N. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2013
Ordinanza del Tribunale di Roma nel procedimento civile promosso da FLP - Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altri contro Presidenza del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2013. Bilancio e contabilita' pubblica - Trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici di qualifiche dirigenziali e trattamento accessorio - Previsione che lo stesso, per gli anni 2011, 2012 e 2013, non superi in ogni caso il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso di anno, fino in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternita', malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio - Lesione del principio solidaristico - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di tutela del lavoro, della retribuzione proporzionata ed adeguata, della contrattazione collettiva e della capacita' contributiva. - Decreto-legge 31 maggio, 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, commi 1 e 17. - Costituzione, artt. 2, 3, 35, 36, 39 e 53. Bilancio e contabilita' pubblica - Dipendenti pubblici - Previsione della proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previsti dalle disposizioni medesime - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di tutela del lavoro, della retribuzione proporzionata ed adeguata, della contrattazione collettiva e della capacita' contributiva. - Decreto-legge 31 maggio, 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 16, comma 1, lett. b). - Costituzione, artt. 2, 3, 35, 36, 39 e 53.(GU n.22 del 21-5-2014 )
IL TRIBUNALE DI ROMA Il Tribunale, nella persona del giudice designato dott. Ileana Fedele alla udienza del 27/11/2013 ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa lavoro di I grado iscritta al n. 34438/2012 R.G. promossa da F.L.P. - Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche - e FIALP - Federazione Italiana Lavoratori Pubblici - in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore con il patrocinio degli avv.ti Michele Mirenghi, Stefano Viti e Michele Lioi, con elezione di domicilio presso il loro studio, sito in piazza della Liberta' 20, Roma, giusta procura a margine del ricorso, ricorrente; Contro Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, e A.R.A.N. - Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - in persona del Presidente pro tempore con il patrocinio dell'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate ex lege presso i suoi uffici, siti in via dei Portoghesi n. 12, Roma, resistenti; Con l'intervento di Fabrizio Albertacci piu' altri con il patrocinio degli avv.ti Michele Mirenghi, Stefano Viti e Michele Lioi, con elezione di domicilio presso il loro studio, sito in piazza della Liberta' 20, Roma, giusta procura in calce all'atto di intervento, intervenuti; All'esito della camera di consiglio, Visti gli atti, Premesso in fatto che: 1. con ricorso depositato in data 26 ottobre 2012 la F.L.P. - Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche - e FIALP - Federazione Italiana Lavoratori Pubblici, nella qualita' di firmatarie di contratti collettivi negoziati e stipulati con l'A.R.A.N. rispettivamente per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del compatto Ministeri e per il personale degli enti pubblici non economici, hanno chiesto l'accertamento del proprio diritto a dare corso alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010/2012 per il personale di cui all'art. 2, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, previo promovimento della questione di costituzionalita' dell'art. 9, commi 1 e 17, d.l. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010 e dell'art. 16, comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011 nella parte in cui dispongono congelamento dei trattamenti economici percepiti dai dipendenti ed il blocco della contrattazione collettiva per il triennio 2011-2013, con possibilita' di proroga anche per l'anno 2014. A sostegno del ricorso sindacati, precisato il proprio interesse a censurare la legittimita' delle disposizioni impugnate per ottenere la ri-espansione del diritto alla contrattazione, nell'esercizio delle prerogative istituzionali ex art. 39 Cost., hanno argomentato in diritto circa la ravvisabilita' di diversi profili di contrasto fra la normativa in commento ed i parametri di cui agli artt. 3, 36 e 39 Cost.; 2. si e' costituita tempestivamente la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'AR.A.N. - Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, con il patrocinio dell'Avvocatura Generale dello Stato contestando la ritualita' e la fondatezza del ricorso. In particolare, la difesa erariale ha eccepito in via pregiudiziale l'inammissibilita' della questione di costituzionalita' in quanto carente del requisito dell'incidentalita', per essere piuttosto coincidente con l'oggetto del giudizio, e, nel merito, l'insussistenza dei denunciati profili di costituzionalita' rispetto ai parametri indicati; 3. nel giudizio sono intervenuti ad adiuvandum diversi dipendenti di amministrazioni pubbliche, con atto depositato in data 8 marzo 2013, insistendo per l'accoglimento del ricorso principale; 4. su richiesta della parte ricorrente, la discussione e' stata differita onde poter seguire l'iter di approvazione del regolamento di cui all'art. 16, comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, comportante la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle predette disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici del personale delle pubbliche amministrazioni; Considerato in diritto che: 1. l'art. 9, comma 1, d.l. n. 78/2010, siccome convertito nella legge n. 122/2010 stabilisce: "Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n, 196, non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010"; 2. il successivo comma 17 del medesimo articolo prevede poi che "Non si da' luogo, senza possibilita' di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all'art. 2, comma 2, e art. 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. E' fatta salva l'erogazione dell'indennita' di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall'anno 2010 in applicazione dell'art. 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203."; 3. inoltre, l'art. 16, comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, "Al fine di assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell'ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, nonche' ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per l'anno 2013 e ad euro 740 milioni di euro per l'anno 2014, ad euro 340 milioni di euro per l'anno 2015 ed a 370 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016 con uno o piu' regolamenti da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e delle finanze, puo' essere disposta: (Omissis). b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime"; 4. esercitando la facolta' di cui alla disposizione da ultimo citata, con d.P.R. del 4 settembre 2013, n. 122, pubblicato nella G.U. del 25 ottobre 2013 n. 251, e' stato emanato il "Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti", con il quale, limitatamente a quanto qui interessa, e' stata disposta la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni recate dall'art. 9, comma 1, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, nonche' consentita per gli anni 2013-2014 la negoziazione per la sola parte normativa e senza possibilita' di recupero per la parte economica. Nel medesimo regolamento si precisa, altresi', che "non si' da' luogo, senza possibilita' di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall'anno 2011" e si aggiunge che "in deroga alle previsioni di cui all'art. 47-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ed all'art. 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, per gli anni 2013 e 2014 non si da' luogo, senza possibilita' di recupero, al riconoscimento di incrementi a titolo di indennita' di vacanza contrattuale che continua ad essere corrisposta, nei predetti anni, nelle misure di cui all'art. 9, commi 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78"; 5. l'eccezione di inammissibilita' della questione di costituzionalita' per difetto del carattere di incidentalita', sollevata dalla difesa erariale, non e' fondata ove si ponga mente all'oggetto del presente giudizio, costituito dalla domanda di accertamento del diritto a dare corso alle procedure di negoziazione per il rinnovo della contrattazione collettiva per il triennio 2010/2012, con conseguente condanna dell'A.R.A.N. a dare corso alle trattative per il rinnovo dei corrispondenti contratti; da quanto esposto, risulta che la controversia ha ad oggetto un preciso e concreto bene della vita, vale a dire l'esplicazione di un diritto di rilevanza costituzionale (ex art. 39 Cost.), onde lo scrutinio della legittimita' costituzionale delle disposizioni censurate si configura alla stregua di una questione pregiudiziale, che deve essere risolta per pervenire all'accertamento del diritto rivendicato dalla parte ricorrente. In questo senso, non si attaglia alla presente fattispecie il precedente richiamato nella memoria di costituzione delle parti resistenti a conforto del difetto di incidentalita', in quanto riferibile ad un caso in cui era stato chiesto l'annullamento di un atto sospettato di incostituzionalita' e non gia' un autonomo bene della vita (onde il petitum del giudizio principale si identificava con l'oggetto della questione in esso sollevata: Corte cost. ord. 16 gennaio 2009 n. 2). Peraltro, vi e' pure da osservare che, a voler portare ad estreme conseguenze la questione relativa al difetto di incidentalita', risulterebbe di fatto impossibile ottenere tutela le volte in cui l'accertamento di un diritto imponga il vaglio di costituzionalita' di una legge che tale diritto condizioni direttamente; onde non puo' che concludersi, anche sotto un profilo di ragionevolezza dell'interpretazione del requisito in questione, che risulti preclusiva dell'accesso alla Corte costituzionale unicamente una questione che, lungi dall'essere strumentale al conseguimento dell'oggetto del giudizio, costituisca essa stessa l'oggetto del giudizio a quo. Tale interpretazione, infine, risulta avallata da recenti pronunce (in particolare Corte cost. ord. 8 ottobre 2012, n. 223), nelle quali, tipicamente, e' stata affrontata nel merito una questione sollevata nell'ambito di un giudizio relativo all'accertamento di un diritto che si assumeva direttamente leso da disposizioni sospettate di incostituzionalita'; 6. superata la questione pregiudiziale e venendo al merito, le disposizioni censurate, siccome sopra riportate, e valutate nell'ambito complessivo del contesto in cui sono inserite, fanno emergere quale non manifestamente infondato, in parte qua, un dubbio di legittimita' costituzionale, sotto molteplici e concorrenti parametri, anche ulteriori rispetto a quelli prospettati dalla parte ricorrente. In particolare, sussistono, ad avviso del giudicante, i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale con riguardo ai seguenti profili; 7. violazione degli artt. 35 e 39 Cost. nonche' dell'art. 36 Cost.: la sospensione della possibilita' di negoziare, anche solo in ordine ad incrementi retributivi, viene a determinare, indirettamente, un'anomala interruzione dell'efficacia delle disposizioni vigenti in materia (artt. 40, comma 1°, art. 43, comma 1°, e art. 45, comma 1°, d.lgs. n. 165/2001) e, quindi, del valore dell'autonomia negoziale riservata alle parti nell'ambito della contrattazione collettiva, interruzione determinata a causa della esclusiva ed affatto peculiare posizione dello Stato-datore di lavoro. Peraltro, in un regime normativo nel quale la retribuzione e' determinata da accordi di categoria, il rispetto del principio costituzionale della proporzionalita' tra il lavoro svolto e la sua remunerazione e' affidato proprio allo strumento del contratto collettivo (tanto che i minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva sono assunti dalla giurisprudenza, quale diritto vivente, quale parametro di riferimento della giusta retribuzione spettante al lavoratore ex art. 36 Cost., anche indipendentemente dall'iscrizione o meno del datore di lavoro ad un'associazione sindacale stipulante: ex multis Cass. 15.10.2010, n. 21274); conseguentemente, l'inibizione prolungata della contrattazione in ordine all'adeguamento dei trattamenti retributivi puo' sollevare il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalita' e sufficienza della retribuzione. Ne' tale situazione risulta sanata per effetto della parziale riespansione del diritto alla negoziazione previsto dal citato regolamento n. 122/2013: infatti, da un lato l'ammissibilita' delle procedure contrattuali e' stata limitata agli anni 2013/2014, rimanendo comunque compromessa, dunque, quella per gli anni 2010-2012; dall'altro - ed e' l'aspetto che maggiormente rileva - la negoziazione e' stata circoscritta alla parte normativa e senza possibilita' di recupero per la parte economica. Pertanto, non solo rimane inibita la contrattazione sui trattamenti retributivi, con gli effetti gia' sopra delineati, ma viene ulteriormente ribadita l'esclusione del recupero, con cio' evidenziando il carattere definitivo della limitazione imposta a prescindere dalla attuale situazione emergenziale posta a fondamento della decretazione d'urgenza; 8. violazione dell'art. 3 Cost., anche in relazione all'art. 2 Cost.: la disposizione in contestazione solleva ulteriori ed autonomi dubbi di non manifesta infondatezza per violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza legislativa e di solidarieta' sociale, di cui agli artt. 3 e 2 Cost. Infatti, a fronte delle esigenze contingenti che hanno sollecitato l'agire del legislatore d'urgenza, come rese evidenti dal preambolo del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 ("straordinaria necessita' ed urgenza di emanate disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale, alle finalita' di stabilizzazione finanziaria e del rilancio della competitivita' economica"), le misure di risanamento sono state adottate agendo sulle retribuzioni dei soli pubblici dipendenti, cio' che prospetta la contemporanea violazione del principio di uguaglianza tra i cittadini e del dovere di solidarieta' politica, sociale ed economica di cui rispettivamente agli artt. 3 e 2 Cost. In effetti, ove l'esigenza inderogabile di riduzione della spesa derivasse dalla richiamata "eccezionalita' della situazione economica internazionale", ne discenderebbe la necessita' di accollare tale onere sulla collettivita' considerata nel suo insieme e non gia' solo su di una parte dei cittadini (i pubblici dipendenti). Tale approccio appare, pertanto, in contrasto anche con l'art. 2 Cost. e con i principi di solidarieta' sociale, politica ed economica ivi indicati, cui corrispondono ben precisi "doveri inderogabili", che devono essere rapportati all'intera comunita'; 9. non si ignora come in passato la Corte costituzionale abbia gia' positivamente vagliato la legittimita' di disposizioni analoghe a quelle contestate nel presente giudizio (si intende riferirsi all'art. 7 del d.1. n. 384 del 1992, convertito in legge n. 438 del 1992, secondo cui "per l'anno 1993 non trovano applicazione le norme che comunque comportano incrementi retributivi in conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia dell'attribuzione di trattamenti economici, per progressione automatica di carriera"). E' noto, tuttavia, come le relative pronunce, pur salvaguardando la misura adottata, abbiano nel contempo definito le condizioni ed i limiti di azione per il legislatore in simili circostanze: infatti, la Corte, dato che atto che la normativa in questione era stata emanata «in un momento delicato della vita nazionale», avente «la finalita' di realizzare, con immediatezza, un contenimento della spesa pubblica», ne ha riconosciuto la legittimita', atteso che il blocco «esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio» (Corte Cost. sentenza 18 luglio 1997 n. 245); la norma scrutinata, pertanto, nell'imporre sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale sia a quello della non irragionevolezza, a condizione che i suddetti sacrifici fossero eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso (v. anche Corte Cost. 7 luglio 1999, n. 299; sull'eccezionalita' e temporaneita' di norme restrittive in ordine all'autonomia negoziale e ai sacrifici imposti ai lavoratori v. pure Corte Cost. 9 giugno 1988 n. 697); 10. viceversa, nel caso in esame, le misure restrittive sono state disposte per un triennio, prorogabili per un ulteriore anno, sino a dicembre 2014, in tal modo difettando nella sostanza quel requisito dell'eccezionalita' e temporaneita' della disciplina, che aveva consentito alla stessa Corte di rigettare in passato le consimili questioni di costituzionalita' prospettate. Infatti, la sospensione della negoziazione sugli incrementi retributivi disposta per un triennio determina un vero e proprio "congelamento" della fisiologica dinamica retributiva, non comparabile agli effetti prodotti dal citato art. 7 d.l. n. 384/1992, effettivamente di natura transitoria ed emergenziale in quanto circoscritti ad anno. E cio' e' tanto piu' vero ove si consideri che la facolta' di prorogare per un ulteriore anno le limitazioni alla contrattazione ed ai trattamenti economici - prevista dall'art. 16 del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n, 111 del 2011 - e' stata effettivamente esercitata con l'emanazione del piu' volte citato regolamento n. 122/2013, cosi' rendendo di fatto stabile una disposizione a carattere eccezionale e, addirittura, disponendo ex novo la sospensione dell'indennita' di vacanza contrattuale per gli anni 2013-2014, indennita' che era stata, invece, salvaguardata per gli anni 2010-2012. Il tutto, peraltro, con espressa esclusione del recupero per la parte economica, in tal modo sancendo la definitiva ablazione del diritto (consistente nella perdita della possibilita' di negoziare sul punto), anche in un contesto diverso dell'intervento emergenziale definito dal legislatore, venendo a determinare i denunciati effetti permanenti del blocco dell'adeguamento delle retribuzioni; 11. del resto, la stessa Corte di legittimita' delle leggi - proprio con riferimento a disposizioni inserite nel medesimo contesto normativo in esame - ha ritenuto superati i limiti tracciati in passato per la legittimita' di interventi consimili, giungendo a dichiarare l'incostituzionalita' delle norme censurate (Corte Cost. 8 ottobre 2012, n. 223). Non rilevano, viceversa, come precedenti ostativi le pronunce n, 173/2012 e n. 215/2012, citati dalla difesa erariale, in quanto in tali giudizi, promossi in via principale da alcune Regioni, la Corte si e' limitata a ritenere inammissibile la censura svolta con riferimento all'art. 36 Cost., "risolvendosi nella evocazione di parametri non attinenti al riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni"; quanto, poi, al diverso parametro costituito dall'art. 39 Cost., invocato in quel giudizio rispetto all'art. 9, comma 4, d.l. n. 78/2010 (secondo cui "I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento"), occorre precisare che la Corte, nel ritenere la legittimita' della disposizione ("Il fatto che il trattamento economico sia materia di contrattazione collettiva non esclude che quest'ultima si debba svolgere entro limiti generali di compatibilita' con le finanze pubbliche legittimamente fissati dal legislatore; come, di fatto, avviene sempre, poiche' e' la legge che ogni volta individua le risorse destinate a finanziare i rinnovi contrattuali nell'impiego pubblico") ha comunque precisato che "l'art. 9, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010, fissando esclusivamente un limite agli aumenti che possono essere disposti dai contratti collettivi relativi ad un determinato biennio, non fa altro che definire, appunto, il confine entro il quale puo' liberamente svolgersi l'attivita' negoziale delle parti", in tal modo indirettamente confermando come la contrattazione collettiva in materia, seppure limitata, debba comunque potersi esplicare entro un determinato ambito di manovra, spazio che, invece, la disposizione di cui al successivo comma 17 in esame esclude completamente, inibendo del tutto la negoziazione per gli anni 2010-2012 e limitandola alla sola parte normativa per gli anni 2013-2014; 12. quanto alla rilevanza della questione, essa sussiste certamente atteso che il vaglio di costituzionalita' delle norme in esame costituisce unico ed immediato paradigma normativo di riferimento per l'eventuale riconoscimento dell'azionato diritto della parte ricorrente ad avviare la contrattazione con riferimento al periodo 2010-2012; 13. pertanto, alla luce dei predetti rilievi, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 1 e 17, d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, nonche' dell'art. 16, comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, si appalesano rilevanti, in quanto le disposizioni richiamate costituiscono il paradigma normativo di riferimento per l'eventuale riconoscimento del diritto azionato da parte ricorrente, e non manifestamente infondate, alla luce delle esposte considerazioni critiche; 14. riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita';
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 1° e 17°, del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, nonche' dell'art. 16, comma 1°, del d.1. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, per contrasto con gli arti. 2, 3, 35, 36, 39 e 53 della Costituzione; sospende il giudizio e dispone la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale; manda alla Cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione della stessa al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Roma, 27 novembre 2013 II giudice: Fedele