N. 80 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 agosto 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  12  agosto  2013  (della  regione   autonoma   della
Sardegna). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  il
  pagamento dei  debiti  scaduti  della  P.A.,  per  il  riequilibrio
  finanziario  degli  enti  territoriali,  nonche'  in   materia   di
  versamento di tributi degli enti locali - Disciplina  dei  rapporti
  finanziari tra  lo  Stato  e  la  Regione  Sardegna  -  Adeguamento
  dell'accordo sul patto di stabilita' - Previsione,  fermo  restando
  il contributo regionale alla finanza pubblica di cui  all'art.  16,
  comma 3,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  che  il  Ministro
  dell'economia e delle finanze concordi con la Regione  Sardegna  le
  modifiche da apportare al patto di stabilita' - Previsione  che  il
  suddetto contributo regionale possa  essere  scontato  anche  sulla
  quota del Fondo per  la  coesione  e  lo  sviluppo  destinato  agli
  interventi di perequazione nel territorio regionale - Ricorso della
  Regione Sardegna - Denunciata  conferma  in  capo  alla  ricorrente
  della previsione di un contributo straordinario di finanza pubblica
  indeterminato nel tempo  -  Esorbitanza  dalla  competenza  statale
  nella materia di competenza  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica - Lesione dell'autonomia finanziaria della Regione
  ricorrente - Incidenza sull'obbligo  della  Regione  di  provvedere
  all'integrale finanziamento delle  funzioni  pubbliche  di  cui  e'
  titolare - Incidenza sull'esercizio delle  funzioni  amministrative
  nelle materie di competenza regionale - Violazione del principio di
  leale  collaborazione  -  Richiamo  agli  argomenti  svolti   dalla
  medesima ricorrente in precedente ricorso (ric. n. 160/12). 
- Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con  modificazioni,
  dalla legge 6 giugno  2013,  n.  64,  art.  11,  commi  5-bis  e  8
  (quest'ultimo modificativo dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge
  6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge  7
  agosto 2012, n. 135). 
- Costituzione, artt. 5, 117 e 119 (gli ultimi due articoli anche  in
  combinato disposto con l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
  ottobre  2001,  n.  3);  Statuto  della  Regione  Sardegna   (legge
  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt. 6, 7 e 8. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  il
  pagamento dei  debiti  scaduti  della  P.A.,  per  il  riequilibrio
  finanziario  degli  enti  territoriali,  nonche'  in   materia   di
  versamento di tributi degli enti locali - Disciplina  dei  rapporti
  finanziari tra  lo  Stato  e  la  Regione  Sardegna  -  Adeguamento
  dell'accordo sul patto di stabilita' - Previsione che le  modifiche
  al patto di  stabilita'  interno  per  la  Regione  Sardegna  siano
  apportate con le procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42 del
  2009 - Ricorso della Regione Sardegna -  Denunciata  sottoposizione
  dell'obbligo  del  Ministro  dell'economia  e  delle   finanze   di
  concordare con la Regione l'adeguamento  del  patto  di  stabilita'
  alla condizione  della  previa  adozione  di  norme  di  attuazione
  statutaria  -  Lesione  dell'autonomia  finanziaria  della  Regione
  ricorrente - Incidenza sull'obbligo  della  Regione  di  provvedere
  all'integrale finanziamento delle  funzioni  pubbliche  di  cui  e'
  titolare  -  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  e  del
  principio  di  leale  collaborazione  -  Violazione  del  principio
  dell'equilibrio di bilancio. 
- Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con  modificazioni,
  dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, art. 11, comma 5-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 81, 117 e 119 (gli  ultimi  tre  articoli
  anche  in  combinato   disposto   con   l'art.   10   della   legge
  costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3);  Statuto  della  Regione
  Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), artt.  7  e
  8, anche in relazione all'art. 1 della legge 16  ottobre  2012,  n.
  182. 
(GU n.40 del 2-10-2013 )
    Ricorso per la regione autonoma della  Sardegna  (codice  fiscale
80002870923),  in  persona  del  presidente  pro  tempore  dott.  Ugo
Cappellacci, rappresentata e difesa, giusta  procura  a  margine  del
presente  atto,  dagli  avvocati  Tiziana   Ledda   (codice   fiscale
LDDTZN52T59B354Q;           fax           070.6062418;           pec:
tledda@pec.regione.sardegna.it)  e  prof.  Massimo  Luciani   (codice
fiscale      LCNMSM52L23H501G;      fax       06.90236029;       pec:
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), con domicilio  eletto  presso
lo studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio  n.
9. 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  pro   tempore,   per   la   dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 5-bis  e  8,  del
decreto-legge  8  aprile  2013,  n.  35,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale 8 aprile 2013, n. 82, convertito in legge 6 giugno 2013, n.
64, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 giugno 2013, n. 132. 
 
                                Fatto 
 
    1. - Nella Gazzetta Ufficiale 8 aprile  2013,  n.  82,  e'  stato
pubblicato  il  decreto-legge  8  aprile   2013,   n.   35,   recante
«Disposizioni urgenti per  il  pagamento  dei  debiti  scaduti  della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli  enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali». 
    L'art. 11 del suddetto decreto recava  (e  reca  tuttora)  alcune
disposizioni che  disciplinano  i  rapporti  finanziari  dello  Stato
(solo) con la Regione siciliana (commi da 1 a 5)  e  con  la  regione
Piemonte (commi 6 e 7) e che modificano il regime dei  contributi  di
finanza pubblica imposti dallo Stato a tutte  le  autonomie  speciali
con l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2013 (comma 8). 
    La legge di conversione n. 64 del 2012,  pubblicata  in  Gazzetta
Ufficiale 7 giugno 2013, n. 132, ha aggiunto all'articolo in esame il
comma 5-bis, che disciplina alcuni profili dello  specifico  rapporto
di finanza pubblica tra lo Stato e la  ricorrente  regione  Sardegna.
Ha, altresi', riformulato il comma 8, relativo, come si diceva,  alla
disciplina dei contributi di finanza pubblica gia' imposti con l'art.
16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Nella formulazione vigente, introdotta dalla legge di conversione
del decreto-legge qui impugnato, i commi 5-bis e 8 dell'art.  11  del
decreto-legge n. 35 del 2013 prevedono quanto segue: 
    comma 5-bis: «Fatte salve le previsioni dell'art.  16,  comma  3,
del  decreto-legge  6   luglio   2012,   n.   95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dei commi 1  e  2
dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228,  al  fine  di  dare
piena applicazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della
Corte costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore  dei
rapporti finanziari tra lo Stato e la regione Sardegna,  disciplinato
dalle disposizioni di cui all'art.  1,  comma  834,  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, tenendo conto degli stanziamenti di competenza
e cassa allo scopo previsti nel bilancio  di  previsione  per  l'anno
finanziario  2013  e  nel  bilancio  pluriennale  per   il   triennio
2013-2015, entro centoventi giorni dalla data di  entrata  in  vigore
della  legge  di  conversione  del  presente  decreto,  il   Ministro
dell'economia e delle finanze concorda, nel  rispetto  dei  saldi  di
finanza pubblica, con la regione Sardegna, con le  procedure  di  cui
all'art. 27 della legge  5  maggio  2009,  n.  42,  le  modifiche  da
apportare al patto di stabilita' interno per la regione Sardegna»; 
    comma 8: «Al fine di garantire una sufficiente liquidita' per far
fronte ai pagamenti in conto capitale degli enti territoriali e,  per
la parte corrente, nel comparto dei trasporti e per il  funzionamento
di infrastrutture indispensabili per lo sviluppo  delle  regioni,  al
comma 3  dell'art.  16  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7  agosto  2012,  n.  135,
dopo le parole: "compartecipazione ai tributi erariali" sono inserite
le seguenti parole: "o, previo accordo tra la regione richiedente, il
Ministero  per  la  coesione  territoriale  e  il   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione"  ed
e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In caso di utilizzo delle
risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per le  finalita'  di
cui   al   presente   comma,   la   regione    interessata    propone
conseguentemente al CIPE per la presa d'atto, la nuova programmazione
nel  limite  delle  disponibilita'  residue,  con  priorita'  per  il
finanziamento  di  interventi  finalizzati  alla   promozione   dello
sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti
locali."». 
    2. - Il comma 5-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 35 del 2013
detta disposizioni circa  l'adeguamento  dell'accordo  sul  patto  di
stabilita'  tra  la  regione  Sardegna  e  lo  Stato,  obbligando  il
Ministero dell'economia e delle finanze a concordare con  la  regione
le modifiche al patto di stabilita' medesimo,  al  fine  di  renderlo
congruente con il nuovo  regime  delle  entrate  regionali  stabilito
dall'art. 8 dello Statuto sardo, come novellato  dall'art.  1,  comma
834, della legge n. 296 del 2006. 
    Entrambi i commi, poi, concernono anche l'art. 16, comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012: il primo perche',  quanto  ai  rapporti
finanziari tra Stato e regione Sardegna,  fa  salvo  detto  art.  16,
comma 3, del  decreto-legge  n.  95  del  2012;  il  secondo  perche'
modifica in alcune sue parti quello stesso comma 3. 
    2.1. - Conviene, dunque, per comodita' di lettura,  riportare  il
testo del suddetto art. 16, comma 3, decreto-legge n.  95  del  2012,
nella formulazione vigente (sono sottolineate le parti novellate  dal
comma 8 dell'art. 11 del decreto-legge  n.  35  del  2013):  «Con  le
procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,  le
regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano
assicurano  un  concorso  alla   finanza   pubblica   per   l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e  1.575
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle
norme di attuazione  di  cui  al  predetto  art.  27,  l'importo  del
concorso complessivo di cui al primo periodo del  presente  comma  e'
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali, o, previo accordo tra la  regione  richiedente,  il
Ministero  per  la  coesione  territoriale  e  il   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla
programmazione regionale del Fondo per  lo  sviluppo  e  la  coesione
sulla base di apposito accordo  sancito  tra  le  medesime  autonomie
speciali in sede di Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  e
recepito con decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di  mancato  accordo  in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  l'accantonamento  e'
effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze
da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione  alle
spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno  2011,  dal
SIOPE. 
    Fino all'emanazione delle norme di attuazione di  cui  al  citato
art. 27, gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle predette
autonomie speciali sono rideterminati  tenendo  conto  degli  importi
incrementati di 500 milioni di euro annui  derivanti  dalle  predette
procedure. In caso  di  utilizzo  delle  risorse  del  Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione per le finalita' di cui al presente comma,  la
regione interessata propone conseguentemente al  CIPE  per  la  presa
d'atto, la  nuova  programmazione  nel  limite  delle  disponibilita'
residue, con priorita' per il finanziamento di interventi finalizzati
alla  promozione  dello  sviluppo  in  materia   di   trasporti,   di
infrastrutture e di investimenti locali». 
    3. -  Si  puo',  ora,  comprendere  quale  effetto  producano  le
disposizioni oggetto del presente giudizio sugli  interessi  e  sulle
attribuzioni costituzionali e statutarie della ricorrente. 
    Il comma 5-bis dell'art. 11 del  decreto-legge  n.  35  del  2013
impone al Ministero dell'economia e delle finanze di  concordare  con
la regione Sardegna l'adeguamento dei rapporti finanziari tra Stato e
regione al nuovo regime delle entrate regionali derivanti dalle quote
di compartecipazione ai tributi erariali disposto dall'art.  8  dello
statuto sardo, come riformato dall'art. 1, comma 834, della legge  n.
296 del 2006. 
    Come  e'  ben  noto  all'Ecc.ma  Corte,  che  ha  avuto  modo  di
pronunciarsi sulla questione piu' volte (cfr. sentenze nn. 99  e  118
del 2012 e 95 del 2013), la regione Sardegna e' tuttora in attesa che
lo Stato dia compiuta esecuzione alla nuova formulazione dell'art.  8
dello statuto, tanto che sulla questione e' maturato  un  consistente
contenzioso, in parte tuttora pendente (cfr. i giudizi  rubricati  al
R.  Ric.  nn.  196/2012   e   41/2013),   concernente   la   concreta
disponibilita' finanziaria e la relativa  capacita'  di  spesa  delle
somme assicurate dallo stesso art. 8 dello statuto. Ora,  finalmente,
con l'art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge  n.  34  del  2013,  lo
Stato ha imposto (o, per meglio dire, esplicitato un'imposizione gia'
derivante dallo statuto e  dalla  giurisprudenza  costituzionale)  ai
competenti uffici del Ministero di concordare con la regione Sardegna
una formulazione del patto di stabilita' interno che sia  coerente  e
congruente con il nuovo regime delle entrate regionali,  in  modo  da
assicurare alla regione la  possibilita'  di  effettivo  utilizzo  di
quelle somme. 
    Nondimeno, il legislatore statale ha inteso  vincolare  l'accordo
che Ministero  e  regione  dovranno  stipulare  al  rispetto  di  due
condizioni: 
    che siano «fatte salve le previsioni dell'art. 16, comma  3,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95»; 
    che siano rispettate le «procedure di cui all'art. 27 della legge
5 maggio 2009, n. 42». 
    Entrambe queste condizioni previste dalla legge sono  illegittime
e pregiudizievoli per la ricorrente. 
    Quanto all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, va
detto che con quella disposizione lo Stato, come  risulta  dal  testo
sopra riportato, ha imposto alle  autonomie  speciali  un  contributo
straordinario di finanza pubblica che, gia' di elevato ammontare  per
il 2012 («600 milioni di euro»), raddoppia nel 2013  («1.200  milioni
di euro») e arriva praticamente a triplicare nel 2015  e  negli  anni
seguenti («1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015»). 
    Per questa ragione l'art. 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95
del 2012, anche per come ora novellato, e' certamente illegittimo, in
quanto impone un contributo straordinario di finanza pubblica che  e'
indeterminato  nel  tempo,  cosi'  violando  i  principi  piu'  volte
ribaditi dall'Ecc.ma Corte costituzionale nell'interpretazione  delle
disposizioni che presidiano i rapporti finanziari tra Stato e regione
(articoli 117 e 119 Cost.; articoli 7 e 8 dello statuto). 
    Cio' e'  tanto  vero  che  la  regione  Sardegna  si  e'  trovata
costretta ad impugnare, innanzi  l'Ecc.ma  Corte  costituzionale,  la
predetta disposizione con il ricorso rubricato al n. 160 del R.  Ric.
2012, tuttora pendente (per completezza si osserva che la  successiva
modificazione dell'art. 16, comma 3, intervenuta con l'art.  1  della
legge n. 228 del 2012,  e'  stata  anch'essa  impugnata  dall'odierna
ricorrente con ricorso esso pure pendente e rubricato al n. 41 del R.
Ric. 2013). 
    Quanto alle procedure di cui all'art. 27 della legge  n.  42  del
2009, in detto  articolo  e'  previsto  che  «Le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel  rispetto
degli statuti speciali, concorrono al conseguimento  degli  obiettivi
di perequazione e di solidarieta'  ed  all'esercizio  dei  diritti  e
doveri da essi derivanti, nonche' al patto di  stabilita'  interno  e
all'assolvimento degli obblighi posti  dall'ordinamento  comunitario,
secondo criteri e modalita' stabiliti  da  norme  di  attuazione  dei
rispettivi statuti, da definire,  con  le  procedure  previste  dagli
statuti medesimi [...]». 
    Cio' significa che (a meno che il rapporto tra  il  decreto-legge
n. 35 del 2013 e  la  legge  n.  42  del  2009  non  si  ricostruisca
diversamente) e' possibile, per lo  Stato,  rifiutarsi  di  adempiere
all'obbligo posto dalla legge fino a che non siano state adottate  le
norme di attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 ora
citata.  In  questo  modo,  pero',  la   regione   Sardegna   patisce
un'ulteriore dilazione dei tempi di completa esecuzione  dell'art.  8
dello statuto, nonostante che l'art. 1, comma 838, della legge n. 296
del 2006 abbia previsto che il nuovo regime delle  entrate  regionali
entri a regime dal 2010. 
    4. - Si consideri, inoltre,  che  -  come  gia'  riportato  -  il
legislatore statale, con l'art. 11, comma 8, del decreto-legge n.  35
del 2013 ha modificato l'art. 16, comma 3, del  decreto-legge  n.  95
del 2012, prevedendo  che  il  contributo  di  finanza  pubblica  ivi
previsto  possa   essere   scontato   non   solo   sulle   quote   di
compartecipazione ai tributi erariali di  spettanza  regionale  (come
previsto nella precedente formulazione della norma), ma  anche  sulla
parte del «Fondo per  lo  sviluppo  e  la  coesione»  destinato  agli
interventi a favore delle regioni chiamate a versare  il  contributo.
In questo modo,  pero',  la  lesivita'  della  norma  e'  addirittura
aumentata, perche' alla disponibilita' delle autonomie speciali,  tra
cui la ricorrente, possono venire a mancare fondi indispensabili  per
lo sviluppo socio-economico del territorio, preordinati ad  adempiere
a quelle funzioni  di  solidarieta'  sociale  che  l'art.  119  Cost.
prevede siano esercitate nelle forme della perequazione finanziaria a
favore dei territori svantaggiati. 
    Per le ragioni  anzidette,  l'art.  11,  commi  5-bis  e  8,  del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, pubblicato in Gazzetta  Ufficiale
8 aprile 2013, n. 82, convertito in  legge  6  giugno  2013,  n.  64,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale 7 giugno 2013, n. 132, e' gravemente
lesivo  degli  interessi  e  delle  attribuzioni   costituzionali   e
statutarie della regione autonoma della Sardegna, che  ne  chiede  la
declaratoria d'illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 5-bis, per
un primo profilo, e  8  del  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.  35,
pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2013, n. 82, convertito  in
legge 6 giugno 2013, n. 64, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 7 giugno
2013, n. 132. Violazione del principio di leale collaborazione di cui
agli articoli 5 e 117 Cost., degli articoli 117 e 119 Cost. (anche in
combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001) e degli articoli 6, 7 e 8 della legge costituzionale n.  3  del
1948, recante statuto speciale per la Sardegna.  La  prima  doglianza
investe: 
    a) il comma 5-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 35 del  2013,
nella parte in cui, nell'obbligare il Ministero dell'economia e delle
finanze all'adeguamento del regime dei rapporti finanziari tra  Stato
e regione Sardegna al nuovo  art.  8  dello  statuto,  fa  «salve  le
previsioni dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95», cosi'  confermando,  in  capo  alla  ricorrente,  il  contributo
straordinario di finanza pubblica  previsto  dal  medesimo  art.  16,
comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012; 
    b) il comma 8,  in  quanto  modifica  l'art.  16,  comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012, confermandone la vigenza e  aggiungendo
ulteriori profili lesivi dell'autonomia finanziaria della ricorrente,
in quanto idoneo a sottrarre risorse dai capitoli del  Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione destinati agli  interventi  perequativi  nella
regione Sardegna. 
    E' evidente che l'art. 11 del decreto-legge n. 35  del  2013,  in
queste parti, e' illegittimo per gli stessi motivi gia'  dedotti  nel
ricorso avverso l'art. 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, ricordato
in narrativa (n. 160 R. Ric. 2012). Tali  motivi  sono  qui  appresso
ribaditi  e  integrati,  alla  luce  delle  novita'   medio   tempore
determinatesi. 
    1.1. - In ragione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95
del 2012 e, oggi, dell'art. 11, comma 5-bis (ma anche, come si  dira'
di seguito, comma 8), del decreto-legge n.  35  del  2013,  a  carico
della regione Sardegna  e'  imposto  un  contributo  aggiuntivo  alla
finanza pubblica. Tale contributo non e' delimitato  nel  tempo  (del
resto, la c.d. spending review  che  si  e'  inteso  avviare  con  il
decreto-legge n. 95 del 2012 non e' una manovra di  finanza  pubblica
temporanea, ma una rideterminazione complessiva della spesa pubblica,
che si vuole strutturalmente applicabile di qui in avanti), ma cresce
fino a toccare l'enorme somma di un miliardo e cinquecento milioni di
euro «a decorrere dall'anno 2015» (e quindi di li' in avanti). 
    Se questo e', come e', vero, sono violati i principi che  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale ha ricavato dal testo costituzionale  (in
particolare  dall'art.  117  Cost.,  espressamente  menzionato  nella
giurisprudenza,  applicabile  anche  alle   autonomie   speciali   se
maggiormente favorevole, stante il disposto dell'art. 10 della  legge
n. 3 del 2001)  a  presidio  dei  rapporti  finanziari  tra  Stato  e
regione.  Nella  sentenza  n.  82  del  2007,  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale   ha   affermato   che   le   «limitazioni   indirette
all'autonomia di spesa degli enti» possono darsi  solamente  «in  via
transitoria e in vista  degli  specifici  obiettivi  di  riequilibrio
della  finanza  pubblica  perseguiti  dal  legislatore  statale».  La
disposizione in  esame,  invece,  non  pone  vincoli  transitori,  ma
definitivi, eppercio' illegittimi. 
    Nella piu' recente sentenza n. 193 del 2012, poi, codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale ha ricordato  di  essersi  «espressa  sulla  non
incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art.
14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, sul presupposto  -
richiesto dalla propria costante giurisprudenza - che possono  essere
ritenute principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell'art.  117  Cost.,  le
norme che «si  limitino  a  porre  obiettivi  di  riequilibrio  della
finanza pubblica, intesi nel senso  di  un  transitorio  contenimento
complessivo, anche se  non  generale,  della  spesa  corrente  e  non
prevedano  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi»  (sentenza  n.  148  del  2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)». 
    Per tale ragione, le disposizioni impugnate violano  l'art.  117,
comma 3, Cost., in combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001, perche' lo Stato, nel  disciplinare  la
partecipazione delle regioni alla manovra  di  finanza  pubblica,  ha
imposto un contributo straordinario senza limiti  di  tempo  in  capo
alle regioni  a  statuto  speciale,  disposizione  che  -  stante  la
consolidata  giurisprudenza  costituzionale   -   non   puo'   essere
ricondotta   ad   un   «principio   fondamentale»    della    materia
«coordinamento della  finanza  pubblica.  Di  conseguenza,  la  norma
impugnata esorbita dalla competenza statale  -  appunto  limitata  ai
soli  «principi  fondamentali»  -   nella   materia   di   competenza
concorrente «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma
3, Cost., cosi' impedendo alla regione lo svolgimento autonomo  delle
funzioni  economico-finanziarie  attribuite  dallo   statuto,   dalla
Costituzione e dalla legge. 
    Per gli stessi motivi, sono violati gli articoli 7 dello  statuto
e 119 della  Costituzione,  che  tutelano  la  particolare  autonomia
finanziaria della regione Sardegna, che e' qui incisa dallo Stato con
disposizioni - si ripete - non riconducibili  ai  «principi  generali
della materia» e  dagli  effetti  pregiudizievoli  permanenti,  senza
alcuna valida base costituzionale o statutaria. 
    Violato e', altresi', l'art. 119, comma 4, Cost.,  in  quanto  il
contributo richiesto dallo Stato impedisce, di fatto, alla regione di
provvedere all'integrale finanziamento delle  funzioni  pubbliche  di
cui e' titolare in ragione della Costituzione, dello statuto e  della
legge in generale. Tali funzioni, e' bene ribadire, sono cosi'  ampie
che si e' resa necessaria, nel 2006, la  riforma  dell'art.  8  dello
statuto, introducendo nuove fonti  di  entrata  idonee  a  coprire  i
fabbisogni. Il prelievo ora imposto, dunque, contraddice frontalmente
quella scelta (di  rango  costituzionale)  ed  e'  per  tabulas  (per
implicito, eppero' chiarissimo riconoscimento da parte della legge n.
296 del  2006)  impeditivo  del  corretto  assolvimento  dei  compiti
istituzionali della regione. 
    Infine e' violato anche l'art. 6 dello statuto, che  affida  alla
regione  Sardegna  le  funzioni  amministrative  nelle   materie   di
competenza regionale, funzioni che, per le ragioni ora  ribadite,  la
regione non potra' compiutamente svolgere  a  causa  dell'illegittima
diminuzione di risorse imposta dal legislatore statale. 
    1.2. - Quanto al comma 8 dell'art. 11 qui impugnato, esso -  come
si  e'  visto  -  modifica  lo  stesso  comma  3  dell'art.  16   del
decreto-legge  n.  95  del   2012,   prevedendo   che,   nelle   more
dell'attuazione  dell'art.  27  della  legge  n.  42  del  2009,   il
contributo imposto dal legislatore statale possa essere scontato  non
solo sulle quote di compartecipazione alle entrate  erariali,  bensi'
anche sulla quota del Fondo per la coesione e lo  sviluppo  destinato
agli interventi di perequazione nel territorio regionale. 
    Queste circostanze confermano e anzi aggravano i  vizi  che  gia'
affliggevano l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. 
    1.2.1. - Anzitutto, come  si  e'  detto,  anche  la  disposizione
impugnata conferma in capo alla ricorrente un contributo  di  finanza
pubblica indefinito  nel  tempo,  eppercio'  illegittimo,  in  quanto
esorbita dalla competenza statale in materia di «coordinamento  della
finanza  pubblica»,  cosi'  violando  la  corrispondente   competenza
regionale ex art. 117, comma  3,  Cost.  in  combinato  disposto  con
l'art. 10 della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001,  oltre  che
l'autonomia  finanziaria  della  regione  Sardegna,  tutelata   dagli
articoli 7 e 8 dello statuto e dall'art. 119 Cost. 
    1.2.2. - In secondo luogo, si deve ricordare che,  come  l'Ecc.ma
Corte ha da ultimo rilevato nella sentenza n. 95 del  2013,  sussiste
«un annoso contrasto tra la regione Sardegna e lo  Stato  su  cui  la
Corte e' stata gia' piu' volte chiamata  a  pronunciarsi  (a  partire
dalla sentenza n. 213 del 2008 e, anche recentemente, con le sentenze
n. 99 e n. 118 del 2012)». In particolare «la causa  del  contenzioso
e'  legata  al  ritardo  nell'esecuzione   del   nuovo   sistema   di
finanziamento della regione Sardegna» (sentenza n. 95 del 2013). 
    Tanto perche' - si legge ancora nella sentenza n. 95 del  2013  -
«negli anni seguenti alla novella  legislativa  del  2006,  le  nuove
previsioni hanno ricevuto  puntuale  attuazione  sul  versante  delle
spese, con la conseguenza che, a decorrere dalla scadenza del periodo
transitorio (2009), gli oneri relativi  alla  sanita',  al  trasporto
pubblico locale e alla continuita' territoriale sono venuti a gravare
sul bilancio  della  regione  Sardegna»,  mentre  «sul  fronte  delle
entrate [...] lo Stato non ha  trasferito  alla  regione  le  risorse
corrispondenti alle maggiori compartecipazioni al gettito dei tributi
erariali, cosi' come previsto dall'art. 8 dello statuto». In  ragione
di questa circostanza, ha affermato codesto Ecc.mo collegio, persiste
«uno stato di incertezza che  determina  conseguenze  negative  sulle
finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre  rimedio,
trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a  norma
dello statuto»,  onde  scongiurare  una  vera  e  propria  «emergenza
finanziaria in Sardegna» che «il ritardo accumulato sta determinando»
(cosi' ancora la sentenza n. 95 del 2013). 
    Ebbene,   e'   assolutamente   evidente   che    l'accantonamento
dell'illegittimo contributo di  cui  al  comma  3  dell'art.  16  del
decreto-legge n. 95 del 2012 sulle quote  di  compartecipazione  alle
entrate  erariali  aggrava,   una   volta   di   piu',   l'«emergenza
finanziaria» dovuta  all'inerzia  dello  Stato  nel  dare  esecuzione
all'art. 8 dello statuto. 
    Anche per tale profilo, dunque, le disposizioni impugnate violano
l'art. 8 dello statuto, diminuendo le somme che  lo  Stato  (avendole
espressamente considerate necessarie perche' la regione svolgesse  le
sue funzioni) deve liquidare alla regione in ossequio  al  regime  di
compartecipazione al gettito delle entrate erariali. Di  conseguenza,
e' ulteriormente pregiudicata l'autonomia finanziaria  della  regione
e, sempre di conseguenza, sono violati  gli  articoli  7  e  8  dello
statuto e 119 Cost., che tale autonomia fondano e tutelano. 
    Violato e', altresi', il principio di  leale  collaborazione,  in
relazione all'art.  8  dello  statuto,  perche'  il  contributo  alla
finanza  pubblica  e'  fatto  valere  direttamente  sulle  quote   di
compartecipazione alle entrate  erariali  nonostante  che  lo  Stato,
sottraendosi al dovere di leale collaborazione, non abbia ancora dato
completa esecuzione al nuovo regime delle medesime, fissato, appunto,
dall'art.  8.  Ne  consegue   che,   se   il   principio   di   leale
collaborazione, in linea di massima, non e' invocabile nei giudizi in
via principale,  tanto  non  vale  in  questo  caso,  perche'  l'aver
sostanzialmente recepito la situazione  determinata  da  una  pratica
amministrativa illegittima per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione fa si' che il vizio si  riverberi  anche  sulla  legge
stessa. 
    1.2.3. - Infine, come gia' si diceva, si deve considerare che, in
ragione delle disposizioni qui impugnate, il contributo straordinario
di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del  2012,  puo'
essere fatto valere anche sulle risorse del «Fondo per lo sviluppo  e
la coesione». Detto fondo, disciplinato dagli articoli 2  e  seguenti
del decreto legislativo n. 88 del 2011, e' destinato «a rimuovere  le
disuguaglianze  di   capacita'   amministrativa   per   l'equilibrata
attuazione del titolo V della Costituzione nonche' alle spese per  lo
sviluppo ammesse dai regolamenti dell'Unione europea» (art. 2,  comma
1, del decreto legislativo n. 88 del 2011), onde «perseguire anche la
perequazione  infrastrutturale»  (art.  1,  comma  2,   del   decreto
legislativo n. 88 del  2011).  Il  Fondo,  dunque,  e'  lo  strumento
adottato  dal  legislatore  per  dare  attuazione  al  principio   di
perequazione territoriale fissato dall'art. 119, comma 3, Cost.,  ove
si prevede che «la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo,
senza vincoli di destinazione, per i territori con  minore  capacita'
fiscale per abitante». 
    Tutto cio' premesso, appare evidente che le disposizioni in esame
violano  l'art.  119,  comma  3,  Cost.,   perche'   consentono   che
addirittura il Fondo per lo sviluppo e la coesione sia depauperato in
ragione di un contributo di finanza pubblica illegittimo. 
    Dato che il Fondo per la coesione e lo sviluppo  e'  destinato  a
perseguire  la  «perequazione  infrastrutturale»,  e'  violato  anche
l'art. 8 dello statuto, che alla lettera i) del comma 1  prevede  che
tra le entrate della regione vi siano anche «contributi  straordinari
dello Stato per particolari piani di opere pubbliche». 
    Infine, e' evidente che il depauperamento della parte  del  Fondo
per lo sviluppo e la coesione destinato agli  interventi  perequativi
nel  territorio  regionale  sardo,  lede  ulteriormente   l'autonomia
finanziaria della regione Sardegna e, con essa, gli articoli  7  e  8
dello statuto e 119 della Costituzione. 
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 5-bis, del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, pubblicato in Gazzetta  Ufficiale
8 aprile 2013, n. 82, convertito in  legge  6  giugno  2013,  n.  64,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale  7  giugno  2013,  n.  132,  per  un
ulteriore profilo. Violazione del principio di ragionevolezza di  cui
all'art. 3 Cost., del principio di leale collaborazione di  cui  agli
articoli 5 e 117 Cost., degli articoli 81, 117 e 119 Cost. (anche  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001) e degli articoli 7 e 8 della  legge  costituzionale  n.  3  del
1948, recante statuto speciale per la Sardegna,  anche  in  relazione
all'art. 1 della legge n.  182  del  2012.  Una  seconda  ragione  di
doglianza concerne il comma 5-bis dell'art. 11 del  decreto-legge  n.
35 del 2013, nella parte in cui disciplina l'adeguamento del patto di
stabilita' fra lo Stato e la regione Sardegna, in particolare laddove
rinvia alle «procedure» di cui all'art. 27  della  legge  n.  42  del
2009. 
    2.1. - Sul punto e' necessaria una premessa. In questa  parte  il
comma 5-bis  dell'art.  11  del  decreto-legge  n.  35  del  2013  si
inserisce nel lungo contenzioso sorto tra la regione  autonoma  della
Sardegna e lo Stato (in particolare,  il  Ministero  dell'economia  e
delle  finanze),  relativo  agli   effetti   derivanti   sul   regime
finanziario della  regione  dalla  riforma  delle  entrate  regionali
introdotta con l'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006  (che
ha riscritto l'art. 8 dello  statuto,  rendendo  piu'  favorevole  il
regime della  compartecipazione  regionale  alle  entrate  erariali).
Detto contenzioso ha interessato tre distinti profili, tutti  portati
all'attenzione della Corte costituzionale. 
    In primo luogo, codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha  affermato
che la regione puo' (e deve) appostare in bilancio le maggiori  somme
derivanti dalla riforma dell'art. 8 dello statuto (sentenza n. 99 del
2012). In secondo luogo ha affermato che «il contenuto  dell'accordo»
sul patto di stabilita' «deve essere conforme  e  congruente  con  le
norme statutarie della regione, ed in particolare con l'art. 8  dello
statuto modificato - per effetto del meccanismo normativo  introdotto
dall'art. 54 dello statuto stesso - dall'art.  1,  comma  834,  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296», che «ha rideterminato e quantificato
le entrate tributarie e la loro misura di  pertinenza  della  regione
autonoma Sardegna» (sentenza n. 118 del 2012). Infine,  ha  affermato
che «l'inerzia statale» nel conferire  le  somme  di  spettanza  alla
regione Sardegna ha determinato «conseguenze negative  sulle  finanze
regionali,  alle  quali  occorre   tempestivamente   porre   rimedio,
trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a  norma
dello statuto» (sentenza n. 95 del 2013). 
    Il  legislatore  statale  ha   dovuto   adeguarsi   ai   richiami
dell'Ecc.mo  collegio.  Dapprima,  «nell'adottare  disposizioni   per
l'assestamento del bilancio per l'anno finanziario 2012, con la legge
16 ottobre 2012, n. 182, ha destinato 1.383.000.000 euro al  fine  di
devolvere alla regione il gettito  delle  entrate  erariali  ad  essa
spettanti in quota fissa e variabile» (cosi' la recentissima sentenza
n. 95  del  2013,  resa  inter  partes),  in  ossequio  alla  riforma
dell'art. 8 dello statuto. Adesso, come si  accennava  in  narrativa,
con l'art. 11, comma 5-bis  del  decreto-legge  n.  35  del  2013  ha
imposto (per meglio dire: come  si  e'  gia'  osservato,  esplicitato
un'imposizione gia' derivante dallo statuto  e  dalla  giurisprudenza
costituzionale) ai competenti uffici del Ministero di concordare  con
la regione Sardegna una formulazione del patto di stabilita'  interno
che sia coerente e congruente  con  il  nuovo  regime  delle  entrate
regionali, in modo da assicurare  alla  regione  la  possibilita'  di
effettivo utilizzo delle risorse di  spettanza,  cosi'  applicando  i
principi gia' statuiti  dall'Ecc.mo  collegio  con  la  sopra  citata
sentenza n. 118 del 2012 (non a caso richiamata anche nel testo della
legge). 
    2.1.1. - Come si e' gia' visto  in  narrativa,  l'art.  27  della
legge n. 42 del 2009, cui rimanda il comma  5-bis  dell'art.  11  del
decreto-legge n. 35 del 2013, prevede che il  quadro  generale  della
legislazione statale e regionale inerenti i rapporti  finanziari  tra
lo Stato e le autonomie speciali  (in  particolar  modo  relative  al
«conseguimento  degli  obiettivi  di  perequazione»,  al  «patto   di
stabilita'  interno»  e  all'assolvimento   «degli   obblighi   posti
dall'ordinamento comunitario») sia disegnato da norme  di  attuazione
dei rispettivi statuti. Ivi, infatti, si stabilisce che «Le regioni a
statuto speciale e le province autonome di Trento e di  Bolzano,  nel
rispetto degli statuti speciali, concorrono  al  conseguimento  degli
obiettivi di perequazione e  di  solidarieta'  ed  all'esercizio  dei
diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al  patto  di  stabilita'
interno e  all'assolvimento  degli  obblighi  posti  dall'ordinamento
comunitario, secondo  criteri  e  modalita'  stabiliti  da  norme  di
attuazione dei rispettivi statuti,  da  definire,  con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi, e secondo il principio del  graduale
superamento del criterio della spesa storica  di  cui  all'  art.  2,
comma 2, lettera m)». 
    Nel  caso  della  regione  Sardegna,  l'art.   56   della   legge
costituzionale n.  3  del  1948  prevede  che:  a)  «Una  commissione
paritetica di quattro membri [...] proporra'  le  norme  relative  al
passaggio degli uffici e del  personale  dallo  Stato  alla  regione,
nonche' le norme di attuazione del presente statuto»  (comma  1);  b)
«Tali norme  saranno  sottoposte  al  parere  della  consulta  o  del
consiglio regionale e saranno emanate con decreto legislativo» (comma
2). 
    Il senso del rinvio all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 e'  di
difficile   lettura.   Nondimeno,   in   assenza   di    qualsivoglia
specificazione da parte della  disposizione  impugnata  (che  sarebbe
stata assolutamente indispensabile) deve ritenersi che  ad  esso  sia
sottesa l'intenzione di imporre  l'adozione  delle  citate  norme  di
attuazione prima che il patto  di  stabilita'  tra  Stato  e  regione
Sardegna sia finalmente adeguato al novellato art.  8  dello  statuto
sardo. Conformemente a tale intenzione, l'obbligo, imposto in capo al
MEF, di concordare l'adeguamento del patto di stabilita'  alle  nuove
risorse finanziarie della regione appare sottoposto ad una condizione
sospensiva, che verra'  meno  solo  al  momento  dell'emanazione  del
decreto legislativo contenente le apposite norme di attuazione.  Tale
condizione  sospensiva,  peraltro,  si   configura   come   meramente
potestativa, perche' rimessa alla volonta' dello Stato  di  approvare
(nella commissione paritetica) e poi di adottare in concreto la fonte
recante le norme di attuazione statutaria. Volonta', questa,  che  e'
tutt'altro che scontata (si consideri  che  ad  oggi,  dopo  piu'  di
quattro anni dall'entrata in vigore della legge n. 42 del  2009,  non
sono state ancora adottate  le  norme  di  attuazione  relative  alla
perequazione  fiscale  e  finanziaria  per  le  regioni   a   statuto
speciale). 
    2.1.2. - Vero quanto precede, il comma  5-bis  dell'art.  11  del
decreto-legge n.  35  del  2013,  nella  parte  in  cui  richiama  le
«procedure» di cui all'art. 27 della legge n.  42  del  2009  risulta
senz'altro pregiudizievole per la regione Sardegna. 
    E' opportuno osservare che il MEF, ogniqualvolta  ha  opposto  il
proprio diniego alle proposte della regione Sardegna in tema di patto
di stabilita', ha costantemente affermato  che  «in  assenza  di  una
disposizione legislativa che preveda misure compensative a favore  di
codesta regione, si ritiene che, a livello  tecnico,  non  sussistano
margini per un ampliamento del tetto dei pagamenti» (cfr. nota  della
Ragioneria generale dello Stato prot. n. 54891 del 17 luglio 2012  e,
in termini assolutamente analoghi, la  nota  prot.  n.  50971  del  7
giugno 2011). In altri termini:  il  MEF  ha  costantemente  ritenuto
necessaria una specifica intermediazione legislativa perche'  potesse
darsi compiuta esecuzione al nuovo art. 8 dello statuto. 
    Anche l'Avvocatura generale dello Stato, nel  proporre  questione
di legittimita' costituzionale in via principale  dell'art.  3  della
legge regionale Sardegna n. 12 del 2011 (che ha introdotto  l'obbligo
per la regione di appostare  nel  bilancio  le  somme  derivanti  dal
novellato art. 8 dello  statuto),  ha  affermato  che  quell'articolo
avrebbe disciplinato «unilateralmente  con  legge  regionale  aspetti
demandati a norme di attuazione dello statuto speciale di  autonomia,
consentendo di derogare alle vigenti norme di attuazione dell'art.  8
dello statuto speciale di autonomia, contenute negli articoli da 32 a
38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 250/1949» (cfr. gli
atti relativi al ricorso iscritto al R.Ric. n. 85 del 2011, che,  nel
brano  citato,  riporta  finanche  testualmente  il  contenuto  della
relazione del Dipartimento per gli affari regionali della  Presidenza
del Consiglio dei ministri, allegata alla  delibera  di  impugnazione
della suddetta legge adottata dal Consiglio dei ministri in  data  28
luglio 2011). 
    2.1.3. -  E'  evidente,  dunque,  che  l'amministrazione  statale
ritiene necessaria l'adozione di norme di attuazione  statutaria  per
l'esecuzione dell'art. 8 dello statuto. Questo  orientamento  risulta
seguito anche da una recente sentenza del TAR della Sardegna (che  ci
si riserva  di  gravare  di  apposito  appello),  adito  dall'odierna
ricorrente  per  l'annullamento  della  sopra   citata   nota   della
Ragioneria generale dello Stato, prot. n. 54891 del 17  luglio  2012,
con la quale il MEF ha opposto  il  proprio  diniego  alla  richiesta
della regione Sardegna di adeguamento del patto di stabilita' interno
al  novellato  art.  8  dello  statuto.  In   particolare,   il   TAR
cagliaritano, dopo aver (giustamente) ricordato che «L'art. 1,  comma
834,  legge  n.  296/2006,  ha  apportato  modifiche  al  sistema  di
finanziamento  della  regione  Sardegna  novellando  l'art.  8  dello
statuto   speciale»,   ha   (erroneamente)   affermato,   «con   cio'
condividendo la  posizione  espressa  dal  Ministero,  che  la  sopra
menzionata disposizione necessiti di attuazione», che vi sarebbe  «la
previa necessita' di un'intermediazione legislativa dell'art. 8 dello
statuto onde poter adeguare i profili di spesa  alle  nuove  maggiori
disponibilita' finanziarie, nel rispetto  dell'ineludibile  principio
dell'equilibrio del bilancio» (sentenza 26 luglio 2013, n. 574). 
    2.1.4. - Ora, a  fronte  di  questo  ripetuto  comportamento,  il
rinvio alla  legge  n.  42  del  2009  da  parte  della  disposizione
impugnata, in mancanza di  una  contraria  ed  esplicita  indicazione
legislativa, cela l'intenzione di un'ulteriore dilazione e fa si' che
la regione autonoma della Sardegna sia costretta ad impugnare  l'art.
11, comma 5-bis, del decreto-legge n. 35 del 2013 anche  nella  parte
in cui sottopone l'obbligo del MEF di  concordare  l'adeguamento  del
patto di  stabilita'  della  regione  alla  condizione  della  previa
emanazione di norme di attuazione dello statuto sardo. Tanto,  per  i
seguenti motivi. 
    2.2. - L'art. 8 dello  statuto  dispone  che  «Le  entrate  della
regione sono costituite:  a)  dai  sette  decimi  del  gettito  delle
imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone
giuridiche riscosse nel territorio della regione; b) dai nove  decimi
del gettito delle imposte sul bollo,  di  registro,  ipotecarie,  sul
consumo  dell'energia  elettrica  e  delle  tasse  sulle  concessioni
governative percette nel territorio  della  regione;  c)  dai  cinque
decimi delle imposte  sulle  successioni  e  donazioni  riscosse  nel
territorio  della  regione;  d)  dai  nove  decimi  dell'imposta   di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta  nel
territorio della regione; e) dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
dei tabacchi consumati nella regione; f) dai nove decimi del  gettito
dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da
determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie  rilevati
annualmente  dall'ISTAT;   g)   dai   canoni   per   le   concessioni
idroelettriche; h) da imposte e tasse sul turismo e da altri  tributi
propri che la regione ha facolta' di istituire con legge  in  armonia
con i principi del sistema tributario dello  Stato;  i)  dai  redditi
derivanti dal  proprio  patrimonio  e  dal  proprio  demanio;  l)  da
contributi straordinari dello Stato per particolari  piani  di  opere
pubbliche e di trasformazione fondiaria; m) dai sette decimi di tutte
le entrate erariali, dirette o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici. 
    Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese  anche  quelle
che, sebbene relative a fattispecie tributarie  maturate  nell'ambito
regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni  legislative  o
per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati  fuori  del
territorio della regione». 
    Gia' ad una  prima  lettura  le  disposizioni  ora  riportate  si
presentano come immediatamente precettive in merito alla  regolazione
degli  accertamenti  delle  compartecipazioni  regionali  ai  tributi
erariali. Esse, nell'enumerare le fonti delle  entrate  tributarie  e
patrimoniali della regione Sardegna e le quote  di  compartecipazione
alle entrate erariali dello Stato, non prevedono alcun  trasferimento
di funzioni amministrative,  ne'  alcun  esercizio  coordinato  delle
medesime, ne'  -  quindi  -  subordinano  lo  svolgimento  di  alcuna
attribuzione regionale alla previa adozione di norme di attuazione. 
    Di conseguenza, allo Stato non rimarrebbe che prendere  atto  del
nuovo contesto normativo previsto dalle fonti di rango costituzionale
e  adeguarvi   il   bilancio   statale,   procedere   alla   coerente
determinazione dei  saldi  di  finanza  pubblica  e  provvedere  alla
materiale liquidazione delle somme spettanti alla  regione  Sardegna.
Sempre di conseguenza, lo Stato  dovrebbe  prendere  atto  del  nuovo
contesto  normativo  nel  concordare  con   la   regione   ricorrente
l'adeguamento del patto di  stabilita'  alle  nuove  entrate  che  lo
statuto garantisce. 
    2.3.  -  E'   orientamento   consolidato   nella   giurisprudenza
costituzionale che gli statuti delle regioni autonome sono pienamente
cogenti e immediatamente esecutivi senza la necessaria interposizione
di norme di attuazione (cfr. sentenze n. 58  del  1958,  n.  136  del
1969, n. 108 del 1971, n. 312 del 1983),  proprio  le  pronunce  piu'
recenti  relative  ai  rapporti  finanziari  tra  Stato  e   Sardegna
confortano nell'assunto ora riferito. 
    Anzitutto, con la sentenza n. 99 del 2012, codesta  Ecc.ma  Corte
ha rigettato il sopra  menzionato  ricorso  dell'Avvocatura  erariale
avverso l'art. 3 della legge regionale Sardegna n.  3  12  del  2011,
rilevando che «il ricorrente, [...] pur evocando gli articoli 4, 5  e
56 dello statuto, omette di argomentare le ragioni per le quali  alla
regione non dovrebbe spettare il potere di  quantificare  l'ammontare
delle compartecipazioni ai tributi erariali, al fine di  redigere  il
bilancio  di  previsione».  Questa  pronuncia,  per  quanto  sia   di
inammissibilita'  del  gravame  allora  proposto,  e'  significativa,
proprio  perche'  riconosce  che  e'  priva  di  fondamento  l'intera
impostazione del problema dell'esecuzione dell'art. 8 dello  statuto,
fatta propria tanto dall'Avvocatura dello Stato in sede  contenziosa,
quanto dal  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  in  sede  di
trattative sulla  determinazione  del  patto  di  stabilita'  per  la
regione Sardegna. 
    Nella gia' riportata sentenza n. 118 del 2012, poi, resa  proprio
in tema di patto di stabilita' della regione Sardegna  seguente  alla
riforma   dell'art.   8   dello   statuto,   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale ha affermato che sono (solo) lo stesso  art.  8  dello
statuto e le disposizioni di legge relative agli obblighi di  finanza
pubblica delle regioni che «costituiscono,  nel  loro  complesso,  il
quadro  normativo  di  riferimento  della  finanza  regionale   della
Sardegna», sicche'  «il  combinato  delle  suddette  disposizioni  in
materia di  entrata  e  spesa  compone  dunque  la  disciplina  delle
relazioni finanziarie tra Stato e regione autonoma». 
    Piu' specificamente, come si e' gia'  avuto  modo  di  osservare,
nella medesima  sentenza  si  e'  affermato  che,  «l'equilibrio  del
bilancio [...] non potra' che realizzarsi  all'interno  dello  spazio
finanziario delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori  risorse
regionali risultanti  dalla  entrata  in  vigore  dell'art.  8  dello
statuto (con decorrenza dal 1° gennaio 2010 per effetto dell'art.  1,
comma 838, della legge n. 296 del 2006) e dalla riduzione della spesa
conseguente alla applicazione del patto di stabilita' 2011». 
    Peraltro, proprio nella pronuncia  ora  in  esame  e'  stato  ben
chiarito  che  l'aumento  delle  entrate  regionali  produce  effetti
immediati anche sul versante della  spesa:  «E'  infatti  di  palmare
evidenza che proprio il  principio  inderogabile  dell'equilibrio  in
sede preventiva del bilancio di competenza comporta che  non  possono
rimanere indipendenti e non coordinati, nel  suo  ambito,  i  profili
della spesa e quelli dell'entrata». 
    Non basta. Nella recentissima  sentenza  n.  95  del  2013,  poi,
codesto  Ecc.mo  collegio  ha  osservato  che  sussiste  «un   annoso
contrasto tra la regione Sardegna e lo Stato su cui la Corte e' stata
gia' piu' volte chiamata a pronunciarsi (a partire dalla sentenza  n.
213 del 2008 e, anche recentemente, con le sentenze n. 99  e  n.  118
del 2012)». In particolare, «la causa del contenzioso  e'  legata  al
ritardo nell'esecuzione del  nuovo  sistema  di  finanziamento  della
regione Sardegna, previsto dall'art. 1, commi 834-840, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007),  che  ha
modificato l'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3
(statuto speciale per la Sardegna)» (sentenza n. 95 del 2013). 
    Tanto perche' - si legge ancora nella sentenza n. 95 del  2013  -
«negli anni seguenti alla novella  legislativa  del  2006,  le  nuove
previsioni [relative ai rapporti  economico-finanziari  tra  Stato  e
regione] hanno ricevuto puntuale attuazione sul versante delle spese,
con la conseguenza  che,  a  decorrere  dalla  scadenza  del  periodo
transitorio (2009), gli oneri relativi  alla  sanita',  al  trasporto
pubblico locale e alla continuita' territoriale sono venuti a gravare
sul bilancio  della  regione  Sardegna»,  mentre  «sul  fronte  delle
entrate [...] lo Stato non ha  trasferito  alla  regione  le  risorse
corrispondenti alle maggiori compartecipazioni al gettito dei tributi
erariali, cosi' come previsto dall'art. 8 dello  statuto,  sostenendo
che,  per  individuare  esattamente  l'ammontare  dovuto,   sarebbero
occorse ulteriori norme attuative». 
    Codesta Ecc.ma Corte  costituzionale  ha  censurato  la  condotta
ambivalente dello Stato, che da una parte ha  immediatamente  onerato
la regione di nuove e assai complesse e costose  funzioni  pubbliche,
dall'altra si e' rifiutato di versare alla regione stessa  quanto  di
sua spettanza. Ed e' decisivo osservare che nella sentenza n. 95  del
2013 si afferma che  «l'inerzia  statale  troppo  a  lungo  ha  fatto
permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze  negative
sulle finanze regionali, alle  quali  occorre  tempestivamente  porre
rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate
a norma dello statuto». 
    Ebbene, se senza alcun indugio debbono essere trasferite le somme
spettanti alla Sardegna in ragione dell'art. 8 dello statuto,  sempre
senza indugio lo Stato deve  consentire  alla  regione  di  impiegare
quelle somme, che sono necessarie per la tutela dei diritti  e  degli
interessi costituzionalmente protetti dei cittadini sardi  e  per  il
corretto svolgimento delle funzioni pubbliche assegnate alla  regione
dalla Costituzione, dallo statuto, dalla legge. 
    Non basta ancora. Come e' ricordato sempre nella sentenza  n.  95
del 2013, «il legislatore  statale,  nell'adottare  disposizioni  per
l'assestamento del bilancio per l'anno finanziario 2012, con la legge
16  ottobre  2012,  n.  182  (Disposizioni  urgenti  in  materia   di
trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici), ha operato gli
aggiustamenti  contabili   necessari   all'esecuzione   del   dettato
dell'art. 8 dello statuto Sardegna.  In  particolare  il  legislatore
statale  risulta  aver  destinato  1.383.000.000  euro  al  fine   di
«devolvere alla regione il gettito delle  entrate  erariali  ad  essa
spettanti in quota fissa e variabile»». 
    E',  dunque,  acclarato  che  il  legislatore  statale  ha   gia'
provveduto ad adeguare il bilancio statale  al  nuovo  art.  8  dello
statuto sardo,  determinando  di  conseguenza  i  coerenti  saldi  di
finanza pubblica. 
    Nulla piu' era necessario per procedere all'adeguamento del patto
di stabilita' tra lo Stato e la Sardegna. 
    2.4. - L'art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge n. 35 del  2013,
nella parte in cui manifesta l'intenzione di subordinare  l'efficacia
dell'art. 8 dello statuto sardo all'adozione di norme  di  attuazione
statutaria, e' violativo del ricordato art. 8 dello statuto,  perche'
di fatto consente allo  Stato  di  astenersi  dal  darvi  compiuta  e
immediata esecuzione  nelle  more  dell'adozione  di  tali  norme  di
attuazione. Norme che, invece, non sono  necessarie  per  regolare  i
rapporti finanziari tra Stato e regione in una  fattispecie  come  la
presente, nella quale tutto e' gia' stato  definito  da  altre  fonti
costituzionali e legislative. 
    Di conseguenza, sono violati  anche  l'art.  7  dello  statuto  e
l'art. 119 Cost., che riconoscono e tutelano l'autonomia  finanziaria
della regione, anche perche' il  mancato  adeguamento  del  patto  di
stabilita' regionale al nuovo art. 8  dello  statuto  impedisce  alla
regione di esercitare le sue attribuzioni costituzionali e statutarie
per il versante della spendita delle risorse di spettanza. 
    Gli articoli 7 e 8 dello statuto e 119 Cost. sono  violati  anche
in relazione all'art. 1 della legge n. 182 del 2012, che ha  inserito
nel bilancio statale le somme per finanziare il  nuovo  regime  delle
entrate regionali di cui all'art. 8 dello statuto,  per  la  semplice
ragione  che  rende  quelle  somme  non  utilizzabili  dalla  regione
Sardegna per lo svolgimento delle  funzioni  pubbliche  che  le  sono
attribuite dalla Costituzione, dallo statuto e dalla legge. 
    Per ragioni analoghe, gli articoli 7 e  8  dello  statuto  e  119
Cost. sono violati anche in combinato disposto con l'art.  81  Cost.,
che fissa il principio dell'equilibrio di bilancio. Tanto, perche' il
mancato  adeguamento  del  patto  di   stabilita'   regionale   (oggi
sottoposto alla condizione incerta an e incerta quando  dell'adozione
di norme di attuazione statutaria) spezza il legame di  coerenza  che
vi deve essere tra «i profili della spesa e quelli dell'entrata»  nel
bilancio regionale. 
    Violato e' anche il principio di leale collaborazione tra Stato e
regione, di cui all'art. 117 Cost., in  combinato  disposto  con  gli
articoli 7 e 8 dello statuto. Come e' stato gia' accennato supra,  il
principio di leale collaborazione non puo' essere invocato come vizio
formale della legge, ma  puo'  esserlo  come  vizio  materiale  delle
disposizioni impugnate (da ultimo, cfr. la sentenza n. 230 del  2013,
resa inter partes). Tale e' il caso in esame, perche' la disposizione
impugnata, richiedendo la previa emanazione di  norme  di  attuazione
statutaria ex art. 27 della legge n. 42 del 2009, sottrae lo Stato ad
un obbligo (convenire con la regione sull'adeguamento  del  patto  di
stabilita' al novellato art. 8 dello statuto) che gli deriva da fonti
di rango costituzionale (articoli 7 e 8 della legge costituzionale n.
3 del 1948). 
    Violato, infine, e' anche il generale principio di ragionevolezza
di cui all'art. 3 Cost., in combinato disposto con gli articoli 7 e 8
dello  statuto  sardo.  Infatti,   la   disposizione   impugnata   e'
evidentemente contraddittoria, in quanto: 
    a) da una parte impone al MEF di concordare con la regione  entro
un preciso limite temporale l'adeguamento  del  patto  di  stabilita'
all'art. 8 dello statuto, ma dall'altra subordina (e di fatto  rinvia
sine die) detto  adeguamento  all'adozione  di  nonne  di  attuazione
statuaria non necessarie; 
    b) richiama la sentenza di codesta Ecc.ma Corte n. 118 del  2012,
postulando   l'esecuzione   dei   principi    ivi    stabiliti,    ma
contemporaneamente  li   pone   nel   nulla,   rinviando   sine   die
l'adeguamento del patto di stabilita'; 
    c) come si e' gia' detto, sulla scorta della sentenza n.  95  del
2013, il legislatore statale, con  la  legge  n.  182  del  2012,  ha
«operato gli aggiustamenti  contabili  necessari  all'esecuzione  del
dettato dell'art. 8 dello statuto  Sardegna»,  cosi'  provvedendo  ad
adeguare il bilancio statale al nuovo art. 8 dello  statuto  sardo  e
determinando di conseguenza i coerenti  saldi  di  finanza  pubblica.
Essendo  gia'  stati  disposti,  dunque,  i  dovuti  adeguamenti  del
bilancio statale, la previsione  di  ulteriori  norme  di  attuazione
statutaria per dare seguito al medesimo art. 8 dello statuto  risulta
illegittima anche per l'intrinseca contraddittorieta' che  manifesta,
ritardando l'esecuzione di obblighi di legge e impedendo alla regione
di esercitare la sua autonomia finanziaria  in  attesa  di  ulteriori
adempimenti assolutamente non necessari. 
    2.5. - Si badi: un possibile equivoco deve essere subito rimosso.
La regione Sardegna, chiedendo che le sia finalmente riconosciuto  il
diritto all'adeguamento del patto di stabilita' alle nuove condizioni
statutarie  e  legislative,  senza   ulteriori   dilazioni   connesse
all'adozione di non necessarie norme di  attuazione  statutaria,  non
intende  minimamente  sottrarsi  agli  oneri  di  partecipazione   al
riequilibrio della finanza pubblica che gravano su tutte le autonomie
speciali. Tali oneri, infatti, si applicano sulla base dei  patti  di
stabilita' vigenti. Il problema, per la regione Sardegna, e' che tale
patto di stabilita', nonostante i  ripetuti  sforzi,  anche  in  sede
giurisdizionale,  non  e'  stato  adeguato  ai  parametri  di   rango
costituzionale. Nulla di piu'. 
    2.6. - La regione ricorrente e' tenuta, infine, a  precisare  che
il presente motivo di ricorso ben avrebbe potuto non essere proposto,
ove lo Stato avesse prospettato e  condiviso  un'interpretazione  del
rinvio  all'art.  27  della   legge   n.   42   del   2009   secundum
Constitutionem. Almeno per doveroso tuziorismo, pero', il  motivo  va
tenuto fermo, perche' di tale condivisione non  v'e'  sicura  traccia
nella disposizione impugnata (che bene avrebbe potuto -  e  dovuto  -
dare indicazioni chiare in proposito), ne' ve ne sono  le  avvisaglie
nel concreto comportamento dello Stato, che - come gia' detto - si e'
costantemente nascosto dietro l'asserita necessita'  di  un'ulteriore
intermediazione legislativa per la compiuta  esecuzione  dell'art.  8
dello statuto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale,  in  accoglimento
del   presente   ricorso,    voglia    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 11, comma 5-bis e 8, del  decreto-legge
8 aprile 2013, n. 35, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2013,
n. 82, convertito in legge  6  giugno  2013,  n.  64,  pubblicata  in
Gazzetta  Ufficiale  7  giugno  2013,  n.  132,  per  violazione  del
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., del principio di
leale collaborazione di cui  agli  articoli  5  e  117  Cost.,  degli
articoli 81, 117 e 119 Cost., anche in combinato disposto con  l'art.
10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, e degli articoli 6, 7  e
8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante statuto  speciale
per la Sardegna, anche in relazione all'art. 1 della legge n. 182 del
2012. 
    Si produce la deliberazione della giunta regionale della  regione
autonoma della Sardegna di proposizione del gravame e di conferimento
dell'incarico defensionale. 
      Cagliari-Roma, 4 agosto 2013 
 
                          L'avvocato: Ledda 
 
 
                   L'avvocato professore: Luciani