N. 168 SENTENZA 11 giugno 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia residenziale pubblica - Assegnazione di alloggi -  Requisito
  della residenza di almeno otto anni nella Regione,  maturati  anche
  non consecutivamente. 
- Legge  della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  13
  febbraio  2013,  n.  3  (Disposizioni  in  materia   di   politiche
  abitative), art. 19, comma 1, lettera b). 
-   
(GU n.26 del 18-6-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma
1,  lettera  b),   della   legge   della   Regione   autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste  13  febbraio  2013,  n.  3  (Disposizioni  in
materia  di  politiche  abitative),  promosso  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  9-14  maggio  2013,
depositato in cancelleria il 14 maggio 2013 ed iscritto al n. 61  del
registro ricorsi 2013. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  marzo  2014  il   Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    udito l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso, depositato il 14 maggio 2013, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questione   di   legittimita'
costituzionale, in via principale, dell'art. 19, comma 1, lettera b),
della legge della Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  13
febbraio 2013, n. 3 (Disposizioni in materia di politiche abitative),
nella parte in cui annovera, fra i requisiti di accesso  all'edilizia
residenziale pubblica,  quello  della  «residenza  nella  Regione  da
almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente». 
    1.1.- Il ricorrente ritiene che tale  disposizione,  prescrivendo
un requisito temporale di residenza nella Regione Valle d'Aosta cosi'
prolungato (otto anni) ai fini dell'accesso all'edilizia residenziale
pubblica,  imporrebbe  un  obbligo  sproporzionato  rispetto  al  pur
legittimo  scopo  della  norma,  che  e'  quello  di   stabilire   un
collegamento tra il richiedente la provvidenza  e  l'ente  competente
alla sua erogazione, onde  preservare  l'equilibrio  finanziario  del
sistema  locale  di  assistenza  sociale,   tale   da   causare   una
significativa  ed  ingiustificata  restrizione   alla   liberta'   di
circolazione e di soggiorno stabilita dall'art. 21, paragrafo 1,  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in  violazione
degli artt. 117, primo comma, e 3 della Costituzione. 
    Essa, inoltre, si porrebbe in  contrasto  anche  con  l'art.  24,
paragrafo 1, della direttiva 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE (Direttiva
del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  relativa  al  diritto  dei
cittadini  dell'Unione  e  dei  loro  familiari  di  circolare  e  di
soggiornare  liberamente  nel  territorio  degli  Stati  membri,  che
modifica il regolamento (CEE)  n.  1612/68  ed  abroga  le  direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE,  90/365/CEE  e  93/96/CEE),  che  stabilisce  che   «ogni
cittadino dell'Unione che risiede [...] nel  territorio  dello  Stato
membro ospitante gode di pari trattamento rispetto  ai  cittadini  di
tale Stato», in quanto opererebbe una  discriminazione  irragionevole
nei confronti dei cittadini dell'Unione,  i  quali  avrebbero  minori
possibilita'  di  ottenere  il  richiesto   requisito   rispetto   ai
valdostani ed agli stessi cittadini italiani, anche in  tal  caso  in
violazione degli artt. 117, primo comma, e 3 Cost. 
    Un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della norma
regionale  impugnata  e',   inoltre,   ravvisato   nell'irragionevole
discriminazione da essa operata nei confronti dei cittadini di  Paesi
terzi che abbiano ottenuto lo status di soggiornanti di lungo periodo
in seguito ad una residenza presso un Paese UE protratta  per  cinque
anni. Questi ultimi, infatti, per poter  concorrere  all'assegnazione
di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, nell'ipotesi in cui
non abbiano trascorso il  periodo  quinquennale  necessario  ai  fini
dell'acquisizione dello status nel territorio valdostano ma in  altra
Regione, devono ineluttabilmente  attendere  un  termine  complessivo
superiore agli otto anni, in contrasto  con  il  principio  stabilito
dall'art. 11, paragrafo 1, lettera f), della  direttiva  25  novembre
2003, n. 2003/109/CE (Direttiva del Consiglio  relativa  allo  status
dei  cittadini  di  paesi  terzi  che  siano  soggiornanti  di  lungo
periodo), in virtu' del quale i soggiornanti di lungo periodo  godono
dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto  riguarda
anche l'accesso alla procedura per l'ottenimento di un  alloggio.  La
norma  impugnata  tratterebbe  in  modo  eguale  situazioni  diverse,
introducendo una sostanziale disparita' di trattamento nei  confronti
del soggiornante di lungo periodo, del tutto ingiustificata,  poiche'
attuata nell'ambito di categorie di soggetti (di cui all'art. 2 della
stessa legge) tutti egualmente bisognosi, in violazione del limite di
ragionevolezza «imposto dal rispetto del principio di uguaglianza» ed
in contrasto anche con la ratio che sottende l'intera normativa. 
    Infine, la norma regionale in esame e' censurata  per  violazione
dell'art. 3 Cost., in relazione all'art. 40,  comma  6,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello  straniero),  in   quanto   realizzerebbe   una   irragionevole
discriminazione  nei  confronti  dei  cittadini  dell'Unione  europea
rispetto a quanto stabilito dal legislatore statale per gli stranieri
extracomunitari. Infatti, mentre questi ultimi, in virtu'  di  quanto
statuito all'art. 40, comma  6,  possono  accedere  agli  alloggi  di
edilizia residenziale pubblica dopo aver soggiornato  nel  territorio
nazionale per soli due anni, in  base  alla  normativa  regionale  in
esame, i cittadini europei, pur trovandosi nelle medesime  condizioni
di bisogno, devono viceversa soddisfare il requisito della  residenza
protratta per almeno otto anni nel territorio  regionale,  senza  che
cio' sia giustificato da esigenze particolari ed in  netto  contrasto
con la stessa ratio normativa perseguita dal  legislatore  regionale,
di tutela delle categorie piu' deboli. 
    2.-  All'udienza  pubblica  il  ricorrente   ha   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni svolte nel ricorso introduttivo. 
    3.- La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  non  si  e'
costituita nel presente giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera b),  della
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 13 febbraio
2013, n. 3 (Disposizioni in materia di  politiche  abitative),  nella
parte in cui  annovera,  fra  i  requisiti  di  accesso  all'edilizia
residenziale pubblica,  quello  della  «residenza  nella  Regione  da
almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente». 
    1.1.- Il ricorrente, anzitutto, ritiene  che  la  predetta  norma
determini  un'irragionevole   discriminazione   nei   confronti   dei
cittadini dell'Unione europea, violando l'art. 21, paragrafo  1,  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che  riconosce
e garantisce la liberta' di  circolazione  e  di  soggiorno,  nonche'
l'art. 24, paragrafo 1, della direttiva 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto
dei cittadini dell'Unione e dei loro  familiari  di  circolare  e  di
soggiornare  liberamente  nel  territorio  degli  Stati  membri,  che
modifica il regolamento (CEE)  n.  1612/68  ed  abroga  le  direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE), in contrasto con gli artt.  117,
primo comma, e. 3 Cost. 
    Essa, infatti,  determinerebbe  un'irragionevole  discriminazione
nei confronti dei cittadini UE, i quali, pur godendo del  diritto  al
pari trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri  (art.  24,
par. 1, della direttiva 2004/38/CE), avrebbero minori possibilita' di
soddisfare il requisito della residenza protratta per otto  anni  sul
territorio regionale ai fini dell'accesso  all'edilizia  residenziale
pubblica, in specie  rispetto  ai  valdostani.  I  cittadini  europei
sarebbero,  peraltro,  ingiustificatamente  soggetti  ad  un  obbligo
sproporzionato rispetto al pur legittimo scopo della  norma,  che  e'
quello di stabilire un collegamento tra il richiedente la provvidenza
e l'ente competente alla sua erogazione onde preservare  l'equilibrio
finanziario del sistema locale di assistenza sociale, tale da causare
una significativa ed  ingiustificata  restrizione  alla  liberta'  di
circolazione e di soggiorno. 
    La   norma   impugnata   determinerebbe,   inoltre,   anche   una
irragionevole discriminazione nei confronti dei  cittadini  di  Paesi
terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,  i  quali,  in  virtu'
dell'art. 11, paragrafo 1, lettera f), della  direttiva  25  novembre
2003, n. 2003/109/CE (Direttiva del Consiglio  relativa  allo  status
dei  cittadini  di  paesi  terzi  che  siano  soggiornanti  di  lungo
periodo), godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per
quanto riguarda anche l'accesso alla procedura per  l'ottenimento  di
un alloggio. 
    Questi ultimi, infatti, nell'ipotesi in cui non abbiano trascorso
il periodo quinquennale necessario ai  fini  dell'acquisizione  dello
status di soggiornanti di lungo periodo in territorio valdostano,  ma
in altra Regione, devono attendere un termine  complessivo  superiore
agli otto anni  richiesti  per  l'accesso  all'edilizia  residenziale
pubblica, pur rientrando nell'ambito di quelle categorie di  soggetti
che la stessa legge regionale, all'art. 2, annovera  fra  i  soggetti
bisognosi, in contrasto con la lettera e la ratio del citato art.  11
della direttiva, e quindi con l'art. 117, primo comma,  Cost.,  oltre
che con l'art. 3 Cost. 
    Infine, il ricorrente denuncia  anche  la  pretesa  irragionevole
discriminazione operata  dalla  norma  impugnata  nei  confronti  dei
cittadini UE, rispetto a quanto stabilito dal legislatore statale per
gli stranieri extracomunitari (e quindi  in  violazione  dell'art.  3
Cost.). Infatti, mentre questi ultimi, in virtu' di  quanto  statuito
all'art. 40, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero),  possono
accedere agli alloggi di edilizia  residenziale  pubblica  solo  dopo
aver soggiornato nel territorio nazionale per due anni, in base  alla
normativa regionale in esame, i  cittadini  europei,  pur  trovandosi
nelle medesime condizioni di bisogno, devono viceversa soddisfare  il
requisito  della  residenza  protratta  per  almeno  otto  anni   nel
territorio regionale, senza che cio'  trovi  fondamento  in  esigenze
particolari ed in netto  contrasto  con  la  stessa  ratio  normativa
perseguita dal legislatore regionale, di tutela delle categorie  piu'
deboli. 
    2.- La questione e' fondata nei termini di seguito precisati. 
    Questa Corte ha  da  tempo  rilevato  che  le  finalita'  proprie
dell'edilizia  residenziale  pubblica  sono  quelle   di   «garantire
un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo  ove  e'  la
sede dei loro interessi» (sentenza n.  176  del  2000),  al  fine  di
assicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che  non  dispongono
di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti  fondamentali
dell'Unione europea), mediante un  servizio  pubblico  deputato  alla
«provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie  meno  abbienti»
(sentenze n. 417 del 1994, n. 347 del 1993, n.  486  del  1992).  Dal
complesso delle  disposizioni  costituzionali  relative  al  rispetto
della persona umana, della sua dignita' e delle condizioni minime  di
convivenza civile, emerge,  infatti,  con  chiarezza  che  l'esigenza
dell'abitazione assume i connotati di una pretesa volta a  soddisfare
un  bisogno  sociale  ineludibile,   un   interesse   protetto,   cui
l'ordinamento deve dare adeguata soddisfazione, anche se  nei  limiti
della disponibilita' delle  risorse  finanziarie.  Per  tale  motivo,
l'accesso all'edilizia residenziale pubblica e' assoggettato  ad  una
serie  di  condizioni  relative,  tra  l'altro,  ai  requisiti  degli
assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica,  quali,  ad
esempio, il basso reddito familiare (sentenza  n.  121  del  1996)  e
l'assenza di titolarita' del diritto di proprieta' o di diritti reali
di godimento su di un immobile adeguato alle esigenze  abitative  del
nucleo familiare dell'assegnatario stesso, requisiti  sintomatici  di
una situazione di reale bisogno. 
    In questa prospettiva la legge n. 3 del 2013 della Regione  Valle
d'Aosta, intitolata «Disposizioni in materia di politiche abitative»,
stabilisce  che  la  Regione  «promuove  una  serie   coordinata   di
interventi di interesse generale e di carattere  sociale»  (art.  1),
tesi, fra l'altro, a «risolvere, anche con  interventi  straordinari,
gravi e imprevedibili emergenze  abitative  presenti  sul  territorio
regionale o espresse da  particolari  categorie  sociali»  (comma  1,
lettera  g),  fra  le  quali  ricomprende  gli  anziani,  i  soggetti
diversamente abili, gli immigrati. Fra gli interventi suddetti, vi e'
la realizzazione della  cosiddetta  edilizia  residenziale  pubblica,
definita dalla stessa legge, all'art. 8, comma 1, come «il patrimonio
immobiliare realizzato con il concorso finanziario di enti pubblici e
costituito da abitazioni destinate a ridurre il disagio abitativo dei
nuclei familiari che non sono in grado di accedere alla locazione  di
alloggi nel  libero  mercato»,  e  quindi  destinate  a  sopperire  a
situazioni di "emergenza abitativa"(art. 13, comma 5, lettera a). 
    Al fine di realizzare tale servizio sociale, di  natura  gratuita
per il fruitore, la Regione  ha  stabilito,  all'art.  19,  comma  1,
specifici criteri di accesso  per  l'assegnazione  dei  beni  facenti
parte del patrimonio abitativo  regionale  in  esame,  fra  i  quali,
accanto alla previsione di  indicatori  del  basso  reddito  e  della
assenza di titolarita' di diritti di  proprieta',  usufrutto,  uso  e
abitazione su quote di immobili adeguati alle esigenze abitative  del
nucleo familiare richiedente (requisiti rivelatori  della  situazione
di bisogno), indica, alla  lettera  b),  il  diverso  criterio  della
residenza  protratta  per  otto  anni,  anche  non  consecutivi,  sul
territorio regionale. 
    Questa Corte ha riconosciuto  che  «le  politiche  sociali  delle
Regioni legate al soddisfacimento dei bisogni abitativi  ben  possono
prendere in  considerazione  un  radicamento  territoriale  ulteriore
rispetto alla sola residenza» (sentenza n. 222 del 2013), considerato
che «L'accesso a  un  bene  di  primaria  importanza  e  a  godimento
tendenzialmente duraturo, come l'abitazione,  [...]  puo'  richiedere
garanzie di stabilita', che, nell'ambito dell'assegnazione di alloggi
pubblici in locazione, scongiurino avvicendamenti troppo  ravvicinati
tra conduttori,  aggravando  l'azione  amministrativa  e  riducendone
l'efficacia»  (sentenza  n.  222  del  2013).  Un  simile  requisito,
tuttavia,  deve  essere  «contenuto  entro  limiti  non   palesemente
arbitrari ed irragionevoli» (sentenza n.  222  del  2013),  anche  in
linea con il principio  che  «se  al  legislatore,  sia  statale  che
regionale (e provinciale), e' consentito  introdurre  una  disciplina
differenziata per l'accesso alle prestazioni assistenziali al fine di
conciliare la  massima  fruibilita'  dei  benefici  previsti  con  la
limitatezza delle risorse finanziarie disponibili» (sentenza  n.  133
del 2013), tuttavia «la legittimita' di una simile scelta non esclude
che i  canoni  selettivi  adottati  debbano  comunque  rispondere  al
principio di ragionevolezza»  (sentenza  n.  133  del  2013)  e  che,
quindi,  debbano  essere  in  ogni  caso  coerenti  ed   adeguati   a
fronteggiare le  situazioni  di  bisogno  o  di  disagio,  riferibili
direttamente alla  persona  in  quanto  tale,  che  costituiscono  il
presupposto principale di fruibilita' delle provvidenze in  questione
(sentenza n. 40 del 2011). 
    Nella specie, la previsione dell'obbligo di residenza  da  almeno
otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario  per
la  stessa  ammissione   al   beneficio   dell'accesso   all'edilizia
residenziale  pubblica  (e  non,  quindi,   come   mera   regola   di
preferenza),  determina  un'irragionevole  discriminazione  sia   nei
confronti dei cittadini dell'Unione, ai quali deve  essere  garantita
la parita' di trattamento rispetto ai cittadini  degli  Stati  membri
(art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti  dei
cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo  periodo,  i
quali, in  virtu'  dell'art.  11,  paragrafo  1,  lettera  f),  della
direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei  cittadini
nazionali per quanto riguarda  anche  l'accesso  alla  procedura  per
l'ottenimento di un alloggio. 
    Quanto ai primi, risulta evidente che la norma regionale in esame
li pone in una condizione di inevitabile  svantaggio  in  particolare
rispetto alla comunita' regionale,  ma  anche  rispetto  agli  stessi
cittadini italiani, che potrebbero piu' agevolmente maturare gli otto
anni  di  residenza  in  maniera  non  consecutiva,  realizzando  una
discriminazione  vietata  dal  diritto  comunitario  (oggi   «diritto
dell'Unione europea», in virtu' dell'art. 2, numero 2, lettera a, del
Trattato di Lisbona, che modifica il trattato sull'Unione  europea  e
il trattato che istituisce la Comunita' europea, firmato a Lisbona il
13 dicembre 2007), in particolare dall'art. 18 del  TFUE,  in  quanto
determina una compressione  ingiustificata  della  loro  liberta'  di
circolazione e soggiorno, garantita dall'art. 21 del  TFUE.  Infatti,
il requisito della residenza protratta per otto anni  sul  territorio
regionale induce i cittadini dell'Unione a non esercitare la liberta'
di circolazione abbandonando lo Stato membro cui appartengono  (Corte
di giustizia, sentenza 21 luglio 2011, in causa  C-503/09,  Stewart),
limitando  tale  liberta'  in  una  misura  che   non   risulta   ne'
proporzionata, ne' necessaria al pur legittimo  scopo  di  assicurare
che a  beneficiare  della  provvidenza  siano  soggetti  che  abbiano
dimostrato un livello sufficiente  di  integrazione  nella  comunita'
presso la quale risiedono (Corte  di  giustizia,  sentenza  23  marzo
2004, in causa C-138/02, Collins), anche al  fine  di  evitare  oneri
irragionevoli onde preservare l'equilibrio  finanziario  del  sistema
locale di assistenza sociale (Corte di giustizia, sentenza  2  agosto
1993, in cause riunite C-259/91, C-331/91 e  C-332/91,  Allue').  Non
e',  infatti,  possibile  presumere,  in  termini  assoluti,  che   i
cittadini dell'Unione che risiedano nel territorio regionale da  meno
di otto anni, ma che siano pur sempre  ivi  stabilmente  residenti  o
dimoranti, e che quindi abbiano instaurato un legame con la comunita'
locale, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi  risiede
o dimora da piu' anni e,  per  cio'  stesso  siano  estromessi  dalla
possibilita' di accedere al beneficio. 
    Sulla base di analoghe argomentazioni, e'  agevole  ravvisare  la
portata  irragionevolmente  discriminatoria  della  norma   regionale
impugnata anche con riguardo ai cittadini di Paesi  terzi  che  siano
soggiornanti di lungo periodo. L'art. 11 della direttiva  2003/109/CE
stabilisce, alla lettera f) del paragrafo 1, che il  soggiornante  di
lungo periodo gode dello stesso trattamento dei  cittadini  nazionali
per quanto riguarda «l'accesso a beni e servizi  a  disposizione  del
pubblico e all'erogazione degli stessi, nonche'  alla  procedura  per
l'ottenimento di un alloggio». Tale previsione, che e' stata recepita
dall'art. 9, comma 12, lettera c), del d.lgs. n. 286  del  1998  (nel
testo modificato dal  decreto  legislativo  8  gennaio  2007,  n.  3,
recante «Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo  status
di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo»), mira  ad
impedire  qualsiasi  forma  dissimulata   di   discriminazione   che,
applicando criteri di distinzione diversi dalla cittadinanza, conduca
di fatto allo stesso risultato, a meno  che  non  sia  obiettivamente
giustificata e proporzionata al suo scopo. La previsione di una certa
anzianita' di  soggiorno  o  di  residenza  sul  territorio  ai  fini
dell'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica,  che  si
aggiunge  al  requisito  prescritto  per  ottenere   lo   status   di
soggiornante di lungo periodo, costituito dal possesso  del  permesso
di soggiorno da almeno cinque anni nel territorio  dello  Stato,  ove
tale  soggiorno  non  sia  avvenuto  nel  territorio  della  Regione,
potrebbe trovare una ragionevole giustificazione nella  finalita'  di
evitare che detti alloggi siano assegnati a persone che,  non  avendo
ancora un legame sufficientemente stabile con il territorio,  possano
poi rinunciare ad abitarvi, rendendoli inutilizzabili per  altri  che
ne   avrebbero   diritto,    in    contrasto    con    la    funzione
socio-assistenziale dell'edilizia  residenziale  pubblica.  Tuttavia,
l'estensione di tale periodo di residenza fino ad  una  durata  molto
prolungata, come quella pari ad  otto  anni  prescritta  dalla  norma
impugnata,  risulta  palesemente   sproporzionata   allo   scopo   ed
incoerente  con  le  finalita'  stesse   dell'edilizia   residenziale
pubblica, in quanto puo'  finire  con  l'impedire  l'accesso  a  tale
servizio proprio a coloro che si trovino in  condizioni  di  maggiore
difficolta' e  disagio  abitativo,  rientrando  nella  categoria  dei
soggetti in favore dei quali la  stessa  legge  della  Regione  Valle
d'Aosta n. 3 del 2013 dispone,  all'art.  1,  comma  1,  lettera  g),
l'adozione  di  interventi,   anche   straordinari,   finalizzati   a
fronteggiare emergenze abitative. 
    Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 19, comma 1, lettera b), della legge  della  Regione  Valle
d'Aosta n. 3 del 2013, nella parte in cui indica, fra i requisiti  di
accesso all'edilizia residenziale pubblica, quello  della  «residenza
nella   Regione   da   almeno   otto   anni,   maturati   anche   non
consecutivamente», per violazione dell'art. 3 e dell'art. 117,  primo
comma, Cost. in riferimento  all'art.  21,  paragrafo  1,  del  TFUE,
all'art.  24,  paragrafo  1,  della  direttiva  2004/38/CE,   nonche'
all'art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE. 
    3.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  censure   formulate   dal
ricorrente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19,  comma  1,
lettera b), della legge della Regione autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste 13 febbraio 2013, n. 3 (Disposizioni in materia di  politiche
abitative), nella parte in cui annovera, fra i requisiti  di  accesso
all'edilizia residenziale pubblica,  quello  della  «residenza  nella
Regione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                     Giuseppe TESAURO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI