N. 247 ORDINANZA 21 - 24 ottobre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene - Circolazione stradale - Reato di  guida  in  stato  di
  ebbrezza - Sostituzione  della  pena  pecuniaria  e  detentiva  con
  quella del lavoro di pubblica utilita' - Mancata previsione,  anche
  in relazione a condotta  che  abbia  procurato  un  danno  lieve  -
  Asserita equiparazione di fattispecie diverse - Asserita violazione
  del principio di ragionevolezza - Asserita violazione del principio
  della finalita' rieducativa della  pena  -  Manifesta  infondatezza
  delle questioni. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 9-bis. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. 
(GU n.44 del 30-10-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  186,
comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada), promosso dal Tribunale ordinario di  Prato  nel
procedimento penale a carico di S. M. con  ordinanza  del  26  aprile
2012, iscritta al n. 308 del registro  ordinanze  2012  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale,
dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2013 il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che, con ordinanza del  26  aprile  2012,  il  Tribunale
ordinario  di  Prato,  in  composizione  monocratica,  ha   sollevato
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  186,  comma
9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice
della strada), nella parte in cui consente, per  il  reato  di  guida
sotto l'influenza dell'alcool, la sostituzione della pena  pecuniaria
e detentiva con  quella  del  lavoro  di  pubblica  utilita'  di  cui
all'art. 54 del d.lgs. 28 agosto 2000,  n.  274  (Disposizioni  sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), solo «al di fuori dei casi  previsti
dal comma 2-bis del presente articolo», per violazione degli artt.  3
e 27, terzo comma, della Costituzione; 
    che il rimettente premette che il giudizio a quo  ha  ad  oggetto
un'imputazione per il reato previsto e punito dall'art. 186, commi  1
e 2, lettera c), 2-bis e  2-sexies,  del  d.lgs.  n.  285  del  1992,
perche' l'imputato «circolava alla guida del veicolo - omissis  -  in
stato di ebbrezza dovuto all'uso di bevande alcoliche presentando  un
tasso alcolemico pari a 1,66 g/l», «con l'aggravante di aver commesso
il fatto dopo le ore 22 e prima delle ore 7,00 e di aver provocato un
incidente stradale»; 
    che all'udienza precedente quella relativa alla dichiarazione  di
apertura del dibattimento l'imputato presentava, ex art.  444,  comma
1, del codice di procedura penale, richiesta  di  applicazione  della
pena di euro 31.600 di ammenda, sostituita, ai sensi  dell'art.  186,
comma 9-bis, d.lgs. n.  285  del  1992,  con  quella  del  lavoro  di
pubblica utilita'; 
    che   il   pubblico   ministero   non   prestava   il    consenso
all'applicazione della pena cosi'  determinata,  ritenendo  che,  nel
caso di specie, non potesse  escludersi  l'aggravante  dell'avere  il
conducente, in stato di ebbrezza, provocato  un  incidente  stradale,
aggravante,  tra  l'altro,  ostativa  alla  sostituzione  della  pena
detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilita'; 
    che, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, le parti
concordavano per l'acquisizione  al  fascicolo  del  dibattimento  di
tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero; 
    che da tali atti emergeva che l'imputato si  trovava  alla  guida
del   veicolo   di   proprieta'   della   sua   convivente    quando,
improvvisamente, perdeva il controllo dell'autovettura  e  andava  ad
urtare lo spigolo posteriore sinistro di altro veicolo che si trovava
in sosta; 
    che l'imputato veniva poi condotto con  autoambulanza  presso  il
pronto soccorso dell'ospedale di  Prato,  ove  veniva  sottoposto  ad
accertamento del tasso alcolemico che risultava pari a  1,66  g/l,  e
gli veniva diagnosticato un «trauma cranico»  con  «infrazione  delle
ossa nasali», con prognosi di giorni 6 salvo complicazioni; 
    che il rimettente, cosi' descritti  i  fatti  di  causa,  ritiene
giustificato il dissenso espresso dal  pubblico  ministero  a  fronte
della richiesta di applicazione della pena  formulata  dall'imputato,
in quanto non e' possibile escludere l'aggravante prevista dal  comma
2-bis dell'art. 186 del d.lgs. n. 285 del 1992; 
    che,  pertanto,  in  caso  di  condanna,  la  pena  detentiva   e
pecuniaria da irrogare non potrebbe essere sostituita con quella  del
lavoro di pubblica utilita' di cui all'art. 54 del d.lgs. n. 274  del
2000, ostandovi il disposto del comma 9-bis dell'art. 186 del  d.lgs.
n. 285 del 1992, che esclude tale possibilita' nei casi previsti  dal
comma 2-bis del medesimo articolo; 
    che  il  giudice  a  quo  ritiene  di  non  poter   seguire   una
interpretazione  costituzionalmente  orientata,  secondo   la   quale
sarebbe  comunque  possibile  irrogare  la  sanzione  del  lavoro  di
pubblica utilita'  anche  nei  casi  di  incidente,  allorche'  siano
riconosciute,  in  favore   dell'imputato,   circostanze   attenuanti
ritenute prevalenti rispetto all'aggravante di  cui  al  comma  2-bis
dell'art. 186; 
    che, secondo tale tesi,  l'aggravante  risulterebbe  tamquam  non
esset e non potrebbero prodursi le conseguenze ad essa collegate (ivi
compreso l'effetto preclusivo  dell'accesso  al  lavoro  di  pubblica
utilita'); 
    che tale opzione ermeneutica, secondo  il  rimettente,  non  puo'
essere utilmente invocata in quanto, nel caso concreto, non ricorrono
i presupposti per ritenere le  attenuanti  generiche,  in  seguito  a
giudizio di bilanciamento, prevalenti rispetto all'aggravante di  cui
al comma 2-bis; 
    che resterebbe, dunque, preclusa la possibilita' di accedere alla
sanzione del lavoro di pubblica utilita' in sostituzione  della  pena
detentiva e pecuniaria da irrogare in caso di condanna; 
    che secondo il rimettente l'art. 186, comma 9-bis, del d.lgs.  n.
285 del 1992, nella parte in cui preclude  siffatta  possibilita'  in
ogni caso di incidente stradale, a prescindere dalla  valutazione  in
concreto della gravita' del danno derivante dal sinistro e del  grado
della colpa dell'imputato,  violerebbe  l'articolo  3,  primo  comma,
Cost., dovendo la legge, compresa quella  penale,  trattare  in  modo
eguale le fattispecie eguali,  o  profondamente  affini,  e  in  modo
(razionalmente) diverso quelle fra loro diverse; 
    che la disposizione normativa in esame, precludendo l'accesso  al
lavoro di pubblica utilita' in ogni caso in  cui  il  conducente,  in
stato di ebbrezza per effetto dell'uso di  bevande  alcoliche,  abbia
cagionato un incidente stradale, equiparerebbe  fattispecie  diverse,
come quella in cui la condotta imprudente abbia determinato un  lieve
tamponamento con danni alle cose o,  al  limite,  alla  sola  persona
dello stesso conducente (come nel caso di specie),  e  quella  di  un
grave sinistro stradale con esiti letali o con  danni  arrecati  alle
persone; 
    che, inoltre, la scelta di inibire  in  ogni  caso  di  incidente
stradale cagionato dal conducente in stato di ebbrezza  l'accesso  al
lavoro di pubblica  utilita',  a  prescindere  dalla  valutazione  in
concreto, che solo il giudice puo'  effettuare,  della  gravita'  del
danno derivante dal sinistro e del grado della  colpa  del  soggetto,
non sembrerebbe, secondo il rimettente, rispettare  il  canone  della
ragionevolezza, inteso nel senso  specificato,  imposto  dall'art.  3
Cost.; 
    che il Tribunale rimettente  ricorda  che  in  materia  di  reati
concernenti la produzione, il traffico e la  detenzione  illeciti  di
sostanze stupefacenti o psicotrope e' ammessa la possibilita' per  il
giudice  di  applicare,  su  richiesta  dell'imputato  e  sentito  il
pubblico ministero, anziche' le pene detentive e  pecuniarie,  quella
del lavoro di pubblica utilita', limitatamente ai fatti  commessi  da
persona  tossicodipendente  o   da   mero   assuntore   di   sostanze
stupefacenti, nell'ipotesi di  «lieve  entita'  di  cui  al  comma  5
dell'art. 73»; 
    che in materia di guida in stato di ebbrezza, invece, in presenza
di reati contravvenzionali, la scelta del legislatore e' stata quella
di  precludere  senza  eccezioni  l'accesso  al  lavoro  di  pubblica
utilita'; 
    che il rimettente ritiene violato anche l'art. 27,  terzo  comma,
Cost. in quanto il lavoro di pubblica utilita'  -  consistente  nella
prestazione  di  un'attivita'   non   retribuita   a   favore   della
collettivita' da  svolgere,  in  via  prioritaria,  nel  campo  della
sicurezza e dell'educazione stradale - e' sanzione che ha un  elevato
contenuto risocializzante e rieducativo; 
    che, infatti, per incentivare il  ricorso  a  siffatta  modalita'
espiatoria  della   pena   (ovvero   per   disincentivare   possibili
opposizioni da  parte  dell'imputato),  il  legislatore  ha  previsto
benefici, conseguenti al corretto svolgimento del lavoro di  pubblica
utilita', quali l'estinzione del reato, la riduzione alla meta' della
sanzione della sospensione della patente di guida e la  revoca  della
confisca del veicolo sequestrato; 
    che precludere l'accesso alla pena sostitutiva anche nei casi  in
cui il conducente in stato di ebbrezza abbia provocato  un  incidente
stradale  di  modesta  entita'  non  sarebbe,  dunque,  conforme   al
principio del finalismo rieducativo della pena, oltre che  al  canone
di ragionevolezza delle leggi, in quanto si inibisce al Giudice  ogni
valutazione in merito alla personalita' del soggetto, al grado  della
colpa, alle circostanze dell'azione e  alla  possibilita'  di  emenda
mediante la condotta riparatoria del lavoro di pubblica utilita'; 
    che si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
chiedendo che la  questione  venga  dichiarata  inammissibile  o,  in
subordine, infondata; 
    che, a parere della difesa  statale,  la  scelta  legislativa  di
precludere l'applicazione del lavoro di pubblica utilita' in caso  di
incidente stradale cagionato dal conducente in stato  di  ebbrezza  a
causa dell'uso di bevande alcoliche e' il frutto dell'esercizio della
discrezionalita' politica del Parlamento,  insuscettibile  di  essere
sindacata dalla Corte costituzionale; 
    che la norma in esame non sarebbe affatto irragionevole,  facendo
dipendere l'esclusione della possibilita' di applicazione del  lavoro
di pubblica utilita' dalla circostanza obiettiva del  verificarsi  di
un incidente quale  effetto  della  condotta  penalmente  sanzionata,
idonea a giustificare la preclusione  dell'accesso  a  tale  sanzione
sostitutiva; 
    che, infine,  non  potrebbe  ragionevolmente  sostenersi  che  il
finalismo rieducativo della pena, ex art.  27,  terzo  comma,  Cost.,
precluda al legislatore di escludere  l'applicazione  del  lavoro  di
pubblica utilita', non apparendo incompatibile con  il  perseguimento
di tale finalita' la previsione di una pena detentiva o pecuniaria. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Prato, in  composizione
monocratica, ha sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 186, comma 9-bis, del  decreto  legislativo  30  aprile
1992, n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),  nella  parte  in  cui
consente, per il reato di guida  sotto  l'influenza  dell'alcool,  la
sostituzione della pena pecuniaria e detentiva con quella del  lavoro
di pubblica utilita' di cui all'art. 54 del d.lgs. 28 agosto 2000, n.
274 (Disposizioni sulla competenza penale  del  giudice  di  pace,  a
norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999,  n.  468),  solo
«al  di  fuori  dei  casi  previsti  dal  comma  2-bis  del  presente
articolo», per violazione degli artt. 3  e  27,  terzo  comma,  della
Costituzione; 
    che, in particolare, il rimettente ritiene che la norma impugnata
violi l'art. 3 Cost., in quanto, precludendo l'accesso al  lavoro  di
pubblica utilita' in ogni caso in  cui  il  conducente  in  stato  di
ebbrezza abbia cagionato un incidente stradale, equipara e disciplina
in modo eguale fattispecie diverse, come quella in  cui  la  condotta
imprudente abbia determinato un lieve  tamponamento  con  danni  alle
cose o, al limite, alla sola persona dello stesso conducente e quella
di un grave sinistro stradale con esiti letali o con  danni  arrecati
alle persone; 
    che, inoltre, la scelta di inibire  in  ogni  caso  di  incidente
stradale cagionato dal conducente in stato di ebbrezza  l'accesso  al
lavoro di pubblica  utilita',  a  prescindere  dalla  valutazione  in
concreto della gravita' del danno derivante dal sinistro e del  grado
della  colpa  del  soggetto,  non  rispetterebbe  il   canone   della
ragionevolezza; 
    che, infine, risulterebbe violato anche l'art. 27,  terzo  comma,
Cost. perche' la preclusione alla sanzione sostitutiva del lavoro  di
pubblica utilita', anche nei casi in cui il conducente  in  stato  di
ebbrezza abbia provocato un incidente stradale  di  modesta  entita',
non sarebbe conforme al principio  del  finalismo  rieducativo  della
pena, inibendo ogni  valutazione  in  merito  alla  personalita'  del
soggetto, al grado della colpa, alle circostanze dell'azione  e  alla
possibilita' di emenda mediante la condotta riparatoria; 
    che le questioni sono manifestamente infondate; 
    che  la  norma  impugnata  introduce  una  preclusione  oggettiva
all'accesso alla suddetta pena sostitutiva  ispirata  da  un'evidente
esigenza di prevenzione generale e di difesa sociale; 
    che l'individuazione delle fattispecie criminose da  assoggettare
al  trattamento  piu'  rigoroso  -  proprio  in  quanto   basata   su
apprezzamenti   di   politica   criminale,   connessi    specialmente
all'allarme sociale generato dai  singoli  reati,  il  quale  non  e'
necessariamente correlato al mero livello della pena edittale - resta
affidata alla discrezionalita' del legislatore,  e  che  le  relative
scelte possono venir sindacate dalla  Corte  solo  in  rapporto  alle
eventuali  disarmonie  del   catalogo   legislativo,   allorche'   la
sperequazione normativa tra figure omogenee di reati assuma aspetti e
dimensioni  tali  da  non  potersi  considerare  sorretta  da  alcuna
ragionevole giustificazione (ordinanza n. 455 del 2006); 
    che  ne  consegue  la  manifesta   infondatezza   delle   censure
prospettate  dal  rimettente   sia   in   relazione   alla   presunta
equiparazione di fattispecie diverse, come quella in cui la  condotta
imprudente del conducente abbia determinato un lieve tamponamento con
danni alle  cose  o,  al  limite,  alla  sola  persona  dello  stesso
conducente e quella di un grave sinistro stradale con esiti letali  o
con  danni   arrecati   alle   persone,   sia   in   relazione   alla
irragionevolezza  di  una  tale  equiparazione,  sia,  infine,   alla
violazione del principio del finalismo rieducativo della pena di  cui
all'art. 27, terzo comma, Cost.; 
    che non si riscontra  alcuna  irragionevolezza  intrinseca  nella
scelta del legislatore di escludere la possibilita' di sostituire  la
pena detentiva e pecuniaria irrogata per il reato di guida  in  stato
di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilita'  allorche'  la
fattispecie  risulti  aggravata  dal  fatto  di  aver  cagionato   un
incidente stradale; 
    che la ratio dell'aggravante e' da ricercarsi nella volonta'  del
legislatore di  punire  piu'  gravemente  qualsiasi  turbativa  delle
corrette condizioni  di  guida,  in  quanto  ritenuta  potenzialmente
idonea a porre in pericolo l'incolumita' personale dei soggetti e dei
beni  coinvolti  nella  circolazione  a   causa   della   strutturale
pericolosita' connessa alla circolazione dei veicoli  che  richiedono
una particolare abilitazione alla guida; 
    che il trattamento sanzionatorio del reato di guida in  stato  di
ebbrezza aggravato dall'aver causato un incidente  consente  gia'  al
giudice un margine di apprezzamento sufficiente perche'  la  sanzione
inflitta sia  proporzionata  alla  complessiva  considerazione  delle
peculiarita' oggettive e  soggettive  del  caso  di  specie,  potendo
l'aumento della pena oscillare tra il minimo e il massimo in funzione
della gravita' del danno derivante dal sinistro  o  del  grado  della
colpa; 
    che le scelte legislative  nella  commisurazione  delle  sanzioni
involgono apprezzamenti tipicamente politici e sono sindacabili  solo
nel caso trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio; 
    che  la  previsione  di  limiti  all'applicazione   di   sanzioni
sostitutive  e',  come  si  e'  detto,  valutazione  che  spetta   al
legislatore,  e  che  la  scelta  di   non   distinguere,   ai   fini
dell'operativita'  della  preclusione,  in  funzione  della  gravita'
dell'incidente sembra corrispondere  a  un  criterio  di  prevenzione
generale non irragionevole; 
    che la censura circa la violazione del  principio  del  finalismo
rieducativo della pena, motivata in modo  estremamente  succinto,  e'
comunque   collegata    all'irragionevolezza    della    disposizione
legislativa ed e' pertanto, per gli  stessi  motivi  sopra  indicati,
manifestamente infondata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara manifestamente infondate le  questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo   186,   comma   9-bis,   del   decreto
legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),
sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 27,  terzo  comma,  della
Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di  Prato  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI