N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (della Provincia autonoma di Trento). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Rinnovo dei contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 - Assoggettamento al nulla osta dell'Agenzia del demanio - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnativa proposta per l'eventualita' che la disposizione sia interpretata come direttamente vincolante per le Province autonome - Denunciata violazione della potesta' legislativa e amministrativa provinciale in materia di organizzazione dei propri uffici e degli enti paraprovinciali - Ingerenza nell'autonomia organizzativa e nella gestione del patrimonio delle Province autonome - Inconfigurabilita' della norma censurata quale principio di coordinamento della finanza pubblica - Lesione dell'autonomia finanziaria provinciale - Violazione del sistema statutario di rapporti fra Stato e Province autonome - Inosservanza del regime di adeguamento della legislazione provinciale - Contrasto con norme statutarie e di attuazione. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 388. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 1), 16, 68, 79, 87, 88 e 108; Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2 e 4; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 16; d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Destinazione delle maggiori entrate derivanti da tributi erariali a confluire, nelle misure annuali indicate, nel «Fondo per interventi strutturali di politica economica» - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata introduzione unilaterale di una riserva all'erario al di fuori delle ipotesi e in assenza dei requisiti stabiliti dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione - Violazione dell'autonomia finanziaria provinciale, della disciplina statutaria dei rapporti finanziari tra Stato e Province autonome e del principio dell'accordo per modificarli. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 157 e 179. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 75, comma 1, lett. g), 103, 104 e 107, nonche' Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10 e 10-bis; legge 23 dicembre 2009, n. 191. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Riserva all'erario statale, per il quinquennio 2014-2019, delle nuove e maggiori entrate erariali derivanti dai decreti-legge n. 138 e n. 201 del 2011, destinazione integrale delle stesse a copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, e fissazione con successivo decreto del MEF, sentiti i Presidenti delle Giunte regionali interessate, delle modalita' di individuazione del maggior gettito attraverso separata contabilizzazione - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata riserva integrale allo Stato di maggiori entrate spettanti pro quota alle Province autonome - Esorbitanza dalle ipotesi statutarie di riserva ed assenza dei requisiti stabiliti dalle norme di attuazione - Contrasto con il giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2012 - Alterazione unilaterale dei rapporti finanziari tra Stato e Province autonome e violazione del principio dell'accordo consensuale per regolarli - Riferimento alle impugnazioni proposte con precedenti ricorsi (n. 142 del 2011 e n. 34 del 2012) - In subordine: violazione del principio di leale collaborazione, in relazione alla mancata previsione dell'intesa con la Provincia autonoma per l'individuazione del maggior gettito. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 508. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75 e 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9 e 10, comma 6; Costituzione, (art. 81, comma sesto, e ) art. 136 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); legge 24 dicembre 2012, n. 243, art. 12; legge 23 dicembre 2009, n. 191. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Possibilita' di intese tra lo Stato e le singole autonomie speciali, entro il 30 giugno 2014, per concordare misure alternative alle riserve all'erario e al concorso alla finanza pubblica - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnativa proposta «in connessione» con quella riguardante il comma 508 della medesima legge - Denunciata conferma della finalita' di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nonche' delle riserve erariali e del concorso finanziario provinciale in assenza di misure alternative - Conformazione unilaterale dei risultati dell'intesa agli obiettivi prefissati di finanza pubblica - Contrasto con lo Statuto speciale e con le norme attuative. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 511. - [Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75 e 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9 e 10, comma 6; Costituzione, (art. 81, comma sesto, e ) art. 136 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); legge 24 dicembre 2012, n. 243, art. 12; legge 23 dicembre 2009, n. 191]. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione che gli oneri finanziari relativi alle funzioni delegate dallo Stato mediante intesa siano assunti dalle Province autonome in luogo e nei limiti delle riserve all'erario previste dal comma 508 della medesima legge e computati quale concorso al riequilibrio della finanza pubblica nei termini dello stesso comma - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata previsione di una misura alternativa a riserve erariali contestate dalla ricorrente - Contrasto con le previsioni statutarie riguardanti il concorso delle Province autonome al riequilibrio della finanza pubblica - Contrasto con le disposizioni statutarie e attuative che disciplinano gli oneri di spesa per l'esercizio delle funzioni delegate dallo Stato - Ingiustificata correlazione dei finanziamenti assunti dalle Province a vincoli posti unilateralmente dallo Stato. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 515, terzo periodo. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 16 e 79, comma 1, lett. c); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9 e 14. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni (incluse Regioni, Province autonome ed enti locali) sulla base degli indirizzi indicati da apposito Comitato interministeriale - Determinazione degli importi minimi complessivi che annualmente le misure adottate devono assicurare - Determinazione dei contributi alla finanza pubblica correlativamente dovuti dalle Regioni e dalle Province autonome per il triennio 2015-2017 e dagli enti locali per gli anni 2016 e 2017 - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria provinciale - Contrasto con la regolamentazione statutaria del concorso delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica - Violazione del principio dell'accordo per la regolazione dei rapporti finanziari con lo Stato - Lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa provinciale in materia di organizzazione - Violazione della potesta' regolamentare provinciale - Contrasto con norme attuative dello statuto speciale - Violazione del principio di leale collaborazione - Lesione dei poteri di coordinamento finanziario spettanti alle Province autonome con riferimento agli enti locali e a quelli strumentali - Lesione della competenza provinciale primaria in materia di finanza locale. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 427, primo periodo, e 429. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 1), 16, 53, 54, 79, 80 (come modificato dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) e 81; Costituzione, artt. 117, commi quarto e sesto, e 118 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17, comma 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Contenimento della spesa per la sanita' pubblica - Regolamentazione del concorso delle autonomie speciali alla riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Richiamo alle censure formulate in precedenti ricorsi (n. 156 del 2012 e n. 35 del 2013) avverso gli artt. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, e 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 [- Violazione dell'autonomia provinciale nell'organizzazione e gestione del servizio sanitario - Interferenza con la destinazione dei tributi erariali statutariamente spettanti alle Province autonome - Alterazione unilaterale dell'assetto dei rapporti finanziari tra queste e lo Stato e violazione del principio dell'accordo per modificarli - Inosservanza della procedura di revisione dello Statuto speciale]. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 481. - [Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 9, n. 10), 16, 75, 79, 103, 104 e 107; Costituzione, art. 117, comma terzo (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 108; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197]. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione di concorso alla finanza pubblica a carico della Provincia autonoma di Trento fino al 2017 mediante riduzione tabellare di spese e ulteriori contributi - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Richiamo alle censure formulate in precedente ricorso (n. 35 del 2013) avverso l'art. 1, commi 455 e 456, della legge n. 228 del 2012 [- Violazione del principio dell'accordo tra Stato e Province autonome in materia finanziaria - Violazione del principio di ragionevolezza, per contraddittorieta' intrinseca]. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 499, lett. b) e c), e 500, rispettivamente modificativi dei commi 454 e 455 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. - [Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 79, comma 3, primo periodo; Costituzione, art. 3 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)]. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Condizioni per l'adempimento del patto di stabilita', casi di inadempimento e relative sanzioni - Previsione, nell'ambito delle sanzioni relative all'inosservanza del patto di stabilita' interno riferito anche alle Province autonome, del divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e di stipulare contratti di servizio elusivi del divieto - Conferma per il 2013 dell'operativita' degli adempimenti prescritti per sanare l'eventuale inosservanza del patto di stabilita' - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Richiamo alle censure formulate in precedente ricorso (n. 35 del 2013) avverso l'art. 1, commi 461, 462 e 463, della legge n. 228 del 2012 [- Contrasto con la speciale disciplina statutaria degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno - Inosservanza del principio consensuale nei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali e delle forme procedimentali per la modifica o l'attuazione del Titolo VI dello statuto speciale - Eventuale violazione delle potesta' provinciali riguardanti gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e il coordinamento degli enti locali - Eventuale violazione della competenza legislativa provinciale in materia di finanza locale]. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 502 e 504, l'uno modificativo del comma 461 e l'altro abrogativo (a decorrere dall'esercizio 2014) del comma 463 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. - [Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 79, 80, 81, 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17, comma 3; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2]. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Ripartizione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica (sia in termini di saldo netto da finanziare, sia in termini di indebitamento netto) mediante intesa fra la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome da comunicare al MEF entro il 30 giugno 2014 - Individuazione da parte del MEF dei criteri di riparto del contributo in caso di mancata intesa - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione - Contrasto con la previsione statutaria dell'intesa tra le singole autonomie speciali e il Ministro dell'economia e delle finanze per definire gli obblighi relativi al patto di stabilita' - Istituzione di un potere sostitutivo unilaterale con riferimento a materie statutarie. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 516. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 79, comma terzo; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, art. 8. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Ulteriore concorso alla finanza pubblica delle autonomie speciali per complessivi 240 milioni di euro nell'anno 2014, da assicurare con le procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 - Accantonamento di esso, in attesa delle norme di attuazione, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, secondo importi tabellari per ciascuna autonomia, modificabili mediante accordo in Conferenza permanente Stato-Regioni - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata previsione unilaterale di un ulteriore concorso alla finanza pubblica in contrasto con le norme statutarie - Impossibilita' di verificare la proporzionalita' del riparto tabellare - In subordine: violazione del principio di ragionevolezza, ridondante in lesione dell'autonomia finanziaria provinciale. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 526 e 527. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 103, 104 e 107; Costituzione, art. 3 (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 108. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Conferma dell'accantonamento sulle quote di compartecipazione delle Province autonome ai tributi erariali come meccanismo per assicurare la riserva allo Stato di quote di tributi locali - Riserva allo Stato del gettito IMU relativo agli immobili ad uso produttivo - Compensazione, per i comuni delle Province autonome, del minor gettito IMU derivante da nuove norme statali con un minor accantonamento di 5,8 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Previsione che, dall'anno 2014, per i medesimi comuni non si tiene conto del minor gettito IMU derivante dal comma 707 della legge di stabilita' 2014 - Procedure e modalita' di riversamento e regolazione di somme tra lo Stato e gli enti locali delle Province autonome - Conferma dell'applicabilita' dell'art. 13, comma 17, del decreto legge n. 201 del 2011 nei territori delle Province autonome (e delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta) - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della competenza statutaria provinciale in materia di finanza locale - Richiamo o riferimento alle censure formulate in precedenti ricorsi (n. 34 del 2012, n. 35 del 2013 e n. 3 del 2014) avverso gli artt. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011, 1, comma 380, lett. f), della legge n. 228 del 2012, 3, comma 2-bis, del decreto-legge n. 102 del 2013 [- Violazione dell'autonomia finanziaria provinciale - Sottrazione di risorse tributarie spettanti alla Provincia o agli enti locali - Violazione della competenza provinciale in materia di finanza locale - Violazione del principio dell'accordo nelle relazioni finanziarie tra Stato e autonomie speciali e delle procedure paritetiche per modificarle - Estraneita' al sistema finanziario provinciale del meccanismo dell'accantonamento] - Violazione del principio di ragionevolezza, ridondante in lesione dell'autonomia finanziaria provinciale, in relazione al funzionamento del meccanismo dell'accantonamento. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 521, 711, 712, 723, 725, 727 e 729, l'ultimo modificativo dell'art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. - [Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 80 (come modificato dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), 81, 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis].(GU n.17 del 16-4-2014 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro-tempore Ugo Rossi, previa deliberazione della Giunta provinciale 14 febbraio 2014, n. 210 (doc. 1) e delibera di ratifica del Consiglio provinciale 19 febbraio 2014, n. 5 (doc. 2), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27992 del 19 febbraio 2014 (doc. 3), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento, nonche' dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15HSO1Y) di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5, Roma; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 157, 179, 388, 427, primo periodo, 429, 481, 499, lettere b) e c), 500, 502, 504, 508, 511, 515, terzo periodo, 516, 521, 526, 527, 711, 712, 723, 725, 727 e 729 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)», pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 - Supplemento ordinario; Per violazione: dell'art. 8, n. 1), dello Statuto speciale; dell'art. 9, n. 10), dello Statuto speciale nonche' del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474; degli articoli 16, 53, 54, 103, 104, 107, 108 dello Statuto speciale, nonche' delle correlative norme di attuazione; degli articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305; del titolo V dello Statuto speciale, in particolare dell'art. 68, e del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115; del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 75, 79, 80 e 81, e delle relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare articoli 2 e 4; del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; degli articoli 117, 118, 119, 120 e 136 della Costituzione in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto e diritto Premessa Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014). Tale legge ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno anche le diverse disposizioni qui impugnate. E' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 388 Il comma 388 dispone quanto segue: «Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi della facolta' di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito della propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli». Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, co. 2, l. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli enti locali ed i rispettivi enti strumentali. Per vero, lo stesso tenore tutto «intrastatale» della normativa lascia pensare che essa non sia destinata ad applicarsi agli enti dotati di autonomia costituzionale, ivi compresi i loro enti locali e strumentali. Tuttavia, vista l'assenza, nella l. 147/2013, di una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, e' possibile che la disposizione in esame possa essere interpretata come direttamente vincolante anche per le Province autonome, gli enti locali trentini ed i rispettivi enti strumentali, con la conseguenza che i contratti di locazione stipulati dai predetti enti sarebbero sottoposti ad un controllo preventivo di merito da parte di una Amministrazione statale. Se questo fosse il senso del comma 388, esso violerebbe la potesta' legislativa primaria di questa Provincia in materia di organizzazione dei propri uffici e degli enti paraprovinciali e la corrispondente potesta' amministrativa: v. l'art. 8, n. 1), e l'art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art. 118 Cost. (in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5). E' chiaro, infatti, che la soggezione del rinnovo del contratto di locazione di immobili al nulla-osta dell'Agenzia del demanio rappresenta una ingerenza nell'autonomia organizzativa della Provincia e degli enti para-provinciali, una vera forma di «tutela amministrativa» che non trova alcun fondamento nello Statuto e nella Costituzione. L'art. 68 dello Statuto speciale stabilisce che «le province, in corrispondenza delle nuove materie attribuite alla loro competenza, succedono, nell'ambito del proprio territorio, nei beni e nei diritti demaniali e patrimoniali di natura immobiliare dello Stato e nei beni e diritti demaniali e patrimoniali della regione» (v. anche l'art. 108 St.); il relativo trasferimento e' stato concretamente attuato con il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino - Alto in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della regione), e conseguentemente le funzioni amministrative sui beni demaniali e su quelli patrimoniali trasferiti a questa Provincia sono esercitate della strutture amministrative della medesima. Inoltre, ai sensi del primo comma dell'art. 16 del d.lgs. 268/1992, «spetta alla regione e alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti da esse dipendenti». E' dunque pacifica l'ingerenza del comma 388 nell'autonomia organizzativa provinciale, spettando alla Provincia disciplinare l'organizzazione dei propri uffici e la gestione del proprio patrimonio. Tale ingerenza non potrebbe in alcun caso essere giustificata sulla base della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. In primo luogo, rilevano due norme speciali: il gia' citato art. 16 d.lgs. 268/1992 (che attribuisce espressamente alla Provincia competenza sull'amministrazione del patrimonio e sui contratti regionali) e l'art. 79 dello Statuto, che regola in modo esaustivo i modi in cui la Provincia concorre «all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» (co. 1), e al comma 3 stabilisce che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo», aggiungendo che «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Dunque, l'applicazione del comma 388, che rappresenta una misura di coordinamento finanziario, alla Provincia di Trento si pone in contrasto con l'art. 79 St. In secondo luogo, il comma 388 non rappresenta comunque un principio di coordinamento, in quanto e' volto a limitare una voce ultra-minuta di spesa, in modo non temporaneo e senza lasciare margini di svolgimento alla Provincia: anche sotto questo profilo, dunque, sono violati l'art. 117, co. 3, Cost. e l'autonomia finanziaria provinciale. Inoltre, la previsione di un potere preventivo di autorizzazione in capo ad un organismo statale e la disciplina del relativo procedimento si pongono in violazione del sistema dei rapporti fra Stato e Province autonome, quale risulta delineato dagli articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, tra cui, in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino - Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di controllo della corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto. La legge statale non puo' introdurre, a carico della Provincia, controlli statali non previsti da queste fonti perche' la materia dei controlli rientra, appunto, nella sfera dei «rapporti tra Stato e Provincia», di competenza dello Statuto e delle norme di attuazione. Infine, il comma 388 si pone in contrasto con l'art. 2 d.lgs. 266/1992, in quanto detta una norma direttamente applicabile in materia provinciale (organizzazione provinciale o coordinamento della finanza pubblica); l'esistenza di un mero dovere di adeguamento e' ribadita dall'art. 79, co. 4, St. per le «specifiche disposizioni legislative dello Stato» aventi «finalita' di coordinamento della finanza pubblica». E' pure violato l'art. 4 d.lgs. 266/1992, secondo il quale, nelle materie di competenza della Regione e delle Province autonome, la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione. Il nulla-osta contemplato dal comma 388 e' una funzione amministrativa e l'Agenzia del demanio, pur essendo un ente autonomo, e' riconducibile al sistema ordinamentale statale, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale che ammette le Regioni a sollevare conflitto di attribuzioni contro gli atti delle agenzie fiscali. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 157 e 179 Il comma 156, che non forma oggetto di impugnazione, estende l'arco temporale di applicazione della disciplina della rivalutazione dei valori di acquisto ai fini della applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze di cui al Testo Unico delle imposte sui redditi, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). Nel nuovo testo l'art. 2, co. 2, d.l. 282/2002 dispone che «le disposizioni degli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2014», e che «le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2014». E' invece impugnato il comma 157, il quale destina le maggiori entrate derivanti dal comma 156 a confluire nel «Fondo per interventi strutturali di politica economica» di cui all'art. 10, co. 5, d.l. 282/2004, nella misura di 200 milioni di euro per il 2014 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Similmente, il comma 179 dispone che «le maggiori entrate derivanti dai commi 151, 177 e 178, pari complessivamente a 237,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 191,7 milioni di euro per l'anno 2015, a 201 milioni di euro per l'anno 2016 e a 104,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, affluiscono al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282». Il comma 151 riguarda l'imposta sostitutiva applicabile per la rivalutazione di determinati valori contabili in relazione all'Ires: il comma 177 riguarda, per le societa' del settore della raccolta di pubblicita' on-line, gli indicatori di profitto da utilizzare ai fini della determinazione del reddito di impresa per determinate operazioni; infine, il comma 178 riguarda l'obbligo di utilizzo di strumenti di pagamento idonei ad assicurare la tracciabilita' di operazioni di acquisto di servizi di pubblicita' on-line soggette ad Iva. A sua volta, il richiamato art. 10, co. 5, d.l. 282/2004 dispone che, "al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e' istituito un apposito «Fondo per interventi strutturali di politica economica»...". Nei termini esposti, ad avviso della ricorrente Provincia autonoma di Trento il comma 157 ed il comma 179 violano l'autonomia finanziaria della Provincia, e in particolare l'art. 75 St. e il d.lgs. 268/1992, che disciplina tassativamente le ipotesi di riserva all'erario (articoli 9, 10 e 10-bis). Infatti, l'art. 75 dello Statuto speciale dispone che «sono attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici». La natura «erariale» dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e delle imposte di cui al comma 179 e' pacifica. Dunque, il maggior gettito riservato allo Stato dalle norme impugnate rientra evidentemente tra le «entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate», di cui all'art. 75, co. 1, lett. g), St. In questi termini, i nove decimi di esso spettano alla Provincia. Percio' i commi 157 e 179 sono costituzionalmente illegittimi. La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992, che al contrario risulta anch'essa violata. Per quanto qui rileva, infatti, l'art. 9 di tale decreto dispone che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»; si aggiunge poi che «fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis». Per una piu' completa comprensione di questa clausola conviene ricordare che l'art. 10 regolava la «quota variabile» di cui all'art. 78 dello Statuto, quota che e' stata soppressa dall'art. 1, comma 107, della legge n. 191 del 2009 (comma emanato ai sensi dell'art. 104 dello Statuto di autonomia), come parte del contributo delle Province autonome al conseguimento degli obbiettivi di perequazione e di stabilita'. In relazione ad essa il comma 6 dell'art. 10 stabiliva che «una quota del previsto incremento del gettito tributario, escludendo comunque gli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale, spettante alle province autonome e derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita' e non considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo all'esercizio finanziario precedente, da valutarsi al netto delle eventuali previsioni di riduzione di gettito conseguenti all'applicazione di norme connesse, puo' essere destinata, limitatamente agli esercizi previsti dall'accordo, al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti». A sua volta, l'art. 10-bis dispone che «entro la data di cui al comma 2 dell'art. 10 e' altresi' definito l'accordo tra il Governo e il presidente della giunta regionale che individua: a) la quota da destinare al bilancio dello Stato del gettito tributario derivante da maggiorazioni di aliquote di tributi o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all'art. 9, qualora il predetto gettito non risulti distintamente contabilizzato nel bilancio dello Stato, ovvero temporalmente delimitato; b) l'eventuale quota delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione, che rimane a carico del bilancio della regione medesima, in relazione alle disposizioni di cui al comma 6 dell'art. 10, da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito tributario derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica, nonche' tenuto conto della quota di cui alla lettera a)». In altre parole, sin da prima della modifica dello Statuto concordata nel 2009 tra lo Stato e la Regione e le Province autonome (e tradotta - a termini dell'art. 104 dello Statuto - nelle pertinenti disposizioni della l. n. 191 del 2009), solo attraverso lo strumento dell'accordo possono essere riservate risorse allo Stato, secondo le disposizioni degli artt. 10 e 10-bis dello stesso d.lgs. n. 268/1992, al di fuori dei rigorosi presupposti per la riserva all'erario di cui all'art. 9 del d.lgs. 268/1992. Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che, nel caso dei commi 157 e 179, non sussistono i requisiti posti dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario. Innanzi tutto, non si tratta in questi casi del «gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi». Infatti il comma 156 non prevede una maggiorazione di aliquota ne' istituisce un nuovo tributo, ma soltanto - come detto - estende l'arco temporale di applicazione di un istituto dalla cui applicazione derivano entrate fiscali seconde le regole precedenti; e neppure i commi 151, 177 e 178 prevedono maggiorazioni di aliquote o nuovi tributi. Inoltre, se pure si trattasse di nuovo tributo, non sussistono i requisiti sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010, secondo la quale "tale articolo richiede, per la legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". Ora, i commi 157 e 179 non soddisfano questi requisiti per quanto riguarda la finalita' della riserva. Il «Fondo per interventi strutturali di politica economica», come risulta dallo stesso nome, non e' destinato a «nuove specifiche spese di carattere non continuativo», ma a interventi «strutturali», aventi per di piu' finalita' («al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica») corrispondente a quella esclusa dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 . Pare chiara, dunque, l'illegittimita' dei commi 157 e 179, per violazione dell'art. 75, lett. g), dello Statuto speciale e degli artt. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992. Si puo' qui comunque ricordare, ad ulteriore supporto dell'argomentazione ora illustrata, che la sent. 142/2012 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 21, d.l. 98/2011, «nella parte in cui dispone che sia integralmente versato al bilancio dello Stato il gettito dell'addizionale erariale sulla tassa automobilistica provinciale percetto nei rispettivi territori delle Province autonome di Trento e di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali Province autonome i nove decimi di detto gettito». Analogo orientamento e' espresso anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2012, relativa alle simili condizioni richieste per le riserve all'erario anche dagli ordinamenti di altre autonomie speciali. I commi 157 e 179 violano poi il principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali. Tale principio emerge chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme di esso sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui all'art. 103 St., adottata su parere dei consigli provinciali e regionale) solo «con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province» (art. 104) e possono essere attuate e integrate solo con la speciale procedura paritetica di cui all'art. 107 St. La procedura concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per le modifiche apportate dalla l. 191/2009 e ora l'art. 79, co. 3, St. ha codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle leggi statali finanziarie) per la conclusione del patto di stabilita'. Le sentenze di codesta Corte sopra citate hanno confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508 E' opportuno ora, di seguito, illustrare l'incostituzionalita' del comma 508, dato che anch'esso prevede un'ipotesi di riserva all'erario. Il comma 508 dispone che, «al fine di assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilita' del debito pubblico, in attuazione dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138... e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114» (primo periodo). Il comma 508 prevede anche che, «con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione» (secondo periodo). Dunque, il comma 508, primo periodo, si riferisce a tutte le maggiori entrate derivanti dal d.l. 138/2011 (come quelle derivanti dall'art. 1, co. 6, dall'art. 2 - che ad esempio introduce il contributo di solidarieta' e aumenta l'aliquota IVA al 21 % - e dall'art. 7) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso prevede maggiori entrate erariali, ad esempio, all'art. 10 (a seguito dell'emersione della base imponibile), all'art. 15 (che aumenta le aliquote di accisa sui carburanti), all'art. 16 (che aumenta la tassa automobilistica per le auto di lusso e istituisce la tassa annuale di stazionamento sulle imbarcazioni e l'imposta erariale sugli aeromobili privati), all'art. 18 (che aumenta le aliquote Iva), all'art. 19 (che aumenta l'imposta di bollo relativa a conti correnti e strumenti finanziari, introduce un'imposta di bollo speciale annuale sulle attivita' finanziarie che hanno beneficiato del c.d. scudo fiscale e un'imposta straordinaria per le stesse attivita' se gia' prelevate dal rapporto di deposito, istituisce un'imposta sul valore degli immobili situati all'estero e istituisce un'imposta sul valore delle attivita' finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato), all'art. 20 (in materia di riallineamento delle partecipazioni) e all'art. 24 (il cui comma 31 regola la tassazione delle indennita' di fine rapporto di importo complessivamente eccedente euro 1.000.000 e dei compensi e indennita' a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle societa' di capitali, ed il cui comma 31-bis aumenta il contributo di solidarieta' sulle c.d. pensioni d'oro). Dunque, anche il comma 508 (come i commi 157 e 179) riserva interamente all'erario maggiori entrate che spettano, invece, pro quota a questa Provincia, ai sensi dell'art. 75 St. (sul quale v. il punto precedente). Questa Provincia ha gia' impugnato con ricorso 142/2011 (che sara' discusso all'udienza del 20 maggio 2014) il comma 3, ultimo periodo, ed il comma 36 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, che riservano all'erario le maggiori entrate tributarie disposte nello stesso decreto-legge n. 138 del 2011; ha anche impugnato con ricorso 34/2012 l'art. 48 d.l. 201/2011, in quanto diretto a riservare al bilancio dello Stato il maggior gettito fiscale derivante dalle maggiori entrate tributarie disposte dal medesimo decreto. Neppure la riserva disposta dal comma 508, primo periodo, soddisfa i requisiti di cui all'art. 9 d.lgs. 268/1992, come illustrati al punto precedente. Infatti, la finalita' della riserva («copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso») corrisponde (come risulta anche dai commi 511 e 515: v. infra) a quella esclusa dall'art. 9 («raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica»). E' opportuno ricordare che per tale obiettivo lo Statuto prevede (come tra breve si dira') diversi e appropriati strumenti, ma esclude lo strumento della semplice riserva all'erario. Inoltre, se pure la finalita' e la destinazione delle risorse fossero appropriate, sarebbe comunque da rimarcare che mancano i caratteri della novita', della specificita' e della temporaneita' delle spese statali a cui la riserva di gettito prevista dal comma 508 e' destinata. Anche sotto questo profilo, dunque, la riserva non corrisponde al modello normativo che la renderebbe ammissibile. E' da sottolineare che la sent. 241/2012 ha gia' dichiarato l'incompatibilita' dell'analoga riserva prevista dal d.l. 138/2011 con alcune norme di Statuti di altre Regioni speciali del tutto simili all'art. 9 d.lgs. 268/1992. Il comma 508, dunque, si pone in contrasto anche con il giudicato costituzionale, in violazione dell'art. 136 Cost. Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 10, co. 6 (nella denegata ipotesi che esso sia ritenuto applicabile: v. il punto 1), anche perche' riserva all'erario tutte «le maggiori entrate», mentre la norma di attuazione limita ad «una quota del previsto incremento del gettito tributario» la possibilita' di destinazione «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica». Infine, il comma 508 viola l'art. 12 l. 243/2012, la' dove consente solo «nelle fasi favorevoli del ciclo economico» di porre a carico degli enti territoriali un contributo al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e solo «tenendo conto della quota di entrate proprie degli enti di cui al comma 1 influenzata dall'andamento del ciclo economico». Considerato che il comma 508 si applica dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2018 e che l'art. 12 l. 243/2012 si applica dal 1° gennaio 2016 (v. l'art. 21, co. 3, l. 243/2012), da tale data fino al 31 dicembre 2018 la riserva prevista dal comma 508 si pone in contrasto con l'art. 12 l. 243/2012, che puo' fungere da parametro perche' si tratta di una legge «rinforzata», approvata a maggioranza assoluta dalle Camere ai sensi dell'art. 81, co. 6, Cost. Il comma 508, primo periodo, viola anche l'art. 79 St. ed il principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), governa il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali: v. l'ultimo capoverso del punto 2. L'art. 79 stabilisce che «le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» nei modi di seguito indicati e «con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3» (co. 1), aggiungendo che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (co. 2). Sia il comma 3 («Non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale») che il comma 4, poi, stabiliscono la non applicazione alle Province delle norme statali che, in questa materia, valgono per altre Regioni. Poiche' il comma 508 riserva le maggiori entrate «alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012», ne deriva la violazione delle norme - sopra citate - contenute nell'art. 79 St., che configurano un sistema completo di concorso delle Province agli «obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario», non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. In effetti, e' assolutamente incongruo e ad avviso della Provincia illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio con la riforma statutaria di cui alla l. 191/2009, frutto essa stessa di un solenne accordo tra lo Stato, la Regione Trentino Alto Adige/Sűdtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Il secondo periodo del comma 508 dispone che «con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione». Si tratta dunque di una norma volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale, pertanto, e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati. In subordine, essa e' poi censurabile specificamente ed autonomamente sotto un ulteriore aspetto, cioe' per la mancata previsione dell'intesa con la Provincia di Trento in relazione al decreto che stabilisce le modalita' di individuazione del maggior gettito. Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse che spetterebbero alla Provincia, in una materia dominata dal principio consensuale, risulta specificamente illegittima, per violazione del principio di leale collaborazione, la previsione di un decreto ministeriale senza intesa con la Provincia di Trento. 4) In connessione. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 511 Il comma 511 dispone che «le disposizioni di cui ai commi 508, 510 e 526 cessano di avere applicazione qualora vengano raggiunte intese, entro il 30 giugno 2014, tra lo Stato e ciascuna autonomia speciale in merito all'adozione di interventi diversi, in grado di concorrere in misura corrispondente al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per il periodo considerato nei medesimi commi 508, 510 e 526». La ricorrente Provincia non contesta il comma 511 in quanto esso prevede una possibile intesa: al contrario, essa ha argomentato come lo strumento dell'intesa sia esattamente quello previsto dal sistema statutario, ed in particolare dall'art. 79 dello Statuto. Essa lo contesta, invece, sotto profili diversi. In primo luogo, prevedendo una possibile misura alternativa alla riserva di cui al comma 508 (sul quale v. il punto 3) e all'ulteriore concorso alla finanza pubblica di cui al comma 526 (sul quale v. infra), esso conferma che la finalita' del comma 508 e' il «conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica», cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d.lgs. 268/1992. Sotto questo profilo, il comma 511 rende ancora piu' evidente l'illegittimita' costituzionale del comma 508. In secondo luogo, rinviando ai commi 508 e 526, esso presuppone la legittimita' delle riserve all'erario di cui al comma 508 e dei concorsi previsti dal comma 526, e quindi risulta anch'esso lesivo dei medesimi parametri violati dalle disposizioni di cui presuppone la legittimita'. Infine, il comma 511 pretende di vincolare il contenuto delle intese che possono essere raggiunte tra lo Stato e ciascuna autonomia speciale ad un risultato «corrispondente al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per il periodo considerato nei medesimi commi 508, 510 e 526». Ora, e' evidente che, quando lo Statuto afferma che il concorso della Provincia autonoma di Trento e' determinato d'intesa con lo Stato, ne' i contenuti ne' gli effetti di tale intesa possono essere vincolati a priori unilateralmente dalla legge ordinaria. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 515, terzo periodo Il comma 515 dispone, nei suoi primi tre periodi, quanto segue: «Mediante intese tra lo Stato, la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30 giugno 2014, sono definiti gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti, in particolare, ai servizi ferroviari di interesse locale per la Valle d'Aosta, alle Agenzie fiscali dello Stato e alle funzioni amministrative, organizzative e di supporto riguardanti la giustizia civile, penale e minorile, con esclusione di quelle relative al personale di magistratura, nonche' al Parco nazionale dello Stelvio, per le province autonome di Trento e di Bolzano. Con apposite norme di attuazione si provvede al completamento del trasferimento o della delega delle funzioni statali oggetto dell'intesa. Laddove non gia' attribuiti, l'assunzione di oneri avviene in luogo e nei limiti delle riserve di cui al comma 508, e computata quale concorso al riequilibrio della finanza pubblica nei termini dello stesso comma». Anche il terzo periodo del comma 515, dunque, prevede una «misura alternativa» alla riserva di cui al comma 508 ed e' illegittimo, in primo luogo, nella parte in cui presuppone la legittimita' e l'operativita' del comma 508. Anch'esso, poi, conferma che la finalita' del comma 508 e' il «concorso al riequilibrio della finanza pubblica», cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d.lgs. 268/1992. Inoltre, esso pone a carico delle Province autonome gli oneri per le funzioni statali trasferite e delegate ed appare quindi in contrasto con le norme statutarie che definiscono i termini e le modalita' del concorso delle medesime agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, ed, in particolare, con l'art. 79, comma 1, lettera c), il quale prevede che le Province concorrano al riequilibrio della finanza pubblica anche mediante l'assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle finanze, nei limiti dell'importo di 100 milioni di euro annui. Tale norma statutaria deroga alla regola generale dell'art. 16, comma terzo, dello Statuto speciale, in base al quale «lo Stato puo' inoltre delegare, con legge, alla regione, alla provincia e ad altri enti pubblici locali funzioni proprie della sua amministrazione», e «in tal caso l'onere delle spese per l'esercizio delle funzioni stesse resta a carico dello Stato». L'art. 16 St. trova specifica attuazione nell'art. 14 d.lgs. 268/1992, in base al quale «per l'esercizio delle funzioni delegate di cui all'art. 16 dello statuto, lo Stato provvede a rimborsare la regione e le province delle spese dalle stesse sostenute», e «la relativa quantificazione e' disposta sulla base dei criteri previsti nelle singole norme di delega, ovvero d'intesa tra il Governo ed i presidenti delle rispettive giunte». Risulta dunque illegittima la previsione di deleghe statali da finanziare autonomamente da parte della Provincia di Trento, al di la' di quanto espressamente previsto per tale istituto dall'art. 79 dello Statuto, nella parte in cui tale finanziamento e' correlato ai (e condizionato dai) vincoli posti unilateralmente, di cui al comma 508. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 427, primo periodo, e del comma 429 Il comma 427, primo periodo, dispone che «sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'art. 49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, in considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da questi formulate, entro il 31 luglio 2014 sono adottate misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018». Il richiamato art. 49-bis, co. 1, d.l. 69/2013 istituisce un comitato interministeriale «al fine di coordinare l'azione del Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici offerti». Il comma 2 dispone che, «ai fini della razionalizzazione della spesa e del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, puo' nominare con proprio decreto un Commissario straordinario, con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1, terzo periodo». Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, co. 2, l. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli enti locali ed i rispettivi enti strumentali. Il comma 429 si occupa della misura in cui le Regioni, le Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al risparmio complessivo, ed a questo scopo stabilisce che «a seguito delle misure di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni e le province autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette misure, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi 449-bis e 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificato dai commi 497 e 499 del presente articolo». Parimenti, «per gli anni 2016 e 2017 gli enti locali, mediante le percentuali recate ai commi 2 e 6 dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come modificate dai commi 532 e 534 del presente articolo, assicurano un contributo di 275 milioni di euro annui per i comuni e di 69 milioni di euro annui per le province». A chiarimento del meccanismo, conviene ricordare che l'art. 1, co. 454, l. 228/2012 prevede una riduzione delle spese di 34 milioni di euro, ad opera di questa Provincia, per gli anni 2015-2017. Conviene inoltre ricordare che le percentuali recate dai commi 2 e 6 dell'art. 31 l. 183/2011, come modificate dai commi 532 e 534 dell'art. 1 l. 147/2013, sono stabilite ai fini della determinazione dell'obbiettivo di saldo finanziario degli enti locali e sono applicate alla media della spesa corrente dei predetti enti riferita ad un determinato periodo; le modificazioni introdotte dalla l. 147/2013 consistono nella diversificazione delle predette percentuali stabilendo una variazione a cadenza biennale a decorrere dal 2014. In sintesi, il comma 427, primo periodo, determina l'importo complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte le pubbliche amministrazioni (riduzione operata sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale), mentre il comma 429 determina l'importo a carico degli enti territoriali e ripartisce l'onere fra di essi, prevedendo un ulteriore contributo alla finanza pubblica, che si aggiunge ai numerosi contributi gia' previsti da diverse leggi in questi anni. Le norme cosi' descritte violano l'autonomia finanziaria della Provincia e, in particolare, l'art. 79 St. che, come visto, stabilisce che «le province concorrono... all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» nei modi di seguito indicati e «con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3» (co. 1), precisando che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (co. 2). Il richiamato comma 3 dispone che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo»; che, inoltre, «fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle universita' non statali di cui all' art. 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria», e che, infine, «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Ora, sembra evidente che disposizioni come quelle dettate dai commi 427, primo periodo, e 429, che hanno chiaramente uno scopo di coordinamento della finanza pubblica (tramite la limitazione della spesa pubblica), sono esattamente quelle di cui l'art. 79 afferma che non si applicano alla Provincia autonoma di Trento. Ed esse non si applicano non perche' la Provincia sia estranea al sistema complessivo della finanza pubblica, ma perche' le regole della sua partecipazione a tale sistema sono definite in termini precisi ed alternativi dall'art. 79 dello Statuto. Infatti, la Provincia concorda il saldo di bilancio da conseguire nei diversi anni, sulla base dell'art. 79, co. 3, St.: sicche' risulta poi del tutto assurdo, prima ancora che costituzionalmente illegittimo, che essa si veda imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa. Le norme impugnate violano anche il principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali: v. l'ultimo capoverso del punto 2. Inoltre, la norma secondo la quale le misure di razionalizzazione della spesa debbano essere adottate «sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale» e «in considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario» pone un vincolo che comporta una lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa della Provincia in materia di organizzazione (art. 8, n. 1, e art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art. 118 Cost.: in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5). Se e' vero che il comma 427 non detta esso stesso le norme di dettaglio, e' anche vero che, invece di lasciare alle Regioni la scelta degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di risparmio, esso rinvia ad un'anomala fonte secondaria (gli «indirizzi» del Comitato), con violazione anche degli artt. 53 e 54 dello Statuto (che prevedono la potesta' regolamentare della Provincia), dell'art. 117, co. 6, Cost. e dell'art. 2 d.lgs. 266/1992, che preclude l'adozione di fonti secondarie nelle materie provinciali. Qualora poi gli «indirizzi» fossero considerati un atto di indirizzo e coordinamento, il comma 427 sarebbe comunque illegittimo per violazione dell'art. 3 d.lgs. 266/1992, per la mancata previsione della competenza del Consiglio dei ministri e del parere delle Province. Qualora gli «indirizzi» fossero considerati un atto amministrativo, il comma 427 violerebbe l'art. 4 d.lgs. 266/1992, in base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione». In generale, il comma 427, primo periodo, viola comunque il principio di leale collaborazione in quanto non prevede il coinvolgimento degli enti territoriali nell'adozione di «indirizzi» che intervengono in materie regionali (organizzazione interna e coordinamento della finanza pubblica) e sono destinati a condizionare pesantemente la loro autonomia. Infine, i commi 427, primo periodo, e 429, nella parte in cui si applicano agli enti locali trentini e agli enti strumentali della Provincia, violano l'art. 79, co. 3, St., la' dove affida alla Provincia il potere di «stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie». Tali norme ledono anche la competenza provinciale in materia di finanza locale, prevista dagli artt. 16, 80 e 81 St. E' da segnalare che l'art. 80 e' stato modificato dall'art. 1, comma 518, l. 147/2013 (approvato ai sensi e per gli effetti dell'art. 104 dello Statuto di autonomia), e che in forza di cio' la competenza in questione ha assunto ora carattere primario. L'art. 80 e' stato attuato dall'art. 17 d.lgs. 268/1992, il cui comma 3 dispone che «nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale». E' dunque illegittima la sostituzione della legge ordinaria statale nell'esercizio di una competenza propria del legislatore provinciale. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 481 Il comma 481 dispone quanto segue: «Per effetto delle disposizioni di cui ai commi 452, 453, 454, 455 e 456 il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato e' ridotto di 540 milioni di euro per l'anno 2015 e 610 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. La predetta riduzione e' ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalita' proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard, entro il 30 giugno 2014. Qualora non intervenga la proposta entro i termini predetti, la riduzione e' attribuita secondo gli ordinari criteri di ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione della Regione siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso alla manovra di cui al presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali». Dunque, il comma 481 regola il concorso delle Regioni speciali alla riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento. La norma e' corrispondente a quelle contenute nell'art. 15, co. 22, d.l. 95/2012 (impugnato dalla ricorrente Provincia con il ricorso 156/2012) e nell'art. 1, co. 132, l. 228/2012 (impugnato dalla ricorrente Provincia con il ricorso 35/2013). Data l'identita' delle disposizioni, anche il comma 481 risulta illegittimo per le medesime ragioni svolte nel gia' citato ricorso 35/2013, che si possono qui richiamare. «Vanno premesse[...] alcune considerazioni generali. Lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige attribuisce alle Province autonome potesta' legislativa concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera, e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9, n. 10), e art. 16) St.). Tali norme statutarie sono state attuate ed integrate con il dPR 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino - Alto Adige in materia di igiene e sanita') e con il dPR 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino - Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanita' approvate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474). La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita' si e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto ad essa si estende la competenza di cui all'art. 117, co. 3, Cost., che, secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006). Tuttavia, l'autonomia della Provincia di Trento in campo sanitario ha ormai da quasi due decenni una caratteristica che la differenzia radicalmente dalla condizione delle Regioni ordinarie. Infatti, in relazione all'assetto statutario delle competenze sopra descritto e quale concorso delle Province autonome al riequilibrio della finanza pubblica nazionale, gia' l'art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha disposto che le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle altre imposte sostitutive e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci. Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia finanziaria provinciale. Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza, tra l'altro, per la previsione espressa di una disposizione volta a disciplinare in modo completo i termini e le modalita' del concorso della Regione e delle Province autonome al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale (art. 79, co. 1, St.). Tali misure «possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1». L'art. 79, co. 3, stabilisce che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo». Fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, «spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie...», e «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Le province «vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti». Anche il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo». Tenuto conto della speciale autonomia finanziaria della Provincia, sia nel settore sanitario che in generale, lo Stato non puo' limitare le spese provinciali in campo sanitario. Poiche', come sopra esposto, le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, ne deriva che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). Inoltre, le limitazioni sarebbero incongrue anche se commisurate alla generale autonomia finanziaria provinciale, quale definita dalle disposizioni sopra illustrate del Titolo VI dello Statuto. Da esse, ed in particolare dalla disciplina di cui all'art. 79 St. e dal principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010), risulta che la Provincia non e' soggetta alle misure di coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie, ma a quelle stabilite a priori dallo Statuto ed a quelle ulteriori concordate con lo Stato. In definitiva, e' illegittima l'assimilazione alle Regioni ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie risorse il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che riguarda il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, regime che prevede espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia di «provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento... alle aziende sanitarie» (art. 79, comma 3, statuto). Premesso cio', valgono anche avverso l'art. 1, comma 132, della l. 228/2012 [ed ora avverso l'art. 1, comma 481, l. 147/2013] le seguenti argomentazioni, gia' svolte nel ricorso 156/2012 contro l'art. 15, co. 22, d.l. 95/2012: «Dunque, nella disciplina cosi' stabilita le norme di razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la premessa di un minor fabbisogno e di un minore «correlato finanziamento», cioe' di una minore dimensione del Fondo sanitario nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor trasferimento di risorse dallo Stato alle Regioni che partecipano di tale fondo. Sin qui il meccanismo e' logico. Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita' e' a carico della Regione stessa: come accade appunto per la Provincia di Trento. In esse non esiste un separato finanziamento per il servizio sanitario, che e' invece finanziato con il bilancio generale. La Provincia, che finanzia in proprio il servizio, rivendica - come esposto ai punti precedenti - di non essere soggetta alle forzose riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove tali riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa - si tratterebbe pur sempre di una minore incidenza della spesa sanitaria sull'autonomo bilancio complessivo della Provincia autonoma, come definito dalle entrate che lo Statuto attribuisce ad essa e dalle spese necessarie o opportune. Nel meccanismo ideato dalle norme qui contestate, invece, la violazione dell'autonomia della Provincia nella organizzazione e gestione del servizio sanitario, con la forzosa riduzione dei suoi livelli, si traduce addirittura in una forzosa acquisizione allo Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato del passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia nelle finzioni si somma l'illegittima sottrazione di risorse. E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione dell'art. 75 dello statuto - il principio stesso di tale acquisizione. Infatti l'art. 75 St. attribuisce alle Province quote del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato, percepite nei rispettivi territori provinciali, e poi «nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate» (co. 1, lett. g), affinche' queste vengano spese nell'esercizio delle finzioni e competenze costituzionali della Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo piacimento. In pratica, il comma 22 determina un contributo straordinario permanente, a carico della Provincia, al risanamento della finanza pubblica statale. Inoltre, e' violato anche l'art. 79 St., in quanto si dispone un concorso della Provincia al risanamento della finanza statale, al di la' di quanto previsto dalla norma statutaria, che definisce in modo esaustivo gli strumenti con cui la Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica, come gia' esposto ai punti 1 e 2. Ancora, le norme del comma 22 alterano unilateralmente l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il principio dell'accordo che domina tali rapporti (anche su cio' v. i punti 1 e 2) e gli artt. 103 e 104 dello Statuto, che regolano la procedura di revisione dello Statuto e la particolare procedura di modifica delle norme finanziarie di esso. [...] II quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal quarto e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme di attuazione dello statuto, mentre il quinto prevede che, fino all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali previste dallo Statuto, l'importo del concorso della Provincia alla riduzione della spesa sanitaria. Ora, il rinvio alle norme di attuazione (quarto periodo) e' comunque illegittimo, in quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione. Inoltre, la norma in questione determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte «concertata» appare fittizio e contrasta con l'art. 107 St. Infine, la previsione dell'accantonamento di un importo imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 75, dato che le somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte. Esso viola altresi' l'art. 2, co. 108, l. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, co. 106, l. 191/2009), che, nel dare attuazione all'art. 75 St., ha stabilito che «le quote dei proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Sűdtirol e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli articoli 69, 70 e 75» dello Statuto, «a decorrere dal 1° gennaio 2011, sono riversate dalla struttura di gestione individuata dall'art. 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i tributi oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai soggetti a cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla regione e alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai medesimi enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato, nei modi e nei tempi da definire con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la regione e le province autonome». Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato, sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti». Come detto, tutte tali considerazioni valgono puntualmente avverso l'art. 1, comma 481, della l. n. 147 del 2013. 8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 499, lett. b) e e), e 500 Il comma 499 modifica il comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. Nella versione originaria, tale comma (il comma 454) non si riferiva ne' alla Regione Trentino - Alto Adige ne' alle Province autonome, che erano al contrario espressamente escluse dalla sua applicazione. Ora invece, pur permanendo l'esclusione nel primo periodo del comma 1, la lett. b) del comma 499, qui impugnata, inserisce nel comma 454 una tabella che prevede una riduzione di spese, da parte di questa Provincia, di 34 milioni per gli anni 2015-2017; e la lett. c), pure impugnata, aggiunge nel comma 454 la lett. d-bis), che prevede «ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali». Il comma 500 modifica il comma 455 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012, che e' espressamente riferito alla Regione Trentino - Alto Adige e alle Province autonome. Dopo le modifiche (che sono evidenziate) il comma 455 ora dispone quanto segue: «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95...; d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454; d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali. A tale fine, entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze». E' evidente dunque che le modifiche apportate al comma 455 sono correlate a quelle apportate al comma 454. La ricorrente Provincia autonoma ha gia' impugnato con il ricorso 35/2013 l'art. 1, co. 455, l. 228/2012. Le norme qui impugnate aggravano la lesione prodotta dal comma 455, sia dal punto di vista temporale (mediante la proroga al 2017) che dal punto di vista quantitativo (mediante la tabella di cui al comma 454), e sono affette dai medesimi vizi. Valgono dunque in relazione ad esse le stesse censure gia' prospettate avverso la versione originaria del comma 455 (e 456) nel ricorso 35/2013, che qui per dovere di completezza argomentativa si ripropongono in relazione alla versione modificata dalla l. n. 147 del 2013 (che porta ad includere nell'impugnazione anche la tabella di cui al comma 454): «Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016 [ora anche 2017], emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...; [ora anche "d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454"] d) [ora d bis)] degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". A tale fine, "entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455". Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Provincia ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo programmatico e' "determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, co. 3, primo periodo dello Statuto (secondo il quale «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno. Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010)" [su cio' v. il punto 2, ultimo capoverso, del presente ricorso]. "Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in base al quale "l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di attuazione». La Provincia e' legittimata a far valere il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in materia provinciale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono sull'autonomia finanziaria della Provincia». Risulta dunque evidente, per i motivi indicati, l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 1, commi 499, lett. b) e c), e 500, della l. n. 147 del 2013. 9) Illegittimita' costituzionale dell'art. l, commi 502 e 504 Il comma 502 modifica l'art. 1, co. 461, l. 228/2012. Nella versione originaria, la disposizione ora modificata disponeva, tra l'altro, che ove la certificazione da essa prevista, sebbene trasmessa in ritardo, attestasse il rispetto del patto di stabilita', si applicassero alle regioni e province autonome ritardatarie «le sole disposizioni di cui all'art. 7. comma 1. lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149». Sennonche' tale ultima disposizione (l'art. 7, co. 1, lett. d, del lgs. 149/2011) e' stata dichiarata illegittima dalla sent. 219/2013. Di qui la necessita' di una modifica. Nel nuovo testo, il rinvio e' ora al comma 462, lett. d) della stessa l. 228/2012. Il comma 462, lett. d), stabilisce che, «in caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:... d) non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione». I commi 461 e 462 della l. 228/2012 sono stati impugnati da questa Provincia con il gia' citato ricorso 35/2013. Il comma 502, modificando il comma 461 e richiamando le sanzioni di cui al comma 462, riproduce le lesioni derivanti da quelle norme. Tenuto conto di cio', si possono qui riproporre avverso la nuova formulazione le argomentazioni gia' svolte nel ricorso 35/2013: «I commi da 461 a 465 prevedono le condizioni per l'adempimento del patto di stabilita', i casi di inadempimento e le relative sanzioni, anche in relazione alla Provincia di Trento. Il comma 461 dispone che, «ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno, ciascuna regione e provincia autonoma e' tenuta ad inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo i prospetti e con le modalita' definite dal decreto di cui al comma 460». La disposizione prosegue statuendo che «la mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento al patto di stabilita' interno»; nel caso «in cui la certificazione, sebbene trasmessa in ritardo, attesti il rispetto del patto, si applicano le sole disposizioni di cui all'art. 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149». Il comma 462 stabilisce quanto segue: «In caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: a) e' tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilita' interno, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. Dal 2013, per gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di competenza eurocompatibile o di competenza finanziaria. In caso di mancato versamento si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita[..]; b) non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c) non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non puo' procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione; d) non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione; e) e' tenuta a rideterminare le indennita' di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010». Il comma 463 dispone che «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che si trovano nelle condizioni indicate dall'ultimo periodo dell'art. 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, si considerano adempienti al patto di stabilita' interno se, nell'anno successivo: a) non impegnano spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; b) non ricorrono all'indebitamento per gli investimenti; c) non procedono ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto»; dispone ancora che «e' fatto, altresi', divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione», che «a tal fine, il rappresentante legale e il responsabile del servizio finanziario certificano trimestralmente il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a) e b) e di cui alla presente lettera», e che «la certificazione e' trasmessa, entro i dieci giorni successivi al termine di ciascun trimestre, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato»; che «in caso di mancata trasmissione della certificazione, le regioni si considerano inadempienti al patto di stabilita' interno», e che «lo stato di inadempienza e le sanzioni previste, ivi compresa quella di cui all'art. 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, hanno effetto decorso il termine perentorio previsto per l'invio della certificazione». [...] Ad avviso della ricorrente Provincia anche tali disposizioni sono illegittime per violazione dell'art. 79 St., che pone le regole per la definizione del patto di stabilita', precisando che «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale» (co. 3) e in particolare che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo» (co. 4). E' evidente, nella disposizione concordata dell'art. 79 Statuto, l'intento di creare una disciplina del patto di stabilita' completa e completamente sostitutiva della normativa statale ordinaria concernente il patto di stabilita', codificando la permanente specialita', sotto questo profilo, della Regione Trentino-Alto Adige/Sűdtirol. Ugualmente, e' evidente che le disposizioni qui impugnate sono «relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno» e che dunque esse «non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province» e sono «sostituite da quanto previsto dal presente articolo»: in questo caso come «in ogni caso», secondo l'espressa previsione dell'art. 79 Statuto. E' dunque illegittima, nelle impugnate disposizioni, la previsione che esse si applichino alla ricorrente Provincia. Posto il quadro statutario, il legislatore statale ordinario, infatti, non puo' definire unilateralmente le condizioni perche' la Provincia sia considerata adempiente al patto di stabilita', le fattispecie di inadempimento e le sanzioni, in violazione del gia' illustrato principio consensuale che domina i rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e degli artt. 103, 104 e 107 St., che richiedono o il procedimento di revisione costituzionale o comunque un procedimento concertato per la modifica o attuazione del Titolo VI dello Statuto. Nel caso in cui le norme succitate fossero intese come applicabili anche in relazione agli obblighi concernenti il patto di stabilita' degli enti locali, esse violerebbero l'art. 79, co. 4, dello Statuto (sopra citato) e l'art. 79, co. 3, in base al quale spetta alle Province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, mentre «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale»; inoltre, viene stabilito che «le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma». Inoltre, sarebbero violati gli artt. 80 e 81 St., che garantiscono competenza legislativa alle Province in materia di finanza locale, e l'art. 17, co. 3, d.lgs. 268/1992, che attribuisce alle Province il potere di disciplinare «con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale». Tale potesta' legislativa e' stata attuata con la l.p. 36/1993, il cui art. 3 - come visto - dispone che «in sede di definizione dell'accordo previsto dall'art. 81 dello Statuto speciale sono stabilite... le misure necessarie a garantire il coordinamento della finanza comunale e quella provinciale, con particolare riferimento alle misure previste dalla legge finanziaria per il perseguimento degli obiettivi della finanza provinciale correlati al patto di stabilita' interno». Le norme in questione, dunque, pretendono di sovrapporsi con diretta applicabilita' ad una disciplina gia' vigente in provincia, con conseguente violazione dell'art. 2 d.lgs. 266/1992». Il comma 504 stabilisce che l'art. 1, co. 463, l. 228/2012, che pure rinviava all'art. 7 d.lgs. 149/2011, «e' abrogato a decorrere dall'esercizio 2014». In questo modo esso appare limitare l'inapplicabilita' della disposizione ora abrogata, confermandone l'operativita' per il 2013: qualora il comma 463 avesse trovato applicazione nel 2013, il comma 504 sarebbe dunque, per questa parte, illegittimo e lesivo per le ragioni sopra esposte. 10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 516 Il comma 516, primo periodo, dispone che, «relativamente alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica sia in termini di saldo netto da finanziare sia in termini di indebitamento netto, previsto dalla normativa vigente, viene ripartito fra le stesse con intesa da comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 giugno 2014». La disposizione aggiunge poi (secondo periodo) che, «in caso di mancata intesa, il contributo e' ripartito secondo criteri definiti dal Ministero dell'economia e delle finanze». Ad avviso della ricorrente Provincia sia il primo che il secondo periodo sono affetti da illegittimita' costituzionale. Il primo periodo risulta illegittimo, in quanto esso viola l'art. 79, co. 3, St., che demanda alla Regione Trentino-Adige e alle Province autonome, direttamente e separatamente, il potere di concordare con il Ministro dell'Economia e delle finanze «gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo». La norma impugnata potrebbe risultare costituzionalmente legittima solo ove si trattasse di norma meramente facoltizzante, ove cioe' essa prevedesse la possibilita', ma non l'onere di addivenire a tale intesa. Il carattere oneroso, invece, appare nel collegamento con il secondo periodo del comma 516, che prevede, in caso di mancata intesa, l'intervento del Ministero al fine di definire i criteri di riparto. Il meccanismo complessivo che ne risulta viola, in primo luogo, il principio di leale collaborazione e l'art. 79, co. 3, St., che appunto prevede un'intesa tra le singole autonomie speciali ed il Ministro per definire gli obblighi relativi al patto di stabilita'. Lo Statuto speciale garantisce alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome una procedura concertata, con riferimento al rispettivo concorso finanziario. Pertanto, la previsione di un successivo atto unilaterale dello Stato, in grado di ripartire i concorsi stabiliti ugualmente dallo Stato, porrebbe nel nulla tale specifica garanzia statutaria. Infine, il comma 516, secondo periodo, istituisce un potere sostitutivo unilaterale, laddove, con riferimento alle materie assegnate dallo Statuto, opera soltanto (v. la sent. 236/2004) l'art. 8 dPR 526/1987, che ne prevede i presupposti e la specifica procedura. Ora, che si tratti di materie di competenza statutaria non puo' esser dubbio, essendo essa stabilita dall'art. 79 St. Il comma 516, primo periodo, fa generico riferimento alla «normativa vigente», cioe' alle norme legislative statali che hanno unilateralmente previsto misure di concorso alla finanza pubblica a carico delle autonomie speciali (d.l. 78/2010; d.l. 138/2011; l. 183/2011; d.l. 201/2011; d.l. 1/2012; d.l. 95/2012; l. 228/2012), fra le quali la stessa l. 147/2013. Molte di tali disposizioni, ivi comprese, sono state impugnate dalla ricorrente Provincia, e quelle della l. n. 147 lo sono con il presente ricorso. (v. i motivi n. 6 e n. 11, in relazione ai commi 429 e 526). Il richiamo in questione sarebbe ovviamente affetto dagli stessi vizi delle norme richiamate, ove intendesse dare ad esse una ulteriore base giuridica. 11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 526 e 527 Il comma 526 dispone quanto segue: «Per l'anno 2014, con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un ulteriore concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 240 milioni di euro. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, secondo gli importi indicati, per ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma, nella tabella seguente:[...]». La tabella prevede, per la Provincia di Trento e per il 2014, un accantonamento di 19.913.000 euro. Dunque, il comma 526, come il comma 481, prevede una riduzione di spesa a carico delle Regioni speciali ed un rinvio alle norme di attuazione per l'attuazione di tale previsione; inoltre, il comma 526, come il comma 481, dispone - in attesa delle norme di attuazione - un accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. La differenza tra le due norme sta solo nel fatto che, mentre il comma 481 non precisa l'importo dell'accantonamento, il comma 526 reca una tabella che determina la somma da accantonare. Il contenuto lesivo delle due norme e', pero', comune, ragion per cui anche il comma 526 viola gli artt. 75, 79, 103, 104 e 107 dello Statuto speciale, il principio dell'accordo in materia finanziaria e l'art. 2, co. 108, l. 191/2009, per le stesse ragioni gia' esposte al motivo n. 7 del presente ricorso, che qui si intendono richiamate (sul principio dell'accordo v. anche l'ultimo capoverso del motivo n. 2). Oltre a prevedere unilateralmente un ulteriore concorso alla finanza pubblica, in violazione dell'art. 79 St., a predeterminare il contenuto delle norme di attuazione (in contrasto con l'art. 107 St.) e a disporre un accantonamento (in contrasto con l'art. 75 St.), il comma 526 non precisa il criterio di riparto dell'ulteriore concorso tra le diverse autonomie speciali e, in tal modo, non consente una verifica di proporzionalita' del riparto stesso. In subordine alle censure principali va percio' rilevato che, cosi' operando, il comma 526 viola l'art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza) e che tale violazione si traduce in una lesione dell'autonomia finanziaria della Provincia. Il comma 527 (secondo cui «gli importi indicati per ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma nella tabella di cui al comma 526 possono essere modificati, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordo da sancire, entro il 31 gennaio 2014, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», con la precisazione che «tale riparto e' recepito con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze») e' illegittimo in quanto rinvia al comma 526, presupponendo la legittimita' del concorso da esso previsto. 12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 521, 711, 712, 723, 725, 727 e 729 Vengono qui in considerazione i commi 521 711, 712, 723, 725, 727 e 729 i quali, con riferimento alla riserva allo Stato di quote di tributi locali, e in particolare alla riserva prevista dall'art. 1, co. 380, lett. f), l. 228/2012, ribadita dal comma 521, confermano il meccanismo dell'accantonamento sulle quote spettanti alla Provincia di compartecipazione ai tributi erariali di cui al gia' impugnato art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art. 1, co. 380, lett. h), l. 228/2012. Sia l'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 che l'art. 1, co. 380, lett. f) l. 228/2012 sono stati impugnati da questa Provincia con i ricorsi n. 34 del 2012 e n. 35 del 2013, tuttora pendenti. Facendo riferimento agli stessi meccanismi, i commi sopra citati sono dunque affetti dagli stessi vizi denunciati con tali ricorsi, come meglio ora si illustrera' per esigenze di chiarezza e completezza dell'impugnazione. Precisamente, il comma 521 stabilisce che, «a decorrere dall'anno 2014, per le province autonome di Trento e di Bolzano, le quote di gettito riservate allo Stato in riferimento ai tributi locali sono assicurate con le modalita' di cui al comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201...» (primo periodo), cioe' con l'accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Inoltre, lo stesso comma prevede che «sino al riordino della disciplina nazionale dei tributi locali immobiliari, resta acquisito all'entrata del bilancio dello Stato il gettito dell'IMU relativo agli immobili di categoria D, per la quota riferita all'aliquota standard, di cui all'art. 1, comma 380, lettera g), della legge 24 dicembre 2012, n. 228». In tal modo, il comma 521 ribadisce la riserva allo Stato prevista dall'art. 1, co. 380, lett. f), della stessa l. n. 228/2012, a nulla rilevando l'espressione «sino al riordino della disciplina nazionale dei tributi locali immobiliari». Il comma 711 stabilisce che, «per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor gettito dell'imposta municipale propria, derivante dai commi 707, lettera c), e 708, avviene attraverso un minor accantonamento per l'importo di 5,8 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi del comma 17 del citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011». Tale norma - come oltre meglio si dira' - e' simile all'art. 3, co. 2-bis, d.l. 102/2013, impugnato da questa Provincia con ricorso 3/2014. Il comma 712 dispone che, «a decorrere dall'anno 2014, per i comuni ricadenti nei territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di cui al comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,... non si tiene conto del minor gettito da imposta municipale propria derivante dalle disposizioni recate dal comma 707». Il significato di questa disposizione non e' del tutto chiaro: essa potrebbe essere intesa nel senso che la somma corrispondente al minor gettito non viene accantonata, oppure nel senso che il minor gettito derivante dal comma 707 non viene scomputato dall'accantonamento, cioe' nel senso che viene accantonata sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali una somma corrispondente ad un gettito inesistente (ed anche su cio' si tornera' piu' avanti). Il comma 723 statuisce che, «per le somme concernenti gli anni di imposta 2013 e seguenti, gli enti locali interessati comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno gli esiti della procedura del riversamento di cui al comma 722 al fine delle successive regolazioni,... per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201». Il comma 725 dispone che, «a decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui sia stata versata allo Stato, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante al comune, questo, anche su comunicazione del contribuente, da' notizia dell'esito dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno il quale effettua le conseguenti regolazioni a valere sullo stanziamento di apposito capitolo anche di nuova istituzione del proprio stato di previsione». Relativamente «agli anni di imposta 2013 e successivi, le predette regolazioni sono effettuate,... per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201». Il comma 727 detta una norma simile per il caso opposto, cioe' per il «caso in cui sia stata versata al comune, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante allo Stato». Il comma 729 apporta diverse modifiche all'art. 1, co. 380, l. 228/2012 e, tra l'altro, sostituisce la lett. h), nella quale si ribadisce che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano». Oltre al comma 521, dunque, anche i commi 711, 712, 723, 725, 727 e 729 confermano il meccanismo dell'accantonamento di cui al gia' impugnato art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, gia' tenuto fermo dall'art. 1, co. 380, lett. h), l. 228/2012. Come si e' visto, poi, il comma 521 ribadisce la riserva allo Stato prevista dall'art. 1, co. 380, lett. f), l. 228/2012. Poiche' tali norme della legge di stabilita' per il 2013 sono state a suo tempo impugnate da questa Provincia, si devono qui riproporre e rinnovare le censure gia' formulate con il ricorso 35/2013, precisando che la sostituzione dell'art. 80 St. ad opera dell'art. 1, co. 518, l. 147/2013 non fa che avvalorare tali censure, dato che la competenza statutaria provinciale in materia di finanza locale ha ora assunto rango primario: «A) Premessa. La disciplina dell'Imu e la sottrazione delle risorse al sistema locale. Illegittimita' costituzionale delle lett. b), f), h) e i). Il comma 380 detta diverse norme «al fine di assicurare la spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di cui all'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,[...] per gli anni 2013 e 2014». Si tratta, in altre parole, della disciplina e soprattutto della destinazione dell'IMU. Converra' ricordare che l'art. 13 d.l. 201/2011 ha regolato l'Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, stabilendo (comma 1) che l'istituzione di tale imposta «e' anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed e' applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono», e che conseguentemente, «l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria e' fissata al 2015». Il riferimento a «tutti i comuni del territorio nazionale» ha indotto a ritenere che l'art. 13 intenda applicarsi anche nella regione Trentino-Alto Adige, ed in relazione alla relativa disciplina la Provincia autonoma di Trento ha introdotto il ricorso n. 34/2012 tuttora pendente. Quanto al contenuto della disciplina, l'art. 8, co. 1, d.lgs. 23/2011, richiamato dall'art. 13, comma 1, del d.l. 201/11 ora citato, stabilisce che l'imposta municipale propria istituita dallo stesso articolo «sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili». Dunque, l'Imu e' venuta a sostituire - oltre gia' destinata ai Comuni - imposte destinate alla Provincia: o per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 75 Statuto) o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati: va infatti ricordato che, in base all'art. 80, co. 1-ter, St., le addizionali altrimenti comunali spettano alla Provincia, nel quadro della sua complessiva competenza e responsabilita' in materia di finanza locale prevista dall'art. 80, co. 1, St. Ora, se lo Stato si fosse limitato a rinunciare, in favore della finanza comunale, a determinati tributi, non vi sarebbe nulla da eccepire. Ma se, come avviene nel vigente disegno normativo dell'IMU, il reddito dell'imposta «municipale» viene assegnato allo Stato, ne risulta una violazione dello Statuto, che determina un complessivo impoverimento del sistema locale: dietro la «municipalizzazione», infatti, vi e' sempre l'imposta erariale, soltanto che il suo gettito viene sottratto alla Provincia autonoma, con evidente sostanziale violazione dell'art. 75 dello Statuto. Cio' e' avvenuto con le disposizioni dell'art. 13 d.l. 201/2011 (che percio', come detto, e' stato impugnato da questa Provincia)) e accade ora con le disposizioni dell'art. 1, comma 380, del quale tocca ora esaminare il contenuto specifico. [...] La lett. f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'art. 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento». La lett. h) abroga l'art. 13, comma 11, d.l. 201/2011 e l'art. 2, commi 3 e 7, d.l. 23/2011; inoltre, precisa che «per gli anni 2013 e 2014 non operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo art. 2» e che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano». [...] Cosi' descritti i contenuti dell'art. 1, comma 380, occorre ora esaminare in quali parti essi incidano sull'autonomia finanziaria. [...] Riguarda invece sicuramente la Provincia di Trento ed i suoi comuni la disposizione di cui alla lett. f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'art. 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento». Ad avviso della Provincia, tale riserva e' illegittima per le ragioni che di seguito si esporranno. Poiche' gli importi di cui (tra l'altro) alla lett. f) possono essere modificati ai sensi della lett. i), anche questa e' impugnata. Inoltre, secondo la lett. h) «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano». Si tratta della disposizione secondo la quale lo Stato si appropria di tutto il maggior gettito, cioe' ogni importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni della provincia di Trento in base alle norme previgenti: e lo fa acquisendo tali fondi dalla Provincia. Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone - in relazione alle autonomie speciali competenti in materia di finanza locale - che «con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio». Ed il quarto periodo precisa che, «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo». Il quinto periodo, infine, prevede che «l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro». E sembra da ritenere che - al di la' dell'oscuro riferimento alla «riduzione del recupero» - i numeri indicati rappresentino la quantificazione del «recupero» a carico delle autonomie speciali. Tale disposizione e' gia' stata contestata con il ricorso n. 34/2012, e per le corrispondenti ragioni deve essere impugnata anche con il presente ricorso. In sintesi, del comma 380 sono qui impugnati: la lett. b) in via cautelativa; la lett. f) e - in quanto collegata ad essa - la lett. i); la lett. h), in quanto confermativa del regime del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011. Tutte le norme impugnate determinano una attribuzione allo Stato - o in via diretta attraverso la riserva di cui alla lettera f),[..] - di risorse devolute al sistema finanziario locale. [...] Infine, come visto, la lett. h) tiene ferma l'applicazione dell'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011 nella provincia di Trento. In relazione alla Provincia di Trento, dunque, la nuova disciplina conserva le caratteristiche e il contenuto sostanziale della precedente, gia' impugnata. Lo Stato ha provveduto a ristrutturare le imposte «immobiliari» e a rideterminare le basi imponibili, ma - nel periodo 2013-2014 - i maggiori incassi derivanti da questa operazione sono interamente destinati allo Stato, il quale in parte li riceve direttamente dai contribuenti in base alla riserva di cui al comma 380, lett. f), in parte li riceve dalla Provincia con i meccanismi di «recupero» o «accantonamento» di cui all'art. 13, comma 17, d.l. 201/2011, e in parte dai comuni (per il Fondo di solidarieta' di cui alla lett. b, ove questa risultasse applicabile). Come gia' accennato, l'Imu sostituisce - oltre all'ICI, gia' destinata ai Comuni - imposte destinate alla Provincia in base allo Statuto: o per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 75 Statuto) o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati: va infatti ricordato che, in base all'art. 80, co. 1-ter, St., le addizionali altrimenti comunali spettano alla Provincia, nel quadro della sua complessiva competenza e responsabilita' in materia di finanza locale prevista dall'art. 80, co. 1, St. e dall'art. 81, co. 2, St. («Allo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento delle finalita' e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento e di Bolzano corrispondono ai comuni stessi idonei mezzi finanziari, da concordare fra il Presidente della relativa Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni»). In questi termini, attraverso una nominalistica comunalizzazione dei tributi immobiliari si realizza il transito delle corrispondenti risorse dal bilancio provinciale al bilancio statale, per effetto delle norme di cui alle lett. b), f) e h). La Provincia, che prima «integrava» la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie dei comuni (art. 81, co. 2, St.), e dovrebbe contestualmente versare allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle maggiori entrate dei Comuni, o comunque in misura corrispondente a quella a priori determinata dall'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011. In un sistema nel quale la Provincia ha la responsabilita' complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria provinciale: in questi termini, la devoluzione di parte dell'Imu allo Stato viola lo Statuto (artt. 80 e 81) anche in relazione alle risorse sostitutive dell'Ici, cioe' dell'imposta che affluiva ai comuni. Dunque, le lett. b), f) e h) (e la collegata lett. i) violano gli artt. 75, 80, co. 1 e co. 1-ter, e 81, co. 2, St. in quanto attribuiscono allo Stato risorse che spettano alla Provincia (per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati - art. 75 St. - o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari; art. 80, co. 1-ter, St.) o che rappresentano una componente essenziale della finanza comunale, con ripercussioni sulla responsabilita' provinciale in materia (art. 81, co. 2, St.). Inoltre, la lett. f) e la lett. h) violano l'art. 79 St., che definisce in modo completo i termini e le modalita' del concorso delle Province autonome e degli enti locali trentini al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale. Infatti, la devoluzione di parte dell'Imu al bilancio statale rappresenta una misura di concorso al raggiungimento degli obiettivi finanziari dello Stato (su cio' v. amplius infra, punto C). Le norme in questione violano anche gli artt. 9, 10 e 10-bis del d.lgs. 268/1992, perche' riservano allo Stato parte del gettito Imu in assenza dei presupposti previsti dalle succitate norme di attuazione (su cio' v. amplius infra, punto B). Infine, tutte le norme impugnate violano il principio dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e Regioni speciali in materia finanziaria (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000). In particolare per questa Provincia la Corte costituzionale (sentenza n. 133 del 2010) ha ribadito che i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Trentino - Alto Adige e le Province autonome sono regolati secondo procedure paritetiche garantite a norma degli articoli 103, 104 e 107 dello Statuto speciale. B) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. f) e lett. i). Come sopra esposto, il comma 380, lett. f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria..., derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato art. 13». In base al comma 380, lett. g), «i comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo del citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D». Dunque, l'Imu derivante dagli immobili produttivi e' versata direttamente allo Stato, che regola anche la possibilita' dei comuni di aumentare l'aliquota. L'art, 75 dello Statuto speciale dispone che «sono attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici». Dunque, la quota di Imu riservata allo Stato dalla lett. f) rientra tra le «entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate», di cui all'art. 75, co. 1, lett. g), St. Infatti, il senso della disposizione statutaria e' esattamente quello di riservare al sistema locale i nove decimi di tutte le entrate tributarie destinate in via generale allo Stato. In questi termini, i nove decimi di essa sono destinati alla Provincia, ai sensi dell'art. 75 Statuto: ma la lett. f) contraddice tale destinazione, e la clausola di salvaguardia di cui al comma 554 non e' in grado di garantire un'applicazione della lett. f) conforme a Statuto. Percio' la lett. f) si pone in contrasto con l'art. 75, co. 1, lett. g) dello Statuto. La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992. [...Sugli artt. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992 v. sopra, punto 2] Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che in relazione alla quota erariale dell'Imu non sussistono i requisiti posti dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario del «gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi». Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010, secondo la quale «tale articolo richiede, per la legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". Ora, il comma 380, lett. f) non contiene alcuna specifica destinazione, ne' alcuna ulteriore particolare disposizione che possa riferirsi all'applicazione dell'art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992: sicche' da questo punto di vista e' chiara l'illegittimita' della riserva. C) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. h) Come visto, il comma 380, lett. h) stabilisce che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 13, co. 17, terzo periodo prevede che «con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio». Il quarto periodo aggiunge che, «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo». In base al quinto periodo, «l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro». Come detto, tali norme sono state impugnate con il ricorso 34/2012. Dunque, lo Stato non solo trattiene direttamente una parte dell'Imu come entrata erariale (in base alla lett. f), ma vorrebbe incamerare dalla Provincia anche tutto l'importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni in base alle norme previgenti. Si noti che - come gia' rilevato con il ricorso 34/2011 - il comma 17 e' formulato in modo tale da poter essere inteso nel senso che l'importo Imu non debba essere confrontato con l'importo 2011 dei tributi sostituiti ma solo con l'importo dei tributi comunali sostituiti (cioe', l'Ici 2011). Se cosi' fosse, il taglio delle risorse assumerebbe un carattere del tutto particolare rispetto alla Provincia di Trento (ed ovviamente a quella di Bolzano). Infatti, delle tre componenti sostituite dall'Imu (cioe' l'Irpef fondiaria, le addizionali provinciali e comunali e l'ICI), soltanto l'ICI era precedentemente destinata direttamente ai comuni, mentre sia le risorse derivanti dall'Irpef fondiaria che quelle derivanti dalle addizionali pervenivano poi ai comuni per il tramite del finanziamento provinciale. Ne risulta che - concentrata la fiscalita' nell'Imu - il «maggior gettito stimato dei comuni» della Provincia sara' particolarmente elevato, comprendendo anche il gettito dei tributi che prima costituivano entrate della Provincia. Se cosi' fosse, la Provincia e i suoi enti locali risulterebbero depauperati: dei nove decimi dell'Irpef sui redditi immobiliari, soppressi; delle addizionali provinciale e comunale precedentemente previste (la seconda era incassata dalla Provincia in luogo dei comuni); Inoltre, il comma 17 potrebbe essere interpretato anche nel senso che dal gettito precedente sia esclusa la somma che perveniva ai comuni (tramite le Province autonome) ai sensi dell'art. 1, co. 4, d.l. 98/2008, che aveva previsto un fondo sostituivo delle entrate comunali relative all'ICI sull'abitazione principale (norma ora abrogata dall'art. 13, comma 14, lett. a, del d.l. n. 201 del 2011). Se cosi' fosse, ne risulterebbe un ulteriore rilevante depauperamento del sistema provinciale. Il terzo e quarto periodo del comma 17 violano l'art. 75 St. e gli artt. 9 e 10 d.lgs. 268/1992 perche' pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al di fuori dei casi previsti. Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17 produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima spettavano alla Provincia a titolo di compartecipazione all'Irpef fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art. 80, co. 1-ter), sia nel caso in cui si ritenga che la Provincia dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di «far tornare» nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia e ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo Statuto e dalle norme di attuazione (co. 17, terzo periodo). Inoltre, essi violano l'art. 79 St. perche' l'avocazione e' disposta con il fine del concorso al risanamento della finanza pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica, non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. In particolare, l'art. 79, co. 1, fissa gli strumenti con i quali le Province concorrono «al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», ed il comma 2 precisa che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1». Il comma 3 stabilisce che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo», e attribuisce alle Province poteri di coordinamento della finanza pubblica in relazione agli enti locali, precisando che «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Infine, il comma 4 dispone che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo». Ancora, il terzo e quarto periodo del comma 17 violano gli artt. 103, 104 e 107 St., proprio perche' pretendono di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs. 268/1992 con una fonte primaria «ordinaria». L'art. 107 St. e' violato anche perche' il comma 17, terzo periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del quarto periodo del comma 17 che prevede lo «accantonamento» delle quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto. Va rilevato, infatti, che tale «accantonamento» contrasta anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello Statuto e con l'intero sistema finanziario della Provincia da esso istituito. E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e non perche' esse vengano «accantonate». L'istituto dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza alcuna. Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva del trasferimento». Oltre a queste ragioni di illegittimita', che riguardano tutte le norme sopra citate, alcuni specifici profili riguardano i commi 711 e 712. Come si e' detto, il comma 711 e' simile all'art. 3, co. 2-bis, d.l. 102/2013 (gia' impugnato da questa Provincia con il ricorso 3/2014), che pure ha previsto un minor accantonamento ai sensi dell'art. 13, co. 17, d.l. 201/2011, per temperare l'impatto sulle finanze locali dell'eliminazione dell'IMU sulla prima casa. Come nel ricorso appena citato, anche in questo caso la Provincia autonoma di Trento osserva che, ove il proprio ricorso contro l'art. 13, co. 17, venisse ritenuto fondato, non vi sarebbe alcun «accantonamento» delle somme che lo Statuto prevede spettino alla Provincia, ne' dunque alcun possibile «minor accantonamento». In altre parole, il comma 711 e' illegittimo in quanto, invece di prevedere un effettivo trasferimento di risorse dal bilancio statale in favore delle Province autonome, pari all'importo dovuto ai comuni a titolo di rimborso della minore entrata derivante dalla riduzione del gettito Imu (cosi' come gia' previsto dall'art. 1, co. 4, d.l. 93/2008), prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e' gia' di per se' costituzionalmente illegittimo. Tra l'altro, il comma 711 conferma anche ulteriormente la natura «sottrattiva» e lesiva dello stesso accantonamento, che anche il legislatore statale tratta come se fosse non un regime di temporanea indisponibilita' ma una vera posta passiva, il cui ammontare puo' venire diminuito da una iniezione di risorse. In relazione al comma 712, si e' sopra evidenziato che esso potrebbe essere inteso nel senso che la somma corrispondente al minor gettito non viene accantonata, oppure nel senso che il minor gettito derivante dal comma 707 non viene scomputato dall'accantonamento. In questa seconda ipotesi, esso sarebbe illegittimo anche nella parte in cui non tiene conto, ai fini dell'accantonamento, del minor gettito derivante dalle disposizioni recate dal comma 107. In altri termini, se anche - in denegata ipotesi - fosse legittimo il meccanismo dell'accantonamento, sarebbe certamente lesivo dell'autonomia finanziaria provinciale (come sopra illustrata) non considerare una riduzione del gettito ai fini della misura dell'accantonamento stesso. Oltre a cio', e' da sottolineare che sarebbe palesemente irragionevole un sistema in cui una norma (l'art. 13, co. 17) prevede un accantonamento sulle compartecipazioni provinciali corrispondente al maggior gettito Imu dei comuni e un'altra norma (il comma 712 qui impugnato) stabilisce che la misura dell'accantonamento debba restare ferma nonostante il gettito in questione abbia subito una diminuzione. Tale irragionevolezza, che implica violazione dell'art. 3 Cost., si ripercuote evidentemente sull'autonomia finanziaria della Provincia, che si vede sottratte risorse statutariamente spettanti ad essa, senza alcuna base logica (oltre che giuridica).
P. Q. M. Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 157, 179, 388, 427, primo periodo, 429, 481, 499, lettere b) e c), 500, 502, 504, 508, 511, 515, terzo periodo, 516, 521, 526, 527, 711, 712, 723, 725, 727 e 729 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)», nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Trento-Roma, 24 febbraio 2014 Prof. avv. Falcon - Avv. Pedrazzoli - Avv. Manzi