N. 99 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 ottobre 2013 (della Provincia autonoma di Trento). Lavoro e occupazione, Formazione professionale - Interventi straordinari per favorire l'occupazione, in particolare giovanile - Disciplina dei tirocini formativi e di orientamento - Previsione che i datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu' Regioni possono fare riferimento alla sola normativa della Regione dove e' ubicata la sede legale - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata invasione della competenza legislativa provinciale (primaria statutaria o residuale) in materia di formazione professionale - Violazione da parte del legislatore statale del principio costituzionale di territorialita' della legge regionale - Contrasto con l'Accordo del 24 gennaio 2013 e allegate Linee-guida in materia di tirocini (secondo cui, la deroga al criterio territoriale e' subordinata ad appositi accordi tra le Regioni, recepiti da leggi regionali) - In subordine: Violazione dei principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. - Decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 99, art. 2, comma 5-ter. - Costituzione, artt. 117 (commi quarto e ottavo) e 118, in combinato disposto con l'art. 10 della legge 18 ottobre 2001, n. 3; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 29), 9, nn. 2) e 4), e 16; d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 470; Accordo del 24 gennaio 2013 ed allegate "Linee-guida in materia di tirocini".(GU n.50 del 11-12-2013 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore, previa deliberazione della Giunta provinciale 17 ottobre 2013, n. 2233 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27923 del 17 ottobre 2013 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto presso l'avv. Manzi in via Confalonieri, n. 5, Roma; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 5-ter, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 2013, Per violazione: degli articoli 117 e 118 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge 18 ottobre 2001, n. 3; dell'articolo 8, n. 29); dell'articolo 9, nn. 2) e 4); dell'articolo 16 dello Statuto speciale; del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 689, e del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 470); del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto La Provincia autonoma di Trento e' dotata di competenza legislativa primaria in materia di «addestramento e formazione professionale» (art. 8, n. 29, Statuto speciale) nonche' di competenza concorrente in materia di «apprendistato; libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori», ai sensi dell'art. 9, n. 4, dello Statuto. In tali materie, la Provincia e' titolare delle corrispondenti competenze amministrative, ai sensi dell'art. 16 dello Statuto. Tali norme hanno ricevuto attuazione con il d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689. Le competenze statutarie costituiscono ancora un fondamentale parametro di riferimento. Anche codesta ecc.ma Corte costituzionale ha affermato, nelle sentenze nn. 328/2010 e 213/2009 che «n materia di istruzione e formazione professionale l'art. 117 Cost. non prevede una forma di autonomia piu' ampia di quella configurata dagli artt. 8 e 9 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige». Ed anche nel caso di cui alla sent. n. 275/2012 il ricorso della Provincia di Trento a codesta Corte costituzionale era stato esaminato - pur con esito negativo per la Provincia - sulla base della invocata competenza statutaria in materia di formazione professionale. Tuttavia, in precedenza, con la sentenza n. 328 del 2006, era stato ritenuto altrimenti, in relazione alla competenza residuale delle Regioni ordinarie, stabilita dell'art. 117, comma 4, Cost., in materia di formazione professionale, con conseguente applicazione dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Nella presente controversia, tuttavia, non ha rilievo la precisa individuazione del fondamento attuale della potesta' legislativa della ricorrente Provincia autonoma, in quanto i parametri costituzionali fatti valere si applicano ugualmente, nei rapporti con la legge ordinaria dello Stato, sia alle potesta' legislative statutarie che alle potesta' legislative derivanti dall'art. 117 della Costituzione: si tratta infatti dell'essenziale carattere territoriale della potesta' legislativa, del principio di leale collaborazione e del principio di ragionevolezza. Si precisa inoltre che nell'esercizio delle proprie competenze legislative, la Provincia di Trento ha disciplinato la materia dei tirocini formativi e di orientamento, ed in particolare i soggetti promotori (articolo 4-bis l.p. 16 giugno 1983, n. 19, e relative deliberazioni attuative, tra cui la deliberazione della Giunta provinciale 1° febbraio 2013, n. 175). Nella materia in questione e' ora intervenuto il d.l. n. 76/2013, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti». L'art. 2 del decreto prevede «Interventi straordinari per favorire l'occupazione, in particolare giovanile». La Provincia autonoma di Trento non contesta affatto, in generale, tali disposizioni dell'art. 2, le quali del resto largamente si richiamano alla competenza regionale nella materia, utilizzandola nella manovra anticrisi. Forma tuttavia oggetto della presente impugnazione il comma 5-ter, aggiunto dalla legge di conversione, che contiene una disposizione di indubbia singolarita'. Esso stabilisce infatti che «per i tirocini formativi e di orientamento di cui alle linee guida di cui all'Accordo sancito il 24 gennaio 2013 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano i datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu' regioni possono fare riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la sede legale e possono altresi' accentrare le comunicazioni di cui all'articolo 1, commi 1180 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, presso il Servizio informatico nel cui ambito territoriale e' ubicata la sede legale». Converra' ricordare fin d'ora, a chiarire il contesto normativo della questione, che il «tirocinio formativo e di orientamento» e' un istituto introdotto dall'art. 18 legge n. 196/1997, Norme in materia di promozione dell'occupazione, e ulteriormente disciplinato dal d.m. 25 marzo 1998, n. 142, Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento. Ugualmente, converra' sin d'ora anticipare che l'Accordo del 24 gennaio 2013 e' stato concluso ai sensi dell'art. 1, comma 34, legge n. 92/2012 («Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo e le regioni concludono in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri[...]») e detta «Linee-guida in materia di tirocini». Nel punto 2 dell'Accordo si' prevede che «le regioni e province autonome, nell'esercizio delle proprie competenze legislative e nella organizzazione dei relativi servizi, si impegnano a recepire nelle proprie normative quanto previsto nelle Linee guida entro sei mesi dalla data del presente accordo». Nel punto 4 si aggiunge che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono all'applicazione delle Linee guida nell'ambito delle competenze ad esse spettanti e secondo quanto disposto dai rispettivi statuti speciali». Infine, nel punto 5 si stabilisce che «le disposizioni regionali attuative delle presenti Linee guida costituiscono la disciplina settoriale in materia a decorrere dalla data della relativa entrata in vigore». Nella Premessa delle Linee-guida si legge poi che esse indicano «taluni standard minimi di carattere disciplinare la cui definizione lascia, comunque, inalterata la facolta' per le Regioni e Province autonome di fissare disposizioni di maggiore tutela», e l'art. 3 aggiunge che, «fatti salvi gli aspetti eventualmente ricadenti nelle materie di potesta' legislativa dello Stato, la regolamentazione in materia di tirocini e' di competenza delle amministrazioni regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 4 attribuisce alle Regioni la competenza ad individuare i «soggetti, pubblici e privati, accreditati o autorizzati, che possono promuovere il tirocinio nel proprio territorio». Da tali punti dell'Accordo e delle Linee-guida (e anche da altri: v. art. 5, comma 1; art. 6, comma 1; art. 9, commi 3, 6 e 7; art. 12, commi 2 e 5; art. 14, comma 4) risulta chiaramente la competenza regionale in materia di tirocini. Del resto, tale competenza e' confermata dalla stessa norma impugnata, che da' ai «datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu' regioni» la possibilita' di «fare riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la sede legale» (enfasi aggiunta). Tuttavia, con il riferirsi, per forza diretta della legge statale, alla normativa di una regione diversa da quella nella quale l'attivita' formativa si svolge, la disposizione impugnata illegittimamente limita il campo di applicazione della legislazione della Provincia autonoma di Trento in relazione ad attivita' che si svolgono nel suo territorio. L'art. 2, comma 5-ter, d.l. n. 76/2013 risulta percio' lesivo delle sue competenze costituzionali della per le seguenti ragioni di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5-ter, per invasione della competenza legislativa provinciale e violazione del limite territoriale. Come sopra illustrato, la competenza primaria della Provincia di Trento in materia di formazione professionale risulta dall'art. 8, n. 29, dello Statuto speciale o, qualora «ritenuto piu' favorevole, dall'art. 117, comma 4, Cost. La competenza regionale e' pienamente riconosciuta dal succitato Accordo del 24 gennaio 2013 ed e' del resto confermata dall'art. 2 del d.l. n. 76/2013, ivi compreso lo stesso impugnato comma 5-ter. Con specifico riferimento ai tirocini formativi e di orientamento, la competenza regionale e' stata ulteriormente ribadita dalla sent. n. 287/2012 di codesta Corte, che ha annullato l'art. 11 d.l. n. 138/2011. La Corte ha ricordato di aver gia' "chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a cio' destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarita' delle realta' locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005)". Viceversa, «la disciplina della formazione interna - ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti - di per se' non rientra nella menzionata materia, ne' in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all'ordinamento civile, sicche' spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007)». Secondo la Corte, «appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l'art. 117, quarto comma, Cost., poiche' va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni». Il comma 1 della disposizione, infatti, «interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento», e «la seconda parte del medesimo comma... dispone che... i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari». In questo modo, pero', «la legge statale... interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale». Assodata la competenza provinciale piena in materia, risulta chiara l'incostituzionalita' della norma impugnata, la' dove dispone che «i datori di lavoro pubblici e privati con sedi in piu' regioni possono fare riferimento alla sola normativa della regione dove e' ubicata la sede legale». In primo luogo, il solo fatto che il legislatore statale intervenga nella materia in questione, senza concretare alcuno dei limiti costituzionali o statutari, rappresenta una violazione dell'art. 8, n. 29, St. o dell'art. 117, comma 4, Cost.; e cio' e' confermato dalla succitata sent. n. 287/2012, che ha censurato l'art. 11 d.l. n. 138/2011 anche nella parte in cui rinviava, per i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento, alle normative regionali (v. punto 4 del Diritto). Inoltre, la norma e' illegittima in quanto viola il principio costituzionale di territorialita' che pacificamente governa la competenza del legislatore regionale ed ovviamente anche della ricorrente Provincia autonoma di Trento. Tale principio costituisce, innanzi tutto, un caratteristico e da sempre ben noto limite della legge regionale: sarebbe evidentemente incostituzionale una legge regionale che pretendesse di disciplinare fattispecie che si svolgono nel territorio di un'altra Regione (cfr. sentenza n. 285 del 1997). Ma esso limita, con ogni evidenza, anche il legislatore ordinario dello Stato, il quale non puo' disporre esso stesso dell'ambito territoriale di applicazione della legge regionale. Il legislatore statale non puo' ne' disporre l'ultraterritorialita' di una legge regionale nel territorio di altra Regione, ne' sottrarre al potere legislativo di una Regione fattispecie che si svolgono nel territorio di essa. Ma proprio cio' dispone la nonna impugnata nel presente giudizio. L'art. 2, comma 5-ter, d.l. n. 76/2013, infatti, consente ai datori di lavoro pubblici e privati, aventi sedi in piu' regioni, di applicare alla formazione svolta in una regione la normativa della regione dove e' ubicata la sede legale. In tal modo, la disciplina di una certa Regione viene incostituzionalmente applicata ad attivita' che si svolgono al di fuori dei confini della Regione stessa, con conseguente compressione della potesta' legislativa della Regione sede del tirocinio. La ricorrente Provincia autonoma di Trento non nega che possano verificarsi ipotesi in cui puo' essere necessario un coordinamento dei poteri legislativi di diverse Regioni, ma a tale possibilita' ha fatto fronte la stessa Costituzione, disponendo che «la legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni» (art. 117, ottavo comma). In questa prospettiva e' stato stipulato l'Accordo del 24 gennaio 2013 (che, come si vedra' nel punto 2, prevede il criterio del luogo del tirocinio nel caso di «soggetto ospitante multilocalizzato»), il quale contempla esso stesso la possibilita' di una deroga al criterio territoriale, ma sulla base di specifici accordi fra le Regioni e non certo di una decisione unilaterale dello Stato. Infatti, il punto 3 dell'Accordo dispone che «le regioni e province autonome si impegnano a definire, con appositi accordi, disposizioni volte a tener conto delle esigenze delle imprese multilocalizzate, anche in deroga a quanto previsto nelle linee guida al paragrafo 9» (v. poi il par. 9, comma 6, secondo periodo). Dunque, l'eventuale deroga al criterio del luogo del tirocinio dovrebbe essere concordata tra le Regioni e poi recepita da leggi regionali, secondo lo schema di cui al ricordato art. 117, comma ottavo, Cost. Inoltre, e' da tener presente che la norma impugnata non solo determina l'applicazione in una regione delle leggi di un'altra Regione, nella quale si trova la sede legale del datore di lavoro, ma produce l'aberrante conseguenza di assoggettare alle leggi di un'altra Regione i soggetti promotori, anche se essi non hanno alcun collegamento con la regione stessa. Infatti, l'art. 6 delle Linee-guida prevede che «i tirocini sono svolti sulla base di apposite convenzioni stipulate tra i soggetti promotori e i soggetti ospitanti pubblici e privati», e che «alla convenzione... deve essere allegato un progetto formativo per ciascun tirocinante, predisposto sulla base di modelli definiti dalle Regioni e Province autonome». Dunque, un datore di lavoro «multilocalizzato», in base alla norma impugnata, potrebbe scegliere di applicare la normativa della Regione ove si trova la sede legale, e di conseguenza il soggetto che promuove «il tirocinio nel proprio territorio» (art. 4 Linee-guida) si vedrebbe applicata una disciplina cui e' del tutto estraneo. In definitiva, al legislatore statale non spetta il potere di sottrarre certi comportamenti - la cui disciplina rientra nella competenza regionale - al criterio territoriale, cioe' alla competenza della Regione nel cui territorio l'attivita' deve essere svolta. il territorio non e' solo il limite dell'applicazione delle leggi regionali (o delle Province autonome), ma anche il criterio essenziale e inderogabile della loro applicazione, nel senso che la legge statale, ove riconosca la competenza regionale, non puo' decidere quale legge regionale debba applicarsi in deroga al principio territoriale. Di qui l'incostituzionalita' della norma impugnata. 2) In subordine. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5-ter, per violazione dei principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. Le Linee-guida allegate all'Accordo del 24 gennaio 2013 dispongono, nell'art. 9, comma 6, che «in relazione alle specifiche caratteristiche dei tirocini, sia in termini di finalita' che di modalita' organizzative, si ritiene che in caso di soggetto ospitante multilocalizzato e quindi anche di pubblica amministrazione con piu' sedi territoriali il tirocinio sia regolato dalla normativa della Regione o della Provincia autonoma nel cui territorio il tirocinio e' realizzato». Dunque, la disciplina concordata fra Stato e Regioni, sulla base di una norma legislativa statale (art. 1, comma 34, legge n. 92/2012), ha previsto il criterio del luogo del tirocinio, in caso di soggetto ospitante multilocalizzato, e ha previsto che eventuali deroghe siano oggetto di «appositi accordi» tra le regioni (art. 9, comma 6), secondo il modello dell'art. 117, ottavo comma, Cost. Invece, la norma impugnata da' al datore di lavoro la possibilita' di derogare a tale criterio. Sembra chiaro che, in tal modo, la norma impugnata viola il principio di leale collaborazione, dato che lo Stato unilateralmente disattende quanto concordato in sede pattizia. A tale affermazione non contraddice il principio, piu' volte affermato nella giurisprudenza costituzionale, che in termini generali il principio di leale collaborazione non comporta un vincolo specifico per il legislatore, trattandosi in questo caso di uno spostamento di competenza del legislatore regionale, che richiede necessariamente il suo consenso. Se dunque pure non si ritenesse che, secondo quanto disposto dall'art. 117, ottavo comma, Cost., tale effetto possa essere raggiunto solo sulla base di leggi regionali attuative di corrispondenti accordi, sembra evidente che il legislatore regionale non possa essere spogliato della propria competenza costituzionale senza il proprio consenso. Nella giurisprudenza costituzionale si trovano elementi che supportano questa tesi. La sent. n. 79/2011 ha fatto salva una norma statale che disponeva la revoca del finanziamento statale previsto per la metropolitana di Parma, nonostante l'intesa gia' conclusa con la Regione Emilia-Romagna ai fini della realizzazione dell'opera. La Corte ha rilevato che l'intesa era necessaria per lo spostamento di competenza implicito nella «chiamata in sussidiarieta'», ma che «la decisione statale di escludere l'opera dal novero di quelle ritenute strategiche sul piano nazionale - e di revocare, di conseguenza, il relativo finanziamento - non incide pertanto sulle competenze legislative e amministrative della Regione, in quanto non impedisce a quest'ultima di realizzarla con fondi propri, ne' si concretizza in un intervento unilaterale nella sfera regionale, come sarebbe avvenuto, ad esempio, nell'ipotesi di dirottamento delle risorse su altre opere, non concordate, da realizzarsi nel territorio regionale». Nel caso di specie, invece, la violazione dell'Accordo incide proprio sulle competenze legislative della Provincia e si traduce in un intervento unilaterale nella sua sfera, dato che lo Stato consente l'applicazione, nel territorio provinciale, di una legge di un'altra Regione. Si puo' ricordare anche la sent. n. 309/2010, che ha dichiarato illegittima una l. Toscana in materia di istruzione, anche per violazione del principio di leale collaborazione: «Il nuovo percorso formativo e' stato introdotto dalla Regione Toscana unilateralmente, prima della data all'epoca fissata dalla legge statale e prima che fossero raggiunti gli accordi in Conferenza Stato-Regioni espressamente previsti dalla legge». Infine, una legge e' stata annullata per violazione di una norma concordata anche nel caso di cui alla sent. n. 3/2013, che ha dichiarato l'illegittimita' di una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia che si discostava unilateralmente dalla legge n. 220/2010, adottata a seguito di «una procedura concertata, ispirata alla leale collaborazione e confluita nel Protocollo di Roma»: «la previsione unilaterale di una condizione ulteriore... costituisce violazione del principio di leale collaborazione e determina l'illegittimita' costituzionale della disposizione che l'introduce». Dunque, il principio di leale collaborazione e' stato applicato direttamente come parametro ad atti legislativi (e non solo per la mancata previsione di forme di raccordo nell'adozione di atti amministrativi applicativi della legge): come del resto pare logico, dato il rango costituzionale del principio stesso. La violazione del principio di leale collaborazione si accompagna all'intrinseca irragionevolezza della norma impugnata. L'art. 2, comma 5-ter, d.l. n. 76/2013 richiama l'Accordo del 24 gennaio 2013 e, contemporaneamente, si discosta da esso. La Provincia di Trento e' legittimata ad invocare il principio di ragionevolezza, in quanto la norma impugnata incide su una materia provinciale (v., ad es., sentt. nn. 22/2012 e 80/2012).
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 5-ter, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche' in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 99. nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Trento-Roma 18 ottobre 2013 Prof. avv. Falcon - avv. Pedrazzoli - avv. Manzi Allegati: 1) Deliberazione della Giunta provinciale 17 ottobre 2013, n. 2233; 2) Procura speciale n. rep. 27923 del 17 ottobre 2013.