N. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 3 marzo 2014 (della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione  di  adozione  di  misure  di  razionalizzazione  e   di
  revisione  della  spesa  delle  pubbliche  amministrazioni  di  cui
  all'art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009  -  Determinazione
  dell'importo  minimo  da   ricavare   dalle   suddette   misure   -
  Determinazione del contributo alla finanza pubblica che le  Regioni
  e le Province autonome, per gli anni 2015, 2016 e 2017,  assicurano
  a  valere  sui   risparmi   connessi   alle   suddette   misure   -
  Determinazione  di  contributi   dovuti   dagli   enti   locali   e
  prolungamento dei vincoli gia'  posti  per  essi  all'anno  2017  -
  Ricorso  della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia   -   Denunciata
  introduzione di nuovi obblighi in termini di indebitamento netto  a
  carico delle Regioni speciali rispetto a quelli gia' denunciati con
  ricorso n. 32 del 2013  -  Introduzione  unilaterale  di  ulteriori
  limiti di spesa - Lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -
  Violazione del principio dell'accordo - Disparita'  di  trattamento
  rispetto  alle  Regioni  ordinarie  -   Lesione   dei   poteri   di
  coordinamento finanziario spettanti alla  Regione  con  riferimento
  agli enti locali e agli enti strumentali - Lesione della competenza
  regionale in materia di finanza locale. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 427,  primo  periodo,
  429 e 499, lett. b) e c) (recte: 499, nella parte in  cui  modifica
  il comma 454, lett. b) e c), dell'art. 1 della  legge  24  dicembre
  2012, n. 228). 
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo,  e  119,  in  particolare,
  comma quarto; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia  Giulia
  (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), artt.  4,  n.  1-bis,
  48, 49 e ss., 51, 54, 63, comma quinto, e  65;  legge  13  dicembre
  2010, n. 220, art. 1, commi 132, 136 e  da  152  a  156;  d.lgs.  2
  gennaio 1997, n. 9, art. 9. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Fabbisogno   del   Servizio   Sanitario   Nazionale   e   correlato
  finanziamento - Riduzione di 540 milioni di euro per l'anno 2015  e
  610 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 - Previsione che, in
  attesa dell'emanazione delle norme di attuazione di cui all'art. 27
  della legge n. 42 del 2009, il concorso  delle  Regioni  a  statuto
  speciale  e  delle  Province  autonome   e'   effettuato   mediante
  accantonamenti annuali, a valere sulle quote  di  compartecipazione
  ai tributi erariali - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia -
  Richiamo alle argomentazioni svolte avverso l'art.  1,  comma  132,
  della legge n. 228 del 2012 impugnato con ricorso n. 32  del  2013,
  che, a sua volta, richiama quelle svolte avverso l'art.  15,  comma
  22, del decreto-legge n. 95 del 2012 con ricorso n. 159 del 2012  -
  Denunciata     violazione     dell'autonomia     della      Regione
  nell'organizzazione   e   gestione   del   servizio   sanitario   -
  Interferenza   con   la   destinazione   dei    tributi    erariali
  statutariamente spettanti alla ricorrente - Alterazione unilaterale
  dell'assetto  dei  rapporti  finanziari   tra   Stato   e   Regione
  Friuli-Venezia  Giulia  -  Violazione  del   principio   di   leale
  collaborazione e del principio dell'accordo in materia finanziaria. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 481. 
- Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia   Giulia   (legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), artt. 5, n. 8, 16, 49 e  63,
  commi primo e quinto; d.P.R. 9  agosto  1966,  n.  869;  d.P.R.  25
  novembre 1975, n. 902, artt. 8 e 9; legge 13 dicembre 2010, n. 220,
  art. 1, comma 154. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome
  di Trento e  di  Bolzano  assicurano  un  ulteriore  concorso  alla
  finanza pubblica per l'importo complessivo di 240 milioni di euro -
  Previsione che, in attesa dell'emanazione delle norme di attuazione
  di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009,  il  concorso  delle
  Regioni a statuto speciale e delle Province autonome e'  effettuato
  mediante  accantonamenti  annuali,  a   valere   sulle   quote   di
  compartecipazione ai tributi erariali secondo importi indicati  per
  ciascuna Regione a statuto speciale e Provincia autonoma -  Ricorso
  della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Denunciata  violazione  del
  principio di leale collaborazione e del principio  dell'accordo  in
  materia finanziaria - Denunciata mancata precisazione del  criterio
  di  riparto  dell'ulteriore  concorso  tra  le  diverse   autonomie
  speciali,  non  consentendo  la verifica  di  proporzionalita'  del
  riparto stesso -  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  -
  Lesione dell'autonomia finanziaria. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 526. 
- Costituzione, art. 3; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
  Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), artt. 5, n. 8,
  16, 49 e 63, commi primo e quinto; d.P.R. 9 agosto  1966,  n.  869;
  d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, artt. 8 e  9;  legge  13  dicembre
  2010, n. 220, art. 1, comma 154. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che i risparmi derivanti dalle  misure  di  contenimento
  della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al  comma  486
  (concernente un contributo  di  solidarieta'  per  il  concorso  al
  finanziamento delle gestioni previdenziali  obbligatorie  a  carico
  dei trattamenti pensionistici erogati da enti gestori di  forma  di
  previdenza obbligatorie) dagli Organi costituzionali, dalle Regioni
  e dalle Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  nell'esercizio
  della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi  previsti
  per coloro che hanno ricoperto funzioni  pubbliche  elettive,  sono
  versati all'entrata del bilancio dello Stato per  essere  destinati
  al Fondo di cui al comma 48 - Ricorso della Regione  Friuli-Venezia
  Giulia - Denunciato  ingiustificato  trasferimento  allo  Stato  di
  somme  che,  ai  sensi  dello  Statuto,  spettano  alla  Regione  -
  Violazione dei criteri statutari di  allocazione  delle  risorse  -
  Lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Indeterminatezza
  della  destinazione  per  la  mancata  specificazione   del   fondo
  beneficiario. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 487. 
- Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia   Giulia   (legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), artt. 48 e 49. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome
  di  Trento  e  di  Bolzano  all'equilibrio  dei  bilanci   e   alla
  sostenibilita' del debito pubblico - Riserva all'Erario delle nuove
  e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge n. 138  del
  2011 e dal decreto-legge n. 201 del 2011 per un periodo  di  cinque
  anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, al fine di essere interamente
  destinate alla copertura degli oneri per  il  servizio  del  debito
  pubblico - Previsione che con decreto del MEF, sentiti i Presidenti
  delle Giunte regionali interessati, sono stabilite le modalita'  di
  individuazione  del  maggior  gettito  -  Ricorso   della   Regione
  Friuli-Venezia Giulia - Lesione della norma statutaria che  prevede
  quote fisse di compartecipazione della Regione ai tributi  erariali
  riscossi  nel  territorio  regionale  -  Violazione  del  principio
  dell'accordo in materia finanziaria  -  Contrasto  con  l'art.  12,
  comma 2, della legge n. 243 del 2012 che subordina la  possibilita'
  di porre a carico delle autonomie regionali contributi al Fondo per
  l'ammortamento dei titoli di Stato solamente nelle fasi  favorevoli
  del ciclo economico - Mancata previsione dell'intesa con la Regione
  in relazione al decreto ministeriale che stabilisce le modalita' di
  individuazione del maggior gettito - Violazione  del  principio  di
  leale collaborazione. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 508. 
- Costituzione, art. 81, comma sesto; Statuto speciale della  Regione
  Friuli-Venezia Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1),
  artt. 48 e 49; legge 24 dicembre 2012, n. 243, art. 12, comma 2. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Meccanismo di definizione anticipata  dei  procedimenti  giudiziari
  pendenti in tema di canoni di  concessioni  demaniali  marittime  -
  Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Denunciata  mancata
  estensione  alla   Regione   ricorrente   della   possibilita'   di
  definizione dei contenziosi che riguardano beni demaniali marittimi
  - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione  dell'autonomia
  finanziaria regionale. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 732 e 733. 
- Costituzione, art. 3; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
  Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), art. 48 e ss.;
  d.lgs. 1 aprile 2004, n. 111, art. 9, commi 2 e 5; d.lgs. 25 maggio
  2001, n. 265, art. 1, commi 2 e 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Conferma del meccanismo dell'accantonamento sulle  quote  spettanti
  alle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e alle  Province
  autonome di compartecipazione ai tributi erariali di  cui  all'art.
  13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del  2011  -  Ricorso  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia - Richiamo alle argomentazioni svolte
  avverso l'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011  con
  ricorso n. 50 del 2012, nonche' a quelle svolte avverso  l'art.  1,
  comma 380, della legge n. 228 del 2012 con ricorso n. 32 del 2013 -
  Denunciata previsione della diminuzione  di  un  accantonamento  di
  fondi di cui si e' gia' denunciata la illegittimita' costituzionale
  -  Conferma  della  natura  "sottrattiva"  e  lesiva  del  suddetto
  accantonamento - Denunciata mancata considerazione della  riduzione
  del gettito ai  fini  della  misura  dell'accantonamento  stesso  -
  Irragionevolezza - Lesione dell'autonomia finanziaria  regionale  -
  Contrasto  con  il  principio  dell'accordo  tra  Stato  e  Regioni
  speciali in materia finanziaria. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 711, 712,  715,  723,
  725, 727 e 729. 
- Costituzione, artt. 3 e 119, commi primo, secondo e quarto; Statuto
  speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge  costituzionale
  31 gennaio 1963, n. 1), artt.  4,  n.  1-bis,  48,  49,  51,  comma
  secondo, 54, 63 e 65; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; d.P.R 23
  gennaio 1965, n. 114, art. 4; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art.  6,
  comma 2; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 159. 
(GU n.15 del 2-4-2014 )
    Ricorso  della  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   (cod.   fisc.
80014930327; P. IVA 00526040324), in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore avv.  Debora  Serracchiani,  autorizzata
con deliberazione della Giunta regionale n. 322 del 21 febbraio  2014
(doc. 1), rappresentata e difesa - come  da  procura  a  margine  del
presente atto -  dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon  (cod.  fisc.
FLCGDM45C06L736E) di Padova, con  domicilio  eletto  in  Roma  presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in Piazza Colonna, 355; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi
427, 429, 481, 487, 499, 508, 526, 711, 712, 715, 723, 725, 727, 729,
732 e 733 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2014), pubblicata nella G.U. 27  dicembre  2013,  n.  302,
Suppl. ord., per violazione: 
        dello Statuto speciale adottato con legge cost. 1 del 1963; 
        degli  articoli  3,  81,  97,  116,  117,  118  e  119  della
Costituzione; 
        delle norme di attuazione (dPR 902/1975, dPR 114/1965,  d.lgs
9/1997, d.lgs. 265/2001, d.lgs. 111/2004); 
        della l. 220/2010 e della l. 243/2012; 
        del principio  dell'accordo  in  materia  finanziaria  e  del
principio di leale collaborazione, 
    per i profili e nei modi di seguito illustrati. 
 
                           Fatto e diritto 
 
Premessa. 
    Il presente ricorso si riferisce  ad  alcune  disposizioni  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2014). 
    Tale legge ha contenuto eterogeneo e contenuto  eterogeneo  hanno
anche le diverse disposizioni qui impugnate. 
    E'  risultato  percio'  preferibile  evitare  una   illustrazione
generale in fatto,  e  trattare  invece  direttamente  delle  singole
disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia
il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. 
1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  427,  primo
periodo, del comma 429 e del comma 499, lett. b) e c). 
    Il comma 427,  primo  periodo,  dispone  che  "sulla  base  degli
indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'articolo
49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  9   agosto   2013,   n.   98,   in
considerazione delle attivita' svolte dal  Commissario  straordinario
di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle  proposte  da  questi
formulate,  entro  il  31  luglio  2014  sono  adottate   misure   di
razionalizzazione e di revisione della  spesa,  di  ridimensionamento
delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche'
di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da  assicurare,  anche
nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche
amministrazioni di cui  all'articolo  1,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196, in misura non inferiore  a  488,4  milioni  di
euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per  l'anno  2015,  a
1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7  milioni
di euro a decorrere dall'anno 2018". 
    Il richiamato art. 49-bis, co.  1,  d.l.  69/2013  istituisce  un
comitato  interministeriale  "al  fine  di  coordinare  l'azione  del
Governo e le politiche volte all'analisi e al  riordino  della  spesa
pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici  offerti".  Il
comma 2 dispone che, "ai fini della razionalizzazione della  spesa  e
del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
puo' nominare con proprio decreto un Commissario  straordinario,  con
il compito di formulare indirizzi  e  proposte,  anche  di  carattere
normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al  comma  1,  terzo
periodo". 
    Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1,  co.
2, l. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome,  gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali. 
    Il comma 429 si  occupa  della  misura  in  cui  le  Regioni,  le
Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al  risparmio
complessivo, ed a questo scopo stabilisce che "a seguito delle misure
di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni  e  le
province autonome, a  valere  sui  risparmi  connessi  alle  predette
misure,  assicurano  un  contributo  alla  finanza  pubblica  pari  a
complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi
449-bis e 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012,  n.  228,
come  modificato  dai  commi  497  e  499  del  presente   articolo".
Parimenti, per gli anni 2016 e 2017  gli  enti  locali,  mediante  le
percentuali recate ai commi 2 e 6 dell'articolo  31  della  legge  12
novembre 2011, n. 183, come  modificate  dai  commi  532  e  534  del
presente articolo, assicurano un contributo di 275  milioni  di  euro
annui per i comuni e di 69 milioni di euro annui per le province". 
    Il comma 499 modifica il comma 454 dell'articolo 1 della legge n.
228 del 2012. La lett. a) prolunga i vincoli posti dallo stesso comma
454 al 2017. La lett. b) del comma 499 inserisce nel  comma  454  una
tabella che prevede una  riduzione  di  spese,  da  parte  di  questa
Regione, di 56 milioni per il 2014 e  di  75  milioni  per  gli  anni
2015-2017; e la lett. c), pure impugnata, aggiunge nel comma  454  la
lett. d-bis), che prevede "ulteriori  contributi  disposti  a  carico
delle autonomie speciali". 
    Conviene inoltre ricordare che le percentuali recate dai commi  2
e 6 dell'articolo 31 l. 183/2011, come modificate dai commi 532 e 534
dell'art. 1 l. 147/2013, sono stabilite ai fini della  determinazione
dell'obbiettivo  di  saldo  finanziario  degli  enti  locali  e  sono
applicate alla media della spesa corrente dei predetti enti  riferita
ad un determinato  periodo;  le  modificazioni  introdotte  dalla  l.
147/2013 consistono nella diversificazione delle predette percentuali
stabilendo una variazione a cadenza biennale a decorrere dal 2014. 
    In sintesi, il comma  427,  primo  periodo,  determina  l'importo
complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte  le  pubbliche
amministrazioni  (riduzione  operata  sulla  base   degli   indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale), mentre  il  comma  429  (in
collegamento con il comma 499) determina  l'importo  a  carico  degli
enti territoriali e ripartisce l'onere fra  di  essi,  prevedendo  un
ulteriore contributo  alla  finanza  pubblica,  che  si  aggiunge  ai
numerosi contributi gia' previsti da diverse leggi in questi anni. Il
comma 499, poi, prevede ulteriori  contributi  (mediante  la  tabella
inserita nel comma 454 dell'art. 1 l. 228/2012) e prolunga i  vincoli
gia' posti al 2017. 
    Tali norme, in sostanza, introducono nuovi obblighi in termini di
indebitamento netto a carico delle Regioni speciali; si tratta di una
rilevante  riduzione  della  capacita'   di   spesa   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia, che si  aggiunge  alle  analoghe  misure  gia'
previste da diversi atti legislativi statali. 
    Poiche' le norme qui impugnate rinviano al comma 454 dell'art.  1
l. 228/2012, aggravando  la  lesione  da  esso  prodotta  (in  quanto
prevedono un ulteriore contributo e prolungano i vincoli al 2017), si
possono qui, in primo luogo, riportare e far valere le argomentazioni
svolte nel ricorso n. 32/2013, proposto da questa Regione  contro  la
l. 228/2012: 
        "il comma 454 prevede in teoria l'accordo tra la  Regione  ed
il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita',
ma in realta' stabilisce unilateralmente che il  saldo  programmatico
e' "determinato riducendo il complesso delle spese finali in  termini
di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo  2011"  degli
importi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il  carattere
illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto  rende
facoltativo l'accordo. 
    In questi termini, i commi 454 e 456  violano,  in  primo  luogo,
l'art. 1, co. 155, l. 220/2010, che e' norma adottata sulla  base  di
un accordo tra Stato e Regione Friuli-Venezia Giulia e  codifica,  in
relazione  al  patto  di  stabilita',  il   gia'   citato   principio
consensuale che domina i rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Regioni
speciali (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39  del  1984,
n. 98 del 2000 e n. 133  del  2010),  stabilendo  che,  "a  decorrere
dall'esercizio finanziario 2011, l'accordo annuale relativo al  patto
di stabilita' interno della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e'
costruito considerando il complesso  delle  spese  finali,  al  netto
delle concessioni di crediti, valutate  prendendo  a  riferimento  le
corrispondenti  spese  considerate   nell'accordo   per   l'esercizio
precedente". 
    E' da ricordare che, in base alla sent. 118/2012,  "l'accordo  e'
lo strumento, ormai consolidato (in quanto gia' presente nella  legge
27  dicembre  1997,  n.  449  ...  e  poi  confermato  da  tutte   le
disposizioni che si sono occupate successivamente della materia)  per
conciliare e regolare in modo negoziato il  doveroso  concorso  delle
Regioni a statuto speciale alla manovra  di  finanza  pubblica  e  la
tutela   della   loro   autonomia   finanziaria,   costituzionalmente
rafforzata (ex plurimis sentenza n.  353  del  2004)".  La  Corte  ha
sottolineato che "nel solco di questo indirizzo normativo  l'art.  1,
comma 132, della legge n. 220 del 2010,  ha  stabilito  che  per  gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni a statuto speciale, escluse la
Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze  le
concrete modalita' attuative del patto di stabilita' e  del  concorso
alla manovra di finanza pubblica". 
    Inoltre, la sent. 3/2013 (punto 7.3 del Diritto) ha annullato una
norma legislativa di questa Regione, per violazione del principio  di
leale collaborazione, in quanto contrastava con una  norma  della  l.
220/2010, adottata in resezione del  Protocollo  d'intesa  firmato  a
Roma il 29.10.2010. 
    E' poi da sottolineare che, mentre l'art. 1, co. 155, l. 220/2010
considerava come punto di partenza per  il  patto  di  stabilita'  le
"spese considerate nell'accordo per l'esercizio precedente", il comma
454 fa riferimento al "complesso delle spese  finali  in  termini  di
competenza eurocompatibile risultante  dal  consuntivo  2011",  cioe'
alle spese effettivamente sostenute anziche' a quelle sostenibili nei
termini dell'accordo. Il tetto di competenza eurocompatibile  per  il
2013 e' pertanto piu' basso di quasi 600 milioni di euro rispetto  al
previgente   tetto   di   cassa   2013,   il   tutto    anteriormente
all'applicazione delle manovre statali previste per gli anni  2013  e
seguenti: il che rende  il  limite  reale  ancora  inferiore,  ed  in
termini assai rilevanti. 
    Infatti,  per  un  effetto  cumulato  delle   manovre   e   della
ridefinizione della  base  di  partenza,  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia si trovera' a dover osservare  nell'anno  2013  un  limite  ai
propri impegni di spesa di 1,4 miliardi inferiore rispetto  al  tetto
2011, con un'incidenza percentuale del 23,55%. 
    L'entita' della riduzione comporta il gravissimo rischio, per non
dire  la  certezza,  che  sia  compromesso  l'esercizio  di  funzioni
fondamentali esercitate  dalla  Regione  e  risulti  secondo  calcoli
oggettivi effettuati dai competenti uffici regionali -  insostenibile
qualora  rapportato   alle   grandezze   rappresentate   dai   dovuti
trasferimenti al sistema sanitario, alle  autonomie  locali  ed  alle
spese obbligatorie cui far fronte. Tale  distorsione  e'  determinata
dalla utilizzazione quale base di partenza delle risultanze finali di
un esercizio finanziario, scelto in base a criteri non esplicitati  e
senza tenere in considerazione alcuna  le  peculiarita'  che  possono
aver segnato  l'andamento  della  spesa  e  non  averne  permesso  il
perfezionamento,  talora  anche  per  importi  rilevanti   e   magari
dipendenti dalla stessa  dinamica  dei  trasferimenti  statali.  Cio'
conduce alla grottesca conclusione  che  l'essersi  mantenuti  al  di
sotto dei  tetti  di  spesa  per  l'anno  2011  abbia  indotto  delle
conseguenti ben piu' serie di  quelle  che  avrebbe  comportato,  nel
medesimo esercizio, l'inosservanza  del  patto  per  sfioramento  dei
tetti in questione. Le spese  effettivamente  sostenute  sono  spesso
condizionate da eventi specificamente  ascrivibili  all'esercizio  di
riferimento, che non e' congruo possano condizionare l'accordo  degli
esercizi successivi. 
    Il comma 454 e' dunque irragionevole (con violazione dell'art.  3
Cost.) e viola altresi' l'autonomia finanziaria  regionale  (art.  48
ss. St. e art. 119 Cost.)  ed  il  principio  di  corrispondenza  tra
funzioni regionali e risorse (art. 119, co. 4, Cost.). 
    Un ulteriore aspetto di irragionevolezza insito nell'aprioristica
applicazione delle risultanze di un esercizio quale base di  partenza
per l'obiettivo del patto di stabilita' rappresentato dal  fatto  che
la minore spesa puo' essere stata determinata, anche solo  in  parte,
dalla decisione di avvalersi  di  una  specifica  previsione  statale
(precisamente l'art. 1, comma 138, l. 220/2010, secondo il  quale  "a
decorrere  dall'anno   2011,   le   regioni,   escluse   la   regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
possono  autorizzare  gli  enti  locali  del  proprio  territorio   a
peggiorare il loro saldo  programmatico  attraverso  un  aumento  dei
pagamenti in conto capitale e contestualmente e per lo stesso importo
procedono a  rideterminare  il  proprio  obiettivo  programmatico  in
termini di cassa o di competenza"),  che  consente  alle  Regioni  di
abbassare volontariamente i propri obiettivi di  spesa,  al  fine  di
cedere spazi finanziari agli enti locali del proprio territorio,  per
un  importo  definito  annualmente  e   con   esclusivo   riferimento
all'esercizio in corso. 
    Quindi   una   riduzione   della   spesa,   autonomamente   -   e
provvisoriamente - determinata da una Regione per sopperire  a  gravi
esigenze di spesa dei propri enti  locali,  viene  fatta  propria  ed
incamerata dallo Stato senza alcuna disamina della ratio  sottostante
e delle conseguenze. 
    Ancora, le norme  sono  affette  da  irragionevolezza  in  quanto
internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo
e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del
suo contenuto. I commi 454 e 456 contraddicono anche il comma 458, in
base al quale "l'attuazione dei commi 454,  455  e  457  avviene  nel
rispetto degli statuti delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano e delle  relative  norme  di
attuazione". La Regione e' legittimata a far valere il  principio  di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in
materia regionale (coordinamento della finanza pubblica)  e  incidono
sull'autonomia finanziaria della Regione". 
    In sintesi, i commi 427, 429 e 499 ledono l'autonomia finanziaria
della Regione, ponendo unilateralmente ulteriori limiti  alla  spesa,
in violazione della l. 220/2010, che - nei commi 132, 136, 152-156  -
definisce in modo esaustivo il modo in cui  la  Regione  concorre  al
risanamento della finanza pubblica. La l. 220/2010 e' stata  adottata
sulla base di un accordo tra Regione e Stato,  cioe'  del  Protocollo
d'intesa  firmato  a  Roma  il  29.10.2010:  essa,  da  un  lato,  ha
costituito applicazione del  principio  di  leale  collaborazione  e,
dall'altro, l'ha codificato  in  relazione  al  patto  di  stabilita'
(commi 132 e 155). La  Regione  concorda  il  saldo  di  bilancio  da
conseguire nei diversi anni, sicche' risulta poi del  tutto  assurdo,
prima ancora che costituzionalmente illegittimo,  che  essa  si  veda
imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo: esso,  oltre
a declinarsi nell'art. 1, co. 155  l.  220/2010  e  nelle  norme  che
richiedono il consenso della Regione per la disciplina  dei  rapporti
finanziari con lo Stato (artt. 63, co. 5, e 65 Statuto speciale),  e'
pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale. 
    Cosi' la sentenza n. 82/2007 ha cosi' deciso: 
        "L'obbligo generale di partecipazione di  tutte  le  Regioni,
ivi comprese quelle a statuto  speciale,  all'azione  di  risanamento
della finanza pubblica deve essere contemperato e coordinato  con  la
speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono  le  predette
Regioni, in forza dei loro statuti. In tale prospettiva, come  questa
Corte ha avuto occasione di affermare, la  previsione  normativa  del
metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e il  Ministero
dell'economia e delle finanze,  per  la  determinazione  delle  spese
correnti e in conto capitale, nonche' dei  relativi  pagamenti,  deve
considerarsi un'espressione della descritta autonomia  finanziaria  e
del contemperamento di tale principio con  quello  del  rispetto  dei
limiti alla spesa imposti dal cosiddetto «patto  di  stabilita'»";  e
analogamente, sotto questo profilo, hanno deciso le sentt.  353/2004,
39/1984,   98/2000,   133/2010,   che    hanno    tutte    confermato
l'essenzialita' e la  generalita'  del  principio  consensuale  nella
materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali. 
    Dunque, disposizioni come quelle dettate  dai  commi  427,  primo
periodo, 429 e 499, che hanno chiaramente uno scopo di  coordinamento
della finanza pubblica (tramite la limitazione della spesa pubblica),
non possono applicarsi a questa Regione perche' le regole  della  sua
partecipazione al risanamento della finanza pubblica sono definite in
termini precisi dalla l. 220/2010. 
    Inoltre, e' da sottolineare che il comma 499, lett.  a)  prolunga
al 2017 gli obblighi di questa Regione. La sent. 193/2012 di  codesta
Corte ha affermato la necessaria temporaneita' degli obblighi  aventi
ad oggetto riduzioni di spesa, ma ogni anno  il  legislatore  statale
sistematicamente prolunga  i  vincoli,  cosi'  sostanzialmente  -  ed
illegittimamente  -   vanificando   la   temporaneita'   e   violando
l'autonomia finanziaria regionale (artt. 49 ss. St.)  e  l'art.  117,
co. 3, Cost. 
    Inoltre, il comma 429 ed il comma 499, lett. b), sono illegittimi
per disparita' di trattamento rispetto  alle  Regioni  ordinarie.  Il
riparto  "interno"  alle  Regioni  speciali  dell'onere   finanziario
previsto da  queste  norme  e'  stato  operato  sulla  base  del  Pil
registrato nel loro territorio in base ai dati Istat 2011. Lo  stesso
criterio, tuttavia, non e' stato utilizzato per ripartire  gli  oneri
tra   Regioni   ordinarie   e   Regioni   speciali:   cio'    implica
un'irragionevole disparita' di trattamento e la violazione  dell'art.
3 Cost., che chiaramente si riflette in  una  lesione  dell'autonomia
finanziaria regionale, che viene penalizzata piu' di quanto  dovrebbe
esserlo applicando lo stesso criterio anche al  riparto  fra  Regioni
speciali e ordinarie. 
    Infine, i commi 427, primo periodo, e 429, nella parte in cui  si
applicano agli enti locali della regione Friuli-Venezia Giulia e agli
enti strumentali della Regione, violano l'art. 1, commi 154 e 155, l.
220/2010. In base  alla  prima  disposizione,  "la  regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali del territorio, i suoi enti  e
organismi strumentali, le  aziende  sanitarie  e  gli  altri  enti  e
organismi il cui funzionamento e' finanziato dalla  regione  medesima
in via ordinaria e prevalente costituiscono  nel  loro  complesso  il
«sistema regionale integrato»", e "gli obiettivi sui saldi di finanza
pubblica complessivamente concordati tra lo Stato e la  regione  sono
realizzati attraverso il sistema regionale  integrato".  In  base  al
comma 155, "spetta alla regione  individuare,  con  riferimento  agli
enti locali costituenti il sistema regionale integrato, gli obiettivi
per ciascun ente e le modalita' necessarie  al  raggiungimento  degli
obiettivi complessivi di volta in volta concordati con lo  Stato  per
il periodo di riferimento, compreso il sistema sanzionatorio", e  "le
disposizioni statali relative al  patto  di  stabilita'  interno  non
trovano applicazione con riferimento agli enti locali costituenti  il
sistema regionale integrato". 
    Lo Stato deve limitarsi a concordare con la Regione gli obiettivi
complessivi, mentre spetta poi alla Regione esercitare  i  poteri  di
coordinamento finanziario con riferimento agli  enti  locali  e  agli
enti strumentali. 
    Inoltre, le norme impugnate ledono anche la competenza  regionale
in materia di finanza locale, risultante dagli artt. 4, n. 1-bis,  51
e 54 St. e dall'art. 9 d.lgs. 9/1997, in base al quale  "spetta  alla
regione disciplinare la finanza locale, l'ordinamento  finanziario  e
contabile, l'amministrazione del patrimonio e i contratti degli  enti
locali"; inoltre, "la regione finanzia gli enti locali  con  oneri  a
carico del proprio bilancio, salvo il disposto di cui al comma 3". 
    E' dunque  illegittima  la  sostituzione  della  legge  ordinaria
statale nell'esercizio di  una  competenza  propria  del  legislatore
regionale. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 481. 
    Il  comma  481  dispone  quanto   segue:   "Per   effetto   delle
disposizioni di cui ai commi 452, 453, 454, 455 e 456 il livello  del
finanziamento  del  Servizio   sanitario   nazionale   cui   concorre
ordinariamente lo Stato e' ridotto di 540 milioni di euro per  l'anno
2015 e 610 milioni di euro a decorrere dall'anno  2016.  La  predetta
riduzione e' ripartita tra le  regioni  e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano secondo criteri e modalita' proposti in  sede  di
autocoordinamento dalle regioni e province autonome di  Trento  e  di
Bolzano medesime, da recepire, in  sede  di  espressione  dell'intesa
sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,  le
regioni e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  per  la
ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard, entro il 30
giugno 2014. Qualora non  intervenga  la  proposta  entro  i  termini
predetti, la riduzione e' attribuita secondo gli ordinari criteri  di
ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Le  regioni
a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano,  ad
esclusione della Regione siciliana, assicurano il concorso di cui  al
presente comma mediante le procedure previste dall'articolo 27  della
legge 5 maggio 2009,  n.  42.  Fino  all'emanazione  delle  norme  di
attuazione di cui al predetto articolo  27,  l'importo  del  concorso
alla manovra di cui al presente comma e' annualmente  accantonato,  a
valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali". 
    Dunque, il comma 481 regola il concorso  delle  Regioni  speciali
alla riduzione del livello  del  fabbisogno  del  Servizio  sanitario
nazionale e del correlato finanziamento. La norma e' corrispondente a
quelle contenute nell'art. 15, co. 22, d.l. 95/2012 (impugnato  dalla
ricorrente Regione con il ricorso n. 159/2012)  e  nell'art.  1,  co.
132, l. 228/2012 (impugnato dalla ricorrente Regione con  il  ricorso
n. 32/2013). 
    Data l'identita' delle disposizioni, anche il comma  481  risulta
illegittimo per le medesime ragioni svolte nel  gia'  citato  ricorso
32/2013, che si possono qui richiamare. "Vanno premesse [...]  alcune
considerazioni generali. 
    Lo statuto speciale del Friuli-Venezia  Giulia  attribuisce  alla
regione potesta' legislativa concorrente  in  materia  di  «igiene  e
sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera» (art. 5, n. 16),  e  la
corrispondente potesta' amministrativa (art. 8 statuto). A tali norme
e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  869/1966  e  con  gli  articoli  8  e  9  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 902/1975. 
    La competenza della regione in materia di sanita' si e'  ampliata
a seguito della riforma del titolo V, in quanto ad essa si estende la
competenza di cui all'art. 117, comma 3, Cost., che, secondo  codesta
Corte, e'  «assai  piu'  ampia»  di  quella  prevista  dallo  statuto
(sentenze nn. 240/2007, 162/2007 e 181/2006). 
    Tuttavia, l'autonomia  della  regione  Friuli-Venezia  Giulia  in
campo sanitario ha ormai da piu' di 15 anni una caratteristica che la
differenzia radicalmente dalla condizione delle regioni ordinarie. 
    Infatti, in relazione  all'assetto  statutario  delle  competenze
sopra descritto e quale concorso della regione Friuli-Venezia  Giulia
al riequilibrio della finanza pubblica nazionale, si deve  rammentare
che «a decorrere dal 1997 sono soppresse le quote del Fondo sanitario
nazionale a carico del bilancio dello Stato a  favore  della  regione
Friuli-Venezia Giulia che provvede al  finanziamento  dell'assistenza
sanitaria con i proventi dei contributi sanitari e  con  risorse  del
proprio bilancio» (art. 1, comma 144, legge n. 662/1996).  Lo  Stato,
dunque, non puo' limitare direttamente una voce di  spesa  delle  ASL
del Friuli-Venezia Giulia, dato che il finanziamento di queste  e'  a
carico del bilancio regionale (si veda la sentenza n.  341/09,  punto
6: lo Stato non ha «ha titolo  per  dettare  norme  di  coordinamento
finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa
sanitaria che e' interamente sostenuta dalla  provincia  autonoma  di
Trento» (alla  cui  situazione,  sotto  questo  profilo,  corrisponde
quella della ricorrente regione; vedasi anche sentenza  n.  133/2010,
punto 3). 
    Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento
del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia
finanziaria regionale. In attuazione  di  un  accordo  stipulato  tra
regione e Stato, la legge n.  220/2010  ha  statuito  che,  «per  gli
esercizi 2011, 2012  e  2013,  le  regioni  a  statuto  speciale  ...
concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze il livello  complessivo  delle
spese correnti e in conto capitale, nonche' dei  relativi  pagamenti,
in considerazione del rispettivo concorso alla  manovra,  determinato
ai sensi del comma 131» (comma 132). 
    In base al comma 152, «a decorrere  dall'anno  2011,  la  regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  contribuisce   all'attuazione   del
federalismo fiscale, nella misura  di  370  milioni  di  euro  annui,
mediante: a) il pagamento di una somma  in  favore  dello  Stato;  b)
ovvero la rinuncia alle assegnazioni statali derivanti dalle leggi di
settore, individuate nell'ambito  del  tavolo  di  confronto  di  cui
all'art. 27, comma 7, della citata legge n. 42 del  2009;  c)  ovvero
l'attribuzione  di  funzioni  amministrative  attualmente  esercitate
dallo Stato,  individuate  mediante  accordo  tra  il  Governo  e  la
regione, con oneri a carico della regione». 
    Il  comma  154  dispone  quanto  segue:  «la   regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali del territorio, i suoi enti  e
organismi strumentali, le  aziende  sanitarie  e  gli  altri  enti  e
organismi il cui funzionamento e' finanziato dalla  regione  medesima
in via ordinaria e prevalente costituiscono  nel  loro  complesso  il
«sistema regionale integrato». Gli obiettivi  sui  saldi  di  finanza
pubblica complessivamente concordati tra lo Stato e la  regione  sono
realizzati attraverso il  sistema  regionale  integrato.  La  regione
risponde  nei  confronti  dello  Stato  del  mancato  rispetto  degli
obiettivi di cui al periodo precedente. Le disposizioni previste  dal
presente  comma  si  applicarlo  successivamente   all'adozione   del
bilancio   consolidato   previsto   dalle    disposizioni    relative
all'armonizzazione dei bilanci». 
    In base al comma 155,  «a  decorrere  dall'esercizio  finanziario
2011, l'accordo annuale relativo al patto di stabilita' interno della
regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e'  costruito  considerando
complesso delle spese filiali, al netto delle concessioni di crediti,
valutate prendendo a riferimento le corrispondenti spese  considerate
nell'accordo per l'esercizio precedente. L'obiettivo  e'  determinato
tenendo conto distintamente dell'andamento  tendenziale  della  spesa
sanitaria regionale. in coerenza con quello nazionale. In  attuazione
di quanto previsto dall'art. 17, comma 1, lettera c), della  legge  5
maggio 2009, n. 42, in merito agli obiettivi  sui  saldi  di  finanza
pubblica, spetta alla regione individuare, con riferimento agli  enti
locali costituenti il sistema regionale integrato, gli obiettivi  per
ciascun ente  e  le  modalita'  necessarie  al  raggiungimento  degli
obiettivi complessivi di volta in volta concordati con lo  Stato  per
il periodo di riferimento, compreso il sistema sanzionatorio. Qualora
la regione non provveda ad individuare le predette modalita' entro il
31 maggio, si applicano le disposizioni previste a livello nazionale. 
    Salvo quanto previsto dal  periodo  precedente,  le  disposizioni
statali  relative  al  patto  di  stabilita'  interno   non   trovano
applicazione con riferimento agli enti locali costituenti il  sistema
regionale integrato». 
    Infine, in base al comma 156, «la regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia  garantisce  un  effetto  positivo  sull'indebitamento  netto,
ulteriore rispetto a quello previsto dalla legislazione vigente,  ...
di 150 milioni di euro nel 2011, di 200 milioni di euro nel 2012,  di
250 milioni di euro nel 2013, di 300 milioni di euro nel 2014, di 350
milioni di euro nel 2015, di 340 milioni di euro  nel  2016,  di  350
milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e di 370 milioni di euro annui
a decorrere dal 2031». 
    Da tali norme risulta che lo  Stato  -  nel  quadro  dei  vincoli
finanziari che esso concorda con la regione (vedasi l'art.  1,  comma
132, legge n. 220/2010) -  deve  lasciare  a  questa  il  compito  di
regolare i rispettivi obblighi finanziari propri e  dei  propri  enti
strumentali. 
    Ne' varrebbe replicare  che  anche  le  regioni  speciali  devono
concorrere al risanamento della finanza pubblica. Infatti,  lo  Stato
ha gia' definito - con le norme appena  citate,  che  hanno  recepito
l'accordo di Roma del 29 ottobre 2010 - i  modi  in  cui  la  regione
Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica. 
    Puo' essere  anche  utile  ricordare  che  codesta  stessa  Corte
costituzionale  ha  pronunciato  sentenze  recenti  nelle  quali   ha
stabilito che altre regioni ad autonomia speciale non  sono  soggette
ai vincoli finanziari posti da atti legislativi statali,  sulla  base
di norme ed argomenti che ben si adattano anche alla situazione della
regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Cosi' le  sentenze  nn.  215/2012,  151/2012  e  173/2012,  hanno
stabilito che i vincoli di cui al decreto-legge  n.  78/2010  non  si
applicano alla regione Valle d'Aosta dopo la  gia'  citata  legge  n.
220/2010, dato che  essa  concorre  all'assolvimento  degli  obblighi
finanziari nei modi previsti dalla stessa legge  n.  220/2010.  Nella
decisione ha assunto particolare rilievo l'art. 1, comma  132,  legge
n. 220/2010 (secondo cui «per gli esercizi  2011,  2012  e  2013,  le
regioni a statuto speciale, escluse la regione Trentino-Alto Adige  e
le province autonome di Trento e di Bolzano, concordano, entro il  31
dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia  e
delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in  conto
capitale, nonche'  dei  relativi  pagamenti,  in  considerazione  del
rispettivo concorso alla manovra,  determinato  ai  sensi  del  comma
131»), che vale sia per la Valle d'Aosta sia  per  il  Friuli-Venezia
Giulia. 
    Ed il comma 136, poi, dispone che «le regioni a statuto  speciale
e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  concorrono  al
riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai
commi 132, 133 e 134, anche con  misure  finalizzate  a  produrre  un
risparmio  per  il  bilancio  dello  Stato,   mediante   l'assunzione
dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione,  con  le
modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di  specifiche  norme  di
attuazione statutaria». 
    Tenuto conto della speciale autonomia finanziaria della  regione,
sia nel settore sanitario che in generale, la legge  ordinaria  dello
Stato non puo' limitare le spese regionali in campo sanitario. 
    Poiche', come sopra esposto,  la  regione  Friuli-Venezia  Giulia
provvede al  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nei  rispettivi
territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato,  ne
deriva che «lo Stato, quando  non  concorre  al  finanziamento  della
spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento
finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). 
    Inoltre, le limitazioni sarebbero incongrue anche se  commisurate
alla generale autonomia finanziaria regionale, quale  definita  dalle
disposizioni sopra  illustrate  e  dal  principio  dell'accordo,  che
domina il regime  dei  rapporti  finanziari  tra  Stato  e  autonomie
speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n.  353  del
2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n.  133  del  2010):  da  tali
norme e principi risulta che lo Stato deve concordare con la  regione
gli obiettivi relativi ai saldi di finanza  pubblica,  mentre  spetta
alla regione il potere di  coordinamento  finanziario  sulle  proprie
ASL. 
    In  definitiva,  e'  illegittima  l'assimilazione  della  regione
Friuli-Venezia Giulia alle regioni ordinarie, dato che essa  finanzia
con proprie risorse il Servizio sanitario nazionale ed e'  dotata  di
uno speciale regime per quel che riguarda il concorso agli  obiettivi
di finanza pubblica, regime che prevede espressamente,  tra  l'altro,
il potere della regione di raggiungere gli obiettivi  concordati  con
lo Stato «attraverso il sistema regionale integrato» (art.  1,  comma
154, legge n. 220/2010), cioe' anche attraverso le ASL. 
    Premesso cio', valgono anche avverso l'art. 1, comma  132,  della
legge n. 228/2012 le seguenti argomentazioni, gia' svolte nel ricorso
n. 159/2012 contro l'art. 15, comma 22, decreto-legge n. 95/2012: 
    «Dunque,  nella  disciplina   cosi'   stabilita   le   norme   di
razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la
premessa  di  un  minor  fabbisogno  e  di   un   minore   "correlato
finanziamento", cioe' di una minore dimensione  del  Fondo  sanitario
nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor  trasferimento
di risorse dallo Stato alle regioni che partecipano di tale fondo. 
    Sin qui il meccanismo e' logico. 
    Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni
sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita'  e'  a
carico della regione stessa:  come  accade  appunto  per  la  regione
Friuli-Venezia Giulia. 
    In esse non esiste un  separato  finanziamento  per  il  servizio
sanitario, che e' invece finanziato  con  il  bilancio  generale.  La
regione, che finanzia  in  proprio  il  servizio,  rivendica  -  come
esposto ai punti precedenti - di non  essere  soggetta  alle  forzose
riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove  tali
riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa  -
si tratterebbe  pur  sempre  di  una  minore  incidenza  della  spesa
sanitaria sull'autonomo  bilancio  complessivo  della  regione,  come
definito dalle entrate che lo statuto attribuisce  ad  essa  e  dalle
spese necessarie o opportune. 
    Nel meccanismo ideato dalle  norme  qui  contestate,  invece,  la
violazione  dell'autonomia  della  regione  nella  organizzazione   e
gestione del servizio sanitario, con la forzosa  riduzione  dei  suoi
livelli, si traduce addirittura  in  una  forzosa  acquisizione  allo
Stato delle risorse che  lo  statuto  di  autonomia  garantisce  alla
regione Friuli-Venezia Giulia. Tale,  e  non  altro,  e'  infatti  il
significato del passaggio di risorse da tali autonomie speciali  allo
Stato. La lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia  nelle
funzioni si somma l'illegittima sottrazione  di  risorse.  E'  dunque
costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione dell'art.  49
dello statuto e del principio di leale collaborazione - il  principio
stesso di tale acquisizione. Infatti l'art. 49  statuto,  attribuisce
alla regione quote del  gettito  di  determinate  entrate  tributarie
dello Stato, percepite nel rispettivo  territorio,  affinche'  queste
vengano   spese   nell'esercizio   delle   funzioni   e    competenze
costituzionali della regione stessa, e  non  affinche'  lo  Stato  ne
possa disporre a suo piacimento. In pratica, il  comma  22  determina
unilateralmente un contributo straordinari permanente, a carico della
regione, al risanamento della finanza pubblica statale. 
    E' opportuno ricordare che la sentenza n. 133/2010 ha  annullato,
per violazione del principio  di  leale  collaborazione,  l'art.  22,
comma 3, decreto-legge n. 78/2009, nella parte in  cui  si  applicava
alla Valle d'Aosta e alle province autonome, in  quanto  "l'art.  22,
commi  2  e  3,  incide  ...  in  modo   unilaterale   sull'autonomia
finanziaria di entrambe le ricorrenti, imponendo  loro  di  riversare
nel bilancio dello Stato le somme ricavate dalle economie sulla spesa
farmaceutica. La specialita' dell'autonomia finanziaria delle  stesse
ricorrenti sarebbe vanificata se fosse  possibile  variare  l'assetto
dei  rapporti  finanziari  con  lo  Stato  con  una  semplice   legge
ordinaria, in assenza di un accordo bilaterale che la preceda". 
    In effetti,  le  norme  del  comma  22  alterano  unilateralmente
l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e regione  Friuli-Venezia
Giulia, violando il principio dell'accordo che domina  tali  rapporti
(anche su cio' vedasi sopra) e l'art. 63, commi 1 e 5, dello statuto,
che regolano la procedura di revisione dello statuto e la particolare
procedura di modifica delle norme finanziarie di esso. 
    Inoltre, lo Stato ha gia' definito (con la legge n.  220/2010)  i
modi in cui la regione Friuli-Venezia Giulia concorre al  risanamento
della finanza pubblica, con norme che  hanno  recepito  l'accordo  di
Roma del 29 ottobre 2010: si rinvia, su cio', al punto precedente. 
    Il quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal  quarto
e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme  di
attuazione  dello  statuto,  mentre  il  quinto  prevede  che,   fino
all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote  di
compartecipazione  ai  tributi  erariali  previste   dallo   statuto,
l'importo del  concorso  della  regione  Friuli-Venezia  Giulia  alla
riduzione della spesa sanitaria. 
    Ora, il rinvio alle  norme  di  attuazione  (quarto  periodo)  e'
comunque illegittimo, in  quanto  la  norma  in  questione  determina
(illegittimamente)  un  vincolo  di  contenuto  per   le   norme   di
attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio
e contrasta con l'art. 65 statuto. 
    Infine,  la  previsione   dell'accantonamento   di   un   importo
imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 49 statuto, dato
che le somme da esso garantite  alla  regione  vengono  indebitamente
ridotte. 
    Sono  dunque  lesivi  e  costituzionalmente  illegittimi  sia  il
principio stesso del trasferimento di risorse regionali  allo  Stato,
sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti». 
    Come  detto,  tutte  tali  considerazioni  valgono   puntualmente
avverso l'art. 1, comma 481, della l. n. 147 del 2013. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 526. 
    Il comma 526 dispone quanto segue: 
        "Per l'anno 2014, con le procedure previste dall'articolo  27
della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e  le
province autonome di Trento e  di  Bolzano  assicurano  un  ulteriore
concorso alla finanza  pubblica  per  l'importo  complessivo  di  240
milioni di euro. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui
al predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo di cui al
primo periodo del presente comma e' accantonato, a valere sulle quote
di  compartecipazione  ai  tributi  erariali,  secondo  gli   importi
indicati,  per  ciascuna  regione  a  statuto  speciale  e  provincia
autonoma, nella tabella seguente: [...]". La tabella prevede, per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia e per il  2014,  un  accantonamento  di
€ 44.445.000. 
    Dunque, il comma 526, come il comma 481, prevede una riduzione di
spesa a carico delle Regioni speciali ed  un  rinvio  alle  norme  di
attuazione per l'attuazione di tale  previsione;  inoltre,  il  comma
526, come il comma 481, dispone - in attesa delle norme di attuazione
- un accantonamento  sulle  quote  di  compartecipazione  ai  tributi
erariali. La differenza tra le due norme  sta  solo  nel  fatto  che,
mentre il comma 481 non  precisa  l'importo  dell'accantonamento,  il
comma 526 reca una tabella che determina la somma da accantonare. 
    Il contenuto lesivo delle due norme e', pero', comune, ragion per
cui anche il comma 526 viola gli arti. 49 e 63, commi  1  e  5  dello
statuto,  il  principio  di  leale  collaborazione  ed  il  principio
dell'accordo in  materia  finanziaria  per  le  stesse  ragioni  gia'
esposte al motivo n. 2 del presente ricorso,  che  qui  si  intendono
richiamate. 
    Oltre ai profili ora  indicati,  il  comma  526  non  precisa  il
criterio di riparto dell'ulteriore concorso tra le diverse  autonomie
speciali  e,  in   tal   modo,   non   consente   una   verifica   di
proporzionalita'  del  riparto  stesso.  In  subordine  alle  censure
principali va percio' rilevato che,  cosi'  operando,  il  comma  526
viola l'art.  3  Cost.  (principio  di  ragionevolezza)  e  che  tale
violazione si traduce in una lesione dell'autonomia finanziaria della
Regione. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 487. 
    Il comma 486 stabilisce che, "a decorrere dal 1° gennaio  2014  e
per  un  periodo  di  tre  anni,  sugli   importi   dei   trattamenti
pensionistici corrisposti da enti  gestori  di  forme  di  previdenza
obbligatorie  complessivamente  superiori  a  quattordici  volte   il
trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo  di  solidarieta'  a
favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento
della  parte  eccedente  il  predetto  importo   lordo   annuo   fino
all'importo lordo annuo di venti volte il  trattamento  minimo  INPS,
nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente  l'importo  lordo
annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per
la  parte  eccedente  l'importo  lordo  annuo  di  trenta  volte   il
trattamento minimo INPS" (primo periodo). E' inoltre disposto che "le
somme  trattenute  vengono  acquisite   dalle   competenti   gestioni
previdenziali  obbligatorie,  anche  al   fine   di   concorrere   al
finanziamento degli interventi di  cui  al  comma  191  del  presente
articolo". 
    Dunque, tale disposizione stabilisce in via generale un  concorso
al finanziamento delle gestioni previdenziali obbligatorie  a  carico
dei trattamenti pensionistici erogati dagli  "enti  gestori"  (sempre
nell'ambito  di  forme  di  previdenza  obbligatoria)   per   importi
superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS. Il  sistema
opera nel senso di devolvere una quota parte del trattamento erogato,
quantificata in via proporzionale, secondo tre scaglioni crescenti, a
vantaggio delle predette gestioni previdenziali obbligatorie. 
    Tale disposizione non riguarda le regioni,  e  non  forma  dunque
oggetto di impugnazione nel presente ricorso. 
    Tuttavia, al comma 486  si  connette  il  successivo  comma  487,
prevedendo un particolare meccanismo di penalizzazione delle  finanze
regionali. 
    Precisamente, il comma 487  dispone  che  "i  risparmi  derivanti
dalle misure di contenimento della spesa  adottate,  sulla  base  dei
principi di' cui al comma 486,  dagli  organi  costituzionali,  dalle
regioni  e  dalle  province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano,
nell'esercizio della  propria  autonomia,  anche  in  riferimento  ai
vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto  funzioni  pubbliche
elettive, sono versati  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  per
essere destinati al Fondo di cui al comma 48". 
    In altre parole - mentre in  linea  di  principio  le  trattenute
operate ai sensi del comma 486 sono destinate a beneficiare lo stesso
ente  erogatore  del   trattamento   previdenziale   obbligatorio   -
nell'ipotesi in cui, per effetto dell'applicazione dei  principi  del
comma 486, derivino alla Regione dei risparmi di spesa, essa  sarebbe
tenuta  a  riversare  tali  risparmi  a   favore   dello   Stato   e,
specificamente, a vantaggio del "Fondo di cui al comma 48". 
    Ad avviso  della  ricorrente  Regione,  tale  previsione  risulta
incostituzionale in quanto lesiva  della  sua  autonomia  finanziaria
garantita dallo Statuto. 
    Si noti che la lesione non consiste tanto nella previsione che vi
debbano essere "risparmi derivanti dalle misure di contenimento della
spesa adottate, sulla  base  dei  principi  di  cui  al  comma  486",
circostanza che il comma 487 non sembra considerare un vero e proprio
obbligo  della  Regione,  dal   momento   che   essa   deve   operare
"nell'esercizio della propria autonomia". 
    La lesione consiste invece nella circostanza che, ove la  Regione
adotti, conformemente allo  spirito  della  legge  statale,  ed  alle
esigenze  dei  tempi,  tali  misure  di  contenimento  della   spesa,
beneficiario dei risparmi stessi non sarebbe la Regione ma lo  Stato:
a causa del citato obbligo di trasferirli a vantaggio dello Stato. 
    In questi termini, la norma in questione dispone  null'altro  che
un ingiustificato trasferimento allo Stato  di  somme  che  ai  sensi
dello Statuto spettano alla Regione. 
    A tale conclusione non osta quanto deciso da codesta ecc.ma Corte
nella sentenza n. 151  del  2012,  in  relazione  a  norme  che  pure
prevedevano  la  destinazione  a  Fondi  statali  dei  risparmi   per
riduzioni di  spese  volontariamente  deliberate  dalle  Regioni  con
riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati  nell'art.
121 della Costituzione (Consiglio regionale, Giunta e Presidente). 
    In tale occasione codesta Corte, accertato  che  la  disposizione
statale oggetto del ricorso doveva "essere interpretata non nel senso
che le Regioni hanno l'obbligo di adottare deliberazioni di riduzione
di  spesa,  ma  nel  senso  che,  nel  caso  in  cui  dette  Regioni,
nell'esercizio  della  loro  autonomia,  abbiano  deliberato  per  il
triennio dal 2011 al 2013 tali riduzioni, i risparmi  cosi'  ottenuti
«sono riassegnati»"  ai  predetti  fondi  statali  (nella  specie  si
trattava del Fondo per l'ammortamento dei titoli  di  Stato),  ne  ha
ritenuto la legittimita', affermando che tale  trasferimento  sarebbe
stato il frutto dello "esercizio di un  atto  di  autonomia,  con  il
quale la Regione sceglie liberamente se e quanto ridurre la  spesa.",
sicche' la limitazione all'autonomia di spesa era meramente ipotetica
e potenziale". 
    Ad avviso della ricorrente Regione tale argomentazione, che  puo'
riferirsi  alle  regole  della  finanza  delle  Regioni   a   statuto
ordinario, non puo' invece valere in relazione alle regole statutarie
che governano le autonomie  speciali,  e  segnatamente  quella  della
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Infatti, in relazione alle Regioni a statuto  ordinario  -  fermo
restando il dovere dello Stato di porle in condizione  di  esercitare
le proprie funzioni, e di contribuire  alla  loro  finanza  nei  modi
stabiliti dall'art. 119 Cost. - non vi e'  a  livello  costituzionale
una indicazione precisa delle entrate ad esse  spettanti.  In  queste
condizioni,  puo'  essere   comprensibile   che,   a   fronte   delle
"eccezionali  e  contingenti  esigenze  di   solidarieta'   politica,
economica e sociale" evocate dalla stessa sentenza  n.  151/2012,  lo
Stato "assorba" per un determinato periodo il risparmio derivante  da
scelte regionali, diminuendo cosi' di fatto i  propri  trasferimenti,
che non sono condizionati da alcuna specifica regola costituzionale. 
    Ma la finanza delle Regioni ad autonomia speciale (e fra  esse  -
in particolare - della Regione Friuli-Venezia Giulia) e' - per scelta
di rango costituzionale - regolata in modo del tutto differente. 
    Le attribuzioni finanziarie della Regione  non  sono  determinate
"discrezionalmente"  dal  legislatore  statale,   secondo   variabili
considerazioni di opportunita', ma trovano invece  precisa  e  sicura
parametrazione direttamente negli articoli  dello  Statuto  speciale,
essendo ivi previste come  quote  di  compartecipazione,  rigidamente
predeterminate, ai tributi erariali. 
    Specificamente, l'art. 48 dello Statuto speciale  stabilisce  che
"la Regione ha una  propria  finanza,  coordinata  con  quella  dello
Stato, in armonia con i principi della  solidarieta'  nazionale,  nei
modi stabiliti dagli articoli seguenti". 
    Ai sensi del successivo art. 49 dello Statuto speciale, "spettano
alla Regione le seguenti  quote  fisse  delle  sottoindicate  entrate
tributarie erariali riscosse nel territorio della Regione stessa: 
        1) sei decimi del  gettito  dell'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche; 
        2) quattro  decimi  e  mezzo  del  gettito  dell'imposta  sul
reddito delle persone giuridiche; 
        3) sei decimi del gettito delle ritenute alla  fonte  di  cui
agli artt. 23, 24, 25 e 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.  600,  ed
all'art. 25-bis aggiunto allo stesso  decreto  del  Presidente  della
Repubblica con l'art. 2, primo comma, del D.L. 30 dicembre  1982,  n.
953, come modificato con legge di conversione 28  febbraio  1983,  n.
53; 
        4) 9,1 decimi del gettito dell'imposta sul  valore  aggiunto,
esclusa quella  relativa  all'importazione,  al  netto  dei  rimborsi
effettuati ai sensi dell'articolo 38-bis del D.P.R. 26 ottobre  1972,
n. 633, e successive modificazioni; 
        5) nove decimi del gettito dell'imposta erariale sull'energia
elettrica, consumata nella regione; 
        6) nove decimi del gettito  dei  canoni  per  le  concessioni
idroelettriche; 
        7) 9,19 decimi del gettito della quota  fiscale  dell'imposta
erariale di consumo relativa ai prodotti dei  monopoli  dei  tabacchi
consumati nella regione; 
        7-bis) il 29,75  per  cento  del  gettito  dell'uccisa  sulle
benzine ed il 30,34 per cento del  gettito  dell'accisa  sul  gasolio
consumati nella regione per uso autotrazione. 
    La devoluzione alla regione Friuli-Venezia Giulia delle quote dei
proventi erariali indicati nel presente articolo viene effettuata  al
netto delle quote devolute ad altri enti ed istituti". 
    Poste tali basi alla finanza regionale, sembra  chiaro  non  solo
che ogni decisione su dove e come allocare le risorse  e  su  dove  e
come  risparmiare  e'  riservata  alla  Regione   (fermo   ovviamente
l'adempimento dei propri doveri istituzionali, come la  garanzia  dei
livelli essenziali delle prestazioni e  il  rispetto  di  ogni  altro
vincolo legittimamente posto), ma che tali scelte  non  possono  dare
luogo a singole "restituzioni" di fondi allo Stato,  in  quanto  tali
restituzioni si tradurrebbero in null'altro che in  una  decurtazione
delle risorse che lo Statuto  richiede  siano  messe  a  disposizione
della Regione. 
    Non essendovi alcun fondamento per il passaggio  allo  Stato  del
risparmio  di  spesa  eventualmente   ottenuto   dalla   Regione   in
applicazione dei principi di cui al comma 486, la disposizione di cui
al comma 487 risulta illegittima e lesiva degli artt. 48 e  dell'art.
49 dello Statuto speciale e in  generale  dell'autonomia  finanziaria
regionale. 
    L'illegittimita'  dell'interferenza  nell'autonomia   finanziaria
regionale  risulta  ulteriormente  confermata  e  rafforzata  ove  si
consideri la destinazione che verrebbe data alle risorse  risparmiate
dalla  Regione.  Infatti,  tali  risorse   verrebbero   semplicemente
destinate a scopi particolari  di  politica  economica  decisi  dallo
Stato. Cio' e' quanto  risulta  dalla  prescrizione  che  i  risparmi
eventualmente ottenuti per effetto di "misure di  contenimento  della
spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486", debbano
essere obbligatoriamente riversati "al Fondo di cui al comma 48". 
    Ora, il richiamato comma 48 prevede in  realta'  due  distinti  e
specifici "Fondi": 
        il "Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese  di  cui
all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre  1996,
n. 662" (comma 48, lett. a)): 
        il "Fondo di garanzia per la prima casa, per  la  concessione
di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di
mutui ipotecari, istituito presso il Ministero dell'economia e  delle
finanze" (comma 48, lett. b)). 
    Comunque, a  parte  l'indeterminatezza  della  normativa  che  ne
risulta (non sapendosi a quale dei due fondi  le  risorse  dovrebbero
essere attribuite), quello che qui conta e' che in entrambi i casi si
tratta semplicemente di forme di sostegno allo sviluppo economico,  o
di forme di sostegno del bisogno abitativo, largamente corrispondenti
a quelle che la  stessa  Regione  persegue  nella  propria  attivita'
istituzionale e nella gestione  delle  proprie  politiche.  In  altre
parole, la sottrazione di risorse che  si  vorrebbe  operare  neppure
trova giustificazione nel perseguimento di un obiettivo che  solo  lo
Stato potrebbe perseguire, ma  si  traduce  nell'impiego  di  risorse
regionali per l'attuazione di politiche statali, negli  stessi  campi
di competenza regionale. 
    Di qui, l'ulteriore illegittimita' della previsione impugnata. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508. 
    Il comma 508 dispone che, "al  fine  di  assicurare  il  concorso
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci  e  alla  sostenibilita'  del
debito pubblico, in attuazione dell'articolo 97, primo  comma,  della
Costituzione, le nuove e  maggiori  entrate  erariali  derivanti  dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  [...]  e  dal  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201 [...] sono riservate all'Erario, per un periodo
di  cinque  anni  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2014,  per   essere
interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio  del
debito pubblico,  al  fine  di  garantire  la  riduzione  del  debito
pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla
stabilita',  sul  coordinamento  e   sulla   governance   nell'Unione
economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012,  ratificato
ai sensi della legge 23 luglio 2012,  n.  114"  (primo  periodo).  Il
comma 508 prevede anche che,  "con  apposito  decreto  del  Ministero
dell'economia e delle finanze,  sentiti  i  Presidenti  delle  giunte
regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni  dalla  data
di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  sono  stabilite  le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso  separata
contabilizzazione" (secondo periodo). 
    In questi termini, il comma 508, primo periodo,  si  riferisce  a
tutte le maggiori entrate derivanti dal d.l.  138/2011  (come  quelle
derivanti dall'art. 1, co. 6, dall'art. 2 - che ad esempio  introduce
il contributo di solidarieta' e aumenta l'aliquota IVA  al  21%  -  e
dall'art. 7) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso
prevede maggiori entrate erariali, ad esempio, all'art. 10 (a seguito
dell'emersione della base imponibile), all'art. 15  (che  aumenta  le
aliquote di accisa sui carburanti), all'art. 16 (che aumenta la tassa
automobilistica per le auto di lusso e istituisce la tassa annuale di
stazionamento  sulle  imbarcazioni   e   l'imposta   erariale   sugli
aeromobili privati), all'art.  18  (che  aumenta  le  aliquote  Iva),
all'art. 19 (che aumenta l'imposta di bollo relativa a conti correnti
e  strumenti  finanziari,  introduce  un'imposta  di  bollo  speciale
annuale sulle attivita' finanziarie che hanno  beneficiato  del  c.d.
scudo fiscale e un'imposta straordinaria per le stesse  attivita'  se
gia' prelevate dal rapporto di deposito,  istituisce  un'imposta  sul
valore degli immobili situati all'estero e istituisce un'imposta  sul
valore delle attivita' finanziarie detenute all'estero dalle  persone
fisiche residenti  nel  territorio  dello  Stato),  all'art.  20  (in
materia di riallineamento delle partecipazioni) e all'art. 24 (il cui
comma 31 regola la tassazione delle indennita' di  fine  rapporto  di
importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 e  dei  compensi  e
indennita' a  qualsiasi  titolo  erogati  agli  amministratori  delle
societa' di capitali, ed il cui comma 31-bis aumenta il contributo di
solidarieta' sulle c.d. pensioni d'oro). 
    Dunque, il comma  508  riserva  interamente  all'erario  maggiori
entrate che spettano, invece, pro quota a questa  Regione,  ai  sensi
dell'art. 49 St. 
    Si  rammenta  che  codesta  Corte,  su  ricorso   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia, ha gia' giudicato in contrasto con le garanzie
statutarie della Regione la clausola di riserva all'erario  contenuta
del  d.l.  138/2011  e  finalizzata  alle  "esigenze  prioritarie  di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea"  in  quanto  siffatti  obiettivi  sono  erano  "privi  della
specificita' richiesta dall'indicata norma di  attuazione  statutaria
in materia di finanza regionale" (sent. n.  241/2012,  punto  6.1  in
diritto). 
    Risulta invece ancora pendente il giudizio promosso dalla Regione
Friuli-Venezia  Giulia  avverso  la  clausola  di  riserva  contenuta
nell'art. 48 d.l. 201/2011 (ricorso n. 50/2012). 
    Con la norma in oggetto lo Stato riformula la clausola sulla base
della quale vengono avocate le maggiori entrate  ai  sensi  del  d.l.
138/2011 e del di. 201/2011. 
    In  particolare,  l'originaria  finalizzazione   alle   "esigenze
prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
concordati in sede europea"  viene  sostituita  con  la  destinazione
"alla copertura degli oneri per il servizio del debito  pubblico,  al
fine di garantire la  riduzione  del  debito  pubblico  stesso  nella
misura e nei tempi  stabiliti  dal  Trattato  sulla  stabilita',  sul
coordinamento e sulla governance nell'Unione economica  e  monetaria,
fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato ai sensi della legge 23
luglio 2012, n. 114". 
    Anche tale rinnovata formulazione, tuttavia risulta lesiva  delle
previsioni di cui  all'art.  49  St.,  che  prevede  quote  fisse  di
compartecipazione della Regione  ai  tributi  erariali  riscossi  nel
territorio regionale. 
    Infatti, va ricordato che l'art. 4 d.lgs. 114/1965,  dispone  che
"il gettito  derivante  da  maggiorazioni  di  aliquote  o  da  altre
modificazioni  in  ordine  ai  tributi  devoluti  alla  regione,   se
destinato per legge, ai sensi dell'articolo  81  della  Costituzione,
per finalita' diverse da quelle di cui al comma 2, lettera  h),  alla
copertura di nuove specifiche spese di  carattere  non  continuativo,
che non rientrano nelle materie  di  competenza  della  regione,  ivi
comprese quelle relative a  calamita'  naturali,  e'  riservato  allo
Stato,   purche'   risulti    temporalmente    delimitato,    nonche'
contabilizzato  distintamente   nel   bilancio   statale   e   quindi
quantificabile". 
    Nel caso specifico, e' palese che non  si  tratta  affatto  della
destinazione "alla copertura di nuove specifiche spese  di  carattere
non continuativo". 
    Al contrario, la "copertura  degli  oneri  per  il  servizio  del
debito pubblico" e' palesemente una spesa non nuova, ed e' invece  di
carattere continuativo, in piena violazione  della  disposizione  ora
citata. 
    Inoltre,   rimane   anche   l'assenza   del    carattere    della
.specificita', palesemente assente nella generica destinazione  della
legge  alla  "copertura  degli  oneri  per  il  servizio  del  debito
pubblico", e nei vaghi rinvii a vincoli europei, ai quali continua  a
mancare la cogenza giuridica richiesta dalla sentenza n. 241/2012. Si
tratta, in definitiva,  proprio  di  quelle  generiche  finalita'  di
finanza pubblica che la norma di attuazione espressamente esclude dal
meccanismo della riserva, ammessa "per finalita' diverse da quelle di
cui al comma 2, lettera b)" del citato art. 4. 
    Insomma, nel complesso risulta palese che la norma di  attuazione
identificava, ai fini della riserva allo Stato,  tutt'altro  tipo  di
spese, e che la nuova formulazione  non  e'  altro  che  una  diversa
versione della precedente, gia' annullata da codesta ecc.ma Corte. 
    In ogni caso,  il  comma  508,  primo  periodo,  viola  anche  il
principio  dell'accordo  che,  come  risulta   dalla   giurisprudenza
costituzionale (v. le sentt.  82/2007,  353/2004,  39/1984,  98/2000,
133/2010), governa il regime dei  rapporti  finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali. 
    Esso contrasta pure con l'art. 12 l. 24.12.2012, n. 243, operante
quale norma-parametro giusta il richiamo operato dall'art. 81, co. 6,
Cost., e, conseguentemente, con il medesimo art. 81, co. 6, Cost. 
    La previsione di cui all'art. 12. co. 2,  l.  243/2012,  infatti,
subordina la possibilita' di porre a carico delle autonomie regionali
contributi al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato  solamente
"nelle fasi favorevoli del ciclo economico". 
    Tale disposizione si applica con decorrenza 1° gennaio 2016 (art.
21, co. 3) e si sovrappone dunque con  il  comma  508  impugnato.  il
quale esaurira' i propri effetti nel 2018. 
    Il secondo periodo  del  comma  508  dispone  che  "con  apposito
decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  sentiti  i
Presidenti delle giunte  regionali  interessali,  da  adottare  entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalita' di individuazione  del  maggior  gettito,
attraverso separata contabilizzazione". Si tratta dunque di una norma
volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale,  pertanto,
e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati. 
    In  subordine,  essa  e'  poi   censurabile   specificamente   ed
autonomamente sotto  un  ulteriore  aspetto,  cioe'  per  la  mancata
previsione dell'intesa con la Regione in  relazione  al  decreto  che
stabilisce  le  modalita'  di  individuazione  del  maggior  gettito.
Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse  che
spetterebbero alla Regione, in una  materia  dominata  dal  principio
consensuale, risulta specificamente illegittima, per  violazione  del
principio di  leale  collaborazione,  la  previsione  di  un  decreto
ministeriale senza intesa con la Regione Friuli-Venezia. 
6) Illegittimita' costituzionale dei commi 732 e 733. 
    Le previsioni di cui all'art. 1, commi 732 e 733, introducono  un
meccanismo di  definizione  anticipata  dei  procedimenti  giudiziari
pendenti in tema di canoni di  concessioni  demaniali  marittime.  La
Regione  impugna  tali  disposizioni  non  al   fine   di   ottenerne
l'annullamento, ma al contrario al fine di ottenere - ove ve ne fosse
bisogno -, l'estensione della  loro  applicazione  ai  corrispondenti
beni demaniali gestiti dalla stessa Regione. 
    Di seguito si illustrano i termini della questione. 
    Il comma 732 prevede che i procedimenti pendenti al 30  settembre
2013 "concernenti il pagamento in favore dello  Stato  dei  canoni  e
degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e  delle
relative pertinenze" possano essere integralmente definiti -  "previa
domanda all'ente gestore e  all'Agenzia  del  demanio  da  parte  del
soggetto interessato  ovvero  del  destinatario  della  richiesta  di
pagamento" - mediante il versamento di una  percentuale  delle  somme
ritenute dovute (30% o 60%, a seconda delle modalita' di pagamento). 
    Il successivo comma 733 indica le modalita'  per  le  definizione
anticipata di cui al comma 732, prevedendo la  presentazione  di  una
domanda da parte dell'interessato ed  il  successivo  perfezionamento
attraverso il versamento dell'importo dovuto. 
    Cio' premesso, e  rilevato  che  la  lettera  del  comma  732  fa
riferimento al solo  Stato  e  alla  sola  Agenzia  del  demanio,  va
innanzitutto ricordato che nell'ambito del Friuli-Venezia  Giulia  lo
Stato ha delegato alla Regione le  funzioni  in  materia  di  demanio
marittimo, ivi compresa l'attribuzione del  canone  per  le  relative
concessioni. Cio' in forza dell'art. 9, co. 2°, del  d.lgs.  1-4-2004
n. 111 (recante "Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione  Friuli-Venezia  Giulia  concernenti  il   trasferimento   di
funzioni in materia di viabilita' e trasporti"), ai sensi  del  quale
sono trasferite alla Regione  le  funzioni  amministrative  "relative
alle concessioni dei beni [...] del demanio marittimo". Il successivo
comma 5 precisa poi che  "i  proventi  e  le  spese  derivanti  dalla
gestione del demanio marittimo [...] spettano alla Regione". 
    Inoltre,  lo  Stato  ha  direttamente  trasferito  alla   Regione
determinati beni del demanio marittimo statale, che sono divenuti  di
proprieta' pubblica regionale. Viene in rilievo il d.lgs.  25  maggio
2001, n. 265 (rubricato "Norme di attuazione dello  Statuto  speciale
della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni  del
demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse
idriche e di difesa del suolo"), il cui art. 1,  co.  2°,  stabilisce
che "sono trasferiti alla regione tutti i beni dello Stato e relative
pertinenze, di cui all'articolo 30, comma  2,  della  legge  5  marzo
1963, n. 366, situati nella laguna di  Marano-Grado".  Il  successivo
comma 3 prescrive che "la  regione  esercita  tutte  le  attribuzioni
inerenti alla titolarita' dei beni trasferiti ai sensi dei commi 1  e
2". 
    In tale contesto, non e' chiaro se  i  citati  commi  732  e  733
consentano  la  definizione  dei  contenziosi  che  riguardano   beni
demaniali marittimi: 
        appartenenti al  demanio  statale,  ma  le  cui  funzioni  di
gestione  amministrativa   sono   state   trasferite   alla   Regione
Friuli-Venezia Giulia (art. 9, co. 2° e co. 5°,  d.lgs.  1.4.2004  n.
111 cit.); 
        direttamente trasferiti al demanio regionale, come la  Laguna
di Marano-Grado (art.1, co. 2° e co. 3°, d.lgs. 25  maggio  2001,  n.
265 cit.). 
    La Regione ritiene che i procedimenti  contenziosi  ora  indicati
debbano ritenersi inclusi nelle previsioni dei commi 732 e 733, e che
questi debbano essere  interpretati,  per  tali  contenziosi,  con  i
necessari adattamenti. 
    Sotto il profilo sostanziale, e' infatti naturalmente ragionevole
che situazioni di identica natura (controversie sull'uso di beni  del
demanio marittimo i quali - al di fuori  del  caso  della  Laguna  di
Marano-Grado e degli altri beni assegnati direttamente alla Regione -
addirittura appartengono al  medesimo  titolare,  cioe'  allo  Stato)
trovino  analoga  regolamentazione,  senza  che  possa  rilevare   la
circostanza - insignificante ai  fini  che  qui  rilevano  -  che  la
gestione di tali beni sia attribuita allo Stato medesimo ovvero  alla
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Sotto il profilo formale, si osserva come il  richiamo  contenuto
nel comma 732 al pagamento  in  favore  "dello  Stato"  possa  essere
ritenuto un modo ellittico per indicare, al di  la'  dello  Stato  in
senso stretto, ogni  amministrazione  che  sia  titolare  o  comunque
gestisca beni del  demanio  marittimo:  ivi  compresa  la  ricorrente
Regione. 
    Tale interpretazione estensiva trova ulteriore spunto  nel  comma
733, che si riferisce agli effetti della  definizione  agevolata  sui
procedimenti amministrativi avviati - con nozione  omnicomprensiva  -
"dalle amministrazioni competenti": fra le quali ben  puo'  rientrare
anche questa Amministrazione regionale posto  che  essa  (secondo  le
regole dinanzi citata) si trova a  gestire  direttamente  (Laguna  di
Marano-Grado) o per conto dello Stato (art.  9,  co.  2°  e  co.  5°,
d.lgs. 1-4-2004 n. 111 cit.) beni del demanio marittimo. 
    Ove si  dovesse  al  contrario  ritenere  che  il  meccanismo  di
definizione introdotto dai commi 732 e 733 non riguardi  i  beni  del
demanio marittimo in proprieta'/gestione  della  ricorrente  Regione,
esso risulterebbe incostituzionale per violazione  del  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto - come sopra esposto -
determinerebbe  un'irragionevole   differenziazione   di   situazioni
analoghe,  precludendo  la  definizione  agevolata   di   contenziosi
relativi a beni del demanio marittimo per la sola  ragione  che  tali
beni  siano  in  proprieta'   ovvero   in   gestione   alla   Regione
Friuli-Venezia Giulia. 
    Al contempo, tale lesione del principio di  uguaglianza  -  nella
misura in cui priva la  Regione  della  possibilita'  di  beneficiare
degli  introiti  certi  assicurati  dal  meccanismo  di   definizione
agevolata  in  questione  -  si  riverbera,  compromettendola,  anche
sull'autonomia finanziaria regionale di cui agli art.  48  ss.  dello
Stato speciale oltre a ledere le stesse citate  norme  di  attuazione
statutaria che hanno attribuito alla Regione Friuli-Venezia Giulia la
proprieta' ovvero la gestione dei beni del demanio marittimo (art. 9,
co. 2° e co. 5°, d.lgs. 1.4.2004 n. 111; art.1,  co.  2°  e  co.  3°,
d.lgs. 25 maggio 2001, n. 265). La regione e'  dunque  legittimata  a
far valere la violazione dell'art. 3, nonostante che  tale  parametro
non riguardi direttamente il  riparto  di  competenza.  E'  anche  da
aggiungere che - trattandosi di procedure che incidono sulla funzione
giurisdizionale - la Regione non potrebbe provvedere autonomamente  a
dettare norme corrispondenti a quelle previste dallo Stato. 
    In  ragione  del  noto  canone  ermeneutico  dell'interpretazione
conforme, la ricorrente Regione confida in una pronuncia che  attesti
la corretta interpretazione dei commi 732 e 733, come  riferentesi  -
con i necessari adattamenti - anche alla definizione dei  contenziosi
che riguardano beni demaniali marittimi in proprieta'/gestione  della
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Per  il  caso  opposto   essa   chiede   che   venga   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dei commi 732 e 733,  in  quanto  non
includono nella possibilita' di definizione agevolata le  concessioni
demaniali  marittime  di  competenza  della  Regione   Friuli-Venezia
Giulia. 
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  711,  712,  715,
723, 725, 727 e 729. 
    Vengono qui in considerazione i commi 711, 712, 723, 725,  727  e
729 i quali, con riferimento alla riserva  allo  Stato  di  quote  di
tributi locali, e in particolare alla riserva prevista  dall'art.  1,
co. 380, lett. f), l. 228/2012, ribadita dal comma 521, confermano il
meccanismo dell'accantonamento sulle quote spettanti alla Regione  di
compartecipazione ai tributi erariali di cui al gia'  impugnato  art.
13, co. 17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art.  1,  co.  380,
lett. h), l. 228/2012. 
    Sia l'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 che l'art. 1, co. 380, lett.
f) l. 228/2012 sono stati impugnati da questa Regione con  i  ricorsi
n.  50  del  2012  e  n.  32  del  2013,  tuttora  pendenti.  Facendo
riferimento agli stessi meccanismi, i commi sopra citati sono  dunque
affetti dagli stessi vizi denunciati con tali  ricorsi,  come  meglio
ora  si  illustrera'  per  esigenze  di   chiarezza   e   completezza
dell'impugnazione. 
    Il comma 711 stabilisce  che,  "per  i  comuni  delle  regioni  a
statuto speciale  Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle  d'Aosta  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano a cui la  legge  attribuisce
competenza in materia di finanza locale, la compensazione  del  minor
gettito dell'imposta municipale propria,  derivante  dai  commi  707,
lettera e), e 708, avviene attraverso  un  minor  accantonamento  per
l'importo  di  5,8  milioni  di  euro  a  valere   sulle   quote   di
compartecipazione ai tributi erariali, ai  sensi  del  comma  17  del
citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011". 
    Il comma 712 dispone che, "a  decorrere  dall'anno  2014,  per  i
comuni ricadenti nei territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia  e
Valle d'Aosta,  nonche'  delle  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano,  ai  fini  di  cui  al  comma  17   dell'articolo   13   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ... non  si  tiene  conto  del
minor  gettito  da  imposta  municipale   propria   derivante   dalle
disposizioni recate dal comma 707". 
    Il comma 715 sostituisce il comma 1 dell'art. 14 d.l. 23/2011 con
il seguente: "L'imposta municipale  propria  relativa  agli  immobili
strumentali e' deducibile ai lini della determinazione del reddito di
impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e  professioni
nella misura del 20 per cento. La medesima imposta e' indeducibile ai
fini dell'imposta regionale sulle attivita' produttive". 
    Il comma 723 statuisce che "per le somme concernenti gli anni  di
imposta 2013 e seguenti, gli enti locali  interessati  comunicano  al
Ministero dell'economia e delle finanze e al  Ministero  dell'interno
gli esiti della procedura del riversamento di cui  al  comma  722  al
fine delle successive regolazioni, ... per  i  comuni  delle  regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo
13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201". 
    Il comma 725 dispone che, "a decorrere dall'anno di imposta 2012,
nel caso in cui sia stata versata allo Stato,  a  titolo  di  imposta
municipale propria, una somma spettante al comune, questo,  anche  su
comunicazione    del    contribuente,    da'    notizia    dell'esito
dell'istruttoria al Ministero dell'economia  e  delle  finanze  e  al
Ministero dell'interno il quale effettua le conseguenti regolazioni a
valere  sullo  stanziamento  di  apposito  capitolo  anche  di  nuova
istituzione del proprio stato  di  previsione".  Relativamente  "agli
anni di imposta 2013  e  successivi,  le  predette  regolazioni  sono
effettuate  per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e  Valle
d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede  di
attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201". 
    Il comma 727 detta una norma simile per il  caso  opposto,  cioe'
per il "caso in cui sia stata versata al comune, a titolo di  imposta
municipale propria, una somma spettante allo Stato". 
    Il comma 729 apporta diverse modifiche all'art. 1,  co.  380,  l.
228/2012 e, tra l'altro, sostituisce la  lett.  h),  nella  quale  si
ribadisce che "il comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n.  201
del 2011 continua ad applicarsi  nei  soli  territori  delle  regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano". 
    I commi 711,  712,  715,  723,  725,  727  e  729  confermano  il
meccanismo dell'accantonamento di cui al gia' impugnato art. 13,  co.
17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art. 1, co. 380, lett.  h),
l. 228/2012. Poiche' tali norme di  legge  sono  state  a  suo  tempo
impugnate da questa Regione, si devono qui riproporre e rinnovare  le
censure gia' formulate - da ultimo - con il ricorso 32/2013: 
"A) Premessa. La disciplina dell'Imu e la sottrazione  delle  risorse
al sistema locale. Illegittimita' costituzionale delle lett. b),  f),
h) e i). 
    Il comma 380 detta  diverse  norme  "al  fine  di  assicurare  la
spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale  propria,  di
cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,  [...]
per gli anni  2013  e  2014".  Si  tratta,  in  altre  parole,  della
disciplina e soprattutto della destinazione dell'IMU. 
    Converra' ricordare che  l'art.  13  d.l.  201/2011  ha  regolato
l'Anticipazione   sperimentale   dell'imposta   municipale   propria,
stabilendo  (comma  1)  che  l'istituzione  di   tale   imposta   "e'
anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno  2012,  ed  e'
applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014  in
base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14  marzo  2011,  n.
23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono'', e  che
conseguentemente, "l'applicazione a  regime  dell'imposta  municipale
propria e' fissata al 20151 
    Il riferimento a "tutti i comuni  del  territorio  nazionale"  ha
indotto a ritenere che  l'art.  13  intenda  applicarsi  anche  nella
regione  Friuli-Venezia  Giulia,  ed  in  relazione   alla   relativa
disciplina questa Regione ha introdotto il ricorso n. 50/2012 tuttora
pendente 
    Quanto al contenuto della disciplina, l'art.  8,  co.  1,  d.lgs.
23/2011, richiamato dall'art.  13,  comma  1,  del  d.l.  201/11  ora
citato, stabilisce che l'imposta municipale propria  istituita  dallo
stesso  articolo  "sostituisce,  per   la   componente   immobiliare,
l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali
dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non  locati,
e l'imposta comunale sugli immobili". 
    Dunque, l'Imu sostituisce -  oltre  all'ICI,  gia'  destinata  ai
Comuni - imposte destinate alla  Regione:  o  per  sei  decimi,  come
l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati  (art.
49 Statuto) o interamente, come le addizionali regionale  e  comunale
relative ai redditi fondiari degli immobili non locali  e  l'Ici:  va
infatti ricordato che, in base all'art. 51, co. 2, St.,  "il  gettito
relativo a tributi propri e  a  compartecipazioni  e  addizionali  su
tributi erariali che le leggi dello  Stato  attribuiscano  agli  enti
locali spetta alla Regione  con  riferimento  agli  enti  locali  del
proprio territorio, ferma restando la neutralita' finanziaria per  il
bilancio dello Stato". Del resto, la Regione e' competente in materia
di finanza locale, ai sensi degli artt. 4, n. 1-bis, 51 e 54 St. e  9
d.lgs. 9/1997. 
    Ora, se lo Stato si fosse limitalo a rinunciare, in favore  della
finanza comunale, a determinati tributi,  non  vi  sarebbe  nulla  da
eccepire. Ma se, come avviene  nel  vigente  disegno  normativo  dell
'IMU, il  reddito  dell'imposta  "municipale"  viene  assegnato  allo
Stato, ne risulta una violazione  dello  Statuto,  che  determina  un
complessivo   impoverimento   del   sistema   locale:    dietro    la
"municipalizzazione",  infatti,  vi  e'  sempre  l'imposta  erariale,
soltanto che  il  suo  gettito  viene  sottratto  alla  Regione,  con
evidente sostanziale violazione degli artt. 49 e 51 dello Statuto. 
    Cio' e' avvenuto con le disposizioni dell'art. 13  d.l.  201/2011
(che percio', come detto, e' stato impugnato  da  questa  Regione)  e
accade ora con le disposizioni dell'art.  1,  comma  380,  del  quale
tocca ora esaminare il contenuto specifico. 
    La  lett.  f)  riserva  "allo  Stato  il   gettito   dell'imposta
municipale propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge n.
201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati
nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per
cento". 
    La lett. h) abroga l'art. 13, comma 11, d.l. 201/2011 e l'art. 2,
commi 3 e 7, d l. 23/2011; inoltre, precisa che "per gli anni 2013  e
2014 non operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo articolo 2" e
che "il comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201  del  2011
continua   ad   applicarsi   nei   soli   territori   delle   regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle  Province  autonome  di
Trento e Bolzano". 
    Cosi' descritti i contenuti dell'art. 1, comma 380,  occorre  ora
esaminare in quali parti essi incidano sull'autonomia finanziaria. 
    Riguarda invece sicuramente la Regione Friuli-Venezia Giulia ed i
suoi comuni la disposizione di cui alla lett. f), che  riserva  "allo
Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui  all'articolo
13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D,  calcolato  ad
aliquota standard dello 0,76 per cento".  Ad  avviso  della  Regione,
tale riserva  e'  illegittima  per  le  ragioni  che  di  seguito  si
esporranno. Poiche' gli importi di cui (tra l'altro)  alla  lett.  f)
possono essere modificati ai sensi della lett. i),  anche  questa  e'
impugnata. 
    Inoltre, secondo la lett. h) "il comma 17  dell'articolo  13  del
decreto-legge n.  201  del  2011  continua  ad  applicarsi  nei  soli
territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle
Province autonome di Trento e Bolzano". 
    Si tratta  della  disposizione  secondo  la  quale  lo  Stato  si
appropria di tutto il maggior gettito, cioe' ogni  importo  eccedente
le entrate che affluivano  ai  comuni  della  regione  Friuli-Venezia
Giulia in base alle norme previgenti: e lo fa acquisendo  tali  fondi
dalla Regione. Infatti, il comma 17,  terzo  periodo,  dispone  -  in
relazione alle autonomie speciali competenti in materia  di  .finanza
locale - che "con le procedure previste dall'articolo 27 della  legge
5 maggio 2009, n.  42,  le  regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta, nonche'  le  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
assicurano il recupero  al  bilancio  statale  del  predetto  maggior
gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio".  Ed  il
quarto periodo precisa  che,  "fino  all'emanazione  delle  norme  di
attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere  sulle  quote  di
compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari
al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo".  Il  quinto
periodo, infine, prevede che "l'importo complessivo  della  riduzione
del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627
milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4  milioni  di  euro  e  per
l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro". E sembra da ritenere che  -  al
di la' dell'oscuro riferimento alla  "riduzione  del  recupero"  -  i
numeri indicati rappresentino la  quantificazione  del  "recupero"  a
carico delle autonomie speciali. 
    Tale disposizione e' gia' stata  contestata  con  il  ricorso  n.
50/2012, e per le corrispondenti ragioni deve essere impugnata  anche
con il presente ricorso. 
    In sintesi, del comma 380 sono qui impugnati: la lett. h) in  via
cautelativa; la lett. f) e - in quanto collegata ad essa -  la  lett.
i); la lett. h), in quanto  confermativa  del  regime  del  comma  17
dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011. 
    Tutte le norme impugnate determinano una attribuzione allo  Stato
- o in via diretta attraverso la riserva  di  cui  alla  lettera  f),
[...] - di risorse devolute al sistema finanziario locale. [...] 
    Infine, come  visto,  la  lett.  h)  tiene  ferma  l'applicazione
dell'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 in questa regione. 
    In relazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, dunque, la nuova
disciplina conserva le caratteristiche  e  il  contenuto  sostanziale
della  precedente,  gia'  impugnata.  Lo  Stato   ha   provveduto   a
ristrutturare le imposte "immobiliari"  e  a  rideterminare  le  basi
imponibili, ma - nel periodo 2013-2014 - i maggiori incassi derivanti
da questa operazione sono interamente destinati allo Stato, il  quale
in parte li riceve direttamente dai contribuenti in base alla riserva
di cui al comma 380, lett. f), in parte li riceve dalla Regione con i
meccanismi di "recupero" o "accantonamento" di cui all'art. 13, comma
17,  d.l.  201/2011,  e  in  parte  dai  comuni  (per  il  Fondo   di
solidarieta'  di  cui  alla   lett.   b),   ove   questa   risultasse
applicabile). 
    Come gia' accennato, l'Imu  sostituisce  -  oltre  all'ICI,  gia'
destinata ai Comuni - imposte destinate alla  Regione  in  base  allo
Statuto: o per sei decimi, come l'Irpef relativa ai redditi  fondiari
degli immobili non locali (art. 49 Statuto) o  interamente,  come  le
addizionali regionale e comunale relative ai redditi  fondiari  degli
immobili non locali e  l'Ici  (dopo  la  modifica  dell'art.  51  St.
operata dalla  l.  220/2010):  va  infatti  ricordato  che,  in  base
all'art. 51, co. 2, St., "il gettito relativo a tributi  propri  e  a
compartecipazioni e addizionali su  tributi  erariali  che  le  leggi
dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta  alla  Regione  con
riferimento agli enti locali del proprio territorio,  ferma  restando
la neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato".  Del  resto,
la Regione e' competente in materia di finanza locale, ai sensi degli
artt. 4, n. 1-bis, 51 e 54 St. ("Allo scopo di  adeguare  le  finanze
delle Province e dei Comuni  al  raggiungimento  delle  finalita'  ed
all'esercizio delle funzioni  stabilite  dalle  leggi,  il  Consiglio
regionale puo' assegnare ad essi annualmente una quota delle  entrate
della Regione ") e 9 d.lgs. 9/1997 ("Spetta alla regione disciplinare
la   finanza   locale,   l'ordinamento   finanziario   e   contabile,
l'amministrazione del patrimonio e i contratti degli enti locali.  La
regione finanzia gli enti locali  con  oneri  a  carico  del  proprio
bilancio, salvo il disposto di cui al comma 3"). 
    In questi termini, attraverso una nominalistica  comunalizzazione
dei tributi immobiliari si realizza il transito delle  corrispondenti
risorse dal bilancio regionale al bilancio statale, per effetto delle
norme di  cui  alle  lett.  b),  f)  e  h).  La  Regione,  che  prima
"integrava" la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora
ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie
dei  comuni,  in  base  alle  norme   appena   citate,   e   dovrebbe
contestualmente  versare  allo  Stato  proprie  risorse   in   misura
corrispondente alle maggiori entrate dei Comuni, o comunque in misura
corrispondente a quella a priori determinata dall'art.  13,  co.  17,
d.l. 201/2011. 
    Anche volendo prescindere dalla destinazione alla  Regione  anche
dei tributi comunali  propri  (dopo  la  modifica  dell'art.  51  St.
operata dalla l. 220/2010), in un sistema nel quale la Regione ha  la
responsabilita' complessiva della finanza locale, la  sottrazione  ai
comuni delle  risorse  derivanti  dalle  imposte  ad  essi  destinate
costituisce contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria
regionale: in questi termini, la devoluzione di parte  dell'Imu  allo
Stato viola lo Statuto (artt. 4, n. 1-bis, 51 e 54) e l'art. 9 d.lgs.
9/1997 anche in relazione alle  risorse  sostitutive  delinei,  cioe'
dell'imposta che affluiva ai comuni. 
    Dunque, le lett. b), f) e h) (e la collegata lett. i) violano gli
artt. 4, n. 1-bis, 49, 51, co. 2, 54 St. e l'art. 9 d.lgs. 9/1997  in
quanto attribuiscono allo Stato risorse  che  spettano  alla  Regione
(per sei decimi, come l'Irpef  relativa  ai  redditi  fondiari  degli
immobili  non  locali  -  art.  49  St.  -  o  interamente,  come  le
addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari: art.
51, co. 2, St.) o che rappresentano una componente  essenziale  della
finanza comunale, con ripercussioni sulla  responsabilita'  regionale
in materia (art. 54 St. e art. 9 d.lgs. 9/1997). 
    Inoltre, la lett. f) e la lett. h) violano  anche  l'art.  4  dPR
114/1965 e l'art. 6, co. 2, d.lgs.  8/1997,  perche'  riservano  allo
Stato parte del gettito Imu in assenza dei presupposti previsti dalle
succitate norme di attuazione (su cio' v. amplius infra, punto B). 
    Ancora, le norme impugnate violano il principio  di  "neutralita'
finanziaria" (riconosciuto dallo stesso legislatore statale  all'art.
1, co. 159, l. 220/2010, cui deve attribuirsi  valore  interpretativo
dello Statuto: "Qualora con i decreti legislativi di attuazione della
legge 5 maggio 2009, n. 42, siano istituite sul territorio  nazionale
nuove forme di imposizione, in  sostituzione  totale  o  parziale  di
tributi vigenti, con le procedure  previste  dall'articolo  27  della
medesima legge n. 42 del 2009, e' rivisto  l'ordinamento  finanziario
della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia al fine di assicurare la
neutralita' finanziaria dei predetti decreti nei confronti  dei  vari
livelli di governo"), in  quanto  esse  regolano  un  nuovo  tributo,
sostituendolo a tributi preesistenti, con il  risultato  di  spostare
risorse dal sistema regionale allo Stato. 
    La lett. b) e la lett. h) violano poi il principio di parita'  di
trattamento tra Regioni e tra comuni delle diverse  regioni  (art.  3
Cost.), perche' solo i comuni del Friuli-Venezia Giulia (e  di  altre
due regioni speciali)  non  beneficiano  del  Fondo  di  solidarieta'
(lett. b) e solo il maggior gettito ad essi destinato  viene  avocato
allo Stato (lett. h): la Regione  e'  legittimata  ad  invocare  tale
parametro dato che la discriminazione colpisce essa ed i comuni della
cui finanza e' responsabile. 
    Infine,  tutte  le   norme   impugnate   violano   il   principio
dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e  Regioni  speciali  in
materia finanziaria (Corte  costituzionale,  sentenze  nn.  133/2010,
74/2009,  82/2007,  353/2004,  39/1984,  98/2000).  In  effetti,   e'
chiaramente illegittimo che lo Stato, con una fonte avente valore  di
legge  ordinaria  unilateralmente  adottata,  alteri  in  modo  cosi'
rilevante l'assetto dei rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Regione,
laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto  in  questa
materia. 
B) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. f)  e
lett. i). 
    Come sopra esposto, il comma 380, lett. f) riserva "allo Stato il
gettito dell'imposta municipale propria..., derivante dagli  immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D,  calcolato  ad
aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma  6,  primo
periodo, del citato articolo 13". In base al comma 380, lett. g),  "i
comuni possono aumentare sino  a  0,3  punti  percentuali  l'aliquota
standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma  6,  primo  periodo
del citato articolo 13 del decreto-legge n.  201  del  2011  per  gli
immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D". 
    Dunque, l'Imu derivante  dagli  immobili  produttivi  e'  versata
direttamente allo Stato, che regola anche la possibilita' dei  comuni
di aumentare l'aliquota. L'art. 49 dello Statuto speciale dispone che
"spettano alla Regione le seguenti quote  fisse  delle  sottoindicate
entrate tributarie erariali riscosse  nel  territorio  della  Regione
stessa: 1) sei decimi del  gettito  dell'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche". L'art. 51, co. 2, come gia' visto,  stabilisce  che
"il gettito  relativo  a  tributi  propri  e  a  compartecipazioni  e
addizionali  su  tributi  erariali   che   le   leggi   dello   Stato
attribuiscano agli enti locali spetta alla  Regione  con  riferimento
agli enti locali del proprio territorio". 
    Dunque, alla Regione spettano i 6/10 dell'Irpef e le  addizionali
Irpef (regionale e comunali). L'art.  13  d.l.  201/2011  sostituisce
l'Imu a tali imposte (per la  quota  fondiaria)  ma  l'operazione  si
rivela elusiva, fittizia, perche' il comma 380,  lett.  f)  in  parte
riporta le somme in  questione  allo  Stato.  Non  basta,  pero',  un
semplice cambio di "etichetta" del tributo  per  eludere  il  sistema
statutario. La lett. f) viola gli artt.  49,  n.  1,  e  51,  co.  2,
perche' avoca  allo  Stato  risorse  riscosse  a  titolo  di  tributo
erariale e che sostanzialmente corrispondono a tributi spettanti alla
Regione (pro quota o interamente). 
    Qualora, invece, si volesse  valorizzare  lo  status  di  tributo
locale dell'Imu, allora la lett. f) violerebbe l'art. 51, co. 2,  la'
dove dispone che "il gettito relativo a tributi  propri  ...  che  le
leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla  Regione
con riferimento agli enti locali del proprio territorio". L'Imu e' un
tributo attribuito agli enti locali ma la lett. f) riserva parte  del
gettito allo Stato, in contrasto con l'art. 51, co. 2, St. 
    Ne' varrebbe replicare che, in base all'art.  4,  co.  1,  d.P.R.
114/1965, a certe condizioni e' ammessa  la  riserva  all'erario  del
"gettito  derivante  da  maggiorazioni  di  aliquote   o   da   altre
modificazioni in ordine ai tributi devoluti alla regione". 
    Tali condizioni, infatti, non ricorrono nella norma di  cui  alla
lett. f). 
    Infatti, i requisiti sono: a) la  destinazione  per  legge  "alla
copertura di nuove specifiche spese di  carattere  non  continuativo,
che non rientrano nelle materie  di  competenza  della  regione,  ivi
comprese quelle relative a calamita' naturali"»; b) la  delimitazione
temporale del gettito; c) la contabilizzazione distinta nel  bilancio
statale e la quantificabilita'. 
    Ora, ad avviso della Regione ricorrente risulta evidente  che  e'
assente il primo requisito sopra indicato, in quanto la lett. f)  non
destina le maggiori entrate a "nuove specifiche spese": nel  caso  in
questione, infatti, ne' si tratta di "spese", ne' le situazioni  alle
quali si vuole far fronte sono "nuove" ne' "specifiche" (v. sul punto
la sent. 182/2010). Non puo' essere  dubbio  che  i  requisiti  posti
dall'art. 4, co. 1, d.P.R. 114/1965, sono  requisiti  essenziali,  il
cui rispetto non puo' essere legittimamente pretermesso. 
    Escluso che la lett. f) possa trovare fondamento nell'art. 4  dPR
114/1965, e' anche da escludere che esso possa ricondursi all'art. 6,
co. 2, d.lgs. 8/1997, in base al quale, "nelle more del completamento
del processo di trasferimento e di delega  di  funzioni  dallo  Stato
alla regione, qualora la quota  delle  spese  relative  all'esercizio
delle funzioni delegate eventualmente a carico della regione ai sensi
dell'articolo  4,  comma  2,  lettera  b)   [dPR   114/1965],   fosse
insufficiente al raggiungimento degli obiettivi di risanamento  della
finanza pubblica, una  quota  del  previsto  incremento  del  gettito
tributario spettante alla regione - ad esclusione in ogni caso  degli
incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale ed  al  netto  delle
eventuali previsioni  di  riduzioni  di  gettito  -  derivante  dalle
manovre  correttive  di  finanza  pubblica   previste   dalla   legge
finanziaria e dai relativi  provvedimenti  collegati,  nonche'  dagli
altri provvedimenti legislativi aventi  le  medesime  finalita',  non
considerati  ai  fini  della  determinazione  dell'accordo   relativo
all'esercizio  finanziario  precedente,  puo'  essere  destinata   al
raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica
previsti dai predetti  provvedimenti,  tenuto  conto  altresi'  delle
spese  a  carico  della  regione  per  funzioni  trasferite  in  data
successiva al 1° gennaio 1997". 
    Ad  avviso  della  ricorrente  Regione  questa   norma   non   e'
applicabile alla disciplina qui contestata, in  quanto  essa  non  ha
portata  generale  ma  opera  in  relazione  allo  specifico  accordo
annuale, tra Governo e Regione, che  determinava  "l'eventuale  quota
che rimane a carico del bilancio  della  regione  -  per  l'esercizio
oggetto dell'accordo - delle  spese  derivanti  dall'esercizio  delle
funzioni statali delegate alla medesima, in  relazione  alle  manovre
correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai
relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli  altri  provvedimenti
legislativi aventi le medesime finalita', da determinarsi nei  limiti
del  previsto  incremento  del  gettito  tributario  derivante  dalle
manovre  medesime,  ad  esclusione  in  ogni  caso  degli  incrementi
derivanti dall'evoluzione tendenziale ed  al  netto  delle  eventuali
previsioni di riduzione del gettito" (art. 4, co.  2,  lett.  b)  dPR
114/1965). 
    In ogni modo, anche qualora la disposizione di  cui  all'art.  6,
co. 2, d.lgs. 8/1997 fosse ritenuta applicabile, la lett. f)  non  vi
corrisponderebbe per l'unilateralita' della riserva  (essendo  chiaro
che l'art. 6, co. 2, presuppone l'accordo: v. anche l'art. 6, co. 3). 
    Dunque, nella denegata ipotesi dell'applicabilita'  dell'art.  6,
co. 2, d.lgs. 8/1997, lo Stato  avrebbe  pur  sempre  dovuto  cercare
l'accordo con la Regione, non  potendo  unilateralmente  alterare  le
regole statutarie. La lett. f),  dunque,  violerebbe  pur  sempre  il
principio di leale collaborazione e,  in  particolare,  il  principio
consensuale che domina le relazioni finanziarie fra  lo  Stato  e  le
Regioni speciali (v. le sentt. 82/2007, 353/2004,  39/1984,  98/2000,
74/2009 e 133/2010). 
    In effetti, e' chiaramente illegittimo  che  lo  Stato,  con  una
fonte  primaria  unilateralmente  adottata,  alteri  in  modo   cosi'
rilevante l'assetto dei rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Regione,
laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto  in  questa
materia. Inoltre, ed in subordine alla  totale  illegittimita'  della
riserva allo Stato, la lett. f) sarebbe  comunque  illegittima  nella
parte in cui individua  la  quota  statale  con  riferimento  ad  una
particolare categoria di immobili, cioe' agli  immobili  "produttivi"
(gruppo catastale D), determinando forti sperequazioni tra  comuni  a
seconda della tipologia di immobili  in  essi  presente,  ne'  vi  e'
alcuna plausibile  ragione  per  una  simile  differenziazione.  Cio'
rappresenta violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.)
e produce gravi effetti negativi sui bilanci di taluni comuni, specie
di medio-piccole dimensioni, in contrasto con il  principio  di  buon
andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.); a  tali  effetti  non
rimedia  il  Fondo  di  solidarieta',  dai   quali   i   comuni   del
Friuli-Venezia  Giulia  sono  esclusi,  con   ovvia   necessita'   di
intervento perequativo della Regione. La Regione e' legittimata a far
valere tali parametri perche' la norma rientra in  materia  regionale
(finanza locale). 
C) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. h). 
    Come visto, il comma 380, lett. h) stabilisce che  "il  comma  17
dell'articolo 13 del  decreto-legge  n.  201  del  2011  continua  ad
applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia  Giulia  e
Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano".  L'art.
13, co. 17, terzo periodo prevede  che  "con  le  procedure  previste
dall'articolo 27 della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  le  regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le  Province  autonome
di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero  al  bilancio  statale
del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio
territorio". Il quarto  periodo  aggiunge  che,  fino  all'emanazione
delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo  27,  a  valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e'  accantonato
un importo pari al maggior  gettito  stimato  di  cui  al  precedente
periodo". In base al quinto  periodo,  "l'importo  complessivo  della
riduzione del recupero di cui al presente comma e'  pari  per  l'anno
2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a  1.762,4  milioni  di
euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro". 
    Come detto, tali  norme  sono  state  impugnate  con  il  ricorso
50/2012. 
    Dunque, lo  Stato  non  solo  trattiene  direttamente  una  parte
dell'Imu come entrata erariale (in base alla lett.  f),  ma  vorrebbe
incamerare dalla Regione anche tutto l'importo eccedente  le  entrate
che affluivano ai comuni in base alle norme previgenti. Si noti che -
come gia' rilevato con il ricorso 50/2012 - il comma 17 e'  formulato
in modo tale da poter essere inteso nel senso che l'importo Imu  2012
non  debba  essere  confrontato  con  l'importo  2011   dei   tributi
sostituiti ma solo con l'importo dei tributi sostituiti percepiti dai
Comuni (cioe',  2011).  Se  cosi'  fosse,  il  taglio  delle  risorse
assumerebbe un carattere del tutto particolare rispetto alla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia.  Infatti,  delle  tre  componenti  sostituite
dall'Imu  (cioe'  l'Irpef  fondiaria,  le  addizionali  regionale   e
comunali e l'ICI),  era  precedentemente  riscossa  direttamente  dai
comuni (anche se destinata alla Regione, dopo le modifiche  apportate
all'art. 51 St. dalla l. 220/2010), mentre sia le  risorse  derivanti
dall'Irpef  fondiaria  che   quelle   derivanti   dalle   addizionali
spettavano alla Regione. Ne risulta che - concentrata  la  fiscalita'
nell'Imu - il "maggior gettito  stimato  dei  comuni"  della  Regione
sara' particolarmente elevato,  comprendendo  anche  il  gettito  dei
tributi che prima costituivano entrate della Regione. 
    Se cosi' fosse, la Regione e i suoi  enti  locali  risulterebbero
depauperati: 
        -  dei  sei  decimi  dell'Irpef  sui   redditi   immobiliari,
soppressi; 
        - delle  addizionali  regionale  e  comunale  precedentemente
previste (la seconda era destinata alla Regione in luogo dei comuni). 
    Inoltre, il comma 17 potrebbe essere interpretato anche nel senso
che dal gettito precedente sia esclusa  la  somma  che  perveniva  ai
comuni (tramite la  Regione)  ai  sensi  dell'art.  1,  co.  4,  d.l.
98/2008,  che  aveva  previsto  un  fondo  sostituivo  delle  entrate
comunali  relative  all'ICI  sull'abitazione  principale  (norma  ora
abrogata dall'art. 13, comma 14, lett. a), del d.l. n. 201 del 2011).
Se cosi' fosse, ne risulterebbe un ulteriore rilevante depauperamento
del sistema regionale. Gia' questa incertezza delle  disposizioni  e'
irragionevole (art. 3 Cost.) e rappresenta una lesione dell'autonomia
finanziaria della Regione  e  dei  comuni,  perche'  si  riflette  in
incertezza  sulle  risorse  disponibili  e   in   impossibilita'   di
un'adeguata programmazione nelle diverse materie. 
    Il terzo e quarto periodo del comma 17 violano l'art.  49  St.  e
gli artt.  4  dPR  114/1965  e  6,  co.  2,  d.lgs.  8/1997,  perche'
pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza  regionale,  al
di fuori dei casi previsti. 
    Cio' e' vero sia nel caso in cui  si  ritenga  che  il  comma  17
produca  l'effetto  di  avocare  allo  Stato  le  risorse  che  prima
spettavano alla  Regione  a  titolo  di  compartecipazione  all'Irpef
fondiaria (art. 49 St.) e di addizionali regionale e  comunale  (art.
51, co. 2, St.), sia nel caso  in  cui  si  ritenga  che  la  Regione
dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le
proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce  l'effetto  di
''far tornare" nelle casse statali risorse spettanti alla  Regione  e
ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie  poste  dallo
Statuto e dalle norme di attuazione (co. 17, terzo periodo). 
    Ancora, il terzo e quarto periodo del comma 17 violano gli  artt.
63 e 65 St., proprio perche' pretendono di derogare agli artt.  49  e
51 St. e al dPR 114/1965 con una fonte primaria "ordinaria". 
    L'art. 65 St.  e'  violato  anche  perche'  il  comma  17,  terzo
periodo, pretende di vincolare  unilateralmente  il  contenuto  delle
norme di attuazione. 
* Inoltre, il comma 17, terzo e  quarto  periodo,  viola  l'autonomia
finanziaria regionale (assicurata dagli articoli 48 e 49  Statuto,  e
dall'art. 119, commi 1, 2, e 4, Cost.) in quanto produce l'effetto di
infliggere  un  nuovo,  rilevante  "taglio"  di  risorse  al  sistema
regionale. 
    Le norme in questione producono  l'effetto  di  "espropriare"  la
Regione e gli  enti  locali  delle  risorse  corrispondenti  ai  6/10
dell'Irpef fondiaria, alle  addizionali  regionale  e  comunali  e  a
quelle che l'art. 1 d.l. 93/2008 (ora abrogato) attribuiva ai  comuni
(tramite la Regione) per compensare l'esenzione Ici sulla prima casa.
Si tratta di una quota rilevante di risorse, la cui  eliminazione  si
aggiunge ai tagli gia' operati con l'art. 14 d.l. 78/2010, l'art. 20,
co. 5, d.l. 98/2011, l'art. 1, co. 8, d.l. 138/2011 e l'art. 1, comma
156, primo periodo, della legge 220/2010. 
    Le risorse  "avocate"  dalle  norme  qui  impugnate  (soprattutto
quelle compensative dell'Ici  sulla  prima  casa)  erano  dirette  al
finanziamento delle "funzioni normali" dei comuni, per  cui  la  loro
sottrazione produce gravi squilibri e incide sulla finanza  regionale
(v. l'art. 54 St. e l'art.  9  d.lgs.  9/1997).  Lo  Stato  non  puo'
revocare quote cosi' rilevanti di risorse senza alcuna compensazione.
Il gia' citato principio di "neutralita' finanziaria"  (art.  1,  co.
159, l.  220/2010)  e'  stravolto  dalle  norme  qui  impugnate,  che
regolano un nuovo tributo, sostituendolo a tributi preesistenti,  con
il risultato di spostare risorse dal sistema regionale allo Stato. 
    E' anche violato il principio consensuale che domina  i  rapporti
finanziari tra Stato  e  Regioni  speciali  (v.  le  sentt.  82/2007,
353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), perche' lo Stato ha  proceduto
a sovvertire l'assetto della finanza regionale e comunale  del  tutto
unilateralmente, anzi violando le norme (come il succitato  principio
di neutralita' finanziaria) concordate con la Regione (l'art. l,  co.
159, l.  220/2010  recepisce  l'art.  11  del  Protocollo  di  intesa
Tondo-Tremonti). 
    Infine, e' da sottolineare  che  le  norme  impugnate  colpiscono
essenzialmente le Regioni speciali, sia perche' solo esse  dispongono
delle compartecipazioni e delle addizionali  locali,  sia  perche'  i
comuni  delle  regioni  ordinarie  non  perdono  la   "compensazione"
dell'Ici sulla prima casa (che e' confluita nel fondo sperimentale di
riequilibrio). Di qui la violazione  dell'art.  3  Cost.,  con  ovvie
ripercussioni sull'autonomia finanziaria della Regione e  degli  enti
locali situati nel suo territorio. 
    Una menzione separata e specifica richiede  l'illegittimita'  del
quarto periodo del comma 17 che  prevede  lo  "accantonamento"  delle
quote di compartecipazione previste dall'art. 49 Statuto. 
    Va  rilevato,  infatti,  che  tale   "accantonamento"   contrasta
anch'esso frontalmente con l'art. 49 dello  Statuto  e  con  l'intero
sistema finanziario della Regione da  esso  istituito.  E'  evidente,
infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come entrate regionali
sono cosi' stabilite perche' esse vengano  utilizzate  dalla  Regione
per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e  non  perche'
esse vengano "accantonate". L'istituto dell'accantonamento non ha nel
sistema statutario cittadinanza alcuna. 
    Inoltre, l'illegittimita' del  trasferimento  previsto  determina
anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva
del trasferimento. 
    Specifica illegittimita' colpisce poi il quinto periodo del comma
17, che stabilisce in un ammontare fisso e determinato l'importo  del
"recupero", stimandolo a priori con  criteri  del  tutto  oscuri.  Si
tratta di una norma irragionevole, che prevede un importo fisso senza
contemplare alcun meccanismo di conguaglio  o  rimborso  in  caso  di
inesattezza.   L'irragionevolezza,    naturalmente,    si    riflette
sull'autonomia finanziaria della Regione,  tenuta  ad  assicurare  il
"recupero". 
    Inoltre e'  violato  il  gia'  citato  principio  consensuale  in
materia di finanza delle Regioni speciali, perche' la  norma  avrebbe
dovuto  prevedere  una  determinazione  concordata  dell'importo   in
questione". 
    Oltre a queste ragioni di illegittimita', che riguardano tutte le
norme sopra citate, alcuni specifici profili riguardano i commi 711 e
712. 
    Il comma 711 e' illegittimo in quanto,  invece  di  prevedere  un
effettivo trasferimento di risorse dal  bilancio  statale  in  favore
della Regione, pari all'importo dovuto ai comuni a titolo di rimborso
della minore entrata  derivante  dalla  riduzione  del  gettito  Imu,
prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e'  gia'  di
per se' costituzionalmente illegittimo. 
    Tra l'altro, il comma 711 conferma anche ulteriormente la  natura
"sottrattiva" e lesiva dello  stesso  accantonamento,  che  anche  il
legislatore statale tratta come se fosse non un regime di  temporanea
indisponibilita' ma una vera posta passiva,  il  cui  ammontare  puo'
venire diminuito da una iniezione di risorse. 
    Quanto al comma 712, esso potrebbe essere inteso nel senso che la
somma corrispondente al minor gettito non viene  accantonata,  oppure
nel senso che il minor gettito derivante  dal  comma  707  non  viene
scomputato  dall'accantonamento.  In  questa  seconda  ipotesi,  esso
sarebbe illegittimo anche nella parte in cui non tiene conto, ai fini
dell'accantonamento, del minor gettito derivante  dalle  disposizioni
recate dal comma 107. In  altri  termini,  se  anche  -  in  denegata
ipotesi - fosse legittimo il meccanismo dell'accantonamento.  sarebbe
certamente lesivo dell'autonomia finanziaria  regionale  (come  sopra
illustrata) non considerare una riduzione del gettito ai  fini  della
misura dell'accantonamento stesso. 
    Oltre  a  cio',  e'  da  sottolineare  che  sarebbe   palesemente
irragionevole un sistema in cui una norma (l'art. 13, co. 17) prevede
un accantonamento sulle compartecipazioni regionali corrispondente al
maggior gettito Imu dei comuni e un'altra norma  (il  comma  712  qui
impugnato) stabilisce che la misura dell'accantonamento debba restare
ferma  nonostante  il  gettito  in   questione   abbia   subito   una
diminuzione. Tale irragionevolezza, che implica violazione  dell'art.
3 Cost., si ripercuote evidentemente sull'autonomia finanziaria della
Regione, che si vede sottratte risorse statutariamente  spettanti  ad
essa, senza alcuna base logica (oltre che giuridica). 
    In aggiunta a quanto fin qui indicato, si osserva anche  come  le
previsioni impugnate - sempre adottate unilateralmente  dallo  Stato,
in violazione del principio dell'accordo -  vadano  autonomamente  ad
aggravare le lesione,  in  concreto,  del  principio  di  neutralita'
finanziaria (di cui pure, astrattamente,  pretenderebbero  di  essere
rispettose). 
    Infatti,  la  specifiche  regole  relative  alle  operazioni   di
neutralizzazione dovrebbero: 
        a) fondarsi su dati effettivi di gettito e  non  su  dati  di
stima, presunta iuris et de iure: come invece accadeva  nel  contesto
dell'art. 13, comma 17. d.l. 201/2011 e come ora  accade  nell'ambito
del comma 711; 
        b) tenere in considerazione il gettito  di  tutti  i  tributi
introdotti o soppressi dalla riforma e dunque anche il gettito  della
TASI e dell'IMU sull'abitazione principale, contrariamente  a  quanto
pare disporre il comma 712; 
        c) tenere in considerazione l'effetto indiretto della novella
sul gettito degli altri tributi del sistema regionale e dunque  anche
la contrazione del gettito IRES e Irpef per effetto del comma 715; 
        d) tenere in considerazione le maggiori spese tributarie  che
la nuova  disciplina  determina  a  carico  degli  enti  del  sistema
regionale. 
    Anche in relazione a tali specifici  motivi  sono  illegittimi  i
commi ora citati. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia   codesta   Ecc.ma   Corte    costituzionale    dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1 commi 427, 429,  481,
487, 499, 508, 526, 711, 712, 715, 723, 725,  727,  729,  732  e  733
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge  di  stabilita'
2014) nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente
ricorso. 
        Padova, 24 febbraio 2014 
 
                          Prof. avv. Falcon