N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2013
Ordinanza del 30 maggio 2013 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania - Sezione staccata di Salerno nel ricorso proposto da Riccio Giovanni Maria ed altri 75 contro Universita' degli studi di Salerno, Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e Ministero dell'economia e delle finanze.. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Previsione, per i dipendenti pubblici non contrattualizzati, che i meccanismi di adeguamento retributivo non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e che non danno luogo a recuperi - Previsione, altresi', che gli anni 2011, 2012 e 2013 non siano utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio e che le progressioni hanno effetto per i predetti anni soltanto a fini giuridici - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi - Violazione dei principi di generalita' e di progressivita' della tassazione e di capacita' contributiva, attesa la sostanziale natura tributaria della prestazione patrimoniale imposta - Violazione del principio della retribuzione proporzionata ed adeguata - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 21. - Costituzione, artt. 3, 36, 53 e 97.(GU n.50 del 11-12-2013 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1241 del 2012, proposto da: Giovanni Maria Riccio, Avella Adolfo, Andrea Francesco Abate, Calbi Maurizio, Caputo Giuseppe, Castiglione Stefano, Cerulli Raffaele, Chichkine Andrei, Ciarletta Michele, Citarella Roberto, Grazia Basile, Coretto Pietro, De Lucia Andrea, De Riccardis Francesco, De Santo Massimo, Deufemia Vincenzo, Distasi Riccardo, Francese Rita, Gaeta Carmine, Gentili Monica, Iacobini Claudio, Illuminati Fabrizio, Izzo Irene, Paolo Coccorese, Lamberti Patrizia, Leone Antonietta, Liguori Consolatina, Locanto Massimiliano, Lubello Sergio, Marcelli Angelo, Maritato Luigi, Mastellone Eugenia, Menichini Anna Maria Cristina, Meriani Angelo, Miccio Michele, Miranda Salvatore, Nappi Michele, Michele Lamberti, Nobile Maria Rossella, Palma Vincenzo, Papa Maria Nicolina, Parascandola Palma, Passarella Francesca, Peluso Andrea, Pietrosanto Antonio, Platania Margherita, Polese Giuseppe, Proto Antonio, Rao Eleonora, Restaino Rocco, Ribera Federica, Riccio Giovanni, Rizzo Paola, Rubino Alfredo, Heinrich Christoph Neitzert, Vittoria Vittoria, Vitolo Antonio, Vitiello Giuliana, Vilasi Gaetano, Vento Mario, Venditto Vincenzo, Tucci Vincenzo, Tibullo Vincenzo, Tepedino Adele, Tedesco Consiglia, Tagliaferii Roberto, Storti Giuseppe, Silvestri Agnese, Maria Voghera, Savy Renata, Scaglione Antonio, Scarfato Paola, Sebillo Monica Maria Lucia, Diana Sannino, rappresentati e difesi dall'avv. Elena Mirto, con domicilio eletto in Salerno, via Bastioni, 41/B c/o Peduto; Contro Universita' degli studi di Salerno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele n. 58; Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, Ministero dell'economia e delle finanze; E con l'intervento di ad adiuvandum: Coordinamento nazionale dei professori associati delle universita' italiane, rappresentato e difeso dall'avv. Adriana Peduto, con domicilio eletto presso Adriana Peduto in Salerno, via Bastioni, 41/B; per l'accertamento del diritto alla maturazione dell'anzianita' di servizio nel ruolo maturata a partire dal 1° gennaio 2010 previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la declaratoria dell'incostituzionalita' dell'art. 9, comma 21 del d.-l. n. 78/2010 conv. nella legge n. 122/2010 nonche' dell'art. 6, comma 14 e dell'art. 8, comma 1 della legge. n. 240/2010; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' degli studi di Salerno; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. - I ricorrenti, tutti docenti universitari (professori associati, professori ordinari o ricercatori), in servizio presso l'Universita' di Salerno, essendo destinatari delle disposizioni di cui all'art. 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, si dolgono delle corrispondenti decurtazioni economiche scaturenti da tale disciplina, della cui compatibilita' costituzionale dubitano per articolate ragioni esposte nei corrispondenti capi di censura. A giudizio del Collegio - che condivide e, pertanto sostanzialmente riproduce il contenuto delle ordinanze degli altri Tribunali amministrativi che hanno gia' avuto occasione di occuparsi dell'argomento (Cfr. T.A.R. Lombardia - Milano ord. 15 giugno 2012, n. 1691; T.A.R. Reggio Calabria ord. 8 maggio 2012, n. 311 e da ultimo TAR Umbria ord. 13 marzo 2013, n. 156) - le censure dei ricorrenti introducono una questione di compatibilita' di quest'ultima normativa con la Costituzione, che e' rilevante e non manifestamente infondata. 2. - I ricorrenti censurano l'art. 9, comma 21 d.-l. 31 maggio 2010, n. 78 secondo cui «per le categorie di personale di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». Le norme di cui all'art. 9, comma 21, del d.-1. n. 78 del 2010 prevedono dunque il blocco, per il triennio 2011-2013 e senza possibilita' di «successivi recuperi»: a) dei «meccanismi di adeguamento retributivo» previsti dall'art. 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; b) degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianita' di servizio; c) di ogni effetto economico delle «progressioni di carriera», comunque denominate, conseguite nel triennio 2011-2013. Per quanto riguarda i criteri di adeguamento retributivo di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, tale disposizione prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 1998 gli stipendi, l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari (...) sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali» (comma 1); ai sensi del comma 2 della stessa disposizione, «la percentuale dell'adeguamento annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica»; sempre il comma 2 stabilisce che «a tal fine, entro il mese di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1», e che «qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento e' effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio». Per quanto concerne invece gli automatismi stipendiali legati all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a partire dall'art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento della docenza universitaria», e con le modifiche e gli aggiustamenti susseguitisi negli anni) prevede che la progressione economica dei docenti di ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di «classi» biennali di stipendio, al conseguimento di ciascuna delle quali corrisponde uno «scatto» stipendiale. In applicazione del citato comma 21, dell'art. 9, pertanto, per l'intero triennio 2011-2013 le retribuzioni dei docenti universitari sono escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, tanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianita' di ruolo; adeguamenti ed aumenti ricominceranno a decorrere a partire dal 2014, con espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di «recupero» degli adeguamenti e degli scatti che sarebbero spettati per il triennio 2011-2013. 2. - Preliminarmente il Collegio da atto della rilevanza della questione, dato che la normativa richiamata e' stata correttamente applicata direttamente ai ricorrenti, con cio' incidendo sulla relativa retribuzione, da cui la sussistenza del loro interesse processuale. 2a) - Con un primo ordine di argomenti si deduce la violazione da parte del legislatore dei criteri di ragionevolezza e ponderazione, posti a presidio del principio di uguaglianza, non avendo i sacrifici imposti carattere meramente temporaneo, ma essendo al contrario destinati a produrre effetti permanenti. «Osserva preliminarmente il Collegio come in passato la Corte costituzionale abbia gia' effettivamente scrutinato la legittimita' di una normativa analoga a quella contestata nel presente giudizio. Stabiliva infatti l'art. 7 del d.-l. n. 384 del 1992, convertito in legge n. 438 dei 1992, che "per l'anno 1993 non trovano applicazione le norme che comunque comportano incrementi retributivi in conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia dell'attribuzione di trattamenti economici, per progressione automatica di carriera''. La Corte, dato, che atto che la normativa in questione era stata emanata "in un momento delicato della vita nazionale'', avente "la finalita' di realizzare, immediatezza, un contenimento della spesa pubblica'', ne ha riconosciuto la legittimita', atteso che il blocco "esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio'', (sentenza 18 luglio 1997, n. 245) affermando (che la siffatta norma, nell'imporre sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza, a condizione pero' che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. La fattispecie di che trattasi non pare pertanto riconducibile ai citati precedenti gia' esaminati dalla Corte costituzionale poiche', a differenza di tali ipotesi, in cui le misure restrittive erano temporalmente circoscritte ad un solo anno, difetta ora nella sostanza quel requisito dell'eccezionalita' e temporaneita' della disciplina, che aveva consentito alla stessa Corte di rigettare le prospettate questioni di costituzionalita'. L'estensione del blocco alla maturazione delle classi e scatti di stipendio ad un triennio, crea infatti una vera e propria paralisi nella progressione stipendiale dei ricorrenti, non comparabile ai seppur gravosi effetti prodotti dal citato art. 7 d.-l. n. 384/1992, che in quanto circoscritti ad un anno potevano essere considerati una limitata parentesi meramente temporanea, priva di un vero e proprio carattere di stabilita'. Peraltro, ad ulteriore conferma della natura non "eccezionale'' e non "transeunte'' della disciplina, si consideri come di recente il d.-l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lettera b), preveda la "proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime''. Per le ragioni sopra esposte il Collegio dubita pertanto della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21 del d.-l. n. 78/2010, per violazione dell'art. 3, comma 2, Cost.». 2b) - «La vista protrazione degli effetti della norma in questione per un lungo lasso di tempo, induce altresi' a ritenere non manifestamente infondata anche l'ulteriore censura di incostituzionalita' mossa dai ricorrenti, per violazione degli artt. 36 e 97 Cost. "in quanto la prefigurata ed incisiva riduzione del trattamento economico a danno dei professori universitari finisce per alterare la proporzione tra la retribuzione complessiva del professore e la docenza svolta''. Osserva il Collegio come, nel caso del lavoro pubblico non contrattualizzato, sia lo stesso legislatore a determinare lo stipendio, in conformita' ai parametri costituzionali, ed in primis a quelli di cui al citato art. 36 Cost. Il sistema legislativo intaccato dalla normativa di che trattasi, e' andato nel corso degli anni formandosi in stretta attuazione dei parametri di proporzionalita' delle retribuzioni alla "quantita' e qualita'' del lavoro prestato, che risultano appunto pesantemente incisi, ex post, dall'intervento normativo per cui e' causa. L'esclusione di qualsiasi recupero successivo degli scatti, comporta che solo dal 2014 i meccanismi di adeguamento riprenderanno a decorrere, da cui la possibile alterazione del rapporto tra valore reale delle retribuzioni rispetto all'aumento del costo della vita». 2c) - «Sotto altro profilo, ritiene tuttavia il Collegio di sollevare questione di costituzionalita', per violazione dell'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento tra i ricorrenti e le altre categorie di dipendenti pubblici menzionate nell'art. 9, comma 21 cit., e per contrasto con l'art. 97 Cost., per la violazione del principio costituzionale di imparzialita' dell'azione amministrativa. L'art. 9, comma 21 cit., che si applica ai ricorrenti e a tutte le altre categorie di dipendenti pubblici ivi contemplate, presuppone "un meccanismo di progressione automatica degli stipendi''. I ricorrenti, per effetto di recenti innovazioni normative, non sono piu' titolari di un vero e proprio diritto al conseguimento degli scatti stipendiali, a suo tempo disciplinato nel d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. La normativa applicabile a professori e ricercatori universitari, come modificata nel corso degli ultimi anni, e come correttamente evidenziato nel primo motivo di ricorso, subordina infatti il conseguimento delle dette progressioni all'ottenimento di una positiva valutazione. In particolare, l'art. 3-ter del d.-l. 10 novembre 2008, n. 180, conv., con legge 9 gennaio 2009, n. 1, in tema di "valutazione dell'attivita' di ricerca'', ha infatti stabilito che "Gli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, destinati a maturare a partire dal 1° gennaio 2011, sono disposti previo accertamento da parte dell'autorita' accademica della effettuazione nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche». L'art. 6, comma 14 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 prevede poi che «i professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali di cui all'art. 8 e' di competenza delle singole universita' secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto puo' essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico». Per il successivo art. 8 della medesima legge «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo, tenendo conto anche delle disposizioni recate in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un regolamento ai sensi dell'art. 17, comma. 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari gia' in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, secondo le seguenti norme regolatrici: a) trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale; b) invarianza complessiva della progressione; c) decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. E' abrogato il comma 3 dell'art. 3-ter del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1». «Chiarito quanto precede, il Collegio dubita tuttavia della costituzionalita' della normativa de quo, che nel bloccare le progressioni di tutti i dipendenti pubblici in essi menzionati, non distingue tra coloro che possono conseguire tale avanzamento solo a seguito di una positiva valutazione, come gli attuali ricorrenti, e coloro che invece vi hanno diritto prescindendo da un siffatto giudizio, da cui deriva una possibile discriminazione delle categorie di personale sottoposte alla predetta valutazione, rispetto ad altre di personale "non contrattualizzato'', per il quale invece, una volta decorso il triennio, i c.d. "automatismi'' stipendiali riprenderanno a decorrere come prima». 2d) - «Il Collegio ritiene inoltre di sollevare d'ufficio un'ulteriore questione di costituzionalita', dato che, quanto piu' volte evidenziato nei precedenti punti, induce ad affrontare il tema della possibile natura tributaria della normativa in questione, cio' che porterebbe a dubitare della sua compatibilita' con i principi espressi dall'art. 53 Cost. In base alla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il nomen juris di volta in volta utilizzato dal legislatore non e' infatti qualificante ai fini dell'individuazione della natura tributaria di una norma, dato che la stessa deve essere considerata istitutiva di un prelievo quando abbia le caratteristiche essenziali dell'imposizione tributaria, essendo infatti ininfluente, ai fini del giudizio di costituzionalita', l'autoqualificazione legislativa del prelievo e la conseguente necessita' di desumere la natura del prelievo stesso dalla sola disciplina posta dal legislatore ordinario (Corte costituzionale 8 maggio 2009, n. 141). Premesso quanto precede, ritiene il Collegio che la normativa impugnata possieda i caratteri sostanziali richiesti dalla Corte costituzionale, onde riconoscere la natura tributaria di una disposizione (Corte cost. 23 maggio 2008, n. 168, 14 marzo 2008, n. 64). In primo luogo, pare evidente la doverosita' della prestazione, posta in essere mediante l'imposizione di un sacrificio economico individuale, realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio, venendo ad incidere su un trattamento economico gia' prefigurato, con una modalita' unilateralmente predeterminata dal legislatore, alla quale ne' l'Ente datore ne' lo stesso lavoratore possono sottrarsi. Secondariamente, il gettito scaturente dal prelievo e' destinato alla pubblica spesa, come desumibile dallo stesso tenore letterale della normativa di che trattasi; il d.-l. n. 78/2010 detta infatti "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria'', laddove l'articolo in questione e' espressamente dedicato al "contenimento delle spese in materia di impiego pubblico''. La natura tributaria della normativa in questione trova infine conferma nel carattere non sinallagmatico dell'imposizione, operata senza che a fronte di essa possa individuarsi una controprestazione da parte dell'Ente pubblico, o una riduzione delle prestazioni contrattualmente richieste, nel "presupposto economicamente rilevante'' dei sacrifici imposti, e nella piu' volte evidenziata stabilita' nel tempo delle disposizioni di cui al citato comma 9 dell'art. 21 d.-l. n. 78/2010. Chiarite le ragioni che inducono il Collegio ad attribuire natura tributaria alla detta norma, occorre chiedersi se la stessa superi il vaglio di compatibilita' con l'art. 53 Cost. Osserva in proposito il Collegio che, come peraltro gia' evidenziato nell'ordinanza n. 311/2012 del T.A.R. Calabria, il detto prelievo si e' indirizzato nei confronti di una ben limitata categoria di contribuenti, accomunati dall'avere la parte pubblica quale datore di lavoro, risultando cosi' esentati dall'imposizione straordinaria, nonostante l'eccezionalita' della situazione economica, tutti gli altri contribuenti, pure in possesso di rilevanti redditi, non rientranti nella predetta categoria, da cui la possibile violazione dei principi di cui all'art. 53 Cost. L'imposizione contributiva e fiscale deve infatti essere improntata a canoni di uniformita', che nell'ammontare dei cespiti patrimoniali, individuino un criterio certo e non discriminatorio di identificazione della capacita' contributiva. La Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria, ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivita', come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarieta' politica, economica e sociale (Corte costituzionale 24 luglio 2000, n. 341). Il principio di capacita' contributiva, come criterio diretto ad orientare la discrezionalita' del legislatore in ordine alla prefigurazione e configurazione degli obblighi tributari, comporta che a situazioni uguali, sul piano della capacita' contributiva, corrispondano obblighi uguali, talche' il sacrificio patrimoniale che per contingenti ragioni di contenimento della spesa pubblica, incida solo sulla condizione e sul patrimonio di una determinata categoria di lavoratori, lasciando indenni, a parita' di capacita' reddituale, altre categorie, da adito a dubbi di compatibilita' costituzionale per contrasto con l'art. 53 Cost. Tale articolo pare peraltro violato anche sotto altro profilo, evidenziato dagli stessi ricorrenti, sebbene con riferimento al solo art. 3 Cost., poiche' il legislatore non avrebbe "formato la sospensione degli scatti di anzianita', modulando le disposizioni di legge in modo differente, a seconda delle eta' e delle fasi della carriera universitaria''. Il blocco in questione influisce effettivamente nella stessa misura percentuale praticamente per tutti i docenti, incidendo quindi nella medesima proporzione su tutti gli stipendi, a prescindere dalla loro consistenza, mentre, ai sensi dell'art. 53 della Costituzione, nell'imporre a tutti i docenti universitari un sacrificio in nome di esigenze di contenimento della spesa pubblica, una corretta applicazione, oltre che del principio di "capacita' contributiva'', anche del criterio della "progressivita'' (art. 53 Cost.), avrebbe imposto una partecipazione piu' significativa, in termini percentuali, per coloro che sono titolari di stipendi piu' alti. Ne' puo' essere utile a ripristinare un minimo di progressivita' in tale forma di concorso alle spese pubbliche, l'ulteriore e distinta misura di cui al comma 2 dell'art. 9 del d.-l. n. 78 conv. in legge n. 122 del 2010, che prevede, in aggiunta al blocco degli adeguamenti ed aumenti retributivi, ulteriori riduzioni (dal 5% al 15%) per gli stipendi superiori ai 90.000 euro lordi, dato che, stanti gli attuali livelli delle retribuzioni complessive dei docenti universitari, tale misura non colpisce che poche classi di stipendio (le piu' alte) dei soli professori ordinari a tempo pieno. Il blocco in questione non solo non rispetta alcun criterio di progressivita' ma, al contrario, produce un effetto addirittura regressivo, colpendo pertanto in misura maggiore proprio gli stipendi piu' bassi. Gli "scatti'' stipendiali conseguenti alla maturazione delle diverse "classi'' di stipendio non operano infatti in modo omogeneo, ma sono profondamente diversificati, decrescendo con il progredire dell'anzianita' di ruolo. E' quindi palese che, a seguito del blocco degli scatti, l'effetto sulle retribuzioni e' di gran lunga piu' incisivo sulle classi di stipendio piu' basse». 3. - Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, il TAR solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d.-l. 31 marzo 2010, n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, per contrasto con gli artt. 3, 36, 97 e 53 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della decisione della Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del c.p.a. ed art. 295 c.p.c. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d-l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122 in relazione agli artt. 3, 9, 33, 34, 36, 37, 53, 77 e 97 della Costituzione, dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Rinvia ogni definitiva statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del promosso giudizio incidentale, ai sensi degli artt. 79 ed 80 cod. proc. amm.; Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Cosi' deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2013. Il presidente, estensore: Onorato