N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 aprile 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
Cancelleria il 16 aprile 2014 (della Regione Campania). 
 
Ambiente - Disposizioni  urgenti  dirette  a  fronteggiare  emergenze
  ambientali - Disposizioni in materia di Commissari per il  dissesto
  idrogeologico - Previsione che a decorrere dal 1°  gennaio  2015  i
  Presidenti delle  Regioni  subentrano  ai  Commissari  straordinari
  nella titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle
  risorse esistenti sulle contabilita' speciali relative al  dissesto
  idrogeologico, di cui all'articolo 1, comma  111,  della  legge  27
  dicembre 2013, n. 147, succedendo ai Commissari in tutti i rapporti
  attivi e passivi e nelle attivita' pendenti alla data del  predetto
  trasferimento - Previsione che le suddette risorse sono  trasferite
  nella disponibilita' dei bilanci  regionali  e  rifinalizzate  alla
  prosecuzione  degli  interventi   di   mitigazione   del   dissesto
  idrogeologico  -  Ricorso  della  Regione  Campania  -   Denunciata
  violazione   dell'autonomia   finanziaria   della    Regione,    in
  particolare,  lesione  dell'autonomia  di  spesa  a  fronte   della
  lamentata imposizione alle Regioni di  farsi  carico  dei  rapporti
  privatistici posti  in  essere  dall'organo  statale,  compreso  il
  contenzioso pendente, nonche'  lesione  dell'autonomia  di  entrata
  a causa dell'eventualita' di dover deliberare aumenti  fiscali  per
  far fronte alle  spese  conseguenti  al  suddetto  trasferimento  -
  Violazione del principio di corrispondenza tra risorse  e  funzioni
  dell'ente territoriale, per l'effetto di far gravare  sul  bilancio
  regionale il costo di interventi connessi all'esercizio di funzioni
  rientranti nella competenza esclusiva statale  -  Violazione  della
  competenza legislativa  regionale  nella  materia  concorrente  del
  coordinamento della finanza  pubblica  -  Incidenza  sull'esercizio
  delle  funzioni  amministrative   di   attribuzione   regionale   -
  Violazione  del  principio  di  buon   andamento   della   pubblica
  amministrazione e del principio di copertura finanziaria. 
- Decreto-legge 10 dicembre  2013,  n.  136,  art.  6,  comma  1-bis,
  introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6. 
- Costituzione, artt. 81, 97, 117, comma terzo,  118,  e  119,  commi
  primo, quarto e quinto. 
(GU n.23 del 28-5-2014 )
    Ricorso della Regione Campania (codice fiscale  n.  80011990636),
in persona del Presidente della Giunta  regionale  pro  tempore,  on.
dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta delibera  della
Giunta regionale n. 88 del 28 marzo 2014 e giusta procura  a  margine
del presente  atto,  unitamente  e  disgiuntamente,  dal  prof.  avv.
Beniamino Caravita di Toritto (codice fiscale CRVBMN54D19H501A),  del
libero   foro,   e   dall'avv.   Maria   D'Elia    (codice    fiscale
DLEMRA53H42F839H),   dell'Avvocatura   regionale,   e   elettivamente
domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania
sito in Roma in via Poli n.  29  (fax:  06/42001646;  pec  abilitata:
cdta@legalmail.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri  pro-tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 6,  comma
1-bis, del decreto-legge  10  dicembre  2013,  n.  136  «Disposizioni
urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali  ed
a favorire lo sviluppo delle aree interessate», introdotto  dall'art.
1 comma 1 della  legge  6  febbraio  2014,  n.  6,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale 10 dicembre 2013, n.  289,  per  violazione  degli
artt. 119, 118, 117, comma 3, 81, 3 e 97 della Costituzione,  nonche'
del principio di ragionevolezza. 
 
                                Fatto 
 
    Con decreto-legge n. 136 del  10  dicembre  2013,  il Governo  ha
adottato  «Disposizioni  urgenti  dirette  a  fronteggiare  emergenze
ambientali e  industriali  ed  a  favorire  lo  sviluppo  delle  aree
interessate».  La  legge  di  conversione  n.  6/2014  ha  introdotto
all'art. 6 di  tale  decreto,  il  comma  1-bis,  che  statuisce:  «A
decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle  regioni  subentrano
ai Commissari straordinari anche nella titolarita' delle contabilita'
speciali per la gestione delle risorse di cui all'articolo  1,  comma
111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,  giacenti,  alla  predetta
data, nelle medesime contabilita' speciali. A decorrere da tale data,
le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di cui al  precedente
periodo sono trasferite, compatibilmente con gli equilibri di finanza
pubblica, nella disponibilita' dei bilanci regionali e devono  essere
rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di  mitigazione  del
dissesto idrogeologico.  I  Presidenti  delle  regioni  succedono  ai
Commissari in tutti i rapporti attivi e  passivi  e  nelle  attivita'
pendenti alla data del predetto trasferimento. Essi  garantiscono  la
corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante  le  proprie
strutture  organizzative  e  possono  altresi'  avvalersi,   per   le
attivita' di progettazione degli  interventi,  per  le  procedure  di
affidamento dei lavori, per le attivita' di direzione dei lavori e di
collaudo,   nonche'   per   ogni   altra   attivita'   di   carattere
tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e
all'esecuzione dei lavori, ivi inclusi  servizi  e  forniture,  degli
uffici  tecnici  e  amministrativi  dei  comuni,  dei  provveditorati
interregionali alle opere  pubbliche,  nonche'  della  societa'  ANAS
S.p.a., dei consorzi di bonifica e delle autorita' di  distretto.  Le
risorse  finalizzate  ad  interventi  di  mitigazione  del   dissesto
idrogeologico  sono  utilizzate  dalle  regioni  tramite  accordo  di
programma ai  sensi  dell'articolo  2,  comma  240,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191.  Sono  fatte  salve,  comunque,  le  modalita'
attuative previste dal citato articolo 1, comma 111, della  legge  n.
147 del 2013. Sono altresi' fatte salve le competenze  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare  ai  sensi
dell'articolo 58, comma 3, lettera  a),  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152». 
    La disposizione sopra richiamata prevede dunque  che,  a  partire
dal  1°  gennaio  2015,  ricada  sui  Presidenti  delle  regioni   la
titolarita' delle contabilita' speciali per la gestione delle risorse
di cui all'art. 1, comma 111, legge  n.  147/2013,  nonche'  l'intera
gestione di tutti i rapporti  attivi  e  passivi  e  delle  attivita'
pendenti  alla  data  del  trasferimento  riferibili  alla   gestione
commissariale. 
    Nel garantire la corretta e puntuale attuazione degli  interventi
mediante le proprie strutture  organizzative,  i  Presidenti  possono
avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi dei  Comuni,  nonche'
delle  societa'  ANAS  S.p.a.,  dei  consorzi  di  bonifica  e  delle
autorita' di distretto. 
    L'art. 6, comma 1-bis della  legge  n.  136/2013  risulta  lesivo
delle prerogative della  Regione  Campania  e  viziato  da  manifesta
illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
Premessa. 
    La norma censurata risulta illegittima nella parte in cui dispone
che a decorrere dal  1°  gennaio  2015  i  Presidenti  delle  regioni
subentrano ai commissari straordinari anche nella  titolarita'  delle
contabilita' speciali per la gestione delle risorse di  cui  all'art.
1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n.  147,  giacenti,  alla
predetta  data,  nelle  medesime   contabilita'   speciali,   nonche'
succedono in tutti i rapporti attivi  e  passivi  e  nelle  attivita'
pendenti alla data del  predetto  trasferimento.  Tale  disposizione,
infatti, non tiene in debito conto la natura giuridica dei Commissari
nominati per fronteggiare situazioni  di  emergenza  ai  sensi  della
legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
    Dunque, prima di  passare  in  rassegna  le  singole  censure  di
costituzionalita',  appare  opportuno   esaminare   il   sistema   di
protezione civile, cosi' come delineato dalla predetta legge. 
    Tale sistema e' improntato su una ripartizione delle competenze e
delle responsabilita' tra diversi livelli istituzionali di governo in
relazione alle  tipologie  di  eventi  emergenziali  che  vengono  in
rilievo (art. 2 della legge n. 225/1992). 
    In particolare, l'art. 2 comma 1 della citata legge distingue tre
diverse tipologie di eventi: (i)  quelli  che  richiedono  interventi
attuabili  da  singoli  enti  o  amministrazioni  competenti  in  via
ordinaria  (lett.  a);  (ii)  quelli  che   richiedono   l'intervento
coordinato di piu' enti o amministrazioni competenti in via ordinaria
(lett. b); (iii) quelli che devono essere fronteggiati  con  mezzi  o
poteri straordinari (lett. c:  «calamita'  naturali  o  connesse  con
l'attivita'  dell'uomo  che  in  ragione  della  loro  intensita'  ed
estensione   debbono,   con   immediatezza    d'intervento,    essere
fronteggiate con mezzi e poteri  straordinari  da  impiegare  durante
limitati e predefiniti periodi di tempo»). 
    Con riferimento agli eventi indicati alla lettera c) dell'art.  2
della legge n. 225/1992, le funzioni di  intervento  sono  attribuite
alla  competenza   statale;   ne'   potrebbe   essere   diversamente,
trattandosi  di  funzioni  «che  hanno  rilievo  nazionale,  data  la
sussistenza di esigenze di unitarieta',  coordinamento  e  direzione»
(Corte cost. sentenza n. 284 del 14 luglio 2006). 
    Lo Stato  e'  dunque  titolare  di  una  specifica  competenza  a
disciplinare gli eventi di cui all'art. 2 comma 1  lettera  c)  della
legge n. 225/1992, che si  sostanzia,  tra  l'altro,  nel  potere  di
deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata
e l'estensione territoriale, in stretto riferimento alla  qualita'  e
alla natura degli accadimenti. 
    Il  predetto  potere  puo'  essere  esercitato   anche   mediante
l'adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel
rispetto dei principi generali dell'ordinamento  giuridico  (art.  5,
comma 2 legge n. 225/1992). 
    E' possibile inoltre che, per l'attuazione  degli  interventi  di
emergenza, lo Stato si avvalga di commissari delegati,  nominati  dal
Presidente del Consiglio dei Ministri  (art.  5,  comma  4  legge  n.
225/1992). 
    Il commissario delegato agisce nella  veste  di  organo  statale,
essendo appunto lo Stato l'unico  soggetto  titolare  della  gestione
dello  stato  emergenziale;  ne   discende   che,   indipendentemente
dall'ambito territoriale  di  efficacia,  i  provvedimenti  posti  in
essere   dai    commissari    devono    essere    considerati    atti
dell'amministrazione centrale dello Stato, finalizzati  a  soddisfare
interessi che trascendono quelli  delle  comunita'  locali  coinvolte
nella situazione d'emergenza. 
    In tal senso e' chiara la sentenza di Codesta Corte, secondo cui:
«... indipendentemente dal loro  (piu'  o  meno  determinato)  ambito
territoriale di  efficacia,  i  provvedimenti  posti  in  essere  dai
commissari delegati sono  atti  dell'amministrazione  centrale  dello
Stato (in quanto emessi da organi che operano come  longa  manus  del
Governo) finalizzati a soddisfare interessi  che  trascendono  quelli
delle  comunita'  locali  coinvolte  dalle  singole   situazioni   di
emergenza, e cio' in ragione  tanto  della  rilevanza  delle  stesse,
quanto della straordinarieta' dei poteri necessari per farvi  fronte.
Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza  -  ai  sensi
del citato art. 5, comma 1, della legge 225 del 1992 - ha  quale  suo
presupposto il verificarsi di taluno degli eventi "di cui all'art.  2
comma 1 lettera c" della medesima legge, e cioe', non quelli naturali
o  connessi  con  l'attivita'  dell'uomo   suscettibili   di   essere
fronteggiati  mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti   e
amministrazioni  competenti  in  via  ordinaria»  (o  attraverso   un
coordinamento  degli  stessi),  bensi'  solo   «calamita'   naturali,
catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione,  debbono
essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (sentenza  Corte
cost. n. 237 del 26 giugno 2007; cfr. anche Corte cost. n. 417 del  5
dicembre 2007 e Corte cost. n. 92 del 4 aprile 2008). 
    La predetta conclusione e' stata peraltro costantemente  ribadita
anche da autorevole giurisprudenza amministrativa, la quale  in  piu'
occasioni ha avuto modo di affermare che il Commissario  Delegato  di
cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei ministri,  Dipartimento
della protezione civile, per l'esecuzione dei  compiti  di  cui  alla
legge 24 febbraio 1992 n. 225 e' dotato,  rispetto  al  delegante  di
autonomia amministrativa, finalizzata strettamente ed  esclusivamente
al raggiungimento degli obiettivi  assentitigli  per  il  superamento
dello stato emergenziale alle condizioni e nei  termini  previsti  ai
sensi dell'art. 5 commi 1 e 2 della legge n. 225 del 1992: «Gli  atti
assunti  nell'esercizio  delle  funzioni  delegate  sono,   pertanto,
riferibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorita'  che
esercita  nei  confronti  del  commissario  delegato   attivita'   di
supervisione e di indirizzo» (cfr. ex plurimis Tar Lazio, 18  ottobre
2012, n. 8595 e 9 agosto 2010 n. 30425);  e  ancora:  «L'ufficio  del
Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia e' un ufficio
che, sebbene autonomo, fa capo  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, per cui e' evidente che gli atti  assunti  da  tale  organo
sono riferibili alla stessa Presidenza  del  Consiglio,  che  ha  nei
confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e  di
indirizzo» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 gennaio 2013, n. 10). 
    Il Commissario delegato e', dunque, organo dell'apparato  statale
e i suoi atti sono sempre riferibili alla  Presidenza  del  Consiglio
dei ministri, cio' indipendentemente  dalla  circostanza  che  questi
rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza  dell'amministrazione
e  dell'ente  ordinariamente  competente:  «l'attivita'  svolta   dal
Sindaco  non  implica  automatica  responsabilita'  del  Comune   per
l'adempimento   delle   conseguenti   obbligazioni   ...   al    fine
dell'imputazione della suddetta responsabilita' occorre verificare di
volta in volta ed in base alla disciplina  normativa  di  riferimento
l'appartenenza  dello  specifico   interesse   pubblico   perseguito,
risultando riferibile l'attivita' svolta allo Stato  o  al  Comune  a
seconda della titolarita' dell'interesse medesimo» (Cass. Civ.,  Sez.
II^, 6 dicembre 2005,  n.  26691;  nella  specie,  la  Suprema  Corte
confermava la sentenza di  merito  e  il  difetto  di  legittimazione
passiva del  Comune,  avendo  il  Sindaco  agito  nella  qualita'  di
Commissario Straordinario di  Governo);  e  ancora:  «In  ipotesi  di
impugnativa  di  atti  del  sindaco  adottati   nella   qualita'   di
commissario delegato giusta ordinanza della presidenza del consiglio,
quest'ultima e' soggetto legittimato passivo» (Tar Lazio, Sez. I,  18
ottobre 2012, n. 8598). 
    Dalle considerazioni sin qui svolte se ne deduce dunque che: 
    lo stato di emergenza di cui alla lett. c dell'art. 2 della legge
n. 225/1992 rende necessario l'uso di  un  potere  straordinario,  di
tipo anche gestionale, di cui e' titolare  soltanto  lo  Stato  quale
autorita' centrale; 
    il Commissario delegato e' organo dello Stato centrale, di cui si
avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei  compiti
attribuiti dalla legge n. 225/1992. 
    Delineato come sopra il quadro di riferimento ed  in  ragione  di
esso appare evidente che l'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n.  136/2013
presenti manifesti profili di illegittimita' costituzionale. 
      
1. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013, per
contrasto con gli artt. 119, commi 1, 4 e 5, Cost. 
  
    1.1. La  norma  in  esame  viola,  in  primo  luogo,  l'autonomia
finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 Cost., comma 1. 
    Come e' noto, l'articolo 119 della Costituzione  prevede  che  le
Regioni  e  gli  enti  locali   finanzino   le   proprie   spese   di
funzionamento, di  intervento  e  di  amministrazione,  con  i  mezzi
prelevati dalla propria collettivita', salva naturalmente  l'esigenza
di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate. 
    Le Regioni sono dunque titolari di autonomia finanziaria,  intesa
sia come autonomia di entrata, sia come autonomia di spesa e piu'  in
generale come potesta' di stabilire e gestire  in  modo  autonomo  le
risorse finanziarie di cui necessitano  per  la  realizzazione  delle
funzioni loro affidate. 
    Orbene, la disposizione di cui al comma  1-bis  dell'art.  6  del
D.L. n. 136/2013, in primo luogo, pregiudica l'autonomia  finanziaria
di spesa delle Regioni poiche', prevedendo un  meccanismo  automatico
di subentro in tutti i rapporti attivi e passivi  e  nelle  attivita'
pendenti facenti capo ai commissari delegati, impone alle Regioni  (e
agli altri enti  territoriali  ordinariamente  competenti)  di  farsi
carico della totalita' dei  rapporti  privatistici  posti  in  essere
dall'organo statale,  ivi  compreso  tutto  il  contenzioso  pendente
riferibile ai Commissari delegati, e dunque le obbliga ad  utilizzare
le proprie risorse per sostenere oneri finanziari (quali  ad  esempio
spese di giudizio o conseguenti ad eventuali condanne  risarcitorie),
non preventivati e non autonomamente decisi. 
    Le Regioni, in  definitiva,  si  vedranno  spogliate  di  risorse
finanziarie che avrebbero potuto utilizzare per  lo  svolgimento  dei
loro compiti istituzionali e che invece dovranno essere destinate per
scopi differenti imposti dalla legge statale. 
    Le scelte di spesa compiute dall'ente  territoriale  risulteranno
pertanto inevitabilmente alterate, dovendosi la Regione sobbarcare  i
costi e ogni altra conseguenza economica di  obbligazioni  assunte  e
contenziosi intrapresi e decisi non dall'ente, bensi'  da  un  organo
statale. 
    Ne' varrebbe obiettare che la disposizione censurata  trasferisce
le risorse giacenti nelle contabilita' speciali di  cui  all'art.  1,
comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 nella  disponibilita'
dei bilanci regionali. 
    Per espressa previsione della norma, infatti, tali risorse devono
essere  rifinalizzate  alla   «prosecuzione   degli   interventi   di
mitigazione del dissesto idrogeologico». E' dunque evidente che  tali
somme possano essere stanziate a copertura di attivita'  di  gestione
dell'emergenza, e  non  siano  certo  sufficienti  ne'  previste  per
sostenere  altresi'  eventuali  spese  di   contenzioso,   le   quali
risulterebbero pero' essere le piu' ingenti e gravose per la  Regione
Campania. 
    L'applicazione  della  disposizione  in   questione   compromette
altresi' l'autonomia finanziaria di entrata delle Regioni. 
    In particolare, come si e' visto, una  successione  nei  rapporti
come quella prevista dalla norma censurata si  estenderebbe  altresi'
ai rapporti processuali pendenti, la portata dei quali, per quel  che
concerne la Regione Campania, e' davvero ingente. 
    Dal predetto contenzioso non possono che scaturire per la Regione
spese per la difesa in giudizio ed eventuali condanne risarcitorie in
caso di soccombenza di notevole entita',  a  fronte  delle  quali  si
paleserebbe la  carenza  delle  necessarie  risorse  finanziarie  per
provvedere alla loro copertura. 
    Si prefigura cosi'  la  possibilita'  concreta  che  la  Regione,
trovandosi nell'impossibilita' finanziaria di far fronte  alle  nuove
spese attraverso le dotazioni previste a  legislazione  vigente,  sia
costretta a  deliberare  aumenti  fiscali  o  comunque  a  perseguire
politiche di entrata, che altrimenti non avrebbe posto in essere. 
    Peraltro, l'eventuale nuova imposizione fiscale a cui la  Regione
sarebbe costretta per far fronte alle spese conseguenti  al  subentro
di cui al comma 1-bis dell'art. 6  del  D.L.  n.  136/2013  peserebbe
irragionevolmente  proprio  sull'ente  nel  cui  territorio   si   e'
verificata  l'emergenza  ambientale,  con  la  conseguenza   che   le
popolazioni  colpite  dal   dissesto   subirebbero   un   pregiudizio
aggiuntivo rispetto a quello  gia'  sopportato  a  causa  dell'evento
emergenziale. 
    1.2. La disposizione in esame contrasta altresi'  con  gli  artt.
119, commi 4 e 5 della Costituzione. 
    Nel dettaglio, il quarto comma dell'art. 119 Cost. stabilisce che
«le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (tributi
ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e
quote di spettanza del fondo perequativo) consentono ai Comuni,  alle
Province, alle citta' metropolitane  e  alle  Regioni  di  finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 
    Il quinto comma dell'art.  119  Cost.  prevede  inoltre  che,  in
deroga al principio di  corrispondenza  tra  funzioni  esercitate  ed
entrate ordinarie, lo Stato destini risorse aggiuntive a singoli enti
territoriali  per  garantire  la  realizzazione  di   alcuni   valori
fondamentali della Repubblica, nonche' per  provvedere  a  scopi  che
esulano dal normale esercizio  delle  funzioni  spettanti  agli  enti
territoriali. 
    In  definitiva  le  citate  norme  costituzionali  consacrano  un
principio di corrispondenza fra risorse e funzioni, il quale non solo
non consente che le funzioni di un ente territoriale  possano  essere
finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in  via
ordinaria, competono al suo bilancio, ma  presuppongono  altresi'  le
risorse ordinarie degli enti territoriali  siano  destinate  soltanto
alle funzioni da essi svolte e non  certamente  al  finanziamento  di
funzioni svolte dallo Stato o da organi statali. 
    Ebbene  il  suddetto  principio  di  corrispondenza  tra  risorse
finanziarie degli enti territoriali e  funzioni  proprie  di  ciascun
ente risulta inevitabilmente compromesso dal comma 1-bis dell'art.  6
del D.L. n. 136/2013. 
    Come dedotto in premessa, infatti, lo  Stato  «ha  una  specifica
competenza» a disciplinare gli eventi  di  cui  all'art.  2  comma  1
lettera c) della legge n. 225/1992. 
    Tale competenza  e'  esercitata  anche  attraverso  i  commissari
delegati, i quali rappresentano la longa manus dell'apparato statale,
essendo appunto lo Stato unico soggetto titolare della gestione della
situazione emergenziale e dunque l'unico legittimato ad adottare  gli
interventi necessari al suo superamento. 
    I provvedimenti  assunti  dai  commissari  delegati  sono  dunque
emanazione delle funzioni emergenziali  proprie  dell'amministrazione
centrale dello Stato e pertanto sempre imputabili alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. 
    Cio' posto, e' innegabile  che  l'applicazione  del  comma  1-bis
dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013 preveda un  meccanismo  di  subentro
automatico  dell'ente  territoriale  nella  gestione   dei   rapporti
(incluso  il  contenzioso)  intrapresi  da  e  con  le  ex   gestioni
commissariali, che ha come effetto immediato quello  di  far  gravare
sul bilancio dell'ente, colpito dall'evento straordinario,  il  costo
di interventi connessi  all'esercizio  di  funzioni  rientranti,  per
espressa previsione di legge, nella competenza esclusiva dello  Stato
ovvero di organi statali. 
    Il venir meno del  collegamento  tra  risorse  finanziarie  della
Regione  e  funzioni  proprie  dell'ente  concretizza   pertanto   la
violazione dei commi 4 e 5 dell'art. 119 Cost. 
    La sussistenza di un contrasto tra la norma  in  esame  e  l'art.
119, commi 1, 4 e 5 Cost. trova  peraltro  conferma  in  una  recente
pronuncia di Codesta Ecc.ma Corte, la n. 22 del  16  settembre  2012,
avente ad oggetto l'art.  2  comma  2-quater  del  decreto  legge  29
dicembre 2010 n. 225, nella parte in cui introduceva i commi 5-quater
e 5-quinquies primo periodo all'art. 5 della legge n. 225/1992. 
    Si trattava,  in  particolare,  di  disposizioni  concernenti  il
finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi  di  maggiore
gravita', che condizionavano  l'intervento  finanziario  dello  Stato
alla persistenza dell'insufficienza di risorse regionali  anche  dopo
l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento  da  parte
del Governo della «rilevanza nazionale» dell'emergenza. 
    Ebbene la Corte ne dichiarava l'illegittimita' costituzionale per
violazione dell'art. 119 Cost, atteso che  «le  norme  impugnate,  in
quanto impongono alle Regioni di deliberare gli  aumenti  fiscali  in
esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della  protezione
civile, in presenza  di  un  persistente  accentramento  statale  del
servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse.  Parimenti,  le
suddette norme ledono l'autonomia  di  spesa,  poiche'  obbligano  le
Regioni ad utilizzare  le  proprie  entrate  a  favore  di  organismi
statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di
compiti  istituzionali  di  questi  ultimi,  corrispondenti  a   loro
specifiche competenze fissate  nella  legislazione  vigente.  Risulta
violato altresi' il  quarto  comma  dell'art.  119  Cost.,  sotto  il
profilo del legame necessario tra  le  entrate  delle  Regioni  e  le
funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per  se'  le
funzioni in materia di protezione civile, ne  accolla  i  costi  alle
Regioni stesse». 
      
2. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, del D.L. n. 136/2013  per
contrasto con gli artt. 117 comma 3 e 119 Cost. 
      
    L'art.  6,  comma  1-bis,  del  decreto-legge  n.  136/2013,  nel
caricare la Regione Campania di tutte le spese  derivanti  da  scelte
gestionali operate dai commissari delegati  e  altresi'  connesse  ai
contenziosi  instaurati  da  e  nei  confronti  di   questi   ultimi,
interviene    pesantemente,    condizionandola     e     limitandola,
sull'autonomia  finanziaria  regionale,  con  violazione  oltre   che
dell'art. 119, anche dell'art. 117, comma 3 della Costituzione. 
    L'ambito delineato dalla combinazione delle  predette  previsioni
costituzionali  attiene  alla  materia  della  finanza  pubblica,  in
un'accezione che comprende sia la necessaria stabilita'  di  bilancio
in risposta all'esigenza di unita' economica dell'ordinamento, sia il
bisogno di garantire  gli  indispensabili  spazi  di  autonomia  alle
Regioni (e agli altri Enti minori) nelle scelte decisionali  inerenti
le loro competenze. 
    La ricerca di un punto di  equilibrio  tra  queste  due  esigenze
coinvolge numerosi  livelli  istituzionali,  in  particolare  ove  si
considerino altresi' i vincoli di natura comunitaria  che  comportano
l'obbligo   di   uniformazione   a   criteri   di   contenimento    e
razionalizzazione della spesa pubblica. 
    L'intervento statale in materia di  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario» ex art. 117, comma 3, Cost. si e' spesso giustificato con
la difficolta' degli Enti locali e delle Regioni di far  fronte  agli
impegni assunti a livello europeo. 
    Tuttavia  tale  intervento  statale,  riguardando   una   materia
rientrante fra quelle a legislazione concorrente ex art.  117,  comma
3,  Cost,   deve   limitarsi   alla   determinazione   dei   principi
fondamentali,  spettando  invece  alla  Regione  la   disciplina   di
dettaglio. 
    Orbene la norma in esame, imponendo  alla  Regione  Campania  dei
precisi vincoli di spesa, si pone in contrasto con la  previsione  di
cui all'art. 117, comma 3 Cost. 
    All'uopo  e'  opportuno  ribadire  «il  principio   costantemente
affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui le norme  che
fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci
delle  regioni  e  degli  enti  locali  non  costituiscono   principi
fondamentali  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  e  ledono  pertanto  l'autonomia
finanziaria di spesa garantita dall'art.  119  Cost.  Il  legislatore
statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi  vincoli  alle
politiche di bilancio (ancorche' si  traducano,  inevitabilmente,  in
limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo con
«disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento  finanziario
connesse ad obiettivi nazionali, condizionati  anche  dagli  obblighi
comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del
2003 e nn. 4 e 390 del 2004)» (Corte cost., sent. n. 417 del 2005). 
    E ancora, secondo Codesta Ecc.ma Corte, la  legge  statale  «puo'
stabilire solo un "limite complessivo, che lascia  agli  enti  stessi
ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i  diversi  ambiti  e
obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004)", mentre, al  contrario,
"la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita'  di
una singola voce di spesa non puo' essere  considerata  un  principio
fondamentale in materia di  armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e
coordinamento  della  finanza  pubblica,  perche'  pone  un  precetto
specifico e puntuale sull'entita' della spesa e  si  risolve  percio'
"in una indebita invasione, da parte della legge  statale,  dell'area
[...] riservata alle autonomie regionali e degli  enti  locali,  alle
quali la legge statale puo' prescrivere criteri  [...]  ed  obiettivi
(ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma  non  imporre  nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi" (sent. n. 390 del 2004)» (Corte cost., sent.  n.  417  del
2005). 
    Ebbene, anche in ragione del contenuto delle decisioni di Codesta
Corte sopra citate, non sembra potersi ritenere che la disciplina  di
cui all'art. 6, comma  1-bis,  del  D.L.  n.136/2013  rechi  soltanto
principi di coordinamento. 
    La norma in questione detta infatti una disciplina specifica e di
dettaglio, scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o  comunitario
e totalmente lesiva delle prerogative regionali. 
      
3. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1-bis, della legge n.  136/2013,
per contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost. in combinato disposto con
gli artt. 81 e 97 Cost. 
      
    Per  tutto  quanto  detto   sub   1,   risulta   innegabile   che
l'applicazione del comma 1-bis  dell'art.  6  del  D.L.  n.  136/2013
precluda alla Regione la libera disponibilita' di  alcune  somme,  le
quali dovranno essere destinate alla copertura delle spese scaturenti
dal subentro, imposto dalla norma in  esame,  nei  rapporti  e  nelle
attivita' pendenti facenti capo ai Commissari delegati. 
    La  perdita  della  gestione  diretta  di  liquidita',  derivante
dall'applicazione della citata norma, non puo' che riflettersi  anche
sulle  capacita'  operative  della  Regione:  riducendo  infatti   le
disponibilita' finanziarie degli enti territoriali e sottraendo  agli
stessi la possibilita' di gestire in modo libero  e  responsabile  le
proprie risorse, si rende altresi' piu' difficoltoso  fronteggiare  i
costi  connessi  all'esercizio  delle  funzioni   amministrative   di
attribuzione regionale. 
    Ne risulta pertanto leso non solo l'art. 118 Cost.  ma  anche  il
principio di buon andamento della  pubblica  amministrazione  di  cui
all'art. 97 Cost., il quale, richiedendo che ciascuna amministrazione
provveda rapidamente ed efficacemente all'espletamento delle  proprie
funzioni, esige che l'esercizio di queste  ultime  sia  adeguatamente
sorretto da beni e risorse, anche finanziarie. 
    A cio' si aggiunga inoltre che la disposizione di  cui  al  comma
1-bis dell'art. 6 del D.L. n. 136/2013, attraverso l'imposizione  del
subentro degli enti territoriali nei rapporti, nelle attivita' e  nel
contenzioso in corso  facente  capo  ai  Commissari  Delegati  e  dei
conseguenti oneri di spesa, avrebbe dovuto, anche ai sensi  dell'art.
81 Cost., prevedere adeguate misure compensative. 
    E' vero infatti che a seguito di manovre di finanza  pubblica  e'
possibile determinare riduzioni finanziarie delle Regioni. 
    Tuttavia,  resta  indispensabile  che  le  predette  manovre  non
comportino uno squilibrio incompatibile con le  complessive  esigenze
di  spesa  finanziaria  dell'ente  territoriale  e  tale  da  rendere
insufficienti le risorse delle quali  ciascuna  regione  dispone  per
l'adempimento dei propri compiti (cfr. Corte costituzionale, sentenze
nn. 431 e 381 del 2004). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede che Codesta Ecc.ma Corte,  in  accoglimento  del  presente
ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
6, comma 1-bis del decreto-legge n. 136 del 2013 per violazione degli
articoli 119, 117, comma 3, 118, 81 e 97 della Costituzione. 
      Roma, 9 aprile 2014 
 
            Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia