N. 269 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2013

Ordinanza del 20 maggio  2013  emessa  dal  Consiglio  di  Stato  sul
ricorso proposto da Natalizi Domenico contro  Regione Umbria. 
 
Giustizia amministrativa - Ricorso straordinario al Presidente  della
  Repubblica - Ammissibilita' soltanto per le  controversie  devolute
  alla giurisdizione del giudice amministrativo - Eccesso di  delega,
  per l'introduzione, con il decreto legislativo, di  una  disciplina
  innovativa rispetto al sistema previgente  senza  l'indicazione  di
  criteri  e   principi   direttivi   idonei   a   circoscrivere   la
  discrezionalita' del legislatore delegato. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 7, comma 8. 
- Costituzione, artt. 76 e 77, primo comma; legge 18 giugno 2009,  n.
  69, artt. 44 e 69. 
(GU n.51 del 18-12-2013 )
 
                        IL CONSIGLIO SI STATO 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n.  33042  in
data 30 maggio 2011 con la quale  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica ha chiesto il  parere
del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto; 
    Visto 1'art. 7, comma 8 c.p.a di cui  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104; 
    Visti gli artt. 44 e 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69; 
    Visti gli artt. 76 e 77 primo comma della Costituzione; 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vito Carella; 
 
                              Premesso 
 
    Il ricorrente,  geometra  dipendente  della  Regione  Umbria  con
profilo professionale D1, ha  partecipato  alla  selezione  regionale
indetta per mobilita' interna a copertura  del  posto  di  istruttore
direttivo tecnico con competenze in  materia  di  lavori  pubblici  e
opere pubbliche. 
    Con il rituale  e  tempestivo  gravame  straordinario  in  esame,
notificato il 25 gennaio 2011, il deducente ha impugnato, per  quanto
di spettanza, le determinazioni dirigenziali n. 8315 del 29 settembre
2010 (concernente ammissione candidati e  approvazione  graduatorie),
n.  9775  del  17  novembre  2010  (disponente  l'assegnazione  della
controinteressata vincitrice alla sede di Foligno) ed ogni altro atto
connesso, ivi compresa la nota dirigenziale prot.  n.  156461  del  6
ottobre 2010 (relativa alla consentita regolarizzazione della domanda
di mobilita' prodotta dalla controparte). 
    Il ricorso e' stato incentrato su quattro motivi di  censura  per
violazione di legge ed eccesso di potere,  tramite  i  quali  vengono
contestati, le originarie carenze nelle dichiarazioni formulate dalla
controinteressata  con  la  domanda  di  partecipazione,  le  assente
limitazioni di disponibilita'  da  costei  apposte  allo  svolgimento
delle  attivita'  richieste,  i  singoli  punteggi  assegnati   nella
valutazione    dei    titoli    professionali    alla    controparte,
l'apprezzamento non equanime dei titoli di studio  e  per  situazione
familiare. 
    La relazione ministeriale ha concluso per l'inammissibilita'  del
ricorso, a termini del codice del  processo  amministrativo  come  da
art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.  104,  il
quale dispone che «Il ricorso straordinario e' ammesso unicamente per
le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa». 
 
                             Considerato 
 
    1. La  materia  del  contendere,  quale  emerge  dal  ricorso  in
trattazione,  riguarda  rapporto  di  lavoro   contrattualizzato   di
dipendente della pubblica amministrazione e per questione attinente a
periodo  successivo  al  30  giugno  1998,  come  tale  rimesso  alla
cognizione della giurisdizione ordinaria  in  veste  di  giudice  del
lavoro (art. 29 d.lvo n. 80 del 1998, ora artt. 63 e 69 d.lvo n.  165
del 2001). 
    Nondimeno, sino all'entrata in  vigore  del  suindicato  art.  7,
comma 8 del c.p.a., una tale controversia e' stata deducibile dinanzi
al Consiglio di Stato in sede consultiva,  a  tutela  di  siffatti  e
altri    interessi    o    diritti    soggettivi     nel     rapporto
amministrazione-amministrati  (salve  le  ipotesi   inderogabili   di
attribuzione  speciale  e  funzionale  al  giudice  ordinario,  cioe'
esclusiva), alla stregua dello storicizzato principio di concorrenza,
quale  rimedio  giustiziale  di  carattere  generale  escludente   il
criterio della alternativita' con la tutela giurisdizionale ordinaria
(Cons. St., ad. gen., 1 giugno 1950, n. 194; 5 maggio 1955,  n.  176;
25 giugno 1964, n. 664; 29 aprile 1971, n. 45; 10 giugno 1999, n. 9 e
da ultimo 7 luglio 2011, n. 7). 
    Il ricorso straordinario e' stato inteso sia dalla  dottrina  che
dalla giurisprudenza consultiva del Consiglio quale rimedio generale,
alternativo  al  ricorso  alla  giurisdizione   amministrativa,   non
limitato agli interessi legittimi, integrante il  sistema  di  tutela
dei soggetti interessati nei  confronti  degli  atti  della  pubblica
amministrazione,  che  si   realizza   attraverso   un   procedimento
amministrativo  di  garanzia,  caratterizzato  dalla  neutralita'   e
dall'elemento della semigratuita', volto a realizzare una  deflazione
del  contenzioso   giurisdizionale   quale   mezzo   alternativo   di
risoluzione delle controversie. 
    Conseguentemente, poiche' allo stato il ricorso straordinario  e'
ammissibile   unicamente   per   le   controversie   devolute    alla
giurisdizione amministrativa,  la  «giurisdizione»  diventa  generale
presupposto  di  ammissibilita'   del   ricorso   straordinario   non
diversamente che per il ricorso ordinario al  giudice  amministrativo
(Cass. Civ., sez. un., 19 dicembre 2012, n.  23464;  Cons.  St.,  Ad.
Gen., 22 febbraio 2011, n. 808). 
    Nel  caso  in  discussione,  quindi,  per  effetto  del   sistema
introdotto dal citato art. 7, comma 8,  il  ricorso  dovrebbe  essere
dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione salvi, in  ogni
caso, gli effetti della domanda ai sensi dell'art. 59 della legge  18
giugno 2009, n. 69 (c.d. translatio judicii). 
    2. La Sezione dubita della legittimita'  costituzionale  di  tale
art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.  104,  in
rapporto  agli  artt.  76  e  77  primo  comma  della   Costituzione,
sollevando pertanto d'ufficio la questione dinanzi alla  Corte  delle
leggi, a tanto legittimata dall'art. 69 della legge 18  giugno  2009,
n. 69, e perche'  argomento  pregiudiziale  incidente  proprio  sulla
norma che la priva della potestas iudicandi. 
    Quanto alla rilevanza  della  questione,  essa  risulta  evidente
perche', della norma della cui costituzionalita' si obietta,  non  e'
dato  prescindere  nella  presente  controversia  ed  essa  e'  anche
decisiva per la prosecuzione dell'affare e sua definizione nel merito
in sede consultiva. 
    Deriva da cio'  l'esigenza  di  una  preliminare  verifica  circa
l'immunita' costituzionale del  ripetuto  art.  7,  comma  8  c.p.a.,
previsto in modo innovativo dal decreto  delegato  senza  indicazione
alcuna contenuta nella  legge  di  delega.  Per  di  piu',  la  norma
sospettata   refluisce   anche,   seppure    indirettamente,    sulle
attribuzioni e sui doveri che  riguardano  l'operare  del  magistrato
amministrativo in sede giustiziale, secondo  gli  insegnamenti  della
Corte Costituzionale certamente modificabili, ma in virtu' di legge. 
    Relativamente alla non  manifesta  infondatezza  della  questione
stessa,  va  qui  rimarcata  la  portata  e  la   consistenza   della
pregiudizialita' costituzionale sollevata, non potendo essere  svolta
in vicenda alcuna interpretazione conforme a  Costituzione  di  segno
contrario all'atto legislativo vigente. 
    Appare poi implausibile come  una  innovazione  legislativa,  che
importa una revisione cosi' sostanziale nell'ambito del  sistema  del
ricorso  straordinario,  quale  prefigurato   dal   legislatore   sin
dall'origine e configurato da una secolare  giurisprudenza  non  solo
amministrativa  stabilizzata  a  «diritto  vivente»,   possa   essere
introdotta con una decretazione legislativa,  in  mancanza  di  alcun
esplicito riferimento nella legge di delega al particolare  «oggetto»
in  discorso,  quand'anche  in  un  assetto  tendenziale  volto  alla
giurisdizionalizzazione  del  ricorso  straordinario.   Infatti,   la
disposizione delegata, da un lato, e' intervenuta senza che la delega
abbia recato una diretta prescrizione con riguardo alle  attribuzioni
del Consiglio di Stato in sede  di  adozione  di  parere  su  ricorso
straordinario, dall'altro, ha riguardato  «materia»  non  contemplata
come oggetto dalla delega. 
    E', dubbio, inoltre, che il legislatore  delegante  abbia  inteso
giungere ad una siffatta ridislocazione  dei  poteri  decisori  nella
specifica materia, anche perche',  senza  particolare  e  ragionevole
motivo, egli risulterebbe  aver  abrogato  uno  strumento  di  tutela
utilizzato da soggetti che si trovano in situazione di debolezza  per
cultura o censo (artt. 2 e 3 Costituzione), attesi  i  caratteri  del
ricorso straordinario, di strumento flessibile e aggiuntivo, snello e
a formalismo minimo, attivabile con modica spesa e senza  il  bisogno
dell'assistenza tecnico-legale (numerosi sono i ricorsi  straordinari
proposti da cittadini extracomunitari  e  numerosi  erano  quelli  in
materia di pubblico impiego  e  di  riconoscimento  dello  status  di
rifugiato). 
    3. Ad avviso della Sezione, prima di entrare  specificamente  nel
thema decidendum,  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione
proposta va anche affiancata dalle coordinate affermate in tema dalla
Corte  delle  leggi,  al   fine   di   circostanziare   il   contesto
argomentativo  e  motivazionale  nell'attivita'  di   ricerca   della
puntuale norma disciplinatrice del caso in esame. 
    Innanzitutto   la    Corte,    nell'escludere    ogni    «pretesa
costituzionalizzazione del  ricorso  straordinario»,  ha  avuto  gia'
occasione di chiarire che «e' nella piena  liberta'  del  legislatore
ordinario stabilire una disciplina positiva  sostanzialmente  diversa
da  quella  vigente  oppure  conservare  intatta  quella  attuale  o,
finanche, decretare l'abolizione dell'istituto stesso»  (sentenza  n.
298 del 1986). Questo termine non costituisce  questione  prospettata
di  legittimita'  costituzionale,  ma  ne  rappresenta  anzi  il  suo
presupposto  indefettibile,  nel  senso  che  solo   al   legislatore
ordinario compete innovare la materia del ricorso straordinario. 
    Inoltre, ai fini ermeneutici, in particolare nella sentenza della
Corte n. 276 del 2000 (ma anche piu' di recente nn. 199 del 2003, 214
e 248 del 2004, 98 del 2008) si precisa che l'esame  della  legge  di
delega, al fine di valutare la conformita' ad  essa  della  normativa
delegata,    deve    essere     condotto     procedendo     anzitutto
all'interpretazione delle disposizioni della legge di delegazione che
determinano i principi e i criteri direttivi, «da ricostruire tenendo
conto del  complessivo  contesto  normativo  e  delle  finalita'  che
ispirano la delega». 
    Ebbene,  sotto  tale  profilo,  dall'insieme  delle  disposizioni
dettate dall'art. 44 della legge  18  giugno  2009,  n.  69,  recante
peraltro in modo esplicito delega al Governo soltanto per il riordino
del processo amministrativo, non e' dato,  come  sopra  rilevato,  in
modo alcuno ricavare una proposizione espressa o implicita riferibile
al ricorso straordinario. Pertanto, il disposto normativo  sospettato
dovrebbe essere ricostruito  dall'interprete  in  chiave  additiva  e
adeguatrice per giustificare la validita' della norma delegata di cui
all'art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 
    Al  riguardo,  e'  notorio  che  questa  disposizione  e'   stata
introdotta in sede parlamentare a seguito di  osservazione  al  testo
presentato, avendo la legge  delega  previsto  che  sullo  schema  di
decreto  legislativo  fosse  acquisito  il  parere  delle  competenti
Commissioni (nella specie, obbligatorio  ma  non  vincolante),  cosi'
reso e cui il Governo s'e' adeguato:  «Allegato  1  -  Art.  7  (...)
Inoltre, tenuto conto dell'obiettivo esplicito della legge delega, di
una piu' rapida definizione del  processo,  dovrebbe  aggiungersi  un
comma finale che disponga la ammissibilita' del ricorso straordinario
al  Presidente  della  Repubblica  unicamente  per  le   controversie
devolute  alla  giurisdizione  amministrativa»  (Commissione   Affari
costituzionali del Senato e Commissione Giustizia della Camera  sullo
schema  di  decreto  legislativo  recante   riordino   del   processo
amministrativo - atto n. 212 - reso in seduta del 16 giugno 2010). 
    E' vero che da tempo la Corte costituzionale ha affermato che  le
Commissioni parlamentari  consultive  costituiscono  una  «emanazione
diretta dell'organo legislativo» (sentenza n. 60 del 1957) e  che  il
parere di tali organi  (anche  non  vincolante)  riveste  «un  valore
notevole, specialmente quando sia stato espresso all'unanimita' (...)
potendo anche  esso  fornire  elementi  di  valutazione  degni  della
massima considerazione» (sentenza  n.  78  del  1957).  Tuttavia,  su
questo  piano,  non  sussiste  e   non   e'   rintracciabile   quella
correlazione,  ritenuta  fondamentale  dalla  Corte,  di  «necessaria
corrispondenza» delle norme delegate a «principi e criteri direttivi»
stabiliti  dalla  legge-delega.  Del  resto,  la  stessa  motivazione
addotta  dalle  Commissioni  «di  una  piu'  rapida  definizione  del
processo» si pone in intima contraddizione con la funzione deflattiva
propria del ricorso straordinario e in distonia rispetto al canone di
buon andamento, per gli opposti risultati ritraibili  dalla  Pubblica
Amministrazione nell'esercizio della sua azione, a termini  dell'art.
97 della Costituzione. 
    4.  Per  tali  complessive  ragioni,   la   soluzione   normativa
sospettata, che va ad incidere su un punto essenziale e  qualificante
la complessiva disciplina del ricorso  straordinario,  e'  denunziata
per contrasto al combinato disposto degli artt. 76 e 77  primo  comma
della  Costituzione,  secondo  i  quali  l'esercizio  della  funzione
legislativa  non  puo'  essere  delegato  al  Governo  se   non   con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto  per  tempo
limitato e «per oggetti definiti», conseguentemente  non  potendo  il
Governo, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che  abbiano
«valore» di legge ordinaria. 
    Con riguardo, quindi, al  dilatamento  della  delega  legislativa
contenuta nella legge n. 69 del 2009  in  relazione  all'oggetto  del
d.lvo n. 104 del 2009 denunziato, giova rilevare come il  legislatore
delegante abbia autorizzato il Governo  soltanto  al  «riassetto  del
processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al  Consiglio
di Stato, al fine di adeguare le norme  vigenti  alla  giurisprudenza
della  Corte  costituzionale  e  delle  giurisdizioni  superiori,  di
coordinarle con le norme del codice di  procedura  civile  in  quanto
espressione di principi generali e di  assicurare  la  concentrazione
delle tutele». 
    In stretta dipendenza, i principi  e  criteri  direttivi  fissati
investono unicamente: la snellezza,  concentrazione  ed  effettivita'
della   tutela,   la   ragionevole   durata    del    processo,    la
razionalizzazione  dei  termini   processuali,   l'estensione   delle
funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l'eliminazione
dell'arretrato; la disciplina delle azioni e le funzioni del giudice;
la revisione e razionalizzazione dei riti  speciali;  il  contenzioso
elettorale; la riassunzione del processo e dei relativi  termini,  il
riordino della  tutela  cautelare;  il  sistema  delle  impugnazioni,
l'effetto devolutivo dell'appello, la proposizione di nuove  domande,
prove ed eccezioni. 
    Dalla suesposta analisi si deduce ampiamente come l'oggetto della
delega fosse circoscritto al coordinamento e al riassetto del settore
logico-sistematico della giurisdizione amministrativa e non sia  dato
rinvenire alcun cenno  alla  disciplina  del  ricorso  straordinario.
D'altronde, che il rimedio giustiziale in discorso esuli  dall'ambito
della delega, e' provato dal fatto che il legislatore ordinario della
legge  n.  69  del  2009,  se  avesse  voluto  procedere  nel   senso
denunziato, avrebbe direttamente inserito la materia  censurata,  che
e' del tutto specifica, nella sede propria dell'art 69, rubricato per
l'appunto «Rimedi giustiziali contro  la  pubblica  amministrazione».
Dunque, la questione di  costituzionalita'  della  norma  di  cui  al
ripetuto art. 7 comma 8 c.p.a. per contrasto agli artt. 76 e 77 primo
comma della Costituzione, risulta al di fuori della delega e, quindi,
non manifestamente in fondata. 
    5. Concludendo, la Corte costituzionale ha sempre  inquadrato  in
limiti rigorosi l'esercizio, da parte del  legislatore  delegato,  di
poteri  innovativi  della  normazione   vigente,   non   strettamente
necessari in rapporto alla  finalita'  sistematica  perseguita  dalla
legge delega, in particolare  precisando  che  «per  valutare  se  il
legislatore  abbia  ecceduto  -  piu'  o  meno  ampi  -  margini   di
discrezionalita',  occorre  individuare  la   ratio   della   delega»
(sentenza n. 230 del 2010). Come gia'  si  e'  illustrato,  la  ratio
della delega prevista dall'art. 44 della legge n.  69  del  2009  era
quella di riordinare e riassettare la giustizia  amministrativa,  non
quella di riformulare l'ambito del ricorso straordinario. 
    A  proposito  del  rapporto  complessivo  tra  delega  e  decreto
legislativo,  la  medesima  Corte  ha  avuto  modo  di  ritenere  che
«l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative  rispetto  al
sistema legislativo previgente e' (...) ammissibile soltanto nel caso
in  cui  siano  stabiliti  principi  e  criteri  direttivi  idonei  a
circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato», giacche'
quest'ultimo non puo' innovare «al di  fuori  di  ogni  vincolo  alla
propria    discrezionalita'    esplicitamente    individuato    dalla
legge-delega» (sentenza n. 293 del 2010). Nel  caso  in  trattazione,
come innanzi segnalato, non si rinviene e non puo'  rinvenirsi  alcun
espresso principio e criterio direttivo in ordine alla disciplina del
ricorso  straordinario  in  quanto  questa  materia  non  e'  affatto
indicata nella legge delega. 
    In ordine alla conforme relazione fra legge delega e disposizione
attuativa, la giurisprudenza della Corte ha  pure  affermato  che  «i
principi posti dal Legislatore delegante costituiscono  non  solo  la
base  e  il  limite  delle   norme   delegate,   ma   strumenti   per
l'interpretazione della portata delle stesse»  (sentenze  n.  75  del
2012 e  n.  96  del  2001).  Tenendo  quindi  conto  del  legame  che
intercorre tra i due precisati livelli normativi, merita in  aggiunta
sottolineare come una direttiva siffatta, quale quella in  argomento,
non possa neanche essere desunta per via interpretativa dal complesso
del contesto normativo e delle finalita' che ispirano la  delega,  in
quanto il legislatore ordinario  ha  in  modo  separato  regolato  le
distinte materie rispettivamente all'art. 44 e  69  della  richiamata
legge n. 69 del 2009. 
    In   definitiva,   la   censurata   modifica    normativa    alla
regolamentazione del ricorso  straordinario  appare,  allo  scrutinio
della  Sezione,  non  voluta  e  non  autorizzata  dalla  legge   del
Parlamento. 
    6. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'emissione  del
parere  va  sospesa  in  attesa  della   definizione   del   giudizio
incidentale   di   legittimita'   costituzionale,   disponendosi   la
rimessione della questione alla Corte costituzionale. 
    Ogni altra statuizione in rito e nel  merito  e'  riservata  alla
decisione definitiva susseguente alla risoluzione della presente fase
incidentale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Non definitivamente pronunciando, sospende la richiesta di parere
instaurata  con  il   ricorso   straordinario   in   esame   indicato
all'epigrafe, disponendo la rimessione della presente ordinanza  alla
Corte costituzionale. 
    Dispone altresi' che a  cura  dell'Amministrazione  riferente  la
presente ordinanza sia notificata alle parti, nonche'  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai  Presidenti  delle  Camere
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                      Il Presidente: Barbagallo 
 
 
                                                 L'estensore: Carella