N. 260 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 giugno 2013

Ordinanza del 20 giugno  2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regioanle per la Lombardia sul ricorso proposto  da  Cerutti  Rosanna
contro  Comune  di  Paderno  Dugnano,  Regione  Lombardia  e  Asnaghi
Flavio.. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia  -  Previsione
  che, in relazione  agli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia
  oggetti della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del  2011,
  al  fine  di  tutelare  il  legittimo  affidamento   dei   soggetti
  interessati, i permessi di costruire rilasciati alla  data  del  30
  novembre 2011, nonche' le denunce  di  inizio  attivita'  esecutive
  alla medesima data, devono considerarsi titoli validi  ed  efficaci
  fino al momento della dichiarazione di fine  lavori,  a  condizione
  che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il
  30 aprile 2012 - Lesione del  principio  di  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione - Contrasto con la  normativa  statale  di
  principio in materia - Elusione del giudicato della sentenza  della
  Corte costituzionale sopra richiamata. 
- Legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7, art. 17,  comma
  1. 
- Costituzione, artt. 97, 117, comma terzo (in relazione all'art.  3,
  comma 1, lett. d), del decreto del Presidente  della  Repubblica  6
  giugno 2001, n. 380), e 136; legge costituzionale 9 febbraio  1948,
  n. 1, art. 1. 
(GU n.49 del 4-12-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  1818  del  2012,  proposto  da:  Rosanna  Cerutti,
rappresentata e difesa dagli avv. Maria Sala, Claudio Sala ed Elvezio
Bortesi', con domicilio eletto presso lo studio dei primi in  Milano,
via Hoepli n. 3; 
    Contro: 
        Comune di Paderno  Dugnano,  in  persona  del  Sindaco  p.t.,
rappresentato e difeso dall'avv. Monica Modolo, con domicilio  eletto
presso la Segreteria di questo Tribunale in Milano, via Corridoni  n.
13; 
        Regione  Lombardia,  in  persona  del  Presidente  p.t.,  non
costituita; 
    Nei confronti di Flavio Asnaghi,  rappresentato  e  difeso  dagli
avv. Giampaolo Pucci e Silvia Forte, con domicilio eletto  presso  il
loro studio in Milano, via F.lli Bronzetti n. 3; 
    Per l'annullamento: 
        del provvedimento del  Comune  di  Paderno  Dugnano,  Settore
pianificazione del territorio, prot. 25093 del 15 maggio 2012 a mezzo
del quale e' stata confermata «la validita' del permesso di costruire
n. 11/10, proprietario sig.  Flavio  Asnaghi,  alla  luce  di  quanto
previsto dalla legge regionale n. 7/2012, art. 17, comma 1»; 
        di ogni altro atto preordinato,  presupposto,  consequenziale
e/o comunque connesso, ivi compreso il suddetto permesso di costruire
n. 11/10 rilasciato al sig. Flavio Asnaghi; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di  Paderno
Dugnano e del sig. Flavio Asnaghi; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 il  dott.
Stefano  Celeste  Cozzi  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. La sig.ra Rosanna Cerutti, odierna ricorrente, e' proprietaria
di un immobile situato sul territorio del Comune di Paderno Dugnano. 
    2. L'immobile confina con un'arca di proprieta' del  sig.  Flavio
Asnaghi il quale, in data 9 novembre 2010, ha ottenuto  dal  predetto
Comune il rilascio di un permesso di  costruire  per  procedere  alla
ristrutturazione di un edificio ivi insistente. 
    3.  La  ricorrente,  in   data   7   marzo   2012,   ha   rivolto
all'Amministrazione istanza di  autotutela  riguardante  il  suddetto
titolo edilizio. 
    4. Il Comune di Paderno Dugnano, con atto del 15 maggio 2012,  ha
respinto l'istanza confermando la validita' del permesso di costruire
rilasciato. 
    5. Avverso tale atto ed avverso il citato permesso  di  costruire
e' diretto il ricorso in esame. 
    6. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al  gravame,  il
Comune di  Paderno  Dugnano  ed  il  controinteressato,  sig.  Flavio
Asnaghi. 
    7. La Sezione, con ordinanza n.  1188  del  24  agosto  2012,  ha
accolto l'istanza cautelare. 
    8. In prossimita' dell'udienza  di  discussione  del  merito,  le
parti costituite hanno  depositato  memorie,  insistendo  nelle  loro
conclusioni. 
    9. Tenutasi la pubblica udienza in data 3 aprile 2013,  la  causa
e' stata trattenuta in decisione. 
    10. Come anticipato, con il ricorso in esame, viene impugnato  il
provvedimento con il quale il Comune di Paderno Dugnano  ha  respinto
l'istanza di annullamento in autotutela di un permesso  di  costruire
rilasciato per la realizzazione di un intervento di  ristrutturazione
di un edificio ubicato su di un'area attigua a quella  di  proprieta'
della ricorrente. Viene altresi' impugnato il permesso di  costruire,
a suo tempo rilasciato al controinteressato. 
    11. L'intervento oggetto del titolo edilizio  avrebbe  consentito
la demolizione e la ricostruzione dell'edificio  con  sagoma  diversa
rispetto a quella originaria. 
    12. Secondo  la  parte  ricorrente  l'illegittimita'  del  titolo
edilizio dipenderebbe proprio da quest'ultimo elemento,  non  essendo
ammissibili,   a   suo    dire,    interventi    classificati    come
ristrutturazione che comportino la demolizione e la ricostruzione  di
manufatti senza il rispetto della sagoma originaria. 
    13.  Nell'istanza  di  autotutela,  peraltro,  l'interessata   ha
invocato la sentenza della Corte Costituzionale 21 novembre 2011,  n.
309, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale
delle disposizioni contenute  nell'art.  27,  comma  1,  lettera  d),
ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12/2005,  come
interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia  n.  7/
2010, il quale definisce ristrutturazione edilizia gli interventi  di
demolizione  e  ricostruzione  senza  il  vincolo  della  sagoma.  In
particolare, tali disposizioni sono state  ritenute  dalla  Corte  in
contrasto con il principio fondamentale stabilito dall'art. 3,  comma
1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001, il  quale  esclude  che  possa
parlarsi  di  ristrutturazione  nel  caso  in  cui  la  ricostruzione
dell'immobile  sia  effettuata  senza  il  vincolo  di  sagoma,   con
conseguente   violazione   dell'art.   117,   terzo   comma,    della
Costituzione. 
    14.   Con   il    provvedimento    di    rigetto    dell'istanza,
l'Amministrazione intimata ha rilevato che,  nonostante  l'intervento
della Corte Costituzionale, l'annullamento del permesso di  costruire
a  suo  tempo  rilasciato  al  controinteressato  non  poteva  essere
disposto; e cio' in ragione del sopravvenuto art.  17,  primo  comma,
della 1.r. n. 7/2012, in forza del quale i titoli edilizi riguardanti
gli interventi oggetto della suindicata pronuncia,  rilasciati  prima
del  30  novembre  2011  e  per  i  quali  sia   stata   protocollata
comunicazione di inizio lavori prima  del  30  aprile  2012,  debbono
ritenersi comunque validi. 
    15. L'interessata, nel proprio ricorso,  sostiene  che  la  norma
regionale  da  ultimo  citata  sia,  e   debba   essere   dichiarata,
incostituzionale per contrasto con l'art. 136 Cost. e  per  contrasto
con il principio di retroattivita' delle sentenze emanate dalla Corte
Costituzionale. 
    16. Prima di affrontare i profili di costituzionalita', dai quali
dipende, per come sara' spiegato, l'esito del giudizio,  e'  tuttavia
necessario ricostruire il quadro  normativo  e  giurisprudenziale  di
riferimento. 
    17. In base alla definizione  data  dall'art.  27,  primo  comma,
lett. d) della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, sono  ricompresi
fra  gli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia   anche   quegli
interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione  parziale  o
totale dell'edificio nel rispetto della volumetria preesistente. 
    18. La norma, a differenza dell'art. 3, primo  comma,  lett.  d),
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,  n.  380,
non richiede espressamente che la ricostruzione  debba  avvenire  nel
rispetto della sagoma originaria. 
    19. La giurisprudenza di questo Tribunale  aveva  proposto  (cfr.
TAR  Lombardia  Milano,  sez.  Il,  16  gennaio  2009,  n.  153)  una
interpretazione armonizzatrice delle due disposizioni, stabilendo che
anche per la normativa  regionale  il  rispetto  della  sagoma  fosse
requisito   imprescindibile   ai   fini    della    definizione    di
ristrutturazione edilizia; e che la mancata esplicita  previsione  in
tal senso da parte della legislazione regionale dovesse  considerarsi
lacuna colmabile attraverso l'applicazione della norma statale. 
    20. Questa giurisprudenza e' stata pero' sconfessata dall'art. 22
della legge regionale 5 febbraio 2010, n. 7 (recante «Interpretazione
autentica dell'articolo 27, comma 1, lett. d) della  legge  regionale
11 marzo 2005, n. 12 «Legge per il governo del territorio»), il quale
ha espressamente previsto che, per la legislazione lombarda, ai  fini
della definizione  di  ristrutturazione  edilizia,  la  ricostruzione
dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma. 
    21.  Come  gia'  anticipato,  queste  disposizioni   sono   state
censurate  dalla  Corte  costituzionale,  la  quale,   partendo   dal
presupposto  che  l'edilizia  costituisce  materia  di   legislazione
concorrente ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., con sentenza 21 -
23 novembre 2011, n. 309, ha affermato  che  le  disposizioni  recate
dalla normativa statale in materia di definizione  e  classificazione
degli interventi edilizi costituiscono  norme  di  principio;  e  che
quindi la legislazione regionale non puo' discostarsi da  esse  senza
scontare il contrasto con la predetta norma costituzionale. 
    22. Applicando le  statuizioni  contenute  nella  sentenza  della
Corte costituzionale il ricorso  potrebbe  essere,  quindi,  accolto,
giacche' con esso l'interessata lamenta proprio  che  il  Comune,  in
applicazione della normativa regionale  dichiarata  incostituzionale,
abbia  assentito   un   intervento   di   ristrutturazione   edilizia
consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il
rispetto della sagoma originaria. 
    23. Nel suddetto  quadro  legislativo  si  e'  tuttavia  inserito
l'art. 17, comma 1, della 1egge regionale 18 aprile 2012,  n.  7,  in
base al quale  «In  relazione  agli  interventi  di  ristrutturazione
edilizia oggetto della sentenza della  Corte  costituzionale  del  21
novembre 2011, n. 309, al fine di tutelare il  legittimo  affidamento
dei soggetti interessati, i permessi  di  costruire  rilasciati  alla
data del 30 novembre 2011 (...) devono considerarsi titoli validi  ed
efficaci fino al  momento  della  dichiarazione  di  fine  lavori,  a
condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata
entro il 30 aprile 2012». 
    24. Questa norma, come si vede, dichiara testualmente «validi  ed
efficaci» i titoli edilizi riguardanti gli interventi  oggetto  della
succitata  sentenza  n.  309/2011,  e   cioe'   gli   interventi   di
ristrutturazione consistenti nella demolizione e ricostruzione  senza
vincolo  di  sagoma,  a  condizione:  1)  che  il  titolo  sia  stato
rilasciato prima del 30 novembre 2011; 2)  che  la  comunicazione  di
inizio lavori sia stata protocollata prima del 30 aprile 2012. 
    25.   Il    Collegio    si    e'    interrogato,    innanzitutto,
sull'interpretazione da dare alla norma, per stabilire se di essa  si
potesse  dare  una  lettura  costituzionalmente  orientata,  tale  da
escludere la rilevanza della sollevata questione ed evitare un rinvio
il cui esito appariva altrimenti scontato. 
    26.  Si  sarebbe  potuto,  infatti,  ritenere   che,   con   tale
disposizione, il legislatore  lombardo  avesse  semplicemente  inteso
affermare la persistente efficacia, sino a rimozione  giurisdizionale
o  amministrativa,  dei  titoli   rilasciati;   e   cio'   nonostante
l'intervento della Corte costituzionale sulle norme  cui  essi  danno
applicazione. 
    27. Letta cosi' la norma non avrebbe affermato nulla di  piu'  di
quanto la dottrina pacificamente  sostiene  in  ordine  agli  effetti
delle sentenze della  Corte,  che  nonostante  l'effetto  retroattivo
delle sue  pronunce  non  travolge  ne'  i  rapporti  conclusi  e  le
situazioni ormai consolidate ne', ex  se,  i  provvedimenti  adottati
dall'amministrazione in base alla norma dichiarata  incostituzionale.
L'effetto  delle  sentenze  della  Corte  che  rimuovono   le   norme
incostituzionali implica infatti che, in tutte le situazioni in cui i
provvedimenti emessi (legittimamente) prima della  caducazione  della
norma sottostante continuino a produrre effetti (non  inerendo  a  un
rapporto concluso), l'amministrazione ha il dovere di intervenire  in
autotutela e di rimuoverli, poiche' il principio di affidamento,  che
pure e' un valore costituzionalmente garantito, cessa di essere  tale
nello stesso momento in cui esso non poggia piu' su atti legittimi. 
    28. Se alla norma in questione si fosse data questo  significato,
pervero  assai  riduttivo,  sterilizzandola  da  ogni   volonta'   di
intervenire per sanare tutti gli  abusi  commessi  prima  e  dopo  la
pronuncia della Corte, la conclusione avrebbe potuto essere nel senso
che,  avendo  l'amministrazione  intimata   richiamato   tale   norma
indicandola espressamente come l'ostacolo all'esercizio del potere di
autotutela, il Collegio avrebbe definito il  giudizio  annullando  il
provvedimento impugnato per il vizio (ove dedotto) di violazione  e/o
erronea applicazione di detta norma. 
    29. Questo esito non e' invece possibile,  con  tutto  quanto  ne
consegue ai fini della rilevanza della questione di costituzionalita'
che si verra' esponendo, perche' l'interpretazione costituzionalmente
aderente  in  precedenza  profilata  si  scontra,  a   giudizio   del
Tribunale, con due argomenti ineludibili quanto dirimenti. 
    30. Il primo e' di carattere letterale:  come  visto,  l'art.  17
cit. non si limita a predicare l'efficacia dei titoli  rilasciati  ma
anche la loro validita' (la norma afferma testualmente che i permessi
di costruire debbono intendersi  «validi  ed  efficaci»)  sottendendo
quindi che essi sono intangibili per l'amministrazione che intendesse
intervenire in autotutela.. 
    31.  Il  secondo  argomento  si  basa  su   criteri   logici   di
interpretazione, ed in particolare sul  principio  secondo  il  quale
occorre dare alla legge,  se  possibile,  un  significato  utile.  In
proposito  si  osserva  che,  ove  la  previsione,  come  gia'  sopra
rilevato, si limitasse  a  rimarcare  la  persistente  efficacia  dei
titoli rilasciati, la stessa dovrebbe considerarsi del tutto  inutile
posto che,  gia'  per  costante  insegnamento  giurisprudenziale,  la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  di  una  legge  non  travolge
automaticamente  il  provvedimento  che  ne  da'  applicazione  (cfr.
Consiglio di Stato, ad plen., 8 aprile 1983, n. 8). 
    32. Va peraltro osservato che questa  interpretazione  limitativa
non e' stata minimamente seguita  dall'Amministrazione  intimata,  la
quale ha ritenuto che l'art. 17, comma primo, della 1.r.  n.  7/2012,
lungi dal limitarsi a confermare l'efficacia del titolo  in  concreto
rilasciato, avesse effetto  paralizzante  sull'esercizio  dei  propri
poteri di autotutela e per questa sola ragione ha respinto  l'istanza
della ricorrente. 
    33. Occorre quindi, perche' altro non resta, esaminare la seconda
opzione ermeneutica. 
    34. Orbene, se per dare un diverso  senso  alla  norma,  si  deve
ritenere, come ha fatto il Comune di Paderno Dugnano, che  la  stessa
sia volta ad evitare  l'annullamento  dei  titoli  ormai  rilasciati,
allora e' chiaro che,  indipendentemente  dalle  modalita'  con  tale
effetto si realizza, il suo  significato  e  la  sua  efficacia  deve
intendersi nel senso della  volonta'  del  legislatore  regionale  di
sanare il titolo edilizio rilasciato in spregio alla  (o  per  meglio
dire privando di efficacia la)  declaratoria  di  incostituzionalita'
contenuta nella sentenza n. 309/2411. 
    35. Cosi' argomentando altro non puo' ritenersi  se  non  che  il
legislatore regionale,  con  l'art.  17,  comma  primo,  della  legge
regionale n. 7/2012, abbia voluto sanare ex post, in via legislativa,
i  provvedimenti  divenuti  illegittimi  a  seguito  della   suddetta
pronuncia  di  incostituzionalita',  impedendo   quindi,   non   solo
all'amministrazione   ma   anche   al   giudice,   di    pronunciarne
l'annullamento. 
    36. Tale interpretazione, peraltro e' anche la piu'  aderente  al
dato letterale della norma atteso che, come gia' rilevato, la  stessa
afferma testualmente che i titoli  rilasciati  prima  della  sentenza
della Corte (sia pure a determinate condizioni) debbono  considerarsi
«validi». 
    37. Seguendo questa impostazione si  potrebbe  prospettare  anche
una lettura della norma, utile  ai  soli  fini  della  prospettazione
della non manifesta rilevanza della questione  di  costituzionalita',
per cui la volonta' del legislatore regionale non fosse tanto  quella
di introdurre un'ipotesi di sanatoria  ex  lege,  quanto  quella  di'
intervenire  surrettiziamente  sul  potere  di  autotutela  riservato
all'autorita' amministrativa, formulando una valutazione astratta  di
prevalenza dell'interesse  del  privato  al  mantenimento  in  essere
dell'atto rilasciato su quello pubblico  volto  al  ripristino  della
legalita' violata. 
    38. La disposizione in esame inciderebbe,  in  questo  caso,  con
effetti paralizzanti, solo sul potere  di  autotutela.  Ma  l'effetto
paralizzante  non  sarebbe  provocato   dalla   sanatoria   dell'atto
illegittimo (che conserverebbe la propria  illegittimita'  e  sarebbe
per cio' annullabile in sede  giurisdizionale)  ma  dalla  suindicata
astratta valutazione di prevalenza dell'interesse privato  su  quello
pubblico  volto  all'annullamento;  il  che   si   dedurrebbe   dando
significativo rilievo all'inciso «al fine di  tutelare  il  legittimo
affidamento dei soggetti interessati», contenuto nell'art. 17,  comma
primo, della legge regionale n. 7/2012. 
    39.   Illustrato   in   tal   modo   il   quadro   normativo    e
giurisprudenziale di riferimento, il Collegio  deve  osservare  come,
seguendo la seconda delle opzioni ermeneutiche sopra  proposte  (come
detto la prima non  regge,  se  non  alle  condizioni  forzate  sopra
descritte), la questione di legittimita' costituzionale del  suddetto
art.  17,  comma  primo,  della  legge  regionale  n.   7/2012   sia,
all'evidenza, rilevante e non manifestamente infondata. 
    40.  Prima  di  procedere  oltre  occorre,  pero',   un'ulteriore
precisazione. Poiche'  come  gia'  detto,  il  Collegio  ritiene  che
l'interpretazione piu' aderente al dato  letterale  e,  dunque,  piu'
plausibile  dell'art.  17  sia  quella  che   attribuisce   ad   esso
(direttamente o indirettamente) effetti  sananti,  le  argomentazioni
che verranno sviluppate  nel  prosieguo  muoveranno  dal  presupposto
ovvio che  si  segua  questa  interpretazione.  In  alcuni  specifici
passaggi si dara' peraltro  conto  delle  questioni  che  si  pongono
qualora  si  ritenga  che  la   disposizione   abbia   solo   effetto
paralizzante del potere di autotutela. 
    41. Cio'  premesso,  per  cio'  che  concerne  il  profilo  della
rilevanza si osserva quanto segue. 
    42. Come anticipato, con l'atto di archiviazione del procedimento
di  autotutela  qui  impugnato,  il  Comune  di  Paderno  Dugnano  ha
consentito  la  realizzazione  di   una   ristrutturazione   edilizia
consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio senza il
rispetto del vincolo di sagoma. 
    43. Applicando la normativa  in  vigore  prima  dell'introduzione
dell'art. 17 cit., come  risultante  a  seguito  della  pronuncia  di
incostituzionalita', il ricorso sarebbe stato, quindi, accolto. 
    44.  Applicando  invece  quest'ultima  disposizione  il   ricorso
dovrebbe essere respinto posto che, nel caso concreto, il permesso di
costruire qui avversato e' stato rilasciato in  data  9  aprile  2011
(dunque  prima  del  30  novembre  2011),  ed  essendo  la   relativa
comunicazione di inizio lavori stata protocollata in data  14  luglio
2011 (dunque prima del 30 aprile 2012). Da  qui  la  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale ad essa afferente. 
    45. Prima di procedere  oltre  il  Collegio  ritiene,  nondimeno,
opportuno formulare due ulteriori considerazioni. 
    46.  La  prima  riguarda  l'inciso   «fino   al   momento   della
dichiarazione di fine lavori», contenuto nel ridetto art.  17,  comma
1, della legge n. 7/2012. 
    47. Tale inciso, anche se interpretato nel senso (per la  verita'
poco comprensibile) che la validita' e l'efficacia del  provvedimento
vengano meno una volta ultimati i lavori, non  e'  decisivo  ai  fini
della soluzione della  presente  controversia,  posto  che  nel  caso
concreto la comunicazione di fine  lavori,  al  momento  di  rilascio
degli atti impugnati, non era ancora intervenuta.  L'effetto  sanante
(o paralizzante sul  potere  di  autotutela)  della  disposizione  e'
dunque ancora operante; con la conseguenza che,  in  applicazione  di
essa, questo  giudice  dovrebbe  comunque  disporre  il  rigetto  del
ricorso. 
    48. La seconda considerazione  si  ricollega  alle  eccezioni  di
tardivita' ed inammissibilita' sollevate dalle parti resistenti. 
    49. Queste sostengono invero che il ricorso, nella parte  in  cui
si rivolge avverso il permesso di costruire, sarebbe irricevibile per
tardivita' della notifica; e che lo stesso ricorso,  nella  parte  in
cui si rivolge avverso l'atto di rifiuto dell'esercizio del potere di
autotutela, sarebbe inammissibile in quanto diretto  contro  un  atto
meramente confermativo del precedente titolo edilizio. 
    50. Tale eccezione potrebbe considerarsi decisiva ai  fini  della
rilevanza della questione  posto  che:  a)  secondo  una  consolidata
giurisprudenza del giudice amministrativo, le  pronunce  della  Corte
Costituzionale che  colpiscono  le  norme  applicate  dalla  pubblica
amministrazione nell'esercizio dei  propri  poteri  autoritativi  non
incidono sui rapporti esauriti; b)  devono  considerarsi  esauriti  i
rapporti  regolati  da  provvedimenti  divenuti   inoppugnabili   per
decorrenza  dei  termini  di   impugnazione   giurisdizionale   (cfr.
Consiglio di Stato, ad. plen n. 8/1983 cit.);  c)  e  che  quindi  il
rigetto  del  presente  ricorso  potrebbe  essere  disposto  anche  a
prescindere dall'applicazione della  norma  contenuta  nell'art.  17,
comma 1, della 1.r. n. 7/2012, ove si ritenesse che il  rapporto  fra
p.a. e controinteressato  sia,  nel  caso  concreto,  definitivamente
disciplinato dal permesso di costruire  n.  11/2010,  ormai  divenuto
inoppugnabile e, dunque,  immune  alle  statuizioni  contenute  nella
sentenza della Corte Costituzionale n. 309/2011. 
    51. Ritiene tuttavia il Collegio che la regolazione del  rapporto
fra  p.a.  e  controinteressato,  nel  caso  concreto,  non  si   sia
cristallizzata nel succitato permesso di costruire; e cio' in  quanto
il Comune, a seguito dell'istanza della  ricorrente,  ha  avviato  un
procedimento  di  annullamento  in  autotutela  del  titolo  edilizio
rilasciato,   culminato   con   l'adozione   del   provvedimento   di
archiviazione, anch'esso avversato in questa sede. 
    52. Attraverso il nuovo procedimento  l'autorita'  amministrativa
ha quindi rinnovato l'istruttoria, nel corso della quale  sono  stati
valutati elementi in precedenza non presi in  considerazione,  ed  in
particolare sono state per  la  prima  volta  affrontate  proprio  le
questioni di legittimita' connesse alla compatibilita' costituzionale
delle disposizioni  regionali  che  ascrivono  alla  categoria  della
ristrutturazione edilizia interventi di demolizione  e  ricostruzione
senza il vincolo di sagoma. 
    53. Il  Comune,  invero,  invece  di  rilevare  l'inutilita'  del
riesame,   stante   l'ininfluenza   della   sentenza   della    Corte
Costituzionale sul permesso di costruire rilasciato e ormai  divenuto
inoppugnabile, ha delibato la questione giungendo alla conclusione di
non annullare l'atto in ragione del sopravvenuto dettato  legislativo
(significativo  in  proposito  e'  l'atto  di  avviso  di  avvio  del
procedimento inoltrato al controinteressato, nella parte  in  cui  il
Comune  manifesta  esplicitamente  l'intenzione   di   stabilire   se
sussistano i presupposti per esercitare il potere  di  autotutela  in
ragione  dell'intervenuta  sentenza  di   incostituzionalita'   delle
disposizioni che disciplinavano l'intervento). 
    54. Ne consegue che, in esito al suddetto procedimento, e'  stato
adottato  un  provvedimento  che  non  puo'  considerarsi   meramente
confermativo  del  precedente  permesso  di  costruire:  tale   atto,
difatti,   pur   confermando,    attraverso    l'archiviazione    del
procedimento,  il  contenuto  dispositivo  del  precedente,  fa  cio'
muovendo da nuove valutazioni ed in applicazione  di  una  normativa,
l'art. 17, comma 1, della legge regionale n. 7/2012 ,  che  all'epoca
di adozione del primo provvedimento non era neppure in vigore  e  che
ha consentito di ritenere la validita' di un provvedimento altrimenti
suscettibile di declaratoria di illegittimita'. 
    55.  Il  provvedimento  di  archiviazione  del  procedimento   di
autotutela va dunque qualificato come atto di natura sostanziale  con
cui, mediante la formulazione di nuove valutazioni espresse  in  seno
ad una rinnovata  istruttoria,  si  e'  affermata  la  validita'  del
permesso di costruire a suo tempo rilasciato e si e', di conseguenza,
confermato il suo contenuto dispositivo. 
    56. In tale contesto non  puo'  negarsi  la  sussistenza  di  una
sopravvenuta manifestazione di volonta' dell'Ente che si  aggiunge  a
quella originaria e che concorre con  la  prima  nel  determinare  la
regolazione  del  rapporto  intercorrente  con  il  controinteressato
destinatario del titolo edilizio. Come detto, l'atto  in  parola  non
puo' pertanto considerarsi meramente confermativo del precedente. 
    57. Il rinnovato  esercizio  del  potere  ha  dunque  riaperto  i
termini di impugnazione. Ne discende che, ai fini che  qui  rilevano,
il rapporto fra p.a. e controinteressato non puo' dirsi esaurito  (il
provvedimento di archiviazione  del  procedimento  di  autotutela  e'
stato infatti ritualmente impugnato); e che,  quindi,  il  rigetto  o
l'accoglimento  del  ricorso  stesso  non   possono   che   dipendere
dall'applicazione del ridetto  art.  17,  comma  primo,  della  legge
regionale n. 7/2012. 
    58.  Tutto  il  ragionamento  sin  qui  svolto,  si  fonda,  come
anticipato, sul presupposto che si segua l'interpretazione  dell'art.
17 preferita dal Collegio; tuttavia anche qualora si ritenga  che  la
suddetta norma abbia effetti meramente  paralizzanti  sul  potere  di
autotutela le conclusioni non muterebbero. 
    59.  Va  invero  osservato  che,   secondo   la   giurisprudenza,
l'intervenuta inoppugnabilita' del provvedimento non  impedisce  alla
pubblica  amministrazione  di  annullare   l'atto   illegittimo   per
sopravvenuta  dichiarazione  di   incostituzionalita'   della   norma
applicata nell'esercizio  del  potere:  l'inoppugnabilita'  determina
dunque l'esaurimento del rapporto solo  nei  confronti  del  privato,
interessato ad ottenere  l'annullamento  del  provvedimento  in  sede
giurisdizionale, ma non nei confronti della pubblica  amministrazione
che, una volta intervenuta la sentenza  dichiarativa  costituzionale,
puo' sempre esercitare i propri poteri di autotutela non  soggetti  a
limiti temporali di decadenza (cfr. Consiglio di Stato,  sez.  VI,  9
giugno 2003, n. 3458; TAR Calabria Catanzaro, sez.  II,  17  novembre
2007, n. 1721). 
    60.  In  proposito  va  peraltro  soggiunto  che,  in   base   ad
un'opinione dottrinale, il potere di annullamento in autotutela di un
titolo edilizio non potrebbe piu' esercitarsi quando i  lavori  siano
ultimati, giacche' in tal  caso  il  rapporto  dovrebbe  considerarsi
esaurito. Tale principio tuttavia non opera nel caso di specie  posto
che,  come  anticipato,  all'epoca   di   emanazione   dell'atto   di
archiviazione del procedimento di  autotutela,  i  lavori  non  erano
ancora stati ultimati. 
    61. Da tutto cio' consegue che, anche se si volesse ritenere che,
nella fattispecie concreta, il predetto  atto  di  archiviazione  del
procedimento non abbia valenza di atto  sostanziale  di  conferma  di
validita' del permesso di costruire  rilasciato  (come  sopra  si  e'
sostenuto), ma abbia valenza di atto di  rifiuto  dell'esercizio  del
potere  di  autotutela,  anche  in  questo  caso  la   questione   di
legittimita' costituzionale conserverebbe rilevanza, posto  che  tale
rifiuto  e'  stato  opposto   alla   ricorrente   esclusivamente   in
applicazione della disposizione di  cui  all'art.  17,  comma  primo,
della legge regionale n. 7/2012, al quale dunque anche questo giudice
dovrebbe dare applicazione per rigettare il ricorso. 
    62.  Va  pertanto  ribadita  la  rilevanza  della  questione   di
legittimita' costituzionale riguardante la suddetta norma. 
    63. Puo' ora passarsi  all'esame  del  profilo  inerente  la  non
manifesta infondatezza, in ordine al quale si  svolgono  le  seguenti
considerazioni. 
    64. Ritiene innanzitutto il Collegio che l'art. 17, comma  primo,
della legge regionale n. 7/2012 possa essere in contrasto con  l'art.
136, comma primo, Cost. e con l'art. 1 della legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1. 
    65. In base all'art. 136  della  Costituzione  «quando  la  Corte
dichiara l'illegittimita' costituzionale di una norma di legge  o  di
atto avente forza di legge, la norma cessa  di  avere  efficacia  dal
giorno successivo alla pubblicazione della decisione». 
    66. Analoga disposizione e'  contenuta  nell'art.  30,  comma  3,
della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    67. La giurisprudenza della  Corte  costituzionale  ha  insegnato
che, nonostante la loro non chiarissima formulazione, la disposizioni
suindicate debbono interpretarsi, avuto anche  riguardo  al  disposto
dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948,  n.  1,  nel
senso  che  l'intervenuta  dichiarazione  di  incostituzionalita'  ha
effetti erga omnes  e  retroattivi  che  si  dispiegano  su  tutti  i
rapporti giuridici, salvo il limite  invalicabile  del  giudicato,  e
salvo altresi' il limite derivante da situazioni giuridiche  comunque
divenute irrevocabili: la dichiarazione  di  illegittimita'  colpisce
dunque la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento,
ricalcandosi cosi' un fenomeno analogo a quello che  si  verifica  in
caso di annullamento degli atti giuridici (cfr. Corte  Costituzionale
sent. 25 marzo 1970, n. 49; id. sent. 15 dicembre 1966, n. 127). 
    68.  In  applicazione  dell'art.  136  della   Costituzione,   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni  di
cui all'art. 27, primo comma, lett. d) della 1.r. 11 marzo  2005,  n.
12 ed all'art. 22 della  legge  regionale  5  febbraio  2010,  n.  7,
pronunciata con sentenza n. 309/2011, dovrebbe  dunque  valere  anche
per il passato. 
    69. Senonche', come visto, con  l'art.  17,  comma  primo,  della
legge regionale n. 7/2012, il legislatore  lombardo  ha  dettato  una
disposizione che appare in contrasto  con  gli  illustrati  principi,
stabilendo che «In  relazione  agli  interventi  di  ristrutturazione
edilizia oggetto della sentenza della  Corte  costituzionale  del  21
novembre 2011, n. 309, (...) i permessi di costruire rilasciati  alla
data del 30 novembre 2011 (...) devono considerarsi titoli validi  ed
efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori  ...»;  e
stabilendo quindi, nella sostanza, che, in base a  questa  norma,  la
dichiarazione di incostituzionalita' non rileva per i titoli  edilizi
rilasciati in epoca anteriore  alla  pubblicazione  della  suindicata
sentenza. 
    70.  Con  la  disposizione  in  esame,  si  e'  dunque   prevista
un'ipostesi di sanatoria legislativa diretta  ad  emendare  i  titoli
rilasciati prima della pubblicazione della sentenza n.  309/2011  dal
vizio derivante dell'essere tali  atti  applicativi  di  disposizioni
dichiarate incostituzionali. 
    71. Sembra pertanto sussistere il contrasto con i citati articoli
136 della Costituzione e 1  della  legge  costituzionale  9  febbraio
1948, n. 1. 
    72. Il Collegio ritiene inoltre che  possa  anche  profilarsi  il
contrasto con l'art. 117, comma terzo, della Costituzione. 
    73. Difatti, nel sancire la validita' dei permessi  di  costruire
rilasciati anteriormente al 30 novembre 2011, l'art. 17, comma primo,
della legge regionale n. 7/2012 interviene,  nella  sostanza,  ancora
una volta sulla disciplina inerente la definizione e  classificazione
degli interventi edilizi (materia, come detto, ritenuta  dalla  Corte
riconducibile a quelle di  legislazione  concorrente),  ribadendo  la
possibilita'  di  ascrivere  alla  categoria  delle  ristrutturazioni
interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione  di  edifici
senza vincolo di  sagoma,  e  cio'  perlomeno  con  riferimento  agli
interventi i cui titoli autorizzativi siano stati rilasciati entro la
predetta data. 
    74. Sembra pertanto che la normativa denunciata sia in  contrasto
con la normativa statale di principio contenuta  nell'art.  3,  comma
primo, lett. d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380  (che,  come  detto,
impone invece il rispetto del limite di sagoma), e ripeta per cio' il
vizio di violazione dell'art. 117, comma terzo, Cost.  gia'  rilevato
con la sentenza n. 309/2011. 
    75. Da ultimo il Collegio  osserva  che,  ove  si  ritenesse  che
l'art. 17, comma 1, della legge regionale n.  7/2012,  abbia  valenza
non gia' di norma sanante  ma  di  norma  meramente  paralizzante  il
potere di autotutela (come  sopra  precisato)  possa,  in  tal  caso,
profilarsi un evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione. 
    76. Si deve invero osservare che la  Regione,  con  la  succitata
disposizione, ha compresso il potere  di  autotutela  riservato  alle
autorita' comunali, impedendo loro di intervenire sui titoli  edilizi
gia' rilasciati per rendere conforme  l'attivita'  di  trasformazione
del territorio alle disposizioni normative vigenti nell'ordinamento. 
    77. Tale compressione si pone  in  antitesi  con  i  principi  di
legalita' e buon andamento  della  pubblica  amministrazione  sanciti
dalla suddetta norma costituzionale  (cfr.  ex  multis  Consiglio  di
Stato sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1186),  in  quanto  sacrifica  in
maniera  aprioristica  i  suddetti  valori   senza   richiedere   una
preventiva  concreta  comparazione  degli  interessi  coinvolti   nel
procedimento di autotutela; comparazione invece normalmente richiesta
per giustificare il  mantenimento  in  essere  di  provvedimenti  non
conformi a legge. Esempio emblematico di questo  ultroneo  sacrificio
potrebbe essere dato proprio dal caso in esame, nel quale l'autorita'
amministrativa ha ritenuto di non potere esercitare il proprio potere
di autotutela nonostante la fase  esecutiva  dell'attivita'  edilizia
assentita fosse ferma  alla  fase  iniziale  e,  dunque,  non  ancora
cristallizzato in capo al privato quell'affidamento che, in astratto,
giustifica il mantenimento in essere di un titolo illegittimo. 
    78. In  conclusione,  ritiene  questo  Giudice  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 17, comma  primo,  della  legge  regionale  n.  7/2012,  in
riferimento agli artt. 136, comma primo, della Costruzione e 1  della
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, nonche'  con  riferimento
agli artt. 117, comma terzo, e 97 della stessa Costituzione. 
    79.  Conseguentemente,  l'odierno  giudizio   va   sospeso,   con
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  primo,  della  legge
regionale n. 7/2012, in riferimento  agli  artt.  136,  comma  primo,
della Costruzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,  n.
1, nonche' con riferimento agli artt. 117, comma terzo,  e  97  della
stessa Costituzione. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della Segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa e  al  Presidente  della
Giunta Regionale della  Lombardia  e  comunicata  al  Presidente  del
Consiglio Regionale della Lombardia. 
    Cosi' deciso in Milano nella camera di  consiglio  del  giorno  3
aprile 2013. 
 
                       Il Presidente: De Zotti 
 
 
                                           L'estensore: Celeste Cozzi