N. 25 ORDINANZA 10 - 13 febbraio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Contenzioso tributario - Tutela cautelare - Provvedimenti  impositivi
  ed  esecutivi  dell'Amministrazione  finanziaria,  confermati   dal
  giudice tributario. 
- Decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
  processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
  nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), art. 49,  comma
  1. 
-   
(GU n.9 del 19-2-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  49,  comma
1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413),  promosso  dalla
Commissione tributaria regionale per la Campania, sezione staccata di
Salerno, nel procedimento vertente tra O. F. s.r.l. e l'Agenzia delle
entrate, Direzione provinciale di Avellino, con ordinanza del 5 marzo
2013, iscritta al n. 109 del registro  ordinanze  2013  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21,  prima   serie
speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 15 gennaio  2014  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che, nel corso di un procedimento instaurato  a  seguito
dell'istanza proposta da O. F. s.r.l. per ottenere, in via cautelare,
la sospensione dell'esecuzione di una sentenza tributaria di  secondo
grado, impugnata per cassazione, che aveva accolto in parte l'appello
proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti della contribuente,
la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione  staccata
di Salerno, con ordinanza  del  5  marzo  2013,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 2  e  4  della  Costituzione,  e  all'art.  6,
paragrafo 1,  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950, ratificata ed eseguita con legge 4 agosto 1955, n.  848,  quale
norma interposta  all'art.  10  Cost.  -  questione  di  legittimita'
dell'art. 49, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.
546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega
al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30  dicembre  1991,  n.
413); 
    che la disposizione denunciata stabilisce che «Alle  impugnazioni
delle  sentenze  delle  commissioni  tributarie   si   applicano   le
disposizioni del titolo III, capo I,  del  libro  II  del  codice  di
procedura civile, escluso l'art. 337 e fatto  salvo  quanto  disposto
nel presente decreto»; 
    che, in  particolare,  la  Commissione  tributaria  regionale  ha
denunciato il menzionato art. 49, comma 1,  del  d.lgs.  n.  546  del
1992, di cui e'  chiamata  a  fare  applicazione  con  riguardo  alla
sospendibilita' della sentenza di appello, nella parte  in  cui  tale
norma «non prevede la possibilita' di sospensione  dell'efficacia  di
provvedimenti   impositivi    ed    esecutivi    dell'Amministrazione
finanziaria, confermati da sentenze pronunciate in primo grado ed  in
appello, qualora dalla loro esecuzione derivi pericolo  di  grave  ed
irreparabile  danno,  con  carattere  di   irreversibilita'   e   non
altrimenti evitabile, ad uno dei diritti inviolabili», riconosciuti e
tutelati dai parametri costituzionali invocati; 
    che la Commissione tributaria riferisce, in punto di  fatto,  che
nella  pendenza  del  ricorso   per   cassazione,   l'Amministrazione
finanziaria aveva notificato alla contribuente cartella di  pagamento
per la riscossione provvisoria dell'IVA e dell'IRAP, in ragione della
sentenza tributaria di secondo grado; 
    che secondo la Commissione tributaria, nella specie,  in  ragione
del  solo  parziale  accoglimento  dell'appello  e   delle   precarie
condizioni   economiche   della   contribuente,   sussisterebbero   i
presupposti del fumus  boni  iuris  e  del  periculum  in  mora,  per
accogliere l'istanza di sospensione della efficacia  della  sentenza,
ai sensi dell'art. 373 cod. proc. civ., ma  che  la  norma  impugnata
precluderebbe tale possibilita'; 
    che  il  giudice  a  quo,  in  punto  di  diritto,  osserva   che
l'orientamento  giurisprudenziale  dominante,  al  quale  ritiene  di
aderire in ragione di  una  piu'  fedele  applicazione  delle  regole
ermeneutiche,  sarebbe  contrario  all'applicabilita'   al   processo
tributario dell'art.  283  cod.  proc.  civ.,  sulla  sospensione  in
appello della sentenza di  primo  grado  impugnata,  in  presenza  di
«gravi e fondati motivi», e dell'art.  373  cod.  proc.  civ.,  sulla
sospensione della sentenza d'appello durante la pendenza del  ricorso
per cassazione al processo tributario, in quanto richiamati nell'art.
337 cod. proc. civ., oggetto di esplicita esclusione da  parte  della
norma impugnata; 
    che, peraltro, gli artt. 47, 49, comma 1, e 61, del d.lgs. n. 546
del 1992, nel limitare al solo giudizio di primo grado, e  fino  alla
pubblicazione della relativa  sentenza,  il  potere  del  giudice  di
sospendere l'atto impositivo o esecutivo oggetto di  ricorso  dinanzi
alla giurisdizione  tributaria,  confermano  lo  stretto  ambito  del
potere sospensivo del giudice tributario; 
    che secondo  la  Commissione  tributaria  regionale  non  sarebbe
dirimente in senso contrario,  a  fronte  di  un  cosi'  chiaro  dato
normativo, la sentenza n. 217 del 2010  della  Corte  costituzionale,
con la quale veniva dichiarata non fondata (recte: inammissibile)  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 49, comma  1,  del
d.lgs. n. 546 del 1992 (in riferimento agli artt. 3, 10, 23, 24,  111
e 113  Cost.)  affermandosi  la  possibilita'  di  un'interpretazione
alternativa,  secondo  cui  la  norma  impugnata  non   costituirebbe
ostacolo  all'applicazione  al  processo  tributario  dell'inibitoria
cautelare  di  cui  all'art.  373  cod.  proc.   civ.,   atteso   che
l'esclusione dell'art. 337 cod. proc. civ.  non  implicherebbe  anche
quella degli artt. 283 e  373  cod.  proc.  civ.,  «"eccezioni"  alla
regola»; 
    che, ritenuta la  rilevanza  della  questione,  quanto  alla  non
manifesta  infondatezza,  il  giudice  a  quo  prospetta  la  lesione
dell'art. 2 Cost., quale norma fondamentale dai contenuti  variabili,
la cui individuazione e' rimessa alla prudenza del giudice; 
    che per  la  Commissione  rimettente,  infatti,  l'esercizio  del
potere impositivo dello Stato deve arrestarsi, nella fase  esecutiva,
quando puo' sacrificare i  diritti  inviolabili  dell'uomo  sia  come
singolo  che  nelle  formazioni  sociali  dove  si  svolge   la   sua
personalita'; 
    che ai diritti inviolabili dell'uomo - prosegue il giudice a  quo
- deve essere ricondotto anche il  diritto  al  lavoro,  riconosciuto
dall'art.  4  Cost.,  posto  in  pericolo  per  i  dipendenti   della
contribuente dalla paventata esecuzione della sentenza d'appello,  in
quanto il  suo  sacrificio  priverebbe  il  cittadino  dei  mezzi  di
sostentamento in una societa' che l'art. 1 Cost. proclama fondata sul
lavoro; 
    che   ad   avviso   della   Commissione   tributaria   regionale,
analogamente al diritto  inviolabile  della  liberta'  personale,  al
cittadino deve essere garantito  anche  il  diritto  ad  un'esistenza
libera e dignitosa, di talche'  una  sentenza  sfavorevole  non  puo'
consentire    all'Amministrazione    finanziaria     di     aggredire
esecutivamente diritti e posizioni giuridiche a cio' indispensabili; 
    che, secondo il giudice a quo, altri  diritti  inviolabili,  lesi
dalla norma impugnata, sarebbero ravvisabili nell'avere un'abitazione
e nella disponibilita' di un mezzo di trasporto, rispettivamente lesi
dalla vendita in sede di esecuzione fiscale, e dal  provvedimento  di
fermo amministrativo; 
    che ha  spiegato  intervento  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  manifestamente
infondata  in  ragione  delle  pronunce  della  Corte  costituzionale
intervenute su analoghe questioni (sentenza n. 109 e ordinanza n. 245
del 2012, ordinanza n. 217  del  2010),  e  della  giurisprudenza  di
legittimita' (e' richiamata la sentenza della Corte di cassazione, n.
2845 del 2012). 
    Considerato che con ordinanza del 5 marzo  2013,  la  Commissione
tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno,  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 2 e  4  della  Costituzione,  e
all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, ratificata ed eseguita con legge  4  agosto  1955,  n.
848,  quale  norma  interposta  all'art.  10  Cost.  -  questione  di
legittimita' dell'art.  49,  comma  1,  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413); 
    che la  Commissione  rimettente,  nell'esaminare  la  domanda  di
sospensione dell'efficacia della sentenza di secondo  grado  proposta
dalla contribuente,  muove  dal  presupposto  interpretativo  che  il
denunciato comma 1 dell'art. 49 del d.lgs. n. 546  del  1992  escluda
l'applicabilita'  dell'art.  373  cod.  proc.  civ.   alla   sentenza
tributaria di appello e, quindi, la possibilita',  prevista  da  tale
articolo,  di  sospendere  l'esecuzione  della  sentenza  di  appello
impugnata con ricorso per cassazione,  nel  caso  in  cui  dalla  sua
esecuzione possa derivare un «grave ed irreparabile danno»; 
    che con la sentenza n. 217 del 2010 questa Corte  ha  prospettato
la possibilita' di interpretare il comma 1 dell'art. 49 del d.lgs. n.
546 del  1992  nel  senso  che  esso  non  impedisce  al  giudice  di
sospendere l'esecuzione delle sentenze tributarie d'appello ai  sensi
dell'art. 373 cod. proc. civ.; 
    che  la  giurisprudenza  e'  ormai  prevalentemente  orientata  a
ritenere possibile tale interpretazione; 
    che, in particolare, la Corte di cassazione, con la pronuncia  n.
2845 del 2012, richiamando la sentenza di questa  Corte  n.  217  del
2010,  ha  pronunciato,   nell'esercizio   della   propria   funzione
nomofilattica, il seguente principio  di  diritto:  «Al  ricorso  per
cassazione  avverso  una  sentenza   delle   commissioni   tributarie
regionali si applica la disposizione di cui all'art. 373  cod.  proc.
civ., comma 1, secondo periodo, giusta la quale  il  giudice  che  ha
pronunciato la sentenza impugnata puo', su istanza di parte e qualora
dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile  danno,  disporre
con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che  sia
prestata congrua cauzione»; 
    che, con la successiva sentenza n. 109 del 2012, questa Corte  ha
dichiarato non fondata questione  analoga  all'odierna,  sul  rilievo
della «riscontrata  possibilita'  di  un'interpretazione  conforme  a
Costituzione della  disposizione  denunciata»  nei  termini  indicati
dall'organo di nomofilachia; 
    che, come  riaffermato  nella  ordinanza  n.  254  del  2012,  la
questione risulta, dunque, superata dalla successiva evoluzione della
giurisprudenza, che ha  individuato  un'interpretazione  della  norma
censurata compatibile con i principi evocati; 
    che  l'ordinanza  di  rimessione  della  Commissione   tributaria
regionale non introduce argomenti per rimeditare queste conclusioni; 
    che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  49,  comma  1,  del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata,  in  riferimento
agli artt. 2 e 4 della Costituzione, nonche' all'art. 6, paragrafo 1,
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata
e resa esecutiva con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  quale  norma
interposta all'art. 10 Cost., dalla Commissione tributaria  regionale
per la Campania, sezione staccata  di  Salerno,  con  l'ordinanza  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI