N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 2014

Ordinanza del 7 maggio 2014 emessa  dalla  Corte  costituzionale  sul
ricorso proposto dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana
contro la Regione siciliana. 
 
Corte costituzionale - Questioni di  legittimita'  costituzionale  in
  via principale - Mantenimento del regime di controllo  sulle  leggi
  regionali siciliane previsto dallo Statuto speciale  della  Regione
  Siciliana - Prevista inapplicabilita' del  piu'  favorevole  regime
  previsto  dall'art.  127  Cost.   -   Questione   di   legittimita'
  costituzionale sollevata dalla Corte costituzionale davanti  a  se'
  stessa dell'art. 31, comma 2, della legge  11  marzo  1953,  n.  87
  (Norme  sulla  costituzione  e  sul   funzionamento   della   Corte
  costituzionale),  limitatamente  alle  parole  "ferma  restando  la
  particolare forma di controllo delle leggi prevista  dallo  Statuto
  speciale della Regione Siciliana"),  in  riferimento  all'art.  127
  Cost. e all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.
  3. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87,  art.  31,  comma  2,  come  sostituito
  dall'art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
- Costituzione, art. 127; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
  art. 10. 
(GU n.21 del 14-5-2014 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della  delibera  legislativa  relativa  al
disegno di legge n. 579-607, stralcio 1-623 (Disposizioni finanziarie
urgenti   per   l'anno   2013.   Disposizioni    varie),    approvata
dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19 novembre 2013,
promosso dal Commissario dello Stato per  la  Regione  siciliana  con
ricorso notificato il 27 novembre 2013, depositato in cancelleria  il
5 dicembre 2013 ed iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2013; 
    Udito nella camera di consiglio del  12  marzo  2014  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella; 
    Ritenuto: 
        che, con ricorso notificato il 27 novembre 2013 e  depositato
nella cancelleria di questa Corte il successivo 5 dicembre  2013,  il
Commissario dello Stato per la  Regione  siciliana  ha  promosso,  in
riferimento agli artt. 3, 51, 81,  quarto  comma,  97,  117,  secondo
comma, lettera l), e terzo comma, della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  delibera  legislativa
relativa al disegno di legge n. 579-607, stralcio I-623 (Disposizioni
finanziarie urgenti per l'anno 2013. Disposizioni  varie),  approvata
dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19 novembre 2013; 
        che il ricorrente Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
siciliana impugna la disposizione richiamata, asseritamente  definita
di interpretazione autentica dell'art. 38 della legge  della  Regione
siciliana  15  maggio  2013,  n.  9  (Disposizioni  programmatiche  e
correttive  per  l'anno  2013.  Legge   di   stabilita'   regionale),
lamentando  che  essa  avrebbe   natura   innovativa   ed   efficacia
retroattiva, determinando un ampliamento  indefinito  e  indefinibile
della platea dei  destinatari  della  disciplinata  prosecuzione  del
rapporto di lavoro; 
        che il ricorrente lamenta che il  richiamato  art.  38  della
legge reg. Sicilia n. 9  del  2013  avrebbe  infatti  autorizzato  la
prosecuzione dei contratti di lavoro a tempo determinato fino  al  31
dicembre 2013 soltanto per coloro i quali  avessero  un  rapporto  di
lavoro in essere alla data del 30 novembre  2012,  in  conformita'  a
quanto previsto dall'art. 1, comma 400, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello  Stato  -  legge  di  stabilita'  2013),  il  quale
consente di prorogare soltanto i contratti di  lavoro  subordinato  a
tempo determinato in essere  alla  data  del  30  novembre  2012  che
superavano il limite di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi  di
cui all'art. 5, comma 4-bis,  del  decreto  legislativo  6  settembre
2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE   relativa
all'accordo  quadro  sul  lavoro   a   tempo   determinato   concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), previo  accordo  decentrato  con  le
organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato; 
        che, ad avviso del ricorrente, da quanto detto seguirebbe che
la norma impugnata, fornendo  un'interpretazione  della  disposizione
statale  nel  senso  di  includervi  anche  i  contratti  di   lavoro
«assistiti» - termine, secondo il ricorrente,  non  riconducibile  ad
una  precisa  categoria  giuridica  -  amplierebbe,  in  misura   non
predeterminatile, l'elenco dei soggetti  beneficiari  della  proroga,
con cio' consentendo l'instaurarsi ope legis  di  nuovi  rapporti  di
lavoro subordinato e violando gli artt. 3, 51 e 97 Cost., in tema  di
buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione  e  di
selezione pubblica in condizioni  di  eguaglianza  per  l'accesso  ai
pubblici uffici; 
        che, con un secondo ordine di doglianze, il ricorrente deduce
anche la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., atteso che  la
disposizione censurata si porrebbe  in  contrasto  con  il  principio
fondamentale della materia  di  potesta'  concorrente  «coordinamento
della  finanza  pubblica»  posto   dall'alt.   9,   comma   28,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122, che fissa limiti precisi  circa  l'instaurazione
di nuovi rapporti di lavoro,  nonche'  dell'art.  81,  quarto  comma,
Cost., non avendo il legislatore regionale  quantificato  l'ammontare
della  spesa  derivante  dalla  norma  impugnata,  ne'   le   risorse
finanziarie con cui provvedere alla relativa copertura; 
        che,   successivamente    all'impugnazione,    la    delibera
legislativa in questione e' stata promulgata e  pubblicata  (Gazzetta
Ufficiale della  Regione  siciliana  del  6  dicembre  2013,  n.  54,
supplemento ordinario n. 30) come legge  della  Regione  siciliana  5
dicembre 2013, n. 21 (Disposizioni  finanziarie  urgenti  per  l'anno
2013. Disposizioni varie) - i cui lavori preparatori sono riferiti al
disegno di legge n. 579-607, stralcio I623, approvato  dall'Assemblea
regionale siciliana nella seduta del 19 novembre 2013 - con omissione
della disposizione oggetto di censura; 
        che dal contenuto di detta legge regionale si evince  che  la
disposizione impugnata nel presente giudizio di  costituzionalita'  -
ovvero l'art. 4 della delibera  legislativa  relativa  al  richiamato
disegno di legge - risulta essere stata omessa «in  quanto  impugnata
dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto»; 
    Considerato: 
        che,  ai  fini  dell'esame  della   questione   relativa   al
richiamato art. 4, come definita dal ricorso  che  ha  instaurato  il
presente  giudizio,  e'  preliminarmente  necessario  affrontare   il
profilo dell'ammissibilita' dell'impugnazione, in via principale,  da
parte del Commissario dello Stato  per  la  Regione  siciliana  delle
norme delle delibere legislative approvate  dall'Assemblea  regionale
siciliana, allo stesso pervenute ai  sensi  dell'art.  28  del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), il  quale  dispone  che  «Le  leggi
dell'Assemblea   regionale   sono   inviate    entro    tre    giorni
dall'approvazione al Commissario dello Stato, che entro i  successivi
cinque giorni puo' impugnarle davanti l'Alta Corte»; 
        che  la  figura  del  Commissario  dello  Stato  e'  prevista
dall'art. 27 dello statuto speciale di autonomia, a tenore del  quale
«Un Commissario, nominato dal Governo dello  Stato,  promuove  presso
l'Alta Corte i giudizi di cui agli artt. 25 e 26»; 
        che gli indicati artt. 27 e  28  del  medesimo  statuto  sono
stati formulati nel quadro  del  sistema  di  controllo  delle  leggi
delineato dal medesimo statuto; 
        che il regime  da  questo  previsto  era  contrassegnato  dai
seguenti caratteri principali: competenza dell'Alta  Corte,  composta
di membri «nominati in pari numero dalle Assemblee legislative  dello
Stato   e   della   Regione»   (art.   24),   a   giudicare    «sulla
costituzionalita'»:   a)   «delle   leggi   emanate    dall'Assemblea
regionale», b) «delle leggi e dei regolamenti  emanati  dallo  Stato,
rispetto al presente statuto ed ai fini della efficacia dei  medesimi
entro la Regione» (art. 25); competenza dell'Alta Corte  a  giudicare
«dei reati  compiuti  dal  Presidente  e  dagli  Assessori  regionali
nell'esercizio delle funzioni di cui al presente Statuto, ed accusati
dall'Assemblea regionale» (art. 26); competenza del Commissario dello
Stato a promuovere  «presso  l'Alta  Corte»  i  giudizi  su  leggi  e
regolamenti dello  Stato,  sulle  leggi  regionali,  sulle  accuse  a
Presidente e Assessori regionali (art. 27); termini molto  brevi  per
il controllo delle leggi regionali: cinque giorni per  l'impugnazione
da parte del Commissario dello Stato e venti giorni per la  decisione
dell'Alta Corte, con  facolta'  di  promulgazione,  trascorsi  trenta
giorni dall'impugnazione,  da  parte  del  Presidente  della  Regione
(artt. 28 e 29); termini piu' ampi (trenta giorni) per il Commissario
dello Stato e il Presidente della Regione per impugnare le leggi e  i
regolamenti dello Stato (art. 30); 
        che  detto  quadro  di  controllo  sulle   leggi   e'   stato
profondamente mutato dalla giurisprudenza di questa Corte; 
        che, infatti, con la sentenza n. 38  del  1957,  in  base  al
principio  dell'unita'  della  giurisdizione  costituzionale,  questa
Corte ha ritenuto assorbite  nella  propria  competenza  a  giudicare
sulla legittimita' costituzionale delle leggi, statali  e  regionali,
le  competenze  per  l'innanzi  esercitate  sulle  medesime   materie
dall'Alta Corte, relativamente ai rapporti tra lo Stato e la  Regione
siciliana; 
        che, con le sentenze n. 38  e  n.  112  del  1957  e  con  la
sentenza n. 9 del 1958, questa Corte ha ripetutamente statuito che il
termine di venti giorni di cui al primo comma dell'art. 29,  ai  fini
della definizione del giudizio  di  costituzionalita',  ha  carattere
meramente ordinatorio; 
        che, con la sentenza n. 6 del  1970,  sono  stati  dichiarati
costituzionalmente illegittimi gli artt. 26 e 27 dello statuto  della
Regione  siciliana,  relativamente  alla  residua  competenza  penale
dell'Alta Corte circa  i  reati  del  Presidente  e  degli  Assessori
regionali  -  peraltro,  sino  a  quel  momento,  mai   concretamente
esplicatasi -  affermando,  tra  l'altro,  che  «contrastano  con  la
Costituzione, nel loro insieme,  tutte  le  norme  relative  all'Alta
Corte, perche' in uno Stato unitario, anche se  articolantesi  in  un
largo  pluralismo  di  autonomie  (art.  5  della  Costituzione),  il
principio della unita' della giurisdizione  costituzionale  non  puo'
tollerare deroghe di sorta»; 
        che,  con  la  sentenza  n.  545  del  1989,  questa   Corte,
accogliendo  l'eccezione   di   inammissibilita'   per   difetto   di
legittimazione prospettata dal Presidente del Consiglio dei  ministri
nei confronti del ricorso proposto dal Commissario dello Stato per la
Regione  siciliana  avverso  una   disposizione   contenuta   in   un
decreto-legge, ha ritenuto non piu' operante la competenza -  sino  a
quel momento,  peraltro,  mai  esercitata  -  di  impugnare  leggi  e
regolamenti  dello  Stato  a  tutela  del  rispetto   dello   statuto
siciliano,  secondo  gli  artt.  27  e  30  dello  statuto  speciale,
ritenendo caducato quello speciale potere di  impugnativa  a  seguito
dell'entrata  in  vigore  della  Costituzione  repubblicana   e   del
conseguente assorbimento delle attribuzioni conferite  dallo  statuto
speciale all'Alta Corte nella  competenza  generale  assegnata  dalla
stessa Costituzione alla Corte costituzionale; 
        che, nella decisione da ultimo richiamata,  questa  Corte  ha
tra l'altro affermato che detto potere di impugnativa «se  si  poteva
ben  giustificare  nella  fase  di  primo  impianto  dell'ordinamento
siciliano,  quando,  in   assenza   di   un   sistema   di   garanzie
definitivamente  fissate  in  sede  costituzionale,  si  tendeva   ad
individuare nel Commissario  il  garante  imparziale  del  "patto  di
autonomia" tra l'ordinamento siciliano e l'ordinamento statale -  non
si  giustifica  certamente  piu'  nell'ambito   di   un   ordinamento
costituzionale quale quello attuale, dove il quadro dei rapporti  tra
Stato  e  Regioni,  ordinarie  e  speciali,   risulta   completamente
delineato e regolato  nonche'  garantito  attraverso  un  sistema  di
giustizia costituzionale ispirato a principi unitari»; 
        che - dopo le ricordate decisioni di questa Corte - cio'  che
residuava del  sistema  di  controllo  sulle  leggi  disegnato  dallo
statuto  speciale  era  costituito  dal  carattere   preventivo   del
controllo sulle leggi regionali, dal Commissario  dello  Stato  quale
titolare del potere di  loro  impugnazione,  dal  termine  di  cinque
giorni per esercitarlo e dalla facolta' del Presidente della  Regione
di promulgare la legge decorsi trenta giorni dall'impugnazione  senza
che, entro venti giorni, sia intervenuta decisione di questa Corte; 
        che, pertanto, il  regime  di  controllo  delle  leggi  della
Regione siciliana  era  divenuto,  quanto  agli  aspetti  principali,
sostanzialmente analogo a quello allora previsto per le  leggi  delle
altre Regioni ad autonomia speciale e ordinaria, tutte soggette a  un
sistema di controllo preventivo; 
        che il  regime  relativo  alle  leggi  siciliane  presentava,
peraltro, alcuni spazi di maggiore autonomia, non essendo previsto il
rinvio all'organo legislativo  regionale  per  un  secondo  esame  ed
essendovi, per  il  Presidente  della  Regione,  la  possibilita'  di
promulgare le leggi decorsi trenta giorni dalla loro impugnazione; 
        che la condizione del controllo delle leggi delle Regioni  ad
autonomia speciale e' mutata, a seguito dell'entrata  in  vigore  del
nuovo Titolo V della Parte seconda della  Costituzione,  per  effetto
dell'art. 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda  della  Costituzione),  il
quale prevede che «Sino all'adeguamento dei  rispettivi  statuti,  le
disposizioni della presente legge costituzionale si  applicano  anche
alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e
di Bolzano per le parti in cui  prevedono  forme  di  autonomia  piu'
ampie rispetto a quelle gia' attribuite»; 
        che,   alla    stregua    della    richiamata    disposizione
costituzionale, la giurisprudenza di questa Corte ha progressivamente
esteso il regime di controllo sulle  leggi  delle  Regioni  ordinarie
previsto dall'art. 127 Cost. alle Regioni a statuto speciale  e  alle
Province autonome di Trento e di Bolzano, atteso che «la soppressione
del  meccanismo  di  controllo  preventivo»  e  l'applicazione  della
disciplina costituzionale richiamata «si traduce  in  un  ampliamento
delle garanzie di autonomia»  (sentenza  n.  408  del  2002;  nonche'
ordinanza n. 377 del 2002)  e  «realizza  una  forma  piu'  ampia  di
autonomia» (sentenza n. 533 del 2002); 
        che  la  questione  del  controllo  sulle   leggi   regionali
siciliane e' stata, successivamente, esaminata da questa  Corte  alla
stregua dell'indicata «clausola  di  maggior  favore»,  prevista  dal
citato art. 10 della legge Cost. n. 3 del 2001, con  la  sentenza  n.
314 del 2003, che, affrontando, riguardo alla Regione  siciliana,  la
questione degli effetti della previsione di applicazione del  sistema
introdotto dal richiamato art. 127 Cost., ha deciso in difformita' da
quanto, nel corso dell'anno precedente, era stato affermato  per  gli
altri enti ad autonomia speciale; 
        che, con la  sentenza  da  ultimo  citata,  questa  Corte  ha
concluso per la perdurante applicabilita' del sistema  statutario  di
controllo delle leggi siciliane  sull'assunto  che  quest'ultimo  non
fosse comparabile con quello previsto  dall'art.  127  Cost.  e  che,
quindi, non potesse essere individuato il regime piu' favorevole  fra
i due; 
        che, peraltro, la sentenza n. 314 del 2003  e'  stata  emessa
nel periodo immediatamente  successivo  all'approvazione  del  citato
art. 10 della legge Cost. n. 3 del 2001 (che aveva disposto in attesa
dell'adeguamento   degli   statuti   speciali)    e    in    costanza
dell'elaborazione di una proposta di revisione  dello  statuto  della
Regione  siciliana  da  parte  dell'Assemblea  regionale  di   quella
Regione, rivolta al Parlamento, revisione che non e' intervenuta; 
        che, in realta', il sistema di controllo vigente per le leggi
della   Regione   siciliana,   anche   in   base   alla   consolidata
interpretazione come meramente ordinatorio del termine statutario  di
venti giorni per la  definizione  del  giudizio,  si  configura  come
preventivo  e,  quindi,  secondo  la   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale, sembra caratterizzato da un minor grado  di  garanzia
dell'autonomia rispetto a quello previsto dall'art. 127 Cost.; 
        che, sulla base della richiamata giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, appare necessario, per effetto del ricordato art.  10
della legge Cost.  n.  3  del  2001,  estendere  anche  alla  Regione
siciliana, il sistema di impugnativa delle leggi  regionali  previsto
dal riformato art. 127 Cost., atteso che detto regime,  alla  stregua
della  summenzionata  «clausola  di  maggior  favore»,   verrebbe   a
configurare una «forma di autonomia piu' ampia» rispetto  al  sistema
di  impugnazione  attualmente  in  vigore  per  le  leggi   siciliane
(sentenze n. 408 e n. 533 del 2002,  nonche'  ordinanza  n.  377  del
2002); 
        che, invero, alla stregua dell'indicata giurisprudenza  della
Corte costituzionale sul controllo di costituzionalita'  delle  leggi
delle Regioni a statuto speciale, la «soppressione del meccanismo  di
controllo preventivo» si traduce comunque in  «un  ampliamento  delle
garanzie di autonomia», realizzandone una forma piu' ampia; 
        che il profilo dell'ammissibilita' dell'impugnazione, in  via
principale, da parte del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
siciliana  delle   norme   delle   delibere   legislative   approvate
dall'Assemblea regionale siciliana, allo stesso  pervenute  ai  sensi
dell'art. 28 dello statuto speciale di quella Regione,  e'  rilevante
in quanto assume carattere pregiudiziale ai  fini  della  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale come  prospettata  dal
ricorso introduttivo del presente giudizio; 
        che l'art. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),  come
sostituito  dall'art.  9  della  legge  5   giugno   2003,   n.   131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) - il quale, al comma
2, dispone che, «Ferma restando la  particolare  forma  di  controllo
delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione  siciliana,
il  Governo,  quando  ritenga  che  una  legge  regionale  ecceda  la
competenza della Regione, puo'  promuovere,  ai  sensi  dell'articolo
127, primo comma, della Costituzione, la  questione  di  legittimita'
costituzionale   della   legge   regionale   dinanzi    alla    Corte
costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione»  -  suscita
dubbi  di  legittimita'  costituzionale  e,  pertanto,  la   relativa
questione appare non manifestamente infondata; 
        che, in particolare, detta norma, nella parte in cui  esclude
le leggi della Regione  siciliana  dalla  piu'  favorevole  forma  di
controllo prevista dall'art. 127 Cost., costituisce disposizione  che
appare non conforme alla norma  costituzionale  di  cui  all'art.  10
della legge Cost. n. 3 del 2001, che, nella sua  previsione,  include
l'estensione del regime di controllo sulle leggi  regionali  previsto
dall'art. 127 Cost., alle Regioni ad autonomia speciale,  cosi'  come
affermato dalle citate decisioni di questa Corte (sentenze n.  408  e
n. 533 del 2002 e ordinanza n. 377 del 2002); 
        che pertanto questa Corte non puo' esimersi,  ai  fini  della
definizione  del  presente  giudizio,  come  sopra  prospettata,  dal
risolvere   pregiudizialmente   il   problema   della    legittimita'
costituzionale della disposizione  di  legge  ordinaria,  di  cui  al
richiamato art. 31, comma  2,  della  legge  n.  87  del  1953  (come
sostituito dal comma 1 dell'art. 9 della legge n. 131 del 2003),  che
fa salvi l'impugnazione da parte del Commissario  dello  Stato  e  il
relativo regime di controllo sulle  leggi  della  Regione  siciliana,
rispetto  all'obbligo  costituzionale  di  estendere  il  sistema  di
controllo delle leggi regionali, regolato dall'art. 127  Cost.,  alle
Regioni a statuto speciale, sulla base  della  «clausola  di  maggior
favore» prevista dall'art. 10 della legge Cost. n. 3 del 2001; 
        che, secondo quanto richiesto dalla  costante  giurisprudenza
di  questa  Corte,  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 31, comma 2, della legge n. 87 del  1953  (come  sostituito
dall'art. 9, comma 1, della legge n. 131 del 2003), che  contiene  la
disposizione  richiamata,   si   configura   come   pregiudiziale   e
strumentale per definire la questione di legittimita'  costituzionale
principale (tra le tante, sentenza n. 195 del 1972; nonche' ordinanze
n. 42 del 2001; n. 197 e n. 183 del 1996; n. 297 e n. 225  del  1995;
n. 294 del 1993; n. 378 del 1992). 
 
                                P.Q.M. 
 
    1) solleva, disponendone la trattazione innanzi a se',  questione
di legittimita' costituzionale, in  riferimento  all'art.  127  della
Costituzione e all'art. 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), dell'art. 31, comma 2, della legge 11 marzo  1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale),  limitatamente  alle  parole  «Ferma   restando   la
particolare forma di controllo delle  leggi  prevista  dallo  statuto
speciale della Regione siciliana». 
    2) sospende il presente  giudizio  fino  alla  definizione  della
questione di legittimita' costituzionale di cui sopra. 
    3) ordina che la cancelleria provveda agli adempimenti di  legge,
ivi comprese le notifiche al Commissario dello Stato e  alla  Regione
siciliana. 
    Cosi deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2014. 
 
                      Il Presidente: Silvestri