N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
Cancelleria il 4 marzo 2014 (della Regione Campania). 
 
 Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Disposizioni afferenti  la  protezione  civile  -  Imputazione  dei
  rapporti  attivi  e  passivi,  dei   procedimenti   giurisdizionali
  pendenti nonche' dei rapporti  derivanti  dalle  dichiarazioni  dei
  grandi eventi, gia' facenti capo  ai  soggetti  nominati  ai  sensi
  dell'art. 5 della legge n. 225 del  1992  -  Previsione  che,  alla
  scadenza dello stato di emergenza, succedano a titolo universale le
  amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti  (comprese  le
  Regioni), ove i soggetti nominati ai sensi del citato art. 5  siano
  rappresentanti delle stesse amministrazioni ed enti  ordinariamente
  competenti ovvero soggetti dagli stessi designati -  Ricorso  della
  Regione Campania - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria
  regionale  per  l'imputazione  alle  Regioni  di   spese   connesse
  all'esercizio di funzioni  rientranti  nella  competenza  esclusiva
  dello Stato o di  organi  statali  -  Esorbitanza  delle  spese  di
  competenza legislativa statale concorrente in materia di protezione
  civile per l'emanazione di  disciplina  di  dettaglio  anziche'  di
  principi  fondamentali  -  Violazione  dei  principi  di  copertura
  finanziaria e di equilibrio di bilancio - Lesione del principio  di
  ragionevolezza per la  successione  delle  Regioni  anziche'  dello
  Stato  nei  rapporti  processuali  facenti   capo   alle   gestioni
  commissariali. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 422. 
- Costituzione, artt. 3, 81, 97, 117, comma terzo, 118 e 119. 
(GU n.16 del 9-4-2014 )
    Ricorso della Regione Campania (codice fiscale  n.  80011990636),
in persona del Presidente della Giunta  regionale  pro  tempore,  on.
dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta delibera  della
Giunta regionale n. 37/2014- e giusta procura a margine del  presente
atto, unitamente e disgiuntamente, dal Prof. Avv. Beniamino  Caravita
di Toritto (codice fiscale  CRVBMN54D19H501A),  del  libero  foro,  e
dall'avv.   Maria   D'Elia   (codice    fiscale    DLEMRA53H42F839H),
dell'Avvocatura  regionale,  e   elettivamente   domiciliata   presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito  in  Roma  in
via Poli n. 29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri  pro-tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma
422, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2014)», pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  27  dicembre
2013, n. 302, per violazione degli artt. 119, 118, 117, comma 3,  81,
3 e 97 della Costituzione, nonche' del principio di ragionevolezza. 
 
                                Fatto 
 
    Con legge n. 147 del 27 dicembre 2013, il Parlamento ha  adottato
la legge di stabilita' 2014,  il  cui  art.  1  al  comma  422  cosi'
statuisce:   «Alla   scadenza   dello   stato   di   emergenza,    le
amministrazioni e gli  enti  ordinariamente  competenti,  individuati
anche ai sensi dell'art. 5 commi 4-ter  e  4-quater  della  legge  24
febbraio 1992, n. 225,  subentrano  in  tutti  i  rapporti  attivi  e
passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti,  anche  ai  sensi
dell'art. 110 del codice di procedura civile, nonche' in tutti quelli
derivanti dalle dichiarazioni di cui all'art. 5  bis,  comma  5,  del
decreto  legge  7   settembre   2001,   n.   343,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gia' facenti capo
ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge  225
del  1992.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente   comma   trovano
applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati  ai  sensi
dell'articolo  5  della  medesima  legge  n.  225  del   1992   siano
rappresentanti delle  amministrazioni  e  degli  enti  ordinariamente
competenti ovvero soggetti dagli stessi designati». 
    La disposizione sopra richiamata prevede dunque che alla chiusura
delle gestioni commissariali di cui alla legge 24  febbraio  1992  n.
225,  comprese  quelle  relative  ai  grandi  eventi,  ricada   sulle
amministrazioni  e  sugli  enti  ordinariamente  competenti  l'intera
gestione delle posizioni attive e passive  riferibili  alla  medesima
gestione  commissariale,  nonche'   la   responsabilita'   di   parte
processuale nei procedimenti giurisdizionali pendenti. 
    Il subentro nel contenzioso, per espressa  previsione  normativa,
dovrebbe avvenire anche ai sensi dell'art. 110 C.P.C. (che regola  la
successione nel processo), in virtu' del quale «Quando la parte viene
meno per morte o per altra  causa,  il  processo  e'  proseguito  dal
successore universale o in suo confronto». 
    La norma della legge di stabilita', peraltro, trova  applicazione
nelle sole ipotesi  in  cui  i  soggetti  nominati,  ai  sensi  delle
ordinanze previste dall'articolo 5 della  legge  n.  225/1992,  siano
rappresentanti delle  amministrazioni  e  degli  enti  ordinariamente
competenti ovvero soggetti dagli stessi designati. 
    L'art. 1, comma 422 della legge n. 147/2013 risulta lesivo  delle
prerogative  della  Regione   Campania   e   viziato   da   manifesta
illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Premessa. 
    Prima  di   passare   in   rassegna   le   singole   censure   di
costituzionalita',  appare  opportuno   esaminare   il   sistema   di
protezione civile, cosi' come delineato dalla legge n. 225/1992. 
    Tale sistema e' improntato su una ripartizione delle competenze e
delle responsabilita' tra diversi livelli istituzionali di governo in
relazione alle  tipologie  di  eventi  emergenziali  che  vengono  in
rilievo (art. 2 della legge n. 225/1992). 
    In particolare, l'art. 2 comma 1 della citata legge distingue tre
diverse tipologie di eventi: (i)  quelli  che  richiedono  interventi
attuabili  da  singoli  enti  o  amministrazioni  competenti  in  via
ordinaria  (lett.  a);  (ii)  quelli  che   richiedono   l'intervento
coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria
(lett. b); (iii) quelli che devono essere fronteggiati  con  mezzi  o
poteri straordinari (lett. c:  «calamita'  naturali  o  connesse  con
l'attivita'  dell'uomo  che  in  ragione  della  loro  intensita'  ed
estensione   debbono,   con   immediatezza    d'intervento,    essere
fronteggiate con mezzi e poteri  straordinari  da  impiegare  durante
limitati e predefiniti periodi di tempo»). 
    Con riferimento agli eventi indicati alla lettera c) dell'art.  2
della legge n. 225/1992, le funzioni di  intervento  sono  attribuite
alla  competenza   statale;   ne'   potrebbe   essere   diversamente,
trattandosi  di  funzioni  «che  hanno  rilievo  nazionale,  data  la
sussistenza di esigenze di unitarieta',  coordinamento  e  direzione»
(Corte cost. sentenza n. 284 del 14 luglio 2006). 
    Lo Stato  e'  dunque  titolare  di  una  specifica  competenza  a
disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1  lettera  c)  della
legge n. 225/1992, che si  sostanzia,  tra  l'altro,  nel  potere  di
deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata
e l'estensione territoriale, in stretto riferimento alla  qualita'  e
alla natura degli accadimenti. 
    Il  predetto  potere  puo'  essere  esercitato   anche   mediante
l'adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel
rispetto dei principi generali dell'ordinamento  giuridico  (art.  5,
comma 2 legge n. 225/1992). 
    E' possibile inoltre che, per l'attuazione  degli  interventi  di
emergenza, lo Stato si avvalga di commissari delegati,  nominati  dal
Presidente del Consiglio dei Ministri  (art.  5,  comma  4  legge  n.
225/1992). 
    Il commissario delegato agisce nella  veste  di  organo  statale,
essendo appunto lo Stato l'unico  soggetto  titolare  della  gestione
dello  stato  emergenziale;  ne   discende   che,   indipendentemente
dall'ambito territoriale  di  efficacia,  i  provvedimenti  posti  in
essere   dai    commissari    devono    essere    considerati    atti
dell'amministrazione centrale dello Stato, finalizzati  a  soddisfare
interessi che trascendono quelli  delle  comunita'  locali  coinvolte
nella situazione d'emergenza. 
    In tal senso e' chiara la sentenza di Codesta Corte, secondo cui:
«... indipendentemente dal loro  (piu'  o  meno  determinato)  ambito
territoriale di  efficacia,  i  provvedimenti  posti  in  essere  dai
commissari delegati sono  atti  dell'amministrazione  centrale  dello
Stato (in quanto emessi da organi che operano come  longa  manus  del
Governo) finalizzati a soddisfare interessi  che  trascendono  quelli
delle  comunita'  locali  coinvolte  dalle  singole   situazioni   di
emergenza, e cio' in ragione  tanto  della  rilevanza  delle  stesse,
quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi  fronte.
Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza  -  ai  sensi
del citato art. 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992  -  ha  quale
suo presupposto  il  verificarsi  di  taluno  degli  eventi  «di  cui
all'art. 2 comma 1 lettera c» della  medesima  legge,  e  cioe',  non
quelli naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo suscettibili  di
essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti  e
amministrazioni  competenti  in  via  ordinaria»  (o  attraverso   un
coordinamento  degli  stessi),  bensi'  solo   «calamita'   naturali,
catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione,  debbono
essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (sentenza  Corte
cost. n. 237 del 26 giugno 2007; cfr. anche Corte cost. n. 417 del  5
dicembre 2007 e Corte cost. n. 92 del 4 aprile 2008). 
    La predetta conclusione e' stata peraltro costantemente  ribadita
anche da autorevole giurisprudenza amministrativa, la quale  in  piu'
occasioni ha avuto modo di affermare che il Commissario  Delegato  di
cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei Ministri,  Dipartimento
della protezione civile, per l'esecuzione dei  compiti  di  cui  alla
legge 24 febbraio 1992 n. 225 e' dotato,  rispetto  al  delegante  di
autonomia amministrativa, finalizzata strettamente ed  esclusivamente
al raggiungimento degli obiettivi  assentitigli  per  il  superamento
dello stato emergenziale alle condizioni e nei  termini  previsti  ai
sensi dell'art. 5 commi 1 e 2 della legge n. 225 del 1992: «Gli  atti
assunti  nell'esercizio  delle  funzioni  delegate  sono,   pertanto,
riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorita'  che
esercita  nei  confronti  del  commissario  delegato   attivita'   di
supervisione e di indirizzo» (cfr. ex plurimis Tar Lazio, 18  ottobre
2012, n. 8595 e 9 agosto 2010 n. 30425);  e  ancora:  «L'ufficio  del
Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia e' un ufficio
che, sebbene autonomo, fa capo  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri, per cui e' evidente che gli atti  assunti  da  tale  organo
sono riferibili alla stessa Presidenza  del  Consiglio,  che  ha  nei
confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e  di
indirizzo» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2013, n. 10). 
    Il Commissario Delegato e', dunque, organo dell'apparato  statale
e i suoi atti sono sempre riferibili alla  Presidenza  del  Consiglio
dei Ministri, cio' indipendentemente  dalla  circostanza  che  questi
rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza  dell'amministrazione
e  dell'ente  ordinariamente  competente:  «l'attivita'  svolta   dal
Sindaco  non  implica  automatica  responsabilita'  del  Comune   per
l'adempimento   delle   conseguenti   obbligazioni   ...   al    fine
dell'imputazione della suddetta responsabilita' occorre verificare di
volta in volta ed in base alla disciplina  normativa  di  riferimento
l'appartenenza  dello  specifico   interesse   pubblico   perseguito,
risultando riferibile l'attivita' svolta allo Stato  o  al  Comune  a
seconda della titolarita' dell'interesse medesimo» (Cass. Civ.,  Sez.
II^, 6 dicembre 2005,  n.  26691;  nella  specie,  la  Suprema  Corte
confermava la sentenza di  merito  e  il  difetto  di  legittimazione
passiva del  Comune,  avendo  il  Sindaco  agito  nella  qualita'  di
Commissario Straordinario di  Governo);  e  ancora:  «In  ipotesi  di
impugnativa  di  atti  del  sindaco  adottati   nella   qualita'   di
commissario delegato giusta ordinanza della presidenza del consiglio,
quest'ultima e' soggetto legittimato passivo» (TAR Lazio, Sez. I,  18
ottobre 2012, n. 8598). 
    Dalle considerazioni sin qui svolte se ne deduce dunque che: 
      lo stato di emergenza di cui alla lett.  c  dell'art.  2  della
legge n. 225/1992 rende necessario l'uso di un potere  straordinario,
di tipo anche gestionale, di cui e' titolare soltanto lo Stato  quale
autorita' centrale; 
      il Commissario delegato e' organo dello Stato centrale, di  cui
si avvale il competente  apparato  statale  per  lo  svolgimento  dei
compiti attribuiti dalla legge n. 225/1992. 
    Delineato come sopra il quadro di riferimento ed  in  ragione  di
esso appare  evidente  che  l'art.  1,  comma  422,  della  legge  di
stabilita'  2014  presenti  manifesti   profili   di   illegittimita'
costituzionale. 
    1.  Illegittimita'  dell'art.  1,  comma  422,  della  legge   n.
147/2013, per contrasto con gli artt. 119, commi 1, 4 e 5, Cost. 
    1.1. La  norma  in  esame  viola,  in  primo  luogo,  l'autonomia
finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 Cost., comma 1. 
    Come e' noto, l'articolo 119 della Costituzione  prevede  che  le
Regioni  e  gli  enti  locali   finanzino   le   proprie   spese   di
funzionamento, di  intervento  e  di  amministrazione,  con  i  mezzi
prelevati dalla propria collettivita', salva naturalmente  l'esigenza
di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate. 
    Le Regioni sono dunque titolari di autonomia finanziaria,  intesa
sia come autonomia di entrata, sia come autonomia di spesa e piu'  in
generale come potesta' di stabilire e gestire  in  modo  autonomo  le
risorse finanziarie di cui necessitano  per  la  realizzazione  delle
funzioni loro affidate. 
    Orbene, la disposizione di cui al comma  422  dell'art.  1  della
legge di stabilita' 2014,  in  primo  luogo,  pregiudica  l'autonomia
finanziaria di spesa delle Regioni poiche', prevedendo un  meccanismo
automatico di subentro in tutti i giudizi in corso di cui sono  parte
i commissari  delegati,  impone  alle  Regioni  (e  agli  altri  enti
territoriali  ordinariamente  competenti)  di  farsi   carico   della
gestione di tutto il contenzioso pendente  riferibile  ai  Commissari
delegati, e dunque le obbliga ad utilizzare le  proprie  risorse  per
sostenere oneri finanziari (quali spese di giudizio o conseguenti  ad
eventuali   condanne   risarcitorie),   non   preventivati   e    non
autonomamente decisi. 
    Le Regioni, in  definitiva,  si  vedranno  spogliate  di  risorse
finanziarie che avrebbero potuto utilizzare per  lo  svolgimento  dei
loro compiti istituzionali e che invece dovranno essere destinate per
scopi differenti imposti dalla legge statale. 
    Le scelte di spesa compiute dall'ente  territoriale  risulteranno
pertanto inevitabilmente alterate, dovendosi la Regione sobbarcare  i
costi e ogni altra conseguenza economica di un contenzioso intrapreso
e deciso non dall'ente, bensi' da un organo statale. 
    L'applicazione  della  disposizione  in   questione   compromette
altresi' l'autonomia finanziaria di entrata delle Regioni. 
    In particolare, per quel che concerne  la  Regione  Campania,  la
portata  del  contenzioso  nel  quale  l'ente  territoriale  dovrebbe
subentrare e' davvero ingente. 
    Si pensi che gia' solo l'ordinanza n. 17 del 27 dicembre 2013 del
Commissario De Biase individua ben 76 giudizi pendenti. 
    Dal predetto contenzioso non possono che scaturire per la Regione
spese per la difesa in giudizio ed eventuali condanne risarcitorie in
caso di soccombenza di notevole entita',  a  fronte  delle  quali  si
paleserebbe la  carenza  delle  necessarie  risorse  finanziarie  per
provvedere alla loro copertura. 
    Si prefigura cosi'  la  possibilita'  concreta  che  la  Regione,
trovandosi nell'impossibilita' finanziaria di far fronte  alle  nuove
spese attraverso le dotazioni previste a  legislazione  vigente,  sia
costretta a  deliberare  aumenti  fiscali  o  comunque  a  perseguire
politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe posto in essere. 
    Peraltro, l'eventuale nuova imposizione fiscale a cui la  Regione
sarebbe costretta per far fronte alle spese conseguenti  al  subentro
di cui al comma 422 dell'art. 1 della  legge  n.  147/2013  peserebbe
irragionevolmente  proprio  sull'ente  nel  cui  territorio   si   e'
verificato l'evento calamitoso, con la conseguenza che le popolazioni
colpite dal disastro subirebbero un pregiudizio aggiuntivo rispetto a
quello gia' sopportato a causa dell'evento emergenziale. 
    1.2. La disposizione in esame contrasta altresi'  con  gli  artt.
119, commi 4 e 5 della Costituzione. 
    Nel dettaglio, il quarto comma dell'art. 119 Cost. stabilisce che
«le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (tributi
ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e
quote di spettanza del fondo perequativo) consentono ai Comuni,  alle
Province, alle citta' metropolitane e  alle  Regioni  di  finanziarie
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 
    Il quinto comma dell'art.  119  Cost.  prevede  inoltre  che,  in
deroga al principio di  corrispondenza  tra  funzioni  esercitate  ed
entrate ordinarie, lo Stato destini risorse aggiuntive a singoli enti
territoriali  per  garantire  la  realizzazione  di   alcuni   valori
fondamentali della Repubblica, nonche' per  provvedere  a  scopi  che
esulano dal normale esercizio  delle  funzioni  spettanti  agli  enti
territoriali. 
    In  definitiva  le  citate  norme  costituzionali  consacrano  un
principio di corrispondenza fra risorse e funzioni, il quale non solo
non consente che le funzioni di un ente territoriale  possano  essere
finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in  via
ordinaria, competono al suo bilancio, ma  presuppongono  altresi'  le
risorse ordinarie degli enti territoriali  siano  destinate  soltanto
alle funzioni da essi svolte e non  certamente  al  finanziamento  di
funzioni svolte dallo Stato o da organi statali. 
    Ebbene  il  suddetto  principio  di  corrispondenza  tra  risorse
finanziarie degli enti territoriali e  funzioni  proprie  di  ciascun
ente risulta inevitabilmente compromesso dal  comma  422  dell'art. 1
della legge n. 147/2013. 
    Come dedotto in premessa, infatti, lo  Stato  «ha  una  specifica
competenza» a disciplinare gli eventi  di  cui  all'art.  2  comma  1
lettera c) della legge n. 225/1992. 
    Tale competenza  e'  esercitata  anche  attraverso  i  commissari
delegati, i quali rappresentano la longa manus dell'apparato statale,
essendo appunto lo Stato unico soggetto titolare della gestione della
situazione emergenziale e dunque l'unico legittimato ad adottare  gli
interventi necessari al suo superamento. 
    I provvedimenti  assunti  dai  commissari  delegati  sono  dunque
emanazione delle funzioni emergenziali  proprie  dell'amministrazione
centrale dello Stato e pertanto sempre imputabili alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri. 
    Cio' posto,  e'  innegabile  che  l'applicazione  del  comma  422
dell'art. 1 della legge n. 147/2013 preveda un meccanismo di subentro
automatico dell'ente  territoriale  nella  gestione  del  contenzioso
intrapreso da e nei confronti delle ex gestioni commissariali, che ha
come effetto immediato quello di far gravare sul bilancio  dell'ente,
colpito dall'evento straordinario, il costo  di  interventi  connessi
all'esercizio di funzioni  rientranti,  per  espressa  previsione  di
legge, nella  competenza  esclusiva  dello  Stato  ovvero  di  organi
statali. 
    Il venir meno del  collegamento  tra  risorse  finanziarie  della
Regione  e  funzioni  proprie  dell'ente  concretizza   pertanto   la
violazione dei commi 4 e 5 dell'art. 119 Cost. 
    La sussistenza di un contrasto tra la norma  in  esame  e  l'art.
119, commi 1, 4 e 5 Cost. trova  peraltro  conferma  in  una  recente
pronuncia di Codesta Ecc.ma Code, la n. 22  del  16  settembre  2012,
avente ad oggetto l'art.  2  comma  2-quater  del  decreto  legge  29
dicembre 2010 n. 225, nella parte in cui introduceva i commi 5-quater
e 5-quinquies primo periodo all'art. 5 della legge n. 225/1992. 
    Si trattava,  in  particolare,  di  disposizioni  concernenti  il
finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi  di  maggiore
gravita', che condizionavano  l'intervento  finanziario  dello  Stato
alla persistenza dell'insufficienza di risorse regionali  anche  dopo
l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento  da  parte
del Governo della «rilevanza nazionale» dell'emergenza. 
    Ebbene la Corte ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale per
violazione dell'art. 119 Cost, atteso che  «le  norme  impugnate,  in
quanto impongono alle Regioni di deliberare gli  aumenti  fiscali  in
esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della  protezione
civile, in presenza  di  un  persistente  accentramento  statale  del
servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse.  Parimenti,  le
suddette norme ledono l'autonomia  di  spesa,  poiche'  obbligano  le
Regioni ad utilizzare  le  proprie  entrate  a  favore  di  organismi
statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di
compiti  istituzionali  di  questi  ultimi,  corrispondenti  a   loro
specifiche competenze fissate  nella  legislazione  vigente.  Risulta
violato altresi' il  quarto  comma  dell'art.  119  Cost.,  sotto  il
profilo del legame necessario tra  le  entrate  delle  Regioni  e  le
funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per  se'  le
funzioni in materia di protezione civile, ne  accolla  i  costi  alle
Regioni stesse». 
    2. Illegittimita' dell'art. 1, comma 422, della legge n. 147/2013
per contrasto con gli artt. 117 gomma 3 e 119 Cost. 
    L'art. 1, comma 422, della legge di stabilita' 2014, nel caricare
la Regione Campania di tutte le spese derivanti da scelte  gestionali
operate dai commissari delegati e connesse ai contenziosi  instaurati
da  e  nei  confronti  di  questi  ultimi,  interviene  pesantemente,
condizionandola e limitandola, sull'autonomia finanziaria  regionale,
con violazione oltre che dell'art. 119, anche dell'art. 117, comma  3
della Costituzione. 
    L'ambito delineato dalla combinazione delle  predette  previsioni
costituzionali  attiene  alla  materia  della  finanza  pubblica,  in
un'accezione che comprende sia la necessaria stabilita'  di  bilancio
in risposta all'esigenza di unita' economica dell'ordinamento, sia il
bisogno di garantire  gli  indispensabili  spazi  di  autonomia  alle
Regioni (e agli altri Enti minori) nelle scelte decisionali  inerenti
le loro competenze. 
    La ricerca di un punto di  equilibrio  tra  queste  due  esigenze
coinvolge numerosi  livelli  istituzionali,  in  particolare  ove  si
considerino altresi' i vincoli di natura comunitaria  che  comportano
l'obbligo   di   uniformazione   a   criteri   di   contenimento    e
razionalizzazione della spesa pubblica. 
    L'intervento statale in materia di  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario» ex art. 117, comma 3, Cost. si e' spesso giustificato con
la difficolta' degli Enti locali e delle Regioni di far  fronte  agli
impegni assunti a livello europeo. 
    Tuttavia  tale  intervento  statale,  riguardando   una   materia
rientrante fra quelle a legislazione concorrente ex art.  117,  comma
3,  Cost.   deve   limitarsi   alla   determinazione   dei   principi
fondamentali,  spettando  invece  alla  Regione  la   disciplina   di
dettaglio. 
    Orbene la norma in esame, imponendo  alla  Regione  Campania  dei
precisi vincoli di spesa, ovvero  obbligandola  a  destinare  risorse
proprie a  spese  di  giudizio  non  preventivate  e  non  decise  in
autonomia, si pone in contrasto con la  previsione  di  cui  all'art.
117, comma 3 Cost. 
    All'uopo  e'  opportuno  ribadire  «il  principio   costantemente
affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme  che
fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci
delle  regioni  e  degli  enti  locali  non  costituiscono   principi
fondamentali  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  e  ledono  pertanto  l'autonomia
finanziaria di spesa garantita dall'art.  119  Cost.  Il  legislatore
statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi  vincoli  alle
politiche di bilancio (ancorche' si  traducano,  inevitabilmente,  in
limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo con
«disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento  finanziario
connesse ad obiettivi nazionali, condizionati  anche  dagli  obblighi
comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del
2003 e nn. 4 e 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). 
    E ancora, secondo Codesta Ecc.ma Corte, la  legge  statale  «puo'
stabilire solo un "limite complessivo, che lascia  agli  enti  stessi
ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i  diversi  ambiti  e
obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004)", mentre, al  contrario,
"la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita'  di
una singola voce di spesa non puo' essere  considerata  un  principio
fondamentale in materia di  armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e
coordinamento  della  finanza  pubblica,  perche'  pone  un  precetto
specifico e puntuale sull'entita' della spesa e  si  risolve  percio'
«in una indebita invasione, da parte della legge  statale,  dell'area
[...] riservata alle autonomie regionali e degli  enti  locali,  alle
quali la legge statale puo' prescrivere criteri  [...]  ed  obiettivi
(ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma  non  imporre  nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)» (Corte cost., sent.  n.  417  del
2005). 
    Ebbene, anche in ragione del contenuto delle decisioni di Codesta
Corte sopra citate, non sembra potersi ritenere che la disciplina  di
cui all'art. 1, comma 422,  della  legge  di  stabilita'  2014  rechi
soltanto principi di coordinamento. 
    La norma in questione detta infatti una disciplina specifica e di
dettaglio, scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o  comunitario
e totalmente lesiva delle prerogative regionali. 
    3.  Illegittimita'  dell'art.  1,  comma  422,  della  legge   n.
147/2013, per contrasto con gli artt. 118 e 119  cost.  in  combinato
disposto con gli artt. 81 e 97 cost. 
    Per  tutto  quanto   detto   sub   1   risulta   innegabile   che
l'applicazione del comma 422 dell'art. 1 della  legge  di  stabilita'
2014 precluda alla Regione la libera disponibilita' di alcune  somme,
le  quali  dovranno  essere  destinate  alla  copertura  delle  spese
scaturenti  dal  subentro,  imposto  dalla  norma   in   esame,   nel
contenzioso pendente. 
    La  perdita  della  gestione  diretta  di  liquidita',  derivante
dall'applicazione della citata norma, non puo' che riflettersi  anche
sulle  capacita'  operative  della  Regione:  riducendo  infatti   le
disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo  agli
stessi la possibilita' di gestire in modo libero  e  responsabile  le
proprie risorse, si rende altresi' piu' difficoltoso  fronteggiare  i
costi  connessi  all'esercizio  delle  funzioni   amministrative   di
attribuzione regionale. 
    Ne risulta pertanto leso non solo l'art. 118 Cost.  ma  anche  il
principio di buon andamento della  pubblica  amministrazione  di  cui
all'art. 97 Cost., il quale, richiedendo che ciascuna amministrazione
provveda rapidamente ed efficacemente all'espletamento delle  proprie
funzioni, esige che l'esercizio di queste  ultime  sia  adeguatamente
sorretto da beni e risorse, anche finanziarie. 
    A cio' si aggiunga inoltre che la disposizione di  cui  al  comma
422  dell'art.  1  della  legge  di   stabilita'   2014,   attraverso
l'imposizione del subentro degli enti territoriali nel contenzioso in
corso facente capo ai Commissari Delegati e del conseguente onere  di
spesa, avrebbe dovuto, anche ai sensi dell'art. 81  Cost.,  prevedere
adeguate misure compensative. 
    E' vero infatti che a seguito di manovre di finanza  pubblica  e'
possibile determinare riduzioni finanziarie delle Regioni. 
    Tuttavia,  resta  indispensabile  che  le  predette  manovre  non
comportino uno squilibrio incompatibile con le  complessive  esigenze
di  spesa  finanziaria  dell'ente  territoriale  e  tale  da  rendere
insufficienti le risorse delle quali  ciascuna  regione  dispone  per
l'adempimento dei propri compiti (cfr. Corte costituzionale, sentenze
nn. 431 e 381 del 2004). 
    4.  Illegittimita'  dell'art.  1,  comma  422,  della  legge   n.
147/2013, per violazione degli articoli 3 e 97 e  117,  comma  terzo,
cost. e del principio di ragionevolezza. 
    4.1. La disposizione  della  legge  di  stabilita'  all'esame  di
Codesta Corte viola altresi' gli articoli 3 e 97 e 177, terzo  comma,
della Costituzione. 
    Essa infatti presenta profili di irragionevolezza e  incongruita'
che  si  riflettono  in   termini   negativi   anche   sull'autonomia
costituzionalmente garantita della Regione  Campania,  nonche'  sulla
stessa possibilita' per l'ente territoriale di erogare  servizi  alla
propria collettivita'. 
    Nel    dettaglio    la    nuova    disposizione,    che    impone
all'amministrazione regionale, alla data di  cessazione  dello  stato
emergenziale, il subentro ai sensi dell'art. 110 C.P.C. nei  rapporti
processuali gia' facenti capo al Commissario  delegato,  risulta  non
coerente sia con la natura dei poteri esercitati dallo Stato in  sede
emergenziale, sia con la natura giuridica dei Commissari delegati per
le emergenze. 
    In proposito si evidenzia che l'art. 110 C.P.C., in  ragione  dei
quale «Quando la parte viene meno per morte  o  per  altra  causa  il
processo e' proseguito dal successore universale o in suo confronto»,
ha come necessario presupposto per la sua applicazione il «venir meno
della parte», che si verifica appunto o per morte o per  eventi  alla
morte  assimilabili,  come  ad  esempio  l'estinzione  della  persona
giuridica. 
    Orbene il caso disciplinato dall'art. 1, comma 422,  della  legge
n. 147/2013, inerente alla cessazione dell'ufficio Commissariale  per
scadenza dello stato di emergenza,  del  tutto  irragionevolmente  e'
ricondotto alla fattispecie di cui all'art. 110 C.P.C. 
    Come  infatti  dedotto  in  premessa,  il  Commissario  Delegato,
nominato in virtu' di quanto previsto  dall'art.  5,  comma  4  della
legge n. 225/1992,  agisce  nella  veste  di  organo  a  connotazione
«statale», essendo lo  Stato  l'unico  soggetto  a  cui  puo'  essere
riconosciuta la titolarita' della gestione dello stato  di  emergenza
nelle ipotesi di cui all'art. 2 comma 1 lettera  c)  della  legge  n.
225/1992. 
    II Commissario e' longa manus del Governo (Corte  Cost.  sentenze
nn. 237 del 2007, n. 41/2007 e 92/2008) e i suoi provvedimenti devono
essere considerati quali  atti  dell'amministrazione  centrale  dello
Stato. 
    Da quanto sopra se ne deduce che  la  cessazione  della  gestione
commissariale per effetto della scadenza dello stato di emergenza non
puo' certamente essere considerata alla stregua  della  morte  ovvero
dell'estinzione di persona giuridica. 
    Lo Stato, infatti, di cui il Commissario delegato  e'  organo  ed
espressione, non viene certamente meno. 
    Pertanto alla cessazione  delle  funzioni  commissariali  avrebbe
dovuto conseguire l'applicazione dell'art. 111 C.P.C., in virtu'  del
quale «il processo prosegue tra le parti  originarie»  e  non  invece
l'applicazione della diversa fattispecie di cui all'art. 110 C.P.C.. 
    Sul punto peraltro si richiama la  copiosa  giurisprudenza  della
Corte di Cassazione, secondo cui «proprio nel caso di successione  di
diritti  tra  enti  (anche  pubblici)  allorche'  non  vi  sia  stata
estinzione dell'ente cedente, si verifica un'ipotesi  particolare  di
successione nel diritto controverso,  ai  sensi  dell'art.  111  cod.
proc. civ.: cio', si noti, anche quando si abbia una successione  per
universitatem nel diritto dedotto in giudizio (purche', ripetesi, non
sia venuta meno la parte). In  tali  casi  (e  quindi  anche  ove  si
ritenga che  il  trasferimento  delle  funzioni  dal  Ministero  alle
agenzie fiscali configuri un'ipotesi di successione  universale  ...)
il processo prosegue tra le  parti  originarie»  (Cassazione  Civile,
sentenza n. 11979 dell'8 agosto 2003; in tal senso  anche  Cassazione
Civile n. 1558 del 1995; n. 4018 del 1998; n. 104 del 1999). 
    ll legislatore avrebbe dovuto, dunque, in coerenza con il sistema
e con il ruolo e la natura giuridica  della  figura  del  commissario
delegato, far conseguire alla scadenza  dello  stato  emergenziale  e
alla cessazione dell'ufficio commissariale la prosecuzione di tutti i
contenziosi  pendenti  «tra  le  parti  originarie»,  ossia  con   la
Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
    L'art. 1 comma 422 della legge n. 147/2013, al contrario,  impone
del tutto irrazionalmente il subentro, ex art. 110 C.P.C., degli enti
territoriali  nelle  posizioni  processuali  facenti  capo  alle   ex
gestioni commissariali e pendenti alla data di scadenza  dello  stato
emergenziale; la statuizione consente cosi' allo Stato un'abdicazione
dei propri compiti e palesa una  irragionevolezza  che  si  riverbera
inevitabilmente - anche  per  tutto  quanto  dedotto  supra  -  sulle
attribuzioni e sulle autonomie riconosciute alle  Regioni  (e  dunque
anche alla Regione Campania) dagli artt. 117, 118 e 119 Cost. 
    4.2. Alla predetta incongruenza se ne aggiunge anche un'altra. 
    La norma in esame, infatti, difetta altresi'  di  ragionevolezza,
per la distinzione in essa contenuta fra  le  gestioni  commissariali
facenti capo a soggetti rappresentanti delle amministrazioni e  degli
enti ordinariamente competenti e  gestioni  commissariali  svolte  da
soggetti estranei agli enti territoriali  (cfr.  ultimo  periodo  del
comma 422 dell'art. 1 della  legge  n.  147/2013,  secondo  cui:  «Le
disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole
ipotesi in cui soggetti  nominati  ai  sensi  dell'articolo  5  della
medesima  legge  n.  225  del   1992   siano   rappresentanti   delle
amministrazioni  e  degli  enti  ordinariamente   competenti   ovvero
soggetti dagli stessi designati»). 
    La predetta differenziazione appare priva di giustificazione,  in
ragione della circostanza che gli atti del Commissario delegato  sono
comunque e sempre imputabili al Governo centrale, a  prescindere  dal
ruolo  che  questi  possa  rivestire  nell'ente  territoriale   (cfr.
giurisprudenza sopra citata). 
    E' prospettabile pertanto la violazione da parte del  comma  422,
dell'art. 1 della legge di stabilita'  oltre  che  del  principio  di
ragionevolezza anche del principio di uguaglianza di cui  all'art.  3
Cost.,  risultando  la  disposizione  chiaramente  e  immotivatamente
iniqua nei confronti di quegli enti territoriali nel  cui  territorio
agiva un  commissario  delegato  che  rivestiva  anche  un  ruolo  di
rappresentanza nell'ente stesso. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Regione Campania, come sopra rappresentata  e  difesa,  chiede
che Codesta Ecc.ma  Corte,  in  accoglimento  del  presente  ricorso,
voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma
422 della legge n. 147/2013 per violazione degli articoli  119,  117,
comma 3, 118, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonche' del principio di
ragionevolezza. 
      Roma, 24 febbraio 2014 
 
            Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia