N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 2013

Ordinanza del 20 novembre 2013 emesssa  dal  Tribunale  di  Bari  nel
procedimento civile promosso da Vuratela del fallimento italian style
allestimenti contro Usai Giuseppe ed altri. 
 
Fallimento e procedure concorsuali  -  Fallimento  delle  societa'  -
  Fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa'
  di capitali (in specie, s.r.l.) - Possibilita' di  estensione  alla
  societa' di fatto tra la stessa societa' di capitali ed altri  soci
  di fatto (persone fisiche o societa') - Esclusione - Disparita'  di
  trattamento rispetto alla ammissibilita' (ex art. 147, primo comma,
  della legge fallimentare) del fallimento originario della  societa'
  di fatto cui partecipino societa' di capitali nonche' rispetto alla
  possibilita' di estensione alla societa' di  fatto  del  fallimento
  dell'imprenditore individuale  -  Ingiustificata  compressione  del
  diritto di  difesa  dei  creditori  della  societa'  di  fatto  non
  assoggettabile a fallimento in estensione. 
- Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, comma quinto. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 24, primo comma. 
(GU n.20 del 7-5-2014 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Visto il ricorso per estensione di fallimento ex art. 147,  comma
5, 1. proposto in data nell'interesse della Curatela  del  Fallimento
Italian Style Allestiment s.r.l. nei confronti di  Usai  Luigi,  Usai
Giuseppe, Usai Antonello e Usai Service S.R.L. auto e case sicure; 
    Viste le memorie difensive nell'interesse di Usai Giuseppe,  Usai
Luigi, Usai Antonello e Usai Service S.R.L. auto case e sicure; 
    A scioglimento  della  riserva  pronunciata  all'udienza  del  14
novembre 2013; 
    Esaminati gli atti; 
 
                               Osserva 
 
    Con ricorso  ex  art.  147,  comma  5,  l.  fall.  depositato  in
cancelleria il 17 luglio 2013  la  Curatela  del  Fallimento  Italian
Style Allestiment s.r.l. (d'ora innanzi: I.S.A.  s.x.1.)  ha  chiesto
che, previo accertamento dell'esistenza do apparenza di una  societa'
di fatto tra la societa' fallita e Usai Giuseppe,  Usai  Luigi,  Usai
Antonello e Usai Service S.R.L. auto e case sicure, fosse dichiarato,
in estensione del  Fallimento  I.S.A.  s.r.1.,  il  fallimento  della
predetta s.d.f. tra la I.S.A. s.r.l. e  Usai  Giuseppe,  Usai  Luigi,
Usai Antonello e Usai Service S.R.L. auto e case sicure,  nonche'  di
Usai Giuseppe, Usai Luigi, Usai Antonello e Usai service S.R.L.  auto
e case sicure quali soci illimitatamente responsabili. 
    In via subordinata, la  Curatela  del  Fallimento  Italian  Style
s.r.l. ha chiesto che, ai sensi dell'art. 147,  comma  1,  l.  fall.,
fosse dichiarato il fallimento della predetta societa' di fatto e dei
suddetti  soci  illimitatamente  responsabili,  fermo   restando   il
fallimento, gia' dichiarato, della I.S.A. s.r.l. 
    Ha esposto la ricorrente che, nel  caso  di  specie,  ricorrevano
diversi indici per ritenere sussistente una s.d.f.  tra  la  societa'
fallita ed i  predetti  soggetti,  consistenti,  in  linea  generale,
nell'utilizzo, da parte della fallita e della  Usai  Service  S.R.L.,
delle medesima sede legale; nel fatto che il  socio  unico  e  legale
rappresentante della Usai Service  S.R.L.  e'  Usai  Antonello,  gia'
socio, fino al 28 febbraio 2012, nella I.S.A.  s.r.l.,  di  cui  sono
soci Usai Luigi e  Usai  Giuseppe;  nella  circostanza  che  la  Usai
Service S.R.L. e la I.S.A. s.r.l. svolgono la medesima attivita'; nel
fatto che tutti i beni  inventariati  di  proprieta'  o  concessi  in
locazione finanziaria alla  I.S.A.  s.r.l.  erano  utilizzati,  senza
alcun titolo scritto  e  senza  pagamento  di  corrispettivo  per  il
godimento, dalla Usai Service S.R.L.; 
    Nell'utilizzo della  stessa  modulistica  e  degli  stessi  segni
distintivi; nella identita'  dei  dipendenti;  nella  prestazione  di
garanzie personali da parte di  Usai  Luigi,  Usai  Giuseppe  e  Usai
Antonello in favore della societa' fallita; piu' in  generale,  nella
commistione di patrimoni e beni  tra  le  societa'  ed  i  soci,  che
denoterebbero l'esistenza di una  piu'  ampia  compagine  sociale  di
fatto,  attraverso  la  quale  l'attivita'   imprenditoriale   veniva
effettivamente svolta. 
    Costituendosi  in  giudizio,  i  resistenti  Usai   Luigi,   Usai
Giuseppe, Usai Antonello e Usai Service S.R.L.  Auto  e  Case  Sicure
hanno concluso, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    Orbene,  ai  sensi  dell'art.  147,  comma  5,  l.  fall.   (come
attualmente vigente a seguito delle modifiche di cui all'art. 131 del
decreto  legislativo  del  9  gennaio  2006,  n.  5),  se,  dopo   la
dichiarazione di fallimento di un imprenditore  individuale,  risulta
che l'impresa e' in realta' riferibile ad una societa' di,  fatto  di
cui il fallito e' socio illimitatamente  responsabile,  il  Tribunale
dichiara  il  fallimento  della  societa'  (di  fatto)  e  dei   soci
illimitatamente responsabili (cosi come previsto dall'art. 147, comma
4, l.  fall.,  nel  caso  di  fallimento  di  una  societa'  in  cui,
successivamente alla dichiarazione di fallimento, risultino dei  soci
illimitatamente responsabili). 
    In base al tenore letterale dell'art. 147, comma 5,  dunque,  ove
l'attivita' d'impresa sia riferibile non gia' al soggetto fallito, ma
ad una piu' ampia compagine sociale della quale il fallito era  socio
illimitatamente  responsabile,   puo'   operarsi   l'estensione   del
fallimento alla societa' di fatto ed agli altri soci  illimitatamente
responsabili,  unicamente  nelle  ipotesi  in   cui   il   fallimento
originario  (da  estendere  alla  s.d.f.)  riguardi  un  imprenditore
individuale, e non gia' una societa' commerciale. 
    Non pare possibile, in proposito, una  interpretazione  estensiva
della norma in esame (come  pure  proposto  in  giurisprudenza:  cfr.
Trib. Vibo Valentia 10 giugno 2011, in Banca, borsa e  tit.  credito,
2013, 457; Trib. Forli' 9 febbraio 2008, in Fallimento, 2008,  1328),
essendo  chiaro  il  riferimento  al  fallimento   dell'«imprenditore
individuale»,  che  esclude  quindi  la  possibilita'  di   procedere
all'estensione del  fallimento  alla  s.d.f.,  quando  il  fallimento
originario  riguardi  una  societa'  di   capitali,   e   quindi   un
imprenditore collettivo. 
    Tale norma,duttavia, ad avviso del Collegio, appare in  contrasto
con gli artt. 3, comma 1, e 24, comma 1, Cost., nella parte  in  cui,
nell'ipotesi di fallimento originariamente dichiarato  nei  confronti
di una societa' di capitali, non consente l'estensione del fallimento
ad una societa' di fatto tra la societa'  originariamente  dichiarata
fallita ed  altri  soci  di  fatto,  siano  essi  persone  fisiche  o
societa'. 
    A tal proposito, ritiene il Tribunale di sollevare d'ufficio  (ex
art. 23,  comma  3,  l.  11  marzo 1953,  n.  87),  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  147,  comma  5,  1.   fall.,
trattandosi di questione rilevante e non manifestamente infondata. 
    Con  riferimento  alla  rilevanza  della  questione,  osserva  il
Collegio che, nel caso di specie, si verte in un'ipotesi di richiesta
di estensione di un fallimento che riguarda originariamente non  gia'
un imprenditore individuale, bensi' una  societa'  a  responsabilita'
limitata, e quindi proprio l'ipotesi che  sembrerebbe  esclusa  dalla
disposizione di cui all'art. 147, comma 5, l. fall. 
    Sotto questo profilo, dunque, la questione si presente certamente
rilevante. 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale,  inoltre,  appare
anche non manifestamente infondata. 
    A seguito della riforma del diritto societario di cui al  decreto
legislativo del 17 gennaio 2003, n. 6, infatti, sono stati  dissipati
i dubbi in ordine alla possibilita', per le societa' di capitali,  di
partecipare a societa' di persone. 
    Ed invero, ai sensi dell'art. 2361, comma 2,  c.c.,  in  tema  di
«partecipazioni»  delle  societa'  per   azioni,   «l'assunzione   di
partecipazioni  in  altre  impresecomportante   una   responsabilita'
illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere  deliberata
dall'assemblea;  di  tali  partecipazioni  gli  amministratori  danno
specifica informazione nella nota integrativa di bilancio». 
    Tale regola, ancorche' dettata nell'ambito della disciplina delle
societa' per azioni, deve ritenersi applicabile anche alla societa' a
responsabilita'  limitata,  in  virtu'   del   testuale   riferimento
contenuto dell'art. 111-duodecies  disp  att.  c.p.c.,  aggiunto  con
l'art. 9, comma 1, lett. f), del decreto legislativo del  17  gennaio
2003, n. 6 («Qualora tutti i loro soci  illimitatamente  responsabili
di cui all'art. 2361, comma 2, siano societa' per azioni o societa' a
responsabilita'  limitata,  le  societa'  in  nome  collettivo  o  in
accomandita semplice devono redigere il  bilancio  secondo  le  norme
previste/per la societa' per azioni. Esse devono inoltre  redigere  e
pubblicare il bilancio consolidato come disciplinato dall'art. 26 del
decreto legislativo 9  aprile  1991,  n.  127,  ed  in  presenza  dei
presupposti ivi previsti »). 
    Peraltro, lo stesso art. 147, comma 1, 1. fall., come  modificato
dall'art. 131 del decreto legislativo  del  9  gennaio  2006,  n.  5,
prevede che la sentenza che dichiara il fallimento  di  una  societa'
appartenente ad uno dei tipi regolati nei  capi  III,  IV  e  VI  del
titolo V del libro V c.c., produce anche il fallimento dei soci, «pur
se non persone fisiche», illimitatamente responsabili. 
    Da tale  sistema  legislativo  si  evince,  dunque,  da  un  lato
l'ammissibilita', nel nostro ordinamento, di societa' di persone  cui
partecipino (anche o soltanto) societa' di capitali,  e,  dall'altro,
la fallibilita' di tali societa' di  capitali,  ove  siano  socie  di
societa' di persone, e quindi socie con responsabilita' illimitata. 
    Appare quindi ingiustificata l'esclusione dell' assoggettabilita'
a fallimento della societa' di  fatto  cui  partecipino  societa'  di
capitali,  quando  tale  fallimento  debba   essere   dichiarato   in
estensione rispetto ad un fallimento che originariamente riguardi una
societa' di capitali. 
    Si  crea,  in  tal  modo,   innanzitutto,   una   disparita'   di
trattamento - rilevante ex art. 3, comma 1, Cost. - tra  societa'  di
fatto, posto che, ove il fallimento  venga  richiesto  immediatamente
nei  confronti  della  stessa  societa'  di   fatto,   esso   sarebbe
ammissibile ex art. 147,  comma  1,  1.  fall.,  mentre  non  sarebbe
possibile ove venga richiesto in  estensione,  quando  il  fallimento
originariamente dichiarato riguardi una societa' di capitali. 
    Inoltre, dal momento che e' certamente possibile l'estensione del
fallimento di un imprenditore individuale  (persona  fisica)  ad  una
s.d.f. con altre persone fisiche (o anche con societa' di  capitali),
non si vede perche' tale estensione debba essere esclusa,  quando  il
fallimento originario riguardi una societa' di capitali, posto che e'
pacifico che quest'ultima possa  essere  socia  di  una  societa'  di
persone con soci illimitatamente responsabili. 
    Si realizza, inoltre - con  riferimento  all'art.  24,  comma  1,
Cost. - una ingiustificata (compressione del diritto  di  difesa  dei
creditori, i quali sarebbero maggiormente tutelati nelle  ipotesi  di
fallimento originariamente richiesto nei confronti della  s.d.f.  con
partecipazione (anche o  esclusivamente)  di  societa'  di  capitali,
rispetto all'ipotesi - identica dal punto di vista sostanziale  -  di
estensione del fallimento da una societa' di capitali ad  una  s.d.f.
della  quale  la  societa'  fallita  ,  era   socia   illimitatamente
responsabile. 
    Allo stesso modo, avrebbero una maggiore tutela  i  creditori  di
societa' di fatto  composte  esclusivamente  da  persone  fisiche,  o
comunque di  societa'  di  fatto  dichiarate  fallite  in  estensione
rispetto ad un imprenditore individuale,  rispetto  ai  creditori  di
societa' di fatto pur esistenti, ma il cui  fallimento  non  potrebbe
essere dichiarato in estensione allorquando  l'originario  fallimento
riguardi societa' di capitali che siano socie di societa'  di  fatto.
Il che potrebbe portare anche a situazioni  di  abuso  dello  schermo
societario, in relazione ad attivita' imprenditoriali svolte  insieme
a soggetti che non figurano direttamente  come  soci  della  societa'
originariamente fallita. 
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, 1.  fall.,  nella
parte in cui, nell'ipotesi di fallimento  originariamente  dichiarato
nei confronti di una societa' di capitali, non consente  l'estensione
del  fallimento  ad  una  societa'   di   fatto   tra   la   societa'
originariamente dichiarata fallita ed altri soci di fatto, siano essi
persone fisiche o altre societa', per  contrasto  con  gli  artt.  3,
comma 1, e 24, comma 1, Cost. 
    Va quindi dichiarata la rilevanza e  non  manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzione  della  disposizione  in
esame, e va inoltre disposta la sospensione del presente giudizio,  e
la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale   per   le
necessarie valutazioni. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 e  137  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n.
87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, 1.  fall.,  nella
parte in cui, nell'ipotesi di fallimento  originariamente  dichiarato
nei confronti di una societa' di capitali, 'non consente l'estensione
del  fallimento  ad  una  societa'   di   fatto   tra   la   societa'
originariamente dichiarata fallita ed altri soci di fatto, siano essi
persone fisiche o altre societa', per  contrasto  con  gli  artt.  3,
comma 1, e 24, comma 1, Cost. 
    Ordina che la presente ordinanza, a cura della  cancelleria,  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato e al  Presidente
della Camera dei  Deputati  e  all'esito  sia  trasmessa  alla  Corte
costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova  delle
avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. 
    Sospende il presente giudizio. 
      Cosi' deciso in Bari, camera di  consiglio, addi'  18  novembre
2013. 
 
                       Il Presidente: Lucafo' 
 
 
                                               Il Giudice est: Lenoci