N. 8 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 febbraio 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 febbraio 2014 (della Regione Lazio). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Disposizioni afferenti la protezione civile - Imputazione dei rapporti attivi e passivi, dei procedimenti giurisdizionali pendenti nonche' dei rapporti derivanti dalle dichiarazioni dei grandi eventi, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 - Previsione che, alla scadenza dello stato di emergenza, succedono a titolo universale le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti (comprese le Regioni), ove i soggetti nominati ai sensi del citato art. 5 siano rappresentanti delle stesse amministrazioni ed enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata esorbitanza dalla competenza legislativa statale nella materia concorrente della "protezione civile" - Lesione delle potesta' legislative, regolamentari, amministrative e finanziarie delle Regioni nonche' del principio di sussidiarieta' - Violazione del principio di leale collaborazione - Violazione dei principi di ragionevolezza, irretroattivita' della legge, certezza del diritto, legittimo affidamento, "parita' delle armi", contraddittorio e giusto processo - Illegittima interferenza nella funzione giurisdizionale - Lesione del diritto alla tutela giurisdizionale dell'Amministrazione subentrante - Disparita' di trattamento in danno degli enti i cui rappresentanti hanno svolto il ruolo di commissario delegato - Disparita' di trattamento rispetto alle ipotesi di successione a titolo particolare nei giudizi pendenti. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 422. - Costituzione, artt. 3, 24, 101, 102, 111, (113), 117, commi primo, terzo e sesto, 118 e 119; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, artt. 6 e 13.(GU n.13 del 19-3-2014 )
Ricorso della Regione Lazio, con sede in 00145 Roma, Via Rosa Raimondi Garibaldi, n. 7, codice fiscale n. 80143490581, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale Nicola Zingaretti, giusta mandato a margine del presente atto rappresentata e difesa dall'Avv. Prof. Massimo Luciani (codice fiscale LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029; PEC massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), presso il cui studio in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9, e' elettivamente domiciliata; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in 00186 Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliata ex lege, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)», pubbl. nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, S.O. n. 87. Fatto 1. - La legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)», pubbl. nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, S.O. n, 87, si compone di un unico articolo, del quale fanno parte ben 749 commi. Detta legge, nei dettare le disposizioni di bilancio per il triennio 2014-2016, ha disciplinato una vasta pluralita' di oggetti, tra i quali - per quanto qui interessa direttamente - la successione nei rapporti gia' intercorrenti fra i terzi e i soggetti deputati alla gestione di uno "stato di emergenza" ai sensi della legge n. 225 del 1992, di istituzione del servizio nazionale di protezione civile. In particolare, l'art. 1, comma 422, della legge impugnata dispone che «Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell'articolo 110 del codice di procedura civile, nonche' in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». La disposizione impugnata, nell'onerare altre Amministrazioni (tra le quali anche le Regioni e, dunque, la ricorrente) della successione nei rapporti (anche) passivi gia' facenti capo al Dipartimento di protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e nell'estendere ad altre Amministrazioni (tra cui, ancora una volta, anche la Regione ricorrente) la condizione di parte processuale di giudizi pendenti, e' gravemente lesiva degli interessi e delle attribuzioni costituzionali della Regione Lazio, che ne chiede la declaratoria d'illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto 1. - La disposizione impugnata prevede che, «alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24, febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell'articolo 110 del codice di procedura civile, nonche' in lutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». 1.1. - La complessa oscurita' della previsione impugnata necessita che si tenti di definirne, in via preliminare, gli ambiti di applicazione: I «soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5» della legge n. 225 del 1992 sono i seguenti: a) i "commissari delegati" alla gestione dell'emergenza, di cui ai commi 4 e 4-bis; b) i soggetti investiti dei potere di ordinanza di protezione civile in vece del Capo del dipartimento della protezione civile, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 5; c) laddove si propenda per un'interpretazione estensiva del rinvio all'art. 5 della legge n. 225 del 1992, anche lo stesso Capo del Dipartimento della protezione civile istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. I soggetti ora menzionati, ai sensi dello stesso art. 5 della legge n. 225 del 2012, operano "al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lett. c) [della stessa legge n. 225 del 2012], ovvero nella loro imminenza", ossia nel caso di "calamita' naturali o connesse con l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo". Di conseguenza. i "rapporti attivi e passivi" e i "procedimenti giurisdizionali pendenti" di cui si occupa il comma impugnato sono, anzitutto, quelli sorti e instaurati nello svolgimento delle funzioni confidate ai soggetti di cui sopra, nella gestione dello stato di emergenza (da fronteggiare con "mezzi e poteri straordinari") deliberato dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992. 1.1.1. - A questo proposito, deve essere segnalato che il testo della disposizione impugnata presenta un'ambiguita'. Il legislatore statale ha previsto che le Amministrazioni diverse dal Dipartimento di protezione civile "subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell'articolo 110 del codice di procedura civile, [...] gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992". La struttura della frase e l'approssimativo uso della punteggiatura fanno si che non sia immediatamente comprensibile se il legislatore abbia inteso prevedere la successione solamente nei procedimenti giurisdizionali pendenti, oppure se il subentro sia relativo a tutti i' rapporti attivi e passivi, anche sostanziali, compresi quelli dedotti in giudizio. Ragioni di ordine logico e sistematico inducono a propendere per la seconda ipotesi. Anzitutto, non avrebbe propriamente senso parlare di "attivita'" e "passivita'" dei rapporti, laddove questi fossero esclusivamente quelli processuali, atteso che l'attivita'" e la "passivita'" si predicano, logicamente, dei rapporti sostanziali. In secondo luogo, una volta che si disponga la successione in tutti i rapporti (attivi e passivi), sarebbe illogico limitarla a quelli processuali. In ogni caso, la stessa previsione della successione nei soli rapporti processuali e' del tutto illegittima, come appresso - si confida - si' dimostrera'. 1.1.2. - Tra i rapporti per i quali si dispone l'illegittima successione vi sono anche quelli "derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343". Il comma 5 dell'art. 5-bis del d.l. n. 343 del 2001, oggi abrogato dal comma 1 dell'art. 40-bis del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, faceva riferimento alla "dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile". Di conseguenza, se si vuole assegnare alla disposizione impugnata un «effetto utile», pare evidente che il legislatore statale abbia inteso identificare, evidentemente ex post e con efficacia sostanzialmente retroattiva, il centro d'imputazione dei rapporti relativi alla gestione dei c.d. "grandi eventi" gia' celebrati e gestiti dal Dipartimento della Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (hinc inde, anche DPC). 1.1.3. - Infine, tenuti a subentrare al DPC sono in generale "le amministrazioni e gli enti" che sarebbero "ordinariamente competenti", nonche' quelli "individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225". Il comma 4-ter ora menzionato prevede che, "Almeno dieci giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 1-bis, il Capo del Dipartimento della protezione civile emana, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, apposita ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Ferma in ogni caso l'inderogabilita' dei vincoli di finanza pubblica, con tale ordinanza possono essere altresi' emanate, per la durata massima di sei mesi non prorogabile e per i soli interventi connessi all'evento, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi". Il successivo comma 4-quater, poi, specifica che, "Con l'ordinanza di cui al comma 4-ter puo' essere individuato, nell'ambito dell'amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui viene intestata la contabilita' speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione, per la prosecuzione della gestione operativa della stessa, per un periodo di tempo determinato ai fini del completamento degli interventi previsti dalle ordinanze adottate ai sensi dei commi 2 e 4-ter. Per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilita' che residuano alla chiusura della contabilita' speciale, le risorse ivi giacenti sono trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione". 2. - Come si evince dalla lettura delle disposizioni impugnate e di quelle cui ivi si rinvia, il comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013 regola l'imputazione dei rapporti sorti in ragione della gestione di una grave emergenza che necessita l'impiego di mezzi e poteri straordinari, che la legge, in via istituzionale, confida al DPC. Del tutto estraneo al presente giudizio, dunque, e' l'esercizio in via sostitutiva dell'ordinaria gestione di funzioni pubbliche che l'ordinamento attribuisce agli enti territoriali autonomi (e in particolare alle Regioni). Al contrario, l'intervento dello Stato e il ricorso ai mezzi e ai poteri straordinari previsti dall'art. 5 della legge n. 225 del 1992 non sottendono un giudizio negativo sull'operato della Regione, sia pure di tipo omissivo, ma si' giustificano solo in ragione dell'eccezionalita' dell'evento cui si collegano. Le funzioni esercitate dal Capo del Dipartimento della protezione civile e dai commissari delegati di cui ci si sia avvalsi ai sensi dell'art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992, conseguentemente, non sostituiscono le ordinarie funzioni normative ed amministrative demandate alle Regioni, ma a queste si sovrappongono, e soltanto per la durata dello stato di emergenza. A tal proposito, codesta Ecc.ma Corte, pronunziandosi sulla possibile lesione delle funzioni regionali o degli enti locali da parte dell'art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992, ha affermato che "tenuto conto della rilevanza nazionale delle attivita' di tutela nel loro complesso, e dell'ampio coinvolgimento in esse dell'amministrazione statale, i poteri di promozione e coordinamento non possono che essere conferiti al Governo". Codesto Ecc.mo Collegio ha altresi' sottolineato che "la nomina dei commissari delegati e' consentita nelle ipotesi indicate dall'art. 2, lett. c), cioe' quando si verifichino eventi calamitosi che, per intensita' ed estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari [...] Nel ricorrere di cosi' gravi emergenze, quando l'ambiente, i beni e la stessa vita delle popolazioni sono in pericolo e si richiede un'attivita' di soccorso straordinaria ed urgente, risulta giustificato che si adottino misure eccezionali, quale puo' essere la nomina di commissari delegati [...] Allo stesso modo risulta giustificato che, nelle ipotesi gia' considerate o comunque quando la natura e l'estensione dell'evento comportano l'intervento coordinato di piu' enti ed amministrazioni, il prefetto assuma la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale ed eserciti tutte le altre funzioni demandategli dall'art. 14. Non risulta irrazionale infatti che, di fronte alla imminenza e alla gravita' del pericolo per l'integrita' di beni fondamentali per l'uomo, siano individuate autorita' in grado di agire immediatamente, coordinando l'azione di tutti gli organismi implicati, ne' risulta irrazionale che tali autorita' siano individuate in quelle statali, tenuto conto del coinvolgimento nella emergenza di amministrazioni di ogni livello, incluso per l'appunto quello centrale" (sent. n. 418 del 1992). La gestione delle emergenze in cui si inserisce la disposizione censurata, dunque, attiene al dominio dello Stato. A riprova del fatto che i commissari delegati operano nell'esercizio di una competenza prettamente governativa, del resto, sta il dato che l'art. 5 della legge n. 225 del 1992, come gia' accennato, limita il proprio ambito di applicazione alle sole ipotesi di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), ovvero alle ipotesi piu' gravi di "eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo", che non "possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria" (art. 2, comma 1, lett. a)), ne' con "l'intervento coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria" (art. 2, comma 1, lett. b)). 2.2. - Nel peculiare meccanismo previsto dalla legge sulla protezione civile, dunque, non e' possibile rinvenire un'ipotesi di "sostituzione" del Governo nei confronti degli organi delle autonomie ordinariamente competenti, in quanto, a ben vedere, lungi dal "sostituirsi" nell'esercizio di una o piu' funzioni regionali (a seguito, ad esempio, dell'inadempimento o dell'inerzia della Regione), il Governo e' chiamato a svolgere una funzione sua propria, quella della cura dell'emergenza, che non modifica, ma si sovrappone a quelle regionali e fatalmente le interseca. Vale, sul punto, ancora l'attenta giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte, nella quale si e' chiarito che "indipendentemente dal loro (piu' o meno delimitato) ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari delegati sono atti dell'amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e cio' in ragione tanto della rilevanza delle stesse, quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte" (sent. n. 237 del 2007). Su tali basi, si e' affermato che "costituisce una precipita competenza del Governo - come ribadito da questa Corte nella sentenza n. 284 del 2006 - quella di «disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c)» (cosi' ancora la sent. n. 237 del 2007). 2.3. - Quanto sin qui affermato trova conferma nei tipi di atti e negli strumenti finanziari che la legge assicura al DPC nella gestione dell'emergenza. Quanto ai primi, ci si riferisce alle ordinanze di protezione civile, che possono avere anche efficacia derogatoria della legge (art. 5, comma 5, della legge n. 225 del 1992). Quanto ai secondi, il DPC ha accesso al Fondo per la protezione civile e, cio' che piu' conta, al Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta di mezzi sconosciuti agli enti territoriali e che sono nell'esclusiva disponibilita' dello Stato, approntati dall'ordinamento per consentire al Governo, e per esso al DPC, di intervenire nella gestione delle emergenze. 3. - Si e' visto nei precedenti paragrafi che le disposizioni impugnate impongono alle Amministrazioni diverse da quelle competenti alla gestione dell'emergenza di subentrare nei rapporti nati dalla gestione di una funzione pubblica (la cura delle emergenze maggiori) che e' di esclusiva spettanza statale e che - per quanto piu' interessa in questa sede - non comporta l'esercizio sostitutivo di competenze regionali. Tutto cio' considerato, la lesione degli interessi e delle attribuzioni costituzionali della ricorrente risulta evidente. 3.1. - Anzitutto, il complesso di disposizioni in esame esorbita dai confini delimitati dall'art. 117, comma 3, Cost., che attribuisce la materia "protezione civile" alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni. Non compete, infatti, allo Stato imputare ad altre Amministrazioni gli effetti dei rapporti attivi e passivi e dei procedimenti giudiziari pendenti, sorti in ragione della gestione di uno stato d'emergenza, cosi' scaricandone la responsabilita' e i costi ad essa conseguenti sui soggetti che non ne sono stati responsabili. Si e' visto, infatti, che la legge impugnata non concerne gli "eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria" (art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 225 del 2012), ne' gli "eventi naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria" (art. 2, comma 1, lett. b), della legge n. 225 del 2012), bensi' "calamita' naturali o connesse con l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo" (art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 2012). Si tratta, dunque, di interventi straordinari, che, per la gravita' degli eventi cui far fronte, non possono in alcun caso essere compiuti dagli enti territoriali, nemmeno in forma coordinata, sicche' la legge dispone l'intervento diretto (si ripete: non sostitutivo) dell'Amministrazione statale al fine di fronteggiare l'emergenza. Cio' considerato, e' del tutto evidente che i rapporti giuridici sorti in ragione della gestione di un'emergenza cosi' acuta, cui non si puo' far fronte da parte degli enti territoriali, non possono che essere imputati allo Stato. Ne', si badi, puo' essere qui invocato il principio "cuius commoda eius et incommoda" (di cui e' nota l'applicazione anche nei rapporti di natura pubblicistica: v. Cons. Stato, Sez. VI, sentt. 7 marzo 2008, n. 1005; 5 aprile 2006, n. 1775; CGA Reg. Sicilia, sent. 29 luglio 2013, n. 677). Come si e' sopra indicato, lo Stato, nell'affrontare le emergenze ex art. 2, comma 1, lett. c), della 1. n. 225 del 2012, non interviene ne' in forma sostitutiva ne' in forma suppletiva o integrativa rispetto agli enti territoriali, proprio perche' si tratta di eventi che sono in via immediata e diretta affidati alla gestione dello Stato e che non potrebbero in alcun modo essere affrontati dalle Regioni o dalle altre Amministrazioni territoriali. E, come la Corte ha chiarito nell'arresto sopra ricordato, l'interesse a che le emergenze siano fronteggiate non e' delle popolazioni di volta in volta colpite, bensi' nazionale, per la semplice ragione che gli eventi calamitosi possono toccare l'intero territorio del Paese. Di qui l'erroneita' dell'ipotesi che all'interesse "locale" consegua direttamente la successiva attribuzione "locale" dei rapporti sorti in forza dell'emergenza. E', dunque, evidente che la disposizione in esame non concerne un intervento che l'Amministrazione statale ponga in essere nell'interesse degli enti territoriali, con cio' sollevando le istituzioni locali da oneri che sarebbero ad esse spettati in via originaria. Al contrario, l'intervento del DPC vale a "soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza" (cfr. sent. n. 237 del 2007, cit.), sicche' e' lo Stato che deve farsene carico, sia agendo nell'immediatezza dell'evento, sia facendo fronte ai rapporti giuridici che ne sono derivati. Si badi. Che la gestione dell'emergenza produca effetti che, prima o poi, debbano imputarsi agli enti territoriali nei quali si e' verificata e' inevitabile. Nondimeno: a) tale imputazione non puo' concernere anche il regime della responsabilita' (di cio' si dira' sub par. 3.2.); b) essa non puo' estendersi ai rapporti processuali in essere, oltretutto nella forma della successione a titolo universale (di cio' si dira' sub par. 4.); c) deve essere definita secondo una corretta regolazione del passaggio dall'uno all'altro soggetto. Per quanto riguarda quest'ultima considerazione, e' agevole notare che un ordinato modello di regolazione e' gia' previsto (sul corretto presupposto che non si possa operare un passaggio ex abrupto) dall'art. 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge n. 225 del 1992, e cioe' dalla disciplina generale della materia, che il comma impugnato stravolge con un intervento tanto puntuale quanto illogico, estemporaneo e privo di coordinamento sistematico. Nelle disposizioni ora menzionate, infatti, si prevede la possibilita' che venga individuata un'Amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi "conseguenti all'evento [calamitoso], che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza". In questi casi, pero', all'Amministrazione che subentra viene "intestata la contabilita' speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione, per la prosecuzione della gestione operativa della stessa". Tale Amministrazione, dunque, viene dotata di mezzi straordinari, che non sarebbero nelle disponibilita' di soggetti diversi dal DPC. L'utilizzo delle dotazioni finanziarie ordinarie di enti e soggetti diversi dal DPC e' regolato nel secondo periodo del menzionato comma 5-quater, ove si specifica che, "per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilita' che residuano alla chiusura della contabilita' speciale, le risorse ivi giacenti sono trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione". In definitiva, lo schema della legge n. 225 del 1992 e' molto preciso e puo' essere cosi' sintetizzato: i) le emergenze maggiori di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 1992 sono gestite dal DPC, dato che gli enti minori non avrebbero i mezzi per farvi fronte; ii) terminata l'emergenza, v'e' la possibilita' che un'altra Amministrazione sia chiamata a svolgere gli interventi di completamento delle misure di contrasto all'emergenza stessa, anche utilizzando la contabilita' speciale gia' apprestata e utilizzata dal DPC; iii) esaurita anche questa fase e chiusa la contabilita' speciale, l'Amministrazione competente (si badi: solo in questo momento la legge generale in materia contempla le Amministrazioni territoriali, come Regioni ed Enti locali) procede secondo le ordinarie procedure di spesa, eventualmente anche impiegando quanto possa residuare della contabilita' speciale, ormai chiusa. La disposizione impugnata sconvolge questo meccanismo, imputando gia' alla "scadenza dello stato di emergenza" ad altre Amministrazioni, tra le quali anche le Regioni, rapporti attivi e passivi e procedimenti giudiziari pendenti, logicamente attinenti (ratione temporis) alla gestione dell' emergenza. 3.2. - Come si vede, il legislatore statale ha ampiamente oltrepassato i confini della sua competenza concorrente in materia di "protezione civile". Cosi' facendo, pero', ha: a) invaso la corrispettiva competenza legislativa regionale, per il semplice fatto che la discrezionalita' del legislatore regionale in tale ambito materiale e' oggi vincolata da un'illegittima, illogica ed irragionevole disciplina statale; b) leso tutte le attribuzioni regionali costituzionalmente protette, in quanto ha: b1) accollato alla Regione oneri derivanti dall'azione di un organo statale e responsabilita' connesse ad una res inter alios acta; b2) determinato lo stravolgimento di tutte le attribuzioni legislative e amministrative della Regione, costretta a distogliere risorse umane e materiali agli altri impieghi, necessari per l'esercizio delle funzioni regionali costituzionalmente garantite. Per le stesse ragioni sono lese anche le competenze regolamentari e amministrative confidate alla Regione ai sensi degli artt. 117, comma 6, e 118 Cost. Il subentro nei rapporti e nei giudizi pendenti attinenti alla gestione di uno stato di emergenza, infatti, e' di per se' idoneo ad interferire con lo svolgimento delle ordinarie funzioni amministrative regionali, sia nella materia della protezione civile che, come ora osservato, nelle altre materie di competenza regionale. L'art. 118 e' violato anche pel profilo del principio di sussidiarieta': stride evidentemente con tale principio l'affidamento ad altre Amministrazioni pubbliche la gestione dei rapporti attivi e passivi e dei giudizi pendenti, sorti e instaurati in ragione di uno stato d'emergenza che gli enti territoriali sono strutturalmente inidonei ad affrontare, come dimostra il rinvio da parte del comma in esame all'art. 5 della legge n. 225 del 2012 e, di conseguenza, all'art. 2, comma 1, lett. c), di quella stessa legge. Violato e' anche, in combinato disposto con l'art. 3 Cost., l'art. 119 Cost., perche' la successione ex lege nei rapporti passivi e nei rapporti processuali derivanti dalla gestione, da parte dello Stato, dello stato di emergenza comporta nuovi e maggiori oneri in capo alle Amministrazioni territoriali (tra cui le Regioni), necessari per finanziare spese determinate dalla gestione statale dell'emergenza e imputabili alla sola responsabilita' statale. Qui, invece, si accolla alla Regione 10 responsabilita' per fatto del terzo, gravandola automaticamente e irrimediabilmente di tutte le conseguenze pregiudizievoli che, per avventura, possono essere state determinate dall'organo statale gestore dell'emergenza, in lesione dell'autonomia finanziaria della Regione e in violazione dei piu' elementari principi di ragionevolezza (e, prima ancora, di civilta' giuridica) implicati dall'art. 3 Cost. L'art. 119 Cost., poi, e' violato anche per un ulteriore profilo. La successione anche nei rapporti passivi implica, ovviamente, l'accollo di costi supplementari e non previsti, in violazione di quanto disposto dal comma 4 dello stesso art. 119, a tenor del quale tutte le funzioni regionali debbono essere integralmente finanziate dalle risorse disponibili. Lo stesso, ovviamente, vale per i costi, essi pure supplementari e non previsti, derivanti dalla successione nelle liti, che implica oneri materiali gravosissimi, sia per l'apprestamento e il pagamento delle difese tecniche, sia per l'apprestamento delle risorse organizzative idonee al trattamento delle pratiche. Violato, poi, e' anche l'art. 3 Cost., pel profilo del principio di ragionevolezza, in relazione agli artt. 117, 118 e 119 Cost., per la semplice constatazione che e' irragionevole imporre ad altre Amministrazioni, in particolare alla Regione ricorrente, gli oneri derivanti dalla precedente gestione di un'emergenza pubblica da parte dello Stato, dunque dallo svolgimento di una funzione pubblica che la legge confida esclusivamente allo Stato e che e' strutturalmente inaccessibile agli enti territoriali. Non si potrebbe obiettare, si badi, che la successione e' limitata all'ipotesi in cui la gestione dell'emergenza sia stata affidata ai "rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero [a] soggetti dagli stessi designati", quasi che, in tale ipotesi, la Regione sia chiamata a subentrare in rapporti ch'essa stessa ha contribuito a stringere. Cosi' ragionando, invero, si commetterebbe un errore giuridico addirittura elementare, perche' si confonderebbe fra l'organo e la persona che ne e' titolare. Il Presidente della Regione (immaginiamo il caso piu' comune, ma il ragionamento vale per tutte le ipotesi analoghe), invero, una volta che e' stato incaricato della gestione dell'emergenza agisce (si insiste) da organo statale e con tutti i vincoli nella normativa statale (che e' tenuto ad applicare fedelmente) e il fatto che la medesima "persona" sia titolare di due "organi" diversi non sposta minimamente il dato giuridico della diversita' - appunto - di tali organi (cfr. Corte cost., sent. n. 219 del 2013). Violato e' anche l'art. 24 Cost., ancora una volta in relazione al principio di ragionevolezza e alle attribuzioni regionali ex artt. 117, 118 e 119 Cost., perche' collide con l'ordinato esercizio delle attribuzioni regionali e col principio di ragionevolezza pretendere che un'altra Amministrazione debba rispondere, dentro e fuori dalle aule giudiziarie, degli effetti determinati dall'Amministrazione statale nello svolgimento di funzioni pubbliche sue proprie, dunque non esercitate in sostituzione o integrazione dell'Amministrazione regionale o locale. Infine, violato e' il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, ancora per il fatto che, con la disposizione impugnata, lo Stato si sottrae irragionevolmente agli impegni contratti nell'esercizio di una funzione pubblica che la legge stessa gli affida, scaricandone i costi su altre Amministrazioni, tra cui la ricorrente, Si badi: e' vero che, almeno in linea di massima, il principio di leale collaborazione non puo' essere invocato in riferimento all'esercizio della funzione legislativa. Non e' meno vero, pero', che in questo caso la legge impugnata ha la sostanza del provvedimento puntuale, derogatorio della disciplina generale, funzionalizzato al solo scopo di avvantaggiare l'Amministrazione statale in danno delle Regioni (e di tutti gli enti territoriali autonomi). E si aggiunga che l'attivita' regolata dalla legge impugnata dovrebbe essere caratterizzata proprio (e al massimo grado) dalla leale collaborazione, che - invece - e' totalmente assente dalla relativa disciplina. 3.3. - Si e' gia' accennato al par. 1.1.2. che la disposizione impugnata prevede che la successione al DPC si verifichi anche per tutti i rapporti attivi e passivi "derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343". Il comma 5 dell'art. 5-bis del d.l. n. 343 del 2001, faceva riferimento alla "dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile", sicche' alle Amministrazioni diverse dal DPC dovrebbero essere imputati anche tutti i rapporti attivi e passivi e i procedimenti pendenti relativi alla gestione dei c.d. "grandi eventi", precedentemente gestiti dal DPC stesso. L'art. 5-bis, comma 5, del d.l. n. 343 del 2011, pero', e' stato abrogato dal comma 1 dell'art. 40-bis del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1. Ora, richiamando una disposizione abrogata, e' evidente che la disposizione impugnata ha inteso imputare ad altre Amministrazioni pubbliche, tra cui anche la ricorrente, alcuni rapporti attivi e passivi e la posizione di parte processuale nei giudizi pendenti, in riferimento a fattispecie gia' consumatesi e regolate da disposizioni non piu' in vigore. Si tratta, appunto, di quelle relative alla gestione dei c.d. "grandi eventi" gia' celebrati e gestiti dal Dipartimento della Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Considerato il fatto che non possono piu' darsi, pro futuro, nuove dichiarazioni di "grandi eventi", confidati alla gestione del DPC, appare evidente che la disposizione impugnata regola pro praeterito tempore lo svolgimento di funzioni pubbliche (anche) affidate alla Regione ricorrente nell'ambito della materia "protezione civile". Ancora una volta, dunque, la disposizione in esame esorbita dalla competenza legislativa statale nella materia "protezione civile" e lede le contrapposte potesta' legislative, regolamentari e amministrative della Regione, tutelate dagli artt. 117, 118 e 119 Cost., in quanto, in connessione tra loro e con i parametri costituzionali che definiscono la sfera delle attribuzioni regionali, sono violati: il principio d'irretroattivita' della legge, nella misura in cui alla Regione e alle altre amministrazioni sono affidati ex post costi, oneri e posizioni di svantaggio nei giudizi pendenti, nonostante che questi oneri siano dovuti allo svolgimento di funzioni pubbliche gia' esercitate, per di piu' di competenza esclusiva dello Stato; in connessione a questo, il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento, con evidente pregiudizio della Regione, che si trova a dover far fronte in via successiva agli oneri determinati da una precedente gestione di un c.d. "grande evento", che era stata affidata alla potesta' dai competenti organi statali; l'art. 117, comma 1, Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della CEDU, i quali tutelano anch'essi i principi di non retroattivita' della legge, di tutela dell'affidamento e di certezza del diritto, come insegna la giurisprudenza costituzionale e quella della Corte di Strasburgo (cfr. sentt. 11 dicembre 2012, De Rosa c. Italia; 14 febbraio 2012, Arras c. Italia; 7 giugno 2011, Agrati c. Italia; 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; 10 giugno 2008, Bortesi c. Italia; Grande Camera, 29 marzo 2006, Scordino c. Italia). A questo proposito, nella sent. n. 78 del 2012 l'Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che il divieto di retroattivita' della legge costituisce "valore fondamentale di civilta' giuridica", sicche' il legislatore puo' emanare norme retroattive solo laddove la "retroattivita' trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)". Tanto, come si e' gia' visto, non accade nel caso di specie. La precedente gestione dei grandi eventi e' stata operata da parte della protezione civile in ragione di scelte discrezionali del legislatore e dell'Amministrazione statale, ne' l'imputazione, in un successivo momento, dei rapporti attivi e passivi determinati da quella gestione dell'evento e' necessaria per servire un "motivo imperativo di interesse generale". Se si aggiunge che, come ha specificato la Corte EDU, le circostanze addotte per giustificare misure retroattive devono essere intese in senso restrittivo (sent. 14 febbraio 2012, Arras contro Italia), risulta evidente che non vi e' alcuna valida ragione giustificatrice dell'imputazione dei costi della gestione di un c.d. "grande evento" gia' celebratosi in capo ad altre Amministrazioni pubbliche, invece che a quella che ne e' stata responsabile originariamente. 3.4. - Non basta. Si e' detto che il comma impugnato deve essere interpretato nel senso che esso dispone la successione universale nei rapporti attivi e passivi relativi alla gestione degli stati di emergenza e dei c.d. "grandi eventi" gia' gestiti dal DPC. Fra tali rapporti (eventualmente di durata) devono necessariamente essere annoverati anche quelli ormai definiti in base ad un accertamento giurisdizionale definitivo, passato in giudicato. In questo caso, dunque, l'accertamento svolto dal giudice sarebbe immediatamente travolto dall'individuazione, retroattiva ed in forza di legge, di una nuova e diversa parte del rapporto giuridico in esame. Il rovesciamento (per quanto limitato all'ambito soggettivo) del giudicato e l'estensione, in via diretta, dei dicta dei giudici che si sono gia' pronunciati anche alle Amministrazioni subentranti (tra cui la ricorrente) rappresenta una nuova e piu' grave lesione delle attribuzioni regionali relative all'esercizio della potesta' legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria nella materia di competenza concorrente "protezione civile" e - come gia' si e' osservato, in tutte le materie di competenza regionale, con contestuale violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. La lesione delle attribuzioni regionali, in particolare, discende di conseguenza dalla violazione, in connessione tra loro e con i parametri costituzionali che definiscono la sfera delle attribuzioni regionali: dei principi del contraddittorio tra le parti e del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost.; degli artt. 101 e 102 Cost., per l'evidente illegittima interferenza nella funzione giurisdizionale; degli artt. 24 e 113 Cost., stante la lesione del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dell'Amministrazione subentrante; dell'art. 117, comma 1, Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della CEDU, i quali tutelano - come gia' detto - i principi di non retroattivita' della legge, di tutela dell'affidamento e di certezza del diritto. 3.5. - Non basta. Se si tiene conto del fatto che le Amministrazioni (tra cui quella regionale) diverse dal DPC subentrano anche nel contenzioso pendente relativo alla gestione pro praeterito tempore dei c.d. "grandi eventi", emerge con ancor piu' forza la lesione della potesta' legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria della Regione tutelata dagli artt. 117, 118 e 119 Cost. derivante dalla violazione dei principi costituzionali di irretroattivita' della legge, di tutela dell'affidamento e di certezza del diritto, nonche' degli artt. 24, 101, 102, 111, 113, e 117 Cost., comma 1, in riferimento agli artt. 6 e 13 CEDU. L'Amministrazione subentrante, infatti, si trova inserita iussu principis in un procedimento giurisdizionale pendente, sottoposta a tutte le decadenze e preclusioni gia' intervenute, dunque in posizione di svantaggio rispetto alle altre parti processuali, che hanno potuto svolgere le loro difese con la pienezza degli strumenti riconosciuti dal diritto processuale. Tanto dimostra l'evidente violazione dei principi costituzionali e di diritto internazionale che presidiano l'attivita' giurisdizionale e, di conseguenza, un immediato pregiudizio delle attribuzioni costituzionali della ricorrente. In particolare, in connessione tra loro e con i parametri costituzionali che definiscono la sfera delle attribuzioni regionali: sono violati i principi del contraddittorio tra le parti e del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost.; si produce un'illegittima interferenza nella funzione giurisdizionale, con evidente lesione degli artt. 101 e 102 Cost.; di conseguenza, e' violato il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi di ciascun soggetto privato o pubblico dell'ordinamento, riconosciuto dagli artt. 24 e 113 Cost.; e' violato l'art. 117, comma 1, Cost., in quanto sono lesi il diritto della Regione Lazio ad un processo equo, di cui all'art. 6 CEDU, il diritto all'effettivita' della tutela giurisdizionale, di cui all'art. 13 CEDU; il principio della "parita' delle armi" tra le parti processuali, ricavato dalla giurisprudenza della Corte EDU proprio dai menzionati artt. 6 e 13 CEDU (cfr., ex plurimis, Corte EDU, sentt. 27 ottobre 1993, Dombo Beheer c. Paesi Bassi; 9 dicembre 1994, Raffinerie Greche Stran e Stratis Andreatis c. Grecia; 22 ottobre 1997, Papageorgiou c. Grecia). A questo proposito, occorre ricordare che "La Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall'art. 6 della Convenzione ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale [che qui non si danno], all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia (ex plurimis: Corte europea, sentenza sezione seconda, 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sezione seconda, 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; sezione quinta, 11 febbraio 2010, Javaugue contro Francia; sezione seconda, 10 giugno 2008, Bortesi e altri contro Italia)" (Corte cost., cent. n. 78 del 2012). Il pregiudizio che la Regione soffre sul piano processuale, gia' di per se' di assoluta gravita', comporta - come si e' gia' accennato - un illegittimo sacrificio della potesta' legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria della Regione, con evidente lesione, in primo luogo nella materia "protezione civile", ma anche in tutte le altre materie di competenza regionale, delle attribuzioni riconosciute alla ricorrente dagli artt. 117, 118 e 119 Cost. 3.6. - Infine, e' costituzionalmente illegittimo anche l'ultimo periodo del comma in questione, che prevede che "Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell' articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati". In virtu' di tale disposizione, infatti, il subentro in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi e nelle liti pendenti e' destinato ad operare soltanto per gli enti nei quali il ruolo di commissario sia stato svolto da un rappresentante dell'ente stesso o da un soggetto da quest'ultimo designato. Negli altri casi, invece, i rapporti giuridici della fase di emergenza resterebbero in capo allo Stato, pur cessando la gestione commissariale. Tale distinzione presenta evidenti profili di violazione dell'art. 3 Cost., per disparita' di trattamento. Come si e' visto nei paragrafi precedenti, infatti, la gestione degli stati di emergenza di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 2012 compete in via esclusiva allo Stato, dato che le Regioni e gli altri enti territoriali non hanno a disposizione gli strumenti materiali e istituzionali per farvi fronte. Se cosi' e', come e', il fatto che uno dei soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 2012 sia contestualmente titolare di un mandato da parte di una diversa Amministrazione e' del tutto irrilevante quanto all'imputazione degli effetti derivanti dalla gestione dello stato di emergenza. In altri termini, e' il dato oggettivo delle funzioni di protezione civile in esame (che - si ripete - esorbitano dall'ambito degli interessi delle sole comunita' locali, come ha detto l'Ecc.ma Corte nella sent. n. 237 del 2007) che stabilisce un collegamento funzionale tra i rapporti attivi e passivi sorti e l'Amministrazione statale, collegamento che non puo' essere interrotto dal dato soggettivo dell'eventuale sovrapposizione di munera di diverse Amministrazioni. L'irragionevole definizione dell'ambito di applicazione del comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013 operata dall'ultimo periodo dello stesso comma, dunque, ne aggrava ulteriormente l'illegittimita' per irragionevolezza e lesione delle attribuzioni regionali nell'esercizio della potesta' legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria sia nella materia "protezione civile" che in tutte le altre materie di competenza regionale, gia' vulnerate per i profili esposti nei paragrafi precedenti. 4. - Si e' visto che la disposizione in esame e' illegittima in quanto dispone la successione di altre Amministrazioni pubbliche nei rapporti conseguenti alla gestione dello stato di emergenza da parte del DPC. Nella denegata ipotesi che le precedenti censure fossero rigettate, il comma impugnato sarebbe comunque illegittimo, quantomeno nella misura in cui dispone la successione nei giudizi pendenti a titolo universale, per violazione dell'art. 3 Cost., e precisamente per disparita' di trattamento delle amministrazioni pubbliche (tra cui e' la ricorrente) cui si applica la disposizione in esame rispetto alla platea generale dei soggetti interessati da fenomeni di successione nei giudizi pendenti (soggetti non solo privati, ma anche pubblici, nei casi diversi rispetto alla gestione dello stato di emergenza ex art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 1992). 4.1. - Come si e' visto, il comma 422 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013 prevede che l'ente competente subentri nei giudizi pendenti ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ., ossia a titolo di successione universale ("Quando la parte vien meno per morte o per altra causa, il processo e' proseguito dal successore universale o in suo confronto"), escludendo l'ipotesi di successione in via particolare nel processo, regolata dall'art. 111, comma 1, cod. proc. civ. ("Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare. il processo prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte, il processo e' proseguito dal successore universale o in suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare puo' intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale puo' esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed e' impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione"). Questa previsione, pero', e' in aperta contraddizione con un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita', che deve essere rapidamente ricordato. Nella sent. Sez. I, 26 luglio 2002, n. 11045, la Suprema Corte ha affermato che "costituisce giurisprudenza ormai consolidata di questa S. C. il principio (affermato proprio con riferimento ad ipotesi espropriative promosse dalla Provincia di Firenze in aree di Comuni distaccati, ad opera del d.lgs. 27 marzo 1992, n. 254, da quella stessa Provincia per l'istituzione della nuova Provincia di Prato) secondo cui la disciplina dettata dall'art. 110 c.p.c., in tema di successione nel processo, presuppone il venir meno della parte processuale, sicche' nell'ipotesi di successione a titolo particolare tra enti con trasferimento ex lege di una parte di beni e rapporti ad un ente di nuova istituzione, senza estinzione dell'ente i cui beni e rapporti sono in parte trasferiti (ipotesi verificatasi nella specie), il processo prosegue tra le parti originarie. Il principio, tradotto in tema espropriativo, comporta che non e' possibile ,far transitare nel patrimonio della Provincia di nuova istituzione il debito indennitario sorto in precedenza, per effetto di espropriazione, a carico della Provincia gia' esistente, la cui legittimazione passiva nel relativo procedimento di opposizione alla stima permane, dunque, anche a seguito della creazione di detto nuovo ente territoriale". In maniera analoga, nella sent. Sez. I, 19 marzo 2007, n. 6521, in merito ad un giudizio "promosso nei confronti del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni con citazione notificata il 3 agosto 1993, prima della nascita dell'Ente Poste italiane", e' stata affermata "la riconducibilita' della fattispecie nell'ambito dell'art. 111 c.p.c., a norma del quale se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso a titolo particolare, il processo prosegue fra le parti originarie, tenuto conto che, in tema di successione nel processo, la diversa disciplina dettata dall'art. 110 c.p.c., presuppone il venire meno della parte processuale, mentre nell'ipotesi di successione a titolo particolare, con trasferimento - come nella specie - ex lege solo di una parte di beni e rapporti ad uno o piu' soggetti senza estinzione dell'ente i cui beni e rapporti sono in parte trasferiti, il processo prosegue tra le parti originarie, essendo irrilevanti, ai sensi del citato art. 111 c.p.c., le modificazioni delle posizioni giuridiche attive e passive successive all'inizio della controversia (Cass. 12 aprile 2006, n. 8515; 31 ottobre 2005, n. 21107; 22 giugno 2005, n. 13401; 22 maggio 2003, n, 8052; 26 luglio 2002, n. 11045; 16 gennaio 1999, n. 398)". Lo stesso orientamento e' stato seguito anche nelle sentt. Sez. I, 29 maggio 2001, n. 7528; 16 gennaio 1999, n. 398, SS.UU., 14 febbraio 2006, n. 3116, sicche' esso assume la connotazione di "diritto vivente" (cfr. ancora sent. n. 78 del 2012). 4.2. - L'aver disposto in senso contrario comporta che la Regione, come tutte le Amministrazioni territoriali che possono essere chiamate a subentrare ai DPC nei rapporti derivanti dalla gestione di un grave stato di emergenza, debba sopportare una evidente ed ulteriore lesione del diritto di difesa. L'applicazione della successione proprio a titolo universale, infatti, comporta in capo alla Regione il dovere di accettare lo stato e il grado del processo, con le decadenze e le preclusioni gia' intervenute, senza poter dispiegare con pienezza tutta l'attivita' difensiva consentita alle altre parti. Se e' vero che anche il successore a titolo particolare puo' essere chiamato in causa, e' altrettanto vero che quest'ultimo ha ogni possibilita' di allegazione dei fatti e di partecipazione all'istruzione probatoria e puo' anche ampliare il thema decidendum attraverso la chiamata di un terzo, anche in garanzia. Si tratta di possibilita' che la disposizione impugnata, invece, non contempla. La Regione, dunque, e' confinata in una posizione ulteriormente deteriore rispetto alle altre parti processuali, con evidente violazione dei principi costituzionali e di diritto internazionale che presidiano l'attivita' giurisdizionale e con immediato riflesso sulle proprie attribuzioni costituzionali. In particolare, in connessione tra loro e con i parametri costituzionali che definiscono la sfera delle attribuzioni regionali: sono violati i principi del contraddittorio tra le parti e del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost.; e' lesa, per illegittima interferenza, la funzione giurisdizionale, con evidente violazione degli artt. 101 e 102 Cost. di conseguenza, e' violato il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi di ogni soggetto privato o pubblico nell'ordinamento, riconosciuto dagli artt. 24 e 113 Cost.; e' violato l'art. 117, comma 1, Cost., in quanto sono violati il diritto della Regione Lazio ad un processo equo, di cui all'art. 6 CEDU, il diritto all'effettivita' della tutela giurisdizionale, di cui all'art. 13 CEDU; il principio della "parita' delle armi" tra le parti processuali, ricavato dalla giurisprudenza della Corte EDU proprio dai menzionati artt. 6 e 13 CEDU (cfr., ex plurimis, Corte EDU, sentt. 27 ottobre 1993, Dombo Beheer c. Paesi Bassi; 9 dicembre 1994, Raffinerie Greche Stran e Stratis Andreatis c. Grecia; 22 ottobre 1997, Papageorgiou c. Grecia). 4.3. - Il pregiudizio che la Regione soffre sul piano processuale, gia' di per se' di assoluta gravita', deve essere qui apprezzato anche e soprattutto pel profilo degli effetti che comporta sull'esercizio, da parte della Regione, delle competenze riconosciute dalla Costituzione, in primo luogo nella materia di competenza concorrente "protezione civile", ex art. 117, comma 3, Cost. E' di tutta evidenza, infatti, che l'automatico subentro allo Stato nel far fronte ai giudizi pendenti sorti in ragione della gestione dell'emergenza limita, come si e' avuto modo di dire, la potesta' legislativa regolamentare e amministrativa della Regione nella suddetta materia, come pure ne viola l'autonomia finanziaria in ragione dei costi imposti dalla disposizione in esame, con conseguente violazione degli artt. 117, commi 3 e 6, 118 e 119 Cost. Per le ragioni che prima si sono indicate, peraltro e ancor piu' decisivamente, il pregiudizio qui lamentato si estende a tutte le altre competenze regionali, lese dalla necessita' di affrontare gli oneri (finanziari ed organizzativi) implicati dall'illegittima successione prevista dalle disposizioni censurate.
P.Q.M. Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2013, n. 302, S.O. n. 87, per violazione, per i profili sopra specificati, degli artt. 3, 24, 101, 102, 111, 117, 118, 119 Cost., anche in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, nonche' dei principi di ragionevolezza, di leale collaborazione, di irreotrattivita' della legge, di certezza del diritto, di legittimo affidamento e di "parita' delle armi" nelle controversie giurisdizionali. Si produrra' copia conforme all'originale delle Deliberazioni della Giunta regionale della Regione Lazio n. 80 del 24 febbraio 2014 e n. 88 del 25 febbraio 2014, con allegati i rispettivi estratti del verbale d'approvazione. Roma, 25 febbraio 2014 Avv. Prof. Luciani