N. 88 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 agosto 2013
Ordinanza del 7 agosto 2013 emessa dal G.I.P. del Tribunale di Avezzano nel procedimento penale a carico di Di Giuseppe Aurelio. Processo penale - Procedimento per decreto - Reati perseguibili a querela - Previsione della facolta' del querelante di opporsi alla definizione del procedimento con l'emissione del decreto penale di condanna - Violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza, di obbligatorieta' dell'azione penale e della ragionevole durata del processo. - Codice di procedura penale, art. 459, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.(GU n.24 del 4-6-2014 )
Il Tribunale Letti gli atti del proc. n. 2718/12 RGNR e n. 751/13 RGIP nei confronti di Di GIUSEPPE Aurelio per il reato di cui all'art. 388, 3 e 4 comma cp Premesso che: In data 17/4/2012 l'ufficio del P.M. presso il Tribunale di Avezzano ha esercitato l'azione penale nei confronti dell'imputato depositando presso questo Ufficio richiesta di emissione di Decreto Penale di condanna in relazione al reato sopra indicato, nonostante l'espressa opposizione del querelante alla definizione del procedimento mediante decreto penale di condanna formulata ex art. 459 c.1 prima parte cpp. Con la richiesta di emissione di Decreto Penale l'ufficio del P.M. ha sollevato altresi' questione di legittimita' costituzionale dell'art. 459 c.1 cpp nella parte in cui prevede, per i soli reati perseguibili a querela, il potere in capo al querelante di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna, per contrasto di detta norma con gli artt. 3, 101, 111 della Costituzione. In particolare la Procura ha rilevato una contrarieta' dell'art. 459 c.1 prima parte cpp all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza della norma e della sua violazione al principio di uguaglianza atteso che il potere attribuito dalla legge al querelante di opporsi alla definizione del procedimento attraverso il rito monitorio non risponderebbe ad alcun interesse giuridicamente apprezzabile in capo al querelante, degno di tutela. Difatti, secondo il P.M., la persona offesa dal reato e' in primo luogo portatrice di un interesse a veder dichiarata la penale responsabilita' dell'autore del reato con la conseguente irrogazione di una sanzione penale, interesse che viene parimenti soddisfatto sia attraverso lo svolgimento del processo con un qualsiasi rito, anche speciale, che si conclude con una sentenza, sia attraverso il rito speciale di cui agli artt. 459 e ss. cpp, attesa la natura di sentenza del decreto penale di condanna. In secondo luogo la persona offesa dal reato e' portatrice di un interesse al risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti al reato, che non sempre e' soddisfatto all'esito della definizione del processo penale e cio' avviene sia nel caso di definizione con decreto penale di condanna, che in caso di definizione con «patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 cpp, riti in entrambi i quali e' esclusa dal legislatore qualsiasi delibazione da parte del Giudice penale in ordine alla pretesa risarcitoria della parte offesa, che dovra' essere fatta successivamente valere in sede civile. Da quanto sopra discende che il querelante non vede leso alcun diritto dalla definizione del procedimento a mezzo del rito di cui all'art. 459 cpp, atteso che detto rito si conclude con l'applicazione di una sanzione penale nei confronti del responsabile e che, in ogni caso, garantisce la tutela risarcitoria in sede civile come avviene anche in caso di patteggiamento ex art. 444 cpp. A parere della Procura, pertanto, la possibilita' concessa dalla legge al querelante di opporsi alla definizione del procedimento a mezzo dell'emissione del decreto penale di condanna si configurerebbe irragionevolmente come un mero «capriccio» concesso dalla norma al querelante, ovvero come la possibilita' di infliggere al querelato il pati di un processo che da strumento di accertamento dei fatti diviene per se' stesso una sanzione nei confronti dell'autore del reato. Evidenzia poi il PM che la possibilita' concessa al querelante di opporsi alla definizione del procedimento a mezzo del decreto penale di condanna creerebbe una disparita' di trattamento, con conseguente violazione del principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge di cui all'art. 3 della Costituzione, tra soggetti nei confronti dei quali il querelante si sia o meno avvalso della facolta' di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale nonche' degli autori di reati perseguibili d'ufficio sottratti all'esercizio della facolta' di opposizione della persona offesa alla definizione del procedimento con decreto penale, questione che pero' appare manifestamente infondata riguardando scelte legislative inerenti fatti reato aventi diverso sistema di procedibilita'. Sottolinea infine il PM che la facolta' concessa dall'art. 459 c.1 prima parte cpp di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna, confliggerebbe con il principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della Costituzione in quanto l'instaurazione del processo con rito ordinario a seguito dell'opposizione comporta una inevitabile dilatazione dei tempi processuali, nonche' una violazione dell'art. 101 della Costituzione in quanto sottrarrebbe al Pubblico Ministero la titolarita' dell'esercizio dell'azione penale ed al Giudice per le indagini preliminari la giurisdizione inerente l'emissione del decreto penale di condanna a seguito della richiesta del PM. Tale questione appare manifestamente infondata quanto al profilo della sottrazione al GIP della giurisdizione mentre si ritiene fondata in relazione alla sottrazione al PM delle sue prerogative inerenti l'esercizio dell'azione penale. Premesso quanto sopra questo Giudice ritiene sussistere sia la rilevanza della decisione sulle questioni di costituzionalita' proposte in relazione al giudizio a quo, atteso che dalla decisione delle stesse dipende la possibilita' per questo Giudice di definire il procedimento mediante l'emissione di decreto penale di condanna come richiesto dal PM, ovvero l'obbligo di rigettare la richiesta rimettendo gli atti al PM perche' proceda con altro rito, sia la non manifesta infondatezza delle stesse per i motivi di seguito indicati. Ravvisa infatti questo Giudice l'illegittimita' dell'art. 459 c.1 prima parte cpp, cosi' come modificato dall'art. 37 della legge n. 479/99 nella parte in cui prevede la facolta' del querelante di opporsi, in caso di reati procedibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna per violazione dei principii di ragionevolezza e di uguaglianza ex art 3, di obbligatorieta' dell'azione penale previsto dall'art. 112 e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 c.2 della Costituzione. Ritiene in primo luogo questo Giudicante che la facolta' concessa dall'art. 459 ci prima parte cpp, al querelante di opporsi alla definizione del procedimento penale con decreto penale di condanna, configura un vulnus al principio di obbligatorieta' dell'azione penale previsto dall'art. 112 della Costituzione, principio di carattere generale che, nell'attuale sistema costituzionale, non prevede deroghe ne' con riferimento all'esercizio dell'azione ne' con riferimento alle modalita' di esercizio della stessa da parte del Pubblico Ministero. Con particolare riguardo al profilo della modalita' di esercizio dell'azione penale, si osserva che l'ordinamento processuale rimette la scelta del rito (giudizio direttissimo, immediato, ordinario, procedimento per decreto) esclusivamente all'ufficio del PM, in presenza ovviamente dei presupposti di legge previsti per i singoli riti. Soltanto nel caso del rito abbreviato in cui la scelta e' rimessa alla volonta' dell'imputato, e nell'ipotesi di applicazione pena ex art. 444 cpp in cui scaturisce dall'accordo tra accusa ed imputato, la scelta del rito non e' rimessa, almeno in via esclusiva, al PM, ma in tali casi il legislatore ha fatto una precisa scelta di favorire riti premiali con chiare caratteristiche deflattive coerente con i principii costituzionali del diritto di difesa, del contraddittorio e della ragionevole durata del processo sanciti dall'art. 111 della Costituzione, non prevedendo in tali casi alcuna possibilita' ne' per il querelante ne' per la parte offesa dal reato di opporsi alla scelta del rito, sebbene nell'ipotesi di cui all'art. 444 cpp sia preclusa, come nel caso di procedimento per decreto ex art. 459 cpp, al Giudice qualsiasi delibazione in ordine alle eventuali pretese risarcitorie derivanti dal reato. Orbene, si osserva che anche il procedimento per decreto di cui all'art. 459 e ss cpp ha natura premiale in quanto prevede una riduzione di pena rispetto alla sanzione edittale laddove il procedimento sia definito con detto rito, cosi' come avviene in caso di rito abbreviato ex art. 438 cpp e nel caso di applicazione pena ex art. 444 cpp e, in quanto tale, attende ad una funzione deflattiva in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, e non e' comprensibile, quindi, la ragionevolezza della scelta legislativa effettuata con la norma impugnata di consentire al querelante di opporsi alla scelta del PM di esercitare l'azione penale mediante la richiesta al Giudice di emettere un decreto penale di condanna, costituente l'unico caso nell'ordinamento in cui e' previsto che l'Ufficio del Pubblico Ministero sia condizionato nella scelta della modalita' di esercizio dell'azione penale in palese violazione del principio della obbligatorieta' dell'azione penale ex art. 112 che, come e' noto, non tollera limitazioni, e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della Costituzione. Appare quindi condivisibile l'assunto della Procura di Avezzano secondo il quale il querelante e' in primo luogo portatore di un interesse a veder dichiarata la penale responsabilita' dell'autore del reato con la conseguente irrogazione di una sanzione penale, interesse che viene parimenti soddisfatto sia attraverso lo svolgimento del processo con un qualsiasi rito, anche speciale, che si conclude con una sentenza, sia attraverso il rito speciale di cui agli artt. 459 e ss. cpp, attesa la natura di sentenza del decreto penale di condanna. In secondo luogo il querelante e' portatore di un interesse al risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti al reato, che non sempre e' soddisfatto all'esito della definizione del processo penale e cio' avviene sia nel caso di definizione con decreto penale di condanna, che in caso di definizione con «patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 cpp, riti in entrambi i quali e' esclusa dal legislatore qualsiasi delibazione da parte del Giudice penale in ordine alla pretesa risarcitoria della parte offesa; pretesa che dovra' essere fatta successivamente valere in sede civile in entrambi i casi, ma che sono sottoposti ad una irragionevole diversita' di disciplina per quanto riguarda la facolta' del querelante di opporsi alla scelta del rito con cui definire il procedimento penale. Appare quindi che la norma che consente al querelante di opporsi alla scelta del PM di esercitare l'azione penale mediante richiesta di decreto penale di condanna, che peraltro non garantisce il querelante circa il fatto che il PM non possa addivenire ad altro rito (es. patteggiamento) in cui le ragioni della parte offesa siano in qualche modo pretermesse, non trovi alcun ragionevole fondamento oltre a prestarsi ad una illegittima forzatura della funzione del processo che da strumento di accertamento dei fatti diventa per se' stesso una sanzione nei confronti dell'autore del reato, situazione che non ha cittadinanza alcuna nel nostro ordinamento. Oltre a cio' va considerato che la previsione della facolta' del querelante di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale, comporta necessariamente il ricorso ad altro rito con una inevitabile ed ingiustificata dilatazione dei tempi di definizione del processo in palese violazione del principio della ragionevole durata di cui all'art. 111 della Costituzione. Il parametro della ragionevolezza appare poi violato dalla norma impugnata anche con riferimento al fatto che sebbene la facolta' di opposizione alla definizione con rito monitorio sia prevista solo in caso di reati procedibili a querela, una stessa facolta' di opposizione in capo al querelante non e' prevista con riferimento alle ipotesi di applicazione pena ex art. 444 cpp nei reati procedibili a querela. In proposito va evidenziato come in riferimento al procedimento per decreto il legislatore del 1999, nell'estendere l'applicabilita' del rito ai reati perseguibili a querela, abbia valorizzato a tal punto il concetto di perseguibilita' a querela da sconfinare in una illegittima, e unica in tutto l'ordinamento processuale, limitazione del potere costituzionale di scelta della modalita' di esercizio dell'azione penale da parte del PM, dimenticando che il diritto di querela e' solo una condizione di procedibilita' per taluni fatti gia' previsti come reato dall'ordinamento, la cui perseguibilita' e' rimessa alla sussistenza di un particolare interesse della persona offesa la quale una volta che manifesta la volonta' di procedere con la presentazione della querela, sottopone il processo a tutte le prerogative costituzionali inerenti l'esercizio dell'azione penale da parte del PM ed alle garanzie di cui all'art. 111, prerogative e garanzie che appaiono violate dalla disciplina impugnata.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 c.1 della Costituzione, e l'art. 1 legge 9/2/1948 n. 1 Ritenuta rilevante ai fini della definizione del processo e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 - c.1 prima parte cpp, cosi' come modificato dall'art. 37 della legge n. 479/99 nella parte in cui prevede la facolta' del querelante di opporsi, in caso di reati procedibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna per violazione dei principii di ragionevolezza e di uguaglianza ex art 3, di obbligatorieta' dell'azione penale previsto dall'art. 112 e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 c.2 della Costituzione Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche' assuma le proprie decisioni in merito alla conformita' o meno della norma impugnata ai parametri costituzionali sopra indicati. Manda alla Cancelleria per quanto di competenza. Avezzano, 7 agosto 2013 Il Giudice per le Indagini Preliminari: Taviano