto il legislatore regionale, dapprima con l'art. 24 della l.r. n. 19/2007 [«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2008)»], disponendone un aumento ad € 1,40 per il calcare massiccio e 0,42 per il bugarone, ma facendo espressamente salve le convenzioni gia' stipulate; quindi estendendo l'incremento in questione anche a queste ultime, con l'art. 42, comma 3, della l.r. n. 31/2009 [«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione (Legge finaziaria 2010)»]; che, per l'effetto, il contributo preteso dal Comune di San Severino Marche era passato da 135.303,73 a 204.359,15 euro. Tanto premesso, chiedeva che venisse accertata l'infondatezza di tale richiesta di pagamento, sostenendo che l'ultima finanziaria regionale e' in contrasto con gli artt. 3, 23, 41, 53, 97, 102, 111 e 117, comma 1, Cost. ed instando pertanto per la rimessione della questione alla Corte costituzionale. In via subordinata deduceva che il Comune aveva erroneamente applicato l'incremento del contributo anche a quantitativi di materiale non effettivamente estratto o sui quali aveva gia' corrisposto il contributo, formulando analoga domanda con riguardo a questi ultimi, previa compensazione legale della somma maturata a proprio credito o, in via ulteriormente subordinata, con dichiarazione del proprio diritto alla restituzione delle somme gia' versate e corrispondenti ai quantitativi non estratti. 2. - Con la sentenza appellata il TAR adito: respingeva la domanda principale, giudicando manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale formulata dalla societa' ricorrente in relazione a tutti i parametri dedotti; accoglieva la domanda subordinata, dichiarando il diritto della ricorrente ad assolvere il contributo sui quantitativi effettivamente estratti l'anno precedente, in conformita' al disposto dell'art. 17 della l.r. n. 71/1997 e dunque a vedersi scomputati gli importi corrispondenti a quantitativi non estratti nondimeno pretesi in pagamento dall'amministrazione comunale resistente. 3. - La SIELPA propone appello, nel quale reitera la questione di costituzionalita' della norma di legge finanziaria regionale per l'anno 2010 in relazione ai seguenti parametri: artt. 3, 23 e 53, sulla premessa del carattere retroattivo dell'incremento tariffario contestato, circostanza in relazione alla quale assume violato il proprio legittimo affidamento alla stabilita' e prevedibilita' del contributo originariamente fissato nella convenzione per la coltivazione della cava, da intendersi come variabile necessaria per la stima del margine di profitto ragionevolmente ritraibile dalla gestione di tale attivita' economica e dunque per il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'impresa. Al riguardo evidenzia che in virtu' della legge mineraria regionale (l.r. n. 71/997, art. 17, comma 2) il contributo e' soggetto ad adeguamento sulla base dell'indice ISTAT dei prezzi delle attivita' estrattive, con decisione rimessa alla giunta regionale, e dunque con provvedimento amministrativo sindacabile in sede giurisdizionale, mentre con la norma contestata si e' disposto in via diretta un aumento del tutto disancorato dalle dinamiche del mercato delle suddette attivita', al solo scopo di coprire il disavanzo regionale, come evincibile dal contemporaneo aumento della quota di riparto del contributo in favore della Regione; artt. 117 e 10 in relazione ai principi di stabilita' e certezza del diritto ricavabili dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo (art. 1, prot. n. 1 allegato alla Convenzione); art. 41, per la vanificazione retroattivamente determinata nei confronti di assetti economici cristallizzati in rapporti contrattuali gia' perfezionatisi; art. 97, sulla negativa incidenza della regolamentazione normativa retroattiva nei confronti dell'attivita' amministrativa con riguardo alla rideterminazione della quota di ripartizione del contributo tra Regione, Provincia e Comune; artt. 102 e 111 Cost., per l'interferenza in tal modo attuatasi del potere legislativo regionale nell'attivita' giurisdizionale. 4. - Dal canto suo la Regione resistente obietta che l'incremento tariffario in contestazione e' ragionevole, visto che dopo 10 anni di durata contrattuale, l'adeguamento in base agli indici Istat «potrebbe risultare non piu' congrua allo scopo e fuori dal mercato» (pag. 2 della memoria conclusionale). Sul punto l'amministrazione resistente si dilunga sull'evoluzione culturale che ha condotto ad una maggiore sensibilita' per i valori paesaggistico-ambientali e le connesse responsabilita' sociali per l'attivita' estrattiva. In sostanza, assume che l'incremento tariffario costituisce la monetizzazione per lo sfruttamento dell'habitat naturale, nonche' la presa d'atto della sopravvenuta inadeguatezza delle tariffe fissate sotto l'egida della l.r. n. 71/1997: riporta uno studio di Legambiente - Rapporto Cave 2011, dal quale si ricava che l'importo medio dei canoni concessori si attesta al 4% del prezzo di vendita degli inerti (per le Marche lo studio evidenzia che a fronte di entrate dai canoni di estrazione pari a 593.642 euro, il volume d'affari da attivita' estrattive delle imprese della regione, per i prezzi di produzione e vendita, ammontano rispettivamente a 489.278 e 10.451.450). L'amministrazione resistente, inoltre, sostiene che la disposizione censurata e' espressiva di opzioni di politica legislativa ampiamente discrezionali, a fronte delle quali non e' invocabile alcun affidamento (Corte Cost., sent. n. 374/2002); nei cui confronti il sindacato di costituzionalita' e' ammesso nei limiti della irragionevolezza (Corte Cost., sent. n. 393/2000); e che con essa si e' posto rimedio ad una disparita' di trattamento tra operatori sottoposti all'incremento e operatori invece ad esso non soggetti. Considerato in diritto 1. - Cosi' riassunte le opposte prospettazioni delle parti, occorre subito sgomberare il campo da quest'ultima eccezione, giacche' l'effetto lesivo lamentato dalla societa' odierna appellante deriva - con norma che la stessa assume (infondatamente, come si vedra') retroattiva - dall'estensione alle concessioni gia' stipulate dell'incremento tariffario stabilito con la legge finanziaria di due anni precedenti, quale operata dalla manovra finanziaria regionale per il 2010, con il comma 3 dell'art. 42. Per cui e' quest'ultima disposizione legislativa regionale che la medesima appellante ha interesse a rimuovere, giacche' da cio' essa si sottrarrebbe all'aumento disposto in via legislativa, ottenendo il ripristino del regime tariffario vigente al momento della stipula della convenzione. 2. - Quest'ultima notazione denota la rilevanza della questione di costituzionalita' che qui viene chiamati a deliberare. In altri termini, l'accoglimento della domanda principale azionata nel presente giudizio non puo' che passare attraverso l'annullamento della norma regionale censurata, in quanto fondante la richiesta di pagamento contestata. 3. - Passando ora ad esaminare il requisito della non manifesta infondatezza, come accennato poc'anzi deve in primo luogo escludersi che l'estensione tariffaria operata dall'art. 42 in questione abbia carattere retroattivo. La convenzione pone infatti a carico dell'impresa concessionaria l'obbligo di pagare il contributo su base annuale: l'obbligazione corrisponde quindi ad una annualita' di attivita' estrattiva, sulla falsariga delle obbligazioni tributarie per imposte dirette, benche' la stessa debba essere assolta, in virtu' dell'art. 16 della convenzione, entro il 31 marzo dell'anno successivo. Cio' al fine di consentire di quantificare il contributo dovuto sulla base del materiale estratto nell'anno, con eventuale conguaglio rispetto a quanto gia' versato. Tanto precisato, la norma finanziaria regionale censurata ha reso efficace l'incremento tariffario gia' nel 2009: anticipatamente, quindi, rispetto all'anno finanziario che la manovra era destinata a regolare, ma, tenuto conto della sua entrata in vigore il 25 dicembre 2009 (ex art. 60, il giorno successivo la sua pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione n. 121 del 24 dicembre), prima che l'obbligazione contributiva annuale venisse a scadenza. La ridetta norma non incide quindi su situazioni esaurite e risponde peraltro ad un'evenienza del tutto fisiologica, in base alla quale il potere legislativo interviene nel senso modificare nel corso del tempo la disciplina normativa di situazioni giuridiche ad effetti permanenti o comunque durature. 3.1. - Sono pertanto manifestamente infondate le censure di violazione degli artt. 102 e 111 Cost., formulate specificatamente su tale presupposto, oltre che per la radicale mancanza di qualsiasi interferenza della norma sospettata di incostituzionalita' con l'attivita' giurisdizionale. 3.2. - Del pari, non e' dato cogliere alcuna ricaduta con l'attivita' amministrativa ed il principio di buon andamento ex art. 97 Cost., quand'anche si volesse annettere alla ridetta norma efficacia retroattiva, nella rideterminazione delle quote di riparto del contributo tra i vari livelli di governo territoriale in ambito regionale. 3.3. - Ad analoga conclusione deve pervenirsi in relazione al supposto contrato con il principio costituzionale della liberta' di impresa ex art. 41 Cost., considerato che la disposizione censurata non impedisce l'esercizio di tale diritto, limitandosi a regolamentarne gli aspetti economici nel corso della sua durata. 4. - In generale, la questione di costituzionalita' e' posta sulla base di una premessa argomentativa non condivisibile, ma cio' nondimeno, dalla stessa e' possibile enucleare alcuni profili in grado di condurre ad una deliberazione positiva della stessa. 5. - Ha infatti ragione la Sielpa a dolersi dell'ingiustificata lesione del proprio affidamento e dunque dell'irragionevolezza della disposizione censurata ai sensi dell'art. 3 Cost. 5.1. - Sul punto, si e' formato presso la giurisprudenza costituzionale un indirizzo interpretativo tendente a frapporre al libero esplicarsi della potesta' legislativa di regolazione dei rapporti di durata il limite della ragionevolezza, intesa quale equo contemperamento delle aspettative riposte dai privati destinatari della normativa sopravvenuta in ordine alla stabilita', prevedibilita' e certezza dei diritti da tale rapporto nascenti (ex multis: sentenze 24 luglio 2009, n. 23 e 22 ottobre 2010, n. 302). Degna di particolare attenzione ai fini della presente deliberazione e' la seconda delle citate pronunce, nella quale la Corte Costituzionale ha si' rigettato la questione - concernente l'incremento dei canoni di concessione demaniale deciso con la finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) - ma al tal fine valorizzando la circostanza che l'incremento era stato disposto sulla base di un parametro ragionevole, avente il legittimo scopo di riallineare i canoni di concessione demaniale a valori di mercato e che l'aumento in se' non era giunto inaspettato per gli operatori del settore, essendo stato gia' disposto dal d.l. n. 269/2003, peraltro attraverso una rivalutazione delle tariffe vigenti del 300%, e prorogato di anno in anno. Cosicche' l'intervento della finanziaria del 2007 si e' posto in funzione correttiva di un incremento stabilito in misura fissa, attraverso l'introduzione di un sistema parametrico, ancorato a valori medi rilevati su base statistica (moltiplicando superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento), in grado di rendere manifesta l'opzione di politica legislativa ad esso sottesa. 5.2. - Esattamente l'opposto e' avvenuto nel caso di specie. In questo caso, nell'estendersi alle convenzioni gia' in essere alla data della sua entrata in vigore, che solo due anni prima erano state espressamente fatte salve, la disposizione censurata introduce un aumento indiscriminato per tutti gli operatori. Con riguardo alla misura dell'aumento in se', esso e' stato fissato, per il materiale estratto nella cava coltivata dalla Sielpa, nella non irrilevante misura pari quasi ad un mezzo di quello originariamente convenuto (0,88 contro 1,40 euro per metro cubo), nonche' di un quinto rispetto alla misura successivamente rivalutata con delibera di giunta (n. 1657 del 28 dicembre 2004), e di un terzo per quanto riguarda il bugarone (da 0,31 a 0,42 per metro cubo). Il tutto senza tenere conto, appunto, degli incrementi fino ad allora stabiliti in via amministrativa, impedendo in tal modo agli operatori economici interessati di interloquire sul punto, al fine di rappresentare la specifica situazione, con il risultato che al quinto anno di durata del contratto l'onere economico, a parita' di materiale estratto, risulta aumentato di circa un terzo, ben oltre quindi l'adeguamento Istat originariamente convenuto, in pedissequa applicazione dell'art. 17, comma 2, della legge mineraria regionale del 1997. A questo specifico riguardo, in base al diritto vivente, quale ricostruibile sulla base delle pronunce dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio, l'intervento autoritativo comportante a posteriori conseguenze economiche sfavorevoli per soggetti imprenditoriali nell'ambito di un rapporto di durata «impone l'osservanza di un percorso istruttorio, ispirato al principio della partecipazione, che assicuri l'equilibrato contemperamento degli interessi in rilievo, nonche' esige una motivazione tanto piu' approfondita quanto maggiore e' il distacco dalla prevista percentuale di tagli» (sentenza 12 aprile 2012, n. 3, relativa alla fissazione di tetti provvisori di spesa per le strutture private accreditate col Servizio sanitario nazionale). Pertanto, l'equilibrato bilanciamento tra le esigenze di raggiungimento degli obiettivi di bilancio da parte dei pubblici poteri ed il correlativo sacrificio economico imposto ai privati esige in linea di principio una sede amministrativa di ponderazione degli opposti interessi, al fine di consentire ai secondi di rappresentare le proprie posizioni e le conseguenze che l'intervento determinerebbe per gli equilibri economico-finanziari delle attivita' imprenditoriali esercitate. Per contro, la determinazione tariffaria con atto legislativo, pur ammessa in astratto, costituisce una forte deviazione rispetto a questo modello partecipativo di esercizio della potesta' d'imperio, costringendo il soggetto inciso a spostare l'oggetto della propria impugnativa dal giudizio di legittimita' del provvedimento amministrativo a quello sulla costituzionalita' dell'atto normativo, sulla base di uno scrutinio stretto, sostanzialmente riproduttivo del primo. Il che conferma ulteriormente la non manifesta infondatezza della questione sollevata dalla societa' appellante, sotto il profilo suddetto. 5.2.1. Ne' ha pregio l'argomentazione difensiva della Regione, secondo cui la norma avrebbe lo scopo di parificare la situazione degli operatori sottoposti all'incremento tariffario contestato rispetto a quelli ad esso non soggetti. Ad essa, infatti, puo' replicarsi osservando che, in disparte l'ondivago atteggiamento tenuto sul punto dal legislatore regionale nel giro di soli due anni, per i primi l'incremento non puo' dirsi inaspettato, cosicche' deve supporsi che esso costituisca una variabile nota nel necessario calcolo di convenienza prodromico all'avvio di un'iniziativa imprenditoriale, diversamente da quelli le cui convenzioni sono state stipulate in epoca precedente. E' quindi l'equiparazione di queste due categorie a rivelarsi irragionevole, vista la sostanziale diversita' delle rispettive posizioni. 5.2.2. Deve ancora essere disatteso l'assunto difensivo dell'amministrazione resistente secondo cui l'incremento in contestazione e' stato disposto in ossequio ad una rinnovata concezione del contributo per attivita' estrattiva, volto ad addossare agli operatori del settore la conseguente compromissione dei valori paesaggistico-ambientali. Si tratta infatti di un opzione di politica legislativa in astratto incensurabile, ma nel caso di specie essa non emerge in alcun modo dal contenuto e dalle finalita' della normativa censurata, che ha ad oggetto la manovra finanziaria triennale della Regione. 5.3. - La questione di costituzionalita' dell'art. 42, comma 3, l.r. n. 31/2009 puo' dunque essere sollevata sotto questo profilo, esclusi invece dallo stesso gli altri parametri evocati dalla societa' odierna appellante e cioe' l'art. 23 e 53 Cost., non avendo il contributo in questione natura di tributo ma di corrispettivo per l'uso di un bene pubblico. 6. - La questione non risulta manifestamente infondata nemmeno per contrasto dell'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 1, del 1 protocollo addizionale alla Convenzione europea per i diritti dell'uomo («protezione della proprieta'»). Posto che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha infatti adottato una nozione ampia di «bene patrimoniale», includendovi anche i crediti e le legittime aspettative, il Giudice convenzionale ha anche stabilito che l'ingerenza dei pubblici poteri deve cogliere i giusti equilibri tra le esigenze imperative di interesse generale e l'imprescindibile preservazione dei diritti fondamentali dell'uomo (da ultimo: sentenze 26 aprile 2011, su ric. n. 32521/05 e 24 gennaio 2012 - su ric. n. 11838/07 e n. 12302/07), si e' finora visto come nel caso di specie dall'intervento normativo censurato non emerga alcun bilanciamento, essendo lo stesso motivato unicamente da finalita' di riequilibrio dei conti pubblici. Ed anzi, tale finalita' appare nettamente preponderante, atteso che - come sopra accennato - l'incremento tariffario qui contestato e' stato reso operativo gia' a partire dal 2009 e dunque in un anno non compreso nella manovra triennale 2010-2012. Tuttavia, nel relativo perseguimento si e' posto un sacrificio economico nei confronti dei soli operatori del settore minerario, circoscrivendo solo a questi ultimi, dunque, l'onere economico imposto dalla necessita' di correzione dei conti pubblici. 7. - Pertanto, vanno adottate le conseguenti statuizioni di sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 117 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 3, della legge regionale Marche n. 31/2009. Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e sia comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012. Il Presidente: Branca L'Estensore: Franconiero