N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 luglio 2013

Ordinanza del 10 luglio 2013 emessa dal Giudice di pace di Borgo  San
Dalmazzo nel procedimento penale a carico di Ojieabulu Kelvin. 
 
Straniero e apolide - Straniero - Ingresso e soggiorno  illegale  nel
  territorio dello Stato - Sanzione dell'ammenda da  5.000  a  10.000
  euro  -  Previsione  introdotta  da  componenti  della  Camera  dei
  deputati  e  del  Senato  della   Repubblica   eletti   a   seguito
  dell'entrata in vigore della legge  n.  270/2005  che  affida  agli
  organi di partito e non  alla  volonta'  del  corpo  elettorale  la
  designazione di coloro che devono essere nominati - Violazione  dei
  principi di sovranita' popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione  di
  diritto fondamentale della persona -  Violazione  dei  principi  di
  uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto  dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per la  Camera  dei  deputati  -  Previsione  che
  qualora la coalizione di liste o la singola lista che  ha  ottenuto
  il  maggior  numero  di  voti  validi  espressi,  non  abbia   gia'
  conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene attribuito il numero  di
  seggi necessario per raggiungere tale consistenza (c.d.  premio  di
  maggioranza) - Violazione dei principi di sovranita' popolare e  di
  uguaglianza - Lesione  di  diritto  fondamentale  della  persona  -
  Violazione dei principi  di  uguaglianza  e  diritto  di  voto,  di
  suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e  Senato
  e di rappresentativita' democratica. 
- D.P.R. 30 marzo 1957, n.  361,  art.  83,  commi  primo,  n.  5,  e
  secondo. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per il Senato della Repubblica -  Previsione  che
  nel caso la coalizione o  la  singola  lista  che  ha  ottenuto  il
  maggiore  numero  di  voti  validi   espressi   nell'ambito   della
  circoscrizione  non  abbia  conseguito  almeno  il  55%  dei  seggi
  assegnati alla Regione, con  arrotondamento  all'unita'  superiore,
  l'Ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di  liste  o
  alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti  un
  numero di seggi ulteriore necessario per  raggiungere  il  55%  dei
  seggi  assegnati  alla  Regione,  con   arrotondamento   all'unita'
  superiore (cosiddetto "premio di  maggioranza")  -  Violazione  dei
  principi di sovranita' popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione  di
  diritto fondamentale della persona -  Violazione  dei  principi  di
  uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto  dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 17, commi 2 e 4. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per la Camera dei deputati - Prevista  disciplina
  delle  modalita'  di  espressione  del  diritto  di  voto  mediante
  attribuzione dello stesso a liste di candidati  concorrenti,  senza
  possibilita' per l'elettore di espressione del voto  di  preferenza
  previsto dalla normativa precedente - Violazione  dei  principi  di
  sovranita'  popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione   di   diritto
  fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza
  e  diritto  di  voto,   di   suffragio   universale   diretto   dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 4, comma secondo, e  59,  comma
  primo. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni -  Elezioni  per  il  Senato  della  Repubblica  -  Prevista
  disciplina delle modalita'  di  espressione  del  diritto  di  voto
  mediante contrassegno sulla lista prescelta, senza possibilita'  di
  espressione  del  voto  di  preferenza  previsto  dalla   normativa
  precedente - Violazione dei principi di sovranita'  popolare  e  di
  uguaglianza - Lesione  di  diritto  fondamentale  della  persona  -
  Violazione dei principi  di  uguaglianza  e  diritto  di  voto,  di
  suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e  Senato
  e di rappresentativita' democratica. 
- Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
(GU n.43 del 23-10-2013 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel procedimento penale a carico di:  Ojieabulu  Kelvin,  nato  a
Uromi (Nigeria) il 11 giugno 1989,  in  Italia  senza  fissa  dimora,
difeso dall'avv. Elisabetta Agnello del foro di Cuneo, con studio  in
Cuneo c.so Nizza 95 ed ivi domiciliato, imputato, del  reato  di  cui
all'art. 10-bis d.lgs 286/98 per essersi intrattenuto nel  territorio
dello Stato in violazione delle disposizioni  di  cui  al  richiamato
decreto legislativo. Accertato presso il valico ferroviario di Limone
Piemonte (CN) in data 12 gennaio 2013 
    Premesso: 
        che in data 12 gennaio 2013 la Polizia di Frontiera di Limone
Piemonte (CN), ex art. 20-bis d.lgs n. 2742000, inviava alla  Procura
della  Repubblica  e/o  del   Tribunale   di   Cuneo   richiesta   di
autorizzazione  alla  presentazione  immediata  di  Ojieabulu  Kelvin
cittadino nigeriano senza  fissa  dimora,  per  violazione  dell'art.
10-bis d.lgs n. 286/98 ( ingresso e soggiorno illegale nel territorio
dello Stato); 
        che con provvedimento n. 253/2013  R.G.N.R  GdP,  la  Procura
della  Repubblica  c/o  il  Tribunale   di   Cuneo   autorizzava   la
presentazione dell'imputato davanti a  questo  Giudice  di  Pace  per
l'udienza del 5 luglio 2013; 
        che l'imputato, sebbene ritualmente  notificato,  all'udienza
non compariva e, per l'effetto, veniva dichiarato contumace; 
        che l'art. 10-bis d.lgs 286/98 e' stato introdotto  dall'art.
1 c. 16 lett. a) della L. n. 94/2009; 
        che il reato di ingresso e soggiorno illegale nel  territorio
dello Stato, oggetto della cognizione nel presente  procedimento,  e'
stato introdotto con deliberazione  da  parte  dei  componenti  della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, eletti  a  seguito
dell'entrata in vigore della L. 270/2005 che affida  agli  organi  di
partito e non alla volonta' del corpo elettorale, la designazione  di
coloro che devono essere nominati; 
        che  la  richiamata   circostanza   appare   comportare   una
modificazione della  realta'  giuridica  dettata  dalla  Costituzione
della Repubblica che priva i  cittadini  elettori  di  esercitare  il
diritto di voto in modo  pieno  e  diretto  in  sintonia  coi  valori
costituzionali; 
        che il modello di democrazia che in  tal  modo  viene  ad  in
instaurarsi appare, per dirla con un  autorevole  analista  politico,
una  «democrazia  senza  popolo»  che,  in  radice,   priverebbe   il
Parlamento  di  quella  necessaria   legalita'   costituzionale   che
legittima l'adozione di norme imperative; 
        che a tale deficit di legalita' appare  aggiungersi  un  piu'
grave deficit di legittimita' 
 
                               Osserva 
 
    1.  I  termini  e  i  motivi  delle  questioni  di   legittimita'
costituzionale sollevate - Le norme oggetto della questione. 
    1 a - L'espressione del voto. 
    L'espressione del voto mediante il quale si manifesta la volonta'
popolare (art. 1 c. 2 Cost.)  costituisce  l'oggetto  di  un  diritto
inviolabile (artt. 2, 48, 56 e 58 Cost.,  art.  3  Prot.  1  CEDU)  e
permanente dei  cittadini  che  devono  poterlo  esercitare  in  modo
conforme alla Costituzione. 
    A ben vedere infatti, come gia' osservato da autorevole dottrina,
la 
    dichiarazione di' appartenenza della sovranita' al popolo non  e'
che la 
    conseguenza  della  forma  democratica  dello   Stato   e   vuole
significare che l'esercizio del potere e'  attribuito  al  popolo  in
modo inalienabile, sicche' questo non ne possa mai essere spogliato e
lo Stato - apparato ne costituisce solo uno strumento della  volonta'
popolare. 
    Le forme di esercizio della sovranita' popolare, di cui parla  il
2 comma  dell'art.  1  Cost.,  si  collega  cioe'  alle  disposizioni
costituzionali secondo le quali e' il popolo che elegge i  componenti
del Parlamento (artt. 56 e 58  Cost),  si  pronuncia  sui  referendum
(artt. 75-138 Cost.) e partecipa alla giustizia (art. 102 c. 3 Cost.)
e, di conseguenza, i  limiti  posti  al  suo  esercizio  non  possono
giungere a rendere solo apparente il conferimento allo stesso  popolo
della titolarita' del sommo potere. 
    A  tanto  deve,  peraltro,  aggiungersi,  come  osservato   dalla
dottrina, che dovendosi  conglobare  nella  base  popolare  l'assetto
autoritario, attribuendo al popolo  una  personalita'  giuridica  che
assorbe quella dello  Stato,  si  viene  a  realizzare  una  assoluta
identificazione degli interessi rispettivi e tanto anche sul  rilievo
che,   pur   considerando   il   popolo   soggetto   distinto   dallo
Stato-apparato, quest'ultimo viene  ad  apparire  mero  esercente  di
poteri non gia' propri, ma popolari. 
    Si  osserva,  poi,  che   principio   fondamentale   del   nostro
ordinamento  sia  quello  democratico,  come  risulta  dal   precetto
costituzionale (art. 1 c. 2 Cost.) che trova la  sua  fonte,  la  sua
giustificazione e la ragione della sua legittimita' nella  sovranita'
popolare, nel  senso  che  le  deliberazioni  rivolte  a  decidere  i
problemi della vita collettiva, debbono  essere  voluti  direttamente
dal popolo. 
    La  rappresentanza  politica  e'  dunque  il  mezzo  fondamentale
adottato dalla nostra Costituzione ai fini dell'instaurazione  e  del
funzionamento del sistema costituzionale. 
    Se il popolo,  data  la  massa  dei  suoi  componenti,  non  puo'
governarsi da se', necessariamente deve governarsi  attraverso  degli
organi e, a tal  fine,  occorre  che  questi  ultimi  siano  tali  da
rappresentarlo e il Parlamento e' l'organo che attua tale principio. 
    Sicche' solo allorche' i suoi membri vengono eletti il suo potere
trova  la  fonte  della  propria  legittimita'  in  una   investitura
popolare. 
    Infatti, a ben vedere, «la giustizia» che si  attua  nello  Stato
non  e'  soltanto  una  giustizia  in  senso  particolare  o  formale
(distributiva e correttiva) ma una  giustizia  in  senso  generale  e
sostanziale e cioe' «un bene» che si raggiunge non solo attraverso le
leggi ma nella Costituzione che, in tal modo,  viene  ad  essere  una
maniera di vita. 
    Nelle parole di una massima famosa la  norma  che  si  rivolge  a
tutti deve essere accettata da tutti «quod omnes  tangit  ab  omnibus
approbetur». 
    E' questo il germe  della  democrazia  e  dei  due  istituti  che
assumeranno grande importanza nello stato moderno:  l'istituto  della
rappresentanza e quello della divisione dei poteri, prerogative della
sovranita' nello Stato moderno volta a  distinguerlo  da  ogni  altra
forma di associazione umana in un rapporto impersonale di  sudditanza
secondo un processo che, con Rousseau, giungera' al traguardo  finale
con  l'identificazione  della  sovranita'  con  la   dottrina   della
sovranita' popolare. 
    Lo Stato viene cosi' sentito come  l'espressione  di  un  vincolo
coesivo preesistente alla stessa organizzazione giuridica del potere. 
    Vincolo dettato dal diritto di chiedere le credenziali al  potere
e dalla capacita' di conferirgli, mediante  il  consenso,  il  crisma
dell'autorita'. 
    Crisma che nella sua formulazione piu' semplice si  riallaccia  a
quel «principio democratico» che, come gia' aveva  visto  Aristotele,
presuppone l'uguaglianza come fondamento del  rapporto  politico  che
assegna al cittadino la funzione di colui che partecipa all'esercizio
del  potere,  stella  polare  di  quella   democrazia   intesa   come
reciprocita' nel governare  e  nell'essere  governati  e  cioe'  come
possibilita' di determinare la propria sorte partecipando al  comando
e dando leggi a se stessi. 
    Tanto nell'ambito di un'associazione che, come  diceva  Rousseau,
difenda e protegga, con tutta la forza comune, la persona e i beni di
ogni associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti,  non
obbedisca che a se stesso rinunciando si' alla sua liberta'  naturale
ma per trovare la sua vera liberta', quella  positiva,  che  consiste
nell'ubbidienza alle sue leggi e in una  prospettiva  ,  come  diceva
Kant, non gia' di sacrificio ma di conquista della liberta' in  senso
positivo che, infatti, altro non e' che autogoverno che non  si  puo'
attuare se non quando il potere che comanda e quello  stesso  di  chi
obbedisce. 
    Solo  in  quanto  partecipi  i  sudditi   diventano   «cittadini»
nell'ambito di quella condizione che  costituisce  l'artifizio  e  la
regola di quel meccanismo politico  che  rende  legittimi  i  vincoli
civili, che, altrimenti, sarebbero assurdi, tirannici e  suscettibili
dei piu' enormi abusi. 
    Al  tal  riguardo  si  osserva  che  l'art.   54   della   nostra
Costituzione   impone   il   dovere,   primario    e    fondamentale,
dell'ubbidienza alle leggi. 
    A questo punto sorge una domanda che e' stata oggetto  di  famose
controversie tra filosofi e giuristi: anche le leggi ingiuste debbono
essere osservate? 
    Al riguardo  sono  state  date  molte  risposte  riassumibili  in
quattro tesi: 
        1) le leggi  debbono  essere  obbedite  perche'  non  possono
essere ingiuste;  2)  le  leggi  debbono  essere  ubbidite  anche  se
ingiuste per evitare l'anarchia; 3) le leggi ingiuste possono  essere
disubbidite, ma si deve accettare le conseguenze della disubbidienza;
4) e' lecito resistere alle leggi ingiuste (teoria della  resistenza)
che ha trovato la sua enunciazione nell'art.  2  della  Dichiarazione
dell'89 che pone, accanto ai diritti naturali dell'uomo,  il  diritto
di resistenza all'oppressione poi ripetuta e rafforzata nell'art.  29
della Dichiarazione del '93 secondo la  quale  la'  dove  ogni  mezzo
legale per resistere all'oppressione vien meno «l'insurrezione e'  il
piu' santo dei doveri». 
    Come tutte le  Costituzioni  democratiche  anche  la  nostra  non
riconosce il  diritto  di  resistenza  all'oppressione  e  tanto  per
ragioni che sono intrinseche alla struttura dello  Stato  democratico
in quanto lo Stato democratico e',  per  definizione,  fondato  sulla
partecipazione attiva dei cittadini all'esercizio del potere politico
che, con l'espressione del voto, esprimono un comando a se  stessi  e
non gia' nella richiamata prospettiva di sacrificio, ma di  conquista
della liberta'. 
    Le condizioni per il raggiungimento della  liberta'  positiva  di
dare leggi a se stessi e', dunque, come bene aveva notato Bobbio,  il
raggiungimento di una situazione di liberta' come non  -  impedimento
che permetta  agli  uomini  di  liberamente  scegliere  i  loro  capi
convalidando, con il proprio consenso, il loro potere di  dare  delle
leggi che, sul piano dei fatti,  altro  non  sono  che  dei  prodotti
sociali che corrispondono a delle semplici proposizioni  circa  l'uso
della forza da parte dello Stato. 
    Il segno prescrittivo apposto alle leggi e' un  segno  importante
perche' «l'obbligatorieta' della legge» non consiste nella  capacita'
di imporsi con la forza, ma  nella  capacita'  di  essere  accolta  e
osservata come facente parte di un insieme di norme che devono essere
obbedite non soltanto propter iram ma propter coseientiam. 
    Le leggi, come noto, non  sono  giuste  perche'  giuste  ma  sono
giuste perche' sono leggi e cioe' perche'  sono  un  comando  che  il
corpo elettorale rivolge a se stesso, in quanto,  come  chiarito,  la
liberta' positiva altro non e' che autogoverno che' non puo' attuarsi
se non quando il potere che comanda e' quello stesso che obbedisce. 
    1 b - La legge elettorale n. 270/2005 
    La legge elettorale n. 270/2005  non  permette  al  cittadino  di
esprimere la preferenza per  i  singoli  candidati  ma  lascia,  allo
stesso, la sola possibilita' di ratificare la  scelta  dei  candidati
gia' decisa dai  partiti  attraverso  un  gioco  di  procedure  nella
formazione  delle  liste  elettorali  determinando,  in   tal   modo,
unilateralmente la scelta dei candidati  che,  pertanto,  vengono  ad
assumere la qualifica e il ruolo di nominati e non gia' di eletti. 
    Nominati,  che  in  omaggio  al  principio  della  rappresentanza
politica, dovrebbero rappresentare la base elettorale ma che, invece,
vengono a perdere ogni forma di collegamento con gli elettori finendo
di legarsi alle  segreterie,  rompendo  la  sacralita'  dell'istituto
della  rappresentanza  politica  dell'elettore  cosi'  come,  invece,
voluto dalla Costituzione. 
    Con la legge elettorale n. 270/2005 e'  stata  abolita  qualsiasi
possibilita' di  esprimere  una  preferenza  in  quanto  i  nomi  non
compaiono neppure sulla  scheda  e,  per  conoscerli,  l'elettore  e'
costretto a svolgere delle ricerche. 
    Se l'elettore puo' votare solo il simbolo di una lista  bloccata,
l'elezione sara' determinata esclusivamente dall'ordine  della  lista
stabilita dal partito  all'atto  della  presentazione  e  sara'  tale
ordine  e  non  il  voto  espresso  dal  cittadino,  come  vuole   la
Costituzione, a determinarne o meno l'elezione. 
    1 c - L'esercizio del voto 
    Il secondo comma dell'art.  48  Cost.  enuncia  le  garanzie  per
l'esercizio democratico  del  voto  individuandole  nei  principi  di
personalita', uguaglianza, liberta' e segretezza. 
    Solo il geloso  rispetto  di  tali  garanzie  consente  al  corpo
elettorale di riconoscere una effettiva legittimazione politica  agli
eletti e, conseguentemente, la validita' alle loro decisioni. 
    La Carta costituzionale prevede poi il voto  diretto  escludendo,
in tal  modo,  chiaramente  il  voto  indiretto  in  qualsiasi  forma
congegnato. 
    Il  suffragio  diretto  sta  ad  indicare  che  la   preposizione
all'ufficio dei componenti della Camera e del  Senato  deve  avvenire
direttamente ad opera degli elettori. 
    In buona sostanza, mediante l'adozione del suffragio universale e
diretto, la Costituzione agli artt. 56 e 58 ha  voluto  concretamente
attuare  il  principio  della  sovranita'  popolare   collegando   la
rappresentativita' dei deputati e senatori in via  immediata  sia  al
corpo elettorale,  del  quale  sono  espressione,  sia  al  contenuto
dell'art. 67 Cost., a norma del quale,  ogni  membro  del  Parlamento
rappresenta la Nazione. 
    A  tale  conclusione  appare  pervenire  la  Corte  cost.   nella
decisione   n.   468/1981   quando   fa   riferimento   alla   natura
rappresentativa  delle  assemblee,  alla  loro  diretta   investitura
popolare e alla loro responsabilita' verso la comunita' politica  che
ne ha eletto i componenti. 
    E tanto nell'ambito di  quell'idea  della  rappresentanza  intesa
come rappresentativita', come specchio dei rappresentati, in cui cio'
che rileva e' che il rappresentante  e'  considerato  rappresentativo
solo perche' e' l'espressione della societa'. 
    Se e' vero che la Costituzione ha legato insieme, come  perle  di
una collana, le qualita' che sorreggono la democrazia parlamentare  e
le ragioni che legittimano e convalidano il potere del Parlamento  di
dare leggi, per l'effetto, sorge  il  dubbio  che  il  voto  che  non
consenta all'elettore  di  esprimere  una  preferenza,  potendo  solo
scegliere  una  lista  di  partito,  possa  considerarsi  diretto   e
compatibile con la Carta costituzionale il  cui  solo  rispetto  puo'
legittimare il Parlamento a dare leggi prescrittine, 
    1 d - Del sistema dei partiti 
    La  Costituzione  non  riconosce  ai  partiti  un   ruolo   nella
presentazione delle candidature e piu' in  generale  un  ruolo  nella
selezione del personale politico. Al riguardo si osserva che tanto la
scelta effettiva dei candidati che il loro ordine di elencazione  sia
un fatto interno proprio delle organizzazioni  promotrici,  estraneo,
pertanto, al contenuto e allo svolgimento sostanziale delle  elezioni
(Corte cost. n. 203/1975) e cio' trova conferma in Corte  cost.  ord.
n.  79/2006  dove,  con  nettezza,  si  chiarisce  che  la   funzione
attribuita ai partiti politici  dalla  legge  ordinaria  ai  fini  di
eleggere  le  assemblee  -  quali  la  presentazione  di  alternative
elettorali  e  la  selezione  dei  candidati  alle  cariche  elettive
pubbliche - non consente  di  desumere  l'esistenza  di  attribuzioni
costituzionali. 
    Pur riconoscendo la  funzione  privilegiata  dei  partiti,  quale
strumento attraverso i quali  realizzare  uno  stabile  rapporto  tra
sovranita' popolare e istituzioni, la  Costituzione  li  ha  ancorati
alla dimensione del diritto di liberta' e non  gia'  alla  dimensione
istituzionale,   non   identificandoli   ne'   con   le   istituzioni
rappresentative  ne'  con   il   corpo   elettorale   limitandosi   a
considerarli come mezzo per la partecipazione del singolo  alla  vita
pubblica  non   riconoscendo   agli   stessi   un   monopolio   nella
presentazione delle candidature. 
    La  circostanza  appare  peraltro  desumibile  anche  dalla  loro
collocazione nel titolo dedicato ai rapporti  politici  e  non  nella
seconda parte relativa all'ordinamento della Repubblica. 
    Se il  partito  si  afferma  progressivamente  come  il  «moderno
principe» (l'espressione e'  di  Gramsci),  tuttavia  cio'  non  puo'
indurre a ritenere che vi sia  stato  un  definitivo  trapasso  della
sovranita' dal corpo elettorale al partito. 
    E tanto sia perche' il termine «Nazione», usato dall'art. 67, sta
per popolo, sia perche' e' lo stesso art. 67 che vuole sia  mantenuto
un permanente collegamento tra rappresentante  e  rappresentato,  tra
popolo e parlamento, sia perche' la rappresentativita' di un  sistema
e' resa effettiva solo se libere elezioni  consentono  al  popolo  di
giudicare l'opera degli eletti. 
    1 e - Del suffragio universale 
    Gli artt. 56 e 58 stabiliscono che il suffragio e'  universale  e
diretto per l'elezione dei deputati e senatori, l'art. 48  stabilisce
che il voto e' personale ed uguale, libero e segreto e l'art. 3 Prot.
1 CEDU riconosce la libera espressione dell'opinione del popolo nella
scelta del corpo legislativo e, per l'effetto, risulta dubbio che  la
scelta  del  legislatore  effettuata  con  la   legge   n.   207/2005
costituisca una scelta  ragionevole  e  compatibile  con  il  dettato
costituzionale. 
    Non solo, ma risultando, con la  legge  elettorale  n.  207/2005,
l'espressione di voto ridotta ad una ratifica di scelte rimesse  alla
decisione  del  sistema  partito  e  non  gia'  alla   volonta'   del
cittadino/corpo  elettorale,  corre  l'ulteriore  dubbio  che,   cio'
stante, l'opzione seguita dal legislatore del 2005 non costituisca il
risultato  di  un  bilanciamento  ragionevole  e   costituzionalmente
orientato  ma  una  disposizione  meglio  correlata  alla  cosiddetta
democrazia «octroyee» e cioe' senza popolo in cui si nega  la  libera
volonta' espressa dalla sovranita' popolare. 
    Risultando dunque l'elezione dei membri del Parlamento  non  gia'
una conseguenza diretta dell'espressione di voto ma una scelta  delle
segreterie dei partiti, sorge il fondato  dubbio  che  il  Parlamento
risulti carente di legalita' costituzionale alla quale si aggiunge un
ulteriore dubbio sul deficit di legittimita' dello stesso. 
    Pertanto se le leggi altro non sono che un comando  da  osservare
obbligatoriamente perche' rivolto a se stessi, e' dubbio che la legge
oggetto della cognizione sottoposta all'esame di  questo  giudicante,
varata   da   un   parlamento    di    cui    risulta    dubbia    la
legalita'/legittimita' costituzionale della  sua  investitura,  possa
ritenersi prescrittiva. 
    2 - Conclusioni 
    Questo giudicante dubita della  legittimita'  costituzionale  del
sistema individuato dalla legge n.  270/2005  sia  sotto  il  profilo
giuridico che con riferimento ai valori fondamentali e la circostanza
fa ritenere rilevante e non manifestamente infondate le questioni  di
costituzionalita' sollevate d'ufficio poiche' incidenti: 
        l'una sulle modalita' di esercizio della sovranita'  popolare
(artt. 1 comma 2, 67 Cost.) avente ad oggetto: 
          a) gli artt. 4 comma 2 e 59 comma 1 del D.P.R. n. 361/1957,
nel testo risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto di  preferenza
per la Camera, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 56 comma  1
Cost., anche a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU; 
          b) l'art. 14 comma 1  del  d.lgs  n.  533/1993,  nel  testo
risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto  di  preferenza  per  il
Senato, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 58 comma 1,  anche
a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU ; 
        e   l'altra   sulle   modalita'   di    conferimento    della
legalita'/legittimita'  costituzionale  al   Parlamento   avente   ad
oggetto: 
          a) la carenza di legalita' costituzionale  dell'investitura
del Parlamento e, per l'effetto, la carenza in capo allo  stesso  del
potere legittimo di varare leggi prescrittive e vincolanti a mente  e
nel rispetto degli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58
comma 1, 67 Cost. anche in riferimento all'art. 3 Prot. 1 CEDU ; 
          b) la carenza di legalita' costituzionale dell'art.  10-bis
d.lgs 25 luglio 1998 n. 286 cosi' come introdotto dall'art.  1  comma
16 lett. a) della legge 15 luglio 2009 n. 94, in relazione agli artt.
l comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67 Cost., anche
a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU. Le questioni  di  costituzionalita'
sopra enunciate appaiono a questo giudice serie,  non  manifestamente
infondate  e  rilevanti  perche'  ,   se   accolte,   comporterebbero
l'assoluzione del prevenuto per  cui  il  giudizio  non  puo'  essere
definito indipendentemente dalla soluzione delle sollevate questioni. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondate,  in  relazione
agli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma  1,  67
della  Costituzione,  anche  a  mente  dell'art.  3  Prot.  1   della
Convenzione  europea  dei  diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, le questioni di legittimita' costituzionale degli artt.
4 comma 2, 59 comma 1 e 83 comma 1 n. 5 e 2 del DPR n. 361/1957,  nel
testo risultante dalla legge n. 270/2005; 14 comma 1 e 17 commi 2 e 4
del d.lgs n. 533/1993, nel testo risultante dalla legge n.  270/2005,
nonche' la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10-bis
d.lgs 25 luglio 1998 n. 286 , cosi come introdotto dall'art. 1  comma
16 lett. a) della legge 15 luglio 2009 n. 94,  con  riferimento  agli
artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67  della
Costituzione, anche a mente dell'art. 3  Prot.  1  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri,  alle  parti  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
        Borgo San Dalmazzo, 5 luglio 2013 
 
                      Il giudice di pace: Lerda