N. 15 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione della destinazione di una somma pari a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 dal sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei confidi, ivi compresi quelli non sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, anche utilizzando una quota della dotazione annuale del fondo di perequazione di cui all'art. 18, comma 9, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva regionale in materia di ordinamento delle camere di commercio - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio del divieto di fonti secondarie statali in materia regionale per la previsione di un decreto ministeriale per la disciplina attuativa della norma impugnata. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 55. - Costituzione, art. 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 8, 69, 79, 87, 88, 103, 104 e 107. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione che i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 190 (tra cui rientrano le Regioni, le Province autonome, gli enti locali ed i rispettivi enti strumentali) non possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi delle facolta' di comunicare il recesso dal contratto - Previsione che l'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione nel rispetto dell'applicazione dei prezzi di mercato, soltanto a condizione che non sussistono immobili demaniali disponibili - Previsione, altresi', che i contratti stipulati in violazione delle disposizioni del comma presente sono nulli - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva regionale in materia di organizzazione dei propri uffici e degli enti pararegionali, nonche' in materia di organizzazione degli enti locali e delle camere di commercio - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 388. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1 e 2, 16, 69 e 79. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione che sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'art. 49-bis, comma 1, del decreto-legge n. 69/2013, convertito in legge n. 98/2013, in considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da questi formulate, entro il 31 luglio 2014, sono adottate misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso di immobili tali da assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 - Previsione che il Commissario regionale riferisce ogni tre mesi al Comitato interministeriale e, con un'apposita relazione annuale alle Camere, in ordine allo stato di adozione delle misure di cui al primo periodo - Previsione che su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge impugnata, con uno o piu' regolamenti da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988 e successive modificazioni, sono adottate misure volte all'unificazione, in un unico archivio telematico nazionale, dei dati concernenti le proprieta' e le caratteristiche tecniche dei veicoli attualmente inseriti nel P.R.A. e nell'archivio nazionale dei veicoli - Previsione che, a seguito delle misure di cui al comma 420, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le Regioni e le Province autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette misure, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi 449-bis e 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificati dai commi 497 e 499 della legge impugnata - Previsione che, per gli anni 2016 e 2017, gli enti locali, mediante le percentuali recate ai commi 2 e 6 dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come modificate dai commi 532 e 534 della legge impugnata, assicurano un contributo di 275 milioni di euro annui per i comuni e di 69 milioni di euro per le province - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio del divieto di adozione di fonti secondarie in materie regionali - Lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 427 e 429. - Costituzione, artt. 117, commi quinto e sesto, e 118; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, n. 1, 16, 43, 44 e 79. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione che i risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48 - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia del Consiglio regionale e dell'autonomia finanziaria regionale. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 487. - Costituzione, artt. 119 e 121; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 24, 26, 31 e 79. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione di una riduzione di spesa da parte della Regione Trentino-Alto Adige, di tre milioni di euro per gli anni 2015-2017 - Previsione che la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano concordano con il Ministero dell'economia e finanze per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017 il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge n. 183/2011; b) del contributo previsto dall'art. 28, comma 3, del d.l. n. 201/2011, come rideterminato dall'art. 35, comma 4, del d.l. n. 1/2012 e dall'art. 4, comma 11, del d.l. n. 16/2012; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e finanze relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95/2012; d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454; d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Lesione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio dell'accordo in materia finanziaria - Richiamo al ricorso in via principale n. 33 del 2013 proposto dalla Regione Trentino-Alto Adige contro l'art. 1, comma 455, della legge n. 228/2012. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 499 e 500. - Costituzione, artt. 3 e 119; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 79. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione, al fine di assicurare il concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano all'equilibrio di bilancio e alla stabilita' del debito pubblico, che le nuove e maggiori entrate derivanti dal d.l. n. 138/2011 e dal d.l. n. 201/2011 sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilita' e sulla governance dell'Unione economica e monetaria, stipulato a Bruxelles il 2 marzo 2012 e ratificato ai sensi della legge n. 114/2012 - Previsione che con apposito decreto del Ministero dell'economia e finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Lesione del principio di leale collaborazione - Lesione della norma statutaria sul procedimento di revisione dello Statuto - Richiamo ai ricorsi in via principale nn. 143/2011 e 33/2012 sollevati dalla Regione Trentino-Alto Adige. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 508. - Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 69, 79, 103, 104 e 107.(GU n.17 del 16-4-2014 )
Ricorso della REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL (cod. fiscale 80003690221), in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore Alberto Pacher, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 38 del 5 febbraio 2014 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 5787 del 18 febbraio 2014 (doc. 2), rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale rogante della Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon di Padova (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) e dall'avv. Luigi Manzi di Roma (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y), con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 55, 388, 427, 429, 487, 499, 500 e 508 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 - Supplemento ordinario, per violazione: degli articoli 4, n. 1, n. 2, n. 3 e n. 8; 16; 24; 31; 43; 44; 67; 87; 88; 103; 104 e 107 del DPR 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale), nonche' delle correlate norme di attuazione; del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 69 e 79 e delle relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268); del dPR 31 luglio 1978, n. 1017; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare degli articoli 2, 3 e 4); dell'articolo 117 della Costituzione in collegamento con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto e Diritto Premessa Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014). Tale legge ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno anche le diverse disposizioni qui impugnate. EE' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 55. Il comma 55 stabilisce quanto segue: "Una somma pari a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 e' destinata dal sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei confidi, ivi compresi quelli non sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, anche utilizzando una quota della dotazione annuale del fondo di perequazione di cui all'articolo 18, comma 9, della legge 29 dicembre 1993, n. 580. I criteri e le modalita' di attuazione e di monitoraggio degli effetti delle norme del presente comma sono definiti con il decreto di cui all'articolo 18, comma 4, della suddetta legge n. 580 del 1993. La presente disposizione non comporta effetti di aumento sulla determinazione della misura annuale del diritto camerale di cui all'articolo 18, comma 4, della legge n. 580 del 1993". Il richiamato art. 18, co. 4, 1. 580/1993 dispone che "la misura del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da parte di ogni impresa iscritta o annotata nei registri di cui all'articolo 8, ivi compresi gli importi minimi e quelli massimi, nonche' gli importi del diritto dovuti in misura fissa, e' determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, in base al... metodo" di seguito indicato. In base all'art. 18, co. 9, pure richiamato, "con il decreto di cui al comma 4, si determinano una quota del diritto annuale da riservare ad un fondo di perequazione istituito presso l'Unioncamere, nonche' criteri per la ripartizione del fondo stesso tra le camere di commercio e, per specifiche finalita', le Unioni regionali, al fine di rendere omogeneo su tutto il territorio nazionale l'espletamento delle funzioni attribuite da leggi dello Stato al sistema delle camere di commercio" Il comma 55 fa riferimento alle camere di commercio in generale, e non contiene alcun riferimento esplicito alla ricorrente Regione. Tale circostanza, unita al tenore stesso della disposizione, nella quale - come si dira' - anche i poteri di formazione secondaria sono affidati all'amministrazione statale, nel quadro di un riferimento alla legge generale statale n. 580 del 1993, lascia ragionevolmente ritenere che tale disposizione non sia destinata ad applicarsi alle autonomie speciali aventi competenza in materia di ordinamento delle Camere di commercio, ed in particolare alla ricorrente Regione, alla quale l'art. 4, n. 8), dello Statuto speciale attribuisce ampia potesta' legislativa esclusiva, appunto, in materia di "ordinamento delle camere di commercio", come confermato anche dalla sent. 477/2000 di codesta Corte. La presente impugnazione e' percio' prospettata in via prudenziale, per l'ipotesi che, al contrario di quanto ritenuto dalla Regione, la disposizione di cui all'art. 1, comma 55, risultasse destinata ad applicarsi anche alle camere di commercio di Trento e Bolzano, per la sola circostanza che nella l. 147/2013 manca una clausola generale di salvaguardia delle competenze delle Regioni speciali. In tale ipotesi, la disposizione sopra esposta risulterebbe costituzionalmente illegittima per le seguenti ragioni. Come appena ricordato, lo Statuto assegna alla Regione potesta' legislativa primaria in materia di Camere di commercio. La previsione statutaria e' stata attuata dal dPR 31 luglio 1978, n. 1017, Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di artigianato, incremento della produzione industriale, cave e torbiere, commercio, fiere e mercati. In attuazione della propria competenza legislativa primaria, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha approvato la legge regionale 7/1982, Ordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano; il finanziamento delle Camere e' regolato nell'art. 19, come sostituito dalla 1.r. 3/2007. In sostanza, il comma 55 verrebbe a vincolare una parte dei fondi delle camere di commercio di Trento e Bolzano (corrispondente alla quota dei 70 milioni di euro annui che sara' imputata alle camere trentine dal d.m. di cui all'art. 18, co. 4, 1. 580/1993) al perseguimento di un determinato scopo ("sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei confidi"). Il meccanismo e' simile a quello dei "fondi vincolati", piu' volte censurati da codesta Corte, con la rilevante (ed aggavante) differenza che - nel caso di specie - il vincolo non riguarda somme erogate dallo Stato ma risorse delle stesse camere di commercio. La norma impugnata, dunque, lede chiaramente l'autonomia amministrativa e finanziaria delle camere di commercio, in quanto condiziona l'autonomia di spesa e impedisce alle camere di utilizzare quelle risorse per altri scopi. Da cio' deriva la lesione dell'autonomia legislativa primaria della Regione in materia di "ordinamento delle camere di commercio", dato che spetterebbe alla Regione, nel rispetto dell'autonomia delle camere, compiere scelte sul modo in cui le camere devono usare le proprie risorse. E' da sottolineare che la norma in questione e' del tutto estranea al tema del "coordinamento della finanza pubblica", in quanto non e' volta a limitare la spesa ma solo a condizionarla verso un determinato scopo. Oltre all'art. 4, n. 8, dello Statuto, e' violato l'art. 2 d. lgs. 266/1992, in quanto il comma 55 non prevede un recepimento regionale ma pretende diretta applicabilita' in una materia regionale. La lesione dell'autonomia regionale e' aggravata dal fatto che la disciplina dettagliata, attuativa del comma 55, e' rimessa ad un decreto ministeriale, nella cui adozione le Regioni neppure sono coinvolte. Dunque, il legislatore statale si e' mosso nella prospettiva di una sua (inesistente) competenza esclusiva, mentre, con riferimento al Trentino-Alto Adige/Südtirol, si verte in una materia di competenza primaria regionale. Pertanto, risulta violato anche il principio che esclude la previsione di fonti secondarie statali in materie regionali (v. art. 117, co. 6, Cost. e art. 2 d. lgs. 266/1992). Qualora, in denegata ipotesi, si ritenesse legittima la previsione di un regolamento in materia regionale, sarebbe comunque violato il principio di leale collaborazione per mancata previsione del coinvolgimento della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nell'adozione del decreto attuativo del comma 55. Infine, il comma 55 (ove applicabile alla ricorrente Regione) ne violerebbe l'autonomia finanziaria (artt. 69 ss. Statuto). Infatti, nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol le Camere di commercio di Trento e di Bolzano sono parte del sistema complessivo della finanza regionale e di quella delle Province autonome, tanto che parte considerevole delle spese delle Camere di commercio sono a carico del bilancio regionale e di quelli provinciali. La Regione assegna i finanziamenti alle Camere di commercio attraverso le due Province all'interno delle risorse del fondo unico. Complessivamente, nel 2012 sono stati erogati dalla Provincia autonoma di Trento euro 1.840.000,00 di parte corrente e euro 1.112.000,00 di parte in conto capitale, e dalla Provincia di autonoma di Bolzano euro 4.874.318,00 di parte corrente. Poiche' il comma 55, ultimo periodo, dispone che "la presente disposizione non comporta effetti di aumento sulla determinazione della misura annuale del diritto camerale", e' chiaro che il vincolo posto ad una parte considerevole delle risorse delle camere di commercio si ripercuoterebbe sulla finanza regionale. Di qui la completa illegittimita' della disposizione, nell'ipotesi interpretativa negativa qui prospettata in via cautelativa. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 388. Il comma 388 dispone quanto segue: "Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi della facolta' di comunicare il recesso dal contratto. Nell'ambito della propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli". Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, co. 2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli enti locali ed i rispettivi enti strumentali. Per vero, anche in questo caso - come in quello del comma 55 - lo stesso tenore tutto "intrastatale" della normativa lascia pensare che essa non sia destinata ad applicarsi agli enti dotati di autonomia costituzionale, ivi compresi i loro enti locali e strumentali. Tuttavia, vista l'assenza, nella l. 147/2013, di una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, e' possibile che la disposizione in esame possa essere interpretata come direttamente vincolante anche per questa Regione, le Province autonome, gli enti locali trentini ed i rispetti enti strumentali, con la conseguenza che i contratti di locazione stipulati dai predetti enti sarebbero sottoposti ad un controllo preventivo di merito da parte di una Amministrazione statale. Se questo fosse il senso del comma 388, esso violerebbe la potesta' legislativa primaria di questa Regione in materia di organizzazione dei propri uffici e degli enti pararegionali e la corrispondente potesta' amministrativa: v. l'art. 4, n. 1) e n. 2) e l'art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art. 118 Cost. (in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5). E' chiaro, infatti, che la soggezione del rinnovo del contratto di locazione di immobili al nulla-osta dell'Agenzia del demanio rappresenta una ingerenza nell'autonomia organizzativa della Regione e degli enti para-regionali, una vera forma di "tutela amministrativa" che non trova alcun fondamento nello Statuto e nella Costituzione. Per le stesse ragioni sarebbero lese anche le competenze regionali in materia di organizzazione degli enti locali e delle camere di commercio (art. 4, n. 3 e n. 8 dello Statuto), dato che anche questi enti rientrano tra le "amministrazioni" di cui al comma 388. E' opportuno ricordare che, in base all'art. 67 dello Statuto, "gli edifici destinati a sedi di uffici pubblici regionali con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio regionale costituiscono il patrimonio indisponibile della regione"; inoltre, "i beni immobili patrimoniali dello Stato situati nella regione sono trasferiti al patrimonio della regione" e "i beni immobili situati nella regione che non sono proprieta' di alcuno spettano al patrimonio della regione". L'art. 4 d.P.R. n. 115 del 1973 ha poi disposto il trasferimento alle Province autonome, in relazione all'ubicazione territoriale, di tutti i beni patrimoniali della regione non destinati a sedi di uffici regionali o ad un servizio regionale. Inoltre, ai sensi del primo comma dell'articolo 16 del d. lgs. 268/1992, "spetta alla regione e alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti da esse dipendenti". E' dunque pacifica l'ingerenza del comma 388 nell'autonomia organizzativa regionale, spettando alla Regione disciplinare l'organizzazione dei propri uffici e la gestione del proprio patrimonio. Tale ingerenza non potrebbe in alcun caso essere giustificata sulla base della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. In primo luogo, rilevano due norme speciali: il gia' citato art. 16 d. lgs. 268/1992 (che attribuisce espressamente alla Regione competenza sull'amministrazione del patrimonio e sui contratti regionali) e l'art. 79 dello Statuto, che regola in modo esaustivo i modi in cui la Regione concorre "all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (co. 1), e al comma 3 stabilisce che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo", aggiungendo che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Dunque, l'applicazione del comma 388, che rappresenta una misura di coordinamento finanziario, alla Regione Trentino-Alto Adige si pone in contrasto con l'art. 79 St. In secondo luogo, il comma 388 non rappresenta comunque un principio di coordinamento, in quanto e' volto a limitare una voce ultra-minuta di spesa, in modo non temporaneo e senza lasciare margini di svolgimento alla Regione: anche sotto questo profilo, dunque, sono violati l'art. 117, co. 3, Cost. e l'autonomia finanziaria regionale. Inoltre, la previsione di un potere preventivo di autorizzazione in capo ad un organismo statale e la disciplina del relativo procedimento si pongono in violazione del sistema dei rapporti fra Stato, Regione e Province autonome, quale risulta delineato dagli articoli 87 e 88 dello Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, tra cui, in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino - Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di controllo della corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto. La legge statale non puo' introdurre, a carico della Regione, controlli statali non previsti da queste fonti perche' la materia dei controlli rientra, appunto, nella sfera dei "rapporti tra Stato e Regione", di competenza dello Statuto e delle norme di attuazione. Infine, il comma 388 si pone in contrasto con l'art. 2 d. 1gs. 266/1992, in quanto detta una norma direttamente applicabile in materia regionale (organizzazione regionale o coordinamento della finanza pubblica); l'esistenza di un mero dovere di adeguamento e' ribadita dall'art. 79, co. 4, St. per le "specifiche disposizioni legislative dello Stato" aventi "finalita' di coordinamento della finanza pubblica". E' pure violato l'art. 4 d. lgs. 266/1992, secondo il quale, nelle materie di competenza della Regione e delle Province autonome, la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione. Il nulla-osta contemplato dal comma 388 e' una funzione amministrativa e l'Agenzia del demanio, pur essendo un ente autonomo, e' riconducibile al sistema ordinamentale statale, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale che ammette le Regioni a sollevare conflitto di attribuzioni contro gli atti delle agenzie fiscali. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 427, primo periodo, e del comma 429. Il comma 427, primo periodo, dispone che "sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, in considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario di cui al comma 2 del medesimo articolo e delle proposte da questi formulate, entro il 31 luglio 2014 sono adottate misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso degli immobili tali da assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.372,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.874,7 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e a 1.186,7 milioni di curo a decorrere dall'anno 2018". Il richiamato art. 49-bis, co. 1, d.l. 69/2013 istituisce un comitato interministeriale "al fine di coordinare l'azione del Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica e migliorare la qualita' dei servizi pubblici offerti". Il comma 2 dispone che, "ai fini della razionalizzazione della spesa e del coordinamento della finanza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, puo' nominare con proprio decreto un Commissario straordinario, con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1, terzo periodo". Fra le amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, co. 2, 1. 196/2009 rientrano anche le Regioni, le Province autonome, gli enti locali ed i rispettivi enti strumentali. Il comma 429 si occupa della misura in cui le Regioni, le Province autonome e gli enti locali debbono contribuire al risparmio complessivo, ed a questo scopo stabilisce che "a seguito delle misure di cui al comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni e le province autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette misure, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344 milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi 449-bis e 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificato dai commi 497 e 499 del presente articolo". A chiarimento del meccanismo, conviene ricordare che l'art. 1, co. 454, l. 228/2012 prevede una riduzione delle spese di 3 milioni di euro, ad opera di questa Regione, per gli anni 2015-2017. In sintesi, il comma 427, primo periodo, determina l'importo complessivo annuo della riduzione delle spese di tutte le pubbliche amministrazioni (riduzione operata sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale), mentre il comma 429 determina l'importo a carico degli enti territoriali e ripartisse l'onere fra di essi, prevedendo un ulteriore contributo alla finanza pubblica, che si aggiunge ai numerosi contributi gia' previsti da diverse leggi in questi anni. Le norme cosi' descritte violano l'autonomia finanziaria della Regione e, in particolare, l'art. 79 St. che, come visto, stabilisce che "la regione e le province concorrono... all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di seguito indicati e "con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3" (co. 1), precisando che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (co. 2). Il richiamato comma 3 dispone che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo", e che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Ora, sembra evidente che disposizioni come quelle dettate dai commi 427, primo periodo, e 429, che hanno chiaramente uno scopo di coordinamento della finanza pubblica (tramite la limitazione della spesa pubblica), sono esattamente quelle di cui l'art. 79 afferma che non si applicano alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige. Ed esse non si applicano non perche' la Regione sia estranea al sistema complessivo della finanza pubblica, ma perche' le regole della sua partecipazione a tale sistema sono definite in termini precisi ed alternativi dall'art. 79 dello Statuto. Infatti, la Regione concorda il saldo di bilancio da conseguire nei diversi anni, sulla base dell'art. 79, co. 3, St.: sicche' risulta poi del tutto assurdo, prima ancora che costituzionalmente illegittimo, che essa si veda imporre unilateralmente ulteriori riduzioni di spesa. Le norme impugnate violano anche il principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali. Tale principio emerge chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme di esso sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui all'art. 103 St., adottata su parere dei consigli provinciali e regionale) solo "con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province" (art. 104) e possono essere attuate e integrate solo con la speciale procedura paritetica di cui all'art. 107 St. La procedura concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per le modifiche apportate dalla 1. 191/2009 e ora l'art. 79, co. 3, St. ha codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle leggi statali finanziarie) per la conclusione del patto di stabilita'. Le sentenze di codesta Corte sopra citate hanno confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali. Inoltre, la norma secondo la quale le misure di razionalizzazione della spesa debbano essere adottate "sulla base degli indirizzi indicati dal Comitato interministeriale" e "in considerazione delle attivita' svolte dal Commissario straordinario" pone un vincolo che comporta una lesione dell'autonomia legislativa e amministrativa della Regione in materia di organizzazione (art. 4, n. 1 , e art. 16 St. o, qualora ritenuti piu' favorevoli, l'art. 117, co. 4, e l'art. 118 Cost.: in quest'ultimo senso v. la sent. 219/2013, punto 16.5). Se e' vero che il comma 427 non detta esso stesso le norme di dettaglio, e' anche vero che, invece di lasciare alle Regioni la scelta degli strumenti per raggiungere l'obiettivo di risparmio, esso rinvia ad un'anomala fonte secondaria (gli "indirizzi" del Comitato), con violazione anche degli artt. 43 e 44 dello Statuto (che prevedono la potesta' regolamentare della Regione), dell'art. 117, co. 6, Cost. e dell'art. 2 d. lgs. 266/1992, che preclude l'adozione di fonti secondarie nelle materie regionali. Qualora poi gli "indirizzi" fossero considerati un atto di indirizzo e coordinamento, il comma 427 sarebbe comunque illegittimo per violazione dell'art. 3 d. lgs. 266/1992, per la mancata previsione della competenza del Consiglio dei ministri e del parere della Regione. Qualora gli "indirizzi" fossero considerati un atto amministrativo, il comma 427 violerebbe l'art. 4 d. 1gs. 266/1992, in base al quale "nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione". In generale, il comma 427, primo periodo, viola comunque il principio di leale collaborazione in quanto non prevede il coinvolgimento degli enti territoriali nell'adozione di "indirizzi" che intervengono in materie regionali (organizzazione interna e coordinamento della finanza pubblica) e sono destinati a condizionare pesantemente la loro autonomia. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 487. Il comma 486 stabilisce che, "a decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo di solidarieta' a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS" (primo periodo). E' inoltre disposto che "le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo". Dunque, tale disposizione stabilisce in via generale un concorso al finanziamento delle gestioni previdenziali obbligatorie a carico dei trattamenti pensionistici erogati dagli "enti gestori" (sempre nell'ambito di forme di previdenza obbligatoria) per importi superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS. Il sistema opera nel senso di devolvere una quota parte del trattamento erogato, quantificata in via proporzionale, secondo tre scaglioni crescenti, a vantaggio delle predette gestioni previdenziali obbligatorie. Tale disposizione non riguarda le regioni, e non forma dunque oggetto di impugnazione nel presente ricorso. Tuttavia, al comma 486 si connette il successivo comma 487, prevedendo un particolare meccanismo di penalizzazione delle finanze regionali. Precisamente, il comma 487 dispone che "i risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48". In altre parole - mentre in linea di principio le trattenute operate ai sensi del comma 486 sono destinate a beneficiare lo stesso ente erogatore del trattamento previdenziale obbligatorio - nell'ipotesi in cui, per effetto dell'applicazione dei principi del comma 486, derivino alla Regione dei risparmi di spesa, essa sarebbe tenuta a riversare tali risparmi a favore dello Stato e, specificamente, a vantaggio del "Fondo di cui al comma 48". Ad avviso della ricorrente Regione, tale previsione risulta incostituzionale in quanto lesiva dell'autonomia del Consiglio regionale e dell'autonomia finanziaria regionale garantita dallo Statuto. Come noto, il Consiglio regionale e' un organo previsto dallo Statuto speciale e dotato di autonomia statutariamente garantita (v. gli artt. 24, 26 e 31 St.). Nell'esercizio della propria autonomia, il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha disciplinato la materia delle indennita' e della previdenza dei consiglieri regionali con la l.r. 2/1995, con la l.r. 4/2004, con la l.r. 4/2008 e, da ultimo, con la l.r. 6/2012, "Trattamento economico e regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige". L'art. 15 di quest'ultima legge dispone che "a carico degli assegni vitalizi diretti e di reversibilita' viene effettuata una trattenuta variabile fino a un massimo del 12 per cento a titolo di contributo di solidarieta'", e che "l'Ufficio di Presidenza disciplina con propria deliberazione le modalita' operative" (gia' la l.r. 4/2004 aveva introdotto una trattenuta del 4%). La lesione derivante dal comma 487 non consiste tanto nella previsione che vi debbano essere "risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486", circostanza che il comma 487 non sembra considerare un vero e proprio obbligo della Regione, dal momento che essa deve operare "nell'esercizio della propria autonomia". La lesione consiste invece nella circostanza che, ove la Regione adotti, conformemente allo spirito della legge statale, ed alle esigenze dei tempi, tali misure di contenimento della spesa, beneficiario dei risparmi stessi non sarebbe la Regione ma lo Stato: a causa del citato obbligo di trasferirli a vantaggio dello Stato. In questi termini, la norma in questione dispone null'altro che un ingiustificato trasferimento allo Stato di somme che ai sensi dello Statuto spettano alla Regione. A tale conclusione non osta quanto deciso da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 151 del 2012, in relazione a norme che pure prevedevano la destinazione a Fondi statali dei risparmi per riduzioni di spese volontariamente deliberate dalle Regioni con riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati nell'art. 121 della Costituzione (Consiglio regionale, Giunta e Presidente). In tale occasione codesta Corte, accertato che la disposizione statale oggetto del ricorso doveva "essere interpretata non nel senso che le Regioni hanno l'obbligo di adottare deliberazioni di riduzione di spesa, ma nel senso che, nel caso in cui dette Regioni, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano deliberato per il triennio dal 2011 al 2013 tali riduzioni, i risparmi cosi' ottenuti «sono riassegnati»" ai predetti fondi statali (nella specie si trattava del Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato), ne ha ritenuto la legittimita', affermando che tale trasferimento sarebbe stato il frutto dello "esercizio di un atto di autonomia, con il quale la Regione sceglie liberamente se e quanto ridurre la spesa", sicche' la limitazione all'autonomia di spesa era "meramente ipotetica e potenziale". Ad avviso della ricorrente Regione tale argomentazione, che puo' riferirsi alle regole della finanza delle Regioni a statuto ordinario, non puo' invece valere in relazione alle regole statutarie che governano le autonomie speciali, e segnatamente quella della Regione Trentino-Alto Adige. Infatti, in relazione alle Regioni a statuto ordinario - fermo restando il dovere dello Stato di porle in condizione di esercitare le proprie funzioni, e di contribuire alla loro finanza nei modi stabiliti dall'art. 119 Cost. - non vi e' a livello costituzionale una indicazione precisa delle entrate ad esse spettanti. In queste condizioni, puo' essere comprensibile che, a fronte delle "eccezionali e contingenti esigenze di solidarieta' politica, economica e sociale" evocate dalla stessa sentenza n. 151/2012, lo Stato "assorba" per un determinato periodo il risparmio derivante da scelte regionali, diminuendo cosi' di fatto i propri trasferimenti, che non sono condizionati da alcuna specifica regola costituzionale. Ma la finanza delle Regioni ad autonomia speciale (e fra esse - in particolare - della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol) e' - per scelta di rango costituzionale - regolata in modo del tutto differente. Le attribuzioni finanziarie della Regione non sono determinate "discrezionalmente" dal legislatore statale, secondo variabili considerazioni di opportunita', ma trovano invece precisa e sicura parametrazione direttamente nell'art. 69 dello Statuto speciale, essendo ivi previste come quote di compartecipazione, rigidamente predeterminate, ai tributi erariali. Poste tali basi alla finanza regionale, sembra chiaro non solo che ogni decisione su dove e come allocare le risorse e su dove e come risparmiare e' riservata alla Regione (fermo ovviamente l'adempimento dei propri doveri istituzionali e il rispetto di ogni altro vincolo legittimamente posto), ma che tali scelte non possono dare luogo a singole "restituzioni" di fondi allo Stato, in quanto tali restituzioni si tradurrebbero in null'altro che in una decurtazione delle risorse che lo Statuto richiede siano messe a disposizione della Regione. Non essendovi alcun fondamento per il passaggio allo Stato del risparmio di spesa eventualmente ottenuto dalla Regione in applicazione dei principi di cui al comma 486, la disposizione di cui la comma 487 risulta illegittima e lesiva dell'art. 69 dello Statuto speciale e in generale dell'autonomia finanziaria regionale. Inoltre, il comma 487 lede l'autonomia finanziaria regionale in quanto l'obbligo di versare al bilancio dello Stato i risparmi in questione implica un ulteriore contributo a carico del bilancio regionale, in contrasti con l'art. 79 St., che - come visto - disciplina compiutamente il concorso della Regione agli obiettivi di finanza pubblica e dispone l'inapplicabilita', nella regione, delle misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite in generale dal legislatore statale. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 499 e 500. Il comma 499 modifica il comma 454 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012. Nella versione originaria, tale comma (il comma 454) non si riferiva ne' alla Regione Trentino - Alto Adige ne' alle Province autonome, che erano al contrario espressamente escluse dalla sua applicazione. Ora invece, pur permanendo l'esclusione nel primo periodo del comma 1, la lett. b) del comma 499, qui impugnata, inserisce nel comma 454 una tabella che prevede una riduzione di spese, da parte di questa Regione, di tre milioni per gli anni 2015-2017; e la lett. c), pure impugnata, aggiunge nel comma 454 la lett. d-bis), che prevede "ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". Il comma 500 modifica il comma 455 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, che e' espressamente riferito alla Regione Trentino - Alto Adige e alle Province autonome. Dopo le modifiche (che sono evidenziate) il comma 455 ora dispone quanto segue: "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95...; d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454; d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali. A tale fine, entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". E' evidente dunque che le modifiche apportate al comma 455 sono conciate a quelle apportate al comma 454. La ricorrente Regione autonoma ha gia' impugnato con il ricorso 33/2013 l'art. 1, co. 455, 1. 228/2012. Le norme qui impugnate aggravano la lesione prodotta dal comma 455, sia dal punto di vista temporale (mediante la proroga al 2017) che dal punto di vista quantitativo (mediante la tabella di cui al comma 454), e sono affette dai medesimi vizi. Valgono dunque in relazione ad esse le stesse censure gia' prospettate avverso la versione originaria del comma 455 (e 456) nel ricorso 33/2013, che qui per dovere di completezza argomentativa si ripropongono in relazione alla versione modificata dalla l. n. 147 del 2013 (che porta ad includere nell'impugnazione anche la tabella di cui al comma 454): "Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, commi 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012. n. 1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016 [ora anche 2017], emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3. del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...; [ora anche "d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454;"] d) [ora d bis)] degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". A tale fine, "entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455". Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Regione ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo programmatico e' "determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, co. 3, primo periodo dello Statuto (secondo il quale "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno. Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010).[su esso v. il punto 3 del presente ricorso] Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in base al quale "l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di attuazione". La Regione e' legittimata a far valere il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in materia regionale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono sull'autonomia finanziaria della Regione". Risulta dunque evidente, per i motivi indicati, l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 1, commi 499, lett. b) e c), e 500, della l. n. 147 del 2013. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 508. Il comma 508 dispone che, "al fine di assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilita' del debito pubblico, in attuazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138... e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governante nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114" (primo periodo). Il comma 508 prevede anche che, "con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione" (secondo periodo). Dunque, il comma 508, primo periodo, si riferisce a tutte le maggiori entrate derivanti dal d.l. 138/2011 (come, per la ricorrente Regione, quelle derivanti dall'art. 2, che prevede maggiori entrate provenienti dal gioco del Lotto - co. 3 - e aumenta l'aliquota IVA al 21%) e dal d.l. 201/2011. Quanto a quest'ultimo decreto, esso prevede maggiori entrate erariali rilevanti per questa Regione all'art. 10 (a seguito dell'emersione della base imponibile) e all'art. 18 (che aumenta le aliquote Iva). Anche il d.l. 138/2011 e il d.l. 201/2011 contenevano clausole di riserva all'erario, che sono state impugnate da questa Regione con i ricorsi 143/2011 e 33/2012. Il comma 508, dunque, ripropone le lesioni gia' denunciate in quella sede. L'art. 69 dello Statuto stabilisce che "sono devoluti alla regione i proventi delle imposte ipotecarie percette nel suo territorio, relative ai beni situati nello stesso" (co. 1). In base al comma 2, "sono altresi' devolute alla regione le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nel territorio regionale: a) i nove decimi delle imposte sulle successioni e donazioni e sul valore netto globale delle successioni; b) i due decimi dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione...; c) i nove decimi del provento del lotto, al netto delle vincite". L'art. 2, co. 108, 1. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104 St.) regola la corresponsione alla Regione delle quote dei tributi erariali ad essa spettanti. Il comma 508, dunque, riservando all'Erario le maggiori entrate erariali derivanti dal d.l. 138/2011 e dal d.l. 201/2011, risulta contrastante con l'art. 69, co. 2, lett. b) e c) dello Statuto, che garantisce alla Regione una precisa compartecipazione all'Iva e al provento del lotto. Ne' si potrebbe affermare che la riserva all'erario di cui al comma 508 sia giustificata in virtu' del d. lgs. 268/1992. Essa, infatti, non rispetta affatto i requisiti posti dall'art. 9 d. lgs. 268/1992 per la riserva all'erario del "gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". In primo luogo, l'art. 2, co. 3, d.l. 138/2011 prevede "nuove modalita' di gioco del lotto" e non maggiorazioni di aliquote o l'istituzione di nuovi tributi; esse non sono contemplate neppure dall'art. 10 d.l. 201/2011. Inoltre, secondo la sentenza di codesta Corte n. 182/2010, l'art. 9 d. lgs. 268/1992 "richiede, per la legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". La riserva disposta dal comma 508, primo periodo, non soddisfa i requisiti di cui all'art. 9 d. lgs. 268/1992. Infatti, la finalita' della riserva ("copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso") corrisponde a quella esclusa dall'art. 9 («raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica»). Cio' risulta confermato dai commi 511 e 515. Il primo, prevedendo una possibile misura alternativa alla riserva di cui al comma 508, conferma che la finalita' del comma 508 e' il "conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica", cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d. lgs. 268/1992. Anche il comma 515 prevede una "misura alternativa" alla riserva di cui al comma 508 e conferma che la finalita' del comma 508 e' il "concorso al riequilibrio della finanza pubblica", cioe' la finalita' esclusa dall'art. 9 d. lgs. 268/1992. E' opportuno ricordare che per tale obiettivo lo Statuto prevede (come tra breve si dira') diversi e appropriati strumenti, ma esclude lo strumento della semplice riserva all'erario. Inoltre, se pure la finalita' e la destinazione delle risorse fossero appropriate, sarebbe comunque da rimarcare che mancano i caratteri della novita', della specificita' e della temporaneita' delle spese statali a cui la riserva di gettito prevista dal comma 508 e' destinata. Anche sotto questo profilo, dunque, la riserva non corrisponde al modello normativo che la renderebbe ammissibile. L'illegittimita' costituzionale delle "riserve all'erario" e' stata confermata dalla sent. 142/2012, che ha dichiarato illegittima la riserva allo Stato del gettito dell'addizionale erariale sulla tassa automobilistica, per la mancanza dei presupposti di cui all'art. 9 d. lgs. 268/1992. E' poi intervenuta la sent. 241/2012, che ha accertato, con riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia ed all'art. 2, co. 36, d.l. 138/2011, che "nella specie... non risulta realizzata alcuna delle ipotesi statutarie di riserva integrale allo Stato delle entrate erariali"; con riferimento "al citato primo comma dell'art. 4 del d.P.R. n. 114 del 1965 [formulato in modo corrispondente all'art. 9 d. lgs. 268/1992], infatti, ricorrono solo i requisiti relativi alla delimitazione temporale del gettito ed alla sua quantificabilita' e distinta contabilizzazione nel bilancio statale (prevista dal secondo periodo del comma 36), ma non ricorre anche il requisito consistente nella «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo», richiesto anch'esso dall'evocato parametro". Infatti, "gli obiettivi ai quali e' finalizzato il maggior gettito - le indicate «esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea» - sono privi della specificita' richiesta dall'indicata norma di attuazione statutaria in materia di finanza regionale" (punto 6.1; v. anche i punti da 6.2 a 6.5). Cio' costituisce ulteriore ragione a dimostrazione dell'incostituzionalita' del comma 508. Escluso che l'art. 48 possa trovare fondamento nell'art. 9 d. lgs. 268/1992, e' anche da escludere che esso possa ricondursi all'art. 10 e all'art. 10-bis del medesimo decreto. In primo luogo, l'art. 10, co. 6, ha ad oggetto "una quota del previsto incremento del gettito tributario... spettante alle province autonome", per cui esso non e' applicabile alla Regione. Inoltre, abrogato l'art. 78 dello Statuto e soppressa la somma spettante in base ad esso (v. anche l'art. 79, co. l , St.), sono da ritenere inapplicabili le norme attuative dell'art. 78, quale l'art. 10 d. 1gs. 268/1992. Questo vale anche per l'art. 10, co. 6, strettamente connesso alla disciplina dell'accordo (menzionato in due punti del comma 6) relativo alla determinazione della quota variabile, ora soppressa. Ancora, l'art. 10, co. 6, prevedeva un meccanismo consensuale per far partecipare le Province "al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica", che e' stato ora sostituito da quelli, sempre consensuali, regolati dall'art. 79: anche sotto questo profilo, dunque, il meccanismo precedente non risulta piu' operativo. Conferma espressa di cio' si ricava dal testo attuale dell'art. 79, co. 4, secondo cui "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Qualora, in denegata ipotesi, non si ritenesse superato l'art. 10, co. 6, si dovrebbe perlomeno riconoscere che la determinazione della quota in questione dovrebbe pur sempre rispettare il principio di leale collaborazione e, in particolare, il principio consensuale che domina le relazioni finanziarie fra lo Stato e le Regioni speciali. In altre parole, anche venuto meno l'accordo per la determinazione della quota variabile, lo Stato avrebbe pur sempre dovuto cercare l'accordo con la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, non potendo unilateralmente alterare le regole sulle compartecipazioni e gli strumenti con cui la Regione partecipa al risanamento finanziario, disciplinati dall'art. 79 dello Statuto. Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale (v. il punto 3 del ricorso). In effetti, e' assolutamente incongruo ed ad avviso della Regione illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio con la recente riforma statutaria. Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 10, co. 6 (sempre nella denegata ipotesi che esso sia ritenuto applicabile), anche perche' riserva all'erario tutte "le maggiori entrate", mentre la norma di attuazione limita ad "una quota del previsto incremento del gettito tributario" la possibilita' di destinazione "al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica". Infine, il comma 508 viola l'art. 12 l. 243/2012, la' dove questo consente solo "nelle fasi favorevoli del ciclo economico" di porre a carico degli enti territoriali un contributo al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e solo "tenendo conto della quota di entrate proprie degli enti di cui al comma 1 influenzata dall'andamento del ciclo economico". Considerato che il comma 508 si applica dall'1.1.2014 al 31.12.2018 e che l'art. 12 l. 243/2012 si applica dall'1.1.2016 (v. l'art. 21, co. 3, l. 243/2012), da tale data fino al 31.12.2018 la riserva prevista dal comma 508 si pone in contrasto con l'art. 12 l. 243/2012, che puo' fungere da parametro perche' si tratta di una legge "rinforzata", approvata a maggioranza assoluta dalle Camere ai sensi dell'art. 81, co. 6, Cost. Il comma 508, primo periodo, viola anche l'art. 79 St. e, di nuovo, il gia' citato principio dell'accordo (sul quale v. il punto 3 del ricorso). L'art. 79 stabilisce che "la regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di seguito indicati e "con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3" (co. 1), aggiungendo che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (co. 2). Sia il comma 3 ("Non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale") che il comma 4, poi, stabiliscono la non applicazione alla Regione e alle Province delle norme statali che, in questa materia, valgono per le altre Regioni. Poiche' il comma 508 riserva le maggiori entrate "alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012", ne deriva la violazione delle norme - sopra citate - contenute nell'art. 79 St., che configurano un sistema completo di concorso della Regione e delle Province agli "obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario", non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. In effetti, e' assolutamente incongruo e ad avviso della Regione illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio con la riforma statutaria di cui alla l. 191/2009, frutto essa stessa di un solenne accordo tra lo Stato, la Regione Trentino Alto Adige Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Infine, proprio perche' agli artt. 69 e 79 St. e al d. 1gs. 268/1992 si e' derogato con una fonte primaria "ordinaria", il comma 508 viola anche gli artt. 103 (che prevede il procedimento di revisione costituzionale per le modifiche dello Statuto), 104 (che prevede la possibilita' di modificare "le norme del titolo VI...con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province") e l'art. 107 (che disciplina la speciale procedura per l'adozione delle norme di attuazione dello Statuto speciale. Il secondo periodo del comma 508 dispone che "con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione". Si tratta dunque di una norma volta a regolare l'attuazione del primo periodo: la quale, pertanto, e' affetta in via derivata dai medesimi vizi sopra illustrati. In subordine, essa e' poi censurabile specificamente ed autonomamente sotto un ulteriore aspetto, cioe' per la mancata previsione dell'intesa con questa Regione in relazione al decreto che stabilisce le modalita' di individuazione del maggior gettito. Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse che spetterebbero alla Regione, in una materia dominata dal principio consensuale, risulta specificamente illegittima, per violazione del principio di leale collaborazione, la previsione di un decreto ministeriale senza intesa con la Regione Trentino-Alto Adige.
P.Q.M. Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 55, 388, 427, 429, 487, 499, 500 e 508 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)", nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, 24 febbraio 2014 Prof. avv. Falcon - Avv. Manzi