N. 93 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 ottobre 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 ottobre 2013 (del Presidente del Consiglio dei ministri) . Usi civici - Norme della Regione Sardegna - Delega ai Comuni ad effettuare la ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio - Sdemanializzazione dei terreni sottoposti a uso civico nei casi in cui abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolivi o boschivi ovvero non sia riscontrabile ne' documentabile l'originaria sussistenza del vincolo demaniale civico - Decadenza automatica degli usi civici non confermati o non coerenti con la ricognizione comunale - Ricorso del Governo - Denunciata previsione della cessazione degli usi civici senza tener conto dell'interesse paesistico e ambientale alla loro conservazione - Misura eccessiva e sproporzionata rispetto alla finalita' di riordino degli usi civici perseguita dal legislatore regionale - Svuotamento del nucleo essenziale della tutela dell'ambiente e del paesaggio ed invasione della competenza statale esclusiva in tale materia - Contrasto con la disciplina dei beni paesaggistici e della copianificazione paesaggistica prevista dal decreto legislativo n. 42 del 2004 - Esorbitanza dai limiti statutari alla competenza legislativa regionale in materia di usi civici. - Legge della Regione Sardegna 2 agosto 2013, n. 19, art. 1. - Costituzione, artt. 9 e 117, comma secondo, lett. s); Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), art. 3, lett. n); d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 6; d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 142, comma 1, lett. h), e 143.(GU n.47 del 20-11-2013 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro Regione Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della Legge della Regione Sardegna n. 19 del 2 agosto 2013, pubblicata sul BUR n. 36 dell'8 agosto 2013 recante «Norme urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di beni paesaggistici e di impianti eolici». La legge della Regione autonoma Sardegna n. 19 del 2 agosto 2013 recante norme urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di beni paesaggistici e di impianti eolici, all'art. 1 dispone la «Ricognizione generale degli usi civici». Piu' precisamente stabilisce che: «1. La Giunta regionale, mediante un Piano straordinario di accertamento demaniale, provvede alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul territorio regionale e alla individuazione su cartografia aggiornata di dati e accertamenti gia' esistenti riportati su cartografie antiche. 2. A tal fine in deroga alle disposizioni di cui alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l'organizzazione amministrativa della Regione sarda), ed in via straordinaria al fine di superare i limiti e le incongruenze legate alle procedure di accertamento gia' decretato delle terre gravate da uso civico, i comuni sono delegati ad effettuare entro il 31 dicembre 2013, e con le procedure per l'adozione e l'approvazione dei piani di valorizzazione di cui all'articolo 9 della legge regionale n. 12 del 1994, la ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio. 3. A tal fine i comuni, oltre a documentare il reale sussistere dell'uso civico, possono proporre permute, alienazioni, sclassificazioni e trasferimenti dei diritti di uso civico secondo il principio di tutela dell'interesse pubblico prevalente. Costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale civico in sede di ricognizione generale e straordinaria anche i casi in cui i terreni sottoposti ad uso civico abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile ne' documentabile l'originaria sussistenza del vincolo demaniale civico. I comuni, previa intesa fra le parti interessate, possono attuare, nell'ambito della ricognizione generale degli usi civici, processi di transazione giurisdizionale a chiusura di liti o cause legali in essere. Per quanto previsto al presente articolo non possono essere assimilate ad uso civico le terre pubbliche sottoposte da provvedimenti prefettizi ad assegnazione per finalita' sociali. 4. Tutte le risultanze degli accertamenti gia' decretati che non risultino confermate o coerenti con la documentazione giustificativa del piano di accertamento straordinario di cui al comma 1 decadono con l'approvazione, non oltre i tre mesi dalla conclusione delle procedure comunali, del complessivo Piano straordinario di accertamento da parte della Giunta regionale. Le cessazioni degli usi civici derivanti dalle risultanze del piano straordinario di cui alle presenti norme, hanno efficacia dalla data dei medesimi atti o provvedimenti, ovvero se precedenti rispetto alle date indicate negli stessi atti o provvedimenti, dalla data, indicata nell'atto ricognitivo, in cui e' venuta meno la destinazione funzionale all'uso civico dei relativi beni.» La disposizione sopra richiamata, appare costituzionalmente illegittima, sotto i profili che verranno ora evidenziati, e pertanto il Governo - giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 4 ottobre 2013 (che per estratto autentico si produce sub 1) ai sensi dell'art. 127 Cost. la impugna con il presente ricorso per i seguenti M O T I V I Violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione; degli artt. 135, 142, comma 1, lettera h) e 143 decreto legislativo n. 42/2004; dell'art. 3 lettera n) dello Statuto Speciale della Regione Sardegna (approvato con legge costituzionale n. 3/1948 ) e delle disposizioni attuative del medesimo contenute nell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975 n. 480. 1. L'articolo 1 della legge regionale della Sardegna n. 19/2013 delega i Comuni «alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio» (comma 2), prevedendo, altresi', una procedura di sdemanializzazione dei «terreni sottoposti a uso civico che abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile ne' documentabile l'originaria sussistenza del vincolo demaniale civico» (comma 3). Come e' noto, gli «usi civici» sono diritti reali millenari di natura collettiva, volti ad assicurare un'utilita' o comunque un beneficio ai singoli appartenenti ad una collettivita'. Essi sono disciplinati, in linea generale, dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (mantenuta in vigore dall'allegato 1 del comma 1 dell'art. 1, decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, limitatamente agli articoli da 1 a 34 e da 36 a 43) e del relativo regolamento di cui al r.d. n. 332/1928. Il legislatore statale, nel disciplinare la destinazione delle terre sulle quali gravano usi civici all'art. 12, II comma della legge n. 1766 cit, ha stabilito, in via di principio, l'inalienabilita' e l'impossibilita' di mutamento di destinazione, dei terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente. Gli usi civici concorrono quindi a determinare la forma del territorio su cui si esercitano ed incidono sull'ambiente e sul paesaggio, perche' contribuiscono alla salvaguardia di questi ultimi. In tale contesto normativo si inserisce l'art. 1 della legge regionale in esame che come si e' detto delega i comuni ad una ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio e in particolare prevede la progressiva sdemanializzazione dei terreni sottoposti a uso civico. La legge regionale non si limita quindi a disciplinare la materia degli usi civici sul territorio ma prevede la sostanziale cessazione degli usi civici e quindi interferisce in modo diretto sulla conservazione e tutela dell'ambiente e del paesaggio, in contrasto con gli artt. 9 e 117, secondo comma lettera s) Cost. la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato. Come ha ritenuto la giurisprudenza della Corte Cost. sin dalla sentenza n. 367/2007 si e' infatti venuto progressivamente chiarendo gia' prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, che «il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioe' l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed e' per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun'altra specificazione. In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e' di per se' un valore costituzionale. Si tratta peraltro di un valore "primario", come ha gia' da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche "assoluto", se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987). L'oggetto tutelato non e' il concetto astratto delle "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sul territorio gravano piu' interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni. Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti.». Parimenti l'art. 117 comma 2 lettera s) ha attribuito alla competenza esclusiva dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali e la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte stabilito che la particolarita' della disciplina del bene giuridico ambiente considerato nella sua completezza ed unitarieta' riverbera i suoi effetti anche quando di tratta di Regioni autonome, incidendo sulla loro potesta' normativa (sentenza n. 367/2007). Gli indicati parametri sono violati perche' l'oggetto della norma e' indiscriminato: tutti gli usi civici sono presi in considerazione, senza distinguere quelli che possono presentare un concreto interesse paesistico e ambientale ne' riservare a questi una normativa specifica. Sono altresi' violati perche' il solo presupposto della sdemanializzazione e' la mancanza dell'attuale destinazione pascolativa o boschiva; senza considerare che la perdita della destinazione agraria non comporta di per se' perdita di rilevanza paesistica e ambientale. Infine va censurato l'automatismo della norma contenuta nel comma 4 che fa decadere tutti gli usi civici non confermati dalla ricognizione prevista dalla legge impugnata, entro il breve termine in cui questa deve essere effettuata. In tal modo la tutela del paesaggio e dell'ambiente (nella misura in cui questa dipende anche dall'esistenza di usi civici) e' rimessa all'esito di una ricognizione che non include tra i propri criteri e obiettivi anche l'interesse paesistico ambientale; va poi considerata la possibilita' di errori o di altre disfunzioni che possono verificarsi nel procedimento di ricognizione. L'automatismo «mancata ricognizione»/ «cessazione dei previgenti accertamenti» appare quindi misura eccessiva e sproporzionata rispetto al fine che la legge persegue (il riordino degli usi civici ) e si traduce nello svuotamento del nucleo essenziale della tutela del paesaggio e dell'ambiente quale impostata dall'art. 9 Cost. e attuata dalle disposizioni del testo unico sui beni culturali e ambientali citate nella rubrica del presente motivo. Per le ragioni fin qui esposte, e' poi evidente come la disposizione impugnata, oltre che nell'illegittimita' sostanziale ora denunciata, incorra anche nel vizio di incompetenza: la normativa regionale priva infatti il sistema di tutela del paesaggio e dell'ambiente del presidio costituito dagli usi civici, e in tal modo direttamente incide, invadendola, nella competenza statale esclusiva sopra menzionata. 2. L'art. 1 in esame contrasta altresi' con le norme interposte di legge ordinaria in particolare con gli articoli 142, comma 1, lettera h), 135 e 143 e del decreto legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Queste disposizioni statali sono state adottate sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione riguardano in particolare la materia di beni paesaggistici (nell'ambito dei quali l'art. 142, comma 1, lettera h) annovera anche gli usi civici) e di pianificazione paesaggistica (art. 143) contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e pertanto sono vincolanti anche nei confronti delle Regioni. La Corte Costituzionale, infatti, ha rilevato, come si e' detto, che «La particolarita' della disciplina del bene giuridico ambiente considerato nella sua completezza ed unitarieta' riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali», incidendo sulla loro potesta' normativa (cfr. C. Cost. n. 367/2007; per la natura di «norme di grande riforma economico-sociale» delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 42/2004, e per i limiti che ne derivano all'esercizio della competenza legislativa primaria delle Regioni autonome, cfr., con riferimento all'art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004, C. Cost. n. 164/2009, n. 101/2010, n. 238/2013). L'art. 142 in particolare sottopone a vincolo paesaggistico le zone gravate da usi civici. Riprendendo quanto gia' previsto dal decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. «Legge Galasso»), il legislatore statale ha evidenziato e sottoposto a tutela il valore paesaggistico intrinseco delle aree territoriali coperte da uso civico, per le tipiche caratteristiche morfologiche ed ubicazionali che esse presentano. E' ormai pacifico che gli usi civici non svolgono esclusivamente la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettivita' che ne e' proprietaria, atteso che «il riconoscimento di una loro ulteriore e rilevante funzione nella societa' contemporanea, conseguente proprio alla natura di bene collettivo, per cui alle tradizionali funzioni di usi civici si e' nel frattempo aggiunta una loro fondamentale utilita' ai fini della conservazione del bene ambiente» (cfr. Cons. Stato, 26 marzo 2013, n. 1698). La Corte Costituzionale, in particolare, ha ravvisato un «interesse unitario della comunita' internazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di una integrazione fra uomo e ambiente naturale» (C. Cost., n. 46/1995; in questo senso, cfr. anche l'ordinanza n. 316/1998, secondo cui «le zone vincolate in ragione dell'appartenenza a universita' agrarie o dell'assoggettamento a usi civici comprendono vaste aree con destinazione a pascolo naturale o a bosco, o agricole tradizionali, e risalenti nel tempo nelle diverse regioni in relazione agli obblighi gravanti e alla particolare sensibilita' alla conservazione da parte delle collettivita' o comunita' interessate, in modo da consentire il mantenimento di una serie di porzioni omogenee del territorio, accomunate da speciale regime o partecipazione collettiva o comunitaria, e caratterizzate da una tendenza alla conservazione dell'ambiente naturale o tradizionale, come patrimonio dell'uomo e della societa' in cui vive», nonche' C. Cost. n. 133/1993, secondo cui «accanto agli interessi locali, di cui sono diventate esponenti le regioni, emerge l'interesse della collettivita' generale alla conservazione degli usi civici, nella misura in cui essa contribuisce alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio»). In proposito, la Corte Costituzionale ha stabilito che le norme statali contenute nella legge 16 giugno 1927, n. 1766 (legge sul riordinamento degli usi civici) e nel relativo regolamento (R.D. n. 332/1928), richiedono che la limitazione o la liquidazione dei diritti di uso civico non possano prescindere dalle valutazioni del Ministero per i beni e le attivita' culturali (cfr. C. Cost. n. 345/1997 e 310/2006). L'articolo 1 della l.r. n. 19/2013, allora, incidendo sulla classificazione degli usi civici sottrae alla tutela paesaggistica vaste porzioni territoriali, ad oggi tutelate in forza della legge nazionale (si consideri che il 15% del territorio sardo e' assoggettato a gravato da usi civici), e si pone in contrasto con la norma fondamentale di riforma economico-sociale di cui all'articolo 142, comma 1, lettera h) del Codice dei beni culturali e del paesaggio. La disposizione censurata, inoltre, contrasta con le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di pianificazione paesaggistica, potendo avere effetti negativi diretti sul processo di copianificazione paesaggistica in corso. Rimandando ad un'ulteriore cartografia per la rilevazione degli usi civici, infatti, la disposizione mette in discussione la ricognizione finora predisposta, incidendo in modo unilaterale sullo strumento di pianificazione. L'attivita' di ricognizione, delimitazione e rappresentazione in scala idonea all'identificazione delle aree tutelate per legge ai sensi dell'articolo 142 del Codice costituisce uno dei contenuti necessari del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c) del Codice) e deve essere svolta congiuntamente dallo Stato e dalla Regione (art. 135 del Codice). Pertanto, la previsione regionale impugnata contrasta anche con la normativa statale in materia di pianificazione congiunta (articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali), che pure costituisce una norma fondamentale di riforma economico-sociale. E' evidente come l'intervento legislativo regionale qui censurato renda impossibile l'applicazione delle norme statali di competenza esclusiva ora illustrate, cosi' invadendo sotto gli aspetti appena specificati tale competenza esclusiva. 3. Sotto altro aspetto appare chiara anche la violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. Consegue infatti da quanto esposto che nelle indicate materie del paesaggio e dell'ambiente (in cui rientrano, come si e' detto, gli usi civici in quanto la conservazione degli usi civici contribuisce alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio) la legge regionale deve sempre rispettare quanto stabilito dal legislatore statale. Se quindi e' pur vero che l'art. 3 lettera n) dello Statuto speciale della Regione Sardegna attribuisce la potesta' legislativa alla Regione in materia di usi civici «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della repubblica»; e parimenti l'art. 6, decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480, recante «Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna attribuisce alla Regione funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali, nonche' quelle relative alla redazione e all'approvazione dei piani paesistici; tuttavia la Regione non ha esercitato la sua competenza nel rispetto dei limiti individuati nell'art. 3 dello Statuto della Regione, e quindi in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Infatti dalle norme statali e dalle giurisprudenza costituzionale illustrate nei precedenti motivi risulta che costituisce principio dell'ordinamento giuridico generale quello secondo cui gli usi civici fanno parte integrante e sostanziale del complessivo sistema di tutela dell'ambiente e del paesaggio.
P.T.M. Si chiede che venga dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della Legge regionale della Regione Sardegna n. 19 del 2 agosto 2013. Si produce per estratto copia conforme della delibera del Consiglio dei Ministri del 4 ottobre 2013 completa di relazione. Roma, 7 ottobre 2013 L'Avvocato dello Stato: Chiarina Aiello