N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2014 (della Regione Siciliana). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Destinazione di maggiori gettiti di tributi erariali a confluire, nelle misure annuali indicate, nel «Fondo per interventi strutturali di politica economica» - Inclusione nelle somme ivi previste di quelle riscosse in Sicilia - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata riserva unilaterale allo Stato di incrementi di entrate di spettanza regionale - Assenza delle condizioni per derogare al principio di devoluzione alla Regione del gettito tributario riscosso nel suo territorio. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 179. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 26 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Previsione che tutti i Corpi di Polizia, compresa l'Arma dei Carabinieri, si avvalgono delle procedure informatiche del MEF per il pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata localizzazione al di fuori del territorio siciliano della riscossione delle ritenute alla fonte su redditi di lavoro prodotti in Sicilia - Conseguente sottrazione al bilancio regionale di entrate di spettanza della Regione - Violazione dell'autonomia finanziaria siciliana e dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 402. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), art. 36; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Determinazione per il 2015, 2016 e 2017 degli importi da ricavare dalle misure di riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni da adottarsi su proposta del Commissario straordinario per la spending review e in base agli indirizzi del Comitato interministeriale - Determinazione del contributo alla finanza pubblica che le Regioni e le Province autonome assicurano, per gli stessi anni, a valere sui risparmi derivanti dalle suddette misure - Ridefinizione per le autonomie speciali dell'obiettivo del patto di stabilita', proroga fino al 2017 dei relativi contributi e quantificazione di un ulteriore contributo della Regione Siciliana alla finanza pubblica - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata sottrazione indebita di risorse di sua spettanza, con ricaduta sull'equilibrio del bilancio regionale - Contrasto con le previsioni statutarie - Violazione dei principi di sostenibilita' del debito delle pubbliche amministrazioni e di rispetto dell'equilibrio di bilancio del complesso degli enti della Regione - Inosservanza delle procedure statutarie per la disciplina della finanza regionale - Contrasto con il vincolo per le pubbliche amministrazioni di assicurare il pareggio di bilancio e la sostenibilita' del debito pubblico - Riferimento a precedenti ricorsi (n. 39 del 2012 e n. 170 del 2012) proposti dalla medesima Regione avverso gli artt. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, e 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 427, 429 e 499, quest'ultimo modificativo dell'art. 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Istituzione di un «Fondo per la riduzione della pressione fiscale» e destinazione ad esso dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica nonche' delle maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione fiscale - Ricorso della Regione Siciliana - Impugnazione proposta in via cautelativa, per l'ipotesi che la normativa censurata si applichi alle entrate riscosse in Sicilia - Denunciata mancanza di un requisito («novita'» dell'entrata) necessario per derogare al principio di devoluzione alla Regione del gettito tributario riscosso nel suo territorio - Violazione del principio consensuale nei rapporti finanziari fra Stato e Regione, nonche' dell'autonomia finanziaria e di bilancio siciliana. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi da 431 a 435. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 26 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Riduzione del livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato di 540 milioni di euro per l'anno 2015 e 610 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 - Esclusione della Regione Siciliana dal meccanismo di intesa applicato alle altre autonomie speciali per l'attuazione del risparmio - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata riduzione del livello del fabbisogno sanitario regionale e del correlato finanziamento senza tener conto di misure e obiettivi gia' concordati con lo Stato per il contenimento e il rientro dal disavanzo sanitario - Violazione del principio di leale collaborazione - Incidenza sul livello delle prestazioni sanitarie in Sicilia e sull'esercizio delle relative funzioni amministrative da parte della Regione. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 481. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 17, lett. b) e c), e 20. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486 (reintroduzione del contributo di solidarieta' sulle c.d. «pensioni d'oro»), dagli organi costituzionali, dalle Regioni e dalle Province autonome, nell'esercizio della propria autonomia anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche - Versamento dei conseguenti risparmi all'entrata del bilancio dello Stato con destinazione al «Fondo di cui al comma 48» - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata violazione della norma statutaria che riserva alla competenza regolamentare dell'Assemblea Regionale Siciliana la determinazione di pensioni e vitalizi erogati al personale e ai deputati di essa - [In subordine:] Mancata specificazione del fondo (di garanzia per le piccole e medie imprese ovvero di garanzia per la prima casa) cui il gettito e' destinato e conseguente difetto di requisito per la riserva di esso allo Stato. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 487. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 4 e (in subordine) 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Riserva allo Stato, per il quinquennio 2014-2019, delle nuove e maggiori entrate erariali derivanti dai decreti-legge n. 138 e n. 201 del 2011 e destinazione integrale delle stesse a copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico - Proroga al 31 dicembre 2016 del contributo temporaneo di solidarieta' sul reddito complessivo eccedente 300.000 euro lordi annui, di cui all'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011 - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciato contrasto con i parametri statutari riguardanti la devoluzione alla Regione del gettito tributario riscosso nel suo territorio e le condizioni per derogarvi - Assenza dei requisiti per la riserva all'erario - Violazione dei principi costituzionali relativi al pareggio di bilancio - Sottrazione indebita di risorse al bilancio regionale senza alcuna previsione di raccordo - Incidenza sull'esercizio delle funzioni regionali - Violazione delle prerogative regionali qualora il prorogato contributo di solidarieta' riscosso in Sicilia debba affluire al bilancio statale - Riferimento a precedente ricorso [n. 39 del 2012] proposto dalla stessa Regione avverso il decreto-legge n. 201 del 2011. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 508, anche in combinato disposto con il comma 590. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 20, 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Ulteriore concorso alla finanza pubblica delle autonomie speciali per complessivi 240 milioni di euro nell'anno 2014, da assicurare con le procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 - Quantificazione in 106.000 migliaia di euro per la Regione Siciliana - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciato effetto lesivo sul bilancio regionale - Compromissione dello svolgimento delle funzioni e dei compiti istituzionali della Regione - Aggravio dell'onere finanziario a carico della Regione Siciliana mediante un meccanismo ad essa inapplicabile (quote di compartecipazione ai tributi erariali) e in assenza dei presupposti previsti dalle norme di attuazione statutaria - Preclusione della possibilita' per la Regione di pervenire al pareggio di bilancio e di esercitare le proprie funzioni. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 526. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 36 e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2, primo comma; Costituzione, artt. 81, comma sesto, 97, primo comma, e 119, commi primo e sesto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Istituzione, presupposti e composizione della IUC (Imposta Comunale Unica) - Salvezza della disciplina per l'applicazione dell'IMU - Dotazione del Fondo di solidarieta' comunale con versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una quota di pari importo dell'IMU di spettanza dei Comuni - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata immediata applicabilita' della nuova disciplina in Sicilia, senza il previo esperimento delle modalita' attuative di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009 (sul federalismo fiscale) - Sottrazione di risorse al bilancio regionale - Violazione del principio di leale collaborazione - Sottrazione di risorse finanziarie ai Comuni e compromissione dell'esercizio delle loro funzioni - Attribuzione alla Regione Siciliana di ulteriori competenze (relative al finanziamento degli enti locali) senza alcuna determinazione da parte della Commissione Paritetica prevista dallo statuto - Riferimento a precedente ricorso (n. 39 del 2012) proposto dalla stessa Regione avverso l'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011. - Legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 639, 703 e 730 [quest'ultimo aggiuntivo dei commi 380-ter e 380-quater all'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228]. - Statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455), artt. 36, 37, 14, lett. o) e 43; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2; Costituzione, artt. 81 e 119, comma quarto, nel testo novellato dalla legge costituzionale 24 aprile 2012, n. 1, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.(GU n.18 del 23-4-2014 )
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2013, n.147: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato." (Legge di stabilita' 2014), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27/12/2013, S.O. n. 87, con riferimento alle seguenti disposizioni per violazione dei parametri a fianco di ciascuna elencati: Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965); Art. 1, comma 402 per violazione dell'art 36 dello Statuto e degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1 e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, comma 481 per violazione del principio di leale collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c) e 20 dello Statuto; Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e, in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074 del 1965; Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma 590, per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione (D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione anche con riferimento all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art. 14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si onera la Regione di nuove e diverse competenze senza il previo esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. Fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e' stata pubblicata la legge n.147 del 2013 (legge di stabilita' 2014) contenente svariate disposizioni lesive delle prerogative statutarie di questa Regione sotto diversi profili. Le norme di cui ci si duole comportano tutte, pur se a vario titolo (ulteriore concorso della Regione alla finanza pubblica, riserva allo Stato di gettito di spettanza regionale, ecc.) effetti negativi sul bilancio regionale. Si noti che viene introdotta piu' di una misura di importo rilevante, che va a sommarsi alle gia' insostenibili riduzioni di risorse subite dalla Regione negli ultimi anni. Ne consegue la violazione dei principi formulati da codesta ecc.ma Corte costituzionale con riferimento ai limiti entro i quali sono legittime riduzioni di risorse per la Regione, ossia che si tratti di manovre non tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni regionali (sentenza n. 138/99). Codesta Corte ha precisato che «Cio' vale tanto piu' in presenza di un sistema di finanziamento che non e' mai stato interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da far corrispondere il piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla capacita' fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro». Inoltre, appare necessario evidenziare che la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte ammesso che la legge dello Stato puo', nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' non sia alterato il rapporto tra i complessivi bisogni regionali e i' mezzi finanziari per farvi fronte (cfr. sentenze n. 307 del 1983, n.123 del 1992, n. 370 del 1993 e n.138 del 1999) e, che, a tal fine, essendo indiscutibile il depauperamento della finanza regionale, la stessa Corte ha affermato che: non «sia necessario dimostrare alcun vulnus effettivo al bilancio regionale» (sent. n. 152/2011). Del resto che le norme oggi impugnate incidano su una finanza regionale gia' gravemente compromessa dalla circostanza che al bilancio regionale affluisce solo una ridotta parte del gettito tributario riscosso in Sicilia si evince dai dati richiamati dalla Corte dei conti in sede di parifica del Rendiconto per l'esercizio finanziario 2012. Nella relazione si legge infatti che alla chiusura dell'esercizio 2012, il totale complessivo delle entrate accertate ammonta a 15.381 milioni di euro con un decremento del 7 per cento rispetto ai 16.542 milioni di euro registrati nell'esercizio 2011; tale percentuale, che si conferma costante (-7,2%) anche prendendo in esame il solo aggregato delle entrate tributarie, si delinea in netta contrapposizione al dato nazionale, che registra un incremento del 2,8 per cento. Al riguardo il Giudice contabile continua osservando che una significativa incidenza sul gettito complessivo delle entrate, risultante dai dati esposti nel rendiconto, deve essere ricondotta alle riserve ed agli accantonamenti operati dallo Stato, pari a complessivi 914 milioni di euro, per effetto di numerose disposizioni legislative, alcune delle quali intervenute in corso d'esercizio, che hanno previsto un maggior concorso delle regioni agli obiettivi di finanza pubblica. Da notare come, dalla documentazione acquisita in via istruttoria presso la Ragioneria generale dell'Assessorato economia, la Corte rilevi che il minore accertamento per la complessiva somma di 914 milioni di euro e' da imputare a riserve ed accantonamenti operati dallo Stato di cui: 639 milioni di euro, per trattenute operate dallo Stato sul gettito delle entrate di spettanza regionale per effetto delle seguenti disposizioni: art. 13, comma 17 e art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni in legge 22 dicembre 2011, n. 214; decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo del 2012; decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44; decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; 114 milioni di euro per riserve operate dallo Stato di cui al decreto-legge n. 138 del 2011; 1,1 milioni di euro per riserve operate con D.M. del 5 dicembre 2012 (sisma Emilia-Romagna 20-29 maggio) ai sensi dell'art. 2, comma 4, del decreto-legge n. 74 del 2012; 160 milioni per riserve operate ai sensi del decreto-legge n. 201 del 2011 a titolo di IMU sostitutiva dell'IRPEF (secondo una stima operata dal MEF), IVA e imposta di bollo. Da cio' la constatazione che tenendo conto della suddetta decurtazione operata dallo Stato sul coacervo delle entrate tributarie, lo scostamento rispetto al totale degli accertamenti operati nell'anno 2011 registra, addirittura, un incremento pari all'1,02 per cento, con un divario certamente meno significativo rispetto all'omologo dato nazionale che, come gia' detto, si attesta al 2,8 per cento, secondo quanto illustrato nella seguente tabella. Oltre al danno finanziario derivante dalle decurtazioni ulteriore criticita' per una corretta gestione del bilancio deriva dalla mancanza, rilevata sempre dalla Corte dei conti e non certo addebitabile alla Regione, di un trasparente approccio conoscitivo dei flussi finanziari derivanti dal prelievo fiscale nella Regione, distinti per tipologia di tributo, che consenta alla stessa, da una parte, di effettuare il monitoraggio periodico delle entrate tributarie riscosse nel proprio territorio - analogamente a quanto previsto in ambito statale dall'art. 14 della legge di contabilita' n. 196 del 2009 - al fine di programmare le iniziative di spesa apportando i necessari correttivi e, dall'altra, di disporre dei dati contabili che consentano il riscontro dell'esatto rispetto, da parte dello Stato, delle disposizioni statutarie fondate sul principio devolutivo; specialmente in tutte quelle ipotesi, recentemente passate al vaglio della Corte costituzionale, laddove la legislazione fiscale statale e' intervenuta con l'introduzione di disposizioni tributarie innovative e destinate a specifiche iniziative, nell'ambito della deroga di cui all'art. 36 dello Statuto siciliano e dell'art. 2 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965. Senza possibilita' di accesso diretto ai suddetti dati contabili l'Assessorato regionale all'economia non puo' operare alcun riscontro dell'esatto rispetto da parte dello Stato della devoluzione delle entrate riscosse nel territorio siciliano. Fatta questa breve premessa si passa ad esaminare i profili di illegittimita' rilevati nei suindicati commi dell'art.1 della legge n. 147 del 2013 per i seguenti motivi di Diritto Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965). La disposizione suindicata prevede che «Le maggiori entrate derivanti dai commi 151, 177 e 178, pari complessivamente a 237,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 191,7 milioni di euro per l'anno 2015, a 201 milioni di euro per l'anno 2016 e a 104,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, affluiscono al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307». Dal contenuto della previsione si desume la mancanza di specifica finalizzazione dei proventi di spettanza regionale tuttavia, pur in mancanza di elementi testuali dai quali univocamente desumere la riserva allo Stato di detto gettito, in considerazione della mancanza di clausola di salvaguardia, essa puo' interpretarsi ricomprendendo nelle somme ivi previste quelle riscosse nella Regione siciliana. Al riguardo si rileva che non sembra che le entrate previste dal comma in esame siano qualificabili come nuove trattandosi di proventi derivanti da imposte sostitutive, quali quelle correlate al riallineamento e stabilite dal comma 151 il quale rinvia al comma 150. Per quanto riguarda il comma 177 si precisa che stabilisce che per determinare il reddito d'impresa, le societa' dovranno utilizzare indicatori di profitto diversi da quelli applicati ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attivita'. Una strada che le imprese del web potranno evitare solo attivando la procedura del ruling, l'accordo su regole e livello di prelievo con l'Agenzia delle entrate. La disposizione influisce modificandoli, sui redditi prodotti da imprese che hanno sede centrale fuori dalla Regione ma che in essa hanno stabilimenti e impianti, tuttavia non e' certo che ne derivi una maggiore entrata per aumento dell'imposta relativa alla quota di reddito prodotto da detti stabilimenti e impianti e, comunque, se cosi' e', il gettito e' di spettanza regionale in assenza di tutti gli elementi utili a riservarlo allo Stato. Per quanto riguarda infine il comma 178 esso prevede che i servizi di pubblicita' on-line dovranno essere acquistati esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiario, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilita' delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Pertanto gli effetti sul gettito Iva attesi dall'applicazione del comma 178 solo indirettamente derivano da tale disposizione che non sembra innovare la normativa in materia di IVA. Da cio' il difetto di novita' delle relative entrate che, infatti, non si comprende nemmeno come possano essere distinte dalla massa di gettito complessivo. Si noti che il comma 179 non fa invece riferimento alle maggiori entrate derivanti dal comma 33. Ne consegue che il comma impugnato ove disponga una riserva implicita e' lesivo in primo luogo per la mancanza di espressa previsione in tal senso avendo codesta Corte piu' volte affermato il principio per il quale «la riserva allo Stato di nuove entrate tributarie rappresenta un meccanismo derogatorio rispetto (il principio di attribuzione alla Regione siciliana» (cfr. Sent. n. 348/2000). Codesta Corte ha, altresi', precisato che «l'art. 36 dello statuto di autonomia speciale e l'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 prevedono la titolarita', a favore della Regione siciliana, di tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio (ad eccezione di alcuni specifici tributi). Dette disposizioni consentono una deroga a tale principio quando una legge statale attribuisce allo Stato il gettito di determinati tributi, in presenza di due condizioni tassative e cumulative: a) che si tratti di una entrata tributaria "nuova"; h) che il relativo gettito sia destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime» (sent. n. 42/2012). Peraltro non ricorre nemmeno il requisito consistente nella «copertura di nuove specifiche spese», richiesto dalla costante giurisprudenza di codesta Corte. Infatti, il Fondo per interventi strutturali di politica economica nel quale la norma prevede che vadano a confluire le entrate in questione costituisce una destinazione generica e indistinta (cfr. sent. n. 241/2012) considerato che essa non specifica gli obiettivi ai quali e' finalizzato l'asserito maggior gettito che va a confluire nel suindicato Fondo. Ed invero l'Ispe, istituito dal comma 5 dell'articolo 10 del d.l. n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004), nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (missione «Politiche economico finanziarie e di bilancio», cap. 3075), ha il fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale e viene utilizzato in modo: flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Conclusivamente risultano violati i parametri rubricati in assenza dei requisiti previsti dall'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074/1965 per darsi luogo all'eccezionale deroga dallo stesso prevista. Articolo l, comma 402 per violazione dell'art. 36 dello Statuto e degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. La disposizione prevede che entro il 1° gennaio 2016 le forze armate e i Corpi di polizia si avvalgono delle procedure informatiche del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi per il pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie. Si premette quanto segue. Alcuni recenti e specifici interventi normativi nazionali hanno - negli ultimi anni (ma il sistema e' in atto ancora in evoluzione) - modificato le procedure di pagamento dei dipendenti delle Amministrazioni dello Stato allo scopo di renderle omogenee, favorire il monitoraggio della spesa e ridurre i costi di gestione. Il Mef attraverso un sistema informativo unico gestisce i processi del trattamento economico del personale delle Amministrazioni dello Stato e di quello delle Pubbliche Amministrazioni aderenti. In particolare: le Amministrazioni dello Stato sono obbligate ad avvalersi dei sistemi di pagamento delle retribuzioni gestiti dal Mef; le pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1 del d.lgs. n. 165/2001 (diverse dalle Amministrazioni dello Stato) sono tenute a considerare l'offerta n convenzione del Mef quale parametro di riferimento per l'affidamento della gestione dei servizi di pagamento delle retribuzioni. La soluzione offerta dal Mef e' costituita dai servizi di gestione, elaborazione, liquidazione e distribuzione del cedolino stipendiale e connessi adempimenti previsti dalla normativa vigente, inclusi quelli fiscali e previdenziali. L'aspetto che qui interessa e' quello fiscale. Per tutte le Amministrazioni che si avvalgono delle procedure uniche integrate del Mef, il Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi dello stesso Ministero, attraverso il Service Personale Tesoro (SPT) oggi sistema NoiPa, svolge gli adempimenti che hanno, per specifica normativa fiscale, carattere di periodicita' (CUD, 770...), garantisce assistenza fiscale e invio telematico dei modelli di dichiarazione all'Agenzia delle Entrate, effettua le ritenute erariali previste dalla legge. In particolare viene in rilievo la questione delle ritenute alla fonte sui redditi da lavoro laddove si tratti di dipendenti che lavorano in Sicilia, appartenenti ad una Amministrazione dello Stato o ad una pubblica amministrazione aderente al sistema Mef. La centralizzazione della gestione dei pagamenti stipendiali ed anche dei connessi adempimenti fiscali comporta, infatti, la localizzazione fuori dal territorio siciliano della fase di riscossione delle ritenute alla fonte sui redditi da lavoro dipendente. Si consideri che a detto sistema e' transitata la gestione del trattamento economico dei titolari di supplenze brevi nelle scuole, dei vigili del fuoco volontari, del personale della Polizia Penitenziaria e del personale civile del Ministero della difesa ne' puo' escludersi la possibilita' di passaggio al sistema Mef anche da parte dei Comuni, come gia' avvenuto per alcuni enti locali dislocati in altre regioni italiane. Ora pur rammentando l'orientamento espresso da codesta ecc.ma Corte riguardo alle ipotesi «relative a datori di lavoro pubblici non imprenditori, per le quali opera il generale criterio di riparto basato sul luogo della riscossione del tributo» (sent. n. 116 del 2010) deve rilevarsi che il trasferimento al Mef della gestione di trattamenti economici prima liquidati nell'ambito del territorio siciliano determina il venir meno per il bilancio di questa Regione di entrate altrimenti di sicura sua spettanza. Con riferimento alla disposizione oggi impugnata si evidenzia che dalle informazioni in possesso di questa difesa risulta che ad oggi le Prefetture gestiscono l'intero trattamento economico del personale di Polizia e quello accessorio del personale dell'Arma dei carabinieri. Per la sola Prefettura di Palermo l'Irpef ritenuta su detti emolumenti e ad oggi versata al bilancio di questa Regione ammonta a circa 15/20 milioni di euro mentre la Prefettura di Catania ha comunicato il dato relativo all'anno 2012 che ammonta a circa 20 milioni di euro. Situazione analoga vale per il centro Maricommi di Augusta che gestisce il trattamento economico del personale della Marina militare e della Capitaneria di Porto. A dimostrazione dell'entita' di risorse di cui, in applicazione del comma 402 la Regione non potra' piu' disporre si riferisce quanto segue. Il competente Dipartimento regionale ha fatto una verifica dei versamenti Irpef - capitolo 1023, articolo 2 - affluiti al bilancio regionale dai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco dall'anno 2008 al 2013. Tale verifica ha riguardato uno dei soggetti destinatari delle disposizioni sul sistema del c.d. «cedolino unico» e puo' considerarsi quale esempio degli effetti della disciplina de qua. Gli esiti sono contenuti nel prospetto che si riporta: 2008: € 3.341.133,72; 2009: € 3.287.778,83; 2010: € 2.936.564,14; 2011: € 867.449,00; 2012: € 818.207,56; 2013: € 30.348,64. Come e' evidente il gettito si e' notevolmente ridotto. Quanto alle causali dei singoli versamenti, che hanno generato il gettito annuo, risultano nell'anno 2008 ricorrenti le voci «ritenuta di acconto» e «IRPEF su competenze fisse e accessorie»; al contrario nell'anno 2013 i versamenti sono riconducibili quasi per la totalita' a «indennita' di trasferta», «compenso medico incaricato», «indennita' corso/commissione esame». Verosimilmente i Comandi provinciali de quibus hanno mantenuto, dopo il passaggio alla gestione del Mef della liquidazione delle retribuzioni (fisse e accessorie) dei propri dipendenti, la funzione di erogazione di alcuni compensi o indennita' destinati a soggetti esterni. Rimasta in Sicilia la gestione di questi emolumenti le relative ritenute Irpef continuano ad essere versate nelle casse regionali, a differenza delle altre ritenute sulle componenti stipendiali delle quali non vi e' piu' traccia. Ben potendo immaginare, quindi, la situazione che si verifichera' con il passaggio alla gestione del MEF del personale contemplato dal comma 402 che presta servizio in Sicilia, risulta evidente la necessita' di frenare l'emorragia di risorse finanziarie che l'affidamento al sistema informativo centralizzato del Mef dei servizi di pagamento delle retribuzioni dei pubblici dipendenti produce per il bilancio regionale. E' di tutta evidenza che in un sistema basato sul rapporto «esercizio di funzioni - disponibilita' delle occorrenti risorse finanziarie», il depauperamento ad una certa data di queste ultime determina l'impossibilita' di garantire la corretta gestione delle medesime funzioni fino a quella data esercitate. Tanto piu' in un momento storico quale quello attuale di crisi economica; tanto piu' in un momento in cui le regioni continuano (anche con l'odierna legge di stabilita') ad essere chiamate a concorrere alla finanza pubblica con risorse proprie e consistenti. E infatti il susseguirsi, negli ultimi anni, di norme con cui lo Stato si riserva o accantona entrate tributarie di spettanza regionale, ha gia' determinato un taglio alle risorse finanziarie di questa Regione tale da compromettere il regolare espletamento delle sue funzioni e in generale gli equilibri di bilancio. Al riguardo la dice lunga la circostanza che la Regione non potendo con le sole risorse del proprio bilancio far fronte alle «pretese statali», nelle more che codesta ecc.ma Corte si pronunci sulla legittimita' o meno delle medesime, ha dovuto destinare alla copertura del concorso alla finanza pubblica una rilevante quota delle risorse destinate agli interventi da realizzare nell'ambito della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione (cfr. art. 6 l.r. n. 9/2013 e art. 4 l.r. n. 5/2014). Per tutto quanto sopra esposto deve concludersi che la disposizione di cui al comma 402, letta in tale contesto, si presta, per gli effetti che la sua applicazione determina sul bilancio regionale, a rilievi di incostituzionalita' individuati nella violazione dell'autonomia finanziaria presidiata dall'art. 36 dello Statuto e dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche, all'esercizio delle quali le prime sono preordinate, quali sanciti, nel testo novellato con legge costituzionale n. l/ 2012, dagli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1 e 6° della Costituzione, articolo quest'ultimo invocabile anch'esso dalla Regione in virtu' della clausola di maggior favore recata dall'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Articolo 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria D.P.R. n. 1074/1965) e degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119 commi 1°e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Le disposizioni rubricate, oltre a depauperare la Regione del gettito di sua spettanza necessario alla copertura del fabbisogno finanziario della stessa, dispongono l'inserimento delle previste misure di risparmio nel contributo alla finanza pubblica senza che sia stato assicurato il rispetto delle procedure prescritte dall'art. 43 dello Statuto d'autonomia, in palese violazione dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074/1965 ed in violazione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione tutti, nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 e, per quanto riguarda l'ultimo, applicabile alla Regione siciliana in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior favore da esso prevista. Ed invero risulta evidente che, con l'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 1, commi 427, 428 e 499, lo Stato operera' una dissimulata riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimita' in particolare del requisito della novita' dell'entrata (intesa sia come novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti da tributo gia' esistente - sentenze n. 49/1972 e n. 429/1996). Si reputa opportuno, ai fini di una maggior chiarezza espositiva, sintetizzare, di seguito, il contenuto delle predette disposizioni. Il comma 427 demanda al Commissario straordinario sulla spending review, in base agli indirizzi indicati dal Comitato Interministeriale di cui all'art.49-bis, comma 1, del decreto-legge n. 69/2013, la formulazione di proposte, entro il termine del 31 luglio 2014, in tema di razionalizzazione e revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonche' di ottimizzazione dell'uso degli immobili. Tali misure dovranno assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 600 milioni di euro nell'anno 2015 e a 1.310 milioni di euro negli anni 2016 e 2017. Il comma 429 prevede che le regioni e le province autonome, adottate le misure di cui alla precedente disposizione, a valere sui risparmi da esse derivati assicurano - per gli anni 2015, 2016 e 2017 - un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344 milioni di euro mediante gli importi (per quanto di interesse della Regione siciliana) indicati nell'art. l comma 454 della legge n. 228/2012 come modificato dal comma 499 dell'odierna legge di stabilita'. Il comma 499 ridefinisce per le autonomie speciali l'obiettivo del patto di stabilita' e modifica la previgente disciplina dettata dalla precedente legge n. 228/2012 apportando svariate modifiche al testo del comma 454 dell'art. 1. Il detto comma 454 fa riferimento ai seguenti contributi a carico delle Regioni: contributo di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011 n. 183 impugnato da questa Regione con ricorso iscritto al n.15/2012 del Registro Ricorsi; contributo di cui all'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 convertito, con modificazioni, con legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni contenute nei decreti-legge n. 1/2012 e n. 26/2012, impugnato da questa Regione con ricorso iscritto al n. 39/2012 del Registro Ricorsi; contributo di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito, con modificazioni, con legge 7 agosto 2012, n.135, impugnato da questa Regione con ricorso iscritto al n. 170/2012 del Registro Ricorsi. Inoltre il comma 499 in esame, nel disporre la proroga fino al 2017 dei contributi al patto di stabilita', alla lettera b) ha previsto la sostituzione della lettera d) del previgente comma 454, lett. d) della legge n. 228/2012 mediante l'inserimento di una tabella che quantifica un ulteriore contributo a carico del-le autonomie speciali - gia' previsto dall'art. 1, comma 454 della legge 228/2012 e non impugnato da questa Regione con il Ricorso n. 43/2013 in quanto al tempo indistinto e, pertanto, non immediatamente lesivo - prevedendo a carico di questa Regione un contributo di 133 milioni di euro per il 2014 e di 178 milioni di euro per gli anni dal 2015 al 2017 e cio' al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica come espressamente previsto dai citato art. 1, comma 454. Inoltre, sempre il comma 499 in esame prevede, alla lettera c), l'inserimento, nell'originario comma 454 della lettera d-bis), della possibilita' di disporre ulteriori contributi che, analogamente a quanto verificatosi per quelli previsti in via eventuale dal previgente comma 454, potrebbero essere successivamente quantificati minando ulteriormente la gia' gravata economia di questa Regione onerata di tutta una serie di riserve all'Erario e contributi alla finanza pubblica. Il comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228/2012 come oggi novellato, prevede nel suo insieme a carico della Regione siciliana l'obbligo di assicurare il detto concorso per un arco di tempo piu' lungo (sino al 2017) destinando all'Erario dello Stato i contributi in questione che andrebbero sottratti alla propria economia e che dovrebbero, invece, essere utilizzati dalla Regione stessa per far fronte alle proprie necessita' indistinte. Del pari e' ingiustificato il combinato disposto dei commi 427 e 429 che impone misure di risparmio volte ad assicurare un contributo alla finanza pubblica che identicamente per la Regione si configura come indebita sottrazione di risorse. Ora, alla luce dei principi contenuti nell'art. 36 dello Statuto e nelle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 D.P.R. n. 1074/1965, nonche' dell'art. 43 dello Statuto medesimo, non puo' non rilevarsi l'illegittimita' delle norme impugnate, lesive delle prerogative regionali. A tal uopo si vuole richiamare il noto principio formulato nella sentenza n. 138/99, che sancisce come «le norme statutarie e di attuazione non stabiliscono, a favore della Regione, una rigida garanzia "quantitativa", cioe' la garanzia della disponibilita' di entrate tributarie non inferiori a quelle ottenute in passato: onde ... possono aversi, senza violazione costituzionale, anche riduzioni di risorse per la Regione, purche' non tali da rendere impossibile lo svolgimento delle sue funzioni. Cio' vale tanto piu' in presenza di un sistema di finanziamento che non e' mai stato interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni, cosi' da far corrispondere il piu' possibile, come sarebbe necessario, esercizio di funzioni e relativi oneri finanziari da un lato, disponibilita' di risorse, in termini di potesta' impositiva (correlata alla capacita' fiscale della collettivita' regionale), o di devoluzione di gettito tributario, o di altri meccanismi di finanziamento, dall'altro». Come e' noto, lo Stato puo' legittimamente operare delle riserve nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 2, comma 1 delle norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, il quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'art. 36 dello Statuto spettano alla Regione Siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Le rubricate norme compongono un complesso meccanismo di risparmi e di contributi, ulteriori e non, che cela in realta' svariate riserve allo Stato di somme di spettanza regionale senza che sia stata rispettata la previsione dell'accordo siccome esplicitata dallo statuto stante che anche la quantificazione delle riduzioni delle spese finali e l'attribuzione allo Stato di esse e' difforme dai principi contenuti nelle previsioni statutarie che disciplinano l'attribuzione del gettito alla Regione. Ed in ogni caso l'individuazione delle somme rinvenienti dalle misure di risparmio deve essere fatta congiuntamente per garantire alla Regione la possibilita' di verificare il raggiungimento, anche con tale decurtazione, del pareggio di bilancio. E, invece, al riguardo non si prevede alcunche' limitandosi il legislatore ad attribuire allo Stato ogni risparmio e, pertanto, oltre a violare i parametri statutari rubricati, incorre nella lesione degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione, tutti nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 in base alla clausola di maggior favore da esso prevista. Tutte le succitate previsioni costituzionali, come introdotte dalla legge costituzionale n. 1/2012, affermano il principio dell'equilibrio di bilancio al quale la Regione non intende certo sottrarsi. Anzi l'affermazione dei principi della sostenibilita' del debito delle pubbliche amministrazioni (art. 81, comma 6, e art. 97, comma 1, Cost., come modificati dalla l. cost. 1/2012) ed del rispetto dell'equilibrio di bilancio del complesso degli enti della regione (art. 119, comma 6, Cost., come modificato dalla 1. cost. 1/2012), vanno ribaditi mediante la definizione delle modalita' attuative di tali principi che deve avvenire con le procedure previste dallo Statuto per la disciplina della finanza della Regione (art. 43 St.). Ed invero la l. cost. 1/2012 non ha lo scopo di scardinare lo speciale regime predisposto dallo Statuto, anche considerando che la modifica dell'impianto finanziario della Regione richiederebbe in ogni caso il coinvolgimento di essa, anche qualora avvenisse con legge costituzionale. Infatti con la suindicata modifica costituzionale si e' inteso introdurre un preciso impegno in tema di disciplina di bilancio, collegandolo a un vincolo di sostenibilita' del debito di tutte le pubbliche amministrazioni e cio' nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall'ordinamento europeo. Con le modificazioni introdotte (art. 81 Cost.) sono state specificate le regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, che deve essere in pareggio; lo Stato garantisce l'equilibrio tra le entrante e le spese del proprio bilancio, tenendo comunque in conto le alterne fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico e, tuttavia, non e' plausibile che tale equilibrio possa essere garantito a discapito dell' equilibrio dei bilanci dei singoli enti territoriali che lo formano. Le disposizioni della legge di stabilita' in rubrica si profilano lesive anche dell'art. 97 Cost. nel nuovo testo che afferma il principio del pareggio del bilancio e della sostenibilita' del debito pubblico anche per le pubbliche amministrazioni applicabile anch'esso alle autonomie speciali. Invero le previsioni dei commi 427, 429 e 499 dispongono invece tutta una serie di obblighi che rendono estremamente difficile per la Regione conformarsi ai principi di recente introdotti in Costituzione in materia di bilancio. Articolo 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche', degli artt. 81, comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione, nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Tali commi sono relativi all'istituzione del Fondo per la riduzione della pressione, fiscale e alle modalita' di assegnazione allo stesso dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica (come da articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69), nonche' delle maggiori entrate derivanti dall'attivita' di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attivita' di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni. In particolare con riferimento alle somme rinvenienti dal recupero dell'evasione fiscale, le sole invero che sembrano poter venire in rilievo in questa sede occupandosi altrove il legislatore, come gia' descritto, di riservarsi i risparmi conseguiti da questa Regione a seguito di misure di razionalizzazione, si premette che non formulando le norme alcuna previsione di riserva, potrebbe ritenersi che lo Stato non intenda disporre in ordine alle entrate di questa Regione. Tuttavia ad evitare il rischio che in base a una diversa interpretazione le norme siano ritenute applicabili si procede ad impugnarle seppure in via cautelativa. Su norme analoghe codesta ecc.ma Corte ha precisato che deve «escludersi che l'entrata di cui al comma 5-bis (recupero di somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi del condono) costituisca una "nuova entrata", riguardando essa somme gia' dovute in base alla precedente normativa fiscale: detto comma non incide sulla legislazione fiscale previgente, non introduce alcun nuovo tributo ne' determina modificazione di aliquote; pertanto, non si verifica alcuna «novita' del provento». Analoghe osservazioni valgono con riguardo alle «maggiori entrate» derivanti dagli ulteriori controlli sui contribuenti, previste dal citato comma 5-ter, in quanto l'attivita' di ulteriore accertamento fiscale non comporta alcuna modifica della legislazione fiscale vigente, ne' determina un «nuovo provento». La riserva allo Stato delle entrate di cui ai commi 5-bis e 5-ter (per la parte relativa agli ulteriori controlli fiscali) non e', pertanto, consentita dallo statuto» (cfr. sent. n. 241/2012). Pertanto pur se le disposizioni dell'articolo 1, commi da 431 a 435, oggetto di esame, non fanno specifico riferimento alle autonomie speciali, in mancanza di clausola di salvaguardia, esse si profilano lesive dell'art. 36 dello Statuto d'autonomia in combinato disposto con l'art. 2, comma 1 delle norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 atteso che per le risorse rinvenienti dalla lotta all'evasione si ravvisa mancanza del requisito della novita' dell'entrata, mancanza che impedisce allo Stato di riservare a se' le somme recuperate relativamente ai tributi di spettanza regionale. Inoltre per entrambe le fonti di finanziamento del nuovo Fondo statale si individua violazione del principio consensuale che presiede ai rapporti finanziari tra Stato e Regione ai sensi dell'art. 43 dello Statuto e, piu' in generale, dell'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione sul rilievo che l'illegittima sottrazione di risorse e' inserita nell'ambito di una manovra che tanto impegno finanziario richiede alla Regione stessa. Articolo 1, comma 481 per violazione del principio di leale collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c) e 20 dello Statuto. La disposizione in esame riproduce fedelmente i contenuti del precedente art. 1, comma 132 della finanziaria 2013 (legge 228/2012) e contiene i medesimi profili di illegittimita' prospettati con il ricorso n. 43/2013 proposto da questa Regione. Con il comma in rubrica si dispone per l'anno 2015 e a decorrere dal 2016 un'ulteriore riduzione del livello di finanziamento del SSN cui concorre lo Stato pari, rispettivamente, ad euro 540 milioni ed euro 610 milioni. Come nella legge n. 228/2012 e' prevista l'esclusione della Sicilia dal meccanismo applicato alle altre Autonomie speciali per l'attuazione del risparmio. Si ribadisce che tale esclusione dipende solo dal diverso sistema di finanziamento dell'assistenza sanitaria. Pertanto la mancata previsione di procedure d'intesa solo per la Regione siciliana tra le regioni a statuto speciale - pur in presenza di un differente sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria - e' lesiva del principio costituzionale di leale collaborazione che deve presiedere e regolare i rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica. Ed invero, sotto tale profilo, assolutamente arbitraria, e come tale destinata ancora una volta a convertirsi in vizio d'incostituzionalita', appare la scelta del legislatore nazionale di non considerare in alcun modo il ruolo, il rilevo e gli interessi della Regione siciliana, in qualita' di Regione peraltro tuttora sottoposta a specifiche e restrittive misure di contenimento e riqualificazione della spesa sanitaria, in esito alle quali ha gia' conseguito risultati del tutto lusinghieri, esposti nelle schede di monitoraggio pubblicate sul sito del Ministero della Salute. Questa difesa si limita sinteticamente a ripetere che la riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario regionale e del correlato finanziamento, seppur colpisce tutte le regioni, lede in modo particolare la Regione siciliana rendendo ben piu' gravoso il raggiungimento degli obiettivi gia' concordati con lo Stato, il cui mancato raggiungimento impedisce, tra l'altro, lo svincolo di ingenti risorse economiche a vantaggio del bilancio regionale; ed invero, condizione per l'accesso alle risorse spettanti alla Regione - quali crediti vantati verso lo Stato per l'accantonamento su base annuale delle risorse di competenza del Fondo sanitario regionale - e' la positiva verifica degli adempimenti scaturenti dai suindicati Piani di rientro ed operativo. Ne consegue che la prevista riduzione dell'abbisogno sanitario e il progressivo decremento del finanziamento complessivo del sistema sanitario reca un ulteriore aggravio al raggiungimento della stabilizzazione del livello di spesa sanitaria e del correlato allineamento di quel livello al finanziamento ordinario programmato, senza trascurare che la necessita' di consolidamento degli obiettivi del Piano di rientro e dei programmi operativi e' correlata non solo alla liberazione delle ulteriori somme statali ancora spettanti, ma anche all'effettiva erogazione di quelle gia' riconosciute e anticipate. La clausola normativa oggi riproposta incide dunque negativamente sull'entita' del disavanzo programmato e comporta difficolta' per il raggiungimento degli obiettivi e degli adempimenti di Piano. Ed, invero, anche a ritenere che la disposizione non comporti, quantomeno direttamente, un pregiudizio finanziario, appunto per la clausola «ad esclusione» della Regione siciliana e per la circostanza che l' aliquota regionale di compartecipazione alla spesa sanitaria va applicata ad un minor livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, proprio detta unilaterale valutazione del fabbisogno finanziario pare essere lesiva delle prerogative regionali in quanto assunta senza tener conto delle esigenze della sanita' siciliana, gia' impegnata al massimo, in base al piano di rientro, nella razionalizzazione e nel contenimento della spesa. La norma contrasta quindi con il principio di leale collaborazione ed, inoltre, con gli artt. 17, lett. b) e c) e 20 dello Statuto stante che la riduzione del livello di concorso statale influisce sul livello delle prestazioni sanitarie nella Regione siciliana e sulla possibilita' della stessa di esercitare le relative funzioni amministrative. Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e, in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074 del 1965. Detta disposizione recita: «I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto finzioni pubbliche elettive, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48». Pur poco chiaro nella formulazione, il surriportato comma sembra riguardare il contributo di solidarieta' su trattamenti pensionistici o vitalizi che non fanno capo a enti gestori di forme di previdenza obbligatoria perche' corrisposti direttamente dagli Organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome. Diversamente dal comma 486, del quale vengono richiamati i principi - disposizione che ha reintrodotto il contributo di solidarieta' sulle pensioni di un certo importo, gia' recato da precedenti disposizioni (dei Dl 98 e 138 del 2011 ) poi dichiarate incostituzionali - il comma impugnato prescrive l'obbligo di versare le relative trattenute al bilancio dello Stato per il finanziamento del Fondo di cui al comma 48 della stessa legge di stabilita'. Nel caso della Regione Siciliana, e con riferimento quindi alle pensioni e vitalizi erogati dall'ARS, rispettivamente al personale e ai deputati, si rileva che la determinazione di tali trattamenti di quiescenza rientra nella potesta' regolamentare della stessa Assemblea Regionale Siciliana ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto. L'eventuale obbligo di adottare una misura di contenimento della spesa, sulla base dei principi di cui al comma 486, lede la sfera di autonomia propria dell'ARS garantita da una norma di rango costituzionale quale quella contenuta nell'articolo 4 dello Statuto siciliano. E, ancora, si rileva, per il caso che la censura relativa a violazione della suddetta disposizione statutaria sia ritenuta infondata, che la norma e' comunque illegittima perche', in contrasto con l'art. 36 dello Statuto e l'art. 2, comma 1 delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965), riserva allo Stato una entrata tributaria in assenza di una delle condizioni che devono obbligatoriamente sussistere per potervi far luogo. La destinazione dei risparmi al fondo di cui al comma 48 che nel «Sistema nazionale di garanzia» comprende il Fondo di garanzia per le PMI e il Fondo di garanzia per la prima casa, soddisfa infatti solo il requisito della novita' ma non presenta il carattere di specificita' della destinazione del gettito, pure richiesto dalle norme di attuazione statutaria in materia di finanza regionale, al fine di giustificare la deroga al principio della spettanza alla Regione Siciliana. Articolo 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma 590, per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle Norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 1°e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1 /2012 in riferimento anche all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. La prima delle disposizioni in esame riserva all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. In proposito occorre precisare in primo luogo che la previsione in esame definisce impropriamente nuove e maggiori talune entrate che se anche alla data di entrata in vigore delle leggi che le hanno disposte avevano tale requisito di novita' oggi ne sono comunque ormai prive. Da cio' risulta all'evidenza la violazione dei parametri statutari che assicurano alla Regione la spettanza della generalita' del gettito riscosso nel proprio territorio e stabiliscono a quali condizioni lo Stato puo' derogarvi. Inoltre talune delle disposizioni richiamate, sono gia' state dichiarate incostituzionali o comunque inapplicabili a questa Regione. Codesta ecc.ma Corte costituzionale con la gia' ricordata sentenza n. 241 del 24/31 ottobre 2012, ha dichiarato incostituzionale l'art. 2, commi 5-bis e 5-ter e ha affermato che la riserva all'erario delle maggiori entrate derivanti dalle norme contenute nello stesso decreto legge (art. 36) e' disposizione non applicabile alla Regione Siciliana laddove riferita ad entrate non nominativamente riservate allo Stato dalla normativa statutaria siciliana. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha provveduto per il 2012 a incamerare le relative somme senza poi aver ancora restituito le somme risultate non dovute a seguito della pronuncia della Corte costituzionale. Sul d.l. n. 201/2011 e' invece tuttora pendente il giudizio sul ricorso per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale presentato da questa Regione. Ed inoltre la norma oggi impugnata e' volta ad assicurare un «ulteriore» concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica finalita' che non configura la specifica destinazione, ossia l'altra condizione richiesta dall'art. 2 delle norma di attuazione statutaria di cui al D.P.R. n. 1074/1965 affinche' lo Stato possa incamerare il gettito in via generale spettante alla Regione. Nella citata sent. n. 241/2012 codesta ecc.ma Corte ha chiarito con riferimento ad analoga condizione prevista per altra Regione a Statuto speciale che le «esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea» - sono privi della specificita' richiesta dall'indicata norma di attuazione statutaria in materia di finanza regionale. Ne' puo' farsi riferimento agli obiettivi di finanza pubblica inizialmente definiti nel Documento di economia e finanza (DEF) e successivamente concordati in sede europea, consistenti nell'impegno di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013, poiche' detti obiettivi sono generici, in quanto il raggiungimento del pareggio di bilancio e' alla base di qualsiasi misura finanziaria adottata dallo Stato e perche' comunque, nella visione unitaria del bilancio statale, tutto concorre al pareggio; e cio' a maggior ragione dopo la revisione dell'art. 81 Cost. che, con effetto dal 2014, ha elevato a dignita' costituzionale la regola dell'equilibrio fra le entrate e le spese del bilancio statale.» Invero il comma 508, da applicare senza il previo esperimento delle modalita' attuative di cui all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, si autoqualifica come norma di attuazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione nel quale pretende dunque di individuare il proprio fondamento. Tuttavia, ad avviso di questa difesa il richiamo a tale norma costituzionale non esclude la validita' anche nella presente questione delle superiori osservazioni cosicche' oltre a confermarsi l'assenza di tutti i requisiti per far luogo alla disposta riserva la norma si presta ad ulteriori motivi di censura. Anche sulla scorta della legge 24 dicembre 2012, n. 243 contenente «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione» la norma introdotta nel contesto delle misure complessivamente adottate con la medesima finalita' del concorso alla finanza pubblica si profila lesiva anche dello stesso articolo 97 primo comma, che a parole pretende di attuare, per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni, come pure dell'articolo 81 ultimo comma e dell'articolo 119 della Costituzione. Da quanto rilevato puo' concludersi altresi' che il comma su cui e' questione sottraendo alla Regione, indebitamente e senza previsione di raccordo alcuno, risorse che vengono meno per l'esercizio delle sue funzioni viola lo Statuto d'autonomia anche con riferimento agli articolo 20 e 43. Quanto al comma 590 si rappresenta che la disposizione stabilisce che le previsioni dell'art. 2, comma 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 - precedentemente vigenti sino al 31 dicembre 2013 - siano prorogate, in quanto compatibili, dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016 riportando il medesimo inciso «in quanto compatibili» della previsione dell'art.2, comma 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 prorogata. Invero lo stesso non prevede alcuna riserva in quanto la medesima nell'ambito del d.l. n. 138/2011 era disposta non dal comma 2 ma dal comma 36 dell'art. 2. E comunque al riguardo nel richiamare ancora la citata sentenza n. 241/2012 si ritiene utile aggiungere che la stessa ha precisato anche che «il censurato comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 attiene al temporaneo contributo di solidarieta' sul reddito complessivo ed ha natura tributaria - come gia' rilevato al punto 6.1., a proposito del ricorso proposto dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia -, perche' si risolve in un prelievo corrispondente ad una aliquota aggiuntiva rispetto al reddito imponibile dell'IRPEF e, quindi, in una temporanea sovrimposta di tale tributo «rilevando che non era soddisfatta» la condizione relativa alla «specificita' della destinazione del gettito della nuova entrata», perche' il disposto del comma 36, primo periodo, dell'art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede una destinazione solo generica di tale gettito. Ne deriva che la devoluzione all'Erario di tali entrate viola la normativa di rango statutario, con la conseguenza che, in forza della clausola generale di salvaguardia di cui all'art. 19-bis del citato decreto-legge, le norme censurate (a differenza di quelle di cui ai commi 5-bis e 5-ter) non sono applicabili alla Regione siciliana.» Parimenti, quindi, ove il comma 590 letto insieme al comma 508 debba intendersi nel senso che il prorogato contributo di solidarieta' riscosso in Sicilia debba affluire al bilancio statale la norma risulta in contrasto con le preroga-tive regionali con la conseguenza che, per la gia' rappresentata mancanza di clausola di salvaguardia, va dichiarata illegittima. Art. 1, comma 526 per violazione, degli artt. 36 e 43 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione, (D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001. La norma dispone un ulteriore concorso alla finanza pubblica a carico delle autonomie speciali, che per la Regione Siciliana e' quantificato in 106.000 migliaia di euro. Al riguardo si ritiene utile richiamare nuovamente le disposizioni contenute all'articolo 4 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di stabilita' regionale) in materia di «Accantonamenti tributari». In particolare la norma quantifica in 1.053.769 migliaia di euro per il 20.14 e in 979.004 migliaia di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 l'onere per il concorso al risanamento della finanza pubblica a carico della Regione Siciliana. Di seguito un prospetto delle norme che nel tempo si sono succedute e che portano (con l'ulteriore contributo previsto dal comma 526 della legge n. 147/2013), nel solo anno 2014, la quota di concorso a carico della Regione Siciliana alla predetta somma di 1.053.769 migliaia di euro: d.l. n. 201/2011 art. 28, comma 3: € 307.153.475,15 d.l. n. 1/2012 art. 35, comma 4: € 115.964.724,00 d.l. n. 16/2012, art. 4, comma 11: € 116.984.644,00 d.l. n. 95/2012 art. 16, comma 3: € 641.474.916,34 Legge di stabilita' n. 147/2013 (articolo 1, comma 526): € 106.000.000,00 Totale: € 1.053.769.000,00 L'art. 16, comma 3, del d.l. n. 95/2012 per l'anno 2014 stabilisce in euro 1.500 milioni l'accantonamento complessivo a titolo di concorso alla finanza pubblica a carico delle RSS. Per l'anno 2013 l'accantonamento era previsto in euro 1.200 milioni. L'importo indicato e' stato calcolato tenendo conto del suddetto aumento e della quota gia' a carico della Regione Siciliana per l'anno 2013 (pari a euro 513.179.933,07). Per la copertura di tali oneri si fa ricorso, quanto a 641.475 migliaia di euro, all'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione e, quanto a 400 milioni di euro, al congelamento (in attesa dell'accordo di cui al comma 517 della legge n. 147/2013) delle spese indicate nell'allegato b della stessa legge regionale n. 5/2014. E' di tutta evidenza l'effetto lesivo della manovra statale sul bilancio e sul territorio regionale. Da un lato, infatti, in assenza di altre possibili risorse, la Regione Siciliana e' costretta a rinunciare alla disponibilita' di fondi indispensabili per Io sviluppo socio-economico del territorio (ab origine ex articolo 119 della Costituzione preordinati ad adempiere a funzioni di solidarieta' e perequazione finanziaria), dall'altro e' obbligata (in attesa dell'eventuale accordo di cui al citato comma 517) a ridurre spese (tra le altre) destinate all'ordinaria attivita' dei propri uffici, scuole, musei, soprintendenze e trasporti, nonche' al legittimo diritto del proprio personale alla buonuscita e all'anticipazione della stessa. In tale ottica sono dunque chiari gli effetti in termini di equilibrio di bilancio e di garanzia del corretto svolgimento delle funzioni che ordinariamente si ascrivono alla competenza di questa regione. I risparmi di spesa non rimangono sul territorio ma sono destinati a coprire il richiesto contributo finanziario con l'effetto di impedire il compiuto svolgimento delle molteplici funzioni e dei compiti istituzionali della Regione. Il comma e', altresi', censurabile perche' prevede un aggravio dell'onere finanziario a carico della Regione mediante un meccanismo ad essa inapplicabile (quote di compartecipazione ai tributi erariali) e, in assenza dei presupposti previsti dall'art. 2, comma 1° del D.P.R. n. 1074/1965 per darsi luogo ad una legittima deroga, le sottrae, come gia' prospettato, entrate che questa Regione potrebbe destinare a far fronte alle proprie spese. Pertanto, quanto ai profili di illegittimita' costituzionale si ritiene che essa violi anche i parametri statutari di cui agli artt. 36 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1 delle norme d'attuazione (D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, 6° comma in quanto, sottraendo risorse finanziarie non consente alla Regione di pervenire al pareggio di bilancio e 97, comma 1° (per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), nonche', come gia' evidenziato, l'art. 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001 in quanto la Regione non puo' esercitare le proprie funzioni per carenza delle risorse finanziarie che vengono meno per effetto della disposizione medesima. Art. 1, commi 639, 703 e 730 violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della l. cost. 3/2001, nonche' dell'art. 14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si onera la regione di nuove e diverse competenze senza il previo esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. In materia di IMU il legislatore, pur ricomprendendo tale tributo nella nuova Imposta Comunale Unica, IUC, fa salva la vigente disciplina e dispone quindi la dotazione del Fondo di solidarieta' comunale e, corrispondentemente, che una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, e' versata all'entrata del bilancio dello Stato. Si premette che la Regione siciliana ha impugnato l'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 con ricorso rubricato al n. 39 del Reg. Ric. 2012, tuttora pendente, censurando che le modalita' istitutive dell'IMU hanno violato le sue attribuzioni statutarie. Da evidenziare che le modifiche via via introdotte, da ultimo con la stessa legge di stabilita', non rilevano in senso satisfattivo per questa Regione. Basti per tutte rammentare che la neointrodotta deducibilita' dell'IMU ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni nella misura del 20 per cento, comporta sottrazione di ulteriori risorse al bilancio regionale. Si nutre quindi fiducia che codesta Corte in sede di decisione del suindicato ricorso stigmatizzera' il mancato rispetto delle competenze della Regione siciliana da parte della normativa in materia di IMU. Oggi la conferma della vigenza del sistema lesivo dell'autonomia regionale nell'ambito della nuova imposta unica comunale induce la ricorrente a riproporre tuzioristicamente le censure gia' a suo tempo articolate. Si rammenta che l'applicazione dell'Imu nelle Regioni Speciali e' stata disposta dopo che il precedente decreto delegato in materia di tassazione municipale l'aveva invece esclusa in attesa dell'adozione delle norme di attuazione. L'imposta in questione, sostitutiva, per la componente immobiliare, dell'imposta sui reddito delle persone fisiche, delle relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati e dell'imposta comunale sugli immobili e' divenuta cosi' immediatamente operativa in Sicilia senza che sia stato previsto alcunche' in ordine alle modalita' applicative della stessa, pur se dapprima in fase sperimentale, ed in mancanza della definizione delle procedure di cui all'art. 27 della legge n. 42/2009 concernenti l'attuazione del federalismo fiscale. In primo luogo, quindi, anche con riferimento alle norme oggi impugnate si ribadisce che la immediata applicabilita' alla Regione siciliana, senza il previo esperimento delle modalita' attuative di cui all' articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, risulta in palese violazione dell'art. 43 dello Statuto e del principio di leale collaborazione che dovrebbe informare tutti i' rapporti fra Stato e Regioni. Degno di nota come le questioni di legittimita' costituzionale promosse da questa Regione circa talune disposizioni del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), sono state dichiarate infondate per «erroneita' del presupposto interpretativo da cui muove la Regione ricorrente, secondo cui le norme censurate sancirebbero l'«obbligo» di applicare il d.lgs. n. 23 del 2011 nei confronti delle Regioni a statuto speciale.» (Ord. n. 64/2012). In tale occasione codesta ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo di rilevare che «pur non potendosi negare la spettanza alla Regione siciliana del gettito degli indicati tributi riscossi nel suo territorio e, quindi, la potenziale sussistenza del denunciato contrasto, deve ritenersi che proprio questo contrasto rende operante la clausola di "salvaguardia" degli statuti speciali contenuta nel parimenti censurato comma 2 dell'art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011, secondo cui il decreto "si applica nei confronti delle regioni a statuto speciale" solo "nel rispetto dei rispettivi statuti"». Ne consegue quindi che, avendo poi il legislatore statale preteso invece di applicare tout court il sistema IMU senza piu' prevedere, in ordine alle modalita' applicative nelle Regioni a Statuto speciale, il previo passaggio attraverso la procedura concordata di attuazione ed esecuzione, il contrasto e' divenuto attuale stante che l'IMU e' in parte sostitutiva di tributi di pacifica spettanza regionale. Ne' la circostanza che nel suo evolversi la disciplina di tale tributo sia sempre piu' orientata ad assicurarne il gettito ai Comuni elide o diminuisce il pregiudizio che la sua applicazione arreca alla Regione. E comunque allo Stato continua ad essere riservato il gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, circostanza che, insieme con la previsione che meta' dell'IMU di spettanza dei Comuni siciliani e' versata all'entrata del bilancio dello Stato per alimentare il Fondo di solidarieta' Comunale, al quale tra l'altro deve farsi riferimento anche per «le sanzioni che richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio o i trasferimenti erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana», non consente di ritenere superato nemmeno il rischio che i Comuni siciliani possano non disporre delle risorse loro necessarie. Per tale aspetto le disposizioni impugnate incorrono altresi' nella violazione dell'art. 119, 4° comma, anche con riferimento all'art. 10 della 1. cost. n. 3/2001, e dell'art. 81 della Costituzione, in quanto non solo la Regione ma pure i Comuni non possono esercitare le proprie funzioni per carenza di risorse finanziarie. Al contempo si profila l'illegittimita' anche per violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto d'autonomia laddove attribuisce alla Regione ulteriori competenze (relative al finanziamento degli enti locali) ascrivibili alla citata previsione statutaria e non riconducibili alla medesima Regione senza alcuna determinazione da parte della Commissione Paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto d'autonomia che risulta anch'esso violato con riferimento a detto specifico profilo. In ogni caso, a prescindere che vada a vantaggio dei Comuni o dello Stato, e' indubbio che la sottrazione di quote di gettito di spettanza regionale, oggi confermata dalle norme impugnate, comporta violazione, oltre che del principio pattizio, degli artt. 36 e 37 dello Statuto e delle relative norme di attuazione di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 1074 del 1965. Ed invero, le previsioni, recate dalle predette e violate norme statutarie in materia finanziaria, individuano la regola generale secondo la quale spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate ad eccezione di quelle riservate allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto e lotterie a carattere nazionale). L'Imu non presenta carattere di novita', in quanto, come visto, sostitutiva di (componenti di) tributi di spettanza regionale oltre che dell'ici di spettanza comunale e, pertanto, sotto tale profilo, l'attribuzione di quote del suo gettito a soggetti diversi dalla Regione viola i parametri surriportati. Ancora una volta quindi lo Stato pretende di attuare il federalismo fiscale a spese della Regione con conseguente vulnus alle prerogative statutarie della stessa in materia finanziaria (artt. 36 e 37 dello statuto e art. 2 delle relative norme di attuazione). Da considerare anche che per effetto della quota riservata allo Stato e del gettito, comprensivo di sanzioni e interessi, attribuito ai comuni, la Regione subisce un depauperamento delle proprie finanze atto a provocare un notevole squilibrio «tra complessivi bisogni regionali e insieme dei mezzi finanziari per farvi fronte» (sentt. nn. 94/2004 e 152/2011) cosicche' anche per tale profilo si configura violazione dell'art. 119, 4° comma, anche con riferimento all'art. 10 della l. cost. n. 3/2001, e dell'art. 81 della Costituzione.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte, respinta ogni avversa istanza, eccezione e difesa. Ritenere e dichiarare l'illegittimita' costituzionale dei sottoelencati commi della legge 27 dicembre 2013, n. 147 per violazione dei parametri a fianco di ciascuno di essi indicati: Art. 1, comma 179 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965); Art. 1, comma 402 per violazione dell'art. 36 dello Statuto e degli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento anche all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi 427, 429 e 499 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) e agli artt. 81, comma 6°, 97, comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi da 431 a 435 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto e dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97, 1° comma e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, comma 481 per violazione del principio di leale collaborazione, nonche' per violazione degli artt. 17, lett. b) e c) e 20 dello Statuto; Art. 1, comma 487 per violazione dell'art. 4 dello Statuto e, in subordine, dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 1074 del 1965; Art. 1, comma 508 anche in combinato disposto con il comma 590, per violazione degli artt. 20, 36 e 43 dello Statuto nonche' dell'art. 2, 1° comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/1965) in relazione agli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, comma 526 per violazione degli artt. 36 e 43 dello Statuto d'autonomia e 2, comma 1° delle norme d'attuazione (D.P.R. n. 1074 del 1965) nonche' degli artt. 81, comma 6°, 97 comma 1° e 119, commi 1° e 6° della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; Art. 1, commi 639, 703 e 730 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto nonche' dell'art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione oltre che dell'art. 119, comma 4° e dell'art. 81 della Costituzione anche con riferimento all'art. 10 della l. cost. n. 3/2001, nonche' dell'art. 14, lett. o) e 43 dello Statuto in quanto sottraendo somme ai comuni si onera la Regione di nuove e diverse competenze senza il previo esperimento delle procedure di cui all'art. 43 dello Statuto. Si allega deliberazione della giunta regionale di autorizzazione a ricorrere. Palermo-Roma, 21 febbraio 2014 Avv. Fiandaca - avv. Valli