N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 2010
Ordinanza del 21 gennaio 2010 emessa dal Giudice di pace di Acireale nel procedimento civile promosso da Musumeci Luigi contro Poste italiane S.p.a.. Titoli credito - Assegno bancario e assegno circolare - Negoziazione telematica con la procedura "check truncation" - Trasmissione alla banca negoziatrice del messaggio elettronico di "impagato" in prima presentazione - Successivo pagamento dell'importo facciale del titolo a soddisfazione del creditore beneficiario - Legittimazione (o meno) dell'Azienda di credito: a trattenere dal conto corrente del debitore somme di denaro a titolo di "servizio commissioni per impagato assegno" e di "oneri accessori" ex art. 3 della legge n. 396 del 1990 senza avergli dato preventiva comunicazione dell'intervenuta rinegoziazione del titolo ed anche nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; a "minacciare" il debitore dell'avvio della procedura CAI in caso di inosservanza del termine sancito dall'art. 8 della legge n. 386 del 1990 anche nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; a "non avvertire il debitore che la procedura CAI e' stata interrotta anche nell'ipotesi di mancata trasmissione dei documenti richiesti dall'Azienda di credito sebbene ottenuti dal creditore entro il medesimo termine"; ad avviare la procedura ex lege n. 386 del 1990 prima di averne dato comunicazione al titolare del rapporto di conto corrente interessato secondo le medesime disposizioni applicate a titolo preventivo; ad omettere regolare comunicazione di blocco della avviata procedura ex lege n. 386 del 1990 nell'ipotesi in cui il traente abbia pagato l'intero debito ed i suoi accessori attraverso i canali telematici gestiti dalla medesima Azienda di credito e nell'ipotesi che abbia pagato l'intero debito ed i suoi accessori attraverso i canali ordinari gestiti da terzi ed in data successiva al termine di cui all'art. 8 della legge n. 386 del 1990 - Ingiustificato trattamento di favore per le banche rispetto ai consumatori loro clienti - Irragionevolezza - Vanificazione del diritto alla tutela giurisdizionale - Penalizzazione del consumatore in assenza di una precisa disciplina normativa che regoli l'ipotesi di settore - Incidenza sull'accesso al credito e sull'iniziativa economica privata. - Legge 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 3, 8, 8-bis e 9-bis, "nel loro combinato disposto integrale" con gli artt. 1829 del codice civile, 32 e 50 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736. - Costituzione, artt. 2, 3, 24, 25 e 41.(GU n.21 del 14-5-2014 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento iscritto al N. R. G. 503/08, tra: avv. Luigi Musumeci, elettivamente domiciliato in Acicastello, via Trieste n. 73, presso il proprio studio, da se stesso difeso, attore. Contro: Poste Italiane S.p.A., in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta procura generale alle liti resa e calendata in atti, dall'avvocato Mario Renato Crupi ed elettivamente domiciliala presso l'Ufficio legale delle Poste di Catania, via Etnea n. 215. Oggetto: condannatorio. Conclusioni delle parti: come riportate negli scritti difensivi e nei verbali di causa. Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato l'avv. Luigi Musumeci conveniva in giudizio Poste italiane S.p.a,, anche quale divisione BancoPosta B.U. centro servizi Postel, richiedendo la statuizione di illegittimita' dei provvedimenti da queste assunti, nei confronti dell'attore, con estensione verso terzo altro soggetto, al sensi della legge n. 386/1990 nonche' declaratoria di erronea intetretazione del testo normativo utilizzata per l'assunzione del provvedimenti afflittivi irrogati con conseguente accertamento della illegittimita' delle comunicazioni estese ad altri soggetti in violazione dei limiti sanciti dagli artt. 15 legge n. 386/1990 ex art. 2050 C.C., 23, 117-119 e 152, decreto legislativo n. 196/03. Deduceva parte attrice che dal 1998 egli e' unico titolare un rapporto di c/c postale avente n. 000000 1 6952954 conto BancoPosta; che dal 2003, egli e' titolare cointestatario, unicamente e disgiuntamente a tale Musumeci Maria Lucia Rita, di un ulteriore rapporto di c/c postale avente n. 000034114843 conto BancoPosta; che ambedue i rapporti di conto corrente risultano incardinati presso la medesima agenzia; che in data 30 settembre 2007, l'attore emetteva n. 1 foglietto di assegni tratto sul c/c postale n. 00000016952954 per € 1.250,00; che il suddetto titolo, emesso con valuta 30 settembre 2007 andava a scadenza presentazione utile l'8 ottobre 2007; che alla data del 30 settembre 2007 il conto di traenza rappresentava disponibilita' e capienza tanto in valuta quanto in disponibilita'; che ciononostante, in sede di prima presentazione, avvenuta tra n 30/09 e l'8 ottobre 2007 il titolo veniva reso per difetto di "provvista"; che il prenditore provvedeva quindi ad una seconda presentazione che, in forza dei tempi di negoziazione, slittava di un giorno oltre il termine utile venendo cosi' poto all'incasso con valuta 30 settembre 2007 e contabile 9 ottobre 2007;. che in ragione di tale inconveniente informatico il 19 ottobre 2007 Poste Italiane S.p.A. con comunicazione raccomandata dell'11 ottobre 2007, proveniente dal CMP Windows di Lamezia T., informava il soggetto cointestatario del secondo rapporto di c/c - ossia quello non intaccato dall'insoluto di provvista, che il proprio contitolare aveva emesso un assegno privo di provvista e, forte di tale premessa, l'Istituto di credito informava il soggetto estraneo della emissione di preavviso di iscrizione al CAI ex art. l0-bis, legge n. 386/90 ed invitava la destinataria della missiva alla restituzione dei propri moduli di assegno; che solo il successivo 25 ottobre 2007 l'Istituto di credito informava l'attore dell'intervenuta applicazione delle procedure ex legge n. 386/90 con diffida dell'11 ottobre 2007 sempre proveniente dal CMP Windows di Lamezia T.; che, contattato tempestivamente il beneficiario dell'assegno in contestazione (Societa' NRG Italia S.p.A.), quest'ultimo negava l'insoluto talche' dalle evidenze contabili l'assegno risultava regolarmente incassato; che solo a fronte di tale riscontro, l'attore verificando i movimenti del proprio c/c - aveva contezza che sebbene l'assegno reclamato fosse transitato regolarmente sui conto corrente senza storno, senza alcuna comunicazione di insoluto, Poste Italiane S.p.A. - il 10 ottobre 2007 - si era autorizzata al prelievo della somma aggiuntiva di € 15,00 a titolo di "Postagiro di Servizio Commissioni per impagato assegno 4978780247"; che, sebbene con formali atti di mora, prodotti in giudizio, l'attore avesse diffidato le convenute circa la irregolarita' della procedura posta in essere, Poste Italiane S.p.A. aveva ugualmente attivato la procedura prevista dalla legge n. 386/1990 preavvertendo il traente della segnalazione al C.A.I. ed al Prefetto competente ed imponendo il pagamento illegittimo della clausola penale ex art. 3, l. cit.; che Poste italiane S.p.a., inoltre, dando corso alla procedura sanzionatoria, in data antecedente alla notificazione degli adempimenti ex art. 9-bis, l. cit., in data 11-19 ottobre 2007 aveva provveduto ad informare altro soggetto, non autorizzato al trattamento dei dati personali inerenti il rapporto 000016952954; che Poste Italiane S.p.a., inoltre, ha azionato l'istruzione della procedura C.A.I. in costanza di un titolo effettivamente pagato e per il quale il prenditore non aveva agito (ne' avrebbe potuto, in quanto soddisfatto) in recupero di alcuna somma; che nonostante i diversi atti posti in essere Poste Italiane S.p.A. ha ritenuto di non prendere posizione al riguardo continuando nella istruzione della procedura C.A.I. senza ravvedimento; che, in ragione di tale atteggiamento, l'odierno attore ha subito il prelievo dal conto della somma di € 15,00, e' stato quindi costretto al pagamento della ulteriore somma di € 168,99 a titolo di penale, spese notarili e conto di ritorno per potere ottenere dal prenditore dichiarazione liberatoria di un pagamento gia' avvenuto con accredito su conto ed ha infine subito una ingiustificato procedura sanzionatoria. In particolare l'attore sottolineava che la condotta posta in essere dalla convenuta e' stata caratterizzata da diversi elementi di illegittimita' nella applicazione della disciplina di settore. In primo luogo, da una errata interpretazione ed applicazione della legge n. 386/90 (violazione artt. 8, 10-bis e 3 l. cit. in considerazione del fatto proprio la Societa' convenuta ha certificato e dichiarato la prova dell'avvenuto pagamento, documentata in atti, si' che l'attivazione degli adempimenti di cui agli artt. 8 e 10-bis della l. cit. non sarebbe stata necessaria rendendo; in tal modo, l'intervenuta irrogazione degli obblighi dovuti ex art. 3 l. cit. assolutamente illegittima. In secondo luogo, da una errata interpretazione ed applicazione del decreto legislativo n. 196/03 (violazione artt. 15 ex art. 2050 C.C., 23, 117-119 e 152 decreto legislativo derivante dalla circostanza documentale, e documentata in giudizio, che Societa' convenuta si e': arrogata l'autonomo diritto di divulgare informazioni inerenti dati personali di un soggetto nei confronti di terzi che non intrattenevano con questi alcun rapporto aderente la tenuta del c/c interessato dagli eventuali provvedimenti, nonche' di operare in tale direzione ancor prima di avere notificato al diretto interessato le necessarie comunicazioni. Poste Italiane si costituiva chiedendo il rigetto della domanda, affermando, tra l'altro, che il titolo tratto dall'attore, veniva regolato con procedura check truncation il 2 ottobre 2007 da Banca Intesa San Paolo ed ha ricevuto messaggio d'impagato per difetto di provvista ai sensi dell'art. 2, legge n. 386/1990, essendoci sul conto un saldo contabile di € 6.200,91 a fronte di un saldo disponibile di € 950,91 rilevato dall'e/c prodotto; come previsto dalle condizioni economiche di c/c, esposte nel foglio informativo, la disponibilita' del versamento degli assegni postali avviene dopo 4 giorni lavorativi bancari; successivamente alla presentazione in stanza di compensazione di Roma, in data 8 ottobre 2007, confermato il precedente messaggio d'impagato, il titolo era poi addebitato per il solo importo facciate dal momento che era subentrata disponibilita' di credito per la maturazione di altri titoli giacenti sul rapporto; il difetto di provvista cosi' rilevato prima facie costringeva quindi l'Istituto di Credito, ai sensi dell'art. 9 bis 386/90 ad inviare al correntista - in data 15 ottobre 2007 - preavviso di revoca emissione assegni con le avvertenze previste dalla normativa azionata. In particolare la convenuta ha evidenziato che la disposizione contenuta nell'art. 9, lett. b), legge n. 386/90, nella parte in cui dispone che, in ipotesi di difetto di provvista, l'iscrizione del nominativo del traente nell'archivio informatizzato previsto nel successivo art. 9 bis l. cit., sia effettuata quando e' decorso il termine stabilito dall'art. 8 senza che il traente abbia fornito la prova dell'avvenuto pagamento, deve essere interpretata alla luce di quanto disposto dall'art. 8 della medesima legge che a sua volta stabilisce che le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza dei termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente. Il riferimento all'art. 8, cosi' come contenuto nel successivo art. 9, non va quindi inteso limitatamente al solo termine di scadenza ivi previsto, ma va interpretato piu' ampiamente, nel senso che per evitare l'iscrizione nell'archivio informatico, il traente non e' tenuto al solo pagamento dell'assegno, ma anche al pagamento degli interessi, della penale ed altro. A conforto di tale tesi, la convenuta ha altresi' sostenuto che in ipotesi di assegno emesso senza copertura l'obbligato e' comunque tenuto al pagamento degli interessi e delle spese ex art. 50, R.D. 17363/33 (rectius, e non 1173/33) ed art. 1196 c.c., si' che la sola corresponsione della somma indicata sul titolo non sarebbe neppure idonea a determinare l'estinzione del debito principale, alla luce dei criteri d'imputazione previsti dall'art. 1194 c.c. All'udienza di comparizione i procuratori delle parti chiedevano rinvio della causa ai sensi dell'art. 320 c.p.c. con facolta' di deposito di memorie sino all'udienza. Alla successiva udienza di trattazione del 16 gennaio 2009, la difesa dell'attore, alla luce dei piu' recenti orientamenti della Corte costituzionale (segnatamente, Corte Cost. ord. 27/07/2006 n. 319; Corte Cost. ord. 30/07/1997 n. 299); in tema di titoli di credito e sanzioni amministrative, sollevava questione di legittimita' costituzionale, preliminare e sopravvenuta in relazione alle eccezioni e deduzioni formulate dalla convenuta in prima udienza. Sulla questione cosi' sollevata, le parti su invito del Giudice precisavano le conclusioni all'udienza del 21 dicembre 2009 ed il Giudice poneva sul punto la causa in decisione. Motivi della decisione Il Giudice di Pace ritiene sussistenti i presupposti per sollevare d'ufficio, previa riqualificazione giuridica dei presupposti di formulazione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 8 ed 8-bis, 9-bis e 3 legge n. 386/1990, nel loro combinato disposto integrale con gli art. 1829 c.c. nonche' gli artt. 32 e 50 R.D. 1736/1933 in relazione agli artt. 2-3, 24-25 e 41 della Costituzione, in quanto per tale veste disposizioni applicabili alla disciplina della fattispecie in esame. Secondo tali disposizioni: art. 8 l. cit. - "Pagamento dell'assegno emesso senza provvista dopo la scadenza del termine di presentazione. - 1. Nei casi previsti dall'art. 2, le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente. 2. Il pagamento puo' essere effettuato nelle mani del portatore del titolo o presso lo stabilimento trattario mediante deposito vincolato al portatore del titolo, ovvero presso il pubblico ufficiale che ha levato il protesto o ha effettuato la constatazione equivalente. 3. La prova dell'avvenuto pagamento deve essere fornita dai traente allo stabilimento trattario o, in caso di levata del protesto o di rilascio della constatazione equivalente, al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del rapporto mediante quietanza del portatore con firma autenticata ovvero, in caso di pagamento a mezzo di deposito vincolato, mediante attestazione della banca comprovante il versamento dell'importo dovuto. 4. Il procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative non puo' essere iniziato prima che sia decorso il termine per il pagamento indicato nel comma - art. 8-bis, l. cit. - "Procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative". - 1. Nei casi previsti dall'articolo 1, se viene levato il protesto o effettuata la constatazione equivalente, il pubblico ufficiale trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il prefetto viene direttamente informato dal trattario. 2. Nei casi previsti dall'art. 2, il trattario da' comunicazione del mancato pagamento ai pubblico ufficiale che deve levare il protesto o effettuare la constatazione equivalente; il pubblico ufficiale, se non e' stato effettuato il pagamento dell'assegno nel termine previsto dall'art. 8, trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il trattario, decorso inutilmente il termine previsto dall'art. 8, informa direttamente il prefetto territorialmente competente. 3. Entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o dell'informativa il prefetto notifica all'interessato gli estremi della violazione a norma dell'art. 14, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Se l'interessato risiede all'estero il termine per la notifica e' di trecentosessanta giorni. 4. L'interessato, entro trenta giorni dalla notifica, puo' presentare scritti difensivi e documenti. 5. Il prefetto, dopo aver valutato le deduzioni presentate, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, ovvero emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti. 6. Si applicano, per quanto non previsto dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni, in quanto compatibili". Art. 9-bis l. cit. - "Preavviso di revoca. - 1. Nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell'art. 8 senza che abbia fornito la prova dell'avvenuto pagamento, il suo nominativo sara' iscritto nell'archivio di cui all'articolo 10-bis e che dalla stessa data gli sara' revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni. Con la comunicazione il traente e' invitato a restituire, alla scadenza del medesimo temine e sempre che non sia effettuato il pagamento, tutti i moduli di assegno in suo possesso alle banche e agli uffici postali che li hanno rilasciati. 2. La comunicazione e' effettuata presso il domicilio eletto dal traente a norma dell'art. 9-ter entro il decimo giorno dalla presentazione ai pagamento del titolo, mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero con altro mezzo concordato tra le parti di cui sia certa la data di spedizione e quella di ricevimento. 3. Anche in deroga a quanto stabilito dall'art. 9, comma 2, lettera b), l'iscrizione del nominativo del traente nell'archivio non puo' aver luogo se non sono decorsi almeno dieci giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. 4. La comunicazione si ha per effettuata ove consti l'impossibilita' di eseguirla presso il domicilio eletto. 5. Se la comunicazione non e' effettuata entro il termine indicato nel comma 2, il trattario e' obbligato a pagare gli assegni emessi dal traente dopo tale data e fino al giorno successivo alla comunicazione, anche se manca o e' insufficiente la provvista, nei limite di lire venti milioni per ogni assegno"; -art. 10-bis l. cit. - "Archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari. - 1. Al fine del regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, e' istituito presso la Banca d'Italia un archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento, nel quale sono inseriti i seguenti dati: a) generalita' dei traenti degli assegni bancari o postali emessi senza autorizzazione o senza provvista; b) assegni bancari e postali emessi senza autorizzazione o senza provvista, nonche' assegni non restituiti alle banche e agii uffici postali dopo la revoca dell'autorizzazione; c) sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie applicate per l'emissione di assegni bancari e postali senza autorizzazione o senza provvista, nonche' sanzioni penali e connessi divieti applicali per l'inosservanza degli obblighi imposti a titolo di sanzione amministrativa accessoria; d) generalita' del soggetto al quale e' stata revocata l'autorizzazione all'utilizzo di carte di pagamento; e) carte di pagamento per le quali sia stata revocata l'autorizzazione all'utilizzo; l) assegni bancari e postali e carte di pagamento di cui sia stato denunciato il furto o lo smarrimento. 2. La Banca d'Italia, quale titolare del trattamento dei dati, puo' avvalersi di un ente esterno per la gestione dell'archivio, secondo quanto previsto dall'art. 8, della legge 31 dicembre 1996, n. 675. 3. Il soggetto interessato ha diritto ad accedere alle informazioni che lo riguardano contenute nell'archivio e di esercitare gli altri diritti previsti dall'art. 13, della legge 31 dicembre 1996, n. 675. 4. I prefetti, le banche, gli intermediari finanziari vigilati e gli uffici postali possono accedere alle informazioni contenute nell'archivio per le finalita' previste dalla presente legge e per quelle connesse alla verifica della corretta utilizzazione degli assegni e delle carte di pagamento. L'autorita' giudiziaria ha accesso diretto alle informazioni contenute nell'archivio, per lo svolgimento delle proprie funzioni". - Art. 3 l. cit. - "Clausola penale. - 1. Nei casi previsti dall'art. 2 il mancato pagamento, anche solo parziale, dell'assegno bancario presentato in tempo utile obbliga l'emittente a corrispondere al prenditore o al giratario che agisce nei suoi confronti per il pagamento dei titolo una penale pari al dieci per cento della somma dovuta e non pagata. 2. L'assegno bancario ha gli effetti di titolo esecutivo anche per la somma rappresentante la penale". Art. 1829 c.c. - "Crediti verso terzi. - Se non risulta una diversa volonta' delle parti, l'inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola "salvo incasso". In tal caso, se il credito non e' soddisfatto, il ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto reintegrando nelle sue. ragioni colui che ha fatto la rimessa. Puo' eliminare la partita dal conto anche dopo aver infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore"; art. 50, R.D. 1736133 - "Del regresso per mancato pagamento. - Il portatore puo' chiedere in via di regresso: 1) l'ammontare dell'assegno bancario non pagato; 2) gli interessi al tasso legale dal giorno della presentazione; 3) le spese per il protesto o la constatazione equivalente, quelle per gli avvisi dati e le altre spese". art. 32, R.D. 1736133 - "Della presentazione e del pagamento. - L'assegno bancario deve essere presentato al pagamento nel termine di otto giorni se e' pagabile nello stesso comune in cui fu emesso, di quindici giorni se pagabile in altro comune del Regno; di trenta giorni se e' pagabile nei territori comunque soggetti alla sovranita' italiana compresi nei bacino del Mediterraneo; di sessanta giorni se e' pagabile negli altri territori soggetti alla sovranita' italiana. L'assegno bancario emesso in un paese diverso da quello nel quale e' pagabile deve essere presentato entro il termine di venti giorni o di sessanta giorni a secondo che il luogo di emissione e quello di pagamento siano nello stesso o in diversi continenti. A questo effetto gli assegni bancari emessi in un paese di Europa e pagabili in un paese litoraneo del Mediterraneo o viceversa sono considerati come assegni bancari emessi e pagabili nello stesso continente. I termini suddetti decorrono dal giorno indicato nell'assegno bancario come data di emissione". Le norme violate dalle disposizioni impugnate sono gli artt. 2-3, 24-25 e 41 della Costituzione della Repubblica italiana. Nel presente giudizio civile la questione di legittimita' costituzionale dell'impugnato testo di legge, nella sua lettura integrata, e' rilevante in quanto dalla decisione della stessa dipende il contenuto della pronuncia che questo giudicante si e' riservato di prendere stille richieste della difesa attorea e, piu' in generale, sull'istruzione della causa. I punti sotto i quali e' necessario focalizzare l'esatta natura della fattispecie in esame sono diversi e possono cosi' sintetizzarsi: (a) la legittimita' dei provvedimenti informativi ex art. 9-bis l. cit. assunti da Poste Italiane nei confronti di soggetto estraneo al rapporto controverso; (b) la tardivita' dei provvedimenti informativi assunti da Poste Italiane nei confronti del correntista intimato; (e-,) la imposizione del pagamento della clausola penale in favore di un beneficiario non piu' creditore, e non agente, sotto minaccia di segnalazione amministrativa; (C-2) l'adempimento tardivo del correntista; (C-3) la mancata iscrizione pregiudizievole nonostante il ritardo; (d) la revoca dell'autorizzazione ad emettere assegni applicata al cointestatario di diverso rapporto: (e) la mancanza del requisito soggettivo previsto dall'art. 3 l. cit. per l'applicazione della clausola penale, ossia la mancanza di un prenditore agente; (f) la presenza di un pagamento a soddisfo del facciate in favore del primo ed unico beneficiario, senza presenza di storno in conto e con uguale applicazione di servizio commissioni impagato; (g) la attivazione delle procedure ex art. 3 l. cit., allorquando il titolo era gia' stato pagato, cosi come ammesso dalla stessa convenuta. L'esame di codesti aspetti travalica ampiamente le ipotesi gia' esaminate dall'On.le Collegio con le pronunce interinali sopra richiamate, condivise da questo giudicante nella esposizione dei principi di diritto ivi sanciti. L'ipotesi, infatti, va oltre la mera illegittimita' costituzionale della norma allorche' essa impone per non darsi luogo all'iscrizione del nominativo del traente nell'archivio informatica della Banca d'Italia (e la conseguente revoca di ogni autorizzazione a emettere assegni) - che, entro il termine di cui all'art. 8 della stessa legge, venga fornita la prova dell'avvenuto pagamento dell'assegno, invece di ritenere sufficiente, a questi fini che, nel rispetto dei limiti temporali innanzi indicati, il titolo sia stato effettivamente pagato. La diversa chiave di lettura imposta dal caso in esame muove dalla circostanza che la procedura afflittiva e' stata (a) attivata con la sua comunicazione al traente solo allorquando il titolo era gia' stato pagato e - in ogni caso - (b) in assenza dei requisiti soggettivi imposti dall'art. 3 l. cit., ossia in mancanza di un creditore agente in recupero dell'importo facciate. Questi elementi, secondo il dato testuale del provvedimento normativo in parola, devono essere considerati a priori - a monte - delle stesse procedure afflittive previste dagli artt. 8/8-bis, 9-bis e 10-bis l. cit. come elemento sostanziale per la corretta applicazione delle metodologie operative delle operazioni di irrogazione. Difettando i presupposti per l'applicabilita' delle sanzioni, nessun procedimento puo' essere iniziato - lo stesso dato testuale dell'impianto che suggerisce codesta conclusione. Infatti, l'art. 8, comma 1 l. cit. dispone che "nei casi previsti dall'art. 2, le sanzioni amministrative non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente (nda, al creditore che procede, art. 3 l. cit.)". E' sempre lo stesso art. 8, comma 4, l. cit. dispone che "Il procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative non puo' essere iniziato prima che sia decorso il termine per il pagamento indicato nel comma 1". A fortiori esso non puo', e non deve, essere avviato nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato prima dell'avvio delle procedure di comunicazione ed in assenza di un creditore che procede. In ordine a tale ultima ipotesi, carente questo preliminare requisito, neppure la clausola penale puo' essere applicata, a maggior ragione intimata dall'Istituto di credito, qualora non vi sia un creditore agente per il recupero delle somme portate dal titolo, nonostante la sua funzione pubblicistica, in quanto non piu' sussistendo l'impagato per difetto di provvista non vi e' piu' un creditore Ora, la maggior parte delle circostanze che questo Decidente si trova a dovere affrontare muovono specularmente dalle asserzioni difensive delle parti e dalla produzione da questi offerta. Parte attrice ha documentalmente dimostrato le ragioni per le quali duole il pregiudizio sofferto; di contro, parte convenuta - nelle proprie alienazioni difensive - ha espressamente dichiarato che, sebbene l'attore - traente avesse ottemperato con ritardo al pagamento della clausola penale ovvero alla sua comunicazione all'istituto di credito Poste Italiane S.p.a., quest'ultimo non ha posto in essere alcun procedimento afflittivo. La circostanza si appalesa come manifesta disparita' di trattamento tra i soggetti che, emesso un titolo senza provvista, non adempiono nel termine agli obblighi derivanti ex art. 3 l. cit. e non comunicano tali adempimenti all'Istituto segnalante; e coloro che, emesso un titolo senza provvista, adempiono nel termine agli obblighi derivanti ex art. 3 l. cit. ma non comunicano, ovvero comunicano in ritardo, tali adempimenti all'Istituto segnalante. Sotto tale profilo la norma di disciplina e' testualmente chiara al contenuto delle previsioni ex art. 8 ed 8-bis l. cit. Diversamente, in relazione alla fattispecie in esame, e' dato osservare come l'Istituto di credito abbia agito in veste di autorita' competente ex art. 4 l. cit. intimando l'adempimento della clausole a pena e pur non avendone competenza e, nonostante le irregolarita' del traente, discrezionalmente arroccandosi il diritto - potere di obliterare al contenuto delle disposizioni procedimentali in caso di mancata comunicazione. E allora delle due l'una, o l'art. 3 l. cit. e' applicabile in ogni caso ed a qualunque ipotesi anche in assenza del requisito soggettivo, oppure no. Ancora. O, ai sensi dell'art. 4 l. cit. per autorita' competente - nell'ambito di un rapporto terzo fra creditore e debitore - deve riconoscersi potere anche all'istituzione bancaria al fine di "intimare" irrogazione delle sanzioni nel difetto dello spontaneo adempimento alta clausola penale, oppure no. In tal caso, In assenza di tale potere, l'ufficio di credito deve (e non dovrebbe) limitarsi solo agli adempimenti ad esso derivanti dalla disposizione ex art. 9-bis l. cit. senza poteri in ordine alla clausola penale diversamente ponendosi parte di un rapporto debito-credito al quale e' estranea. Ove cosi' non fosse, nell'ipotesi identica a quella di specie, sarebbe di assoluta evidenza il vuoto normativo e la conseguente disparita' di trattamento per l'arbitraria assimilazione al dettato normativo di soggetti che, onorato il capitale prima del procedimento di preavviso, vedano intimarsi successivamente dal proprio istituto di credito l'ulteriore pagamento della clausola penale in favore di un beneficiario non piu' creditore agente (ammesso che lo sia mai stato anche per un istante.). Giusto perche' a questo Decidente, giudice "a quo", incombe l'obbligo di descrivere compiutamente la fattispecie cosi' da consentire il sindacato di incostituzionalita' delle disposizioni censurande da parte della Corte, e' di palmare importanza sottolineare in questo provvedimento come, dalla difesa della convenuta azienda di credito sia emerso che l'intimazione all'adempimento della clausola penale non sia stato legittimo poiche' essa ha agito d'imperio assimilando codesta fattispecie a quella della effettiva emissione del titolo in permanenza di difetto della provvista e non considerando che alla data del preavviso di revoca non sussistesse piu' un creditore beneficiario. E' altresi' di particolare importanza evidenziare come, seguendo la logica d'imperio adottata da Poste Italiane S.p.a., alla omissione del traente non ha fatto seguito alcuna segnalazione e trasmissione del nominativo di quegli all'archivio della Banca d'Italia. L'istituto di credito quindi non vi ha provveduto ne' anteriormente ne' successivamente alla prova del pagamento, fornita in ritardo dal traente. - Art. 2-3 e 41 Cost. La disparita' di trattamento cui quest'ultimo e' stato sottoposto appalesa illegittima applicazione di norme di legge, usata in modo univoco innanzi a fattispecie assolutamente opposte con limitazione, restrizione e violazione degli artt. 2, 3 e 41 Cost. Ad adiuvare codesta linea interpretativa sovvengono le disposizioni di cui agli artt. 50 e 32, R.D. 1736/1933. La prima delle due norme, disciplinando i poteri del portatore in regresso, sostanzialmente trova conferma temporale nella lettera dell'art. 3 - legge n. 386/90 del quale consente migliore e piu' ampia interpretazione. La clausola penale non e' obbligo istituzionale ma e' obbligo del debitore innanzi alla facolta' azionata dal creditore che agisce per il recupero del credito 50" - il portatore puo' chiedere..." in presenza di pagamento spontaneo del debitore e di' accettazione del creditore, che piu' non agisce, prima della notifica dei comunicati ex art. 9-bis l. 386/90 non puo' piu' intimarsi applicazione della ulteriore clausola penale da parte del terzo sotto comminatoria di avvio del procedimento di irrogazione delle sanzioni. La seconda delle due norme, disciplinando la fase della presentazione e del pagamento al portatore beneficiario, offre una chiave di lettura diversa a quella sostenuta dalla convenuta Poste Italiane S.p.a. Quest'ultima asserisce infatti, richiamando la vigenza delle condizioni economiche di conto corrente e del relativo foglio informativo (atti espressione di volonta' negoziale unilaterale assimilabili alla proposta di contratto, quindi non fonte normativa di origine legislativa) che il versamento di un assegno si presume effettuato "salvo buon fine" ai sensi dell'art. 1829 c.c. e tale clausola comporterebbe che il rimettente acquisti la disponibilita' della somma da esso portata solo dopo il suo effettivo pagamento. Su tale assunto, la parte convenuta ha rilevato che il versamento in effettuato dal correntista presso altro ufficio diverso da quello di radicamento, cosicche' qualora il beneficiario avesse voluto avere la disponibilita' immediata della somma avrebbe dovuto negoziare il titolo presso l'ufficio di radicamento del conto traente. L'obiezione a parere di questo Decidente appare destituita di pregio poiche' tale estensione all'interpretazione della norma violerebbe la lettera dell'art. 32 R.D. 1736/1933 parte seconda "32..., di quindici giorni se pagabile in altro comune del Regno...". La testuale applicazione di tale periodo della norma citata, allo stato non abrogata ne espunta dall'ordinamento giuridico vigente, indica e sta a significare che al giorno di pagamento dell'importo facciate, durante la gestione del periodo di impagato, avendo il beneficiario incassato l'effetto postale dal comune di Milano, il termine utile di pagamento era di quindici giorni e non di otto. Con cio' trovando giustificazione il pagamento dell'importo facciate alla data dell'8 settembre 2009 come momento temporale antecedente all'avvio delle procedure di preavviso che, allorquando giunte a conoscenza del traente erano gia' state di gran lunga superate dalla sopravvenuta disponibilita' delle provviste entro il termine richiesto proprio dall'art. 32 R.D. cit. Cio' vuole significare che gli impugnati provvedimenti normativi, applicati in modo univoco in situazioni difformi dagli Istituti di credito hanno riservato, e continuano a riservare, un ingiustificato trattamento di favore per le Banche e gli altri Enti Creditizi - che, sotto l'intimazione della comminatoria di maggiori sanzioni, intervengono da terzi in rapporti obbligatori a loro estranei, assumendo mola proprio quella qualifica di autorita' competenti alla vigilanza che nessuna norma ha loro riconosciuto caratterizzandosi come espressione di pericolo assimilabile agli effetti degli artt. 1434-1435 e ss. c.c. nonche' art. 610 c.p. La continuativa autorizzazione di tali atteggiamenti all'interno della collettivita' produttiva privata ad opera dei poteri forti rappresentati da Banche ed altri Enti Creditizi consente di privare la collettivita' di uno strumento di lotta alle forme piu' subdole di intimidazione, quella praticata per mezzo di apparentemente innocui congegni contrattuali o legislativi deformati dalla prassi applicativa, dei quali a rimanere vittima e' quasi sempre il semplice consumatore; vale a dire quel cittadino che non vive di rendite di posizione, ma solo del proprio quotidiano lavoro, quello sul quale, secondo l'art. 1 della Costituzione, e' fondata la nostra Repubblica Democratica. Invero, un'interpretazione proveniente dal legislatore si rende necessaria solo quando si vengono a determinare tra gli operatori del diritto contrasti in ordine al significato di una legge o alle sue conseguenze giuridiche, cosa costantemente verificatasi per la legge n. 386/90. Anzi, la soluzione adottata dalla prassi contrasta apertamente con l'interpretazione unanimemente data dal linguaggio adottato dal legislatore. L'irragionevolezza delle norme impugnate appare "ictu oculi" evidente se si considera che, nella controversia in esame, applicandola, consentirebbe ad un Giudice di Pace della Repubblica una pronuncia di rigetto della domanda attore con riconoscimento del legittimo operato di Poste Italiane nella circostanziata applicazione della procedura di irrogazione delle sanzioni (ugualmente non comminate) nonostante le omissioni e/o i ritardi dei traente. Art. 24 Cost. Per gli stessi motivi risulta violato l'art. 24 della Costituzione, atteso che tutti coloro, probabilmente non molti, che hanno avuto la forza, il coraggio e l'intuito giuridico di opporsi in un giudizio contro codesta prassi operativa posta in essere dalle Banche e dagli altri Enti Creditizi si vedono lesi nel diritto alla tutela giurisdizionale nella quale avevano confidato in base al diritto vigente. Risulta cosi' frustrata la tutela giurisdizionale di diritti lesi dalla reiterazione di condotte consapevolmente finalizzate ad una sorta di Intervento impositivo da parte di autorita' incompetenti, e non riconosciute legislativamente, nel farsi portatori di un interesse ultra contrattuale in assenza dei requisiti soggettivi previsti dalle norme sostanziali di disciplina ed in concomitanza ai limiti procedimentali delle disposizioni attuative della legge n. 386/1990 descritte in narrativa, cosi necessitandosi l'individuazione di un criterio oggettivo per l'individuazione del limite oltre il quale la imposizione dei pagamenti della clausola penale sotto comminatoria di degnazione alla centrale dei rischi di Banca d'Italia integra l'illegittimita' di un comportamento oggettivamente perseguibile in sede civile nonche' una condotta assimilabile alle ipotesi di violenza privata in sede penale. Art. 25 Cost. L'art. 25 della Costituzione, da ritenersi norma non solo di principio, e' violato perche' con l'applicazione pragmatica delle impugnate disposizioni non si protegge il cittadino consumatore che, di fatto, nelle ipotesi identiche a quella in esame, viene a trovarsi punito - in forma preventiva in assenza di una precisa disciplina normativa che regoli l'ipotesi di settore. L'atteggiamento cosi' posto in essere da Banche ed altri Enti Creditizi deflette e scoraggia l'accesso al credito e alla iniziativa economica privala, alla quale notoriamente il lavoratore, il consumatore, il cittadino, od anche un semplice professionista, accede quale strumento di vita quotidiana in diretta relazione alle condizioni quotidiane ed attuali del credito a consumo. Viceversa, dall'ammissibilita' dell'atteggiamento vessatorio posto in essere da Banche ed altri Enti Creditizi l'unica tutela riconosciuta viene concessa giusto alla condotta dei banchieri piu' arroganti che non si fanno mai carico, da contraenti forti, della prevedibile evoluzione in senso vessatorio degli effetti delle prassi operative bancarie sulla vita dei cittadini, come doverosamente sarebbero tenuti a fare in base all'ordinamento e segnatamente subito dopo l'entrata in vigore della legge n. 386/1990. Tanto piu' se si considera che: 1) negli anni successivi all'entrata in vigore della legge n. 386/1990 la Corte di Cassazione ha avuto modo di soffermarsi sull'interprestazione piu' estensiva dell'art. 3 l. cit. arrivando a statuire il consolidato principio secondo il quale (solo) nell'ipotesi di emissione a vuoto di assegni bancari non e' consentita la rinuncia alla penale di cui all'art. 3, legge n. 386 del 1990, non trattandosi di misura posta ad esclusivo vantaggio del creditore cartolare; 2) la natura della clausola penale ex art. 3 l. cit. si differenzia da quella disciplinata dall'art. 1382 c.c. che costituisce pattuizione accessoria al contratto, per la sua natura pubblicistica poiche' gia' inerendo alla procedibilita' dell'azione penale, attraverso la sanzione del pagamento della immodificabile percentuale del 10% dell'importo dell'assegno mirava a dissuadere dalla commissione del reato di emissione di assegni senza provvista, unica ipotesi codificata. Principio di diritto: Dica la Corte se l'interpretazione della legge n. 386/1990 in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 8 ed 8-bis, 9-bis e 3 legge n. 386/1990, nel loro combinato disposto integrale con gli art. 1829 c.c. nonche' gli artt. 32 e 50 - R.D. 1736/1933, laddove applicate in ipotesi di cd. "check trunckaction" mediante canali telematici, pur soddisfacendo il creditore beneficiario, violando gli artt. 2-3, 24-25 e 41 della Costituzione, legittimino (o meno) l'Azienda di Credito a: (1) trattenere dal conto corrente del debitore somme di danaro a titolo di «servizio commissioni per impagato assegno» senza avere dato preventiva comunicazione al debitore proprio cliente dell'intervenuta ri-negoziazione del titolo; (2) trattenere dal conto corrente del debitore somme di danaro a titolo di «servizio commissioni per impagato assegno» anche nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; (3) trattenere dal conto corrente del debitore somme di danaro a titolo di «oneri accessori» ex art. 3, legge n. 386/1990 anche nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; (4) "minacciare" il debitore l'avvio della procedura CAI in caso di mancata osservanza del termine sancito dall'art. 8 l. cit. anche nell'ipotesi in cui il titolo sia stato pagato e non stornato; (5) non avvertire il debitore che la procedura CAI e' stata interrotta anche nell'ipotesi di mancata trasmissione dei documenti richiesti dall'Azienda di Credito sebbene ottenuti dal debitore entro il medesimo termine; (6) avviare la procedura prevista dalle norme citate prima di averne dato comunicazione al titolare del rapporto di conto corrente interessato secondo le medesime disposizioni applicate a titolo preventivo; (7) omettere regolare comunicazione di blocco della avviata procedura ex legge n. 386/1990 nell'ipotesi in cui il traente abbia pagato l'intero debito ed i suoi accessori attraverso i canali telematici gestiti dalla medesima Azienda di Credito e non altri; (8) omettere regolare comunicazione di blocco della avviata procedura ex legge n. 386/1990 nell'ipotesi in cui il traente abbia pagato l'intero debito ed i suoi accessori attraverso i canali ordinari gestiti da terzi ed in data successiva al termine di cui all'art. 8, della legge n. 386/1990.
P. Q. M. 1) Solleva questione di legittimita' costituzionale degli artt. 8 ed 8-bis, 9-bis e 3 legge n. 386/1990, nel loro combinato disposto integrale con gli art. 1829 c.c. nonche' gli artt. 32 e 50 - R.D. 1736/1933 in relazione agli artt. 2-3, 24-25 e 41 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui in motivazione; 2) Sospende il procedimento in corso; 3) Dispone la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato; 4) Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Acireale, 15 gennaio 2010 Il Giudice di pace: Floritta Il G.d.P. ordina la correzione al rigo 6 del presente provvedimento, in modo da leggersi anziche' "sentenza" "ordinanza". Acireale, 3-X-2011 Il Giudice di pace: Zappala'