N. 20 ORDINANZA 10 - 11 febbraio 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Notificazioni del decreto di citazione a giudizio all'imputato non detenuto. - Art. 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale − aggiunto dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna), convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 2005, n. 60. -(GU n.9 del 19-2-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Gaetano SILVESTRI; Giudici :Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale - aggiunto dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 60 - promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, nel procedimento penale a carico di A.M., con ordinanza del 27 ottobre 2005, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2014 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 27 ottobre 2005 e pervenuta a questa Corte il 10 dicembre 2012 (r.o. n. 184 del 2013), il Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 60, nella parte in cui stabilisce che «nella forma prevista possa essere eseguita la notifica del decreto di citazione a giudizio»; che, ad avviso del giudice rimettente, la questione di legittimita' costituzionale prospettata sarebbe rilevante, in quanto «all'imputato e' stato notificato il decreto di citazione a giudizio nelle forme previste dalla norma censurata ed il difensore si e' pertanto opposto alla dichiarazione di contumacia che dovrebbe essere pronunciata qualora si ritenesse la validita' della detta notifica»; che la questione, inoltre, sarebbe non manifestamente infondata, perche' la norma impugnata si basa sulla «previsione [...] meramente ipotetica» che «l'indagato, avendo nominato un proprio difensore, conservi con lo stesso quel rapporto fiduciario atto a garantire idonea conoscenza degli atti processuali da notificarsi nel prosieguo delle indagini»; che l'illegittimita' costituzionale della norma censurata sarebbe particolarmente evidente con riferimento alla notificazione del decreto di citazione a giudizio, trattandosi di un «atto in relazione al quale devono maggiormente sussistere le garanzie di cui all'art. 111, terzo comma, Cost.»; che e' intervenuto nel giudizio di costituzionalita', con atto depositato il 24 settembre 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la dichiarazione d'infondatezza della questione, in quanto, con la sentenza n. 136 del 2008, la Corte costituzionale ha gia' dichiarato la medesima questione manifestamente infondata. Considerato che il Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, dubita, in riferimento agli artt. 24 e 111, terzo comma, della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 60, nella parte in cui stabilisce che «nella forma prevista possa essere eseguita la notifica del decreto di citazione a giudizio»; che la questione e' manifestamente inammissibile; che, in primo luogo, l'ordinanza di rimessione presenta carenze di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza; che, infatti, il giudice a quo, pur fondando i dubbi di legittimita' costituzionale sulla considerazione che la permanenza, tra difensore e assistito, di un rapporto «atto a garantire idonea conoscenza degli atti processuali» e' meramente ipotetica, ben potendo tale rapporto venir meno nel corso del procedimento penale, non chiarisce se nel caso di specie questa evenienza si sia verificata, ne', eventualmente, quale ne sia stata la causa e, in particolare, se cio' sia dipeso dal comportamento dell'imputato che si e' reso irreperibile per il suo difensore; che, in tal modo, si impedisce a questa Corte di verificare la rilevanza della questione (ex multis, sentenza n. 301 del 2012; ordinanze n. 185 e n. 150 del 2013, e n. 63 del 2011); che, in secondo luogo, il giudice a quo non fornisce una motivazione adeguata sulla non manifesta infondatezza della questione, limitandosi a richiamare l'eccezione sollevata dal difensore dell'imputato e a evocarne i parametri costituzionali, senza argomentare in modo sufficiente in ordine alla loro violazione; che, in particolare, il Tribunale rimettente non considera, da un lato, che «la nomina del difensore di fiducia implica l'insorgere di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte di quest'ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti e delle fasi del procedimento, allo scopo di approntare una piena ed efficace difesa», e, dall'altro, che «un minimo di cooperazione e' richiesto al difensore di fiducia, nel caso in cui, pur avendo la possibilita' di rifiutare le notificazioni ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen., accetti di riceverle e si accolli pertanto l'onere di mantenere costantemente e compiutamente informato il proprio cliente» (sentenza n. 136 del 2008); che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la carente motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione non puo' essere colmata dal rinvio alle deduzioni contenute in atti di parte, essendo il rimettente tenuto ad esplicitare in modo autonomo e autosufficiente, nell'ordinanza di rimessione, i motivi per i quali reputa lesi i parametri evocati (ex multis, ordinanza n. 321 del 2010); che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 8-bis, del codice di procedura penale - aggiunto dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 60 - sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2014. F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2014. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI