N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 aprile 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in Cancelleria il 16 aprile 2014 (della Regione Campania). Ambiente - Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali - Disposizioni in materia di Commissari per il dissesto idrogeologico - Previsione che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle Regioni subentrano ai Commissari straordinari nella titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse esistenti sulle contabilita' speciali relative al dissesto idrogeologico, di cui all'articolo 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, succedendo ai Commissari in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita' pendenti alla data del predetto trasferimento - Previsione che le suddette risorse sono trasferite nella disponibilita' dei bilanci regionali e rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico - Ricorso della Regione Campania - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria della Regione, in particolare, lesione dell'autonomia di spesa a fronte della lamentata imposizione alle Regioni di farsi carico dei rapporti privatistici posti in essere dall'organo statale, compreso il contenzioso pendente, nonche' lesione dell'autonomia di entrata a causa dell'eventualita' di dover deliberare aumenti fiscali per far fronte alle spese conseguenti al suddetto trasferimento - Violazione del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni dell'ente territoriale, per l'effetto di far gravare sul bilancio regionale il costo di interventi connessi all'esercizio di funzioni rientranti nella competenza esclusiva statale - Violazione della competenza legislativa regionale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica - Incidenza sull'esercizio delle funzioni amministrative di attribuzione regionale - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e del principio di copertura finanziaria. - Decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, art. 6, comma 1-bis, introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6. - Costituzione, artt. 81, 97, 117, comma terzo, 118, e 119, commi primo, quarto e quinto.(GU n.23 del 28-5-2014 )
Ricorso della Regione Campania (codice fiscale n. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, on. dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta delibera della Giunta regionale n. 88 del 28 marzo 2014 e giusta procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto (codice fiscale CRVBMN54D19H501A), del libero foro, e dall'avv. Maria D'Elia (codice fiscale DLEMRA53H42F839H), dell'Avvocatura regionale, e elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma in via Poli n. 29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it); Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate», introdotto dall'art. 1 comma 1 della legge 6 febbraio 2014, n. 6, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 10 dicembre 2013, n. 289, per violazione degli artt. 119, 118, 117, comma 3, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonche' del principio di ragionevolezza. Fatto Con decreto-legge n. 136 del 10 dicembre 2013, il Governo ha adottato «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate». La legge di conversione n. 6/2014 ha introdotto all'art. 6 di tale decreto, il comma 1-bis, che statuisce: «A decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle regioni subentrano ai Commissari straordinari anche nella titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse di cui all'articolo 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla predetta data, nelle medesime contabilita' speciali. A decorrere da tale data, le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di cui al precedente periodo sono trasferite, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, nella disponibilita' dei bilanci regionali e devono essere rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico. I Presidenti delle regioni succedono ai Commissari in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita' pendenti alla data del predetto trasferimento. Essi garantiscono la corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante le proprie strutture organizzative e possono altresi' avvalersi, per le attivita' di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attivita' di direzione dei lavori e di collaudo, nonche' per ogni altra attivita' di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, degli uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, nonche' della societa' ANAS S.p.a., dei consorzi di bonifica e delle autorita' di distretto. Le risorse finalizzate ad interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico sono utilizzate dalle regioni tramite accordo di programma ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Sono fatte salve, comunque, le modalita' attuative previste dal citato articolo 1, comma 111, della legge n. 147 del 2013. Sono altresi' fatte salve le competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 58, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». La disposizione sopra richiamata prevede dunque che, a partire dal 1° gennaio 2015, ricada sui Presidenti delle regioni la titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse di cui all'art. 1, comma 111, legge n. 147/2013, nonche' l'intera gestione di tutti i rapporti attivi e passivi e delle attivita' pendenti alla data del trasferimento riferibili alla gestione commissariale. Nel garantire la corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante le proprie strutture organizzative, i Presidenti possono avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi dei Comuni, nonche' delle societa' ANAS S.p.a., dei consorzi di bonifica e delle autorita' di distretto. L'art. 6, comma 1-bis della legge n. 136/2013 risulta lesivo delle prerogative della Regione Campania e viziato da manifesta illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto Premessa. La norma censurata risulta illegittima nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle regioni subentrano ai commissari straordinari anche nella titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse di cui all'art. 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla predetta data, nelle medesime contabilita' speciali, nonche' succedono in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita' pendenti alla data del predetto trasferimento. Tale disposizione, infatti, non tiene in debito conto la natura giuridica dei Commissari nominati per fronteggiare situazioni di emergenza ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Dunque, prima di passare in rassegna le singole censure di costituzionalita', appare opportuno esaminare il sistema di protezione civile, cosi' come delineato dalla predetta legge. Tale sistema e' improntato su una ripartizione delle competenze e delle responsabilita' tra diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle tipologie di eventi emergenziali che vengono in rilievo (art. 2 della legge n. 225/1992). In particolare, l'art. 2 comma 1 della citata legge distingue tre diverse tipologie di eventi: (i) quelli che richiedono interventi attuabili da singoli enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (lett. a); (ii) quelli che richiedono l'intervento coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (lett. b); (iii) quelli che devono essere fronteggiati con mezzi o poteri straordinari (lett. c: «calamita' naturali o connesse con l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo»). Con riferimento agli eventi indicati alla lettera c) dell'art. 2 della legge n. 225/1992, le funzioni di intervento sono attribuite alla competenza statale; ne' potrebbe essere diversamente, trattandosi di funzioni «che hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarieta', coordinamento e direzione» (Corte cost. sentenza n. 284 del 14 luglio 2006). Lo Stato e' dunque titolare di una specifica competenza a disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della legge n. 225/1992, che si sostanzia, tra l'altro, nel potere di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata e l'estensione territoriale, in stretto riferimento alla qualita' e alla natura degli accadimenti. Il predetto potere puo' essere esercitato anche mediante l'adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5, comma 2 legge n. 225/1992). E' possibile inoltre che, per l'attuazione degli interventi di emergenza, lo Stato si avvalga di commissari delegati, nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 5, comma 4 legge n. 225/1992). Il commissario delegato agisce nella veste di organo statale, essendo appunto lo Stato l'unico soggetto titolare della gestione dello stato emergenziale; ne discende che, indipendentemente dall'ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari devono essere considerati atti dell'amministrazione centrale dello Stato, finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte nella situazione d'emergenza. In tal senso e' chiara la sentenza di Codesta Corte, secondo cui: «... indipendentemente dal loro (piu' o meno determinato) ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari delegati sono atti dell'amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunita' locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e cio' in ragione tanto della rilevanza delle stesse, quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi fronte. Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza - ai sensi del citato art. 5, comma 1, della legge 225 del 1992 - ha quale suo presupposto il verificarsi di taluno degli eventi "di cui all'art. 2 comma 1 lettera c" della medesima legge, e cioe', non quelli naturali o connessi con l'attivita' dell'uomo suscettibili di essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria» (o attraverso un coordinamento degli stessi), bensi' solo «calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (sentenza Corte cost. n. 237 del 26 giugno 2007; cfr. anche Corte cost. n. 417 del 5 dicembre 2007 e Corte cost. n. 92 del 4 aprile 2008). La predetta conclusione e' stata peraltro costantemente ribadita anche da autorevole giurisprudenza amministrativa, la quale in piu' occasioni ha avuto modo di affermare che il Commissario Delegato di cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile, per l'esecuzione dei compiti di cui alla legge 24 febbraio 1992 n. 225 e' dotato, rispetto al delegante di autonomia amministrativa, finalizzata strettamente ed esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi assentitigli per il superamento dello stato emergenziale alle condizioni e nei termini previsti ai sensi dell'art. 5 commi 1 e 2 della legge n. 225 del 1992: «Gli atti assunti nell'esercizio delle funzioni delegate sono, pertanto, riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorita' che esercita nei confronti del commissario delegato attivita' di supervisione e di indirizzo» (cfr. ex plurimis Tar Lazio, 18 ottobre 2012, n. 8595 e 9 agosto 2010 n. 30425); e ancora: «L'ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia e' un ufficio che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per cui e' evidente che gli atti assunti da tale organo sono riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio, che ha nei confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e di indirizzo» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2013, n. 10). Il Commissario delegato e', dunque, organo dell'apparato statale e i suoi atti sono sempre riferibili alla Presidenza del Consiglio dei ministri, cio' indipendentemente dalla circostanza che questi rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza dell'amministrazione e dell'ente ordinariamente competente: «l'attivita' svolta dal Sindaco non implica automatica responsabilita' del Comune per l'adempimento delle conseguenti obbligazioni ... al fine dell'imputazione della suddetta responsabilita' occorre verificare di volta in volta ed in base alla disciplina normativa di riferimento l'appartenenza dello specifico interesse pubblico perseguito, risultando riferibile l'attivita' svolta allo Stato o al Comune a seconda della titolarita' dell'interesse medesimo» (Cass. Civ., Sez. II^, 6 dicembre 2005, n. 26691; nella specie, la Suprema Corte confermava la sentenza di merito e il difetto di legittimazione passiva del Comune, avendo il Sindaco agito nella qualita' di Commissario Straordinario di Governo); e ancora: «In ipotesi di impugnativa di atti del sindaco adottati nella qualita' di commissario delegato giusta ordinanza della presidenza del consiglio, quest'ultima e' soggetto legittimato passivo» (Tar Lazio, Sez. I, 18 ottobre 2012, n. 8598). Dalle considerazioni sin qui svolte se ne deduce dunque che: lo stato di emergenza di cui alla lett. c dell'art. 2 della legge n. 225/1992 rende necessario l'uso di un potere straordinario, di tipo anche gestionale, di cui e' titolare soltanto lo Stato quale autorita' centrale; il Commissario delegato e' organo dello Stato centrale, di cui si avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei compiti attribuiti dalla legge n. 225/1992. Delineato come sopra il quadro di riferimento ed in ragione di esso appare evidente che l'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013 presenti manifesti profili di illegittimita' costituzionale. 1. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013, per contrasto con gli artt. 119, commi 1, 4 e 5, Cost. 1.1. La norma in esame viola, in primo luogo, l'autonomia finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 Cost., comma 1. Come e' noto, l'articolo 119 della Costituzione prevede che le Regioni e gli enti locali finanzino le proprie spese di funzionamento, di intervento e di amministrazione, con i mezzi prelevati dalla propria collettivita', salva naturalmente l'esigenza di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate. Le Regioni sono dunque titolari di autonomia finanziaria, intesa sia come autonomia di entrata, sia come autonomia di spesa e piu' in generale come potesta' di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate. Orbene, la disposizione di cui al comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013, in primo luogo, pregiudica l'autonomia finanziaria di spesa delle Regioni poiche', prevedendo un meccanismo automatico di subentro in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attivita' pendenti facenti capo ai commissari delegati, impone alle Regioni (e agli altri enti territoriali ordinariamente competenti) di farsi carico della totalita' dei rapporti privatistici posti in essere dall'organo statale, ivi compreso tutto il contenzioso pendente riferibile ai Commissari delegati, e dunque le obbliga ad utilizzare le proprie risorse per sostenere oneri finanziari (quali ad esempio spese di giudizio o conseguenti ad eventuali condanne risarcitorie), non preventivati e non autonomamente decisi. Le Regioni, in definitiva, si vedranno spogliate di risorse finanziarie che avrebbero potuto utilizzare per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e che invece dovranno essere destinate per scopi differenti imposti dalla legge statale. Le scelte di spesa compiute dall'ente territoriale risulteranno pertanto inevitabilmente alterate, dovendosi la Regione sobbarcare i costi e ogni altra conseguenza economica di obbligazioni assunte e contenziosi intrapresi e decisi non dall'ente, bensi' da un organo statale. Ne' varrebbe obiettare che la disposizione censurata trasferisce le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di cui all'art. 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 nella disponibilita' dei bilanci regionali. Per espressa previsione della norma, infatti, tali risorse devono essere rifinalizzate alla «prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico». E' dunque evidente che tali somme possano essere stanziate a copertura di attivita' di gestione dell'emergenza, e non siano certo sufficienti ne' previste per sostenere altresi' eventuali spese di contenzioso, le quali risulterebbero pero' essere le piu' ingenti e gravose per la Regione Campania. L'applicazione della disposizione in questione compromette altresi' l'autonomia finanziaria di entrata delle Regioni. In particolare, come si e' visto, una successione nei rapporti come quella prevista dalla norma censurata si estenderebbe altresi' ai rapporti processuali pendenti, la portata dei quali, per quel che concerne la Regione Campania, e' davvero ingente. Dal predetto contenzioso non possono che scaturire per la Regione spese per la difesa in giudizio ed eventuali condanne risarcitorie in caso di soccombenza di notevole entita', a fronte delle quali si paleserebbe la carenza delle necessarie risorse finanziarie per provvedere alla loro copertura. Si prefigura cosi' la possibilita' concreta che la Regione, trovandosi nell'impossibilita' finanziaria di far fronte alle nuove spese attraverso le dotazioni previste a legislazione vigente, sia costretta a deliberare aumenti fiscali o comunque a perseguire politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe posto in essere. Peraltro, l'eventuale nuova imposizione fiscale a cui la Regione sarebbe costretta per far fronte alle spese conseguenti al subentro di cui al comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 peserebbe irragionevolmente proprio sull'ente nel cui territorio si e' verificata l'emergenza ambientale, con la conseguenza che le popolazioni colpite dal dissesto subirebbero un pregiudizio aggiuntivo rispetto a quello gia' sopportato a causa dell'evento emergenziale. 1.2. La disposizione in esame contrasta altresi' con gli artt. 119, commi 4 e 5 della Costituzione. Nel dettaglio, il quarto comma dell'art. 119 Cost. stabilisce che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (tributi ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e quote di spettanza del fondo perequativo) consentono ai Comuni, alle Province, alle citta' metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». Il quinto comma dell'art. 119 Cost. prevede inoltre che, in deroga al principio di corrispondenza tra funzioni esercitate ed entrate ordinarie, lo Stato destini risorse aggiuntive a singoli enti territoriali per garantire la realizzazione di alcuni valori fondamentali della Repubblica, nonche' per provvedere a scopi che esulano dal normale esercizio delle funzioni spettanti agli enti territoriali. In definitiva le citate norme costituzionali consacrano un principio di corrispondenza fra risorse e funzioni, il quale non solo non consente che le funzioni di un ente territoriale possano essere finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in via ordinaria, competono al suo bilancio, ma presuppongono altresi' le risorse ordinarie degli enti territoriali siano destinate soltanto alle funzioni da essi svolte e non certamente al finanziamento di funzioni svolte dallo Stato o da organi statali. Ebbene il suddetto principio di corrispondenza tra risorse finanziarie degli enti territoriali e funzioni proprie di ciascun ente risulta inevitabilmente compromesso dal comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013. Come dedotto in premessa, infatti, lo Stato «ha una specifica competenza» a disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1 lettera c) della legge n. 225/1992. Tale competenza e' esercitata anche attraverso i commissari delegati, i quali rappresentano la longa manus dell'apparato statale, essendo appunto lo Stato unico soggetto titolare della gestione della situazione emergenziale e dunque l'unico legittimato ad adottare gli interventi necessari al suo superamento. I provvedimenti assunti dai commissari delegati sono dunque emanazione delle funzioni emergenziali proprie dell'amministrazione centrale dello Stato e pertanto sempre imputabili alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Cio' posto, e' innegabile che l'applicazione del comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 preveda un meccanismo di subentro automatico dell'ente territoriale nella gestione dei rapporti (incluso il contenzioso) intrapresi da e con le ex gestioni commissariali, che ha come effetto immediato quello di far gravare sul bilancio dell'ente, colpito dall'evento straordinario, il costo di interventi connessi all'esercizio di funzioni rientranti, per espressa previsione di legge, nella competenza esclusiva dello Stato ovvero di organi statali. Il venir meno del collegamento tra risorse finanziarie della Regione e funzioni proprie dell'ente concretizza pertanto la violazione dei commi 4 e 5 dell'art. 119 Cost. La sussistenza di un contrasto tra la norma in esame e l'art. 119, commi 1, 4 e 5 Cost. trova peraltro conferma in una recente pronuncia di Codesta Ecc.ma Corte, la n. 22 del 16 settembre 2012, avente ad oggetto l'art. 2 comma 2-quater del decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225, nella parte in cui introduceva i commi 5-quater e 5-quinquies primo periodo all'art. 5 della legge n. 225/1992. Si trattava, in particolare, di disposizioni concernenti il finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi di maggiore gravita', che condizionavano l'intervento finanziario dello Stato alla persistenza dell'insufficienza di risorse regionali anche dopo l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento da parte del Governo della «rilevanza nazionale» dell'emergenza. Ebbene la Corte ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 119 Cost, atteso che «le norme impugnate, in quanto impongono alle Regioni di deliberare gli aumenti fiscali in esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile, in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse. Parimenti, le suddette norme ledono l'autonomia di spesa, poiche' obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Risulta violato altresi' il quarto comma dell'art. 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per se' le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse». 2. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013 per contrasto con gli artt. 117 comma 3 e 119 Cost. L'art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge n. 136/2013, nel caricare la Regione Campania di tutte le spese derivanti da scelte gestionali operate dai commissari delegati e altresi' connesse ai contenziosi instaurati da e nei confronti di questi ultimi, interviene pesantemente, condizionandola e limitandola, sull'autonomia finanziaria regionale, con violazione oltre che dell'art. 119, anche dell'art. 117, comma 3 della Costituzione. L'ambito delineato dalla combinazione delle predette previsioni costituzionali attiene alla materia della finanza pubblica, in un'accezione che comprende sia la necessaria stabilita' di bilancio in risposta all'esigenza di unita' economica dell'ordinamento, sia il bisogno di garantire gli indispensabili spazi di autonomia alle Regioni (e agli altri Enti minori) nelle scelte decisionali inerenti le loro competenze. La ricerca di un punto di equilibrio tra queste due esigenze coinvolge numerosi livelli istituzionali, in particolare ove si considerino altresi' i vincoli di natura comunitaria che comportano l'obbligo di uniformazione a criteri di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica. L'intervento statale in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» ex art. 117, comma 3, Cost. si e' spesso giustificato con la difficolta' degli Enti locali e delle Regioni di far fronte agli impegni assunti a livello europeo. Tuttavia tale intervento statale, riguardando una materia rientrante fra quelle a legislazione concorrente ex art. 117, comma 3, Cost, deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali, spettando invece alla Regione la disciplina di dettaglio. Orbene la norma in esame, imponendo alla Regione Campania dei precisi vincoli di spesa, si pone in contrasto con la previsione di cui all'art. 117, comma 3 Cost. All'uopo e' opportuno ribadire «il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. Il legislatore statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo con «disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). E ancora, secondo Codesta Ecc.ma Corte, la legge statale «puo' stabilire solo un "limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004)", mentre, al contrario, "la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' "in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). Ebbene, anche in ragione del contenuto delle decisioni di Codesta Corte sopra citate, non sembra potersi ritenere che la disciplina di cui all'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n.136/2013 rechi soltanto principi di coordinamento. La norma in questione detta infatti una disciplina specifica e di dettaglio, scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o comunitario e totalmente lesiva delle prerogative regionali. 3. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, della legge n. 136/2013, per contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost. in combinato disposto con gli artt. 81 e 97 Cost. Per tutto quanto detto sub 1, risulta innegabile che l'applicazione del comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 precluda alla Regione la libera disponibilita' di alcune somme, le quali dovranno essere destinate alla copertura delle spese scaturenti dal subentro, imposto dalla norma in esame, nei rapporti e nelle attivita' pendenti facenti capo ai Commissari delegati. La perdita della gestione diretta di liquidita', derivante dall'applicazione della citata norma, non puo' che riflettersi anche sulle capacita' operative della Regione: riducendo infatti le disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo agli stessi la possibilita' di gestire in modo libero e responsabile le proprie risorse, si rende altresi' piu' difficoltoso fronteggiare i costi connessi all'esercizio delle funzioni amministrative di attribuzione regionale. Ne risulta pertanto leso non solo l'art. 118 Cost. ma anche il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., il quale, richiedendo che ciascuna amministrazione provveda rapidamente ed efficacemente all'espletamento delle proprie funzioni, esige che l'esercizio di queste ultime sia adeguatamente sorretto da beni e risorse, anche finanziarie. A cio' si aggiunga inoltre che la disposizione di cui al comma 1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013, attraverso l'imposizione del subentro degli enti territoriali nei rapporti, nelle attivita' e nel contenzioso in corso facente capo ai Commissari Delegati e dei conseguenti oneri di spesa, avrebbe dovuto, anche ai sensi dell'art. 81 Cost., prevedere adeguate misure compensative. E' vero infatti che a seguito di manovre di finanza pubblica e' possibile determinare riduzioni finanziarie delle Regioni. Tuttavia, resta indispensabile che le predette manovre non comportino uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa finanziaria dell'ente territoriale e tale da rendere insufficienti le risorse delle quali ciascuna regione dispone per l'adempimento dei propri compiti (cfr. Corte costituzionale, sentenze nn. 431 e 381 del 2004).
P. Q. M. Chiede che Codesta Ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis del decreto-legge n. 136 del 2013 per violazione degli articoli 119, 117, comma 3, 118, 81 e 97 della Costituzione. Roma, 9 aprile 2014 Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia