N. 99 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 29 ottobre 2013 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
Lavoro  e  occupazione,   Formazione   professionale   -   Interventi
  straordinari per favorire l'occupazione, in particolare giovanile -
  Disciplina dei tirocini formativi e di  orientamento  -  Previsione
  che i datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu'  Regioni
  possono fare riferimento alla sola normativa della Regione dove  e'
  ubicata la sede legale - Ricorso della Provincia autonoma di Trento
  - Denunciata invasione  della  competenza  legislativa  provinciale
  (primaria  statutaria  o  residuale)  in  materia   di   formazione
  professionale - Violazione da parte  del  legislatore  statale  del
  principio costituzionale di territorialita' della legge regionale -
  Contrasto con l'Accordo del 24 gennaio 2013 e allegate  Linee-guida
  in  materia  di  tirocini  (secondo  cui,  la  deroga  al  criterio
  territoriale e' subordinata ad appositi  accordi  tra  le  Regioni,
  recepiti  da  leggi  regionali)  -  In  subordine:  Violazione  dei
  principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. 
- Decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni,
  nella legge 9 agosto 2013, n. 99, art. 2, comma 5-ter. 
- Costituzione, artt. 117 (commi quarto e ottavo) e 118, in combinato
  disposto con l'art. 10 della legge 18 ottobre 2001, n.  3;  Statuto
  speciale per il Trentino-Alto Adige  (d.P.R.  31  agosto  1972,  n.
  670), artt. 8, n. 29), 9, nn. 2) e 4),  e  16;  d.P.R.  1  novembre
  1973, n. 689; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 470; Accordo del 24  gennaio
  2013 ed allegate "Linee-guida in materia di tirocini". 
(GU n.50 del 11-12-2013 )
     Ricorso  della  Provincia  autonoma  di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore, previa deliberazione della  Giunta  provinciale  17  ottobre
2013, n. 2233 (doc. 1),  rappresentata  e  difesa,  come  da  procura
speciale n. rep. 27923 del 17 ottobre 2013 (doc. 2), rogata dal dott.
Tommaso Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della  Provincia,  dall'avv.
prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc.  FLCGDM45C06L736E)  di  Padova,
dall'avv.   Nicolo'   Pedrazzoli   (cod.   fisc.    PDRNCL56R01G428C)
dell'Avvocatura della Provincia di Trento  e  dall'avv.  Luigi  Manzi
(cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con  domicilio  eletto  presso
l'avv. Manzi in via Confalonieri, n. 5, Roma; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma
5-ter, del decreto-legge  28  giugno  2013,  n.  76,  recante  «Primi
interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare
giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta  sul
valore  aggiunto  (IVA)  e   altre   misure   finanziarie   urgenti»,
convertito, con modificazioni, nella legge  9  agosto  2013,  n.  99,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 2013, 
    Per violazione: 
        degli articoli 117 e 118  della  Costituzione,  in  combinato
disposto con l'articolo 10 della legge 18 ottobre 2001, n. 3; 
        dell'articolo 8, n.  29);  dell'articolo  9,  nn.  2)  e  4);
dell'articolo 16 dello Statuto speciale; 
        del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973,
n. 689, e del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo  1975,
n. 470); 
        del principio di leale collaborazione, 
nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  e'  dotata   di   competenza
legislativa  primaria  in  materia  di  «addestramento  e  formazione
professionale»  (art.  8,  n.  29,  Statuto  speciale)   nonche'   di
competenza concorrente in  materia  di  «apprendistato;  libretti  di
lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori», ai sensi dell'art. 9,
n. 4, dello Statuto. In tali materie, la Provincia e' titolare  delle
corrispondenti competenze amministrative, ai sensi dell'art. 16 dello
Statuto. Tali norme  hanno  ricevuto  attuazione  con  il  d.P.R.  1°
novembre 1973, n. 689. 
    Le competenze statutarie  costituiscono  ancora  un  fondamentale
parametro di riferimento. Anche codesta ecc.ma  Corte  costituzionale
ha affermato, nelle sentenze nn. 328/2010 e 213/2009 che  «n  materia
di istruzione e formazione professionale l'art. 117 Cost. non prevede
una forma di autonomia piu' ampia di quella configurata dagli artt. 8
e 9 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige». Ed anche  nel
caso di cui alla sent. n. 275/2012  il  ricorso  della  Provincia  di
Trento a codesta Corte costituzionale era stato esaminato -  pur  con
esito  negativo  per  la  Provincia  -  sulla  base  della   invocata
competenza statutaria in materia di formazione professionale. 
    Tuttavia, in precedenza, con la sentenza n.  328  del  2006,  era
stato ritenuto altrimenti, in  relazione  alla  competenza  residuale
delle Regioni ordinarie, stabilita dell'art. 117, comma 4, Cost.,  in
materia di formazione  professionale,  con  conseguente  applicazione
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Nella presente controversia, tuttavia, non ha rilievo la  precisa
individuazione del  fondamento  attuale  della  potesta'  legislativa
della  ricorrente  Provincia  autonoma,   in   quanto   i   parametri
costituzionali fatti valere si applicano ugualmente, nei rapporti con
la  legge  ordinaria  dello  Stato,  sia  alle  potesta'  legislative
statutarie che alle  potesta'  legislative  derivanti  dall'art.  117
della  Costituzione:  si  tratta  infatti  dell'essenziale  carattere
territoriale della  potesta'  legislativa,  del  principio  di  leale
collaborazione e del principio di ragionevolezza. 
    Si precisa inoltre che nell'esercizio  delle  proprie  competenze
legislative, la Provincia di Trento ha disciplinato  la  materia  dei
tirocini formativi e di orientamento, ed in  particolare  i  soggetti
promotori (articolo 4-bis l.p. 16 giugno  1983,  n.  19,  e  relative
deliberazioni  attuative,  tra  cui  la  deliberazione  della  Giunta
provinciale 1° febbraio 2013, n. 175). 
    Nella materia in questione e' ora intervenuto il d.l. n. 76/2013,
recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione,
in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche' in  materia
di Imposta sul valore  aggiunto  (IVA)  e  altre  misure  finanziarie
urgenti». L'art. 2 del decreto prevede «Interventi  straordinari  per
favorire l'occupazione, in particolare giovanile». 
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  non  contesta  affatto,   in
generale,  tali  disposizioni  dell'art.  2,  le  quali   del   resto
largamente si richiamano alla  competenza  regionale  nella  materia,
utilizzandola nella manovra anticrisi. 
    Forma tuttavia  oggetto  della  presente  impugnazione  il  comma
5-ter,  aggiunto  dalla  legge  di  conversione,  che  contiene   una
disposizione di indubbia singolarita'. Esso  stabilisce  infatti  che
«per i tirocini formativi e di orientamento di cui alle  linee  guida
di cui all'Accordo sancito il 24 gennaio 2013 in sede  di  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano i datori di lavoro pubblici e privati
con sedi in piu' regioni possono fare riferimento alla sola normativa
della regione dove e' ubicata  la  sede  legale  e  possono  altresi'
accentrare le comunicazioni di  cui  all'articolo  1,  commi  1180  e
seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,  presso  il  Servizio
informatico nel cui ambito territoriale e' ubicata la sede legale». 
    Converra' ricordare fin d'ora, a chiarire il  contesto  normativo
della questione, che il «tirocinio formativo e di orientamento» e' un
istituto introdotto dall'art. 18 legge n. 196/1997, Norme in  materia
di promozione dell'occupazione, e ulteriormente disciplinato dal d.m.
25 marzo 1998, n. 142, Regolamento recante norme  di  attuazione  dei
principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della legge  24  giugno
1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento. 
    Ugualmente, converra' sin d'ora anticipare che l'Accordo  del  24
gennaio 2013 e' stato concluso ai sensi dell'art. 1, comma 34,  legge
n. 92/2012 («Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, il Governo e le regioni concludono in  sede  di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  un  accordo  per   la
definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi
e di orientamento, sulla base dei  seguenti  criteri[...]»)  e  detta
«Linee-guida in materia di tirocini». Nel punto  2  dell'Accordo  si'
prevede che «le regioni e  province  autonome,  nell'esercizio  delle
proprie competenze legislative e nella  organizzazione  dei  relativi
servizi, si impegnano  a  recepire  nelle  proprie  normative  quanto
previsto nelle Linee guida entro sei mesi  dalla  data  del  presente
accordo». Nel punto 4 si aggiunge che «le regioni a statuto  speciale
e   le   province   autonome   di   Trento   e   Bolzano   provvedono
all'applicazione delle Linee guida nell'ambito  delle  competenze  ad
esse spettanti e  secondo  quanto  disposto  dai  rispettivi  statuti
speciali». Infine, nel punto 5 si  stabilisce  che  «le  disposizioni
regionali attuative  delle  presenti  Linee  guida  costituiscono  la
disciplina  settoriale  in  materia  a  decorrere  dalla  data  della
relativa entrata in vigore». 
    Nella Premessa delle Linee-guida si legge poi che  esse  indicano
«taluni standard minimi di carattere disciplinare la cui  definizione
lascia, comunque, inalterata la facolta' per le  Regioni  e  Province
autonome di fissare disposizioni di  maggiore  tutela»,  e  l'art.  3
aggiunge che, «fatti salvi gli aspetti eventualmente ricadenti  nelle
materie di potesta' legislativa dello Stato, la  regolamentazione  in
materia di tirocini e' di competenza delle amministrazioni  regionali
e delle province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 4  attribuisce
alle Regioni la competenza ad individuare  i  «soggetti,  pubblici  e
privati,  accreditati  o  autorizzati,  che  possono  promuovere   il
tirocinio nel proprio territorio». 
    Da tali punti dell'Accordo e delle Linee-guida (e anche da altri:
v. art. 5, comma 1; art. 6, comma 1; art. 9, commi 3, 6 e 7; art. 12,
commi 2 e 5; art. 14, comma  4)  risulta  chiaramente  la  competenza
regionale in materia di  tirocini.  Del  resto,  tale  competenza  e'
confermata dalla stessa norma impugnata, che da' ai «datori di lavoro
pubblici e privati con sedi in piu' regioni» la possibilita' di «fare
riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la sede
legale» (enfasi aggiunta). 
    Tuttavia,  con  il  riferirsi,  per  forza  diretta  della  legge
statale, alla normativa di una regione diversa da quella nella  quale
l'attivita'  formativa   si   svolge,   la   disposizione   impugnata
illegittimamente limita il campo di applicazione  della  legislazione
della Provincia autonoma di Trento in relazione ad attivita'  che  si
svolgono nel suo territorio. 
    L'art. 2, comma 5-ter, d.l. n.  76/2013  risulta  percio'  lesivo
delle sue competenze costituzionali della per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  5-ter,  per
invasione della competenza legislativa provinciale e  violazione  del
limite territoriale. 
    Come sopra illustrato, la competenza primaria della Provincia  di
Trento in materia di formazione professionale risulta dall'art. 8, n.
29, dello Statuto speciale  o,  qualora  «ritenuto  piu'  favorevole,
dall'art. 117, comma 4, Cost. 
    La competenza regionale e' pienamente riconosciuta dal  succitato
Accordo del 24 gennaio 2013 ed e' del resto  confermata  dall'art.  2
del d.l. n. 76/2013, ivi compreso lo stesso impugnato comma 5-ter. 
    Con  specifico   riferimento   ai   tirocini   formativi   e   di
orientamento, la competenza regionale e' stata ulteriormente ribadita
dalla sent. n. 287/2012 di codesta Corte, che ha annullato l'art.  11
d.l. n. 138/2011. La Corte ha ricordato di aver gia'  "chiarito  che,
dopo la riforma costituzionale  del  2001,  la  competenza  esclusiva
delle Regioni in materia di  istruzione  e  formazione  professionale
«riguarda la istruzione e la formazione professionale  pubbliche  che
possono  essere  impartite  sia  negli  istituti  scolastici  a  cio'
destinati, sia mediante strutture  proprie  che  le  singole  Regioni
possano approntare  in  relazione  alle  peculiarita'  delle  realta'
locali, sia in  organismi  privati  con  i  quali  vengano  stipulati
accordi» (sentenza n. 50 del 2005)". Viceversa, «la disciplina  della
formazione interna - ossia quella formazione che i datori  di  lavoro
offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti -  di  per  se'  non
rientra  nella  menzionata  materia,  ne'  in  altre  di   competenza
regionale; essa,  essendo  intimamente  connessa  con  il  sinallagma
contrattuale, attiene all'ordinamento  civile,  sicche'  spetta  allo
Stato stabilire la relativa normativa (sentenza  n.  24  del  2007)».
Secondo la Corte, «appare evidente che il censurato art. 11  si  pone
in contrasto con l'art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  poiche'  va  ad
invadere  un  territorio  di  competenza  normativa  residuale  delle
Regioni». Il comma  1  della  disposizione,  infatti,  «interviene  a
stabilire i requisiti che devono essere posseduti  dai  soggetti  che
promuovono i tirocini formativi e di  orientamento»,  e  «la  seconda
parte del medesimo comma... dispone che... i tirocini formativi e  di
orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a
sei mesi, proroghe comprese, e possono essere  rivolti  solo  ad  una
determinata platea di beneficiari». In questo modo, pero', «la  legge
statale... interviene comunque in via diretta in una materia che  non
ha nulla a che vedere con la formazione aziendale». 
    Assodata la competenza  provinciale  piena  in  materia,  risulta
chiara l'incostituzionalita' della norma impugnata, la' dove  dispone
che «i datori di lavoro pubblici e privati con sedi in  piu'  regioni
possono fare riferimento alla sola normativa della  regione  dove  e'
ubicata la sede legale». 
    In  primo  luogo,  il  solo  fatto  che  il  legislatore  statale
intervenga nella materia in questione, senza  concretare  alcuno  dei
limiti  costituzionali  o  statutari,  rappresenta   una   violazione
dell'art. 8, n. 29, St. o dell'art. 117, comma 4, Cost.;  e  cio'  e'
confermato dalla succitata sent. n. 287/2012, che ha censurato l'art.
11 d.l. n.  138/2011  anche  nella  parte  in  cui  rinviava,  per  i
requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che  promuovono  i
tirocini formativi e di orientamento, alle  normative  regionali  (v.
punto 4 del Diritto). Inoltre, la  norma  e'  illegittima  in  quanto
viola   il   principio   costituzionale   di   territorialita'    che
pacificamente governa la  competenza  del  legislatore  regionale  ed
ovviamente anche della ricorrente Provincia autonoma di Trento. 
    Tale principio costituisce, innanzi tutto, un caratteristico e da
sempre ben noto limite della legge regionale:  sarebbe  evidentemente
incostituzionale una legge regionale che pretendesse di  disciplinare
fattispecie che si svolgono nel territorio di un'altra Regione  (cfr.
sentenza n. 285 del 1997). 
    Ma esso limita, con ogni evidenza, anche il legislatore ordinario
dello Stato, il quale  non  puo'  disporre  esso  stesso  dell'ambito
territoriale di applicazione della legge  regionale.  Il  legislatore
statale non puo' ne' disporre  l'ultraterritorialita'  di  una  legge
regionale nel territorio di altra Regione, ne'  sottrarre  al  potere
legislativo di una Regione fattispecie che si svolgono nel territorio
di essa. 
    Ma proprio cio' dispone la nonna impugnata nel presente giudizio.
L'art. 2, comma 5-ter, d.l. n. 76/2013, infatti, consente  ai  datori
di lavoro pubblici  e  privati,  aventi  sedi  in  piu'  regioni,  di
applicare alla formazione svolta in una regione  la  normativa  della
regione dove e' ubicata la sede legale. In tal modo, la disciplina di
una certa Regione viene incostituzionalmente applicata  ad  attivita'
che si svolgono al di fuori dei confini  della  Regione  stessa,  con
conseguente compressione della  potesta'  legislativa  della  Regione
sede del tirocinio. 
    La ricorrente Provincia autonoma di Trento non nega  che  possano
verificarsi ipotesi in cui puo' essere  necessario  un  coordinamento
dei poteri legislativi di diverse Regioni, ma a tale possibilita'  ha
fatto  fronte  la  stessa  Costituzione,  disponendo  che  «la  legge
regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni  per  il
migliore esercizio delle proprie funzioni» (art. 117, ottavo comma). 
    In questa prospettiva e' stato stipulato l'Accordo del 24 gennaio
2013 (che, come si vedra' nel punto 2, prevede il criterio del  luogo
del tirocinio nel caso di «soggetto ospitante multilocalizzato»),  il
quale contempla esso stesso la possibilita' di una deroga al criterio
territoriale, ma sulla base di specifici accordi fra le Regioni e non
certo di una decisione unilaterale dello Stato. 
    Infatti, il punto  3  dell'Accordo  dispone  che  «le  regioni  e
province autonome si impegnano  a  definire,  con  appositi  accordi,
disposizioni  volte  a  tener  conto  delle  esigenze  delle  imprese
multilocalizzate, anche in deroga a quanto previsto nelle linee guida
al paragrafo 9» (v. poi il par. 9, comma 6, secondo periodo). 
    Dunque, l'eventuale deroga al criterio del  luogo  del  tirocinio
dovrebbe essere concordata tra le Regioni e  poi  recepita  da  leggi
regionali, secondo lo schema di cui  al  ricordato  art.  117,  comma
ottavo, Cost. 
    Inoltre, e' da tener presente che la  norma  impugnata  non  solo
determina l'applicazione in  una  regione  delle  leggi  di  un'altra
Regione, nella quale si trova la sede legale del datore di lavoro, ma
produce  l'aberrante  conseguenza  di  assoggettare  alle  leggi   di
un'altra Regione i soggetti promotori, anche se essi non hanno  alcun
collegamento con la regione stessa. 
    Infatti, l'art. 6 delle Linee-guida prevede che «i tirocini  sono
svolti sulla base di apposite convenzioni stipulate  tra  i  soggetti
promotori e i soggetti ospitanti pubblici e  privati»,  e  che  «alla
convenzione... deve essere allegato un progetto formativo per ciascun
tirocinante, predisposto sulla base di modelli definiti dalle Regioni
e Province autonome». 
    Dunque, un datore di  lavoro  «multilocalizzato»,  in  base  alla
norma impugnata, potrebbe scegliere di applicare la  normativa  della
Regione ove si trova la sede legale, e di conseguenza il soggetto che
promuove «il tirocinio nel proprio territorio» (art.  4  Linee-guida)
si vedrebbe applicata una disciplina cui e' del tutto estraneo. 
    In definitiva, al legislatore statale non  spetta  il  potere  di
sottrarre certi comportamenti  -  la  cui  disciplina  rientra  nella
competenza  regionale  -  al  criterio   territoriale,   cioe'   alla
competenza della Regione nel cui territorio l'attivita'  deve  essere
svolta. il territorio non e' solo il limite  dell'applicazione  delle
leggi regionali (o delle Province autonome),  ma  anche  il  criterio
essenziale e inderogabile della loro applicazione, nel senso  che  la
legge statale,  ove  riconosca  la  competenza  regionale,  non  puo'
decidere  quale  legge  regionale  debba  applicarsi  in  deroga   al
principio territoriale. 
    Di qui l'incostituzionalita' della norma impugnata. 
2) In subordine. Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma
5-ter, per violazione dei  principi  di  leale  collaborazione  e  di
ragionevolezza. 
    Le  Linee-guida  allegate  all'Accordo  del   24   gennaio   2013
dispongono, nell'art. 9, comma 6, che «in relazione  alle  specifiche
caratteristiche dei tirocini, sia in  termini  di  finalita'  che  di
modalita' organizzative, si ritiene che in caso di soggetto ospitante
multilocalizzato e quindi anche di pubblica amministrazione con  piu'
sedi territoriali il tirocinio sia  regolato  dalla  normativa  della
Regione o della Provincia autonoma nel cui territorio il tirocinio e'
realizzato». 
    Dunque, la disciplina concordata fra Stato e Regioni, sulla  base
di una  norma  legislativa  statale  (art.  1,  comma  34,  legge  n.
92/2012), ha previsto il criterio del luogo del tirocinio, in caso di
soggetto ospitante multilocalizzato,  e  ha  previsto  che  eventuali
deroghe siano oggetto di «appositi accordi» tra le regioni  (art.  9,
comma 6), secondo il modello dell'art. 117, ottavo comma, Cost. 
    Invece,  la  norma  impugnata  da'  al  datore   di   lavoro   la
possibilita' di derogare a tale criterio. 
    Sembra chiaro che, in tal  modo,  la  norma  impugnata  viola  il
principio di leale collaborazione, dato che lo Stato  unilateralmente
disattende quanto concordato in sede pattizia. 
    A tale affermazione non  contraddice  il  principio,  piu'  volte
affermato  nella  giurisprudenza  costituzionale,  che   in   termini
generali il principio di leale collaborazione non comporta un vincolo
specifico per il legislatore,  trattandosi  in  questo  caso  di  uno
spostamento di competenza del  legislatore  regionale,  che  richiede
necessariamente il suo consenso. Se dunque pure non si ritenesse che,
secondo quanto disposto dall'art.  117,  ottavo  comma,  Cost.,  tale
effetto possa essere raggiunto solo sulla  base  di  leggi  regionali
attuative  di  corrispondenti  accordi,  sembra   evidente   che   il
legislatore  regionale  non  possa  essere  spogliato  della  propria
competenza costituzionale senza il proprio consenso. 
    Nella  giurisprudenza  costituzionale  si  trovano  elementi  che
supportano questa tesi. La sent. n. 79/2011 ha fatto salva una  norma
statale che disponeva la revoca del  finanziamento  statale  previsto
per la metropolitana di Parma, nonostante l'intesa gia' conclusa  con
la Regione Emilia-Romagna ai fini della realizzazione dell'opera.  La
Corte ha rilevato che l'intesa era necessaria per lo  spostamento  di
competenza implicito nella «chiamata in sussidiarieta'», ma  che  «la
decisione statale di escludere l'opera dal novero di quelle  ritenute
strategiche sul piano nazionale - e di revocare, di  conseguenza,  il
relativo  finanziamento  -  non  incide  pertanto  sulle   competenze
legislative e amministrative della Regione, in quanto non impedisce a
quest'ultima di realizzarla con fondi propri, ne' si  concretizza  in
un  intervento  unilaterale  nella  sfera  regionale,  come   sarebbe
avvenuto, ad esempio, nell'ipotesi di dirottamento delle  risorse  su
altre  opere,  non  concordate,   da   realizzarsi   nel   territorio
regionale». 
    Nel caso di specie, invece,  la  violazione  dell'Accordo  incide
proprio sulle competenze legislative della Provincia e si traduce  in
un intervento unilaterale nella sua sfera, dato che lo Stato consente
l'applicazione, nel territorio provinciale, di una legge di  un'altra
Regione. 
    Si puo' ricordare anche la sent. n. 309/2010, che  ha  dichiarato
illegittima una l.  Toscana  in  materia  di  istruzione,  anche  per
violazione del principio di leale collaborazione: «Il nuovo  percorso
formativo e' stato introdotto dalla Regione Toscana  unilateralmente,
prima della data all'epoca fissata dalla legge statale  e  prima  che
fossero   raggiunti   gli   accordi   in   Conferenza   Stato-Regioni
espressamente previsti dalla legge». 
    Infine, una legge e' stata annullata per violazione di una  norma
concordata anche nel caso  di  cui  alla  sent.  n.  3/2013,  che  ha
dichiarato l'illegittimita' di una legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia che si discostava unilateralmente  dalla  legge  n.  220/2010,
adottata a seguito di «una procedura concertata, ispirata alla  leale
collaborazione e confluita nel Protocollo di  Roma»:  «la  previsione
unilaterale di una condizione ulteriore... costituisce violazione del
principio  di  leale  collaborazione  e  determina   l'illegittimita'
costituzionale della disposizione che l'introduce». 
    Dunque, il principio di leale collaborazione e'  stato  applicato
direttamente come parametro ad atti legislativi (e non  solo  per  la
mancata  previsione  di  forme  di  raccordo  nell'adozione  di  atti
amministrativi applicativi della legge): come del resto pare  logico,
dato il rango costituzionale del principio stesso. 
    La violazione del principio di leale collaborazione si accompagna
all'intrinseca irragionevolezza  della  norma  impugnata.  L'art.  2,
comma 5-ter, d.l. n. 76/2013 richiama l'Accordo del 24  gennaio  2013
e, contemporaneamente, si discosta da esso. 
    La Provincia di Trento e' legittimata ad invocare il principio di
ragionevolezza, in quanto la norma impugnata incide  su  una  materia
provinciale (v., ad es., sentt. nn. 22/2012 e 80/2012). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia   codesta   ecc.ma   Corte    costituzionale    dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  2,  comma  5-ter,  del
decreto-legge 28  giugno  2013,  n.  76,  recante  «Primi  interventi
urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile,
della coesione sociale, nonche' in  materia  di  Imposta  sul  valore
aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n.  99.  nelle  parti,  nei
termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Trento-Roma 18 ottobre 2013 
 
          Prof. avv. Falcon - avv. Pedrazzoli - avv. Manzi 
 
    Allegati: 
        1) Deliberazione della Giunta provinciale 17 ottobre 2013, n.
2233; 
        2) Procura speciale n. rep. 27923 del 17 ottobre 2013.