N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2013

Ordinanza del 30 maggio  2013  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Campania - Sezione staccata di Salerno  nel  ricorso
proposto da Riccio Giovanni Maria  ed  altri  75  contro  Universita'
degli studi di Salerno, Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca e Ministero dell'economia e delle finanze.. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Contenimento  della  spesa  in  materia  di  pubblico   impiego   -
  Previsione, per i dipendenti pubblici non contrattualizzati, che  i
  meccanismi di adeguamento retributivo non si applicano per gli anni
  2011, 2012 e 2013 e che non danno luogo a  recuperi  -  Previsione,
  altresi', che gli anni 2011, 2012 e 2013 non siano  utili  ai  fini
  della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio e che le
  progressioni hanno effetto per i  predetti  anni  soltanto  a  fini
  giuridici - Irrazionalita' - Ingiustificato  deteriore  trattamento
  dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi  -  Violazione
  dei principi di generalita' e di progressivita' della tassazione  e
  di capacita' contributiva, attesa la sostanziale natura  tributaria
  della prestazione patrimoniale imposta - Violazione  del  principio
  della retribuzione  proporzionata  ed  adeguata  -  Violazione  del
  principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 21. 
- Costituzione, artt. 3, 36, 53 e 97. 
(GU n.50 del 11-12-2013 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1241 del 2012, proposto da: 
        Giovanni Maria Riccio, Avella Adolfo, Andrea Francesco Abate,
Calbi  Maurizio,  Caputo  Giuseppe,  Castiglione   Stefano,   Cerulli
Raffaele, Chichkine Andrei,  Ciarletta  Michele,  Citarella  Roberto,
Grazia  Basile,  Coretto  Pietro,  De  Lucia  Andrea,  De   Riccardis
Francesco, De Santo Massimo,  Deufemia  Vincenzo,  Distasi  Riccardo,
Francese Rita,  Gaeta  Carmine,  Gentili  Monica,  Iacobini  Claudio,
Illuminati Fabrizio, Izzo Irene, Paolo Coccorese, Lamberti  Patrizia,
Leone Antonietta, Liguori Consolatina, Locanto Massimiliano,  Lubello
Sergio,  Marcelli  Angelo,  Maritato   Luigi,   Mastellone   Eugenia,
Menichini  Anna  Maria  Cristina,  Meriani  Angelo,  Miccio  Michele,
Miranda Salvatore, Nappi  Michele,  Michele  Lamberti,  Nobile  Maria
Rossella, Palma Vincenzo, Papa Maria  Nicolina,  Parascandola  Palma,
Passarella Francesca, Peluso Andrea,  Pietrosanto  Antonio,  Platania
Margherita, Polese Giuseppe, Proto Antonio,  Rao  Eleonora,  Restaino
Rocco, Ribera Federica, Riccio Giovanni, Rizzo Paola, Rubino Alfredo,
Heinrich  Christoph  Neitzert,  Vittoria  Vittoria,  Vitolo  Antonio,
Vitiello Giuliana, Vilasi Gaetano, Vento  Mario,  Venditto  Vincenzo,
Tucci Vincenzo, Tibullo Vincenzo, Tepedino Adele, Tedesco  Consiglia,
Tagliaferii  Roberto,  Storti  Giuseppe,  Silvestri   Agnese,   Maria
Voghera, Savy Renata,  Scaglione  Antonio,  Scarfato  Paola,  Sebillo
Monica Maria Lucia, Diana Sannino, rappresentati e  difesi  dall'avv.
Elena Mirto, con domicilio eletto in Salerno, via Bastioni, 41/B  c/o
Peduto; 
    Contro Universita' degli studi di Salerno, rappresentato e difeso
per legge dall'Avvocatura, domiciliata  in  Salerno,  corso  Vittorio
Emanuele n. 58; Ministero dell'istruzione  dell'universita'  e  della
ricerca, Ministero dell'economia e delle finanze; 
    E con l'intervento di ad adiuvandum: 
        Coordinamento  nazionale  dei  professori   associati   delle
universita'  italiane,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.   Adriana
Peduto, con domicilio eletto presso Adriana Peduto  in  Salerno,  via
Bastioni, 41/B;  per  l'accertamento  del  diritto  alla  maturazione
dell'anzianita' di servizio nel  ruolo  maturata  a  partire  dal  1°
gennaio 2010 previa rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale
per la declaratoria dell'incostituzionalita' dell'art.  9,  comma  21
del d.-l. n. 78/2010 conv. nella legge n. 122/2010 nonche'  dell'art.
6, comma 14 e dell'art. 8, comma 1 della legge. n. 240/2010; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  di  Universita'  degli
studi di Salerno; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il  dott.
Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale; 
    1.  -  I  ricorrenti,  tutti  docenti  universitari   (professori
associati, professori ordinari o  ricercatori),  in  servizio  presso
l'Universita' di Salerno, essendo destinatari delle  disposizioni  di
cui all'art. 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio  2010,  n.  78,
come convertito in legge 30 luglio 2010, n.  122,  si  dolgono  delle
corrispondenti decurtazioni economiche scaturenti da tale disciplina,
della  cui  compatibilita'  costituzionale  dubitano  per  articolate
ragioni esposte nei corrispondenti capi di censura. 
    A  giudizio  del   Collegio   -   che   condivide   e,   pertanto
sostanzialmente riproduce il contenuto delle  ordinanze  degli  altri
Tribunali amministrativi che hanno gia' avuto occasione di  occuparsi
dell'argomento (Cfr. T.A.R. Lombardia - Milano ord. 15  giugno  2012,
n. 1691; T.A.R. Reggio Calabria ord. 8  maggio  2012,  n.  311  e  da
ultimo TAR Umbria ord. 13 marzo  2013,  n.  156)  -  le  censure  dei
ricorrenti   introducono   una   questione   di   compatibilita'   di
quest'ultima normativa con la Costituzione, che e'  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
    2. - I ricorrenti censurano l'art. 9, comma 21  d.-l.  31  maggio
2010, n. 78 secondo  cui  «per  le  categorie  di  personale  di  cui
all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modificazioni,  che  fruiscono  di  un  meccanismo  di   progressione
automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono  utili
ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti  di  stipendio
previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'art.
3 del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e  successive
modificazioni  le  progressioni  di  carriera   comunque   denominate
eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e  2013  hanno  effetto,
per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». 
    Le norme di cui all'art. 9, comma 21, del d.-1. n.  78  del  2010
prevedono dunque  il  blocco,  per  il  triennio  2011-2013  e  senza
possibilita'  di  «successivi  recuperi»:  a)  dei   «meccanismi   di
adeguamento  retributivo»  previsti  dall'art.  24  della  legge   23
dicembre 1998, n. 448; b) degli  automatismi  stipendiali  (classi  e
scatti) correlati all'anzianita' di  servizio;  c)  di  ogni  effetto
economico delle  «progressioni  di  carriera»,  comunque  denominate,
conseguite nel triennio 2011-2013. 
    Per quanto riguarda i criteri di adeguamento retributivo  di  cui
all'art. 24 della legge n. 448 del 1998,  tale  disposizione  prevede
che «a decorrere dal  1°  gennaio  1998  gli  stipendi,  l'indennita'
integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e
dei  ricercatori  universitari  (...)  sono   adeguati   di   diritto
annualmente in ragione degli incrementi medi,  calcolati  dall'ISTAT,
conseguiti  nell'anno  precedente   dalle   categorie   di   pubblici
dipendenti contrattualizzati sulle  voci  retributive,  ivi  compresa
l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal  medesimo  Istituto
per l'elaborazione  degli  indici  delle  retribuzioni  contrattuali»
(comma 1); ai sensi  del  comma  2  della  stessa  disposizione,  «la
percentuale  dell'adeguamento  annuale  prevista  dal  comma   1   e'
determinata entro il 30  aprile  di  ciascun  anno  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei  Ministri  per
la  funzione  pubblica  e  del   tesoro,   del   bilancio   e   della
programmazione economica»; sempre il comma 2 stabilisce  che  «a  tal
fine,  entro  il  mese  di  marzo,  l'ISTAT  comunica  la  variazione
percentuale di cui al comma 1», e che «qualora i dati  necessari  non
siano  disponibili  entro  i  termini  previsti,   l'adeguamento   e'
effettuato nella  stessa  misura  percentuale  dell'anno  precedente,
salvo successivo conguaglio». 
    Per quanto concerne invece  gli  automatismi  stipendiali  legati
all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a  partire  dall'art.
36 del d.P.R. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento  della  docenza
universitaria», e con le modifiche e gli  aggiustamenti  susseguitisi
negli anni) prevede che la  progressione  economica  dei  docenti  di
ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di «classi» biennali
di stipendio, al conseguimento di ciascuna  delle  quali  corrisponde
uno «scatto»  stipendiale.  In  applicazione  del  citato  comma  21,
dell'art.  9,  pertanto,   per   l'intero   triennio   2011-2013   le
retribuzioni  dei  docenti  universitari  sono  escluse   tanto   dai
meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n.  448  del
1998, tanto dall'applicazione degli aumenti retributivi  («scatti»  e
«classi» di stipendio) collegati all'anzianita' di ruolo; adeguamenti
ed aumenti  ricominceranno  a  decorrere  a  partire  dal  2014,  con
espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di «recupero»  degli
adeguamenti e degli scatti che sarebbero  spettati  per  il  triennio
2011-2013. 
    2. - Preliminarmente il Collegio da atto  della  rilevanza  della
questione, dato che la normativa richiamata  e'  stata  correttamente
applicata  direttamente  ai  ricorrenti,  con  cio'  incidendo  sulla
relativa retribuzione, da  cui  la  sussistenza  del  loro  interesse
processuale. 
    2a) - Con un primo ordine di argomenti si deduce la violazione da
parte del legislatore dei criteri di ragionevolezza  e  ponderazione,
posti a presidio del principio di uguaglianza, non avendo i sacrifici
imposti carattere  meramente  temporaneo,  ma  essendo  al  contrario
destinati a produrre effetti permanenti. 
    «Osserva preliminarmente il Collegio come  in  passato  la  Corte
costituzionale abbia gia' effettivamente scrutinato  la  legittimita'
di una normativa analoga a quella contestata nel  presente  giudizio.
Stabiliva infatti l'art. 7 del d.-l. n. 384 del 1992,  convertito  in
legge n. 438 dei 1992, che "per l'anno 1993 non trovano  applicazione
le  norme  che  comunque   comportano   incrementi   retributivi   in
conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia dell'attribuzione  di
trattamenti economici, per progressione automatica di carriera''.  La
Corte, dato, che atto che la normativa in questione era stata emanata
"in un momento delicato della vita nazionale'', avente "la  finalita'
di realizzare, immediatezza, un contenimento della spesa  pubblica'',
ne ha riconosciuto la legittimita', atteso che il blocco "esauriva  i
suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni
per esigenze di riequilibrio  del  bilancio'',  (sentenza  18  luglio
1997,  n.  245)  affermando  (che  la  siffatta  norma,  nell'imporre
sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del principio di
cui all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice aspetto della non
contrarieta' sia al  principio  di  uguaglianza  sostanziale,  sia  a
quello della non irragionevolezza, a condizione pero' che i  suddetti
sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e  consentanei
allo scopo prefisso. La fattispecie di che trattasi non pare pertanto
riconducibile  ai  citati  precedenti  gia'  esaminati  dalla   Corte
costituzionale poiche', a differenza  di  tali  ipotesi,  in  cui  le
misure restrittive erano temporalmente circoscritte ad un solo  anno,
difetta ora  nella  sostanza  quel  requisito  dell'eccezionalita'  e
temporaneita' della disciplina,  che  aveva  consentito  alla  stessa
Corte di rigettare le  prospettate  questioni  di  costituzionalita'.
L'estensione del blocco alla maturazione delle  classi  e  scatti  di
stipendio ad un triennio, crea infatti una vera  e  propria  paralisi
nella progressione stipendiale dei  ricorrenti,  non  comparabile  ai
seppur gravosi effetti prodotti dal citato art. 7 d.-l. n.  384/1992,
che in quanto circoscritti ad un anno potevano essere considerati una
limitata parentesi meramente temporanea, priva di un vero  e  proprio
carattere di stabilita'. Peraltro, ad ulteriore conferma della natura
non "eccezionale'' e non "transeunte'' della disciplina, si consideri
come di recente il d.-l. n. 98 del 2011, convertito  nella  legge  n.
111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lettera b), preveda  la  "proroga
fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che  limitano  la
crescita dei trattamenti  economici  anche  accessori  del  personale
delle   pubbliche   amministrazioni   previste   dalle   disposizioni
medesime''. Per le ragioni sopra esposte il Collegio dubita  pertanto
della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21 del d.-l.  n.
78/2010, per violazione dell'art. 3, comma 2, Cost.». 
    2b)  -  «La  vista  protrazione  degli  effetti  della  norma  in
questione per un lungo lasso di tempo, induce altresi' a ritenere non
manifestamente    infondata    anche    l'ulteriore    censura     di
incostituzionalita' mossa dai ricorrenti, per violazione degli  artt.
36 e 97 Cost. "in quanto la prefigurata  ed  incisiva  riduzione  del
trattamento economico a danno dei professori universitari finisce per
alterare  la  proporzione  tra  la   retribuzione   complessiva   del
professore e la docenza svolta''. Osserva il Collegio come, nel  caso
del lavoro pubblico non contrattualizzato, sia lo stesso  legislatore
a   determinare   lo   stipendio,   in   conformita'   ai   parametri
costituzionali, ed in primis a quelli di cui al citato art. 36  Cost.
Il sistema legislativo intaccato dalla normativa di che trattasi,  e'
andato nel corso degli anni  formandosi  in  stretta  attuazione  dei
parametri di proporzionalita' delle retribuzioni  alla  "quantita'  e
qualita'' del lavoro prestato,  che  risultano  appunto  pesantemente
incisi,  ex  post,  dall'intervento  normativo  per  cui  e'   causa.
L'esclusione di qualsiasi recupero successivo degli scatti,  comporta
che solo  dal  2014  i  meccanismi  di  adeguamento  riprenderanno  a
decorrere, da cui la possibile alterazione del  rapporto  tra  valore
reale delle retribuzioni rispetto all'aumento del costo della vita». 
    2c) - «Sotto altro  profilo,  ritiene  tuttavia  il  Collegio  di
sollevare questione di costituzionalita', per violazione dell'art.  3
Cost. per disparita' di trattamento  tra  i  ricorrenti  e  le  altre
categorie di dipendenti pubblici menzionate  nell'art.  9,  comma  21
cit., e per contrasto con l'art. 97  Cost.,  per  la  violazione  del
principio costituzionale di imparzialita' dell'azione amministrativa.
L'art. 9, comma 21 cit., che si applica ai ricorrenti e  a  tutte  le
altre categorie di dipendenti pubblici  ivi  contemplate,  presuppone
"un  meccanismo  di  progressione  automatica  degli  stipendi''.   I
ricorrenti, per effetto di recenti innovazioni  normative,  non  sono
piu' titolari di un vero e proprio  diritto  al  conseguimento  degli
scatti stipendiali, a suo tempo disciplinato  nel  d.P.R.  11  luglio
1980, n. 382. La normativa applicabile  a  professori  e  ricercatori
universitari, come modificata nel corso degli  ultimi  anni,  e  come
correttamente evidenziato nel  primo  motivo  di  ricorso,  subordina
infatti il conseguimento delle dette progressioni all'ottenimento  di
una positiva valutazione. In particolare, l'art. 3-ter del  d.-l.  10
novembre 2008, n. 180, conv., con legge 9 gennaio 2009, n. 1, in tema
di "valutazione dell'attivita' di ricerca'', ha infatti stabilito che
"Gli scatti biennali di cui agli articoli 36 e  38  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 11  luglio  1980,  n.  382,  destinati  a
maturare  a  partire  dal  1°  gennaio  2011,  sono  disposti  previo
accertamento da parte dell'autorita' accademica  della  effettuazione
nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche». 
    L'art. 6, comma 14 della legge 30 dicembre 2010, n.  240  prevede
poi che «i professori e i ricercatori sono tenuti  a  presentare  una
relazione triennale sul  complesso  delle  attivita'  didattiche,  di
ricerca  e  gestionali   svolte,   unitamente   alla   richiesta   di
attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli  36  e  38
del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980,  n.  382,
fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122. La valutazione del complessivo  impegno  didattico,  di
ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali
di cui all'art. 8 e' di competenza delle singole universita'  secondo
quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In  caso  di  valutazione
negativa, la richiesta  di  attribuzione  dello  scatto  puo'  essere
reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico». 
    Per il successivo art. 8 della medesima  legge  «entro  sei  mesi
dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge  il  Governo,
tenendo  conto  anche  delle  disposizioni  recate  in  materia   dal
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un  regolamento  ai  sensi
dell'art. 17, comma. 2, della legge 23 agosto 1988, n.  400,  per  la
revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e
dei ricercatori universitari gia' in servizio e di  quelli  vincitori
di concorsi indetti  fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, come determinato dagli  articoli  36,  38  e  39  del
decreto del Presidente della  Repubblica  11  luglio  1980,  n.  382,
secondo  le  seguenti  norme  regolatrici:  a)  trasformazione  della
progressione  biennale  per  classi  e   scatti   di   stipendio   in
progressione triennale; b) invarianza complessiva della progressione;
c) decorrenza della trasformazione  dal  primo  scatto  successivo  a
quello in corso alla data di entrata in vigore della presente  legge.
E' abrogato il comma 3 dell'art. 3-ter del decreto-legge 10  novembre
2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla  legge  9  gennaio
2009, n. 1». «Chiarito quanto precede, il  Collegio  dubita  tuttavia
della costituzionalita' della normativa de quo, che nel  bloccare  le
progressioni di tutti i dipendenti pubblici in essi  menzionati,  non
distingue tra coloro che possono conseguire tale avanzamento  solo  a
seguito di una positiva valutazione, come gli attuali  ricorrenti,  e
coloro che invece  vi  hanno  diritto  prescindendo  da  un  siffatto
giudizio, da cui deriva una possibile discriminazione delle categorie
di personale sottoposte alla predetta valutazione, rispetto ad  altre
di personale "non contrattualizzato'', per il quale invece, una volta
decorso il triennio, i c.d. "automatismi'' stipendiali  riprenderanno
a decorrere come prima». 
    2d)  -  «Il  Collegio  ritiene  inoltre  di  sollevare  d'ufficio
un'ulteriore questione di costituzionalita', dato  che,  quanto  piu'
volte evidenziato nei precedenti punti, induce ad affrontare il  tema
della possibile natura tributaria della normativa in questione,  cio'
che porterebbe a dubitare della sua  compatibilita'  con  i  principi
espressi dall'art. 53 Cost. In base alla  consolidata  giurisprudenza
della  Corte  costituzionale,  il  nomen  juris  di  volta  in  volta
utilizzato dal  legislatore  non  e'  infatti  qualificante  ai  fini
dell'individuazione della natura tributaria di una norma, dato che la
stessa deve essere considerata istitutiva di un prelievo quando abbia
le caratteristiche essenziali  dell'imposizione  tributaria,  essendo
infatti ininfluente,  ai  fini  del  giudizio  di  costituzionalita',
l'autoqualificazione  legislativa  del  prelievo  e  la   conseguente
necessita' di desumere la  natura  del  prelievo  stesso  dalla  sola
disciplina posta dal legislatore ordinario  (Corte  costituzionale  8
maggio 2009, n. 141). Premesso quanto precede,  ritiene  il  Collegio
che la normativa impugnata possieda i caratteri sostanziali richiesti
dalla Corte costituzionale, onde riconoscere la natura tributaria  di
una disposizione (Corte cost. 23 maggio 2008, n. 168, 14 marzo  2008,
n.  64).  In  primo  luogo,  pare  evidente  la   doverosita'   della
prestazione, posta in essere mediante l'imposizione di un  sacrificio
economico individuale, realizzata attraverso un atto autoritativo  di
carattere ablatorio, venendo ad incidere su un trattamento  economico
gia' prefigurato, con una  modalita'  unilateralmente  predeterminata
dal  legislatore,  alla  quale  ne'  l'Ente  datore  ne'  lo   stesso
lavoratore possono sottrarsi. Secondariamente, il gettito  scaturente
dal prelievo e' destinato alla pubblica spesa, come desumibile  dallo
stesso tenore letterale della normativa di che trattasi; il d.-l.  n.
78/2010 detta infatti "misure urgenti in materia  di  stabilizzazione
finanziaria'',  laddove  l'articolo  in  questione  e'  espressamente
dedicato  al  "contenimento  delle  spese  in  materia   di   impiego
pubblico''. 
    La natura tributaria della normativa in  questione  trova  infine
conferma nel carattere non sinallagmatico  dell'imposizione,  operata
senza che a fronte di essa possa individuarsi  una  controprestazione
da parte  dell'Ente  pubblico,  o  una  riduzione  delle  prestazioni
contrattualmente   richieste,   nel    "presupposto    economicamente
rilevante'' dei sacrifici imposti, e  nella  piu'  volte  evidenziata
stabilita' nel tempo delle disposizioni di  cui  al  citato  comma  9
dell'art. 21 d.-l. n. 78/2010. Chiarite le ragioni  che  inducono  il
Collegio ad attribuire natura tributaria alla  detta  norma,  occorre
chiedersi se la stessa superi il vaglio di compatibilita' con  l'art.
53 Cost. Osserva in proposito il Collegio  che,  come  peraltro  gia'
evidenziato nell'ordinanza n. 311/2012 del T.A.R. Calabria, il  detto
prelievo  si  e'  indirizzato  nei  confronti  di  una  ben  limitata
categoria di contribuenti, accomunati dall'avere  la  parte  pubblica
quale datore di lavoro, risultando  cosi'  esentati  dall'imposizione
straordinaria,   nonostante   l'eccezionalita'    della    situazione
economica,  tutti  gli  altri  contribuenti,  pure  in  possesso   di
rilevanti redditi, non rientranti nella predetta categoria, da cui la
possibile  violazione  dei  principi  di  cui   all'art.   53   Cost.
L'imposizione contributiva e fiscale deve infatti essere improntata a
canoni di uniformita', che nell'ammontare dei  cespiti  patrimoniali,
individuino   un   criterio   certo   e   non   discriminatorio    di
identificazione della capacita'  contributiva.  La  Costituzione  non
impone  affatto  una  tassazione  fiscale   uniforme,   con   criteri
assolutamente identici e proporzionali  per  tutte  le  tipologie  di
imposizione tributaria, ma esige invece un indefettibile raccordo con
la capacita' contributiva,  in  un  quadro  di  sistema  informato  a
criteri  di  progressivita',  come   svolgimento   ulteriore,   nello
specifico campo tributario, del principio di  eguaglianza,  collegato
al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di
fatto alla liberta' ed eguaglianza dei  cittadini-persone  umane,  in
spirito  di  solidarieta'  politica,  economica  e   sociale   (Corte
costituzionale 24 luglio 2000, n. 341).  Il  principio  di  capacita'
contributiva, come criterio diretto ad orientare la  discrezionalita'
del legislatore in ordine alla prefigurazione e configurazione  degli
obblighi tributari, comporta che a situazioni uguali, sul piano della
capacita' contributiva, corrispondano  obblighi  uguali,  talche'  il
sacrificio patrimoniale che per contingenti ragioni  di  contenimento
della spesa pubblica, incida solo sulla condizione e  sul  patrimonio
di una determinata categoria  di  lavoratori,  lasciando  indenni,  a
parita' di capacita' reddituale, altre categorie, da adito a dubbi di
compatibilita' costituzionale per contrasto con l'art. 53 Cost.  Tale
articolo pare peraltro violato anche sotto altro profilo, evidenziato
dagli stessi ricorrenti, sebbene  con  riferimento  al  solo  art.  3
Cost., poiche' il legislatore non  avrebbe  "formato  la  sospensione
degli scatti di anzianita', modulando le  disposizioni  di  legge  in
modo differente, a seconda delle eta' e  delle  fasi  della  carriera
universitaria''. Il  blocco  in  questione  influisce  effettivamente
nella stessa misura percentuale praticamente  per  tutti  i  docenti,
incidendo quindi nella medesima proporzione su tutti gli stipendi,  a
prescindere dalla loro consistenza, mentre,  ai  sensi  dell'art.  53
della Costituzione, nell'imporre a tutti i  docenti  universitari  un
sacrificio in nome di esigenze di contenimento della spesa  pubblica,
una corretta applicazione, oltre  che  del  principio  di  "capacita'
contributiva'', anche del criterio della  "progressivita''  (art.  53
Cost.), avrebbe imposto una  partecipazione  piu'  significativa,  in
termini percentuali, per coloro che sono titolari  di  stipendi  piu'
alti.  Ne'  puo'  essere  utile   a   ripristinare   un   minimo   di
progressivita' in  tale  forma  di  concorso  alle  spese  pubbliche,
l'ulteriore e distinta misura di cui al comma 2 dell'art. 9 del d.-l.
n. 78 conv. in legge n. 122 del 2010, che  prevede,  in  aggiunta  al
blocco degli adeguamenti ed aumenti retributivi, ulteriori  riduzioni
(dal 5% al 15%) per gli stipendi superiori ai 90.000 euro lordi, dato
che, stanti gli attuali livelli delle  retribuzioni  complessive  dei
docenti universitari, tale misura non colpisce che  poche  classi  di
stipendio (le piu' alte) dei soli professori ordinari a tempo  pieno.
Il blocco in questione  non  solo  non  rispetta  alcun  criterio  di
progressivita' ma,  al  contrario,  produce  un  effetto  addirittura
regressivo, colpendo pertanto in misura maggiore proprio gli stipendi
piu' bassi. Gli "scatti'' stipendiali  conseguenti  alla  maturazione
delle diverse "classi'' di stipendio  non  operano  infatti  in  modo
omogeneo, ma sono profondamente  diversificati,  decrescendo  con  il
progredire dell'anzianita' di ruolo. E' quindi palese che, a  seguito
del blocco degli scatti, l'effetto  sulle  retribuzioni  e'  di  gran
lunga piu' incisivo sulle classi di stipendio piu' basse». 
    3. - Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente infondata, il TAR solleva  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d.-l. 31 marzo 2010, n. 78,
come convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122,  per  contrasto  con
gli artt. 3, 36, 97 e 53 della Costituzione, secondo i profili e  per
le ragioni sopra indicate, con sospensione  del  giudizio  fino  alla
pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana
della decisione della Corte costituzionale sulle questioni  indicate,
ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del  c.p.a.  ed
art. 295 c.p.c. 
    Riserva al definitivo ogni  ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  ritenuta  la
rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d-l. 31 maggio
2010, n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30  luglio  2010,
n. 122 in relazione agli artt. 3, 9, 33, 34, 36,  37,  53,  77  e  97
della  Costituzione,  dispone  la  sospensione  del  giudizio  e   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Rinvia ogni definitiva statuizione in rito, nel  merito  e  sulle
spese di lite all'esito del promosso giudizio incidentale,  ai  sensi
degli artt. 79 ed 80 cod. proc. amm.; 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei Deputati. 
      Cosi' deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno  9
maggio 2013. 
 
                  Il presidente, estensore: Onorato