N. 189 SENTENZA 23 giugno - 2 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Attribuzione al Comitato Tecnico  Paritetico  Stato-Regioni
  del compito di esprimere un  parere  obbligatorio  nell'ambito  del
  procedimento di autorizzazione per l'installazione di  impianti  di
  energia da fonti rinnovabili. 
- Legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n.  18  (Assestamento
  del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013  e  del
  bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata), art.  30,
  nella parte in cui inserisce l'art. 4-bis della legge della Regione
  Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1. 
-   
(GU n.29 del 9-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici :Giuseppe TESAURO, Paolo Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,
  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  30  della
legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18 (Assestamento del
bilancio  di  previsione  per  l'esercizio  finanziario  2013  e  del
bilancio pluriennale 2013/2015 della  Regione  Basilicata),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
7-10 ottobre 2013, depositato in  cancelleria  il  17  ottobre  2013,
iscritto al n. 96  del  registro  ricorsi  2013  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2013. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  giugno  2014  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    udito l'avvocato dello Stato Cristina Gerardis per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 7-10 ottobre 2013, depositato in cancelleria il 17 ottobre 2013  e
iscritto al registro ricorsi n. 96 del 2013, ha impugnato  l'art.  30
della  legge  della  Regione  Basilicata  8  agosto   2013,   n.   18
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione  Basilicata),
per contrasto con gli artt. 97, 117, secondo  comma,  lettera  s),  e
terzo comma, e 118 della Costituzione. 
    2.- La disposizione censurata introduce nella legge regionale  19
gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di  Indirizzo
Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 -  L.R.
n. 9/2007) l'art. 4-bis, intitolato «Norme di salvaguardia», il quale
prevede, al comma 2, che  «Nelle  more  dell'approvazione  del  Piano
Paesaggistico Regionale di cui all'art.  135  del  D.Lgs.  42/2004  e
della individuazione delle aree non idonee di cui al punto  17  delle
"Linee Guida" approvate con il D.M.  10  settembre  2010  [...]  allo
scopo di meglio salvaguardare le valenze paesaggistiche ed ambientali
della  Basilicata,  il  Comitato  Tecnico  Paritetico  Stato-Regioni,
istituito a seguito dell'intesa sottoscritta  in  data  14  settembre
2011  dal  Ministero  dei  Beni  e  delle  Attivita'  Culturali,  dal
Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio  e  del  Mare  e
dalla Regione Basilicata, esprime parere obbligatorio nell'ambito del
procedimento unico previsto dall'articolo 12 del D.Lgs.  n.  387/2003
con le modalita' previste dagli articoli 14 e  seguenti  della  Legge
241/1990 e s.m.i.». 
    3.- L'Avvocatura generale dello Stato evidenzia, in primo  luogo,
che il Comitato  tecnico  e'  un  organo  paritetico  costituito,  in
attuazione del Protocollo  di  intesa  del  14  settembre  2011,  fra
Ministero  per  i  beni   e   le   attivita'   culturali,   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare  e  Regione
Basilicata; in particolare, l'intesa sarebbe volta a  realizzare  una
forma di collaborazione fra amministrazioni centrali  e  la  Regione,
per la «definizione di modalita' di elaborazione congiunta del  Piano
Paesaggistico  Regionale»,  secondo  la  funzione  assegnata  a  tali
accordi dall'art. 143, comma 2, del decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    Nel Protocollo d'intesa le parti hanno individuato  le  attivita'
rimesse al processo «codecisionale», prevedendo - fra  l'altro  -  la
definizione condivisa  delle  «modalita'  procedurali  attuative  del
Codice»  (art.  1,  comma  2);  l'individuazione  congiunta  di   una
«metodologia» per  il  riconoscimento  delle  aree  non  idonee  alla
localizzazione degli impianti da fonti rinnovabili (art. 1, comma 4);
l'affidamento al Comitato tecnico delle funzioni di  definizione  dei
contenuti del Piano e di coordinamento delle azioni  necessarie  alla
sua redazione (art. 5). 
    Pertanto, ad avviso dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  nel
Protocollo d'intesa lo strumento della codecisione  sarebbe  limitato
esclusivamente al processo di «pianificazione» e, in questo contesto,
al Comitato tecnico sarebbero affidate alcune attivita' strumentali e
prodromiche  alla  redazione  del  Piano   paesaggistico   regionale.
Viceversa, la norma  censurata,  affidando  al  Comitato  tecnico  il
compito  di  esprimere  un  «parere  obbligatorio»  nel  procedimento
autorizzatorio per gli impianti di produzione  di  energia  elettrica
alimentati da fonti rinnovabili, assegnerebbe unilateralmente a  tale
organismo una funzione totalmente nuova. Tale assetto si porrebbe  in
contrasto con molteplici principi costituzionali. 
    3.1.-  Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   la   norma
impugnata violerebbe in primo luogo gli artt. 117 e 118 Cost.  ed  il
principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni,  poiche'
l'ampliamento di  competenze  del  Comitato  tecnico  non  troverebbe
riscontro nella legislazione ordinaria di settore, ne' in materia  di
autorizzazione unica  per  gli  impianti  di  produzione  di  energia
elettrica  alimentati  da  fonti  rinnovabili,  di  cui  al   decreto
legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta
da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno
dell'elettricita'),   ne'   nella   disciplina    sull'autorizzazione
paesaggistica di cui al d.lgs. n. 42 del 2004. 
    3.1.1.- Osserva in particolare l'Avvocatura generale dello  Stato
che il d.lgs. n. 387 del 2003, pur contenendo un'analitica previsione
degli «atti di assenso» che debbono confluire nel procedimento  unico
finalizzato   all'emanazione   dell'autorizzazione   di    competenza
regionale,  non  prevede  alcun  parere  obbligatorio  del  Ministero
dell'ambiente,  ne'  del  Ministero  dei  beni  e   delle   attivita'
culturali. 
    D'altra parte, le Linee guida per l'autorizzazione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili, adottate con  decreto  del  Ministro
dello sviluppo  economico  del  10  settembre  2010,  specificano  le
ipotesi nelle quali viene riservato, all'interno della Conferenza dei
servizi, un ruolo dei Ministeri (oggi parti del Comitato  tecnico  in
questione); in particolare, un intervento del Ministero  dei  beni  e
delle  attivita'  culturali  e'   previsto   nel   procedimento   per
l'autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili,  mentre
il preventivo  «parere»  del  Ministero  dell'ambiente  e'  richiesto
nell'ambito della procedura statale per l'autorizzazione di  impianti
offshore, rilasciata dal Ministero dei trasporti (art. 12,  comma  3,
del d.lgs. n. 387 del 2003). 
    3.1.2.- Riferisce inoltre la difesa dello Stato  che  neppure  il
d.lgs. n.  42  del  2004  prescrive  la  preventiva  audizione  delle
amministrazioni     centrali     nel     procedimento     finalizzato
all'autorizzazione paesaggistica, che confluisce  nell'autorizzazione
unica, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    L'art. 146 del d.lgs. n.  42  del  2004,  dispone,  infatti,  che
«sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la Regione
[o i soggetti da essa delegati a norma dell'art. 146  comma  6]  dopo
avere acquisito il parere vincolante del soprintendente, in relazione
agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a  tutela
dalla legge o in base alla legge». 
    Il successivo art.  148  del  medesimo  d.lgs.  n.  42  del  2004
prescrive l'istituzione di appositi organismi regionali («Commissioni
per il paesaggio») competenti  ad  esprimere  pareri  nel  corso  dei
procedimenti autorizzatori, di supporto ai  soggetti  ai  quali  sono
delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai
sensi dell'art. 146,  comma  6.  L'Avvocatura  generale  dello  Stato
evidenzia  che  tali  Commissioni  sono  composte  da  «soggetti  con
particolare, pluriennale e qualificata esperienza  nella  tutela  del
paesaggio» (art. 148, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004),  ma  -  ancora
una  volta  -  non   sarebbe   prevista   la   partecipazione   delle
amministrazioni centrali dello Stato. 
    3.1.3.- La difesa dello Stato  evidenzia  inoltre  che,  in  piu'
occasioni, il  legislatore  ha  abrogato  alcune  disposizioni  dello
stesso d.lgs. n. 42 del 2004 che prevedevano il coinvolgimento  delle
amministrazioni  centrali  nei   procedimenti   autorizzatori;   cio'
varrebbe a sottolineare - ad avviso  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato - la separazione delle funzioni fra le stesse amministrazioni e
le Regioni, in quanto l'unico intervento statale anticipato  ai  fini
del rilascio  dell'autorizzazione  paesaggistica  e'  costituito  dal
parere  obbligatorio,  vincolante  e  preventivo   della   competente
Soprintendenza. 
    In definitiva, quindi, secondo la difesa dello  Stato,  la  legge
regionale n. 18 del 2013 non solo avrebbe modificato  unilateralmente
il  Protocollo  d'intesa,  attribuendo  al  Comitato  tecnico   nuove
funzioni  non  preventivamente  concordate,   ma   avrebbe   altresi'
assegnato  surrettiziamente  ai  due  Ministeri  funzioni  consultive
nell'ambito  di  un   procedimento   autorizzatorio   di   competenza
regionale, non altrimenti previste dalla legge nazionale,  con  grave
violazione del principio di riserva di legge statale in materia (art.
117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    3.2.-  Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  tale
situazione sarebbe inoltre suscettibile di configurare  un  conflitto
di interessi, atteso il ruolo di vigilanza e  controllo  affidato  al
Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare dalla
legislazione ordinaria in materia di aree naturali protette (legge  6
dicembre 1991, n. 394, recante «Legge quadro sulle aree  protette»  e
di siti della rete europea Natura 2000 (decreto del Presidente  della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, intitolato «Regolamento  recante
attuazione della  direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione
degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della  flora  e  della
fauna selvatiche». 
    In particolare, la difesa dello Stato evidenzia che,  nell'ambito
della legge n. 394 del 1991, il Ministero dell'ambiente interviene  -
quale autorita' controllante  -  nelle  fasi  di  approvazione  degli
strumenti  di  regolamentazione  del  territorio,  nei   quali   sono
individuate le regole generali ed astratte di utilizzo dello  stesso;
mentre  l'attivita'   di   gestione   del   territorio   e'   rimessa
integralmente agli Enti gestori territorialmente competenti. A questi
ultimi e' richiesto, infatti, di esprimere un preventivo  nulla  osta
rispetto a  qualsiasi  procedimento  di  rilascio  di  concessioni  o
autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere  all'interno
dell'area naturale protetta, senza che sia prevista alcuna  procedura
di audizione preventiva del Ministero dell'ambiente. 
    D'altra parte, osserva  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il
d.P.R. n. 357 del 1997, in materia di siti della rete europea  Natura
2000,  parimenti  rimette  la  gestione  delle  aree  alle   Regioni,
riservando al Ministero dell'ambiente le funzioni di indirizzo per la
gestione dei siti (art. 4, comma 2), volte a garantire l'applicazione
uniforme sul territorio  nazionale  delle  prescrizioni  nazionali  e
comunitarie. 
    L'Avvocatura generale dello Stato, inoltre,  evidenzia  che,  per
progetti o interventi che possano avere incidenze  significative  sui
siti Natura 2000, le procedure previste dall'art. 5 del d.P.R. n. 357
del 1997 sono di competenza regionale, ma  non  richiederebbero  fasi
procedimentali di consultazione del Ministero. 
    3.3.- Sotto un diverso profilo, la difesa dello Stato  sottolinea
che l'art. 12  del  d.lgs.  n.  387  del  2003  ha  previsto  che  il
procedimento  preordinato  al  rilascio  dell'autorizzazione  per  la
costruzione e l'esercizio  degli  impianti  a  fonti  rinnovabili  si
svolga  nel  rispetto  dei  principi  di  semplificazione  e  con  le
modalita' stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai
documenti  amministrativi).  Con   tale   intervento   normativo   il
legislatore nazionale avrebbe inteso conformarsi  alle  regole  della
semplificazione amministrativa e della celerita' e  -  soprattutto  -
avrebbe  esteso  tali  indicazioni  in  modo   uniforme   sull'intero
territorio nazionale, al fine di  promuovere  la  massima  diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili. 
    La previsione regionale censurata si porrebbe  in  contrasto  con
tali principi. Infatti, ad avviso della difesa dello Stato, il parere
del Comitato  tecnico  sarebbe  del  tutto  ultroneo,  in  quanto  le
finalita' di salvaguardia delle valenze paesaggistiche ed  ambientali
della  Basilicata,   enunciate   dalla   norma,   troverebbero   gia'
un'adeguata e qualificata ponderazione all'interno  del  procedimento
unico, grazie  all'intervento  delle  Soprintendenze  e  delle  altre
amministrazioni preposte alla tutela ambientale. 
    Sotto tale aspetto la norma censurata si  porrebbe  in  contrasto
con il principio di non aggravamento  e  sarebbe  altresi'  contraria
alla ratio dell'art. 12 del  d.lgs.  n.  387  del  2003,  volto  alla
creazione di un sistema di regole  certe  ed  uniformi  su  tutto  il
territorio nazionale, al fine di  promuovere  la  massima  diffusione
delle fonti energetiche rinnovabili. 
    Di converso, la norma in questione,  aggravando  il  procedimento
unico mediante l'acquisizione di un parere  superfluo  dal  punto  di
vista istruttorio, violerebbe il principio di  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione  (art.  97   Cost.),   che   richiede   che
l'attivita' amministrativa risponda ai  canoni  dell'efficienza,  sia
cioe' in grado di realizzare il miglior rapporto tra mezzi  impiegati
e risultati conseguiti. 
    4.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
30 della  legge  della  Regione  Basilicata  8  agosto  2013,  n.  18
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione  Basilicata),
che modifica la legge regionale 19  gennaio  2010,  n.  1  (Norme  in
materia  di  energia  e  Piano  di  Indirizzo  Energetico  Ambientale
Regionale.  D.Lgs.  3  aprile  2006,  n.  152  -  L.R.  n.   9/2007),
aggiungendovi l'art. 4-bis. 
    Tale  disposizione,  al  comma  2,  prevede   che   «Nelle   more
dell'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale di  cui  all'art.
135 del D.Lgs. 42/2004 e della individuazione delle aree  non  idonee
di cui al punto 17 delle "Linee  Guida"  approvate  con  il  D.M.  10
settembre 2010, pubblicato nella G.U.R.I. n.  219  del  18  settembre
2010, allo scopo di meglio salvaguardare le valenze paesaggistiche ed
ambientali  della  Basilicata,   il   Comitato   Tecnico   Paritetico
Stato-Regioni, istituito a seguito dell'intesa sottoscritta  in  data
14 settembre 2011 dal Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali,
dal Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e
dalla Regione Basilicata, esprime parere obbligatorio nell'ambito del
procedimento unico previsto dall'articolo 12 del D.Lgs.  n.  387/2003
con le modalita' previste dagli articoli 14 e  seguenti  della  Legge
241/1990 e s.m.i.». 
    1.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente  la  disposizione   censurata,
affidando al Comitato Tecnico  il  compito  di  esprimere  un  parere
obbligatorio nell'ambito del procedimento unico previsto dall'art. 12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'),  violerebbe   gli   artt.   117   e   118   della
Costituzione, perche' assegnerebbe unilateralmente a  tale  organismo
una funzione totalmente nuova, in contrasto con il principio di leale
collaborazione. 
    1.2.- Sarebbe altresi' violato l'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., perche' le  funzioni  consultive  assegnate  ai  Ministeri
dell'Ambiente e  dei  Beni  culturali  nell'ambito  del  procedimento
autorizzatorio  unico  non  sarebbero  previste  dalla   legislazione
statale in materia. 
    1.3.- Viene lamentata, infine, la  violazione  degli  artt.  117,
terzo comma, e 97 Cost., perche' l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003
disciplinerebbe   il    procedimento    preordinato    al    rilascio
dell'autorizzazione   unica   nel   rispetto   del    principio    di
semplificazione, e dunque la previsione  di  un  parere  obbligatorio
aggraverebbe il procedimento, in contrasto con il principio del  buon
andamento. 
    2.-  Va   preliminarmente   rilevata   l'inammissibilita'   della
questione relativa al comma 1 dell'art. 4-bis della  legge  regionale
n. 1 del 2010 - introdotto dall'articolo impugnato - in  quanto  tale
comma non e' specificamente censurato dal  ricorrente,  ne'  presenta
elementi di connessione con  il  comma  2,  che  forma  espressamente
oggetto delle doglianze del ricorrente. 
    3.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1.- Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la
disciplina degli impianti di energia da fonti rinnovabili deve essere
ricondotta alla materia di competenza legislativa  concorrente  della
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis,  sentenza  n.  275
del 2012). 
    Questa Corte ha anche affermato che l'art. 12 del d.lgs.  n.  387
del 2003, nel regolare l'installazione di detti  impianti  attraverso
un procedimento che si conclude con il rilascio di  un'autorizzazione
unica (commi 3 e 4), reca un principio fondamentale vincolante per il
legislatore regionale (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011,  n.
124 del 2010 e n. 282 del 2009); tale norma, inoltre, e' «ispirata  a
canoni di semplificazione» ed «e' finalizzata a rendere  piu'  rapida
la costruzione degli impianti di produzione di  energia  alternativa»
(sentenza n. 344 del 2010). 
    La  medesima  natura  di   «principi   fondamentali»   e'   stata
riconosciuta alle Linee guida previste dall'art. 12,  comma  10,  del
d.lgs.  n.  387  del  2003,  per  lo  svolgimento  del   procedimento
autorizzativo  unico,  in  quanto  esse   costituiscono   «necessaria
integrazione delle previsioni contenute nell'art.  12»  del  medesimo
d.lgs. (sentenza n. 275 del 2012) e la loro adozione «e' informata al
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni»  (sentenza  n.
308 del 2011). 
    3.2.- La norma regionale impugnata, invece, inserisce nell'ambito
del richiamato  procedimento  il  parere  obbligatorio  del  Comitato
Tecnico Paritetico Stato-Regioni  e  dunque  prevede  un  adempimento
ulteriore, non richiesto ne' dal citato  art.  12,  ne'  dalle  Linee
guida, cosi' determinando un aggravio procedurale, in  contrasto  con
le esigenze di celerita' e semplificazione amministrativa, sottese al
principio fondamentale sopra richiamato. 
    Tale contrasto comporta la violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost., «non potendo il legislatore regionale introdurre,  nell'ambito
del procedimento di autorizzazione di cui all'art. 12 del  d.lgs.  n.
387 del 2003, nuovi o diversi adempimenti rispetto a quelli  indicati
dalla norma statale» (sentenza n. 344 del 2010). 
    4.- Restano assorbiti gli altri profili di censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'inammissibilita' della questione relativa  all'art.
30 della  legge  della  Regione  Basilicata  8  agosto  2013,  n.  18
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2013, e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata),
nella parte in cui inserisce l'art. 4-bis della  legge  regionale  19
gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di  Indirizzo
Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 -  L.R.
n. 9/2007), limitatamente al comma 1; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  30  della
legge della Regione Basilicata n. 18 del 2013,  nella  parte  in  cui
inserisce  l'art.  4-bis  della  legge  regionale  n.  1  del   2010,
limitatamente ai commi 2, 3 e 4. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI