N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 marzo 2014 (della Regione Siciliana). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Destinazione di maggiori gettiti di tributi erariali  a  confluire,
  nelle  misure  annuali  indicate,   nel   «Fondo   per   interventi
  strutturali di politica economica» -  Inclusione  nelle  somme  ivi
  previste di quelle riscosse in  Sicilia  -  Ricorso  della  Regione
  Siciliana - Denunciata riserva unilaterale allo Stato di incrementi
  di entrate di spettanza regionale - Assenza  delle  condizioni  per
  derogare al principio  di  devoluzione  alla  Regione  del  gettito
  tributario riscosso nel suo territorio. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 179. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 26 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2,  primo
  comma. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Previsione che tutti  i  Corpi  di  Polizia,  compresa  l'Arma  dei
  Carabinieri, si avvalgono delle procedure informatiche del MEF  per
  il pagamento al personale delle competenze  fisse  e  accessorie  -
  Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata localizzazione  al  di
  fuori del territorio siciliano  della  riscossione  delle  ritenute
  alla fonte su redditi di lavoro prodotti in Sicilia  -  Conseguente
  sottrazione al bilancio regionale  di  entrate  di  spettanza della
  Regione - Violazione dell'autonomia  finanziaria  siciliana  e  dei
  principi  di  certezza  delle  entrate,   di   affidamento   e   di
  corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 402. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), art. 36; Costituzione,  artt.  81,  comma  sesto,  97,  primo
  comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla  legge
  costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento  all'art.
  10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Determinazione per il 2015, 2016 e 2017 degli importi  da  ricavare
  dalle   misure   di   riduzione   della   spesa   delle   pubbliche
  amministrazioni  da   adottarsi   su   proposta   del   Commissario
  straordinario per la spending review e in base agli  indirizzi  del
  Comitato interministeriale -  Determinazione  del  contributo  alla
  finanza pubblica che le Regioni e le Province autonome  assicurano,
  per gli stessi anni, a valere sui risparmi derivanti dalle suddette
  misure - Ridefinizione per le autonomie speciali dell'obiettivo del
  patto di stabilita', proroga fino al 2017 dei relativi contributi e
  quantificazione di un ulteriore contributo della Regione  Siciliana
  alla  finanza  pubblica  -  Ricorso  della  Regione   Siciliana   -
  Denunciata sottrazione indebita di risorse di  sua  spettanza,  con
  ricaduta sull'equilibrio del bilancio regionale - Contrasto con  le
  previsioni statutarie - Violazione dei principi  di  sostenibilita'
  del  debito  delle  pubbliche   amministrazioni   e   di   rispetto
  dell'equilibrio di bilancio del complesso degli enti della  Regione
  - Inosservanza delle procedure statutarie per la  disciplina  della
  finanza regionale - Contrasto  con  il  vincolo  per  le  pubbliche
  amministrazioni  di  assicurare  il  pareggio  di  bilancio  e   la
  sostenibilita' del  debito  pubblico  -  Riferimento  a  precedenti
  ricorsi (n. 39 del 2012 e n. 170 del 2012) proposti dalla  medesima
  Regione avverso gli artt. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del
  2011, e 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art.  1,  commi  427,  429  e  499,
  quest'ultimo modificativo dell'art. 1, comma 454,  della  legge  24
  dicembre 2012, n. 228. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2,  primo
  comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119,
  commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale
  24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della  legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Istituzione di un «Fondo per la riduzione della pressione  fiscale»
  e destinazione ad  esso  dei  risparmi  di  spesa  derivanti  dalla
  razionalizzazione  della  spesa  pubblica nonche'  delle   maggiori
  entrate derivanti dal  contrasto  all'evasione  fiscale  -  Ricorso
  della Regione Siciliana - Impugnazione proposta in via cautelativa,
  per l'ipotesi che la normativa censurata si applichi  alle  entrate
  riscosse  in  Sicilia  -  Denunciata  mancanza  di   un   requisito
  («novita'» dell'entrata) necessario per derogare  al  principio  di
  devoluzione alla Regione del gettito tributario  riscosso  nel  suo
  territorio - Violazione  del  principio  consensuale  nei  rapporti
  finanziari fra Stato e Regione, nonche' dell'autonomia  finanziaria
  e di bilancio siciliana. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi da 431 a 435. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 26 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2,  primo
  comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119,
  commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale
  24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della  legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Riduzione del  livello  di  finanziamento  del  Servizio  Sanitario
  Nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato di  540  milioni  di
  euro per l'anno 2015 e 610 milioni di euro  a  decorrere  dall'anno
  2016 - Esclusione della Regione Siciliana dal meccanismo di  intesa
  applicato  alle  altre  autonomie  speciali  per  l'attuazione  del
  risparmio - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata  riduzione
  del livello del fabbisogno  sanitario  regionale  e  del  correlato
  finanziamento  senza  tener  conto  di  misure  e  obiettivi   gia'
  concordati con lo Stato  per  il  contenimento  e  il  rientro  dal
  disavanzo  sanitario  -   Violazione   del   principio   di   leale
  collaborazione - Incidenza sul livello delle prestazioni  sanitarie
  in Sicilia e sull'esercizio delle relative funzioni  amministrative
  da parte della Regione. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 481. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 17, lett. b) e c), e 20. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 -  Misure
  di contenimento della spesa adottate, sulla base  dei  principi  di
  cui al comma 486 (reintroduzione  del  contributo  di  solidarieta'
  sulle c.d. «pensioni d'oro»), dagli  organi  costituzionali,  dalle
  Regioni e dalle Province  autonome,  nell'esercizio  della  propria
  autonomia anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro  che
  hanno ricoperto funzioni pubbliche  -  Versamento  dei  conseguenti
  risparmi all'entrata del bilancio dello Stato con  destinazione  al
  «Fondo di cui al comma 48» -  Ricorso  della  Regione  Siciliana  -
  Denunciata violazione  della  norma  statutaria  che  riserva  alla
  competenza  regolamentare  dell'Assemblea  Regionale  Siciliana  la
  determinazione di pensioni e vitalizi erogati  al  personale  e  ai
  deputati di essa - [In subordine:] Mancata specificazione del fondo
  (di garanzia per le piccole e medie imprese ovvero di garanzia  per
  la prima casa) cui il gettito e' destinato e conseguente difetto di
  requisito per la riserva di esso allo Stato. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 487. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 4 e (in subordine) 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n.  1074,
  art. 2, primo comma. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Riserva
  allo Stato, per il quinquennio 2014-2019, delle  nuove  e  maggiori
  entrate erariali derivanti dai decreti-legge n. 138 e  n.  201  del
  2011 e destinazione integrale delle stesse a copertura degli  oneri
  per il servizio del debito pubblico - Proroga al 31  dicembre  2016
  del contributo temporaneo di solidarieta' sul  reddito  complessivo
  eccedente 300.000 euro lordi annui, di cui all'art. 2, comma 2, del
  decreto-legge n. 138 del 2011 - Ricorso della Regione  Siciliana  -
  Denunciato contrasto  con  i  parametri  statutari  riguardanti  la
  devoluzione alla Regione del gettito tributario  riscosso  nel  suo
  territorio e le condizioni per derogarvi -  Assenza  dei  requisiti
  per la riserva all'erario - Violazione dei principi  costituzionali
  relativi al pareggio di bilancio - Sottrazione indebita di  risorse
  al  bilancio  regionale  senza  alcuna  previsione  di  raccordo  -
  Incidenza sull'esercizio  delle  funzioni  regionali  -  Violazione
  delle prerogative  regionali qualora  il  prorogato  contributo  di
  solidarieta' riscosso in Sicilia debba affluire al bilancio statale
  - Riferimento a precedente ricorso [n. 39 del 2012] proposto  dalla
  stessa Regione avverso il decreto-legge n. 201 del 2011. 
- Legge 27 dicembre 2013,  n.  147,  art.  1,  comma  508,  anche  in
  combinato disposto con il comma 590. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 20, 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n.  1074,  art.  2,
  primo comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo  comma,
  e 119, commi  primo  e  sesto,  nel  testo  novellato  dalla  legge
  costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento  all'art.
  10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Ulteriore concorso alla finanza pubblica delle  autonomie  speciali
  per complessivi 240 milioni di euro nell'anno 2014,  da  assicurare
  con le procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42  del  2009  -
  Quantificazione  in  106.000  migliaia  di  euro  per  la   Regione
  Siciliana - Ricorso della Regione Siciliana  -  Denunciato  effetto
  lesivo sul bilancio regionale -  Compromissione  dello  svolgimento
  delle funzioni e dei compiti istituzionali della Regione - Aggravio
  dell'onere finanziario a carico della Regione Siciliana mediante un
  meccanismo ad essa inapplicabile  (quote  di  compartecipazione  ai
  tributi erariali) e in assenza dei presupposti previsti dalle norme
  di attuazione statutaria - Preclusione della  possibilita'  per  la
  Regione di pervenire al pareggio di bilancio  e  di  esercitare  le
  proprie funzioni. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 526. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2,  primo
  comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119,
  commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale
  24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della  legge
  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2014  -
  Istituzione, presupposti e composizione della IUC (Imposta Comunale
  Unica) - Salvezza della disciplina per  l'applicazione  dell'IMU  -
  Dotazione  del  Fondo  di  solidarieta'  comunale  con   versamento
  all'entrata del bilancio dello Stato di una quota di  pari  importo
  dell'IMU di spettanza dei Comuni - Ricorso della Regione  Siciliana
  - Denunciata immediata applicabilita'  della  nuova  disciplina  in
  Sicilia, senza il previo esperimento delle modalita'  attuative  di
  cui all'art. 27  della  legge  n.  42  del  2009  (sul  federalismo
  fiscale)  -  Sottrazione  di  risorse  al  bilancio   regionale   -
  Violazione del principio di leale collaborazione -  Sottrazione  di
  risorse finanziarie ai Comuni e compromissione dell'esercizio delle
  loro funzioni - Attribuzione alla Regione  Siciliana  di  ulteriori
  competenze (relative al  finanziamento  degli  enti  locali)  senza
  alcuna  determinazione  da  parte  della   Commissione   Paritetica
  prevista dallo statuto - Riferimento a  precedente ricorso  (n.  39
  del 2012) proposto dalla  stessa  Regione  avverso  l'art.  13  del
  decreto-legge n. 201 del 2011. 
- Legge 27 dicembre 2013, n. 147,  art.  1,  commi  639,  703  e  730
  [quest'ultimo aggiuntivo dei commi 380-ter e 380-quater all'art.  1
  della legge 24 dicembre 2012, n. 228]. 
- Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n.
  455), artt. 36, 37, 14, lett. o) e 43; d.P.R. 26  luglio  1965,  n.
  1074, art. 2; Costituzione, artt. 81 e 119, comma quarto, nel testo
  novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in
  riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
  n. 3. 
(GU n.18 del 23-4-2014 )
    Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente  domiciliato
presso la sede dell'Ufficio della  Regione  siciliana  in  Roma,  via
Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso  con  deliberazione
della Giunta regionale che si allega; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna  370
presso gli Uffici della Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della legge 27  dicembre  2013,  n.147:
"Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato." (Legge di stabilita' 2014), pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 27/12/2013, S.O. n.  87,  con  riferimento  alle
seguenti disposizioni  per  violazione  dei  parametri  a  fianco  di
ciascuna elencati: 
        Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36  e  37  dello
Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in  materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965); 
        Art. 1, comma 402 per violazione dell'art 36 dello Statuto  e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi  1°  e  6°  della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale  n.  1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001; 
        Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36  e
43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, comma delle norme di attuazione
in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt. 81,  comma
6°, 97, comma 1° e 119, commi 1 e 6°  della  Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n.  1/2012  anche  in  riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme  di  attuazione  in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965)  nonche'  degli  artt.  81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6°  della  Costituzione  nel
testo  novellato  con  legge  costituzionale  n.  1/2012   anche   in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, comma 481  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e  c)
e 20 dello Statuto; 
        Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e,
in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma  1  del
D.P.R. n. 1074 del 1965; 
        Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto  con  il  comma
590, per violazione degli artt. 20, 36 e  43  dello  Statuto  nonche'
dell'art.  2,  1°  comma  delle  norme  di  attuazione   in   materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt.  81,  comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6°  della  Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n.  1/2012  anche  in  riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36  e  43  dello
Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione (D.P.R.  n.
1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1°  e  119,
commi  6°  della  Costituzione  nel   testo   novellato   con   legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36  e
37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle  norme  di  attuazione  in
materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione  anche  con
riferimento all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art.  14,
lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai  comuni  si
onera la Regione di  nuove  e  diverse  competenze  senza  il  previo
esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  Italiana  e'  stata
pubblicata la  legge  n.147  del  2013  (legge  di  stabilita'  2014)
contenente svariate disposizioni lesive delle prerogative  statutarie
di questa Regione sotto diversi profili. 
    Le norme di cui ci si duole comportano  tutte,  pur  se  a  vario
titolo (ulteriore  concorso  della  Regione  alla  finanza  pubblica,
riserva allo Stato di gettito di spettanza regionale,  ecc.)  effetti
negativi sul bilancio regionale. Si noti che viene introdotta piu' di
una misura  di  importo  rilevante,  che  va  a  sommarsi  alle  gia'
insostenibili riduzioni di risorse subite dalla Regione negli  ultimi
anni. 
    Ne consegue la  violazione  dei  principi  formulati  da  codesta
ecc.ma Corte costituzionale con riferimento ai limiti entro  i  quali
sono legittime riduzioni di risorse per  la  Regione,  ossia  che  si
tratti di manovre non tali  da  rendere  impossibile  lo  svolgimento
delle funzioni regionali (sentenza n. 138/99). 
    Codesta Corte ha precisato che «Cio' vale tanto piu' in  presenza
di un sistema di finanziamento che non e'  mai  stato  interamente  e
organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da  far
corrispondere il piu' possibile, come sarebbe  necessario,  esercizio
di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di
risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla  capacita'
fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione  di  gettito
tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro». 
    Inoltre, appare  necessario  evidenziare  che  la  giurisprudenza
costituzionale ha piu' volte ammesso che la legge dello  Stato  puo',
nell'ambito  di  manovre  di  finanza  pubblica,  anche   determinare
riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' non
sia alterato il rapporto tra i complessivi  bisogni  regionali  e  i'
mezzi finanziari per farvi fronte (cfr. sentenze  n.  307  del  1983,
n.123 del 1992, n. 370 del 1993 e n.138 del 1999) e, che, a tal fine,
essendo indiscutibile il depauperamento della finanza  regionale,  la
stessa Corte ha affermato che: non «sia necessario  dimostrare  alcun
vulnus effettivo al bilancio regionale» (sent. n. 152/2011). 
    Del resto che le norme oggi impugnate  incidano  su  una  finanza
regionale  gia'  gravemente  compromessa  dalla  circostanza  che  al
bilancio regionale affluisce  solo  una  ridotta  parte  del  gettito
tributario riscosso in Sicilia si evince dai  dati  richiamati  dalla
Corte dei conti in sede di parifica del  Rendiconto  per  l'esercizio
finanziario 2012. 
    Nella relazione si legge infatti che alla chiusura dell'esercizio
2012, il totale complessivo delle entrate accertate ammonta a  15.381
milioni di euro con un decremento del 7 per cento rispetto ai  16.542
milioni di euro registrati nell'esercizio 2011; tale percentuale, che
si conferma  costante  (-7,2%)  anche  prendendo  in  esame  il  solo
aggregato   delle   entrate   tributarie,   si   delinea   in   netta
contrapposizione al dato nazionale, che registra  un  incremento  del
2,8 per cento. 
    Al riguardo il Giudice  contabile  continua  osservando  che  una
significativa  incidenza  sul  gettito  complessivo  delle   entrate,
risultante dai dati esposti nel rendiconto,  deve  essere  ricondotta
alle riserve ed agli  accantonamenti  operati  dallo  Stato,  pari  a
complessivi 914 milioni di euro, per effetto di numerose disposizioni
legislative, alcune delle quali intervenute in corso d'esercizio, che
hanno previsto un maggior concorso delle regioni  agli  obiettivi  di
finanza pubblica. 
    Da notare come, dalla documentazione acquisita in via istruttoria
presso la Ragioneria generale  dell'Assessorato  economia,  la  Corte
rilevi che il minore accertamento per la  complessiva  somma  di  914
milioni di euro e' da imputare a riserve  ed  accantonamenti  operati
dallo Stato di cui: 
        639 milioni di euro, per trattenute operate dallo  Stato  sul
gettito delle  entrate  di  spettanza  regionale  per  effetto  delle
seguenti disposizioni: art. 13, comma 17 e  art.  28,  comma  3,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito  con  modificazioni
in legge 22 dicembre 2011, n. 214; decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.
1 convertito  con  modificazioni  dalla  legge  24  marzo  del  2012;
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,convertito con modificazioni  dalla
legge 26 aprile 2012, n. 44; decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; 
        114 milioni di euro per riserve operate dallo Stato di cui al
decreto-legge n. 138 del 2011; 
        1,1 milioni di euro  per  riserve  operate  con  D.M.  del  5
dicembre 2012 (sisma Emilia-Romagna 20-29 maggio) ai sensi  dell'art.
2, comma 4, del decreto-legge n. 74 del 2012; 
        160 milioni per riserve operate ai sensi del decreto-legge n.
201 del 2011 a titolo di  IMU  sostitutiva  dell'IRPEF  (secondo  una
stima operata dal MEF), IVA e imposta di bollo. 
    Da  cio'  la  constatazione  che  tenendo  conto  della  suddetta
decurtazione  operata  dallo  Stato  sul   coacervo   delle   entrate
tributarie, lo scostamento  rispetto  al  totale  degli  accertamenti
operati nell'anno 2011  registra,  addirittura,  un  incremento  pari
all'1,02 per cento, con  un  divario  certamente  meno  significativo
rispetto all'omologo dato nazionale che, come gia' detto, si  attesta
al 2,8 per cento, secondo quanto illustrato nella seguente tabella. 
    Oltre al danno finanziario derivante dalle decurtazioni ulteriore
criticita' per  una  corretta  gestione  del  bilancio  deriva  dalla
mancanza,  rilevata  sempre  dalla  Corte  dei  conti  e  non   certo
addebitabile alla Regione, di un  trasparente  approccio  conoscitivo
dei flussi finanziari derivanti dal prelievo fiscale  nella  Regione,
distinti per tipologia di tributo, che consenta alla stessa,  da  una
parte,  di  effettuare  il  monitoraggio  periodico   delle   entrate
tributarie riscosse nel proprio territorio -  analogamente  a  quanto
previsto in ambito statale dall'art. 14 della legge  di  contabilita'
n. 196 del 2009 - al fine  di  programmare  le  iniziative  di  spesa
apportando i necessari correttivi e, dall'altra, di disporre dei dati
contabili che consentano il riscontro dell'esatto rispetto, da  parte
dello Stato, delle  disposizioni  statutarie  fondate  sul  principio
devolutivo;  specialmente  in  tutte  quelle  ipotesi,   recentemente
passate al vaglio della Corte costituzionale, laddove la legislazione
fiscale statale e' intervenuta  con  l'introduzione  di  disposizioni
tributarie  innovative   e   destinate   a   specifiche   iniziative,
nell'ambito della deroga di cui all'art. 36 dello Statuto siciliano e
dell'art. 2 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. 26  luglio
1965. 
    Senza possibilita' di accesso diretto ai suddetti dati  contabili
l'Assessorato regionale all'economia non puo' operare alcun riscontro
dell'esatto rispetto da parte dello  Stato  della  devoluzione  delle
entrate riscosse nel territorio siciliano. 
    Fatta questa breve premessa si passa ad esaminare  i  profili  di
illegittimita' rilevati nei suindicati commi dell'art.1  della  legge
n. 147 del 2013 per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto  e
dell'art.  2,  1°  comma  delle  norme  di  attuazione   in   materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965). 
    La disposizione  suindicata  prevede  che  «Le  maggiori  entrate
derivanti dai commi 151, 177 e 178,  pari  complessivamente  a  237,5
milioni di euro per l'anno 2014, a 191,7 milioni di euro  per  l'anno
2015, a 201 milioni di euro per l'anno 2016 e a 104,1 milioni di euro
a decorrere dall'anno  2017,  affluiscono  al  Fondo  per  interventi
strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10,  comma  5,
del  decreto-legge  29  novembre  2004,  n.  282,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307». 
    Dal contenuto della previsione si desume la mancanza di specifica
finalizzazione dei proventi di spettanza regionale tuttavia,  pur  in
mancanza di elementi testuali  dai  quali  univocamente  desumere  la
riserva allo Stato di detto gettito, in considerazione della mancanza
di clausola di salvaguardia, essa puo'  interpretarsi  ricomprendendo
nelle somme ivi previste quelle riscosse nella Regione siciliana. 
    Al riguardo si rileva che non sembra che le entrate previste  dal
comma in esame siano qualificabili come nuove trattandosi di proventi
derivanti  da  imposte  sostitutive,  quali   quelle   correlate   al
riallineamento e stabilite dal comma 151 il  quale  rinvia  al  comma
150. 
    Per quanto riguarda il comma 177 si precisa  che  stabilisce  che
per determinare il reddito d'impresa, le societa' dovranno utilizzare
indicatori di profitto diversi da quelli applicati ai costi sostenuti
per lo svolgimento della propria attivita'. Una strada che le imprese
del web potranno evitare solo  attivando  la  procedura  del  ruling,
l'accordo su  regole  e  livello  di  prelievo  con  l'Agenzia  delle
entrate. 
    La disposizione influisce modificandoli, sui redditi prodotti  da
imprese che hanno sede centrale fuori dalla Regione ma  che  in  essa
hanno stabilimenti e impianti, tuttavia non e' certo  che  ne  derivi
una maggiore entrata per aumento dell'imposta relativa alla quota  di
reddito prodotto da detti stabilimenti e  impianti  e,  comunque,  se
cosi' e', il gettito e' di spettanza regionale in  assenza  di  tutti
gli elementi utili a riservarlo allo Stato. 
    Per quanto riguarda infine  il  comma  178  esso  prevede  che  i
servizi   di   pubblicita'   on-line   dovranno   essere   acquistati
esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale  devono
risultare anche i dati identificativi del  beneficiario,  ovvero  con
altri  strumenti  di  pagamento  idonei   a   consentire   la   piena
tracciabilita' delle operazioni e a  veicolare  la  partita  IVA  del
beneficiario. 
    Pertanto gli effetti sul gettito Iva attesi dall'applicazione del
comma 178 solo indirettamente derivano da tale disposizione  che  non
sembra innovare la normativa in materia di IVA. Da cio' il difetto di
novita' delle relative entrate che, infatti, non si comprende nemmeno
come possano essere distinte dalla massa di gettito  complessivo.  Si
noti che il comma 179 non fa invece riferimento alle maggiori entrate
derivanti dal comma 33. 
    Ne consegue che il  comma  impugnato  ove  disponga  una  riserva
implicita e' lesivo in  primo  luogo  per  la  mancanza  di  espressa
previsione in tal senso avendo codesta Corte piu' volte affermato  il
principio per il quale  «la  riserva  allo  Stato  di  nuove  entrate
tributarie  rappresenta  un  meccanismo  derogatorio   rispetto   (il
principio di attribuzione alla  Regione  siciliana»  (cfr.  Sent.  n.
348/2000). 
    Codesta Corte  ha,  altresi',  precisato  che  «l'art.  36  dello
statuto di autonomia speciale e l'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del  1965
prevedono la titolarita', a favore della Regione siciliana, di  tutte
le  entrate  tributarie  erariali  riscosse   nell'ambito   del   suo
territorio (ad eccezione di alcuni specifici tributi). 
    Dette disposizioni consentono una deroga a tale principio  quando
una legge statale attribuisce allo Stato il  gettito  di  determinati
tributi, in presenza di due condizioni tassative e cumulative: a) che
si tratti di una entrata  tributaria  "nuova";  h)  che  il  relativo
gettito sia destinato dalla legge alla copertura di oneri  diretti  a
soddisfare particolari finalita'  contingenti  o  continuative  dello
Stato specificate nelle leggi medesime» (sent. n. 42/2012). 
    Peraltro non  ricorre  nemmeno  il  requisito  consistente  nella
«copertura di  nuove  specifiche  spese»,  richiesto  dalla  costante
giurisprudenza di codesta Corte. 
    Infatti,  il  Fondo  per  interventi  strutturali   di   politica
economica nel quale la  norma  prevede  che  vadano  a  confluire  le
entrate  in  questione  costituisce  una  destinazione   generica   e
indistinta  (cfr.  sent.  n.  241/2012)  considerato  che  essa   non
specifica gli obiettivi ai quali e'  finalizzato  l'asserito  maggior
gettito che va a confluire nel suindicato Fondo. 
    Ed invero l'Ispe, istituito dal comma 5 dell'articolo 10 del d.l.
n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004), nello stato  di  previsione  del
Ministero dell'economia  e  finanze  (missione  «Politiche  economico
finanziarie e di bilancio», cap. 3075), ha il fine  di  agevolare  il
perseguimento degli obiettivi di  finanza  pubblica,  anche  mediante
interventi volti alla  riduzione  della  pressione  fiscale  e  viene
utilizzato in modo: flessibile ai fini del reperimento delle  risorse
occorrenti  a  copertura  di  interventi  legislativi  recanti  oneri
finanziari. 
    Conclusivamente  risultano  violati  i  parametri  rubricati   in
assenza dei requisiti previsti dall'art. 2, comma  1  del  D.P.R.  n.
1074/1965  per  darsi  luogo  all'eccezionale  deroga  dallo   stesso
prevista. 
Articolo l, comma 402 per violazione dell'art.  36  dello  Statuto  e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi  1°  e  6°  della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale  n.  1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001. 
    La disposizione prevede che entro il 1°  gennaio  2016  le  forze
armate e i Corpi di polizia si avvalgono delle procedure informatiche
del  Ministero  dell'economia  e   delle   finanze   -   Dipartimento
dell'amministrazione generale, del personale e  dei  servizi  per  il
pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie. 
    Si premette quanto segue. 
    Alcuni recenti e specifici interventi normativi nazionali hanno -
negli ultimi anni (ma il sistema e' in atto ancora in  evoluzione)  -
modificato  le  procedure   di   pagamento   dei   dipendenti   delle
Amministrazioni dello Stato allo scopo di renderle omogenee, favorire
il monitoraggio della spesa e ridurre i costi di gestione. 
    Il  Mef  attraverso  un  sistema  informativo  unico  gestisce  i
processi   del   trattamento   economico    del    personale    delle
Amministrazioni   dello   Stato   e   di   quello   delle   Pubbliche
Amministrazioni aderenti. 
    In particolare: 
        le Amministrazioni dello Stato sono  obbligate  ad  avvalersi
dei sistemi di pagamento delle retribuzioni gestiti dal Mef; 
        le pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1 del d.lgs.
n. 165/2001 (diverse dalle Amministrazioni dello Stato) sono tenute a
considerare l'offerta  n  convenzione  del  Mef  quale  parametro  di
riferimento per l'affidamento della gestione dei servizi di pagamento
delle retribuzioni. 
    La soluzione  offerta  dal  Mef  e'  costituita  dai  servizi  di
gestione, elaborazione, liquidazione  e  distribuzione  del  cedolino
stipendiale e connessi adempimenti previsti dalla normativa  vigente,
inclusi quelli fiscali e previdenziali. L'aspetto che  qui  interessa
e' quello fiscale. 
    Per tutte le Amministrazioni che  si  avvalgono  delle  procedure
uniche  integrate  del  Mef,  il  Dipartimento   dell'amministrazione
generale,  del  personale  e  dei  servizi  dello  stesso  Ministero,
attraverso il Service Personale  Tesoro  (SPT)  oggi  sistema  NoiPa,
svolge gli adempimenti che hanno, per  specifica  normativa  fiscale,
carattere  di  periodicita'  (CUD,  770...),  garantisce   assistenza
fiscale e invio telematico dei modelli di  dichiarazione  all'Agenzia
delle Entrate, effettua le ritenute erariali previste dalla legge. 
    In particolare viene in rilievo la questione delle ritenute  alla
fonte sui redditi da lavoro  laddove  si  tratti  di  dipendenti  che
lavorano in Sicilia, appartenenti ad una Amministrazione dello  Stato
o ad una pubblica amministrazione aderente al sistema Mef. 
    La centralizzazione della gestione dei pagamenti  stipendiali  ed
anche  dei  connessi  adempimenti  fiscali  comporta,   infatti,   la
localizzazione  fuori  dal  territorio  siciliano   della   fase   di
riscossione  delle  ritenute  alla  fonte  sui  redditi   da   lavoro
dipendente. 
    Si consideri che a detto sistema e' transitata  la  gestione  del
trattamento economico dei titolari di supplenze brevi  nelle  scuole,
dei  vigili  del  fuoco  volontari,  del  personale   della   Polizia
Penitenziaria e del personale civile del Ministero della  difesa  ne'
puo' escludersi la possibilita' di passaggio al sistema Mef anche  da
parte dei Comuni, come gia' avvenuto per alcuni enti locali dislocati
in altre regioni italiane. 
    Ora pur rammentando l'orientamento  espresso  da  codesta  ecc.ma
Corte riguardo alle ipotesi «relative a datori di lavoro pubblici non
imprenditori, per le quali opera  il  generale  criterio  di  riparto
basato sul luogo della riscossione del tributo»  (sent.  n.  116  del
2010) deve rilevarsi che il trasferimento al Mef  della  gestione  di
trattamenti economici  prima  liquidati  nell'ambito  del  territorio
siciliano determina il venir meno per il bilancio di  questa  Regione
di entrate altrimenti di sicura sua spettanza. 
    Con riferimento alla disposizione oggi impugnata si evidenzia che
dalle informazioni in possesso di questa difesa risulta che  ad  oggi
le Prefetture gestiscono l'intero trattamento economico del personale
di  Polizia  e  quello  accessorio  del   personale   dell'Arma   dei
carabinieri. 
    Per la sola Prefettura  di  Palermo  l'Irpef  ritenuta  su  detti
emolumenti e ad oggi versata al bilancio di questa Regione ammonta  a
circa 15/20 milioni di  euro  mentre  la  Prefettura  di  Catania  ha
comunicato il dato relativo all'anno 2012  che  ammonta  a  circa  20
milioni di euro. 
    Situazione analoga vale per il centro Maricommi  di  Augusta  che
gestisce il trattamento economico del personale della Marina militare
e della Capitaneria di Porto. 
    A dimostrazione dell'entita' di risorse di cui,  in  applicazione
del comma 402 la Regione non potra' piu' disporre si riferisce quanto
segue. 
    Il competente Dipartimento regionale ha fatto  una  verifica  dei
versamenti Irpef - capitolo 1023, articolo 2 - affluiti  al  bilancio
regionale dai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco dall'anno 2008
al 2013. 
    Tale verifica ha riguardato uno dei  soggetti  destinatari  delle
disposizioni  sul  sistema  del  c.d.   «cedolino   unico»   e   puo'
considerarsi quale esempio degli effetti della disciplina de qua. 
    Gli esiti sono contenuti nel prospetto che si riporta: 
        2008: € 3.341.133,72; 
        2009: € 3.287.778,83; 
        2010: € 2.936.564,14; 
        2011: € 867.449,00; 
        2012: € 818.207,56; 
        2013: € 30.348,64. 
    Come e' evidente il gettito si e' notevolmente ridotto. 
    Quanto alle causali dei singoli versamenti, che hanno generato il
gettito annuo, risultano nell'anno 2008 ricorrenti le voci  «ritenuta
di acconto» e «IRPEF su competenze fisse e accessorie»; al  contrario
nell'anno 2013 i versamenti sono riconducibili quasi per la totalita'
a  «indennita'   di   trasferta»,   «compenso   medico   incaricato»,
«indennita' corso/commissione esame». 
    Verosimilmente i Comandi provinciali de quibus  hanno  mantenuto,
dopo il passaggio alla gestione  del  Mef  della  liquidazione  delle
retribuzioni (fisse e accessorie) dei propri dipendenti, la  funzione
di erogazione di alcuni compensi o indennita'  destinati  a  soggetti
esterni. 
    Rimasta in Sicilia la gestione di questi emolumenti  le  relative
ritenute Irpef continuano ad essere versate nelle casse regionali,  a
differenza delle altre ritenute sulle  componenti  stipendiali  delle
quali non vi e' piu' traccia. 
    Ben potendo immaginare, quindi, la situazione che si verifichera'
con il passaggio alla gestione del MEF del personale contemplato  dal
comma 402  che  presta  servizio  in  Sicilia,  risulta  evidente  la
necessita'  di  frenare  l'emorragia  di  risorse   finanziarie   che
l'affidamento  al  sistema  informativo  centralizzato  del  Mef  dei
servizi di  pagamento  delle  retribuzioni  dei  pubblici  dipendenti
produce per il bilancio regionale. 
    E' di tutta evidenza  che  in  un  sistema  basato  sul  rapporto
«esercizio di funzioni  -  disponibilita'  delle  occorrenti  risorse
finanziarie», il depauperamento ad una certa data  di  queste  ultime
determina l'impossibilita' di garantire la  corretta  gestione  delle
medesime funzioni fino a quella data esercitate. 
    Tanto piu' in un momento storico quale quello  attuale  di  crisi
economica; tanto piu' in un momento  in  cui  le  regioni  continuano
(anche con l'odierna  legge  di  stabilita')  ad  essere  chiamate  a
concorrere alla finanza pubblica con risorse proprie e consistenti. 
    E infatti il susseguirsi, negli ultimi anni, di norme con cui  lo
Stato  si  riserva  o  accantona  entrate  tributarie  di   spettanza
regionale, ha gia' determinato un taglio alle risorse finanziarie  di
questa Regione tale da compromettere il regolare  espletamento  delle
sue funzioni e in generale gli equilibri di bilancio. 
    Al riguardo la dice lunga  la  circostanza  che  la  Regione  non
potendo con le sole risorse del  proprio  bilancio  far  fronte  alle
«pretese statali», nelle more che codesta ecc.ma  Corte  si  pronunci
sulla legittimita' o meno delle medesime, ha  dovuto  destinare  alla
copertura del concorso alla  finanza  pubblica  una  rilevante  quota
delle risorse destinate agli  interventi  da  realizzare  nell'ambito
della programmazione  regionale  del  Fondo  per  lo  sviluppo  e  la
coesione (cfr. art. 6 l.r. n. 9/2013 e art. 4 l.r. n. 5/2014). 
    Per  tutto  quanto  sopra  esposto  deve   concludersi   che   la
disposizione di cui al comma 402, letta in tale contesto, si  presta,
per gli effetti  che  la  sua  applicazione  determina  sul  bilancio
regionale,  a  rilievi  di  incostituzionalita'   individuati   nella
violazione dell'autonomia finanziaria presidiata dall'art.  36  dello
Statuto e dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di
corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche, all'esercizio  delle
quali le prime sono preordinate, quali sanciti, nel  testo  novellato
con legge costituzionale n. l/ 2012, dagli artt. 81,  comma  6°,  97,
comma  1°  e  119,  commi  1  e  6°  della   Costituzione,   articolo
quest'ultimo invocabile  anch'esso  dalla  Regione  in  virtu'  della
clausola  di  maggior  favore  recata  dall'art.   10   della   legge
costituzionale 3 del 2001. 
Articolo 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36  e  43
dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione
in materia finanziaria D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt.  81,  comma
6°, 97, comma 1° e 119 commi 1°e  6°  della  Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n.  1/2012  anche  in  riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. 
    Le disposizioni rubricate, oltre a  depauperare  la  Regione  del
gettito di sua spettanza necessario  alla  copertura  del  fabbisogno
finanziario della stessa,  dispongono  l'inserimento  delle  previste
misure di risparmio nel contributo alla finanza  pubblica  senza  che
sia stato assicurato il rispetto delle procedure prescritte dall'art.
43 dello Statuto d'autonomia, in palese violazione dell'art. 36 dello
Statuto e dell'art.  2,  comma  1  del  D.P.R.  n.  1074/1965  ed  in
violazione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6°
della   Costituzione   tutti,   nel   testo   novellato   con   legge
costituzionale n. 1/2012 e, per quanto riguarda l'ultimo, applicabile
alla  Regione  siciliana  in  riferimento  all'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior  favore
da esso prevista. 
    Ed  invero  risulta  evidente  che,  con   l'applicazione   delle
disposizioni contenute nell'art. 1, commi 427, 428 e  499,  lo  Stato
operera' una dissimulata riserva senza osservare la  sussistenza  dei
requisiti di legittimita' in particolare del requisito della  novita'
dell'entrata (intesa sia come novita' del  tributo  in  se  stesso  o
maggiorazione di  entrate  derivanti  da  tributo  gia'  esistente  -
sentenze n. 49/1972 e n. 429/1996). 
    Si reputa opportuno, ai fini di una maggior chiarezza espositiva,
sintetizzare, di seguito, il contenuto delle predette disposizioni. 
    Il comma 427 demanda al Commissario straordinario sulla  spending
review,   in   base   agli   indirizzi    indicati    dal    Comitato
Interministeriale di cui all'art.49-bis, comma 1,  del  decreto-legge
n. 69/2013, la formulazione di proposte,  entro  il  termine  del  31
luglio 2014, in tema di razionalizzazione e revisione della spesa, di
ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per  beni
e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso  degli  immobili.  Tali
misure dovranno assicurare, anche nel  bilancio  di  previsione,  una
riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in  misura  non
inferiore a 600 milioni di euro nell'anno 2015 e a 1.310  milioni  di
euro negli anni 2016 e 2017. 
    Il comma 429 prevede che  le  regioni  e  le  province  autonome,
adottate le misure di cui alla precedente disposizione, a valere  sui
risparmi da esse derivati assicurano - per gli anni 2015, 2016 e 2017
- un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344  milioni
di euro mediante gli importi (per quanto di interesse  della  Regione
siciliana) indicati nell'art. l comma 454  della  legge  n.  228/2012
come modificato dal comma 499 dell'odierna legge di stabilita'. 
    Il comma 499 ridefinisce per le  autonomie  speciali  l'obiettivo
del patto di stabilita' e modifica la previgente  disciplina  dettata
dalla precedente legge n. 228/2012 apportando svariate  modifiche  al
testo del comma 454 dell'art. 1. 
    Il detto comma 454 fa riferimento ai seguenti contributi a carico
delle Regioni: 
        contributo di cui all'art.  32,  comma  10,  della  legge  12
novembre 2011 n. 183 impugnato da questa Regione con ricorso iscritto
al n.15/2012 del Registro Ricorsi; 
        contributo di cui all'art. 28, comma 3, del  decreto-legge  6
dicembre 2011 n. 201 convertito,  con  modificazioni,  con  legge  22
dicembre 2011,  n.  214  e  successive  modificazioni  contenute  nei
decreti-legge n. 1/2012 e n. 26/2012, impugnato da questa Regione con
ricorso iscritto al n. 39/2012 del Registro Ricorsi; 
        contributo di cui all'art. 16, comma 3, del  decreto-legge  6
luglio 2012 n. 95 convertito, con modificazioni, con legge  7  agosto
2012, n.135, impugnato da questa Regione con ricorso iscritto  al  n.
170/2012 del Registro Ricorsi. 
    Inoltre il comma 499 in esame, nel disporre la  proroga  fino  al
2017 dei contributi al  patto  di  stabilita',  alla  lettera  b)  ha
previsto la sostituzione della lettera d) del previgente  comma  454,
lett. d) della  legge  n.  228/2012  mediante  l'inserimento  di  una
tabella che  quantifica  un  ulteriore  contributo  a  carico  del-le
autonomie speciali - gia' previsto dall'art. 1, comma 454 della legge
228/2012 e non impugnato da questa Regione con il Ricorso n.  43/2013
in quanto al tempo indistinto e, pertanto, non immediatamente  lesivo
- prevedendo a carico di questa Regione un contributo di 133  milioni
di euro per il 2014 e di 178 milioni di euro per gli anni dal 2015 al
2017 e cio' al fine di  assicurare  il  concorso  agli  obiettivi  di
finanza pubblica come espressamente previsto dai citato art. 1, comma
454. 
    Inoltre, sempre il comma 499 in esame prevede, alla  lettera  c),
l'inserimento, nell'originario comma 454 della lettera d-bis),  della
possibilita' di disporre ulteriori  contributi  che,  analogamente  a
quanto  verificatosi  per  quelli  previsti  in  via  eventuale   dal
previgente comma 454, potrebbero essere successivamente  quantificati
minando ulteriormente la gia'  gravata  economia  di  questa  Regione
onerata di tutta una serie di riserve all'Erario  e  contributi  alla
finanza pubblica. 
    Il comma 454 dell'art.  1  della  legge  n.  228/2012  come  oggi
novellato, prevede nel suo insieme a carico della  Regione  siciliana
l'obbligo di assicurare il detto concorso per un arco di  tempo  piu'
lungo (sino al 2017) destinando all'Erario dello Stato  i  contributi
in questione che andrebbero sottratti alla  propria  economia  e  che
dovrebbero, invece, essere utilizzati dalla Regione  stessa  per  far
fronte alle proprie necessita' indistinte. 
    Del pari e' ingiustificato il combinato disposto dei commi 427  e
429 che impone misure di risparmio volte ad assicurare un  contributo
alla finanza pubblica che identicamente per la Regione  si  configura
come indebita sottrazione di risorse. 
    Ora, alla luce dei principi contenuti nell'art. 36 dello  Statuto
e nelle correlate norme di  attuazione  in  materia  finanziaria,  in
particolare dell'art. 2 D.P.R. n.  1074/1965,  nonche'  dell'art.  43
dello Statuto medesimo, non puo' non rilevarsi l'illegittimita' delle
norme impugnate, lesive delle prerogative regionali. 
    A tal uopo si vuole richiamare il noto principio formulato  nella
sentenza n. 138/99, che sancisce  come  «le  norme  statutarie  e  di
attuazione non stabiliscono,  a  favore  della  Regione,  una  rigida
garanzia "quantitativa", cioe' la garanzia  della  disponibilita'  di
entrate tributarie non inferiori a quelle ottenute in  passato:  onde
... possono aversi, senza violazione costituzionale, anche  riduzioni
di risorse per la Regione, purche' non tali da rendere impossibile lo
svolgimento delle sue funzioni. Cio' vale tanto piu' in  presenza  di
un sistema di finanziamento  che  non  e'  mai  stato  interamente  e
organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da  far
corrispondere il piu' possibile, come sarebbe  necessario,  esercizio
di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di
risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla  capacita'
fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione  di  gettito
tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro». 
    Come e' noto, lo Stato puo' legittimamente operare delle  riserve
nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 2, comma 1 delle  norme
di attuazione  dello  Statuto  della  Regione  Siciliana  in  materia
finanziaria, di cui al d.P.R. 26 luglio  1965,  n.  1074,  il  quale,
nello stabilire che «ai sensi del  primo  comma  dell'art.  36  dello
Statuto  spettano  alla  Regione  Siciliana,   oltre   alle   entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque  denominate»,  prevede,  come  deroga,  che  il
gettito di nuove  entrate  tributarie  possa  essere  destinato  «con
apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti   a   soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle leggi medesime». 
    Le rubricate norme compongono un complesso meccanismo di risparmi
e di contributi, ulteriori  e  non,  che  cela  in  realta'  svariate
riserve allo Stato di somme di  spettanza  regionale  senza  che  sia
stata rispettata la previsione dell'accordo siccome esplicitata dallo
statuto stante che anche la  quantificazione  delle  riduzioni  delle
spese finali e l'attribuzione allo Stato  di  esse  e'  difforme  dai
principi  contenuti  nelle  previsioni  statutarie  che  disciplinano
l'attribuzione del gettito alla Regione. 
    Ed in ogni caso l'individuazione delle  somme  rinvenienti  dalle
misure di risparmio deve essere fatta  congiuntamente  per  garantire
alla Regione la possibilita' di verificare il  raggiungimento,  anche
con tale decurtazione, del pareggio di bilancio. 
    E, invece, al riguardo non si prevede  alcunche'  limitandosi  il
legislatore ad attribuire allo  Stato  ogni  risparmio  e,  pertanto,
oltre a  violare  i  parametri  statutari  rubricati,  incorre  nella
lesione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°  e  6°
della   Costituzione,   tutti   nel   testo   novellato   con   legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior  favore
da esso prevista. 
    Tutte le succitate  previsioni  costituzionali,  come  introdotte
dalla  legge  costituzionale  n.  1/2012,  affermano   il   principio
dell'equilibrio di bilancio al quale la  Regione  non  intende  certo
sottrarsi. 
    Anzi l'affermazione dei principi della sostenibilita' del  debito
delle pubbliche amministrazioni (art. 81, comma 6, e art.  97,  comma
1, Cost., come modificati dalla l.  cost.  1/2012)  ed  del  rispetto
dell'equilibrio di bilancio del complesso degli  enti  della  regione
(art. 119, comma 6, Cost., come modificato dalla  1.  cost.  1/2012),
vanno ribaditi mediante la definizione delle modalita'  attuative  di
tali principi che deve  avvenire  con  le  procedure  previste  dallo
Statuto per la disciplina della finanza della Regione (art. 43  St.).
Ed invero la l. cost.  1/2012  non  ha  lo  scopo  di  scardinare  lo
speciale regime predisposto dallo Statuto, anche considerando che  la
modifica dell'impianto finanziario  della  Regione  richiederebbe  in
ogni caso il coinvolgimento di  essa,  anche  qualora  avvenisse  con
legge costituzionale. 
    Infatti con la suindicata modifica costituzionale  si  e'  inteso
introdurre un preciso impegno in  tema  di  disciplina  di  bilancio,
collegandolo a un vincolo di sostenibilita' del debito  di  tutte  le
pubbliche amministrazioni e cio' nel rispetto delle regole in materia
economico-finanziaria derivanti dall'ordinamento europeo. 
    Con le  modificazioni  introdotte  (art.  81  Cost.)  sono  state
specificate le regole sulla finanza pubblica e sulla  formazione  del
bilancio,  che  deve  essere  in  pareggio;   lo   Stato   garantisce
l'equilibrio tra le entrante e le spese del proprio bilancio, tenendo
comunque in conto le alterne fasi - avverse o favorevoli - del  ciclo
economico e, tuttavia, non e' plausibile che  tale  equilibrio  possa
essere garantito a discapito dell' equilibrio dei bilanci dei singoli
enti territoriali che lo formano. 
    Le disposizioni della legge di stabilita' in rubrica si profilano
lesive anche dell'art. 97  Cost.  nel  nuovo  testo  che  afferma  il
principio del pareggio del bilancio e della sostenibilita' del debito
pubblico anche per le pubbliche amministrazioni applicabile anch'esso
alle autonomie speciali. 
    Invero le previsioni dei commi 427, 429 e 499  dispongono  invece
tutta una serie di obblighi che rendono estremamente difficile per la
Regione conformarsi ai principi di recente introdotti in Costituzione
in materia di bilancio. 
Articolo 1, commi da 431 a 435 per violazione degli  artt.  36  e  43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme  di  attuazione  in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche',  degli  artt.  81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della  Costituzione,  nel
testo  novellato  con  legge  costituzionale  n.  1/2012   anche   in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. 
    Tali  commi  sono  relativi  all'istituzione  del  Fondo  per  la
riduzione della pressione, fiscale e alle modalita'  di  assegnazione
allo stesso dei risparmi di spesa derivanti  dalla  razionalizzazione
della spesa pubblica (come da articolo 49-bis  del  decreto-legge  21
giugno  2013,  n.  69),  nonche'  delle  maggiori  entrate  derivanti
dall'attivita' di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle
derivanti dall'attivita' di recupero fiscale  svolta  dalle  regioni,
dalle province e dai comuni. 
    In  particolare  con  riferimento  alle  somme  rinvenienti   dal
recupero dell'evasione fiscale, le sole  invero  che  sembrano  poter
venire in rilievo in questa sede occupandosi altrove il  legislatore,
come gia' descritto, di riservarsi i risparmi  conseguiti  da  questa
Regione a seguito di misure di razionalizzazione, si premette che non
formulando le norme alcuna previsione di riserva, potrebbe  ritenersi
che lo Stato non intenda disporre in ordine alle  entrate  di  questa
Regione. 
    Tuttavia ad  evitare  il  rischio  che  in  base  a  una  diversa
interpretazione le norme siano ritenute  applicabili  si  procede  ad
impugnarle seppure in via cautelativa. 
    Su norme analoghe codesta ecc.ma  Corte  ha  precisato  che  deve
«escludersi che l'entrata di cui al comma 5-bis  (recupero  di  somme
dichiarate e non versate dai contribuenti che  si  sono  avvalsi  del
condono) costituisca una "nuova entrata", riguardando essa somme gia'
dovute in base alla precedente normativa  fiscale:  detto  comma  non
incide sulla legislazione fiscale  previgente,  non  introduce  alcun
nuovo tributo ne' determina modificazione di aliquote; pertanto,  non
si verifica alcuna  «novita'  del  provento».  Analoghe  osservazioni
valgono  con  riguardo  alle  «maggiori  entrate»   derivanti   dagli
ulteriori controlli  sui  contribuenti,  previste  dal  citato  comma
5-ter, in quanto l'attivita' di ulteriore  accertamento  fiscale  non
comporta alcuna modifica  della  legislazione  fiscale  vigente,  ne'
determina un «nuovo provento». La riserva allo Stato delle entrate di
cui ai commi 5-bis e 5-ter (per  la  parte  relativa  agli  ulteriori
controlli fiscali) non e', pertanto, consentita dallo statuto»  (cfr.
sent. n. 241/2012). 
    Pertanto pur se le disposizioni dell'articolo 1, commi da  431  a
435, oggetto di esame, non fanno specifico riferimento alle autonomie
speciali, in mancanza di clausola di salvaguardia, esse si  profilano
lesive dell'art. 36 dello Statuto d'autonomia in  combinato  disposto
con l'art. 2, comma 1 delle norme di attuazione dello  Statuto  della
Regione Siciliana in materia finanziaria, di cui al D.P.R. 26  luglio
1965, n. 1074 atteso che  per  le  risorse  rinvenienti  dalla  lotta
all'evasione  si  ravvisa  mancanza  del  requisito   della   novita'
dell'entrata, mancanza che impedisce allo Stato di riservare a se' le
somme recuperate relativamente ai tributi di spettanza regionale. 
    Inoltre per entrambe le fonti di finanziamento  del  nuovo  Fondo
statale  si  individua  violazione  del  principio  consensuale   che
presiede  ai  rapporti  finanziari  tra  Stato  e  Regione  ai  sensi
dell'art. 43  dello  Statuto  e,  piu'  in  generale,  dell'autonomia
finanziaria e di bilancio della Regione sul rilievo che l'illegittima
sottrazione di risorse e' inserita nell'ambito  di  una  manovra  che
tanto impegno finanziario richiede alla Regione stessa. 
Articolo  1,  comma  481  per  violazione  del  principio  di   leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e  c)
e 20 dello Statuto. 
    La disposizione in esame riproduce  fedelmente  i  contenuti  del
precedente art. 1, comma 132 della finanziaria 2013 (legge  228/2012)
e contiene i medesimi profili di illegittimita'  prospettati  con  il
ricorso n. 43/2013 proposto da questa Regione. 
    Con il comma in rubrica si dispone per l'anno 2015 e a  decorrere
dal 2016 un'ulteriore riduzione del livello di finanziamento del  SSN
cui concorre lo Stato pari, rispettivamente, ad euro 540  milioni  ed
euro 610 milioni. 
    Come nella legge  n.  228/2012  e'  prevista  l'esclusione  della
Sicilia dal meccanismo applicato alle altre  Autonomie  speciali  per
l'attuazione del risparmio. 
    Si ribadisce che tale esclusione dipende solo dal diverso sistema
di  finanziamento  dell'assistenza  sanitaria.  Pertanto  la  mancata
previsione di procedure d'intesa solo per la Regione siciliana tra le
regioni a statuto speciale - pur in presenza di un differente sistema
di compartecipazione alla spesa sanitaria - e' lesiva  del  principio
costituzionale di leale collaborazione che deve presiedere e regolare
i rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica. 
    Ed invero, sotto tale profilo, assolutamente arbitraria,  e  come
tale  destinata   ancora   una   volta   a   convertirsi   in   vizio
d'incostituzionalita', appare la scelta del legislatore nazionale  di
non considerare in alcun modo il ruolo, il  rilevo  e  gli  interessi
della Regione siciliana, in  qualita'  di  Regione  peraltro  tuttora
sottoposta a  specifiche  e  restrittive  misure  di  contenimento  e
riqualificazione della spesa sanitaria, in esito alle quali  ha  gia'
conseguito risultati del tutto lusinghieri, esposti nelle  schede  di
monitoraggio pubblicate sul sito del Ministero della Salute. 
    Questa  difesa  si  limita  sinteticamente  a  ripetere  che   la
riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario regionale
e del correlato finanziamento, seppur colpisce tutte le regioni, lede
in modo particolare la Regione siciliana rendendo ben piu' gravoso il
raggiungimento degli obiettivi gia' concordati con lo Stato,  il  cui
mancato raggiungimento impedisce, tra l'altro, lo 
    svincolo di ingenti risorse economiche a vantaggio  del  bilancio
regionale; ed invero, condizione per l'accesso alle risorse spettanti
alla  Regione  -  quali  crediti   vantati   verso   lo   Stato   per
l'accantonamento su base annuale  delle  risorse  di  competenza  del
Fondo sanitario regionale - e' la positiva verifica degli adempimenti
scaturenti dai suindicati Piani di rientro ed operativo. 
    Ne consegue che la prevista riduzione dell'abbisogno sanitario  e
il progressivo decremento del finanziamento complessivo  del  sistema
sanitario  reca  un  ulteriore  aggravio  al   raggiungimento   della
stabilizzazione del  livello  di  spesa  sanitaria  e  del  correlato
allineamento di quel livello al finanziamento ordinario  programmato,
senza trascurare che la necessita' di consolidamento degli  obiettivi
del Piano di rientro e dei programmi operativi e' correlata non  solo
alla liberazione delle ulteriori somme statali ancora  spettanti,  ma
anche  all'effettiva  erogazione  di  quelle  gia'   riconosciute   e
anticipate. 
    La clausola normativa oggi riproposta incide dunque negativamente
sull'entita' del disavanzo programmato e comporta difficolta' per  il
raggiungimento degli obiettivi e degli adempimenti di Piano. 
    Ed, invero, anche a ritenere che la  disposizione  non  comporti,
quantomeno direttamente, un pregiudizio finanziario, appunto  per  la
clausola «ad esclusione» della Regione siciliana e per la circostanza
che l' aliquota regionale di compartecipazione alla  spesa  sanitaria
va  applicata  ad  un  minor  livello  del  fabbisogno  del  Servizio
sanitario nazionale e  del  correlato  finanziamento,  proprio  detta
unilaterale valutazione del fabbisogno finanziario pare essere lesiva
delle prerogative regionali in quanto assunta senza tener conto delle
esigenze della sanita' siciliana, gia' impegnata al massimo, in  base
al piano di rientro, nella razionalizzazione e nel contenimento della
spesa. 
    La  norma  contrasta   quindi   con   il   principio   di   leale
collaborazione ed, inoltre, con gli artt. 17, lett.  b)  e  c)  e  20
dello Statuto stante che la riduzione del livello di concorso statale
influisce sul  livello  delle  prestazioni  sanitarie  nella  Regione
siciliana e sulla possibilita' della stessa di esercitare le relative
funzioni amministrative. 
Art. 1, comma 487 per violazione dell'art.  4  dello  Statuto  e,  in
subordine, dell'art. 36 dello Statuto e  dell'art.  2,  comma  1  del
D.P.R. n. 1074 del 1965. 
    Detta disposizione recita: 
        «I risparmi derivanti  dalle  misure  di  contenimento  della
spesa adottate, sulla base dei principi di cui al  comma  486,  dagli
organi costituzionali, dalle regioni e  dalle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in
riferimento ai vitalizi  previsti  per  coloro  che  hanno  ricoperto
finzioni pubbliche elettive, sono versati  all'entrata  del  bilancio
dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48». 
    Pur poco chiaro nella formulazione, il surriportato comma  sembra
riguardare il contributo di solidarieta' su trattamenti pensionistici
o vitalizi che non fanno capo a enti gestori di forme  di  previdenza
obbligatoria   perche'   corrisposti   direttamente   dagli    Organi
costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome. 
    Diversamente dal  comma  486,  del  quale  vengono  richiamati  i
principi  -  disposizione  che  ha  reintrodotto  il  contributo   di
solidarieta' sulle pensioni di  un  certo  importo,  gia'  recato  da
precedenti disposizioni (dei Dl 98 e 138 del 2011  )  poi  dichiarate
incostituzionali - il comma impugnato prescrive l'obbligo di  versare
le relative trattenute al bilancio dello Stato per  il  finanziamento
del Fondo di cui al comma 48 della stessa legge di stabilita'. 
    Nel caso della Regione Siciliana, e con riferimento  quindi  alle
pensioni e vitalizi erogati dall'ARS, rispettivamente al personale  e
ai deputati, si rileva che la determinazione di tali  trattamenti  di
quiescenza  rientra  nella  potesta'   regolamentare   della   stessa
Assemblea Regionale Siciliana ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto. 
    L'eventuale obbligo di adottare una misura di contenimento  della
spesa, sulla base dei principi di cui al comma 486, lede la sfera  di
autonomia  propria  dell'ARS  garantita  da  una   norma   di   rango
costituzionale quale quella contenuta nell'articolo 4  dello  Statuto
siciliano. 
    E, ancora, si rileva, per il  caso  che  la  censura  relativa  a
violazione  della  suddetta  disposizione  statutaria  sia   ritenuta
infondata, che la norma e' comunque illegittima perche', in contrasto
con l'art. 36 dello Statuto e  l'art.  2,  comma  1  delle  norme  di
attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965), riserva allo
Stato una entrata tributaria in assenza di una delle  condizioni  che
devono obbligatoriamente sussistere per potervi far luogo. 
    La destinazione dei risparmi al fondo di cui al comma 48 che  nel
«Sistema nazionale di garanzia» comprende il Fondo di garanzia per le
PMI e il Fondo di garanzia per la prima casa, soddisfa  infatti  solo
il  requisito  della  novita'  ma  non  presenta  il   carattere   di
specificita' della destinazione del  gettito,  pure  richiesto  dalle
norme di attuazione statutaria in materia di  finanza  regionale,  al
fine di giustificare la deroga  al  principio  della  spettanza  alla
Regione Siciliana. 
Articolo 1, comma 508 anche in combinato disposto con il  comma  590,
per violazione  degli  artt.  20,  36  e  43  dello  Statuto  nonche'
dell'art.  2,  1°  comma  delle  Norme  di  attuazione   in   materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt.  81,  comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1°e  6°  della  Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n. 1 /2012  in  riferimento  anche
all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. 
    La prima delle disposizioni in esame riserva all'Erario,  per  un
periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014,  le  nuove  e
maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011,
n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,
n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 
    In proposito occorre precisare in primo luogo che  la  previsione
in esame definisce impropriamente nuove e maggiori talune entrate che
se anche alla data di entrata in vigore  delle  leggi  che  le  hanno
disposte avevano tale requisito di  novita'  oggi  ne  sono  comunque
ormai prive. 
    Da  cio'  risulta  all'evidenza  la  violazione   dei   parametri
statutari che assicurano alla Regione la spettanza della  generalita'
del gettito riscosso nel proprio territorio e  stabiliscono  a  quali
condizioni lo Stato puo' derogarvi. 
    Inoltre talune delle disposizioni  richiamate,  sono  gia'  state
dichiarate  incostituzionali  o  comunque  inapplicabili   a   questa
Regione. Codesta ecc.ma Corte costituzionale con  la  gia'  ricordata
sentenza   n.   241   del   24/31   ottobre   2012,   ha   dichiarato
incostituzionale l'art. 2, commi 5-bis e 5-ter e ha affermato che  la
riserva all'erario  delle  maggiori  entrate  derivanti  dalle  norme
contenute nello stesso decreto legge (art. 36)  e'  disposizione  non
applicabile alla Regione Siciliana laddove riferita  ad  entrate  non
nominativamente  riservate  allo  Stato  dalla  normativa  statutaria
siciliana. 
    Il Ministero dell'economia e delle finanze ha provveduto  per  il
2012 a incamerare le relative somme senza poi aver ancora  restituito
le somme risultate non dovute a seguito della pronuncia  della  Corte
costituzionale. 
    Sul d.l. n. 201/2011 e' invece tuttora pendente il  giudizio  sul
ricorso  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'   costituzionale
presentato da questa Regione. 
    Ed inoltre la norma oggi impugnata  e'  volta  ad  assicurare  un
«ulteriore» concorso delle autonomie speciali alla  finanza  pubblica
finalita' che non configura la specifica destinazione, ossia  l'altra
condizione richiesta dall'art. 2 delle norma di attuazione statutaria
di cui al D.P.R. n. 1074/1965 affinche' lo Stato possa incamerare  il
gettito in via generale spettante alla Regione. 
    Nella citata sent. n. 241/2012 codesta ecc.ma Corte  ha  chiarito
con riferimento ad analoga condizione prevista per  altra  Regione  a
Statuto speciale che le «esigenze prioritarie di raggiungimento degli
obiettivi di finanza pubblica concordati  in  sede  europea»  -  sono
privi della specificita' richiesta dall'indicata norma di  attuazione
statutaria  in  materia  di  finanza  regionale.   Ne'   puo'   farsi
riferimento agli obiettivi di finanza pubblica inizialmente  definiti
nel  Documento  di  economia  e  finanza  (DEF)   e   successivamente
concordati in sede europea, consistenti nell'impegno  di  raggiungere
il pareggio di bilancio entro il 2013, poiche' detti  obiettivi  sono
generici, in quanto il raggiungimento del  pareggio  di  bilancio  e'
alla base di qualsiasi misura  finanziaria  adottata  dallo  Stato  e
perche' comunque, nella visione unitaria del bilancio statale,  tutto
concorre al pareggio; e cio' a  maggior  ragione  dopo  la  revisione
dell'art. 81 Cost. che, con effetto dal 2014, ha elevato  a  dignita'
costituzionale la regola dell'equilibrio fra le entrate  e  le  spese
del bilancio statale.» 
    Invero il comma 508, da applicare  senza  il  previo  esperimento
delle modalita' attuative di cui all'art. 27  della  legge  5  maggio
2009, n. 42, e successive modificazioni, si autoqualifica come  norma
di attuazione dell'articolo 97, primo comma, della  Costituzione  nel
quale pretende dunque di individuare il proprio fondamento. 
    Tuttavia, ad avviso di questa difesa il  richiamo  a  tale  norma
costituzionale  non  esclude  la  validita'  anche   nella   presente
questione delle superiori osservazioni cosicche' oltre a  confermarsi
l'assenza di tutti i requisiti per far luogo alla disposta riserva la
norma si presta ad ulteriori motivi di censura. 
    Anche  sulla  scorta  della  legge  24  dicembre  2012,  n.   243
contenente «Disposizioni per l'attuazione del principio del  pareggio
di  bilancio  ai  sensi  dell'articolo   81,   sesto   comma,   della
Costituzione»  la  norma  introdotta  nel   contesto   delle   misure
complessivamente adottate con la medesima finalita' del concorso alla
finanza pubblica si profila lesiva anche  dello  stesso  articolo  97
primo comma, che a parole pretende di attuare,  per  l'aspetto  della
garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni,
come pure dell'articolo 81 ultimo comma  e  dell'articolo  119  della
Costituzione. 
    Da quanto rilevato puo' concludersi altresi' che il comma su  cui
e'  questione  sottraendo  alla  Regione,   indebitamente   e   senza
previsione  di  raccordo  alcuno,  risorse  che  vengono   meno   per
l'esercizio delle sue funzioni viola lo Statuto d'autonomia anche con
riferimento agli articolo 20 e 43. 
    Quanto al comma 590 si rappresenta che la disposizione stabilisce
che le previsioni dell'art. 2, comma 2 del  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138 - precedentemente vigenti sino al  31  dicembre  2013  -
siano prorogate, in quanto compatibili, dal 1°  gennaio  2014  al  31
dicembre 2016 riportando il medesimo inciso «in  quanto  compatibili»
della previsione dell'art.2, comma  2  del  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138 prorogata. 
    Invero lo stesso non prevede alcuna riserva in quanto la medesima
nell'ambito del d.l. n. 138/2011 era disposta non dal comma 2 ma  dal
comma 36 dell'art. 2. 
    E comunque al riguardo nel richiamare ancora la  citata  sentenza
n. 241/2012 si ritiene utile aggiungere che la  stessa  ha  precisato
anche che «il censurato comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n.  138
del 2011 attiene al temporaneo contributo di solidarieta' sul reddito
complessivo ed ha natura tributaria - come  gia'  rilevato  al  punto
6.1.,  a  proposito  del  ricorso  proposto  dalla  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  -,  perche'  si  risolve   in   un   prelievo
corrispondente  ad  una  aliquota  aggiuntiva  rispetto  al   reddito
imponibile dell'IRPEF e, quindi, in  una  temporanea  sovrimposta  di
tale tributo  «rilevando  che  non  era  soddisfatta»  la  condizione
relativa alla «specificita'  della  destinazione  del  gettito  della
nuova entrata», perche' il disposto  del  comma  36,  primo  periodo,
dell'art.  2  del  decreto-legge  n.  138  del   2011   prevede   una
destinazione  solo  generica  di  tale  gettito.  Ne  deriva  che  la
devoluzione all'Erario di tali entrate viola la  normativa  di  rango
statutario, con la conseguenza che, in forza della clausola  generale
di salvaguardia di cui all'art. 19-bis del citato  decreto-legge,  le
norme censurate (a differenza di quelle  di  cui  ai  commi  5-bis  e
5-ter) non sono applicabili alla Regione siciliana.» 
    Parimenti, quindi, ove il comma 590 letto insieme  al  comma  508
debba  intendersi  nel  senso  che   il   prorogato   contributo   di
solidarieta' riscosso in Sicilia debba affluire al  bilancio  statale
la norma risulta in contrasto con le preroga-tive  regionali  con  la
conseguenza che, per la gia' rappresentata mancanza  di  clausola  di
salvaguardia, va dichiarata illegittima. 
Art. 1, comma 526 per violazione, degli artt. 36 e 43  dello  Statuto
d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione,  (D.P.R.  n.  1074
del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119,  commi
1°  e  6°  della  Costituzione  nel   testo   novellato   con   legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale 3 del 2001. 
    La norma dispone un ulteriore concorso alla  finanza  pubblica  a
carico delle autonomie speciali, che  per  la  Regione  Siciliana  e'
quantificato in 106.000 migliaia di euro. 
    Al  riguardo  si   ritiene   utile   richiamare   nuovamente   le
disposizioni  contenute  all'articolo  4  della  legge  regionale  28
gennaio 2014, n. 5  (Disposizioni  programmatiche  e  correttive  per
l'anno  2014.  Legge  di  stabilita'   regionale)   in   materia   di
«Accantonamenti tributari». 
    In particolare la norma quantifica in 1.053.769 migliaia di  euro
per il 20.14 e in 979.004 migliaia di euro per  ciascuno  degli  anni
2015 e 2016 l'onere per il  concorso  al  risanamento  della  finanza
pubblica a carico della Regione Siciliana. 
    Di seguito un  prospetto  delle  norme  che  nel  tempo  si  sono
succedute e che portano  (con  l'ulteriore  contributo  previsto  dal
comma 526 della legge n. 147/2013), nel solo anno 2014, la  quota  di
concorso a carico della Regione  Siciliana  alla  predetta  somma  di
1.053.769 migliaia di euro: 
        d.l. n. 201/2011 art. 28, comma 3:  € 307.153.475,15 
        d.l. n. 1/2012 art. 35, comma 4:  € 115.964.724,00 
        d.l. n. 16/2012, art. 4, comma 11:  € 116.984.644,00 
        d.l. n. 95/2012 art. 16, comma 3:  € 641.474.916,34 
        Legge di stabilita' n.  147/2013  (articolo  1,  comma  526):
€ 106.000.000,00 
        Totale: € 1.053.769.000,00 
    L'art.  16,  comma  3,  del  d.l.  n.  95/2012  per  l'anno  2014
stabilisce in  euro  1.500  milioni  l'accantonamento  complessivo  a
titolo di concorso alla finanza pubblica a carico delle RSS. 
    Per l'anno 2013  l'accantonamento  era  previsto  in  euro  1.200
milioni. L'importo indicato e'  stato  calcolato  tenendo  conto  del
suddetto aumento e della quota gia' a carico della Regione  Siciliana
per l'anno 2013 (pari a euro 513.179.933,07). 
    Per la copertura di tali oneri si fa ricorso,  quanto  a  641.475
migliaia di euro,  all'utilizzo  del  Fondo  per  lo  sviluppo  e  la
coesione e, quanto a 400 milioni di euro, al congelamento (in  attesa
dell'accordo di cui al comma 517 della legge n. 147/2013) delle spese
indicate nell'allegato b della stessa legge regionale n. 5/2014. 
    E' di tutta evidenza l'effetto lesivo della manovra  statale  sul
bilancio e sul territorio regionale. 
    Da un lato, infatti, in assenza di altre  possibili  risorse,  la
Regione Siciliana e' costretta a rinunciare  alla  disponibilita'  di
fondi indispensabili per Io sviluppo socio-economico  del  territorio
(ab  origine  ex  articolo  119  della  Costituzione  preordinati  ad
adempiere a funzioni di  solidarieta'  e  perequazione  finanziaria),
dall'altro e' obbligata (in attesa dell'eventuale accordo di  cui  al
citato  comma  517)  a  ridurre  spese  (tra  le   altre)   destinate
all'ordinaria   attivita'   dei   propri   uffici,   scuole,   musei,
soprintendenze e trasporti, nonche' al legittimo diritto del  proprio
personale alla buonuscita e all'anticipazione della stessa. 
    In tale ottica sono dunque  chiari  gli  effetti  in  termini  di
equilibrio di bilancio e di garanzia del corretto  svolgimento  delle
funzioni che ordinariamente si ascrivono alla  competenza  di  questa
regione. 
    I  risparmi  di  spesa  non  rimangono  sul  territorio  ma  sono
destinati a coprire il richiesto contributo finanziario con l'effetto
di impedire il compiuto svolgimento delle molteplici funzioni  e  dei
compiti istituzionali della Regione. 
    Il comma e', altresi', censurabile perche'  prevede  un  aggravio
dell'onere finanziario a carico della Regione mediante un  meccanismo
ad  essa  inapplicabile  (quote  di  compartecipazione   ai   tributi
erariali) e, in assenza dei presupposti previsti dall'art.  2,  comma
1° del D.P.R. n. 1074/1965 per darsi luogo ad una  legittima  deroga,
le  sottrae,  come  gia'  prospettato,  entrate  che  questa  Regione
potrebbe destinare a far fronte alle proprie spese. 
    Pertanto, quanto ai profili di illegittimita'  costituzionale  si
ritiene che essa violi anche i parametri statutari di cui agli  artt.
36 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1  delle  norme  d'attuazione
(D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, 6° comma in quanto,
sottraendo risorse finanziarie non consente alla Regione di pervenire
al pareggio di bilancio e 97, comma 1° (per l'aspetto della  garanzia
degli  equilibri  di  bilancio  delle   pubbliche   amministrazioni),
nonche', come gia' evidenziato, l'art.  119,  commi  1°  e  6°  della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale  n.  1/2012
anche in riferimento all'art. 10 della  legge  costituzionale  3  del
2001 in quanto la Regione non puo' esercitare le proprie funzioni per
carenza delle risorse finanziarie che vengono meno per effetto  della
disposizione medesima. 
Art. 1, commi 639, 703 e 730 violazione degli artt.  36  e  37  dello
Statuto nonche' dell'art. 2 delle  norme  di  attuazione  in  materia
finanziaria  e  del  principio  di  leale  collaborazione  oltre  che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n.  1/2012  anche  in  riferimento
all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art. 14, lett.  o)  e
43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai  comuni  si  onera  la
regione di nuove e diverse competenze  senza  il  previo  esperimento
delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. 
    In materia di IMU il legislatore, pur ricomprendendo tale tributo
nella  nuova  Imposta  Comunale  Unica,  IUC,  fa  salva  la  vigente
disciplina e dispone quindi la dotazione del  Fondo  di  solidarieta'
comunale e,  corrispondentemente,  che  una  quota  di  pari  importo
dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, e'  versata
all'entrata del bilancio dello Stato. 
    Si premette che la Regione siciliana ha impugnato l'art.  13  del
d.l. n. 201 del 2011 con ricorso rubricato al n.  39  del  Reg.  Ric.
2012,  tuttora  pendente,  censurando  che  le  modalita'  istitutive
dell'IMU hanno violato le sue attribuzioni statutarie. 
    Da evidenziare che le modifiche via via introdotte, da ultimo con
la stessa legge di stabilita', non rilevano in senso satisfattivo per
questa Regione. Basti  per  tutte  rammentare  che  la  neointrodotta
deducibilita' dell'IMU ai fini della determinazione  del  reddito  di
impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e  professioni
nella misura del 20 per  cento,  comporta  sottrazione  di  ulteriori
risorse al bilancio regionale. 
    Si nutre quindi fiducia che codesta Corte in  sede  di  decisione
del suindicato  ricorso  stigmatizzera'  il  mancato  rispetto  delle
competenze della  Regione  siciliana  da  parte  della  normativa  in
materia di IMU. 
    Oggi la conferma della vigenza del sistema lesivo  dell'autonomia
regionale nell'ambito della nuova imposta unica  comunale  induce  la
ricorrente a riproporre tuzioristicamente le censure gia' a suo tempo
articolate. 
    Si rammenta che l'applicazione dell'Imu nelle Regioni Speciali e'
stata disposta dopo che il precedente decreto delegato in materia  di
tassazione municipale l'aveva invece esclusa in attesa  dell'adozione
delle norme di attuazione. 
    L'imposta  in   questione,   sostitutiva,   per   la   componente
immobiliare, dell'imposta sui reddito delle  persone  fisiche,  delle
relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi
ai beni non locati e dell'imposta comunale sugli immobili e' divenuta
cosi'  immediatamente  operativa  in  Sicilia  senza  che  sia  stato
previsto alcunche' in ordine alle modalita' applicative della stessa,
pur  se  dapprima  in  fase  sperimentale,  ed  in   mancanza   della
definizione delle procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42/2009
concernenti l'attuazione del federalismo fiscale. 
    In primo luogo, quindi, anche con  riferimento  alle  norme  oggi
impugnate si ribadisce che la immediata applicabilita'  alla  Regione
siciliana, senza il previo esperimento delle modalita'  attuative  di
cui all' articolo 27 della legge 5 maggio 2009,  n.  42,  risulta  in
palese violazione dell'art. 43 dello Statuto e del principio di leale
collaborazione che dovrebbe informare tutti i' rapporti fra  Stato  e
Regioni. 
    Degno di nota come le questioni  di  legittimita'  costituzionale
promosse da questa Regione  circa  talune  disposizioni  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23  (Disposizioni  in  materia  di
federalismo fiscale municipale), sono state dichiarate infondate  per
«erroneita' del presupposto interpretativo da cui  muove  la  Regione
ricorrente, secondo cui le norme censurate  sancirebbero  l'«obbligo»
di applicare il d.lgs. n. 23 del 2011 nei confronti delle  Regioni  a
statuto speciale.» (Ord. n. 64/2012). 
    In tale occasione codesta ecc.ma Corte  costituzionale  ha  avuto
modo di rilevare che «pur non  potendosi  negare  la  spettanza  alla
Regione siciliana del gettito degli indicati tributi riscossi nel suo
territorio  e,  quindi,  la  potenziale  sussistenza  del  denunciato
contrasto, deve ritenersi che proprio questo contrasto rende operante
la clausola di "salvaguardia" degli statuti  speciali  contenuta  nel
parimenti censurato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23  del  2011,
secondo cui il decreto "si applica  nei  confronti  delle  regioni  a
statuto speciale" solo "nel rispetto dei rispettivi statuti"». 
    Ne consegue quindi che, avendo poi il legislatore statale preteso
invece di applicare tout court il sistema IMU senza  piu'  prevedere,
in  ordine  alle  modalita'  applicative  nelle  Regioni  a   Statuto
speciale, il previo passaggio attraverso la procedura  concordata  di
attuazione ed esecuzione, il contrasto e' divenuto attuale stante che
l'IMU e' in  parte  sostitutiva  di  tributi  di  pacifica  spettanza
regionale. 
    Ne' la circostanza che nel suo evolversi la  disciplina  di  tale
tributo sia sempre piu' orientata ad assicurarne il gettito ai Comuni
elide o diminuisce il pregiudizio che la sua applicazione arreca alla
Regione. 
    E comunque allo Stato continua ad  essere  riservato  il  gettito
derivante dagli immobili ad uso produttivo  classificati  nel  gruppo
catastale D, calcolato ad aliquota standard  dello  0,76  per  cento,
circostanza che, insieme con la  previsione  che  meta'  dell'IMU  di
spettanza dei Comuni siciliani e' versata  all'entrata  del  bilancio
dello Stato per alimentare il  Fondo  di  solidarieta'  Comunale,  al
quale tra l'altro deve farsi riferimento anche per «le  sanzioni  che
richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio  o  i  trasferimenti
erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana», non  consente
di ritenere superato  nemmeno  il  rischio  che  i  Comuni  siciliani
possano non disporre delle risorse loro necessarie. 
    Per tale aspetto le  disposizioni  impugnate  incorrono  altresi'
nella violazione dell'art.  119,  4°  comma,  anche  con  riferimento
all'art.  10  della  1.  cost.  n.  3/2001,  e  dell'art.  81   della
Costituzione, in quanto non solo la Regione  ma  pure  i  Comuni  non
possono  esercitare  le  proprie  funzioni  per  carenza  di  risorse
finanziarie.  Al  contempo  si  profila  l'illegittimita'  anche  per
violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto  d'autonomia  laddove
attribuisce  alla   Regione   ulteriori   competenze   (relative   al
finanziamento degli enti locali) ascrivibili alla  citata  previsione
statutaria e non riconducibili alla  medesima  Regione  senza  alcuna
determinazione da parte della Commissione Paritetica di cui  all'art.
43 dello  Statuto  d'autonomia  che  risulta  anch'esso  violato  con
riferimento a detto specifico profilo. 
    In ogni caso, a prescindere che vada a  vantaggio  dei  Comuni  o
dello Stato, e' indubbio che la sottrazione di quote  di  gettito  di
spettanza regionale, oggi confermata dalle norme impugnate,  comporta
violazione, oltre che del principio pattizio, degli  artt.  36  e  37
dello Statuto e delle relative norme di attuazione di cui all'art.  2
del D.P.R. n. 1074 del 1965. 
    Ed invero, le previsioni, recate dalle predette e  violate  norme
statutarie in materia finanziaria,  individuano  la  regola  generale
secondo la quale spettano alla Regione siciliana, oltre alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate ad  eccezione  di  quelle  riservate
allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla  produzione,  lotto  e
lotterie a carattere nazionale). 
    L'Imu non presenta carattere di novita', in quanto,  come  visto,
sostitutiva di (componenti di) tributi di spettanza  regionale  oltre
che dell'ici di spettanza comunale e, pertanto, sotto  tale  profilo,
l'attribuzione di quote del suo  gettito  a  soggetti  diversi  dalla
Regione viola i parametri surriportati. 
    Ancora  una  volta  quindi  lo  Stato  pretende  di  attuare   il
federalismo fiscale a spese della Regione con conseguente vulnus alle
prerogative statutarie della stessa in materia finanziaria (artt.  36
e 37 dello statuto e art. 2 delle relative norme di attuazione). 
    Da considerare anche che per effetto della quota  riservata  allo
Stato e del gettito, comprensivo di sanzioni e interessi,  attribuito
ai comuni, la Regione subisce un depauperamento delle proprie finanze
atto a provocare un  notevole  squilibrio  «tra  complessivi  bisogni
regionali e insieme dei mezzi finanziari per  farvi  fronte»  (sentt.
nn. 94/2004 e 152/2011) cosicche' anche per tale profilo si configura
violazione dell'art. 119, 4° comma, anche con riferimento all'art. 10
della l. cost. n. 3/2001, e dell'art. 81 della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta  ecc.ma  Corte,  respinta  ogni  avversa  istanza,
eccezione e difesa. 
    Ritenere  e  dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   dei
sottoelencati  commi  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147  per
violazione dei parametri a fianco di ciascuno di essi indicati: 
        Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36  e  37  dello
Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in  materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965); 
        Art. 1, comma 402 per violazione dell'art. 36 dello Statuto e
degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi  1°  e  6°  della
Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale  n.  1/2012
anche in riferimento anche all'art. 10 della legge costituzionale  n.
3 del 2001; 
        Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36  e
43 dello Statuto  nonche'  dell'art.  2,  1°  comma  delle  norme  di
attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e agli  artt.
81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e  6°  della  Costituzione
nel testo novellato con  legge  costituzionale  n.  1/2012  anche  in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43
dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme  di  attuazione  in
materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965)  nonche'  degli  artt.  81,
comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6°  della  Costituzione  nel
testo  novellato  con  legge  costituzionale  n.  1/2012   anche   in
riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, comma 481  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e  c)
e 20 dello Statuto; 
        Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e,
in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma  1  del
D.P.R. n. 1074 del 1965; 
        Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto  con  il  comma
590, per violazione degli artt. 20, 36 e  43  dello  Statuto  nonche'
dell'art.  2,  1°  comma  delle  norme  di  attuazione   in   materia
finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt.  81,  comma
6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6°  della  Costituzione  nel  testo
novellato con legge costituzionale n.  1/2012  anche  in  riferimento
all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36  e  43  dello
Statuto d'autonomia e 2, comma 1° delle norme d'attuazione (D.P.R. n.
1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1°  e  119,
commi 1° e 6°  della  Costituzione  nel  testo  novellato  con  legge
costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001; 
        Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36  e
37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle  norme  di  attuazione  in
materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che
dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione  anche  con
riferimento all'art. 10 della l. cost. n. 3/2001,  nonche'  dell'art.
14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai  comuni
si onera la Regione di nuove e diverse  competenze  senza  il  previo
esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. 
    Si allega deliberazione della giunta regionale di  autorizzazione
a ricorrere. 
 
        Palermo-Roma, 21 febbraio 2014 
 
                     Avv. Fiandaca - avv. Valli