N. 15 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il   5   marzo   2014   (della   Regione   Trentino-Alto
Adige/Südtirol). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione della destinazione di una somma pari  a  70  milioni  di
  euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016  dal  sistema  delle
  camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura  al
  sostegno dell'accesso al credito  delle  piccole  e  medie  imprese
  attraverso il rafforzamento dei confidi, ivi  compresi  quelli  non
  sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia,  anche  utilizzando
  una quota della dotazione annuale del fondo di perequazione di  cui
  all'art. 18, comma 9, della  legge  29  dicembre  1993,  n.  580  -
  Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige -  Denunciata  violazione
  della  sfera  di  competenza  legislativa  esclusiva  regionale  in
  materia  di  ordinamento  delle  camere  di  commercio  -   Lesione
  dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio del
  divieto di fonti secondarie statali in  materia  regionale  per  la
  previsione di un decreto ministeriale per la  disciplina  attuativa
  della norma impugnata. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 55. 
- Costituzione, art. 117; Statuto della Regione Trentino-Alto  Adige,
  artt. 4, n. 8, 69, 79, 87, 88, 103, 104 e 107. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che i contratti di locazione di immobili stipulati dalle
  amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1,  comma  2,  della
  legge 31 dicembre 2009, n. 190 (tra cui rientrano  le  Regioni,  le
  Province  autonome,  gli  enti  locali   ed   i   rispettivi   enti
  strumentali) non possono essere rinnovati,  qualora  l'Agenzia  del
  demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non  abbia  espresso
  nulla  osta  sessanta  giorni  prima  della  data  entro  la  quale
  l'amministrazione  locataria  puo'  avvalersi  delle  facolta'   di
  comunicare il recesso dal contratto - Previsione che l'Agenzia  del
  demanio  autorizza  il  rinnovo  dei  contratti  di  locazione  nel
  rispetto  dell'applicazione  dei  prezzi  di  mercato,  soltanto  a
  condizione che non  sussistono  immobili  demaniali  disponibili  -
  Previsione, altresi', che i contratti stipulati in violazione delle
  disposizioni del comma presente sono nulli - Ricorso della  Regione
  Trentino-Alto  Adige  -  Denunciata  violazione  della   sfera   di
  competenza  legislativa   esclusiva   regionale   in   materia   di
  organizzazione  dei  propri  uffici  e  degli  enti  pararegionali,
  nonche' in materia di organizzazione  degli  enti  locali  e  delle
  camere di commercio - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 388. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; Statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1 e 2, 16, 69 e 79. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che sulla base degli  indirizzi  indicati  dal  Comitato
  interministeriale  di   cui   all'art.   49-bis,   comma   1,   del
  decreto-legge n.  69/2013,  convertito  in  legge  n.  98/2013,  in
  considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario
  di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da  questi
  formulate, entro  il  31  luglio  2014,  sono  adottate  misure  di
  razionalizzazione e di revisione della spesa, di  ridimensionamento
  delle strutture, di riduzione  delle  spese  per  beni  e  servizi,
  nonche' di ottimizzazione dell'uso di immobili tali da  assicurare,
  anche nel bilancio di previsione, una riduzione della  spesa  delle
  pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a  488,4  milioni
  di euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015,
  a 1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016  e  2017  e  a  1.186,7
  milioni di euro a decorrere dall'anno  2018  -  Previsione  che  il
  Commissario  regionale  riferisce  ogni  tre   mesi   al   Comitato
  interministeriale e, con un'apposita relazione annuale alle Camere,
  in ordine allo stato di adozione  delle  misure  di  cui  al  primo
  periodo  -  Previsione  che  su   proposta   del   Ministro   delle
  infrastrutture e dei trasporti, entro sessanta giorni  dall'entrata
  in vigore della legge impugnata, con  uno  o  piu'  regolamenti  da
  emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n.  400/1988  e
  successive    modificazioni,    sono    adottate    misure    volte
  all'unificazione, in un unico archivio  telematico  nazionale,  dei
  dati concernenti le proprieta' e le  caratteristiche  tecniche  dei
  veicoli attualmente inseriti nel P.R.A. e  nell'archivio  nazionale
  dei veicoli - Previsione che, a seguito  delle  misure  di  cui  al
  comma 420, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le Regioni e le  Province
  autonome, a valere sui  risparmi  connessi  alle  predette  misure,
  assicurano un contributo alla finanza pubblica pari  a  complessivi
  344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi 449-bis e
  454 dell'art.  1  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  228,  come
  modificati dai commi 497 e 499 della legge impugnata  -  Previsione
  che, per gli anni  2016  e  2017,  gli  enti  locali,  mediante  le
  percentuali recate ai commi 2 e  6  dell'art.  31  della  legge  12
  novembre 2011, n. 183, come modificate dai commi 532  e  534  della
  legge impugnata, assicurano un contributo di 275  milioni  di  euro
  annui per i comuni e di 69  milioni  di  euro  per  le  province  -
  Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige -  Denunciata  violazione
  dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio del
  divieto di adozione di fonti  secondarie  in  materie  regionali  -
  Lesione del principio di leale collaborazione. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 427 e 429. 
- Costituzione, artt. 117, commi quinto e sesto, e 118; Statuto della
  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 1, 16, 43, 44 e 79. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che i risparmi derivanti dalle  misure  di  contenimento
  della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma  486,
  dagli  organi  costituzionali,  dalle  Regioni  e  dalle   Province
  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  nell'esercizio   della   propria
  autonomia anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro  che
  hanno  ricoperto  funzioni   pubbliche   elettive,   sono   versati
  all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al  Fondo
  di cui al comma 48 - Ricorso della Regione  Trentino-Alto  Adige  -
  Denunciata violazione  dell'autonomia  del  Consiglio  regionale  e
  dell'autonomia finanziaria regionale. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 487. 
- Costituzione, artt. 119 e 121; Statuto della Regione  Trentino-Alto
  Adige, artt. 24, 26, 31 e 79. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione di  una  riduzione  di  spesa  da  parte  della  Regione
  Trentino-Alto Adige, di tre milioni di euro per gli anni  2015-2017
  - Previsione che la  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  le  Province
  autonome  di  Trento  e  Bolzano  concordano   con   il   Ministero
  dell'economia e finanze per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017 il
  saldo programmatico  calcolato  in  termini  di  competenza  mista,
  determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio  2011:
  a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'art.
  32, comma 10, della legge n. 183/2011; b) del  contributo  previsto
  dall'art. 28, comma 3, del d.l.  n.  201/2011,  come  rideterminato
  dall'art. 35, comma 4, del d.l. n. 1/2012 e dall'art. 4, comma  11,
  del d.l. n. 16/2012; c) degli  importi  indicati  nel  decreto  del
  Ministero dell'economia e finanze relativi al 2013,  2014,  2015  e
  2016, emanato in attuazione dell'art. 16,  comma  3,  del  d.l.  n.
  95/2012; d) degli importi indicati nella tabella di  cui  al  comma
  454; d-bis) degli ulteriori  contributi  disposti  a  carico  delle
  autonomie speciali - Ricorso della Regione  Trentino-Alto  Adige  -
  Denunciata  violazione  dell'autonomia  finanziaria   regionale   -
  Lesione del principio di ragionevolezza  -  Lesione  del  principio
  dell'accordo in materia finanziaria - Richiamo al  ricorso  in  via
  principale n. 33 del  2013  proposto  dalla  Regione  Trentino-Alto
  Adige contro l'art. 1, comma 455, della legge n. 228/2012. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 499 e 500. 
- Costituzione, artt. 3 e 119; Statuto  della  Regione  Trentino-Alto
  Adige, art. 79. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione, al fine di  assicurare  il  concorso  delle  Regioni  a
  statuto speciale e delle Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano
  all'equilibrio di bilancio e alla stabilita' del  debito  pubblico,
  che le nuove e maggiori entrate derivanti dal d.l.  n.  138/2011  e
  dal d.l. n. 201/2011 sono riservate all'Erario, per un  periodo  di
  cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente
  destinate alla copertura degli oneri per  il  servizio  del  debito
  pubblico, al fine di garantire la  riduzione  del  debito  pubblico
  stesso nella misura  e  nei  tempi  stabiliti  dal  Trattato  sulla
  stabilita' e sulla governance dell'Unione  economica  e  monetaria,
  stipulato a Bruxelles il 2 marzo 2012 e ratificato ai  sensi  della
  legge n.  114/2012  -  Previsione  che  con  apposito  decreto  del
  Ministero dell'economia  e  finanze,  sentiti  i  Presidenti  delle
  giunte regionali interessati, da  adottare  entro  sessanta  giorni
  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  sono
  stabilite le  modalita'  di  individuazione  del  maggior  gettito,
  attraverso  separata  contabilizzazione  -  Ricorso  della  Regione
  Trentino-Alto  Adige   -   Denunciata   violazione   dell'autonomia
  finanziaria  regionale   -   Lesione   del   principio   di   leale
  collaborazione - Lesione della norma statutaria sul procedimento di
  revisione dello Statuto - Richiamo ai ricorsi in via principale nn.
  143/2011 e 33/2012 sollevati dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 508. 
- Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 69, 79, 103, 104 e
  107. 
(GU n.17 del 16-4-2014 )
    Ricorso della REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL (cod.  fiscale
80003690221),  in  persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale
pro-tempore  Alberto  Pacher,  autorizzato  con  deliberazione  della
Giunta regionale n. 38 del 5 febbraio 2014 (doc. 1), rappresentata  e
difesa, come da procura speciale n. rep. 5787 del  18  febbraio  2014
(doc. 2),  rogata  dall'avv.  Edith  Engl,  Ufficiale  rogante  della
Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon  di  Padova  (cod.  fisc.
FLCGDM45C06L736E)  e  dall'avv.  Luigi  Manzi  di  Roma  (cod.  fisc.
MNZLGU34E15H501Y), con domicilio eletto presso quest'ultimo in  Roma,
via Confalonieri, 5; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   dell'articolo  1,
commi 55, 388, 427, 429, 487, 499, 500 e 508 della legge 27  dicembre
2013, n. 147, recante "Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)",
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del  27  dicembre  2013  -
Supplemento ordinario, per violazione: 
        degli articoli 4, n. 1, n. 2, n. 3 e n. 8; 16;  24;  31;  43;
44; 67; 87; 88; 103; 104 e  107  del  DPR  31  agosto  1972,  n.  670
(Statuto speciale), nonche' delle correlate norme di attuazione; 
        del titolo VI dello Statuto speciale,  in  particolare  degli
articoli 69 e 79  e  delle  relative  norme  di  attuazione  (decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268); 
        del dPR 31 luglio 1978, n. 1017; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare
degli articoli 2, 3 e 4); 
        dell'articolo 117  della  Costituzione  in  collegamento  con
l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; 
        del principio di leale  collaborazione,  nei  modi  e  per  i
profili di seguito illustrati. 
 
                           Fatto e Diritto 
 
    Premessa 
    Il presente ricorso si riferisce  ad  alcune  disposizioni  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2014). 
    Tale legge ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo  hanno
anche le diverse disposizioni qui impugnate. 
    EE'  risultato  percio'  preferibile  evitare  una  illustrazione
generale in fatto,  e  trattare  invece  direttamente  delle  singole
disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia
il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 55. 
    Il comma 55 stabilisce quanto segue: 
    "Una somma pari a 70 milioni di  euro  per  ciascuno  degli  anni
2014, 2015 e 2016 e' destinata dal sistema delle camere di commercio,
industria, artigianato e  agricoltura  al  sostegno  dell'accesso  al
credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei
confidi, ivi compresi quelli  non  sottoposti  alla  vigilanza  della
Banca d'Italia, anche utilizzando una quota della  dotazione  annuale
del fondo di perequazione di cui  all'articolo  18,  comma  9,  della
legge 29  dicembre  1993,  n.  580.  I  criteri  e  le  modalita'  di
attuazione e di monitoraggio degli effetti delle norme  del  presente
comma sono definiti con il decreto di cui all'articolo 18,  comma  4,
della suddetta legge n. 580 del 1993. La  presente  disposizione  non
comporta effetti di aumento sulla determinazione della misura annuale
del diritto camerale di cui all'articolo 18, comma 4, della legge  n.
580 del 1993". 
    Il richiamato art. 18, co. 4, 1. 580/1993 dispone che "la  misura
del diritto annuale dovuto ad ogni singola  camera  di  commercio  da
parte di ogni  impresa  iscritta  o  annotata  nei  registri  di  cui
all'articolo 8, ivi compresi gli importi  minimi  e  quelli  massimi,
nonche'  gli  importi  del  diritto  dovuti  in  misura   fissa,   e'
determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentite  l'Unioncamere  e  le
organizzazioni di categoria maggiormente  rappresentative  a  livello
nazionale, in  base  al...  metodo"  di  seguito  indicato.  In  base
all'art. 18, co. 9, pure richiamato, "con il decreto di cui al  comma
4, si determinano una quota del diritto annuale da  riservare  ad  un
fondo di perequazione istituito presso l'Unioncamere, nonche' criteri
per la ripartizione del fondo stesso tra le camere  di  commercio  e,
per specifiche finalita', le Unioni regionali,  al  fine  di  rendere
omogeneo  su  tutto  il  territorio  nazionale  l'espletamento  delle
funzioni attribuite da leggi dello Stato al sistema delle  camere  di
commercio" 
    Il comma 55 fa riferimento alle camere di commercio in  generale,
e non contiene alcun riferimento esplicito alla  ricorrente  Regione.
Tale circostanza, unita al tenore stesso  della  disposizione,  nella
quale - come si dira' - anche i poteri di formazione secondaria  sono
affidati all'amministrazione statale, nel quadro  di  un  riferimento
alla legge generale statale n. 580 del 1993,  lascia  ragionevolmente
ritenere che tale disposizione non sia destinata ad  applicarsi  alle
autonomie speciali aventi competenza in materia di ordinamento  delle
Camere di commercio, ed in particolare alla ricorrente Regione,  alla
quale l'art. 4, n.  8),  dello  Statuto  speciale  attribuisce  ampia
potesta' legislativa esclusiva, appunto, in materia  di  "ordinamento
delle  camere  di  commercio",  come  confermato  anche  dalla  sent.
477/2000 di codesta Corte. 
    La  presente  impugnazione  e'   percio'   prospettata   in   via
prudenziale, per l'ipotesi che, al contrario di quanto ritenuto dalla
Regione, la disposizione di cui  all'art.  1,  comma  55,  risultasse
destinata ad applicarsi anche alle camere di commercio  di  Trento  e
Bolzano, per la sola circostanza che  nella  l.  147/2013  manca  una
clausola generale di  salvaguardia  delle  competenze  delle  Regioni
speciali. 
    In tale  ipotesi,  la  disposizione  sopra  esposta  risulterebbe
costituzionalmente illegittima per le seguenti ragioni. 
    Come appena ricordato, lo Statuto assegna alla  Regione  potesta'
legislativa primaria in materia di Camere di commercio. La previsione
statutaria e' stata attuata dal dPR 31 luglio 1978, n. 1017, Norme di
attuazione dello statuto speciale della Regione  Trentino-Alto  Adige
in materia di artigianato, incremento della  produzione  industriale,
cave e torbiere, commercio, fiere e mercati. 
    In attuazione della propria competenza legislativa  primaria,  la
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha approvato la legge  regionale
7/1982, Ordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura di Trento e di Bolzano; il finanziamento  delle  Camere
e' regolato nell'art. 19, come sostituito dalla 1.r. 3/2007. 
    In sostanza, il comma 55 verrebbe a vincolare una parte dei fondi
delle camere di commercio di Trento e  Bolzano  (corrispondente  alla
quota dei 70 milioni di euro annui che  sara'  imputata  alle  camere
trentine dal d.m.  di  cui  all'art.  18,  co.  4,  1.  580/1993)  al
perseguimento di un  determinato  scopo  ("sostegno  dell'accesso  al
credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei
confidi"). 
    Il meccanismo e' simile a  quello  dei  "fondi  vincolati",  piu'
volte censurati da codesta Corte, con  la  rilevante  (ed  aggavante)
differenza che - nel caso di specie - il vincolo non  riguarda  somme
erogate dallo Stato ma risorse delle stesse camere di commercio. 
    La  norma  impugnata,  dunque,   lede   chiaramente   l'autonomia
amministrativa e finanziaria delle camere  di  commercio,  in  quanto
condiziona l'autonomia di spesa e impedisce alle camere di utilizzare
quelle  risorse  per  altri  scopi.  Da  cio'   deriva   la   lesione
dell'autonomia legislativa  primaria  della  Regione  in  materia  di
"ordinamento delle camere di commercio", dato  che  spetterebbe  alla
Regione, nel rispetto dell'autonomia delle  camere,  compiere  scelte
sul modo in cui le camere devono usare le proprie risorse. 
    E' da sottolineare  che  la  norma  in  questione  e'  del  tutto
estranea al tema  del  "coordinamento  della  finanza  pubblica",  in
quanto non e' volta a limitare la spesa ma solo a condizionarla verso
un determinato scopo. 
    Oltre all'art. 4, n. 8, dello Statuto, e'  violato  l'art.  2  d.
lgs. 266/1992, in quanto il  comma  55  non  prevede  un  recepimento
regionale  ma  pretende  diretta  applicabilita'   in   una   materia
regionale. 
    La lesione dell'autonomia regionale e' aggravata dal fatto che la
disciplina dettagliata, attuativa del comma  55,  e'  rimessa  ad  un
decreto ministeriale, nella cui  adozione  le  Regioni  neppure  sono
coinvolte.  Dunque,  il  legislatore  statale  si  e'   mosso   nella
prospettiva di una sua (inesistente)  competenza  esclusiva,  mentre,
con riferimento al Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  si  verte  in  una
materia di competenza primaria regionale. 
    Pertanto, risulta violato  anche  il  principio  che  esclude  la
previsione di fonti secondarie statali in materie regionali (v.  art.
117, co. 6, Cost. e art. 2 d. lgs. 266/1992).  Qualora,  in  denegata
ipotesi, si ritenesse legittima la previsione di  un  regolamento  in
materia regionale, sarebbe comunque violato  il  principio  di  leale
collaborazione  per  mancata  previsione  del  coinvolgimento   della
Regione  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  nell'adozione   del   decreto
attuativo del comma 55. Infine, il comma  55  (ove  applicabile  alla
ricorrente Regione) ne violerebbe l'autonomia finanziaria  (artt.  69
ss. Statuto). Infatti, nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol  le
Camere di commercio di Trento e di Bolzano  sono  parte  del  sistema
complessivo della  finanza  regionale  e  di  quella  delle  Province
autonome, tanto che parte considerevole delle spese delle  Camere  di
commercio  sono  a  carico  del  bilancio  regionale  e   di   quelli
provinciali. La  Regione  assegna  i  finanziamenti  alle  Camere  di
commercio attraverso le due Province all'interno  delle  risorse  del
fondo unico. Complessivamente, nel  2012  sono  stati  erogati  dalla
Provincia autonoma di Trento euro 1.840.000,00 di  parte  corrente  e
euro 1.112.000,00 di parte in conto capitale, e  dalla  Provincia  di
autonoma di Bolzano euro 4.874.318,00 di parte corrente. 
    Poiche' il comma 55, ultimo periodo,  dispone  che  "la  presente
disposizione non comporta effetti  di  aumento  sulla  determinazione
della misura annuale del diritto camerale", e' chiaro che il  vincolo
posto ad una  parte  considerevole  delle  risorse  delle  camere  di
commercio si ripercuoterebbe sulla finanza regionale. 
    Di   qui   la   completa   illegittimita'   della   disposizione,
nell'ipotesi  interpretativa  negativa   qui   prospettata   in   via
cautelativa. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 388. 
    Il comma 388 dispone quanto segue: 
    "Anche  ai  fini   della   realizzazione   degli   obiettivi   di
contenimento della  spesa,  i  contratti  di  locazione  di  immobili
stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1,
comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non possono  essere
rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito  delle  proprie
competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della
data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi  della
facolta' di comunicare il recesso dal  contratto.  Nell'ambito  della
propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del  demanio  autorizza
il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione
di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che  non  sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati  in  violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli". 
    Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1,  co.
2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome,  gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali. 
    Per vero, anche in questo caso - come in quello del comma 55 - lo
stesso tenore tutto "intrastatale" della normativa lascia pensare che
essa non sia destinata ad applicarsi agli enti  dotati  di  autonomia
costituzionale, ivi compresi i loro enti locali e strumentali. 
    Tuttavia, vista l'assenza, nella l. 147/2013, di una clausola  di
salvaguardia  delle  autonomie  speciali,   e'   possibile   che   la
disposizione in esame possa  essere  interpretata  come  direttamente
vincolante anche per questa Regione, le Province autonome,  gli  enti
locali trentini ed i rispetti enti strumentali,  con  la  conseguenza
che i contratti di locazione stipulati dai  predetti  enti  sarebbero
sottoposti ad un controllo preventivo  di  merito  da  parte  di  una
Amministrazione statale. 
    Se questo fosse il  senso  del  comma  388,  esso  violerebbe  la
potesta'  legislativa  primaria  di  questa  Regione  in  materia  di
organizzazione dei propri uffici e  degli  enti  pararegionali  e  la
corrispondente potesta' amministrativa: v. l'art. 4, n. 1) e n. 2)  e
l'art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4,
e l'art. 118 Cost. (in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto
16.5).  E'  chiaro,  infatti,  che  la  soggezione  del  rinnovo  del
contratto di locazione di immobili  al  nulla-osta  dell'Agenzia  del
demanio rappresenta una ingerenza nell'autonomia organizzativa  della
Regione e degli  enti  para-regionali,  una  vera  forma  di  "tutela
amministrativa" che non trova alcun fondamento nello Statuto e  nella
Costituzione. 
    Per  le  stesse  ragioni  sarebbero  lese  anche  le   competenze
regionali in materia di organizzazione  degli  enti  locali  e  delle
camere di commercio (art. 4, n. 3 e n. 8  dello  Statuto),  dato  che
anche questi enti rientrano tra le "amministrazioni" di cui al  comma
388. 
    E' opportuno ricordare che, in base all'art.  67  dello  Statuto,
"gli edifici destinati a sedi di uffici pubblici regionali con i loro
arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico  servizio  regionale
costituiscono il patrimonio indisponibile della regione"; inoltre, "i
beni immobili patrimoniali dello Stato  situati  nella  regione  sono
trasferiti al patrimonio della regione" e "i  beni  immobili  situati
nella  regione  che  non  sono  proprieta'  di  alcuno  spettano   al
patrimonio della regione". L'art. 4 d.P.R. n. 115  del  1973  ha  poi
disposto  il  trasferimento  alle  Province  autonome,  in  relazione
all'ubicazione territoriale,  di  tutti  i  beni  patrimoniali  della
regione non destinati a sedi di uffici regionali  o  ad  un  servizio
regionale. Inoltre, ai sensi del primo comma dell'articolo 16 del  d.
lgs. 268/1992, "spetta alla regione e alle province emanare norme  in
materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del  patrimonio
e di contratti della regione e delle province medesime e  degli  enti
da esse dipendenti". 
    E' dunque  pacifica  l'ingerenza  del  comma  388  nell'autonomia
organizzativa  regionale,   spettando   alla   Regione   disciplinare
l'organizzazione  dei  propri  uffici  e  la  gestione  del   proprio
patrimonio. 
    Tale ingerenza non potrebbe in  alcun  caso  essere  giustificata
sulla base della competenza statale in materia di coordinamento della
finanza pubblica. In primo luogo, rilevano  due  norme  speciali:  il
gia' citato art. 16 d. lgs. 268/1992 (che  attribuisce  espressamente
alla Regione competenza sull'amministrazione  del  patrimonio  e  sui
contratti regionali) e l'art. 79 dello Statuto, che  regola  in  modo
esaustivo i modi in cui la Regione concorre  "all'assolvimento  degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (co. 1),  e
al comma 3 stabilisce che, "al fine di assicurare  il  concorso  agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione e  le  province  concordano
con il Ministro dell'economia e delle finanze gli  obblighi  relativi
al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi  di  bilancio
da conseguire in ciascun periodo", aggiungendo che "non si  applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel  restante
territorio nazionale". Dunque,  l'applicazione  del  comma  388,  che
rappresenta una misura di  coordinamento  finanziario,  alla  Regione
Trentino-Alto Adige si pone in contrasto con l'art. 79 St. 
    In secondo luogo,  il  comma  388  non  rappresenta  comunque  un
principio di coordinamento, in quanto e' volto a  limitare  una  voce
ultra-minuta di spesa,  in  modo  non  temporaneo  e  senza  lasciare
margini di svolgimento alla  Regione:  anche  sotto  questo  profilo,
dunque,  sono  violati  l'art.  117,  co.  3,  Cost.  e   l'autonomia
finanziaria regionale. 
    Inoltre, la previsione di un potere preventivo di  autorizzazione
in capo  ad  un  organismo  statale  e  la  disciplina  del  relativo
procedimento si pongono in violazione del sistema  dei  rapporti  fra
Stato, Regione e Province autonome,  quale  risulta  delineato  dagli
articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e  dalle  relative  norme  di
attuazione, tra cui, in particolare, il decreto del Presidente  della
Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, Norme di attuazione dello  statuto
speciale per la regione Trentino - Alto Adige per l'istituzione delle
sezioni di controllo della corte dei conti di Trento e di  Bolzano  e
per  il  personale  ad  esse  addetto.  La  legge  statale  non  puo'
introdurre, a carico della Regione, controlli statali non previsti da
queste fonti perche' la materia dei controlli rientra, appunto, nella
sfera dei "rapporti tra Stato e Regione", di competenza dello Statuto
e delle norme di attuazione. 
    Infine, il comma 388 si pone in contrasto con l'art.  2  d.  1gs.
266/1992, in quanto  detta  una  norma  direttamente  applicabile  in
materia regionale (organizzazione  regionale  o  coordinamento  della
finanza pubblica); l'esistenza di un mero dovere  di  adeguamento  e'
ribadita dall'art. 79, co. 4, St.  per  le  "specifiche  disposizioni
legislative dello Stato" aventi  "finalita'  di  coordinamento  della
finanza pubblica". 
    E' pure violato l'art. 4 d.  lgs.  266/1992,  secondo  il  quale,
nelle materie di competenza della Regione e delle Province  autonome,
la  legge  non  puo'  attribuire   agli   organi   statali   funzioni
amministrative,   comprese   quelle   di   vigilanza,   di    polizia
amministrativa  e  di  accertamento  di  violazioni   amministrative,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale  e
le relative norme di attuazione. Il nulla-osta contemplato dal  comma
388 e' una funzione  amministrativa  e  l'Agenzia  del  demanio,  pur
essendo un ente autonomo, e' riconducibile al  sistema  ordinamentale
statale, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale che ammette
le Regioni a sollevare conflitto  di  attribuzioni  contro  gli  atti
delle agenzie fiscali. 
3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  427,  primo
periodo, e del comma 429. 
    Il comma 427,  primo  periodo,  dispone  che  "sulla  base  degli
indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'articolo
49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  9   agosto   2013,   n.   98,   in
considerazione delle attivita' svolte dal  Commissario  straordinario
di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle  proposte  da  questi
formulate,  entro  il  31  luglio  2014  sono  adottate   misure   di
razionalizzazione e di revisione della  spesa,  di  ridimensionamento
delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche'
di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da  assicurare,  anche
nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche
amministrazioni di cui  all'articolo  1,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196, in misura non inferiore  a  488,4  milioni  di
euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per  l'anno  2015,  a
1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7  milioni
di curo a decorrere dall'anno 2018". 
    Il richiamato art. 49-bis, co.  1,  d.l.  69/2013  istituisce  un
comitato  interministeriale  "al  fine  di  coordinare  l'azione  del
Governo e le politiche volte all'analisi e al  riordino  della  spesa
pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici  offerti".  Il
comma 2 dispone che, "ai fini della razionalizzazione della  spesa  e
del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
puo' nominare con proprio decreto un Commissario  straordinario,  con
il compito di formulare indirizzi  e  proposte,  anche  di  carattere
normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al  comma  1,  terzo
periodo". 
    Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1,  co.
2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome,  gli
enti locali ed i rispettivi enti strumentali. 
    Il comma 429 si  occupa  della  misura  in  cui  le  Regioni,  le
Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al  risparmio
complessivo, ed a questo scopo stabilisce che "a seguito delle misure
di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni  e  le
province autonome, a  valere  sui  risparmi  connessi  alle  predette
misure,  assicurano  un  contributo  alla  finanza  pubblica  pari  a
complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi
449-bis e 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012,  n.  228,
come modificato dai commi 497 e 499 del presente articolo". 
    A chiarimento del meccanismo, conviene ricordare  che  l'art.  1,
co. 454, l. 228/2012 prevede una riduzione delle spese di  3  milioni
di euro, ad opera di questa Regione, per gli anni 2015-2017. 
    In sintesi, il comma  427,  primo  periodo,  determina  l'importo
complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte  le  pubbliche
amministrazioni  (riduzione  operata  sulla  base   degli   indirizzi
indicati  dal  Comitato  interministeriale),  mentre  il  comma   429
determina l'importo a carico degli  enti  territoriali  e  ripartisse
l'onere fra di essi, prevedendo un ulteriore contributo alla  finanza
pubblica, che si aggiunge ai numerosi  contributi  gia'  previsti  da
diverse leggi in questi anni. 
    Le norme cosi' descritte violano  l'autonomia  finanziaria  della
Regione e, in particolare, l'art. 79 St. che, come visto,  stabilisce
che "la regione e le province  concorrono...  all'assolvimento  degli
obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,
dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento
della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di
seguito indicati e "con le modalita' di coordinamento  della  finanza
pubblica definite al comma 3" (co. 1), precisando che "le  misure  di
cui al comma  1  possono  essere  modificate  esclusivamente  con  la
procedura prevista dall'articolo  104  e  fino  alla  loro  eventuale
modificazione costituiscono il concorso  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica di cui al comma 1" (co. 2). 
    Il richiamato comma 3 dispone che,  "al  fine  di  assicurare  il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di
bilancio da conseguire in ciascun periodo", e che "non  si  applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel  restante
territorio nazionale". 
    Ora, sembra evidente che disposizioni  come  quelle  dettate  dai
commi 427, primo periodo, e 429, che hanno chiaramente uno  scopo  di
coordinamento della finanza pubblica (tramite  la  limitazione  della
spesa pubblica), sono esattamente quelle di cui l'art. 79 afferma che
non si applicano alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige.  Ed  esse
non si applicano non perche'  la  Regione  sia  estranea  al  sistema
complessivo della finanza pubblica, ma perche' le  regole  della  sua
partecipazione a tale sistema sono definite  in  termini  precisi  ed
alternativi dall'art. 79 dello Statuto. Infatti, la Regione  concorda
il saldo di bilancio da  conseguire  nei  diversi  anni,  sulla  base
dell'art. 79, co. 3, St.: sicche'  risulta  poi  del  tutto  assurdo,
prima ancora che costituzionalmente illegittimo,  che  essa  si  veda
imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa. 
    Le norme impugnate violano anche il principio  dell'accordo  che,
come  risulta  dalla  giurisprudenza  costituzionale  (v.  le  sentt.
82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime  dei
rapporti finanziari fra Stato  e  Regioni  speciali.  Tale  principio
emerge chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme  di
esso sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui all'art.
103 St., adottata su parere dei  consigli  provinciali  e  regionale)
solo "con legge ordinaria  dello  Stato  su  concorde  richiesta  del
Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle
due province" (art. 104) e possono essere attuate  e  integrate  solo
con la speciale procedura paritetica  di  cui  all'art.  107  St.  La
procedura concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per
le modifiche apportate dalla 1. 191/2009 e ora l'art. 79, co. 3,  St.
ha codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle
leggi  statali  finanziarie)  per  la  conclusione   del   patto   di
stabilita'.  Le  sentenze  di  codesta  Corte  sopra   citate   hanno
confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale
nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali. 
    Inoltre, la norma secondo la quale le misure di razionalizzazione
della spesa debbano  essere  adottate  "sulla  base  degli  indirizzi
indicati dal Comitato interministeriale" e "in  considerazione  delle
attivita' svolte dal Commissario straordinario" pone un  vincolo  che
comporta una  lesione  dell'autonomia  legislativa  e  amministrativa
della Regione in materia di organizzazione (art. 4, n. 1 , e art.  16
St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e  l'art.
118 Cost.: in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5). 
    Se e' vero che il comma 427 non detta esso  stesso  le  norme  di
dettaglio, e' anche vero che, invece  di  lasciare  alle  Regioni  la
scelta degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di risparmio, esso
rinvia ad un'anomala fonte secondaria (gli "indirizzi" del Comitato),
con violazione anche degli artt. 43 e 44 dello Statuto (che prevedono
la potesta' regolamentare della Regione), dell'art. 117, co. 6, Cost.
e dell'art. 2 d. lgs. 266/1992,  che  preclude  l'adozione  di  fonti
secondarie nelle materie regionali. 
    Qualora poi  gli  "indirizzi"  fossero  considerati  un  atto  di
indirizzo e coordinamento, il comma 427 sarebbe comunque  illegittimo
per  violazione  dell'art.  3  d.  lgs.  266/1992,  per  la   mancata
previsione della competenza del Consiglio dei ministri e  del  parere
della Regione. Qualora gli "indirizzi" fossero  considerati  un  atto
amministrativo, il comma 427 violerebbe l'art. 4 d. 1gs. 266/1992, in
base al quale "nelle materie di competenza propria  della  regione  o
delle province autonome la legge  non  puo'  attribuire  agli  organi
statali funzioni amministrative, comprese  quelle  di  vigilanza,  di
polizia   amministrativa   e   di    accertamento    di    violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti  allo  Stato  secondo  lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione". In generale,  il
comma 427, primo  periodo,  viola  comunque  il  principio  di  leale
collaborazione in quanto non prevede  il  coinvolgimento  degli  enti
territoriali nell'adozione di "indirizzi" che intervengono in materie
regionali  (organizzazione  interna  e  coordinamento  della  finanza
pubblica) e  sono  destinati  a  condizionare  pesantemente  la  loro
autonomia. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 487. 
    Il comma 486 stabilisce che, "a decorrere dal 1° gennaio  2014  e
per  un  periodo  di  tre  anni,  sugli   importi   dei   trattamenti
pensionistici corrisposti da enti  gestori  di  forme  di  previdenza
obbligatorie  complessivamente  superiori  a  quattordici  volte   il
trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo  di  solidarieta'  a
favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento
della  parte  eccedente  il  predetto  importo   lordo   annuo   fino
all'importo lordo annuo di venti volte il  trattamento  minimo  INPS,
nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente  l'importo  lordo
annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per
la  parte  eccedente  l'importo  lordo  annuo  di  trenta  volte   il
trattamento minimo INPS" (primo periodo). E' inoltre disposto che "le
somme  trattenute  vengono  acquisite   dalle   competenti   gestioni
previdenziali  obbligatorie,  anche  al   fine   di   concorrere   al
finanziamento degli interventi di  cui  al  comma  191  del  presente
articolo". 
    Dunque, tale disposizione stabilisce in via generale un  concorso
al finanziamento delle gestioni previdenziali obbligatorie  a  carico
dei trattamenti pensionistici erogati dagli  "enti  gestori"  (sempre
nell'ambito  di  forme  di  previdenza  obbligatoria)   per   importi
superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS. Il  sistema
opera nel senso di devolvere una quota parte del trattamento erogato,
quantificata in via proporzionale, secondo tre scaglioni crescenti, a
vantaggio delle predette gestioni previdenziali obbligatorie. 
    Tale disposizione non riguarda le regioni,  e  non  forma  dunque
oggetto di impugnazione nel presente ricorso. 
    Tuttavia, al comma 486  si  connette  il  successivo  comma  487,
prevedendo un particolare meccanismo di penalizzazione delle  finanze
regionali. 
    Precisamente, il comma 487  dispone  che  "i  risparmi  derivanti
dalle misure di contenimento della spesa  adottate,  sulla  base  dei
principi di cui al comma  486,  dagli  organi  costituzionali,  dalle
regioni  e  dalle  province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano,
nell'esercizio della  propria  autonomia,  anche  in  riferimento  ai
vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto  funzioni  pubbliche
elettive, sono versati  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  per
essere destinati al Fondo di cui al comma 48". 
    In altre parole - mentre in  linea  di  principio  le  trattenute
operate ai sensi del comma 486 sono destinate a beneficiare lo stesso
ente  erogatore  del   trattamento   previdenziale   obbligatorio   -
nell'ipotesi in cui, per effetto dell'applicazione dei  principi  del
comma 486, derivino alla Regione dei risparmi di spesa, essa  sarebbe
tenuta  a  riversare  tali  risparmi  a   favore   dello   Stato   e,
specificamente, a vantaggio del "Fondo di cui al comma 48". 
    Ad avviso  della  ricorrente  Regione,  tale  previsione  risulta
incostituzionale  in  quanto  lesiva  dell'autonomia  del   Consiglio
regionale e  dell'autonomia  finanziaria  regionale  garantita  dallo
Statuto. 
    Come noto, il Consiglio regionale e'  un  organo  previsto  dallo
Statuto speciale e dotato di autonomia statutariamente garantita  (v.
gli artt. 24, 26 e 31 St.). Nell'esercizio della  propria  autonomia,
il Consiglio regionale del Trentino-Alto  Adige  ha  disciplinato  la
materia delle indennita' e della previdenza dei consiglieri regionali
con la l.r. 2/1995, con la l.r. 4/2004, con  la  l.r.  4/2008  e,  da
ultimo,  con  la  l.r.  6/2012,  "Trattamento  economico   e   regime
previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige". L'art. 15 di quest'ultima legge dispone che  "a
carico degli assegni  vitalizi  diretti  e  di  reversibilita'  viene
effettuata una trattenuta variabile fino a  un  massimo  del  12  per
cento a titolo di contributo di solidarieta'", e  che  "l'Ufficio  di
Presidenza  disciplina  con  propria   deliberazione   le   modalita'
operative" (gia' la l.r. 4/2004 aveva introdotto una  trattenuta  del
4%). 
    La lesione derivante dal  comma  487  non  consiste  tanto  nella
previsione che vi debbano essere "risparmi derivanti dalle misure  di
contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui  al
comma 486", circostanza che il comma 487 non  sembra  considerare  un
vero e proprio obbligo della  Regione,  dal  momento  che  essa  deve
operare "nell'esercizio della propria autonomia". 
    La lesione consiste invece nella circostanza che, ove la  Regione
adotti, conformemente allo  spirito  della  legge  statale,  ed  alle
esigenze  dei  tempi,  tali  misure  di  contenimento  della   spesa,
beneficiario dei risparmi stessi non sarebbe la Regione ma lo  Stato:
a causa del citato obbligo di trasferirli a vantaggio dello Stato. 
    In questi termini, la norma in questione dispone  null'altro  che
un ingiustificato trasferimento allo Stato  di  somme  che  ai  sensi
dello Statuto spettano alla Regione.  A  tale  conclusione  non  osta
quanto deciso da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 151 del 2012,
in relazione a norme che pure prevedevano  la  destinazione  a  Fondi
statali  dei  risparmi  per  riduzioni   di   spese   volontariamente
deliberate dalle Regioni con  riferimento  ai  trattamenti  economici
degli organi indicati nell'art.  121  della  Costituzione  (Consiglio
regionale, Giunta e Presidente). 
    In tale occasione codesta Corte, accertato  che  la  disposizione
statale oggetto del ricorso doveva "essere interpretata non nel senso
che le Regioni hanno l'obbligo di adottare deliberazioni di riduzione
di  spesa,  ma  nel  senso  che,  nel  caso  in  cui  dette  Regioni,
nell'esercizio  della  loro  autonomia,  abbiano  deliberato  per  il
triennio dal 2011 al 2013 tali riduzioni, i risparmi  cosi'  ottenuti
«sono riassegnati»"  ai  predetti  fondi  statali  (nella  specie  si
trattava del Fondo per l'ammortamento dei titoli  di  Stato),  ne  ha
ritenuto la legittimita', affermando che tale  trasferimento  sarebbe
stato il frutto dello "esercizio di un  atto  di  autonomia,  con  il
quale la Regione sceglie liberamente se e quanto ridurre  la  spesa",
sicche'  la  limitazione  all'autonomia  di  spesa   era   "meramente
ipotetica e potenziale". 
    Ad avviso della ricorrente Regione tale argomentazione, che  puo'
riferirsi  alle  regole  della  finanza  delle  Regioni   a   statuto
ordinario, non puo' invece valere in relazione alle regole statutarie
che governano le autonomie  speciali,  e  segnatamente  quella  della
Regione Trentino-Alto Adige. 
    Infatti, in relazione alle Regioni a statuto  ordinario  -  fermo
restando il dovere dello Stato di porle in condizione  di  esercitare
le proprie funzioni, e di contribuire  alla  loro  finanza  nei  modi
stabiliti dall'art. 119 Cost. - non vi e'  a  livello  costituzionale
una indicazione precisa delle entrate ad esse  spettanti.  In  queste
condizioni,  puo'  essere   comprensibile   che,   a   fronte   delle
"eccezionali  e  contingenti  esigenze  di   solidarieta'   politica,
economica e sociale" evocate dalla stessa sentenza  n.  151/2012,  lo
Stato "assorba" per un determinato periodo il risparmio derivante  da
scelte regionali, diminuendo cosi' di fatto i  propri  trasferimenti,
che non sono condizionati da alcuna specifica regola costituzionale. 
    Ma la finanza delle Regioni ad autonomia speciale (e fra  esse  -
in particolare - della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol) e' - per
scelta  di  rango  costituzionale  -  regolata  in  modo  del   tutto
differente. 
    Le attribuzioni finanziarie della Regione  non  sono  determinate
"discrezionalmente"  dal  legislatore  statale,   secondo   variabili
considerazioni di opportunita', ma trovano invece  precisa  e  sicura
parametrazione direttamente  nell'art.  69  dello  Statuto  speciale,
essendo ivi previste come  quote  di  compartecipazione,  rigidamente
predeterminate, ai tributi erariali. 
    Poste tali basi alla finanza regionale, sembra  chiaro  non  solo
che ogni decisione su dove e come allocare le risorse  e  su  dove  e
come  risparmiare  e'  riservata  alla  Regione   (fermo   ovviamente
l'adempimento dei propri doveri istituzionali e il rispetto  di  ogni
altro vincolo legittimamente posto), ma che tali scelte  non  possono
dare luogo a singole "restituzioni" di fondi allo  Stato,  in  quanto
tali  restituzioni  si  tradurrebbero  in  null'altro  che   in   una
decurtazione delle risorse che lo  Statuto  richiede  siano  messe  a
disposizione della Regione. 
    Non essendovi alcun fondamento per il passaggio  allo  Stato  del
risparmio  di  spesa  eventualmente   ottenuto   dalla   Regione   in
applicazione dei principi di cui al comma 486, la disposizione di cui
la comma 487 risulta illegittima e lesiva dell'art. 69 dello  Statuto
speciale e in generale dell'autonomia finanziaria regionale. 
    Inoltre, il comma 487 lede l'autonomia finanziaria  regionale  in
quanto l'obbligo di versare al bilancio dello  Stato  i  risparmi  in
questione implica un  ulteriore  contributo  a  carico  del  bilancio
regionale, in contrasti con  l'art.  79  St.,  che  -  come  visto  -
disciplina compiutamente il concorso della Regione agli obiettivi  di
finanza pubblica e dispone l'inapplicabilita', nella  regione,  delle
misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite in  generale
dal legislatore statale. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 499 e 500. 
    Il comma 499 modifica il comma 454 dell'articolo 1 della legge n.
228 del 2012. Nella versione originaria, tale comma  (il  comma  454)
non si riferiva ne' alla Regione  Trentino  -  Alto  Adige  ne'  alle
Province autonome, che erano al contrario espressamente escluse dalla
sua applicazione. 
    Ora invece, pur permanendo l'esclusione  nel  primo  periodo  del
comma 1, la lett. b) del comma  499,  qui  impugnata,  inserisce  nel
comma 454 una tabella che prevede una riduzione di spese, da parte di
questa Regione, di tre milioni per gli anni 2015-2017; e la lett. c),
pure impugnata, aggiunge nel comma 454 la lett. d-bis),  che  prevede
"ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". 
    Il comma 500 modifica il comma 455 dell'articolo 1 della legge n.
228 del 2012, che e' espressamente riferito alla Regione  Trentino  -
Alto Adige e alle Province autonome.  Dopo  le  modifiche  (che  sono
evidenziate) il comma 455 ora  dispone  quanto  segue:  "al  fine  di
assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
concordano  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  per
ciascuno  degli  anni  dal  2013  al  2017,  il  saldo  programmatico
calcolato in termini di competenza mista, determinato  aumentando  il
saldo programmatico dell'esercizio 2011: a)  degli  importi  indicati
per il 2013 nella tabella di cui all'articolo  32,  comma  10,  della
legge  12  novembre  2011,  n.  183;  b)  del   contributo   previsto
dall'articolo 28, comma 3, del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.
201...  come   rideterminato   dall'articolo   35,   comma   4,   del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'articolo 4, comma  11,
del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli  importi  indicati
nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi  al
2013, 2014, 2015 e 2016,  emanato  in  attuazione  dell'articolo  16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95...; d) degli  importi
indicati nella tabella di cui al comma 454;  d-bis)  degli  ulteriori
contributi disposti a carico delle autonomie speciali. A  tale  fine,
entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente  trasmette
la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". 
    E' evidente dunque che le modifiche apportate al comma  455  sono
conciate a quelle apportate al comma 454. 
    La ricorrente Regione autonoma ha gia' impugnato con  il  ricorso
33/2013 l'art. 1, co.  455,  1.  228/2012.  Le  norme  qui  impugnate
aggravano la lesione prodotta dal comma 455, sia dal punto  di  vista
temporale (mediante la proroga  al  2017)  che  dal  punto  di  vista
quantitativo (mediante la tabella  di  cui  al  comma  454),  e  sono
affette dai medesimi vizi. 
    Valgono dunque in  relazione  ad  esse  le  stesse  censure  gia'
prospettate avverso la versione originaria del comma 455 (e 456)  nel
ricorso 33/2013, che qui per dovere di completezza  argomentativa  si
ripropongono in relazione alla versione modificata dalla  l.  n.  147
del 2013 (che porta ad includere nell'impugnazione anche  la  tabella
di cui al comma 454): 
    "Il comma 455 dispone che, "al fine  di  assicurare  il  concorso
agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige  e
le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  concordano  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli  anni  dal
2013  al  2016,  il  saldo  programmatico  calcolato  in  termini  di
competenza  mista,  determinato  aumentando  il  saldo  programmatico
dell'esercizio 2011: a) degli importi  indicati  per  il  2013  nella
tabella di cui all'articolo 32, comma 10,  della  legge  12  novembre
2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28,  commi  3,
del decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.  201...  come  rideterminato
dall'articolo 35, comma 4, del  decreto-legge  24  gennaio  2012.  n.
1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.
16...;  c)  degli  importi  indicati  nel   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014,  2015  e  2016
[ora anche 2017], emanato in attuazione dell'articolo  16,  comma  3.
del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95,...;  [ora  anche  "d)  degli
importi indicati nella tabella di cui al comma 454;"] d) [ora d bis)]
degli  ulteriori  contributi  disposti  a  carico   delle   autonomie
speciali". A tale fine, "entro  il  31  marzo  di  ciascun  anno,  il
presidente dell'ente trasmette la proposta  di  accordo  al  Ministro
dell'economia e delle finanze". 
    Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo  di  cui
ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione
Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di  Bolzano
sono determinati  applicando  agli  obiettivi  definiti  nell'accordo
relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455". 
    Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra  la  Regione
ed il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  per  il  patto  di
stabilita', ma in realta' stabilisce  unilateralmente  che  il  saldo
programmatico  e'  "determinato  aumentando  il  saldo  programmatico
dell'esercizio 2011" dei contributi  previsti  da  alcune  leggi.  Il
comma  456  conferma  il  carattere  illusorio  della  determinazione
concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. 
    I commi 455 e 456 violano, in primo  luogo,  l'art.  79,  co.  3,
primo periodo dello Statuto (secondo il quale "al fine di  assicurare
il concorso agli obiettivi di  finanza  pubblica,  la  regione  e  le
province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli
obblighi relativi al patto di stabilita' interno con  riferimento  ai
saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la
natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di
stabilita' interno. 
    Inoltre,  essi  violano  il  principio  dell'accordo  in  materia
finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze
n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e  n.
133 del 2010).[su esso v. il punto 3 del presente ricorso] 
    Ancora, le norme  sono  affette  da  irragionevolezza  in  quanto
internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo
e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del
suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in
base al quale "l'attuazione dei commi 454,  455  e  457  avviene  nel
rispetto degli statuti delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano e delle  relative  norme  di
attuazione". La Regione e' legittimata a far valere il  principio  di
ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in
materia regionale (coordinamento della finanza pubblica)  e  incidono
sull'autonomia finanziaria della Regione". 
    Risulta dunque evidente, per i motivi indicati,  l'illegittimita'
costituzionale anche dell'art. 1, commi 499, lett. b) e  c),  e  500,
della l. n. 147 del 2013. 
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508. 
    Il comma 508 dispone che, "al  fine  di  assicurare  il  concorso
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci  e  alla  sostenibilita'  del
debito pubblico, in attuazione dell'articolo 97, primo  comma,  della
Costituzione, le nuove e  maggiori  entrate  erariali  derivanti  dal
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138...  e  dal  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201... sono riservate all'Erario, per un periodo di
cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per  essere  interamente
destinate alla copertura degli  oneri  per  il  servizio  del  debito
pubblico, al fine di  garantire  la  riduzione  del  debito  pubblico
stesso  nella  misura  e  nei  tempi  stabiliti  dal  Trattato  sulla
stabilita',  sul  coordinamento  e   sulla   governante   nell'Unione
economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012,  ratificato
ai sensi della legge 23 luglio 2012,  n.  114"  (primo  periodo).  Il
comma 508 prevede anche che,  "con  apposito  decreto  del  Ministero
dell'economia e delle finanze,  sentiti  i  Presidenti  delle  giunte
regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni  dalla  data
di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  sono  stabilite  le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso  separata
contabilizzazione" (secondo periodo). 
    Dunque, il comma 508, primo periodo,  si  riferisce  a  tutte  le
maggiori entrate derivanti dal d.l. 138/2011 (come, per la ricorrente
Regione, quelle derivanti dall'art. 2, che prevede  maggiori  entrate
provenienti dal gioco del Lotto - co. 3 - e aumenta l'aliquota IVA al
21%) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso prevede
maggiori entrate erariali rilevanti per questa Regione all'art. 10 (a
seguito dell'emersione della base  imponibile)  e  all'art.  18  (che
aumenta le aliquote Iva). 
    Anche il d.l. 138/2011 e il d.l. 201/2011 contenevano clausole di
riserva all'erario, che sono state impugnate da questa Regione con  i
ricorsi 143/2011 e  33/2012.  Il  comma  508,  dunque,  ripropone  le
lesioni gia' denunciate in quella sede. 
    L'art. 69  dello  Statuto  stabilisce  che  "sono  devoluti  alla
regione  i  proventi  delle  imposte  ipotecarie  percette  nel   suo
territorio, relative ai beni situati nello stesso" (co. 1).  In  base
al comma 2, "sono altresi' devolute alla regione  le  seguenti  quote
del gettito  delle  sottoindicate  entrate  tributarie  dello  Stato,
percette nel territorio regionale: a) i  nove  decimi  delle  imposte
sulle successioni e  donazioni  e  sul  valore  netto  globale  delle
successioni; b)  i  due  decimi  dell'imposta  sul  valore  aggiunto,
esclusa quella relativa all'importazione...; c)  i  nove  decimi  del
provento del lotto, al netto delle vincite". 
    L'art. 2, co. 108, 1. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art.  104
St.) regola la corresponsione alla Regione delle  quote  dei  tributi
erariali ad essa spettanti. 
    Il comma 508, dunque, riservando all'Erario le  maggiori  entrate
erariali derivanti dal d.l. 138/2011 e  dal  d.l.  201/2011,  risulta
contrastante con l'art. 69, co. 2, lett. b) e c) dello  Statuto,  che
garantisce alla Regione una precisa compartecipazione  all'Iva  e  al
provento del lotto. 
    Ne' si potrebbe affermare che la riserva  all'erario  di  cui  al
comma 508 sia giustificata in virtu'  del  d.  lgs.  268/1992.  Essa,
infatti, non rispetta affatto i requisiti posti dall'art. 9  d.  lgs.
268/1992  per  la  riserva  all'erario  del  "gettito  derivante   da
maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di  nuovi  tributi".  In
primo luogo, l'art. 2, co. 3, d.l. 138/2011 prevede "nuove  modalita'
di gioco del lotto" e non maggiorazioni di aliquote  o  l'istituzione
di nuovi tributi; esse non sono contemplate neppure dall'art. 10 d.l.
201/2011. 
    Inoltre, secondo la sentenza di codesta Corte n. 182/2010, l'art.
9 d. lgs. 268/1992  "richiede,  per  la  legittimita'  della  riserva
statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse
da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma  1,  lettera  b),
dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del  1992,  e  cioe'  da
finalita'  diverse  tanto  dal  «raggiungimento  degli  obiettivi  di
riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto  dalla
copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle  funzioni  statali
delegate alla regione» (art. 10-bis,  comma  1,  lettera  b);  b)  il
gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai  sensi  dell'art.
81 della Costituzione, di nuove specifiche  spese  di  carattere  non
continuativo che non rientrano  nelle  materie  di  competenza  della
regione o delle province, ivi comprese quelle  relative  a  calamita'
naturali»; c)  il  gettito  sia  «temporalmente  delimitato,  nonche'
contabilizzato  distintamente   nel   bilancio   statale   e   quindi
quantificabile»". La riserva disposta dal comma 508,  primo  periodo,
non soddisfa i requisiti di cui all'art. 9 d. lgs. 268/1992. Infatti,
la finalita' della riserva ("copertura degli oneri  per  il  servizio
del debito pubblico, al fine di garantire  la  riduzione  del  debito
pubblico  stesso")  corrisponde  a   quella   esclusa   dall'art.   9
(«raggiungimento  degli  obiettivi  di  riequilibrio  della   finanza
pubblica»). 
    Cio' risulta confermato dai commi 511 e 515. Il primo, prevedendo
una possibile misura alternativa alla riserva di cui  al  comma  508,
conferma che la finalita' del comma 508 e'  il  "conseguimento  degli
obiettivi di finanza pubblica", cioe' la finalita' esclusa  dall'art.
9  d.  lgs.  268/1992.  Anche  il  comma  515  prevede  una   "misura
alternativa" alla riserva di cui al  comma  508  e  conferma  che  la
finalita' del comma 508 e' il "concorso al riequilibrio della finanza
pubblica", cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d. lgs. 268/1992. 
    E' opportuno ricordare che per tale obiettivo lo Statuto  prevede
(come tra breve si dira') diversi e appropriati strumenti, ma esclude
lo strumento della semplice riserva all'erario. 
    Inoltre, se pure la finalita' e  la  destinazione  delle  risorse
fossero appropriate, sarebbe comunque  da  rimarcare  che  mancano  i
caratteri della novita', della  specificita'  e  della  temporaneita'
delle spese statali a cui la riserva di gettito  prevista  dal  comma
508 e' destinata. Anche sotto questo profilo, dunque, la riserva  non
corrisponde al modello normativo che la renderebbe ammissibile. 
    L'illegittimita' costituzionale  delle  "riserve  all'erario"  e'
stata confermata dalla sent. 142/2012, che ha dichiarato  illegittima
la riserva allo Stato del  gettito  dell'addizionale  erariale  sulla
tassa  automobilistica,  per  la  mancanza  dei  presupposti  di  cui
all'art. 9 d. lgs. 268/1992. 
    E' poi intervenuta la  sent.  241/2012,  che  ha  accertato,  con
riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia ed all'art. 2, co. 36,
d.l. 138/2011, che "nella specie...  non  risulta  realizzata  alcuna
delle ipotesi  statutarie  di  riserva  integrale  allo  Stato  delle
entrate erariali"; con riferimento "al citato primo comma dell'art. 4
del d.P.R. n. 114 del 1965 [formulato in modo corrispondente all'art.
9 d. lgs. 268/1992], infatti, ricorrono  solo  i  requisiti  relativi
alla   delimitazione   temporale   del   gettito    ed    alla    sua
quantificabilita' e distinta contabilizzazione nel  bilancio  statale
(prevista dal secondo periodo del comma 36), ma non ricorre anche  il
requisito consistente nella «copertura di nuove specifiche  spese  di
carattere  non  continuativo»,   richiesto   anch'esso   dall'evocato
parametro". Infatti,  "gli  obiettivi  ai  quali  e'  finalizzato  il
maggior gettito - le indicate «esigenze prioritarie di raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica concordati  in  sede  europea»  -
sono  privi  della  specificita'  richiesta  dall'indicata  norma  di
attuazione statutaria in materia di finanza regionale" (punto 6.1; v.
anche i punti da 6.2 a 6.5). Cio'  costituisce  ulteriore  ragione  a
dimostrazione dell'incostituzionalita' del comma 508. 
    Escluso che l'art. 48 possa trovare  fondamento  nell'art.  9  d.
lgs. 268/1992, e'  anche  da  escludere  che  esso  possa  ricondursi
all'art. 10 e all'art. 10-bis del medesimo decreto. 
    In primo luogo, l'art. 10, co. 6, ha ad oggetto  "una  quota  del
previsto incremento del gettito tributario... spettante alle province
autonome", per cui esso non e' applicabile alla Regione. 
    Inoltre, abrogato l'art. 78 dello Statuto e  soppressa  la  somma
spettante in base ad esso (v. anche l'art. 79, co. l , St.), sono  da
ritenere inapplicabili le norme attuative dell'art. 78, quale  l'art.
10 d. 1gs.  268/1992.  Questo  vale  anche  per  l'art.  10,  co.  6,
strettamente connesso alla disciplina dell'accordo (menzionato in due
punti  del  comma  6)  relativo  alla  determinazione   della   quota
variabile, ora soppressa. Ancora, l'art.  10,  co.  6,  prevedeva  un
meccanismo  consensuale  per  far   partecipare   le   Province   "al
raggiungimento  degli  obiettivi  di   riequilibrio   della   finanza
pubblica", che e' stato ora sostituito da quelli, sempre consensuali,
regolati  dall'art.  79:  anche  sotto  questo  profilo,  dunque,  il
meccanismo precedente non risulta piu' operativo.  Conferma  espressa
di cio' si ricava dal testo attuale dell'art. 79, co. 4, secondo  cui
"le disposizioni statali relative all'attuazione degli  obiettivi  di
perequazione e di solidarieta', nonche' al  rispetto  degli  obblighi
derivanti dal patto di stabilita' interno, non  trovano  applicazione
con riferimento alla regione e alle province  e  sono  in  ogni  caso
sostituite da quanto previsto dal presente articolo". 
    Qualora, in denegata ipotesi, non si  ritenesse  superato  l'art.
10, co. 6, si dovrebbe perlomeno riconoscere  che  la  determinazione
della quota in questione dovrebbe pur sempre rispettare il  principio
di leale collaborazione e, in particolare, il  principio  consensuale
che domina le  relazioni  finanziarie  fra  lo  Stato  e  le  Regioni
speciali. In  altre  parole,  anche  venuto  meno  l'accordo  per  la
determinazione della quota variabile, lo  Stato  avrebbe  pur  sempre
dovuto  cercare  l'accordo  con  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol, non potendo unilateralmente alterare le regole  sulle
compartecipazioni e gli strumenti con cui  la  Regione  partecipa  al
risanamento finanziario, disciplinati dall'art. 79 dello Statuto. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
Regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente
riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale (v. il punto  3  del
ricorso). 
    In effetti, e' assolutamente incongruo ed ad avviso della Regione
illegittimo che lo Stato,  con  una  fonte  primaria  unilateralmente
adottata, alteri in  modo  cosi'  rilevante  l'assetto  dei  rapporti
finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio  consensuale  e'
da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito  proprio
con la recente riforma statutaria. 
    Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 10, co. 6 (sempre
nella denegata ipotesi che  esso  sia  ritenuto  applicabile),  anche
perche' riserva all'erario tutte "le  maggiori  entrate",  mentre  la
norma di attuazione limita ad "una quota del previsto incremento  del
gettito   tributario"   la   possibilita'   di    destinazione    "al
raggiungimento  degli  obiettivi  di   riequilibrio   della   finanza
pubblica". 
    Infine, il comma 508 viola l'art. 12 l. 243/2012, la' dove questo
consente solo "nelle fasi favorevoli del ciclo economico" di porre  a
carico  degli  enti  territoriali  un   contributo   al   Fondo   per
l'ammortamento dei titoli di Stato, e solo "tenendo conto della quota
di  entrate  proprie  degli  enti  di  cui  al  comma  1  influenzata
dall'andamento del ciclo economico". Considerato che il comma 508  si
applica dall'1.1.2014 al 31.12.2018 e che l'art. 12  l.  243/2012  si
applica dall'1.1.2016 (v. l'art. 21, co. 3,  l.  243/2012),  da  tale
data fino al 31.12.2018 la riserva prevista dal comma 508 si pone  in
contrasto con l'art. 12 l. 243/2012, che puo'  fungere  da  parametro
perche' si tratta di una legge "rinforzata", approvata a  maggioranza
assoluta dalle Camere ai sensi dell'art. 81, co. 6, Cost. 
    Il comma 508, primo periodo, viola anche  l'art.  79  St.  e,  di
nuovo, il gia' citato principio dell'accordo (sul quale v. il punto 3
del ricorso). 
    L'art. 79 stabilisce che "la regione e le province concorrono  al
conseguimento degli obiettivi di perequazione  e  di  solidarieta'  e
all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche'
all'assolvimento  degli  obblighi  di  carattere  finanziario   posti
dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle
altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite  dalla
normativa statale" nei modi di seguito indicati e "con  le  modalita'
di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3" (co. 1),
aggiungendo  che  "le  misure  di  cui  al  comma  1  possono  essere
modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104
e fino alla loro eventuale modificazione  costituiscono  il  concorso
agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (co. 2). 
    Sia il comma 3 ("Non si  applicano  le  misure  adottate  per  le
regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale")  che
il comma 4, poi, stabiliscono la non applicazione alla Regione e alle
Province delle norme statali che, in questa materia, valgono  per  le
altre Regioni. 
    Poiche' il comma 508 riserva le maggiori entrate "alla  copertura
degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire
la riduzione del debito pubblico stesso  nella  misura  e  nei  tempi
stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul  coordinamento  e  sulla
governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il  2
marzo 2012", ne deriva la violazione delle norme  -  sopra  citate  -
contenute nell'art. 79 St., che configurano un  sistema  completo  di
concorso della Regione e delle Province agli "obblighi  di  carattere
finanziario posti dall'ordinamento comunitario",  non  derogabile  se
non con le modalita' previste dallo Statuto. 
    In effetti, e' assolutamente incongruo e ad avviso della  Regione
illegittimo che lo Stato,  con  una  fonte  primaria  unilateralmente
adottata, alteri in  modo  cosi'  rilevante  l'assetto  dei  rapporti
finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio  consensuale  e'
da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito  proprio
con la riforma statutaria di cui alla l. 191/2009, frutto essa stessa
di un solenne accordo tra lo Stato, la Regione  Trentino  Alto  Adige
Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    Infine, proprio perche' agli artt. 69 e  79  St.  e  al  d.  1gs.
268/1992 si e' derogato con una fonte primaria "ordinaria", il  comma
508 viola anche  gli  artt.  103  (che  prevede  il  procedimento  di
revisione costituzionale per le modifiche dello  Statuto),  104  (che
prevede la possibilita' di modificare "le norme del  titolo  VI...con
legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e,  per
quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province")
e l'art. 107 (che disciplina la  speciale  procedura  per  l'adozione
delle norme di attuazione dello Statuto speciale. 
    Il secondo periodo  del  comma  508  dispone  che  "con  apposito
decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  sentiti  i
Presidenti delle giunte  regionali  interessati,  da  adottare  entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalita' di individuazione  del  maggior  gettito,
attraverso separata contabilizzazione". Si tratta dunque di una norma
volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale,  pertanto,
e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati. 
    In  subordine,  essa  e'  poi   censurabile   specificamente   ed
autonomamente sotto  un  ulteriore  aspetto,  cioe'  per  la  mancata
previsione dell'intesa con questa Regione in relazione al decreto che
stabilisce  le  modalita'  di  individuazione  del  maggior  gettito.
Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse  che
spetterebbero alla Regione, in una  materia  dominata  dal  principio
consensuale, risulta specificamente illegittima, per  violazione  del
principio di  leale  collaborazione,  la  previsione  di  un  decreto
ministeriale senza intesa con la Regione Trentino-Alto Adige. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta Corte costituzionale  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 1, commi 55, 388, 427,  429,  487,  499,
500 e 508 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(Legge di stabilita' 2014)", nelle  parti,  nei  termini  e  sotto  i
profili esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Roma, 24 febbraio 2014 
 
                   Prof. avv. Falcon - Avv. Manzi