N. 142 SENTENZA 19 - 28 maggio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposta sul reddito delle persone fisiche  (I.R.PE.F.)  -  Tassazione
  dei compensi "arretrati" corrisposti ai  membri  delle  commissioni
  tributarie entro il periodo  di  imposta  successivo  a  quello  di
  riferimento. 
- Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98  (Disposizioni  urgenti  per  la
  stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,  dalla
  legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 39, comma 5. 
-   
(GU n.24 del 4-6-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  39,  comma
5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per
la  stabilizzazione  finanziaria),  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011,  n.  111,  promosso
dalla Commissione tributaria provinciale di Campobasso  nel  giudizio
vertente tra Candela Anna  e  l'Agenzia  delle  entrate  -  Direzione
provinciale - Ufficio Controlli  Campobasso,  con  ordinanza  dell'11
novembre 2013, iscritta al n.  276  del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  1,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  26  marzo  2014  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza  dell'11  novembre   2013,   la   Commissione
tributaria  provinciale  di  Campobasso  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 5, del  decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento agli artt. 3, 53 e
104 della Costituzione. 
    La norma censurata prevede che: «I compensi corrisposti ai membri
delle commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a
quello di riferimento si intendono  concorrere  alla  formazione  del
reddito imponibile ai sensi dell'articolo 11 del  testo  unico  delle
imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917». 
    1.1.- Il rimettente,  dopo  aver  escluso  la  sussistenza  degli
estremi dell'astensione obbligatoria in  ragione  dell'oggetto  della
questione, riferisce  che  la  ricorrente  nel  giudizio  principale,
giudice della Commissione tributaria provinciale  di  Campobasso,  ha
percepito nel dicembre del  2012  compensi  arretrati  di  competenza
dell'anno 2011 (per un importo lordo di euro 5.932,75 e netto di euro
3.951,70,  con  ritenute  per  un   ammontare   di   euro   1.981,05)
assoggettati  a  tassazione  ordinaria  (aliquota  massima)  in  base
all'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 invece che a tassazione
separata, come in precedenza previsto dall'art. 17, comma 1,  lettera
b), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n.
917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi»
(TUIR). Secondo  quest'ultima  disposizione,  «L'imposta  si  applica
separatamente sui seguenti redditi: [...] b) emolumenti arretrati per
prestazioni di  lavoro  dipendente  riferibili  ad  anni  precedenti,
percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di  sentenze
o  di  atti  amministrativi  sopravvenuti  o  per  altre  cause   non
dipendenti dalla volonta' delle  parti,  compresi  i  compensi  e  le
indennita' di cui al comma 1 dell'articolo 47» (ora art.  50),  comma
1, lettera f), che annovera tra i  redditi  assimilati  a  quelli  di
lavoro dipendente anche  «i  compensi  corrisposti  ai  membri  delle
commissioni   tributarie».   Deducendo   l'illegittima   applicazione
dell'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011  anche  ad  emolumenti
arretrati  maturati   prima   della   sua   entrata   in   vigore   e
l'illegittimita' costituzionale della norma  per  contrasto  con  gli
artt. 53 e 3 Cost., la  ricorrente  -  che  aveva  vanamente  chiesto
all'Agenzia  delle  entrate  il  rimborso  di  quanto   indebitamente
trattenuto, anche esperendo reclamo, ai sensi  dell'art.  17-bis  del
decreto legislativo  21  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione delle delega al  Governo  contenuta
nell'art.  30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413),   avverso
l'originario  diniego  -  ha  proposto  ricorso  al  giudice  a  quo,
chiedendo l'annullamento del provvedimento  e  che  fosse  dichiarato
l'obbligo dell'Agenzia delle entrate di assoggettare  gli  emolumenti
relativi  all'anno  2011  a  tassazione  separata  con   applicazione
dell'aliquota media e conseguente  condanna  al  rimborso  di  quanto
trattenuto in eccesso, oltre interessi e spese di lite. 
    Costituitasi in giudizio, l'Agenzia delle entrate ha sostenuto di
aver fatto corretta applicazione della norma  censurata,  ritenendone
la conformita' a Costituzione. 
    1.2.- Il rimettente evidenzia che, ai sensi  dell'art.  51  (gia'
art. 48) del TUIR, per il reddito  di  lavoro  dipendente  -  cui  e'
assimilato il compenso del giudice tributario, in  base  all'art.  50
(gia' art. 47), comma 1, lettera f), del medesimo testo unico -  vige
il  principio  di  cassa,  secondo  cui  le  somme   debbono   essere
assoggettate  ad  imposizione  nel  medesimo   anno   in   cui   sono
corrisposte, con la sola  eccezione  rappresentata  dalla  cosiddetta
"cassa allargata", per la quale  e'  imputato  al  periodo  d'imposta
precedente il reddito percepito entro il 12 gennaio successivo. 
    Il rimettente sostiene che, per  evitare  che  il  sistema  della
progressivita' delle aliquote possa condurre, per i redditi percepiti
con ritardo, ad un carico fiscale eccessivamente elevato,  l'art.  17
del TUIR prevede che  l'imposta  sia  applicata  separatamente  dagli
altri  redditi  dello  stesso  periodo  con  il  limite,  dettato  da
finalita' antielusive, che il ritardo avvenga «per effetto di  leggi,
di  contratti  collettivi,  di  sentenze  o  di  atti  amministrativi
sopravvenuti o per altre cause non dipendenti  dalla  volonta'  delle
parti». Tra queste ultime  non  rientrerebbe,  secondo  la  circolare
dell'Agenzia delle entrate n. 23/E del 5 febbraio  1997,  il  ritardo
cosiddetto "fisiologico", che si avrebbe quando, per la  complessita'
della procedura di liquidazione,  i  tempi  di  erogazione  risultino
conformi a quelli necessari per analoghe procedure di liquidazione da
parte di altri sostituti d'imposta rientranti nella prassi comune. 
    Nel caso di specie, tuttavia, ad avviso  del  rimettente  non  si
verserebbe in un caso di ritardo fisiologico, trattandosi di compensi
liquidabili sulla  base  di  prospetti  in  larga  parte  predisposti
nell'anno di maturazione ma corrisposti solo l'ultimo mese di  quello
successivo. Peraltro, il Ministero dell'economia e  delle  finanze  -
proprio a fronte della nota n.  48710  dell'11  marzo  2004  con  cui
l'Agenzia  delle  entrate  aveva  ritenuto  ritardo  fisiologico   la
corresponsione nel mese di maggio dell'anno successivo  a  quello  di
maturazione dei compensi variabili dei giudici tributari maturati nel
secondo semestre dell'anno precedente - avrebbe  stabilito  scansioni
ben precise per l'erogazione degli emolumenti  spettanti  ai  giudici
tributari, l'ultima delle quali sarebbe  costituita  dal  15  gennaio
dell'anno successivo a quello di maturazione, con solo qualche  altra
settimana per gli ulteriori adempimenti. 
    In questo contesto sarebbe intervenuta la norma censurata. 
    Il rimettente evidenzia che, fra tutti  i  redditi  assimilati  a
quelli di lavoro dipendente in base all'art. 50 (gia'  art.  47)  del
TUIR,  solo  per  gli  emolumenti   arretrati   riferibili   all'anno
precedente corrisposti ai giudici tributari, il censurato. 39,  comma
5, del d.l. n. 98 del 2011 prevede la tassazione ordinaria  (aliquota
massima) se corrisposti  entro  il  periodo  d'imposta  successivo  a
quello di riferimento. In tal modo esso,  quand'anche  dettato  dalla
necessita' di rispettare le esigenze di bilancio e  di  contenere  la
spesa pubblica, si paleserebbe discriminatorio - considerato  che  il
principio espresso dall'art. 3 Cost. si estenderebbe  all'uguaglianza
tributaria, per cui  a  situazioni  uguali  dovrebbero  corrispondere
regimi impositivi uguali - e scollegato dalla capacita'  contributiva
di cui all'art. 53 Cost., che  andrebbe  intesa  come  idoneita'  del
soggetto  a  soddisfare  l'obbligazione  d'imposta,  desumibile   dal
presupposto economico al quale la prestazione risulti connessa. 
    Infatti, ad avviso del  rimettente,  sebbene  possano  ravvisarsi
differenze tra gli emolumenti dei giudici tributari  e  quelli  degli
altri percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente,
tale diversita' qualitativa potrebbe rilevare solo ove  la  capacita'
contributiva di coloro che sono assoggettati  a  tassazione  separata
(ossia,  ad  un  minor  tributo)  sia   di   gran   lunga   inferiore
quantitativamente rispetto a  quella  dei  contribuenti  assoggettati
alla tassazione ordinaria (ossia, ad un maggior tributo). Poiche'  il
mancato assoggettamento al regime di cui all'art. 39,  comma  5,  del
d.l. n. 98 del 2011 dei redditi degli altri contribuenti  citati  non
dipenderebbe dalla valutazione delle  diverse  caratteristiche  delle
varie forme di lavoro e dalla minore capacita' contributiva, la norma
determinerebbe un'irragionevole ed ingiustificata  discriminazione  a
discapito  di   una   limitata   categoria   di   soggetti   passivi,
sottoponendoli ad un regime  tributario  peggiorativo  in  violazione
degli artt. 3 e 53 Cost. 
    Inoltre, secondo il rimettente, la norma censurata si paleserebbe
come un monito nei confronti proprio  di  quei  soggetti  chiamati  a
giudicare sull'applicazione delle leggi  tributarie  e  sul  rispetto
delle  garanzie  previste  dall'ordinamento   per   i   contribuenti,
manifestando una supremazia del potere esecutivo - e segnatamente del
Ministero dell'economia e delle finanze, che avrebbe  predisposto  il
decreto-legge e, per  di  piu',  sarebbe  debitore  dei  compensi  da
corrispondere  ai  giudici   tributari,   oltre   ad   essere   parte
sostanziale, attraverso le Agenzie  fiscali,  nella  maggioranza  dei
giudizi tributari - sul potere giudiziario e violando il principio di
autonomia ed indipendenza della  magistratura  di  cui  all'art.  104
Cost. 
    1.3.-  Quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il  rimettente
sostiene che la norma impugnata, entrata in vigore il 17 luglio 2011,
non sarebbe retroattiva, con la  conseguenza  che  la  questione  non
sarebbe rilevante quanto agli emolumenti maturati fino al  16  luglio
2011, cui illegittimamente  l'amministrazione  avrebbe  applicato  la
tassazione ordinaria (aliquota massima) invece  che  quella  separata
(aliquota media). 
    Viceversa, lo sarebbe con riferimento agli  emolumenti  arretrati
relativi al periodo successivo all'entrata in  vigore  dell'art.  39,
comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, ossia dal  17  luglio  2011  al  31
dicembre  2011,  cui  sarebbe  applicabile,  dovendosi  stabilire  il
sistema di tassazione operante nella fattispecie. 
    2.- Con atto depositato il 22  gennaio  2014  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile  o,  comunque,  manifestamente
infondata. 
    2.1.-  Anzitutto,  l'ordinanza  di  rimessione  non  preciserebbe
l'importo di cui e' chiesto il rimborso, come si sia  pervenuti  allo
stesso  ed  a  quale  periodo  si  riferirebbe  l'asserita   maggiore
tassazione,  tenuto  conto  che  non  rileverebbero  gli   emolumenti
maturati fino al 17 luglio 2011 e quelli maturati dal 1° ottobre 2011
al 31 dicembre 2011, in quanto "fisiologicamente"  corrisposti  oltre
il 12 gennaio  2012,  per  cui  comunque  assoggettati  a  tassazione
ordinaria.  Infine,  non  sarebbe  precisato  se  e  quali   compensi
sarebbero maturati nei settantacinque giorni  per  i  quali  dovrebbe
operare, secondo il rimettente, il regime di tassazione separata. 
    Alla  luce  di  tali   considerazioni,   la   questione   sarebbe
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza. 
    2.2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  inoltre,
la questione sarebbe manifestamente infondata. 
    A  suo  avviso,  il  giudice  a   quo   muoverebbe   dall'erroneo
presupposto che la norma abbia una finalita' di maggiore imposizione,
mentre in realta' essa  si  limiterebbe  a  reintrodurre  il  normale
regime di  cassa,  i  cui  effetti  potrebbero  essere  favorevoli  o
sfavorevoli al contribuente a  seconda  dei  casi,  con  il  fine  di
evitare incertezze applicative della disciplina  fiscale  in  ragione
della  peculiarita'  di  determinazione  dei  compensi  dei   giudici
tributari. 
    Sotto il primo profilo, la difesa erariale evidenzia  che  l'art.
17 (gia' art. 16), comma 1,  lettera  b),  del  TUIR,  sarebbe  stato
costantemente interpretato dall'amministrazione finanziaria nel senso
che  la  tassazione  separata,  in  deroga  al  regime  generale   di
tassazione  per  cassa,  operi   solo   quando   il   ritardo   nella
corresponsione degli emolumenti sia conseguenza di nuove disposizioni
o sia conseguenza di eventi eccezionali  tali  da  qualificarlo  come
"patologico", dovendo altrimenti applicarsi  l'ordinaria  disciplina,
per cui il reddito contribuisce a determinare l'imponibile  dell'anno
di percezione. 
    Quanto  all'altro  aspetto,  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri rammenta le peculiarita' del regime dei compensi dei giudici
tributari, secondo cui, ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo
31 dicembre 1992,  n.  545  (Ordinamento  degli  organi  speciali  di
giurisdizione  tributaria   ed   organizzazione   degli   uffici   di
collaborazione  in  attuazione  della  delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30  dicembre  1991,  n.  413),  con  decreto
ministeriale viene  determinato  un  compenso  fisso  mensile  ed  un
compenso  aggiuntivo  per  ciascun  ricorso  definito,  liquidato  in
relazione ad ogni provvedimento emesso. Tale  particolarita'  avrebbe
indotto il legislatore  ad  emanare  una  norma  di  chiarimento  che
evitasse di dover verificare caso per caso  il  motivo  del  ritardo,
ritenendolo fisiologico - e,  come  tale,  inidoneo  a  provocare  la
tassazione  separata  -  allorche'  i  compensi  vengano  corrisposti
nell'anno  successivo  a  quello  di  maturazione.  La  finalita'  di
semplificazione escluderebbe l'irragionevolezza della norma ed il suo
carattere discriminatorio, afferendo ad un sistema di  corresponsione
degli emolumenti diverso da quello previsto per le altre categorie di
contribuenti contemplate dall'art. 50 (gia' art. 47) del TUIR, dunque
insuscettibile  di  dare  luogo  ad  ingiustificate   disparita'   di
trattamento. Sarebbe pertanto esclusa la violazione dell'art. 3 Cost. 
    Secondo  l'intervenuto,  inoltre,  la  norma  censurata  non   si
porrebbe in contrasto con il principio della  capacita'  retributiva,
in quanto la  norma  inciderebbe  solo  sul  criterio  di  tassazione
applicabile, che potrebbe in astratto condurre anche ad una riduzione
dell'imposizione. 
    Infine, ad avviso del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
sarebbe altresi' da escludere una  violazione  dell'art.  104  Cost.,
alla luce delle effettive finalita' della  disposizione  impugnata  e
per l'impossibilita' di configurare la dedotta supremazia del  potere
esecutivo a fronte di un  atto  promanante  dal  Parlamento,  che  ha
approvato la legge di conversione del decreto-legge. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Campobasso  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39,
comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti
per la stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma  1,  della  legge  15  luglio  2011,  n.  111,  in
riferimento agli artt. 3, 53 e 104 della Costituzione. 
    La norma censurata prevede che: «I compensi corrisposti ai membri
delle commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a
quello di riferimento si intendono  concorrere  alla  formazione  del
reddito imponibile ai sensi dell'articolo 11 del  testo  unico  delle
imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917». 
    1.1.- Il rimettente precisa  che  il  giudizio  a  quo  e'  stato
proposto da un giudice della Commissione  tributaria  provinciale  di
Campobasso, il quale ha percepito  nel  dicembre  del  2012  compensi
arretrati di competenza  dell'anno  2011  assoggettati  a  tassazione
ordinaria (aliquota massima), in base all'art. 39, comma 5, del  d.l.
n. 98 del 2011, invece che a tassazione separata come  in  precedenza
avrebbe previsto l'art. 17 (gia' art. 16), comma 1, lettera  b),  del
decreto del Presidente della Repubblica 22  dicembre  1986,  n.  917,
recante «Approvazione del testo  unico  delle  imposte  sui  redditi»
(TUIR).  Detta  disposizione  prevede  che:  «L'imposta  si   applica
separatamente sui seguenti redditi: [...] b) emolumenti arretrati per
prestazioni di  lavoro  dipendente  riferibili  ad  anni  precedenti,
percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di  sentenze
o  di  atti  amministrativi  sopravvenuti  o  per  altre  cause   non
dipendenti dalla volonta' delle  parti,  compresi  i  compensi  e  le
indennita' di cui al comma 1 dell'articolo 47 [ora art. 50]».  L'art.
50, comma 1, lettera f), richiama «i compensi corrisposti  ai  membri
delle commissioni tributarie». 
    La regola generale prevista dall'art. 51 (gia' art. 48) del  TUIR
per il reddito di lavoro dipendente - cui e' assimilato  il  compenso
del giudice tributario, ai sensi dell'art. 50 (gia' art.  47),  comma
1, lettera  f),  del  medesimo  testo  unico  -  sarebbe  quella  del
"principio  di  cassa",  secondo  cui   le   somme   debbono   essere
assoggettate  ad  imposizione  nel  medesimo   anno   in   cui   sono
corrisposte, con la sola  eccezione  rappresentata  dalla  cosiddetta
"cassa allargata", per la quale  e'  imputato  al  periodo  d'imposta
precedente il reddito percepito entro il 12 gennaio successivo. 
    Peraltro,  per  detti  redditi   sarebbe   previsto   il   regime
particolare di cui all'art. 17 (gia' art. 16), comma 1,  lettera  b),
del d.P.R. n. 917 del 1986. 
    L'ordinanza di rimessione sottolinea come, fra  tutti  i  redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente indicati dall'art. 50  TUIR,
solo per gli  emolumenti  arretrati  riferibili  all'anno  precedente
corrisposti ai giudici tributari l'art. 39, comma 5, del d.l.  n.  98
del 2011 abbia  introdotto  la  tassazione  ordinaria  -  comportante
l'applicazione della aliquota massima inerente ai  redditi  dell'anno
di percezione - fino  al  compimento  dell'intero  periodo  d'imposta
successivo a quello di competenza. 
    La nuova disciplina sarebbe discriminatoria nei confronti di  una
limitata categoria di soggetti passivi, quella dei giudici tributari,
sottoponendoli ad un regime di tassazione contrario agli artt. 3 e 53
Cost. Da un lato, infatti, si tratterebbe di  una  deroga  immotivata
all'interno di una categoria di redditi per i quali l'art.  17  (gia'
art. 16) del TUIR prevede l'applicazione  dell'imposta  separatamente
dagli altri redditi dello stesso  periodo;  dall'altro,  tale  regime
sarebbe scollegato dalla capacita' contributiva di  cui  all'art.  53
Cost., tenendo conto che l'obbligazione tributaria si  manifesterebbe
in relazione all'esercizio in cui l'attivita' di questa tipologia  di
contribuenti produce ricchezza e non  a  quello  in  cui  avviene  la
materiale erogazione del compenso. 
    In  pratica,   la   norma   contestata   amplierebbe,   in   modo
assolutamente  discriminatorio  nell'ambito   della   categoria   dei
percettori di redditi assimilati a quelli di  lavoro  dipendente,  il
principio della cassa allargata da 12 giorni all'intero anno solare. 
    Inoltre, secondo il giudice a quo, la norma censurata verrebbe  a
configurare un'anomala manifestazione  di  supremazia  dell'esecutivo
proprio nei confronti del potere giudiziario ed  in  particolare  dei
soggetti  chiamati  a   giudicare   sull'applicazione   delle   leggi
tributarie e  ad  assicurare  il  rispetto  delle  garanzie  previste
dall'ordinamento per i contribuenti. 
    1.2.- La difesa dello Stato  contesta,  sotto  il  profilo  della
rilevanza, la mancata specificazione, nell'ordinanza  di  rimessione,
del titolo e dell'importo della asserita maggiore tassazione. 
    Nel merito, essa eccepisce che: a)  il  meccanismo  ordinario  di
tassazione dei redditi delle persone fisiche sarebbe quello di cassa,
per cui il  regime  derogatorio  dello  stesso  non  potrebbe  essere
utilizzato quale tertium comparationis; b)  la  norma  impugnata  non
avrebbe lo scopo di aggravare la tassazione nei riguardi dei  giudici
tributari, ma solo quello di quantificare in modo preciso  i  ritardi
fisiologici     determinati     dagli     incombenti     a     carico
dell'amministrazione per liquidare  i  compensi;  c)  la  natura  del
reddito in questione sarebbe diversa dagli altri assimilati a  quelli
da lavoro dipendente e, in ragione di tale diversita', sarebbe  stata
dettata una particolare disciplina ispirata alla semplificazione;  d)
non vi sarebbe violazione del  principio  di  capacita'  contributiva
poiche' la norma non avrebbe natura impositiva ed,  in  quanto  tale,
non influirebbe in modo diretto sull'imposizione che, nella  concreta
applicazione,  ne  potrebbe  essere  condizionata  anche   in   senso
favorevole al contribuente; e) non vi  sarebbe  violazione  dell'art.
104 Cost., attesa la  conversione  del  decreto-legge  ad  opera  del
Parlamento, cui sarebbe imputabile la disciplina in esso contenuta. 
    2.- Preliminarmente, deve essere dichiarata priva  di  fondamento
l'eccezione d'inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello  Stato
in  ordine  alla  pretesa  mancata  specificazione   del   titolo   e
dell'importo dell'asserita maggiore tassazione. 
    In realta', l'ordinanza di rimessione precisa che il  ricorso  da
cui ha preso le mosse il giudizio a quo individua correttamente quali
emolumenti - nell'ambito complessivo dei compensi arretrati percepiti
- sono stati assoggettati a tassazione ordinaria, anziche'  separata,
in applicazione della norma impugnata. L'ambito temporale applicativo
di quest'ultima  viene  infatti  ad  essere  ampliato  proprio  dalla
disposizione della cui legittimita' si dubita, senza alcuna correlata
influenza del cosiddetto criterio del ritardo fisiologico di  cui  si
dira' meglio in prosieguo - e che, comunque, il  giudice  a  quo  non
contesta - poiche' l'idoneita' di quest'ultimo a  differire  in  modo
legittimo la tassazione separata e' resa ininfluente dal  piu'  ampio
periodo moratorio stabilito dalla disposizione stessa. 
    3.- Ai fini della decisione del merito, e' utile ricordare alcuni
principi che ispirano la disciplina dell'imposizione  tributaria  sui
redditi di lavoro dipendente ed assimilati, categoria cui  appartiene
- per effetto dell'art. 50 (gia' art. 47), comma 1, lettera  f),  del
TUIR - la fattispecie all'esame di questa Corte. 
    La regola generale dell'imposizione su detti redditi e' quella di
cassa, ricavabile dall'art. 7 del TUIR,  secondo  cui  ad  ogni  anno
solare  -   salvo   quanto   appresso   specificato   -   corrisponde
un'obbligazione tributaria autonoma. 
    Su quest'ultima si innesta il principio della "cassa  allargata",
il quale trova fondamento nell'art. 51 (gia' art. 48), comma  1,  del
TUIR. Esso consiste nella  parificazione,  ai  fini  impositivi,  dei
compensi di lavoro dipendente  ed  assimilati  erogati  entro  il  12
gennaio dell'esercizio successivo a quelli erogati nel precedente. In
buona sostanza, sulla base di detto principio, vengono  attratte  nel
reddito annuale le somme percepite  entro  il  12  gennaio  dell'anno
successivo. 
    Al contrario, per i redditi percepiti in un  determinato  periodo
d'imposta, ma maturati in tempi precedenti, vige  il  diverso  regime
della tassazione separata (art. 17  (gia'  art.  16),  comma  1,  del
TUIR), che e' una modalita' particolare di determinazione dell'IRPEF,
la cui ratio e'  individuata  dalla  circolare  del  Ministero  delle
finanze n. 23/E del 5 febbraio 1997 nella  necessita'  di  «attenuare
gli effetti negativi che deriverebbero dalla rigida applicazione  del
criterio di cassa» in quei casi in cui la tassazione ordinaria di  un
reddito formatosi nel corso di piu' anni,  ma  corrisposto  in  unica
soluzione,  potrebbe  risultare   eccessivamente   oneroso   per   il
contribuente. 
    La disciplina  dei  compensi  erogati  ai  giudici  tributari  e'
contenuta nell'art. 13 del decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.
545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed
organizzazione degli uffici di  collaborazione  in  attuazione  della
delega al Governo contenuta nell'art.  30  della  legge  30  dicembre
1991, n. 413), il quale stabilisce che  i  giudici  componenti  delle
commissioni  tributarie  percepiscono  due  tipi  di  compensi:   uno
mensile, determinato in cifra fissa, ed uno aggiuntivo variabile, che
discende dal numero e dalla tipologia dei  provvedimenti  depositati.
L'entita' dei compensi e' determinata  periodicamente  dal  Ministero
dell'economia e delle finanze con proprio decreto. 
    Le modalita' di computo ed erogazione, in  attuazione  del  primo
decreto interministeriale 19  dicembre  1997,  sono  contenute  nella
circolare del Ministero delle finanze n.  80/E  dell'11  marzo  1998,
secondo la quale la liquidazione dei compensi deve avvenire di regola
mensilmente. 
    Come detto, tali compensi sono assimilati dall'art. 50 (gia' art.
47), comma 1, lettera f), del TUIR ai redditi da  lavoro  dipendente.
In ragione di tale assimilazione per i medesimi trovano  applicazione
le disposizioni inerenti a  tale  categoria  generale,  ivi  comprese
quelle che determinano i principi della tassazione per  cassa  e  per
"cassa allargata", nonche' il criterio della tassazione separata  per
gli emolumenti arretrati. 
    La versione originaria dell'art. 17 (gia' art. 16) del  TUIR  non
forniva la nozione di «emolumenti arretrati», ma si  limitava  a  far
generico riferimento agli  «emolumenti  arretrati  relativi  ad  anni
precedenti per prestazioni di lavoro dipendente». In seguito,  l'art.
3, comma 82,  della  legge  28  dicembre  1995,  n.  549  (Misure  di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica),   preciso'   che   tale
locuzione individua «[...] emolumenti arretrati  per  prestazioni  di
lavoro  dipendente  riferibili  ad  anni  precedenti,  percepiti  per
effetto di leggi, di contratti collettivi,  di  sentenze  o  di  atti
amministrativi sopravvenuti o per altre cause  non  dipendenti  dalla
volonta' delle parti». 
    Secondo  l'interpretazione  che   ne   ha   dato   il   Ministero
dell'economia e  delle  finanze  (in  particolare,  a  partire  dalla
circolare n. 23/E del 5 febbraio 1997), la  norma  in  oggetto,  come
modificata dall'art. 3, comma  82,  della  legge  n.  549  del  1995,
stabilisce che gli emolumenti da lavoro  dipendente  (od  assimilati)
corrisposti in  ritardo  possono  essere  assoggettati  a  tassazione
separata allorquando il ritardo non sia  dipeso  da  accordi  tra  le
parti, ma da circostanze oggettive  di  fatto  o  da  impedimenti  di
carattere giuridico. 
    Di converso, conclude la suddetta circolare, non puo' farsi luogo
a tale imposizione separata quando  il  pagamento  in  ritardo  debba
considerarsi una "conseguenza fisiologica" insita nelle modalita'  di
erogazione degli  emolumenti  stessi,  tali  da  richiedere  pertanto
determinati tempi tecnici per essere condotti a termine. 
    Proprio in  questa  ipotesi  rientra  l'erogazione  dei  compensi
(variabili) attribuiti ai componenti  delle  commissioni  tributarie,
che richiedono un determinato periodo di tempo per  essere  liquidati
rapportandosi al numero ed alla tipologia dei «provvedimenti  emessi»
(art. 13 del d.lgs n. 545 del 1992). 
    In questo contesto, comune a tutti gli  emolumenti  arretrati  da
lavoro dipendente od assimilato, si e' inserita la  norma  impugnata,
la quale - di fatto - ha allargato ad un anno, per la sola  categoria
dei giudici tributari, cui appartiene la ricorrente  del  giudizio  a
quo, l'intervallo temporale tra il titolo giuridico della  competenza
e la sua effettiva qualificazione ai  fini  fiscali,  attraverso  una
fictio iuris (i compensi  corrisposti  ai  membri  delle  commissioni
tributarie  entro  il  periodo  d'imposta  successivo  a  quello   di
riferimento «si intendono  concorrere  alla  formazione  del  reddito
imponibile ai sensi dell'articolo 11 del testo  unico  delle  imposte
sui redditi di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  22
dicembre 1986, n. 917»), della cui legittimita' dubita il rimettente. 
    4.-  Alla  luce  delle  suesposte  premesse,  la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del
2011 e' fondata con riferimento sia all'art. 3 che all'art. 53  Cost.
in ragione del diverso e piu' sfavorevole  trattamento  previsto  per
gli emolumenti spettanti ai membri delle commissioni tributarie. 
    Non ha pregio la difesa dell'Avvocatura dello Stato, secondo  cui
il giudice a quo non avrebbe tenuto conto del fatto che la tassazione
separata rappresenta una deroga a quella ordinaria e, in quanto tale,
non sarebbe suscettibile di utilizzazione come tertium  comparationis
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  per  violazione  del
principio di uguaglianza. 
    Come correttamente osservato dal rimettente, la  norma  censurata
non ha sottratto i compensi dei giudici  tributari  al  regime  della
tassazione separata, cosicche' essi restano  pienamente  compresi  ed
espressamente menzionati tra quelli che hanno diritto a beneficiarne,
ma, a differenza di tutti gli altri percettori, il censurato art. 39,
comma 5, ha provveduto a fissare un periodo di ritardo oltre il quale
la tassazione separata continuerebbe a trovare comunque applicazione. 
    Pertanto, il profilo della differenziazione resta all'interno del
regime  della  tassazione  separata,  creando,  in  assenza   di   un
ragionevole  motivo  discriminante,  una  situazione  di  trattamento
svantaggioso rispetto alle altre specie di redditi assimilati. 
    Questa Corte, proprio  in  materia  tributaria,  ha  riconosciuto
l'estensibilita' di  norme  di  favore  laddove,  in  caso  di  piena
omogeneita' di situazioni poste a raffronto, lo esiga la ratio  della
disciplina invocata quale tertium comparationis (sentenza n. 431  del
1997). 
    Nel caso di specie precise esigenze, non solo di lettura conforme
alla logica della  tassazione  separata,  bensi'  anche  di  coerenza
sistematica  con  la  regolamentazione  complessiva  della   materia,
impongono di ritenere discriminatorio  il  fatto  che,  a  fronte  di
un'omogenea situazione che accomuna tutti i percettori di  competenze
arretrate,  solo  per  i  giudici  tributari  -  e  senza   che   una
giustificazione  sia  enunciata  espressamente  dalla  legge  o   sia
ricavabile in via interpretativa - sia stato  normativamente  ridotto
il periodo di rilievo per l'applicazione  del  regime  fiscale  della
categoria di riferimento, con conseguente  aumento,  per  tale  lasso
temporale, dell'imposizione tributaria. 
    Inoltre,  non  possono  essere  condivisi   gli   argomenti   del
Presidente del Consiglio dei ministri sostanzialmente  fondati  sulle
tre seguenti considerazioni:  a)  che  la  norma  impugnata  non  sia
ispirata al fine di garantire una maggiore imposizione, in  quanto  -
essendosi limitata a «reintrodurre il  normale  regime  di  cassa»  -
agirebbe in modo neutro rispetto alle possibili  ricadute  della  sua
applicazione  sui  singoli  casi  concreti,  in  relazione  ai  quali
potrebbe non solo avere effetti penalizzanti ma anche di  favore;  b)
che la sua  finalita'  sia  essenzialmente  quella  di  chiarire  una
fattispecie complessa, a confine tra il regime di tassazione separata
e quello ordinario di cassa;  c)  che  la  fattispecie  regolata  sia
assolutamente eterogenea rispetto  alle  altre  inserite  nel  novero
delle ipotesi di tassazione separata. 
    4.1.-  Diversamente  da  quanto  ritenuto  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri, la disposizione non assume carattere neutrale
rispetto al meccanismo di progressivita' dell'IRPEF. 
    Infatti, nel sottrarre in misura cosi' anomala  al  regime  della
tassazione  separata  il  ritardo  degli   apparati   dedicati   alla
quantificazione e alla  liquidazione  delle  competenze  dei  giudici
delle  commissioni  tributarie,  di  fatto  la  norma  impugnata   ha
vanificato  l'effetto  mitigatore  e  correttivo  del  regime   della
tassazione per cassa in una fattispecie che il legislatore stesso, in
diversa norma, aveva  ritenuto  meritevole  di  essere  sottratta  ad
un'eccessiva imposizione tributaria su redditi che si sono formati  -
per cause non imputabili al contribuente - in anni diversi da  quelli
di effettiva percezione. La finalita' di limitare in qualche modo gli
effetti  delle  modalita'  temporali  di   liquidazione   -   tuttora
formalmente operante per effetto del combinato disposto  degli  artt.
17 (gia' art. 16), comma 2, e 50 (gia' art. 47), comma 1, lettera f),
del TUIR - viene nella sostanza  neutralizzata  dall'introduzione  di
una  disposizione  idonea  a  rendere  ininfluenti,   a   danno   del
contribuente, anche tempi tecnici anomali come quelli che raggiungono
la durata di un anno. 
    In proposito, questa Corte ha affermato che «le finalita' sottese
alla previsione dello speciale  sistema  della  tassazione  separata,
vanno ricercate nella esigenza  di  attenuare  gli  effetti  negativi
derivanti dalla rigida applicazione  del  "principio  di  cassa"  nei
riguardi  di  redditi  formatisi  nel  corso  di  periodi   d'imposta
precedenti quello di percezione delle somme  [...]  dunque  la  ratio
dell'istituto in esame e' quella di evitare il  determinarsi  di  una
iniqua applicazione del meccanismo  della  progressivita'  dell'IRPEF
[...]» (sentenza n. 287 del 1996). 
    L'istituto  della  tassazione  separata,  quindi,  si  giustifica
proprio nella misura  in  cui  costituisce  per  il  contribuente  un
rimedio per evitare un'applicazione ingiustificatamente  gravosa  del
principio di cassa. 
    Non e' invece possibile che dalla stessa possano  derivare  anche
effetti  sfavorevoli,  non  solo  perche'  la  norma   e'   strumento
"mitigatore" della progressivita' dell'IRPEF, ma anche perche' la sua
applicazione e' concepita come una facolta' del contribuente  persona
fisica  esercente  una  impresa   commerciale,   che   ben   potrebbe
rinunciarvi  laddove,  per  particolari  contingenze,  la  tassazione
separata  dovesse  risultare  svantaggiosa.  Infatti,  il   comma   2
dell'art. 17 (gia' art.  16)  del  TUIR  riconosce  la  facolta'  del
contribuente (che quindi  non  vi  e'  vincolato,  ma  puo'  comunque
scegliere secondo criteri di personale convenienza) di farvi ricorso. 
    Lo stesso principio di favor per  il  contribuente  e'  espresso,
sotto altro profilo, dall'art. 17 (gia' art. 16), comma 3, del  TUIR,
il quale - in tema di iscrizione a ruolo delle maggiori  imposte  per
emolumenti arretrati da lavoro dipendente o assimilato - dispone  che
«gli  uffici  provvedono  [a  detta  iscrizione]  con  le   modalita'
stabilite negli artt. 17 [ora art. 19] e 18  [ora  art.  21]  facendo
concorrere i redditi stessi alla formazione del  reddito  complessivo
dell'anno in cui sono percepiti, se cio' risulta piu' favorevole  per
il contribuente». 
    4.2.- Quanto alla pretesa funzione chiarificatrice  della  natura
dei compensi  dei  giudici  tributari,  non  ha  pregio  l'argomento,
prospettato dall'avvocatura generale  dello  Stato,  secondo  cui  la
disciplina introdotta con il censurato  art.  39,  comma  5,  sarebbe
giustificata    dall'assoluta    peculiarita'    della    fattispecie
disciplinata.  Il  suo  carattere  distintivo,   infatti,   e'   gia'
normativamente consolidato attraverso l'espressa  previsione  che  ha
assimilato i compensi dei giudici  tributari  ai  redditi  di  lavoro
dipendente, con incontroversa applicazione  ai  medesimi  del  regime
tributario in questione. 
    4.3.-  Per  quanto  concerne   l'asserita   eterogeneita'   della
fattispecie in esame rispetto agli altri redditi assimilati a  quelli
di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 50 (gia' art. 47)  del  TUIR,
e' di tutta evidenza la controvertibilita' di tale affermazione  resa
dalla difesa dello Stato: da un lato, emerge la chiara affinita'  dei
compensi del  giudice  tributario  a  quelli  del  giudice  di  pace,
inseriti nella stessa categoria; dall'altro, e' di pari evidenza  che
il  regime  della  tassazione  separata  non  trova  il   suo   comun
denominatore nella natura omogenea dei redditi inseriti  nel  proprio
ambito applicativo -  che,  al  contrario,  hanno  caratteristiche  e
presupposti normativi tra i piu' disparati - ma piuttosto  dal  fatto
che essi derivano da rapporti,  prestazioni,  titoli,  caratterizzati
dalla discrasia tra il  momento  della  maturazione  e  quello  della
erogazione, comportante effetti irragionevolmente pregiudizievoli  ai
contribuenti che vi sono sottoposti. 
    Dunque, la particolarita' della loro erogazione,  concentrata  in
un  unico  (e  successivo)  periodo  di  imposta,  a  fronte  di  una
maturazione derivante dalla sommatoria di un certo numero di  periodi
precedenti, esige l'applicazione del suddetto  criterio,  appunto  al
fine - come gia' evidenziato da questa Corte - di evitare gli eccessi
distorti  dell'applicazione   del   criterio   della   progressivita'
dell'IRPEF. 
    4.4.- In realta', il  fine  della  disposizione  censurata,  come
ricostruito attraverso l'analisi sistematica del quadro normativo  di
riferimento - la quale non consente di rintracciare  diversi  e  piu'
ragionevoli motivi della sua genesi - appare quello  di  incrementare
il gettito dell'imposta. 
    Peraltro, ulteriore indiretta conferma di tale assunto si  ricava
dalla relazione predisposta  dal  servizio  studi  della  Camera  dei
deputati, il  quale,  con  riferimento  alla  presente  disposizione,
sottolinea significativamente che «la norma assoggetta al  regime  di
tassazione ordinario anche i  compensi  corrisposti  nel  periodo  di
imposta  successivo  a  quello  di  riferimento.   Cio'   sembrerebbe
implicare un modesto incremento delle entrate, stante  la  non  ampia
platea dei membri delle Commissioni tributarie,  ed  un'anticipazione
degli incassi, considerato che in assenza della disposizione in esame
gli  stessi  importi  sarebbero  stati  assoggettati   a   tassazione
separata». 
    In definitiva, sono fondate  le  censure  di  irragionevolezza  e
contraddittorieta' sollevate nei confronti dell'art. 39, comma 5, del
d.l. n. 98 del 2011. Infatti, in tale  sede  il  legislatore  non  ha
espunto i compensi dei  giudici  tributari  dal  novero  dei  redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente, ne' tanto  meno  ha  recato
altre modifiche alla disciplina generale  in  materia  di  tassazione
separata, implicitamente confermando la natura  degli  stessi  ed  il
conseguente  assoggettamento  al  regime  di  favore.   Quest'ultimo,
peraltro,  e'   stato   irragionevolmente   vanificato   dall'anomala
prescrizione temporale che, di fatto,  ha  riprodotto,  per  la  sola
categoria dei giudici tributari, la regola del cumulo. 
    5.- Questa evidente disparita' di trattamento  finisce  non  solo
per collidere con il principio di eguaglianza, ma anche con quello di
capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., atteso che l'effetto
pregiudizievole della norma nei confronti di una  sola  categoria  di
redditi assimilati a quelli di lavoro  dipendente  non  trova  alcuna
giustificazione obiettiva nella situazione dei  loro  percettori,  in
assenza di qualsiasi indice peculiare della fattispecie in termini di
manifestazione   di   ricchezza.   Il   parametro   della   capacita'
contributiva espresso dall'art.  53,  primo  comma,  Cost.,  pur  non
costituendo un vincolo  rigido  per  il  legislatore,  non  lo  esime
tuttavia dal rispetto dei limiti  di  razionalita'  e  coerenza,  che
nella fattispecie in esame sono stati valicati. 
    Sul punto questa Corte ha affermato piu' volte  che,  in  materia
tributaria, l'art. 53 Cost. e' espressione particolare del  principio
di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.  Se  «la
Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme,  con
criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie
di imposizione tributaria, [essa  esige  comunque]  un  indefettibile
raccordo con la capacita'  contributiva  [...].  Il  controllo  della
Corte in ordine alla lesione dei principi di cui all'art.  53  Cost.,
come specificazione del fondamentale principio di uguaglianza di  cui
all'art. 3 Cost., non puo',  quindi,  che  essere  ricondotto  ad  un
"giudizio sull'uso ragionevole, o meno,  che  il  legislatore  stesso
abbia fatto dei suoi poteri  discrezionali  in  materia  tributaria"»
(sentenza 111 del 1997; in senso conforme, sentenza n. 116 del 2013 e
n. 341 del 2000). 
    6.-  Va,  quindi,  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 39, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 per contrasto con  gli
artt. 3 e 53 Cost., mentre rimangono assorbite le  censure  sollevate
in riferimento all'art. 104 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 39,  comma  5,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con    modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI